Protocollo Tecnico 2010-2015

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Protocollo Tecnico 2010-2015
PROVINCIA DI VERCELLI
Protocollo Tecnico tra la Provincia di Vercelli e l'Istituto Superiore
per la Protezione e la Ricerca Ambientale circa le azioni di controllo
numerico delle popolazioni di specie selvatiche problematiche
(ex art. 19 Legge n. 157/92 ed art. 29 L.R. n. 70/96)
Premessa
La Provincia di Vercelli, nell’ultimo decennio, con i prescritti pareri favorevoli dell’attuale
Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, al quale relazionava annualmente circa
i risultati conseguiti, non ha mai interrotto le azioni di controllo delle specie selvatiche più
problematiche, responsabili di significativi danni alle produzioni agricole e alle infrastrutture ad
esse connesse e ad altre attività antropiche così come previsto dalla legge n. 157/92, art. 19; il
controllo della gazza, della cornacchia grigia e della volpe è stato attuato anche per ottimizzare la
produttività delle specie di interesse cinegetico all’interno delle zone di ripopolamento e cattura in
ottemperanza del combinato disposto dei commi 1 e 8, lettera b) dell’art. 10 della stessa normativa.
Ciò ha consentito, senza pregiudizio per la conservazione su area vasta delle specie bersaglio, di
ridurre i predetti danni a livello di generale sostenibilità.
Il Protocollo Tecnico quale strumento d’indirizzo
Il presente Protocollo Tecnico (P.T.) deve intendersi quale strumento d’indirizzo per il controllo
della fauna selvatica in funzione della migliore gestione del patrimonio zootecnico e faunistico, per
la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la tutela del patrimonio storico-artistico e per la tutela
delle produzioni zoo-agro-forestali. Il controllo della fauna selvatica deve intendersi quale attività
eccezionale e, in quanto tale, deve corrispondere a severi criteri di salvaguardia delle specie non
bersaglio e di conservazione delle specie bersaglio.
Il rapporto tra Provincia di Vercelli e I.S.P.R.A.: il Protocollo Tecnico
Si premette che l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (I.S.P.R.A.), già
Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (I.N.F.S.), rappresenta per le Pubbliche Amministrazioni
un punto di riferimento essenziale per quanto attiene la gestione e la conservazione della fauna
selvatica e dell’ambiente in cui essa vive e si riproduce e, per l’Amministrazione Provinciale di
Vercelli, ai sensi dell’art. 19 della L. 157/92, ovvero dell’art. 29 della L.R. Piemonte 70/96,
interlocutore imprescindibile soprattutto per quanto concerne gli interventi di controllo delle
popolazioni animali selvatiche.
Appare peraltro necessario, nel reciproco interesse, rendere tale rapporto il meno burocratico
possibile così da dare, a seconda dei casi, risposte tempestive e, laddove possibile, risolutive.
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L’invio da parte dell’Amministrazione Provinciale dei proponimenti circa piani di controllo delle
popolazioni, soprattutto di quelle specie che arrecano danno alle colture agricole o ad altre specie
selvatiche oggetto di gestione faunistico-venatoria, e l’elaborazione da parte dell’I.N.F.S. dei
pertinenti pareri tecnici, comporta per entrambe le parti un oneroso, e non sempre produttivo,
dispendio di energie in quanto l’intempestività del controllo potrebbe determinare effetti dannosi
significativi.
Al fine di rendere questo rapporto più snello ed al tempo stesso più qualificato, si ritiene opportuno
concordare tra i due Enti questo dettagliato P.T. nel quale sono specificati gli indirizzi ai quali
l’Amministrazione Provinciale di Vercelli si impegna ad attenersi nella gestione e conservazione di
alcune specie selvatiche per il periodo di validità.
Con il presente P.T. la Provincia di Vercelli si impegna altresì a inviare ogni anno all’I.S.P.R.A.,
come in passato e nel rispetto delle indicazioni fornite dallo stesso, dettagliate rendicontazioni che
illustrino sia i risultati delle attività di monitoraggio delle varie specie selvatiche che i vari
interventi di controllo.
Alcune specie ornitiche (Cornacchia grigia, Gazza, Cormorano e Colombo di città) sono soggette a
controllo numerico applicando il regime di deroga previsto dall’art. 9 della direttiva 409/79/CEE,
impegnandosi quindi l’Amministrazione Provinciale di Vercelli alla compilazione e restituzione
delle schede consuntive predisposte dall’I.S.P.R.A. entro il 31 marzo di ciascun anno successivo
alla realizzazione del piano di controllo numerico. Il ricorso alla deroga deriva dal fatto che si tratta
di interventi attuati per ragioni diverse dalla caccia (art. 9, comma 1, lettera a), anche durante il
periodo riproduttivo e di dipendenza dei giovani (art. 7, comma 4) e anche con mezzi diversi da
quelli consentiti per il prelievo venatorio (art. 8, comma 1).
Ciò posto ed in relazione a quanto previsto all’articolo 9, comma 2, ultimo punto, della già citata
direttiva 409/79/CEE, i controlli circa la corretta applicazione del regime di prelievo di specie
ornitiche in regime di deroga sono a carico della provincia di Vercelli.
Con la sottoscrizione del presente Protocollo Tecnico, purché siano rispettate le procedure in esso
contenute, l’I.S.P.R.A. autorizza l’approvazione e la realizzazione da parte dell’Amministrazione
degli interventi di controllo numerico contemplati riservandosi di formulare eventuali nuovi
indirizzi operativi sulla base delle rendicontazioni presentate.
Al termine del periodo di validità del presente Protocollo Tecnico verrà organizzato un incontro tra
le Parti, cui saranno invitati gli organi direttivi degli istituti di caccia programmata, le associazioni
agricole, venatorie, piscatorie e di protezione ambientale finalizzato ad analizzare criticamente i
risultati conseguiti. In quella sede verrà altresì valutata la possibilità di prosecuzione dell’iniziativa
apportando eventuali integrazioni e modifiche al documento.
Gli interventi di cui all'art. 29 della L.R. 70/96, i Vigili della Provincia, le guardie venatorie
volontarie, i proprietari e/o conduttori agricoli interessati ed i cacciatori abilitati
I vigili attualmente in servizio presso il Nucleo Faunistico-ambientale della Provincia (N.F.A.P.)
non possono essere oggettivamente in grado, a causa del loro numero contenuto (11 unità di cui 2
deputate per lo più all’organizzazione dei servizi e al controllo del loro regolare svolgimento) e
della quantità e varietà di compiti cui devono attendere, di realizzare in prima persona la gestione
degli interventi di cui all’art. 29 della L.R. 70/96.
Per una concreta realizzazione dei diversi interventi si rende quindi indispensabile, e vedremo poi
anche improcrastinabile, prevedere il ricorso, sia pure in modo specificatamente disciplinato, anche
alle guardie venatorie volontarie (G.V.V.), ai proprietari o conduttori dei fondi agricoli delle aree
interessate, agli Agenti ed Ufficiali di polizia giudiziaria che, per la loro qualifica e funzione,
possono esercitare vigilanza in materia di caccia e pesca purché autorizzati dai rispettivi Enti e/o
Comandi, sia all’interno delle Z.R.C., Oasi di Protezione, A.F.V. e A.A.T.V. sia sui territori di
caccia programmata per motivate ragioni connesse alla prevenzione dei danni alle produzioni e/o
alle infrastrutture agricole, riservando comunque ai vigili provinciali, salvo casi specifici, un ruolo
di supervisione degli interventi e di coordinamento e controllo.
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In altre parole, la strategia degli interventi di contenimento che la Provincia di Vercelli intende
realizzare in virtù del P.T., si basa su di una precisa gerarchia di autorizzazioni e controlli di seguito
elencati:
le autorizzazioni in materia di interventi di cui all’art. 29 sono di esclusiva competenza della
Provincia;
le funzioni di controllo e coordinamento degli interventi sono condotte dai vigili provinciali;
l’organizzazione logistica degli interventi fa capo alla Provincia, la quale si avvale della
fondamentale collaborazione sia delle associazioni agricole, venatorie e di protezione
ambientale sia degli organi direttivi di caccia programmata;
la realizzazione e/o il controllo diretto degli interventi sono demandati prioritariamente alle
G.V.V. che possono avvalersi della collaborazione di proprietari o conduttori dei fondi ubicati
all’interno dell’area interessata come pure degli Agenti ed Ufficiali di polizia giudiziaria di cui
sopra è stato fatto cenno nonché, in alcuni casi, agli stessi proprietari o conduttori dei fondi,
seppur limitatamente ai propri fondi ed a quelli immediatamente limitrofi.
Le G.V.V. hanno, a loro volta, la responsabilità degli interventi e del controllo diretto sui
comportamenti dei cacciatori abilitati. Tuttavia, come è stato sopra detto,, possono essere autorizzati
dalla Provincia, anche su indicazione degli organi direttivi di caccia programmata, agenti di altri
organi di vigilanza istituzionale quali previsti dall’art. 19 della L. 157/92, qualora siano in possesso
di un nulla osta dell’Ente, Corpo o Arma di appartenenza, che consenta loro di utilizzare la specifica
qualifica per compiti legati al controllo e/o all’esecuzione degli interventi di cui all’art. 29 della
L.R. 70/96.
