PROCEDURE D`INSOLVENZA: IL NUOVO REGOLAMENTO UE
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PROCEDURE D`INSOLVENZA: IL NUOVO REGOLAMENTO UE
Giugno 2015 PROCEDURE D’INSOLVENZA: IL NUOVO REGOLAMENTO UE 2015/848 Introduzione In data 20 maggio 2015 il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione Europea hanno adottato il Regolamento UE n. 2015/848, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale UE n. L. 141 del 5 giugno 2015 (il “Regolamento”) recante la rifusione del Regolamento CE n. 1346/2000 relativo alle procedure d’insolvenza (il “Regolamento 1346/2000”). Il Regolamento 2015/848 entrerà in vigore il 25 giugno 2015, ma sostituirà definitivamente la precedente normativa solo a partire dal 26 giugno 2017, data prevista per l’applicazione della nuova disciplina sull’insolvenza transfrontaliera, fatta eccezione per: - - l’articolo 86 del Regolamento (relativo alle informazioni sul diritto fallimentare nazionale e dell’Unione) che si applicherà già dal 26 giugno 2016; l’articolo 24, paragrafo 1 del Regolamento (relativo ai registri fallimentari degli stati membri in cui sono pubblicate informazioni relative alle procedure d’insolvenza) che si applicherà a decorrere dal 26 giugno 2018; e l’articolo 25 del Regolamento (relativo all’interconnessione dei registri fallimentari) che si applicherà a partire dal 26 giugno 2019. La nuova normativa accoglie la recente percezione degli obiettivi del diritto fallimentare, secondo i quali le procedure concorsuali non sono più considerate in termini meramente liquidatori, ma come strumenti per garantire la conservazione dei mezzi organizzati dell’impresa, assicurandone, ove possibile, la sopravvivenza. Tra i propositi perseguiti, illustrati dai primi considerando, il nuovo regolamento mira, da un lato, a rendere le procedure di insolvenza transfrontaliera “efficaci ed efficienti” per garantire il buon funzionamento del mercato interno e, dall’altro lato, a prevenire il fenomeno del c.d. “forum shopping” pretestuoso o fraudolento. Alla luce di tali obiettivi, il Regolamento 2015/848 introduce importanti novità rispetto al sistema previgente. Il presente approfondimento ne riporta, senza alcuna pretesa di esaustività, le principali. 1. L’AMBITO DI APPLICAZIONE Il Regolamento 2015/848 prevede un ambito di applicazione significativamente più ampio rispetto a quello precedente, che escludeva sia le c.d. “procedure ibride”, nelle quali il debitore mantiene la disponibilità dei beni, che le procedure preventive e di sovraindebitamento per il debitore civile. Il nuovo testo dell’art. 1 stabilisce che il Regolamento si applica a tutte “le procedure concorsuali pubbliche, comprese le procedure provvisorie (interim proceedings)” le cui finalità siano di salvataggio, ristrutturazione del debito, riorganizzazione o liquidazione. Un’importante innovazione della disciplina è dunque rappresentata dal fatto che non si richiede più che le procedure siano fondate sull’insolvenza e neppure che il debitore sia spossessato dei propri beni o che sia nominato un curatore. Da qui l’ampliamento del novero delle procedure concorsuali che rientrano nell’applicazione del Regolamento (elencate nell’Allegato A), che prevede ora, per quanto riguarda l’Italia, anche gli accordi di ristrutturazione dei debiti, il concordato preventivo e le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento. Risultano quindi ricomprese nell’applicazione del Regolamento anche le procedure di preinsolvenza e le soluzioni negoziali e concordate, nell’evidente intento di favorire il salvataggio dell’impresa o del debitore, anticipando la soglia di intervento sulla crisi d’impresa. Rimangono, invece, escluse dall’ambito di applicazione del Regolamento sia le procedure disciplinate dal diritto societario generale, non destinate esclusivamente alle situazioni di insolvenza, che le procedure d’insolvenza relative alle imprese assicuratrici, gli enti creditizi, le imprese d’investimento cui si applica la Direttiva 2001/24/CE e gli organismi d’investimento collettivo, che restano dunque assoggettate a una disciplina particolare. 2. LA DISCIPLINA La riforma non ha inteso modificare la fisionomia dell’insolvenza transfrontaliera già adottata dal Regolamento 1346/2000. L’art. 3 riconferma l’assetto per cui, accanto a una c.d. “procedura principale di insolvenza”, aperta innanzi al giudice dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore (c.d. “COMI”) è confermata la possibilità di avviare parallelamente una procedura secondaria in un altro Stato in cui il debitore ha una dipendenza, con effetti limitati ai beni situati nel territorio di tale Stato. Pur mantenendo invariate le linee generali, la nuova disciplina ha introdotto alcune importanti specificazioni. Tra queste, quella relativa alla nozione di COMI (centre of main interests del debitore) che viene più puntualmente definito come “il luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi”. É stato in buona sostanza riconfermato il principio elaborato dalla giurisprudenza comunitaria con le decisioni Eurofood (Causa C-241/04), Interedil (Causa C-396/09) e Rastelli (Causa C-191/10) secondo cui per le società e le persone giuridiche si presume, fino a prova contraria, che il COMI coincida con il luogo ove è situata la sede legale. Tale presunzione può essere tuttavia superata dal giudice nazionale a seguito della valutazione di “tutti gli elementi rilevanti” e tenendo conto della riconoscibilità per i terzi del luogo in cui si trova “il centro effettivo di direzione e controllo della società stessa, nonché della gestione dei suoi interessi”. Si è aggiunto inoltre che, per le persone fisiche che esercitano un’attività imprenditoriale o professionale indipendente , il COMI è il luogo ove si colloca la sede principale di tale attività. Per le altre persone fisiche, invece, il COMI è il luogo in