I vigili provinciali devono peraltro intervenire in tutti quei casi nei quali siano necessari la loro
diretta presenza e/o il loro diretto intervento.
Tanto le G.V.V. quanto i cacciatori abilitati, devono attenersi a tutte le disposizioni particolari che
la Provincia emana in ordine all’esecuzione di questo tipo di interventi.
CINGHIALE
Nella regione Piemonte, il cinghiale è specie faunistica soggetta a gestione ed attenzione
straordinaria, essendo specifico oggetto di norme legislative regionali speciali.
Attualmente il riferimento giuridico è, in particolare, la L.R. 9/2000 e la D.G.R. n. 26-14329 del
14/12/2004. Essa stabilisce che la specie debba essere costantemente gestita, in modo tale da
confinarla e contenerla nei soli ambiti territoriali in cui meno interferisce con le attività antropiche.
In attuazione della predetta normativa e per le esigenze di gestione del patrimonio zootecnico, di
tutela del suolo e delle produzioni zootecniche ed agro-forestali, di prevenzione dei rischi a persone
e cose la Regione Piemonte e la Provincia di Vercelli hanno individuato sul territorio di
quest’ultima:
a) le aree A, a copertura del suolo prevalentemente antropizzata, agricola o comunque finalizzata
all’utilizzo produttivo delle risorse naturali, dove la presenza del cinghiale costituisce un rischio
elevato di danno alle attività antropiche e dove la specie deve essere oggetto di controllo e
contenimento costante e continuativo;
b) le aree B, ad elevata prevalenza di copertura vegetale naturale e bassa prevalenza di zone
antropizzate, dove il potenziale danno del cinghiale sulle attività antropiche è quantitativamente
basso e dove la specie deve essere oggetto di controllo e contenimento al verificarsi di danni alle
produzioni agricole, all'ambiente, alle persone e alle cose che indichino un'alterazione
dell'equilibrio preesistente.
In esecuzione delle sopraccitate normative, la Provincia di Vercelli, ai fini della puntuale gestione
della specie, ha suddiviso il proprio territorio nelle seguenti aree e sub-aree e ha individuato le
seguenti modalità d’intervento (da valutarsi anche in relazione agli esiti dell’attività venatoria nei
confronti della specie).
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SUDDIVIZIONE DELLE AREE E SUB-AREE
AREA B: Comprendente il territorio dei comuni di Alagna Valsesia, Riva Valdobbia, Mollia,
Campertogno, Rassa, Piode, Pila, Scopello, Scopa, Rima S. Giuseppe, Carcoforo, Rimasco,
Boccioleto, Rossa, Balmuccia, Cervatto, Fobello, Rimella, Cravagliana e Sabbia e parte dei comuni
di Varallo Sesia, Civiasco, Quarona, Borgosesia, Valduggia, Cellio, Breia, Postua, Guardabosone,
Serravalle Sesia, Roasio.
Zone di protezione di istituzione provinciale presenti: Oasi Alta Quota Valsesia, Oasi Riva
Valdobbia, Oasi Mollia, Oasi Campertogno, Oasi Rassa, Oasi Rima S.Giuseppe 1, Oasi Rima
S.Giuseppe 2, Oasi Boccioleto, Oasi Pila-Piode, Oasi Scopa, Oasi Cravagliana, Oasi Sabbia, Oasi di
Vocca, Oasi di Varallo Sesia e Zona di Ripopolamento e Cattura di Serravalle Sesia (parte).
Zone protette di istituzione regionale presenti: P.N.R. “Alta Valle Sesia”, R.N.S. “Sacro Monte
di Varallo” e P.N.R. “Monte Fenera” (parte).
Foreste Demaniali presenti: Foresta Demaniale “Postua-Guardabosone”.
Aziende faunistico-venatorie o agri-turistico-venatorie presenti: A.F.V. “Vallone d’Otro”,
A.F.V. Riva Valdobbia e A.F.V. “Carcoforo-Rimasco”.
Finalità degli interventi: Impedire l'espansione e l'impatto del cinghiale nelle sotto specificate aree
classificate A2, dove la presenza dello stesso deve essere considerata non compatibile; gli interventi
saranno comunque effettuati al verificarsi di danni all'ambiente, alle produzioni agricole ed in
generale alle attività antropiche, nonché per impedire l'espansione della specie verso circostanti aree
non ancora colonizzate.
Nell’area B, ove la specie è gestita, i soggetti gestori dovranno realizzare anche interventi di
prevenzione, da intendersi come metodi di controllo ecologico.
SUB-AREE A2: Ricomprendenti i territori posti alla distanza di 1000 metri (determinata per
garantire la sicurezza nel caso di sparo con fucile ad anima liscia e cartuccia caricata con "palla
asciutta") dagli abitati di:
Alagna Valsesia e sue frazioni Pedemonte e Dosso
Riva Valdobbia e sue frazioni S.Antonio e Boccorio
Mollia e sua frazione Grampa
Campertogno e sua frazione Quare
Rassa
Piode e sua frazione Dughera
Pila
Scopello e sua frazione Ramello
Scopa e sua frazione Muro
Rima S. Giuseppe
Carcoforo
Rimasco e sua frazione Priami
Boccioleto e sue frazioni Fervento, Ormezzano e Oro
Rossa e sue frazioni Folecchio, Cerva, Piana e Rainero
Balmuccia
Cervatto
Fobello e sua frazione Belvedere
Rimella e sue frazioni Sella, Villa Superiore
Cravagliana e sue frazioni Ferrera, Selva e Nosuggio
Sabbia
Varallo Sesia e sue frazioni Balangera, Valmaggia, Cervarolo, Piane di Cervarolo, Parone, Locarno,
Morca, Morondo, Camasco, Cavaglia Sterna e Cilimo
Civiasco
Quarona e sue frazioni Doccio, Fei e Valmaggiore
Valduggia e sue frazioni Zuccaro, Orsanvenzo, Valpiana, Colma, Campiano, Castagnola, Arlezze,
Cantone, Soliva, Maretti e Lebbia
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Cellio e sue frazioni Viganallo, Carega, Allera, Agua, Arva, Sella, Crabia e Merlera
Breia e sua frazione Cavaglia di Mezzo
Postua e sua frazione Roncole
Guardabosone
Serravalle Sesia e sua frazione, Bornate
Zone di protezione di istituzione provinciale presenti: Parte delle seguenti zone di tutela: Oasi
Riva Valdobbia, Oasi Mollia, Oasi Campertogno, Oasi Rassa, Oasi Rima S.Giuseppe 1, Oasi
Boccioleto, Oasi Pila-Piode, Oasi Cravagliana, Oasi Sabbia, Oasi di Varallo Sesia.
Zone protette di istituzione regionale presenti: Parte delle seguenti zone di tutela: P.N.R. “Alta
Valle Sesia” (parte), R.N.S. “Sacro Monte di Varallo” e P.N.R. “Monte Fenera” (parte).
Aziende faunistico-venatorie o agri-turistico-venatorie presenti: A.F.V. “Vallone d’Otro”,
A.F.V. Riva Valdobbia e A.F.V. “Carcoforo-Rimasco”.
Finalità degli interventi: Impedire l'impatto del cinghiale su tutte le attività antropiche locali
(circolazione stradale, coltivazione di orti, raccolta dei prodotti del sottobosco, ecc.) in quanto la
specie deve essere con esse considerata incompatibile.
SUB-AREA A1: Comprendente il territorio del comune di Gattinara e parte del territorio dei
comuni di Varallo Sesia, Civiasco, Quarona, Borgosesia, Guardabosone, Serravalle Sesia, Lozzolo,
Roasio, Rovasenda, Lenta, Buronzo, Balocco, Villarboit, Alice Castello, Borgo d'Ale, Moncrivello,
Saluggia, Crescentino, Fontanetto Po, Palazzolo Vercellese, Trino, Tricerro e Ronsecco.
Zone di protezione di istituzione provinciale: Oasi di Varallo Sesia (parte), Z.R.C. di Serravalle
Sesia (parte), Z.R.C. di Gattinara-Lozzolo, Oasi di Palazzolo Vercellese e Oasi Gambalunga (parte).
Zone protette di istituzione regionale: P.N.R. “Monte Fenera” (parte), R.N.O. delle Baragge,
R.N.S. confluenza Dora Baltea o Baraccone e P.N.R. Bosco della Partecipanza.
Fondi Chiusi: Fondo Chiuso di Balocco (parte).
Aziende faunistico-venatorie o agri-turistico-venatorie: A.F.V. “Roasio”, A.A.T.V. "Il
Mostarolo", A.A.T.V. "Gattinara", A.A.T.V. "Lenta 1" (parte), A.F.V. "Rovasenda" (parte),
A.A.T.V. "Villarboit" (parte), A.F.V. "Alice Castello (parte), A.F.V. "Borgo d'Ale" (parte),
A.A.T.V. "Balocco" (parte).
Finalità degli interventi: Mantenimento della specie all'interno delle aree a copertura vegetale
naturale site all'interno della Sub Area, riduzione progressiva dei danni all'agricoltura nonché ad
impedire l'espansione della specie verso le circostanti aree, esclusa l'Area B.
AREA A: Comprendente parte del territorio dei comuni di Rovasenda, Lenta, Buronzo, Balocco,
Villarboit, Alice Castello, Borgo d'Ale, Moncrivello, Saluggia, Crescentino, Fontanetto Po,
Palazzolo Vercellese, Trino, Tricerro e Ronsecco nonché tutti gli altri comuni della provincia sinora
non indicati.
Zone di protezione di istituzione provinciale: Oasi Caresanablot, Oasi Asigliano, Oasi PraroloPezzana, Oasi Laghi Casalrosso, Oasi Desana, Z.R.C. delle Grange, Oasi Vercelli Sud, Oasi
Vercelli-Cervetto, Oasi Naviglio d’Ivrea, Oasi Moncrivello, Oasi Palazzolo Vercellese, Z.R.C.
Cigliano-Livorno Ferraris, Z.R.C. Pezzana-Caresana-Stroppiana, Z.R.C. Langosca, Z.R.C.
Castelmerlino, Z.R.C. Costanzana-Rive-Pertengo, Z.R.C. Madonna delle Vigne, Z.R.C Prati NuoviS.Antonino, Z.R.C. Bianzè-Salomino, Z.R.C. Boarone, Z.R.C. Ronsecco, Z.R.C. Crescentino
S.Maria, Z.R.C. Crescentino-Teksid, Z.R.C. Lamporo, Z.R.C. Livorno Ferraris, Z.R.C. SaluggiaSorin, Z.R.C. Casanova Elvo-Formione, Z.R.C. Motta de’ Conti, Z.R.C. Armandina, Z.R.C. TrinoRobella.
Zone protette di istituzione regionale: P.N.R. “Lame del Sesia”, R.N.S. “Garzaia Carisio”, R.N.S.
“Isolotto del Ritano”, R.N.S. “Mulino Vecchio”, R.N.S. “Fontana Gigante”, R.N.S. “Palude di
S.Genuario”.
Fondi Chiusi: Fondo Chiuso di Balocco (parte), Fondo Chiuso di S.Genuario.
Aziende faunistico-venatorie o agri-turistico-venatorie: A.F.V. “Rovasenda” (parte), A.F.V.
“Borgo d’Ale” (parte), A.F.V. “Alice Castello” (parte), A.A.T.V. “Arborio”, A.A.T.V. “Balocco”
(parte), A.A.T.V. “La Pavoncella”, A.A.T.V. “Lenta 1” (parte), A.A.T.V. “Lenta 2”, A.A.T.V. “La
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Mandria di Santhià”, A.A.T.V. “Il Gemano reale”, A.A.T.V. “Villarboit” (parte), A.A.T.V.
“Carisio”.
Finalità degli interventi: Tendenza al massimo controllo numerico della specie.
METODOLOGIE E INTERVENTI
Metodologie ecologiche applicate: In tutti i casi in cui si ravvisa un positivo rapporto
costi/benefici, come sempre avvenuto in passato, si ricorre in via preventiva ai seguenti metodi
ecologici:
• utilizzo di recinzioni dissuasive elettrificate;
• utilizzo di recinzioni metalliche;
• trattamento preventivo delle sementi con sostanze repellenti;
• utilizzo di cannoncini a gas con detonazioni a tempo.
Ove tali metodologie non risultano praticamente attuabili e pertanto deve ritenersi nulla la loro
efficacia (es. superfici degli appezzamenti troppo ampie, forte prevalenza dei seminativi di cereali),
si ricorrerà all’applicazione di piani di prelievo.
I piani di prelievo sono attuati attraverso le seguenti 3 metodologie:
1) la cattura con trappole autoscattanti e successivo abbattimento da parte dei vigili
provinciali e delle G.V.V in tutti gli istituti e per tutto l’anno;
2) abbattimento immediato con carabina dotata di ottica di mira ed eventuale faro per
impiego notturno o fucile ad anima lisca caricato a “palla asciutta” da parte dei vigili
provinciali e delle G.V.V. di cinghiali o suoi ibridi che costituiscano motivo di reale pericolo
per le zone antropizzate e i loro abitanti;
3) la girata, che deve essere considerata la metodologia d’intervento preferibile rispetto ad ogni
altra, condotta dai vigili provinciali e dalle G.V.V. secondo quanto previsto dalla citata D.G.R.
n. 26-14329/04.
Interventi previsti: Per il puntuale conseguimento delle finalità degli interventi all'interno delle
singole Aree e Sub-Aree, sono al momento previsti unicamente interventi in modo continuativo e
costante all'interno dell'Area A, e delle Sub-Aree A1 (con esclusione al suo interno delle zone
omogenee a copertura vegetale naturale di superficie comunque non inferiore a ha.20) e A2.
All'interno dell'Area B, gli interventi saranno previsti solamente qualora la specie superi la densità
di n. 3 esemplari/100 Ha., avendo quale riferimento tutto il territorio dell'Area stessa, nei caso di
comprovati squilibri ecologici, di elevato impatto alle colture, nonché per gravi motivi di pericolo,
peraltro al momento non ravvisabili.
All'interno delle zone a copertura vegetale naturale di superficie comunque non inferiore a ha 20
ricomprese all'interno della Sub-Area A1, gli interventi saranno invece previsti solamente qualora la
specie superi la consistenza di n. 3 esemplari/20 Ha. (pure da rilevarsi anche attraverso il
monitoraggio dei danni alle produzioni agricole), avendo quale riferimento tutto il territorio
dell'Area stessa, nei caso di comprovati squilibri ecologici, di elevato impatto alle colture, nonché
per gravi motivi di pericolo, peraltro al momento non ravvisabili.
Per i casi di cui alla metodologia del precedente punto 2) non si impone alcuna limitazione per cui
possono essere attuati tutto l’anno anche in ore notturne con l’ausilio del faro e l’utilizzo di carabina
con ottica di mira.
Interventi nelle zone di protezione di istituzione provinciale: almeno 3 interventi nel corso
dell’anno con la metodologia di cui al precedente punto 3 con esclusione delle zone ove non si
rilevino necessità di contenimento numerico.
Interventi nelle zone protette di istituzione regionale (da realizzarsi ai sensi della D.G.R. n. 2614329/04): almeno 3 interventi nell’anno stabiliti anche autonomamente dalla Direzione dei Parchi
da comunicarsi, in ogni caso, alla Provincia in attuazione del disposto di cui all’art. 2, comma 2,
della L.R. n. 9/2000 nonché in caso di necessità manifestatesi nelle singole aree.
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Interventi negli istituti di caccia privata: almeno 3 interventi nel corso dell’anno fuori della
stagione venatoria con la metodologia di cui al precedente punto 3 in attuazione del disposto di cui
all’art. 2, comma 2, della L.R. n. 9/2000 nonché in caso di necessità manifestatesi nelle singole
aree.
Interventi sul territorio di caccia programmata: almeno 3 interventi nel corso dell’anno fuori
della stagione venatoria con la metodologia di cui al precedente punto 3 in attuazione del disposto
di cui all’art. 2, comma 2, della L.R. n. 9/2000 nonché in caso di necessità manifestatesi nelle
singole aree.
Il riferimento ai 3 interventi annui e l’impiego delle squadre d’ausilio per i vigili provinciali e le
G.V.V. si pone in sintonia con la specifica previsione contenuta nella L.R. n. 9/2000.
N.B. - In particolare, occorre rilevare che, nelle Aree protette di istituzione regionale (ovvero i
Parchi e le Riserve Naturali), in esecuzione di quanto disposto dalla Giunta Regionale con
deliberazione n. 26-14329 del 14/12/2004, sono operativi specifici “piani di gestione e di controllo”
della specie che prevedono il ricorso a personale tecnico e di vigilanza degli Enti stessi, vigili
provinciali, guardie forestali e “selecontrollori” che abbiano partecipato ad un corso organizzato
dalla Regione e superato il relativo esame finale.
L’intendimento, di per sé encomiabile, di tale approccio, ovvero di una gestione del cinghiale che
inquadra la specie quale risorsa piuttosto che una reale e sempre imprevedibile fonte di pericolo (e
ciò indipendentemente dal numero dei soggetti) si scontra sempre più frequentemente, se ci si
riferisce alle zone di pianura e di collina, attraversate da una fitta rete stradale a percorrenza veloce
e caratterizzate da un’agricoltura altamente specializzata, con l’esigenza di garantire la necessaria
sicurezza a tutte le attività antropiche in ambito esterno.
Per contro, una spinta decisiva per la soluzione dei sempre incombenti pericoli che la specie
determina potrebbe essere data solamente da interventi davvero radicali ed esaustivi in tali ambiti
protetti, operativamente possibili per la loro limitata superficie e senza particolari problemi per le
specie non bersaglio.
ALTRE NORME
In esito a quanto disposto dalla L.R. n. 9/2000, gli organi direttivi delle aree protette regionali, degli
istituti di caccia programmata, i concessionari degli Istituti di caccia privata e le organizzazioni
professionali agricole possono proporre, anche d’intesa tra loro, calendari e modalità di intervento
secondo le metodologie sopra riportate.
In funzione del contenimento numerico della specie, possono essere autorizzati, oltre ai vigili itticovenatori provinciali, le guardie venatorie volontarie, squadre di cacciatori nominativamente
individuati composte da proprietari o conduttori dei fondi delle aree all’interno delle quali si attuano
i piani di contenimento nonché squadre di cacciatori che abbiano superato uno specifico corso
d’abilitazione, tutti comunque muniti di licenza di porto d’armi per uso caccia e polizza assicurativa
in corso di validità.
Presso la Provincia di Vercelli può essere istituito un Albo Provinciale di squadre per il controllo
della specie cinghiale suddiviso per aree di competenza territoriale.
Nel caso di ricorso alla tecnica della “girata”, le squadre devono essere costituite da non meno di 5
persone con un solo cane provvisto di abilitazione ENCI alle prove di “girata”.
Per ciascuna squadra deve essere indicato il “caposquadra” cui si rivolgeranno i competenti organi
per la programmazione e l’organizzazione degli interventi.
Al termine di ogni azione di controllo devono essere comunicati alla Provincia gli esiti conseguiti e
il numero dei soggetti abbattuti.
Per ogni animale abbattuto in regime di controllo deve essere compilata una specifica scheda con i
dati biometrici relativi al capo abbattuto.
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DESTINAZIONE DEGLI ANIMALI ABBATTUTI
Gli esemplari abbattuti nel corso d’interventi condotti senza l’utilizzo delle squadre, verranno posti
in vendita dagli organi di vigilanza della Provincia per il consumo alimentare alle migliori
condizioni possibili presso macelli a capacità limitata convenzionati e/o privati che ne facciano
richiesta comunque ricadenti all’interno dell’area ove è stato eseguito l’intervento di controllo.
I capi abbattuti durante interventi con l’utilizzo delle squadre saranno assegnati alla squadra, a titolo
di contributo forfetario per l’opera prestata.
Per quanto concerne le operazioni di contenimento condotte all’interno dei confini delle aree
protette regionali, lo smaltimento dei capi abbattuti è a carico dei relativi Enti di gestione qualora
alle suddette operazioni abbia partecipato personale di vigilanza dipendente dall’Ente stesso; in caso
contrario la Provincia provvederà ad alienare i suddetti capi nel modo sopra indicato oppure, in caso
d’utilizzo di squadre ad assegnare alle stesse i capi abbattuti a titolo di contributo forfetario per
l’opera prestata.
I capi alienati soggiacciono alle vigenti norme sanitarie.
Nel caso in cui vengano abbattuti animali che presentino segni evidenti o sospetti di patologie, si
dovrà fare intervenire l’Autorità sanitaria territorialmente competente per i prescritti adempimenti.
E’ il caso di precisare che potrebbero determinarsi variazioni nel merito della conduzione delle
azioni di controllo nei confronti della specie solamente in presenza di altre specifiche norme
adottate dalla Regione Piemonte. Comunque, tali variazioni verteranno unicamente a rendere
coerente le anzidette operatività con le eventuali nuove norme regionali.
VOLPE
Gli obiettivi generali che la gestione dei carnivori (e quindi anche della Volpe) deve porsi, sono
evidenziati dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 la quale prevede che essa sia finalizzata “alla
conservazione delle effettive capacità riproduttive e al contenimento naturale di altre specie” (art.
10, comma 1). Quindi interventi di contenimento dell’impatto della Volpe sulle specie di interesse
venatorio possono risultare coerenti con l’attuale quadro normativo purché condotti in ambiti
localizzati, posti all’interno degli istituti specificamente mirati alla produzione di selvaggina la cui
istituzione è prevista dalla stessa normativa e che sono affidate alla gestione delle amministrazioni
provinciali (art. 10, comma 8, lettera b), c) e d).
La legge prevede la possibilità di realizzare interventi di controllo per la tutela delle produzioni zooagro-forestali, tra le quali pare corretto includere, oltre alle attività zootecniche, anche la
riproduzione delle specie di interesse venatorio all’interno dei suddetti istituti specificamente
finalizzati alla produzione della selvaggina, quali appunto le Zone di Ripopolamento e Cattura e le
Aree di Rispetto.
Occorre invece abbandonare totalmente qualsiasi pratica volta allo sterminio dell’ancora
impropriamente ed erroneamente detto "nocivo", sostituendola con una più ecologica azione di
controllo conservativo del predatore, vale a dire con un'impostazione capace di conciliare l'esigenza
del contenimento locale della pressione predatoria esercitata dalla Volpe con quella della sua
conservazione a livello di specie su scala provinciale.
Si conviene quindi che il controllo delle popolazioni sia esercitato nel rispetto di piani di prelievo
predisposti in base a specifiche operazioni di monitoraggio delle popolazioni oggetto degli
interventi.
Si conviene altresì che un siffatto controllo sia esercitato esclusivamente:
• nelle Z.R.C. e in una fascia di territorio adiacente a tali istituti per una ampiezza
massima di 500 metri;
• in aree di rispetto venatorio, identificate all’interno delle A.F.V. o degli A.T.C., ove
si diminuiscano progressivamente le immissioni di selvaggina a scopo di
ripopolamento, si sospenda in tale periodo il prelievo venatorio sulle specie oggetto
di ripopolamento e si applichi quindi a regime una gestione venatoria sostenibile,
basata sull’incremento naturale delle popolazioni selvatiche.
8
Considerato che gli istituti di intervento rappresentano una porzione molto limitata del territorio
provinciale, ed evidenziando che, al fine di contenere significativamente la pressione di predazione
della Volpe, risulta necessario realizzare consistenti prelievi locali della specie, gli interventi di
controllo dovranno tendere a contenere la specie ai livelli minimi di presenza della Volpe.
Il contenimento della Volpe
Metodi ecologici: sono finalizzati alla riduzione nel territorio delle fonti trofiche di origine
antropica (discariche non controllate, immissioni di selvaggina). Dato che la presenza sul territorio
della provincia di Vercelli di discariche abusive o comunque non controllate è da escludersi per la
severa vigilanza attuata in proposito anche dai vigili provinciali, i metodi ecologici da adottare
vanno individuati tra quelli indicati nel successivo capitolo riguardante i “Corvidi” (primi 3 punti
del paragrafo “Metodi ecologici di limitazione dei danni”), ovvero l’esclusione delle immissioni
abitudinarie di cospicui contingenti di selvaggina proveniente da allevamenti e/o di importazione,
privilegiando invece la predisposizione di un piano finalizzato alla ricostituzione di nuclei stabili
numericamente adeguati con particolare riferimento alle zone di tutela faunistica.
Metodi di censimento: in tutte le aree di realizzazione degli interventi di controllo della Volpe
verranno attivati programmi di monitoraggio finalizzati al rilevamento di indici di abbondanza sia
della Volpe, sia delle principali specie-preda, tali da permettere – nel medio-lungo periodo, di
verificare l’efficacia degli interventi in termini di contenimento delle popolazioni di Volpe e di
incremento del successo riproduttivo delle specie-preda. A tal fine verranno utilizzati:
conteggio notturno con faro su percorsi campione;
rilevamento delle tane attive nel periodo compreso tra marzo e luglio;
conteggio delle “fatte” su percorsi campione.
I censimenti verranno condotti da personale con adeguata formazione tecnica e saranno finalizzati a
verificare l’efficacia degli interventi adottati, non solo in termini di controllo dei predatori ma,
soprattutto, in termini di aumento di consistenza e successo riproduttivo delle popolazioni di specie
preda.
Onde verificare gli effetti del controllo numerico su tali popolazioni, andranno condotti monitoraggi
a cadenza annuale dell’incremento utile annuo dei nuclei naturali di Fasianidi mediante osservazioni
condotte sul numero di maschi territoriali ed a metà luglio sul numero medio di fagianotti osservato
su un campione di almeno 10 famiglie per ciascun istituto di gestione.
Modalità attuative: gli interventi di abbattimento della Volpe sono esclusivamente realizzati
tramite le seguenti tecniche:
interventi mirati alle tane, preventivamente localizzate, con l’ausilio di cani particolarmente
addestrati allo scovo degli animali in esse presenti (jagt-terrier o razze simili) comunque con
abbattimento all’esterno delle tane stesse;
uscite per l’abbattimento individuale alla cerca con automobile o all’aspetto mediante impiego
di carabina di piccolo calibro dotata di ottica di mira ed eventuale faro per il suo uso notturno.
Per il contenimento finalizzato a prevenire la predazione su animali di bassa corte, gli abbattimenti
sono condizionati alla verifica dell’attivazione di efficaci misure di stabulazione attraverso
l’impiego di recinti con rete metallica plastificata affondata in profondità nel terreno.
Periodo degli interventi: le azioni di controllo alla tana devono essere concentrate nel periodo
riproduttivo (febbraio-luglio) mentre gli abbattimenti individuali, con arma da fuoco, possono
essere attuati durante tutto l’anno solare, con l’esclusione del periodo aprile-agosto.
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NUTRIA
La Nutria, specie di origine alloctona, in provincia di Vercelli è fonte da molti anni di un forte
impatto nei confronti, oltre che delle colture agricole, anche degli argini dei corsi d'acqua naturali,
di quelli artificiali, dei numerosi specchi lacustri artificiali (retaggio dell’estrazione di ghiaia per la
realizzazione di importanti infrastrutture) e delle camere di coltivazione del riso. La presenza della
monocoltura risicola specializzata sulla quasi totalità del territorio di pianura (esclusi solamente i
comuni di Saluggia, Cigliano, Moncrivello, Borgo d’Ale e Alice Castello, ove peraltro la specie è
presente), rende inderogabile l’attuazione, per tutto l’anno di tutte le possibili azioni di controllo.
Vista l’origine alloctona della specie e l’elevato impatto esercitato sulle attività agricole, sui sistemi
di arginatura e, in alcuni casi, sulla vegetazione acquatica e ripariale naturale, l’obiettivo gestionale
deve essere il maggior contenimento possibile della consistenza, dell’incremento numerico e
dell’espansione geografica.
Il contenimento della Nutria
Motivazione dell’intervento: salvaguardia dei canali irrigui artificiali e delle camere di
coltivazione del riso a serio rischio di tenuta a causa della formazione di cunicoli da parte della
specie, limitazione dei danni diretti alle colture, limitazione dell’impatto sulla vegetazione naturale
in aree sensibili.
Metodi ecologici: data la situazione della pianura risicola vercellese non si intravedono soluzioni
ecologiche al fenomeno non ritenendo la cementificazione generalizzata degli argini di rogge e
canali ecologicamente corretta. La copertura degli argini con apposite reti risulta più accettabile dal
punto di vista ecologico ma, vista la capillare diffusione delle arginature nel territorio vercellese,
comporterebbe costi insostenibili.
Area d’intervento: tutta la pianura a monocoltura risicola ed i corsi d’acqua naturali e/o artificiali
che con essa interagiscono.
Modalità attuative dell’intervento: in questi ultimi anni, la Provincia di Vercelli ha acquistato,
vista la loro efficacia, un cospicuo numero di gabbie di cattura modello “Inzitari” in metallo zincato
che pertanto continueranno a costituire il principale mezzo utilizzato.
Tali gabbie rappresentano uno strumento importante con cui l’Amministrazione intende attuare il
controllo numerico della Nutria e, di norma, vengono affidate a persone nominativamente indicate
previa sottoscrizione di uno specifico protocollo operativo.
Allo scopo di ottimizzare l’efficacia del piano di controllo alle catture con trappole verrà affiancato
l’abbattimento con fucile di singoli soggetti, anche di notte con l’ausilio di un faro, soprattutto in
occasione di prolungate gelate invernali.
Data l’entità del fenomeno gli abbattimenti potranno essere autorizzati, dalla levata del sole al
tramonto, anche singoli proprietari e/o conduttori dei fondi agricoli interessati, seppur limitatamente
ai propri fondi ed a quelli ad essi immediatamente limitrofi. Lo sparo andrà comunque escluso nelle
aree di protezione e produzione faunistica (ZRC, oasi di protezione, centri pubblici e privati di
riproduzione della fauna) durante il periodo riproduttivo (aprile-luglio).
Le carcasse andranno raccolte e smaltite nel rispetto delle norme vigenti.
Periodo degli interventi: tutto l’anno solare.
Verifiche periodiche
Al termine del periodo di validità del piano faunistico-venatorio provinciale, ovvero con periodicità
quinquennale, la Provincia si impegna a produrre all’I.N.F.S. un documento di rendicontazione
delle attività di controllo numerico della specie. Il documento intende rappresentare il necessario
momento di confronto tra lo sforzo profuso (nutrie eliminate, gabbie impiegate, efficacia dei
sistemi) e la dinamica dei danni (agricoli, idraulici ecc.).
10
CORVIDI
La programmazione delle azioni di controllo dei Corvidi contemplati dal presente P.T., specie tutte
cacciabili in Italia ai sensi del combinato disposto dell’art. 18 della Legge 157/92 e dell’art. 48 della
L.R. 70/96, è soprattutto volta al contenimento dei danni all’agricoltura (periodo intercorrente tra la
semina e il raccolto del prodotto) e, in alcuni casi, a ridurre il prelievo di piccola selvaggina (uova e
pulli), determinando un incremento del successo riproduttivo e delle consistenze delle specie
predate negli istituti faunistici a cio’ specificamente destinati. Azioni di controllo numerico dei
Corvidi finalizzate a quest’ultimo obiettivo, se effettuate in istituti specificamente mirati alla
produzione naturale di specie di interesse cinegetico, appaiono coerenti con il vigente dettato
normativo comunitario, nazionale e regionale, purché condotte in modo puntuale, con tecniche
selettive che evitino impatti su altre componenti delle biocenosi.
La programmazione di azioni di controllo tese a limitare la predazione esercitata dalla Cornacchia
grigia e dalla Gazza nei confronti sia dei Fasianidi di interesse venatorio, in particolare del Fagiano,
che di altre importanti specie di avifauna, quali il Germano reale, la Pavoncella, il Cavaliere d’Italia
(di cui si osservano in questi ultimi anni importanti fenomeni di nidificazione), la Folaga, la
Gallinella d’acqua, ecc, può determinare un significativo incremento del successo riproduttivo e
della consistenza delle specie preda. Occorre, anche in questo caso, così come già descritto a
proposito della Volpe, adottare una strategia di controllo conservativo delle specie, capace di
conciliare l'esigenza del contenimento della pressione predatoria con quella della loro
conservazione a livello di specie.
Si conviene peraltro che anche il controllo delle popolazioni di Cornacchia grigia e Gazza sia
esercitato, nel rispetto di piani di controllo di carattere conservativo, predisposti sulla scorta di
specifiche operazioni di monitoraggio delle popolazioni oggetto degli interventi, nelle sole Z.R.C. e
nelle A.F.V. e in una fascia di territorio adiacente a tali istituti per una profondità di 500 metri
nonché all’interno di oasi di protezione per motivate ragioni di specifica tutela faunistica ed in aree
ad elevata specializzazione colturale.
Il contenimento dei Corvidi
Motivazione dell’intervento: il controllo viene esercitato per la salvaguardia delle produzioni
agricole e la tutela delle nidificazioni primaverili delle specie predate.
Metodi di conteggio dei Corvidi: Le metodologie di conteggio che devono essere utilizzate sono:
- il conteggio degli individui da autovettura su percorsi campione (transetti) di lunghezza
proporzionale all’area di intervento (almeno il 20%), a fine inverno (Febbraio-Marzo); tali
transetti consentono di definire “indici chilometrici di abbondanza relativa” (IKA) riferiti a
ciascun istituto;
- il conteggio degli individui presso i dormitori.
Onde verificare gli effetti del controllo numerico sulle popolazioni preda, andranno condotti
monitoraggi a cadenza annua dell’incremento utile annuo dei nuclei naturali di Fasianidi, mediante
osservazioni condotte ad aprile-maggio sul numero di maschi territoriali e a metà luglio del numero
medio di fagianotti osservato su un campione di almeno 10 famiglie per ciascun istituto di gestione.
Metodi ecologici di limitazione dei danni.
•
•
impiego di prodotti repellenti per il trattamento preventivo dei semi così da limitare
ulteriormente i potenziali danni che i Corvidi possono arrecare alle coltivazioni agricole;
utilizzo di cannoncini a gas con detonazioni a tempo durante i periodi più sensibili ai danni delle
specie.
11
Negli Istituti interessati al controllo numerico dei Corvidi con finalità antipredatoria (ZRC, Zone di
Rispetto e AFV) verrà perseguito un obiettivo di generalizzato miglioramento della gestione
faunistica incentrato in particolare, sulle azioni di seguito indicate:
•
•
•
•
esclusione delle immissioni di selvaggina allevata in cattività o d’importazione;
eventuale attuazione di piani eccezionali, finalizzati al potenziamento di nuclei naturali di
selvaggina con durata non superiore ad un triennio. Detti piani dovranno impiegare selvaggina
traslocata proveniente da cattura nazionale (lepri o fasianidi) ed immessa in forma diretta,
oppure giovani fagiani acquisiti da allevamenti in periodo estivo e stabulati in recinti a cielo
aperto per almeno due settimane prima della loro graduale liberazione in natura;
nel caso delle AFV la caccia alle specie per le quali si applicano i piani di cui al punto
precedente è sospesa per l’intera durata del piani stessi;
interventi di miglioramento ambientale nelle aree ad agricoltura intensiva della pianura
vercellese finalizzati espressamente all’incremento dei siti di rifugio (aree incolte) e delle
colture a perdere;
Modalità attuative dell’intervento: utilizzo prioritario delle gabbie di cattura tipo “Larsen” (per
Cornacchia e Gazza), “Letter-box” (per la sola Cornacchia) che, oltre all’indubbia efficacia,
consentono le catture per periodi prolungati.
Il numero delle trappole impiegate deve essere proporzionale alla superficie dell'istituto.
Tali strumenti presentano il vantaggio di poter essere affidati a persone nominativamente indicate
che operano comunque con la supervisione dei vigili provinciali.
Nelle A.F.V. l'impiego delle trappole “Larsen” è attuato dal personale di vigilanza dipendente,
nominativamente autorizzato dalla Provincia, operante, comunque, sotto la supervisione dei vigili
Provinciali.
Questa tecnica verrà opportunamente affiancata dall’abbattimento con fucile a canna liscia di
singoli soggetti fuori dal nido di un quantitativo massimo pari al 30% dell’intero piano.
I Corvidi catturati dovranno essere segnalati su apposite schede predisposte dalla Provincia le quali,
al termine delle catture, devono essere riconsegnate alla Provincia stessa.
Periodo degli interventi: Per finalità anti-predatorie le azioni di controllo saranno consentite solo
nel periodo compreso tra il 1° febbraio ed il 31 agosto.
L’abbattimento da appostamento può essere effettuato tutto l’anno dai soli vigili provinciali e dalle
G.V.V. ovunque se ne ravvisi la necessità per il contenimento dei danni alle produzioni agricole.
In ogni caso, lo smaltimento delle carcasse dovrà avvenire nel rispetto della normativa vigente.
Quantitativi annui massimi ammessi al prelievo. Sulla scorta dei dati di consistenza acquisiti dal
corpo di polizia provinciale e dei dati storici dei prelievi, il limite massimo annuo di cornacchie e
gazze prelevabili nel contesto del presente Protocollo Tecnico, salvo diverso dato censuale, è
definito rispettivamente in 2500 e 1000 esemplari annui per Cornacchia e Gazza.
Verifiche periodiche
Tutti i soggetti autorizzati al controllo dei Corvidi sono tenuti a relazionare con cadenza annuale
alla Provincia sui risultati conseguiti mediante riconsegna dell’apposita scheda. La Provincia, sulla
scorta delle varie relazioni pervenute, produce, con periodicità almeno quinquennale, un documento
di rendicontazione delle attività di controllo dei Corvidi che riporti dati sul numero di esemplari
rimossi suddivisi per specie, tecnica e comprensorio o istituto di gestione, nonché sulla dinamica dei
danni agricoli e faunistici.
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SILVILAGO
Il Silvilago, meglio conosciuto come “Minilepre”, specie alloctona, è ormai presente in tutta la zona
di pianura, quale conseguenza di irresponsabili immissioni non autorizzate.
Vista l’origine alloctona della specie e il possibile impatto negativo su specie autoctone
(competizione, diffusione di patologie, ecc.), se ne prevede il più ampio contenimento numerico
sull'intero territorio provinciale. Si ritiene peraltro prioritario attivare azioni di controllo della specie
volte all’anzidetta finalità specialmente all’interno delle Z.R.C., in una fascia di territorio adiacente
a tali istituti per una profondità di 500 metri, nonché all’interno di oasi di protezione.
Il contenimento numerico del Silvilago
La Provincia promuove ed autorizza interventi di contenimento numerico della specie
prioritariamente all’interno delle Z.R.C. e negli altri istituti ove vige il divieto di caccia,
contrastando nel contempo ulteriori immissioni con la collaborazione degli A.T.C. e delle
associazioni agricole, venatorie e di protezione ambientale.
L'attuazione degli interventi di contenimento del Silvilago è demandata ai Vigili provinciali, alle
G.V.V. con la collaborazione dei proprietari e/o conduttori agricoli dei fondi interessati.
Gli interventi all'interno delle A.F.V. saranno affidati al personale di vigilanza delle A.F.V. stesse,
nominativamente autorizzato, che opererà sotto il controllo dei Vigili provinciali.
Nel caso in cui il Concessionario si rifiuti di effettuare gli interventi eventualmente prescritti dalla
Provincia per il territorio in concessione, si procede d’ufficio. Gli interventi di controllo saranno
concentrati nel periodo ottobre – marzo di ogni anno.
CORMORANO
Le popolazioni di uccelli ittiofagi, in particolare di cormorano, stanno attraversando, nel territorio
vercellese come in molte altre realtà territoriali a livello nazionale, un periodo di forte espansione
numerica e stanno ampliando il loro areale alle zone pedemontane e talvolta persino a quelle
montane. La criticità legata al fenomeno di espansione demografica di queste popolazioni ornitiche
è rappresentata dall’impatto predatorio che tali uccelli esercitano sulla fauna ittica e in particolare
sulle comunità pregiate a Salmonidi.
La Provincia di Vercelli, per ridurre l’impatto delle popolazioni di cormorano lungo il Fiume Sesia
limitando gli effetti della predazione sulla fauna ittica, prevede una serie di attività definite sulla
base delle esperienze maturate in altre realtà provinciali vicine ed analoghe, nell’ambito della
sperimentazione di diverse soluzioni in grado di affrontare questa problematica.
Il contenimento dei cormorani
Motivazione dell’intervento: come specificamente sopra riportato, il contenimento delle
popolazioni di cormorano sul bacino del Fiume Sesia ha lo scopo di ridurre gli effetti della
predazione di questa specie ittiofaga sulla fauna ittica, al fine di garantire la tutela e l’incremento
delle popolazioni autoctone naturali delle specie ittiche di maggiore interesse conservazionistico ed
alieutico.
Metodi di conteggio dei cormorani: sono previsti censimenti periodici della popolazione di
cormorano mediante il conteggio degli individui nel complesso del territorio provinciale e nel
bacino imbrifero del Fiume Sesia. In particolare i conteggi saranno effettuati:
in corrispondenza dei dormitori;
in corrispondenza dei siti di alimentazione.
13
I censimenti verranno condotti da personale con adeguata formazione tecnica e saranno finalizzati a
verificare l’andamento numerico nel tempo delle popolazioni e la stima della riproduzione naturale.
Si terrà inoltre conto dei dati demografici forniti dagli enti gestori delle aree protette che ospitano
popolazioni di cormorano, in particolare per ciò che riguarda le colonie nidificanti.
Al fine di verificare gli effetti e l’efficacia degli interventi attuati, andranno condotti monitoraggi
periodici dello stato della fauna ittica, con particolare riguardo alle specie di grande pregio
conservazionistico, in modo da valutare le abbondanze e il successo riproduttivo delle popolazioni
ittiche oggetto di predazione.
Metodi ecologici: la Provincia prevede la realizzazione di interventi finalizzati al contrasto delle
criticità ambientali individuate sul territorio, allo scopo di favorire la tutela e l’incremento dei
popolamenti ittici autoctoni del Fiume Sesia. In particolare sono previsti:
interventi di mitigazione ambientale, finalizzati a ridurre gli effetti delle derivazioni idriche
e dell’interruzione della continuità fluviale, dell’artificializzazione dell’alveo e delle
sponde, e dell’inquinamento delle acque (in particolare verrà promossa la realizzazione di
adeguate “scale di risalita” per i pesci in corrispondenza degli sbarramenti idrici ed andrà
garantito un sufficiente deflusso minimo vitale);
interventi di gestione dell’attività di pesca e dei popolamenti ittici riguardanti la
regolamentazione dell’attività alieutica che preveda l’applicazione di misure restrittive, il
sostegno diretto alle popolazioni naturali mediante interventi di reintroduzione e
rafforzamento, il contrasto alla diffusione delle specie ittiche alloctone.
Modalità attuative degli interventi: considerati i risultati poco soddisfacenti ottenuti mediante
l’applicazione di metodi dissuasivi incruenti quali spari di fucile con munizioni di mais, dissuasione
con fucile laser, sparo di petardi, o stesura di nastri dissuasivi, documentati da altre Province vicine
(es. Sondrio, Varese e Como), intervenute per limitare l’impatto predatorio delle popolazioni di
cormorano sulla fauna ittica, si ritiene di affiancare a questi ultimi anche l’impiego di metodi
dissuasivi di tipo cruento, indirizzati esclusivamente sul cormorano.
A tal fine, sulla base delle informazioni relative alla distribuzione della popolazione di cormorani e
allo status della comunità ittica, saranno definiti i siti di intervento più adeguati, che riguarderanno
le aree di alimentazione del cormorano che corrispondono ai siti di frega delle seguenti specie
ittiche di particolare valore conservazionistico: Trota mormorata, Temolo, Lasca, Pigo e Savetta.
Nei siti così individuati, gli interventi dovranno essere di tipo “conservativo” sulla popolazione nel
suo complesso, limitando il prelievo ad 1 – 2 capi per intervento e comunque, complessivamente
nell’anno, a non più del 15 –20% del censito sui dormitori invernali, come positivamente
sperimentato nelle citate Province vicine ormai da alcuni anni. La finalità di tali interventi sarà
quella di “indirizzare” l’attività predatoria del cormorano verso ambiti territoriali in cui la biomassa
ittica è ancora abbondante e composta prevalentemente da specie caratterizzate da uno stato di
conservazione favorevole.
Le attività cruente saranno effettuate esclusivamente da personale adeguatamente preparato,
incaricato dalla Provincia, in modo da rendere minimo il disturbo alle altre specie presenti, cosa che
comunque può avvenire anche per le dissuasioni incruente.
Periodo degli interventi: gli abbattimenti selettivi saranno effettuati, con l’uso del fucile a canna
liscia, prevalentemente nel periodo di presenza delle popolazioni migratrici o svernanti (ottobredicembre). Si prevede una durata complessiva quinquennale del piano di intervento.
Verifiche periodiche
Tutti i soggetti autorizzati al controllo dei cormorani sono tenuti a relazionare con cadenza
settimanale alla Provincia sui risultati conseguiti mediante riconsegna dell’apposita scheda. La
Provincia, sulla base delle varie relazioni pervenute, produce, con periodicità annuale, un
documento di rendicontazione delle attività di controllo dei cormorani che riporti i dati sul numero
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di esemplari rimossi, il sito in cui è stato effettuato l’intervento, la stima dei risultati ottenuti e il
grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati, rispetto sia alle azioni effettuate sia all’ittiofauna
che si intende tutelare.
COLOMBO DI CITTA’
Il sorprendente adattamento del colombo alla nicchia ecologica urbana ha permesso a questa specie
di sopravvivere e riprodursi con incredibile successo nell’ambito di un ecosistema del tutto
artificiale. Allo stesso modo, l’abbondanza di risorse alimentari e di siti di riproduzione nel contesto
rurale, ha permesso al colombo di diffondersi ampiamente anche nell’ambiente agricolo.
Le sovrappopolazioni di colombi frequentemente impongono l’adozione di provvedimenti che
richiedono una preparazione tecnica specifica per ridurre il loro impatto negativo in ambiente sia
urbano sia rurale.
Analizzando le motivazioni di un possibile intervento di contenimento delle popolazioni di colombi,
si intende individuare i metodi più efficaci di controllo e identificare le persone giuridiche da
coinvolgere, in modo da perseguire i seguenti obiettivi:
- favorire un’armonica integrazione della specie nel tessuto urbano e rurale, delineando i
criteri con i quali mettere in atto le misure di prevenzione e contenimento numerico;
- mitigare l’impatto dei colombi sulle produzioni agricole.
I rischi da sovrappopolazione del colombo
Rischio ambientale
L’aumento della consistenza delle popolazioni di colombi di città è causa di una serie di criticità così
riassumibili:
• inquinamento con deiezioni del tessuto urbano;
• azione deturpante e corrosiva nei confronti di edifici e monumenti di valore storico e
artistico;
• accumulo di piume, escrementi, uova, carcasse in putrefazione nei siti di riproduzione e
rifugio; ostruzioni di grondaie da materiale trasportato dagli uccelli;
• inurbamento di altri sinantropi meno tollerati quali topi, acari, zecche, mosche spesso vettori
di pericolose zoonosi o causa di allergie;
• diffusione di odore molesto e rumore nei siti di nidificazione e di dormitorio.
Rischio ecologico
La presenza eccessiva del colombo può indurre il privato cittadino ad intervenire clandestinamente
con mezzi non efficaci e inidonei che possono costituire, quando operi con veleni, un vero e proprio
pericolo per la salute ambientale (inquinamento del substrato e delle acque) e di riflesso per quella
dell’uomo, degli animali d’affezione e dei sinantropi tollerabili.
Il colombo incide negativamente sulla biodiversità: spesso occupa siti colonizzabili da uccelli
selvatici, come i Rondoni, meglio tollerati nel tessuto urbano. Questi ultimi a loro volta,
analogamente ad altre specie di uccelli (es. Taccola) e di mammiferi (es. Chirotteri), possono essere
danneggiati dagli interventi messi in atto dai privati o dalle amministrazioni pubbliche per
scoraggiare la nidificazione dei colombi.
Infine, il colombo di città può inquinare geneticamente le residue popolazioni di colombo selvatico,
provocandone l’estinzione (Baldaccini in Spagnesi & Serra, 2003).
Rischio sanitario
Sebbene in bibliografia esistano molti dati riferiti all’isolamento dal colombo di agenti eziologici di
varie patologie, anche a carattere zoonosico, risultano scarsi i lavori tesi a chiarire quale sia
l’effettivo ruolo epidemiologico del colombo nella presenza e nella diffusione di infezioni che
colpiscono l’uomo. In linea generale, i problemi sanitari si pongono soprattutto nei confronti degli
agenti patogeni per i quali il colombo svolge il ruolo di serbatoio, garantendone la persistenza
nell’ambiente.
15
Tuttavia, definire il ruolo epidemiologico di una specie animale rispetto a determinati agenti infettivi
è un obiettivo complesso che richiede tecniche di indagine, di campionamento e di tipizzazione dei
patogeni isolati estremamente accurate.
I principali patogeni che possono rappresentare un pericolo per la salute umana sono elencati
nell’Allegato 4, unitamente ad alcune considerazioni circa le possibili misure di prevenzione.
Impatto sulle produzioni agricole
L’incidenza del colombo sulle attività agricole può essere ricondotta sostanzialmente a due
tipologie distinte:
1)
danni per imbrattamento e contaminazione fecale di alimenti ad uso zootecnico con
potenziale trasmissione di patogeni agli animali domestici;
2)
danni alle coltivazioni. Il colombo concentra la sua azione dannosa soprattutto sulle
coltivazioni cerealicole (anche poste a notevole distanza dai siti di ricovero e nidificazione) sia nella
fase di semina che di emergenza, con l’asportazione praticamente completa, anche per ampie zone,
delle plantule.
Proposte gestionali
1. AMBIENTE URBANO
L’abbondanza di risorse trofiche e di siti di nidificazione, accompagnata dall’elevato successo
riproduttivo della specie, rappresenta una delle ragioni che spiegano l’elevata presenza di colombi
in città. Dal momento, quindi, che il successo di insediamento del colombo in città è dovuto a
molteplici fattori, ne deriva che una qualsiasi azione di contenimento dovrà contemplare
necessariamente diversi interventi da applicare in modo integrato ed efficace.
Una strategia gestionale delle popolazioni di avifauna problematica, in linea con i principi dell’art.
19 della legge 157/92, deve risultare ecologica, selettiva rispetto alle specie target, sicura per
l’ambiente, economicamente sostenibile, fattibile sotto il profilo tecnico-scientifico, durevole, etica
e condivisa.
In ogni caso, il punto di partenza della strategia consiste nella stima più realistica possibile della
consistenza numerica della popolazione di colombi presenti: senza tale parametro, qualsiasi azione
verrebbe vanificata e, inoltre, sarebbe impossibile valutare l’efficacia dell’intervento.
Censimenti
Un buon programma di controllo di questo columbiforme dovrebbe prevedere un protocollo di
monitoraggio basato su censimenti a cadenza annuale, da estendersi per un periodo non inferiore ai
4-5 anni. Oltre al numero di colombi presenti e la stima della loro densità rapportata al kmq, il
primo censimento condotto sull’area urbana dovrebbe individuare:
- le principali colonie riproduttive;
- i luoghi di maggior concentrazione per la sosta diurna;
- i luoghi di maggior concentrazione per la sosta notturna.
Il periodo migliore per effettuare il censimento è durante i mesi di novembre e dicembre, quando il
numero di soggetti in cova e in muta è minimo e la popolazione, per effetto della presenza dei
giovani dell’anno, presenta i valori più elevati.
Le metodologie più frequentemente utilizzate sono le seguenti:
Metodo dei Quadrati (MQ): consiste nel cartografare e suddividere l’area di indagine
(superficie urbana) in un reticolo di quadrati di 100-300 m. di lato ed effettuare due conteggi in
giorni differenti in almeno il 20% dei quadrati stessi. La stima della popolazione presente sull’intera
area deriva dal numero medio di individui per quadrato moltiplicato per il numero totale dei
quadrati.
“Distance Sampling Method” applicato al Metodo del Transetto Lineare (MTL): nella
pratica, all’interno dell’area urbana vengono individuati e cartografati dei percorsi stradali di alcune
centinaia di metri di lunghezza, lungo i quali effettuare i conteggi per 2 o 3 volte, in giornate
differenti, calcolando la distanza degli animali dal punto di osservazione; l’applicazione di un
16
software permetterà quindi di ricavare un valore di stima della densità, ricavato da aree urbane
omogenee e rappresentative, entro un range di errore.
Metodi di controllo
Un adeguato protocollo operativo circa il contenimento dell’impatto dei colombi in ambiente
urbano deve essere strutturato nel modo seguente:
1.
azione di sensibilizzazione dell’opinione pubblica inerente le problematiche collegate alla
presenza eccessiva di colombi e le misure che si intende mettere in atto;
2.
censimento conoscitivo: uno in periodo estivo e l’altro in periodo post-riproduttivo; ogni
censimento dovrebbe comprendere almeno 3 uscite, da effettuarsi nelle prime ore del mattino;
3.
messa in atto dei sistemi indiretti di controllo: limitazione delle fonti di alimentazione
(proibire il foraggiamento e contenere la dispersione di rifiuti) e riduzione dei siti di nidificazione
mediante l’impedimento meccanico dell’accesso, avendo premura di non colpire le specie non
target (cfr. Allegato 5);
4.
nuovo censimento e confronto dei valori di popolazione e densità rilevati rispetto al primo
censimento;
5.
in presenza di valori di densità ancora elevati dopo il secondo censimento, possono essere
presi in considerazione i sistemi diretti di riduzione numerica: cattura mediante reti e/o gabbie
trappola e successiva soppressione eutanasica. In base a quanto disposto dal combinato disposto
dell’art. 19 della Legge 157/92 e del 6° comma dell’art. 29 della L.R. 70/96, la Provincia può
autorizzare tali azioni di controllo su parere dell’Azienda Sanitaria Regionale territorialmente
competente.
6.
nuovo censimento per verificare l’efficacia dei metodi attraverso il risultato ottenuto;
7.
censimenti a cadenza annuale per monitorare la situazione.
2. AMBIENTE RURALE
L’esplosione demografica del colombo che ha caratterizzato i maggiori centri urbani ha interessato
anche molte aree rurali, sostanzialmente a causa dei medesimi fattori descritti in precedenza:
abbondanza di risorse trofiche e di siti di riproduzione.
Nelle nostre campagne è molto frequente osservare lo spiccato pendolarismo dei colombi tra le
aree coltivate, dove si alimentano, ed i centri abitati, dove trovano siti adatti al rifugio e alla
riproduzione. Oltre a questi spostamenti giornalieri tra le aree di sosta notturna e riproduzione e le
aree coltivate, si registra frequentemente la presenza di gruppi anche molto numerosi di colombi
che stazionano permanentemente presso aziende agricole isolate di una certa dimensione, in
corrispondenza delle quali possono trovare condizioni ambientali ottimali; analoga situazione può
essere riscontrata presso le numerose riserie sia periferiche che inserite nei contesti urbani.
Appare quindi necessario affrontare le problematiche legate al contenimento dell’impatto del
colombo in ambito rurale con un approccio metodologico differente in alcuni punti rispetto a quanto
riportato in precedenza per le aree urbane.
Censimenti
La distribuzione delle popolazioni di colombo nelle zone rurali è fortemente influenzata dagli
spostamenti conseguenti alla disponibilità di cibo, variabile nel corso dell’anno, oltre a singole
particolarità ambientali. Questa situazione comporta quindi una maggiore difficoltà nel definire
l’area utile sulla quale effettuare i censimenti secondo i criteri descritti nella parte relativa ai
contesti urbani. Il censimento va perciò integrato con la valutazione dell’impatto del colombo sulle
colture agricole, così come si opera da anni per altre specie problematiche e di difficile gestione
come la cornacchia e la gazza, fatte salve delle ricognizioni preventive effettuate al fine di rilevare
le principali colonie riproduttive e i luoghi di maggior concentrazione diurna e notturna.
L’analisi preliminare del contesto sul quale si intende intervenire deve quindi basarsi su una
disamina dell’impatto del colombo sulle produzioni agricole (tipologia di danno, localizzazione ed
entità) oltre all’effettiva verifica, da parte di personale specializzato, della presenza nei siti in esame
dei colombi, anche mediante rilievi fotografici, da effettuarsi, oltre che nei periodi indicati in
precedenza per le aree urbane, anche nei momenti di maggiore criticità per quanto concerne il
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danno alle colture (fase di emergenza del seme). In questo senso il censimento rappresenta anche un
valido strumento per la valutazione dell’efficacia degli interventi di controllo adottati.
Metodi di controllo
1)
Sistemi indiretti o di prevenzione dei danni:
limitazione degli accessi dei volatili alle fonti di cibo e nidificazione. Nelle aziende agricole
si suggerisce di adottare alcuni provvedimenti per impedire o limitare l’accesso dei colombi ai siti
di nidificazione (es: reti, porte a pannelli mobili), in ottemperanza, tra l’altro, a quanto previsto dal
regolamento comunitario in materia di igiene dei mangimi (Regolamento CE 183/2005). Si
potrebbero limitare anche i siti di alimentazione, avendo cura di operare adeguate coperture delle
trincee e di raccogliere e asportare eventuali residui di foraggio o granaglie dispersi durante la
distribuzione degli alimenti al bestiame. Per distrarre i colombi dalle colture più pregiate, sarebbe
auspicabile la semina di appezzamenti a perdere per attirare gli uccelli verso un habitat a loro più
gradito.
sistemi di dissuasione visiva: consistono in dispositivi sospesi (piccoli palloni aerostatici
dalle svariate forme e colori), utili per un limitato periodo di tempo (circa 20-30 giorni), trascorso il
quale la loro efficacia diminuisce drasticamente a causa dell’instaurarsi di fenomeni di
assuefazione. Peraltro, occorre tener conto del rapporto costi benefici, in considerazione del prezzo
piuttosto elevato e delle limitazioni d’uso (assenza di vento forte, alberi, linee elettriche, manufatti
di una certa altezza, ecc.).
sistemi di dissuasione acustica: utilizzo di cannoncini a gas con detonazioni a tempo.
utilizzo di sostanze repellenti: trattamento delle sementi con prodotti repellenti.
2)
sistemi diretti
In riferimento a quanto affermato in più occasioni dall’attuale I.S.P.R.A. circa il controllo delle
popolazioni di cornacchia e gazza alle quali i colombi possono essere equiparati nel loro ruolo di
specie “problematiche” per le attività agricole, si nota come gli interventi di contenimento attuati su
larga scala e in maniera non continuativa nel tempo sono destinati a non avere alcuna ricaduta
positiva e, frequentemente, possono portare a risultati addirittura controproducenti. Al contrario
l’Istituto riconosce una maggiore probabilità di successo a tutte quelle politiche di contenimento
basate su azioni limitate a contesti spaziali di piccole dimensioni e attuate in modo costante per
periodi sufficientemente lunghi.
Nelle zone rurali le situazioni spazialmente limitate in cui le azioni di contenimento possono essere
condotte in modo continuo sono quelle delle riserie delle aziende agricole con depositi dei cereali,
mentre per le colture occorre intervenire soltanto nei periodi definiti critici.
Gli interventi diretti di limitazione delle popolazioni di colombo verranno attuati ricorrendo a:
cattura mediante gabbie trappola con ingressi a nassa o bacchette basculanti: il loro utilizzo
ha ampiamente dimostrato la loro efficacia e selettività, in quanto è possibile liberare gli individui
non appartenenti a specie target (come ad es. il colombaccio, la colombella o la tortora). La facilità
di spostamento e montaggio delle trappole consente, inoltre, il loro posizionamento nei siti
interessati per il periodo necessario. Le gabbie trappola,contrassegnate dalla Provincia competente
per territorio, sono da questa affidate in gestione ad operatori nominalmente individuati e autorizzati
(agricoltori e/o guardie venatorie volontarie) i cui dati devono essere riportati su apposito registro.
Alla cattura seguirà la soppressione degli individui mediante dislocazione delle vertebre cervicali e
successivo smaltimento delle carcasse nel rispetto della normativa vigente;
abbattimento con arma da fuoco: il ricorso a questa misura deve intendersi complementare
all’uso delle gabbie solamente nei periodi durante i quali possono effettivamente verificarsi i danni
alle produzioni agricole (dalla semina alla fase di sviluppo vegetativo ove non possano più
verificarsi danni da parte della specie) o dove risultasse documentata l’impossibilità di ricorrere alle
gabbie-trappola e, comunque, soltanto in contesti lontani da aree antropizzate. Essi potranno essere
attuati dal personale di vigilanza della Provincia e dalle guardie venatorie volontarie.
Comunque, data l’entità del fenomeno, gli abbattimenti potranno essere autorizzati, dalla levata del
sole al tramonto, anche a singoli proprietari e/o conduttori dei fondi agricoli interessati, seppur
limitatamente ai propri fondi. Lo sparo andrà comunque escluso nelle aree di protezione e
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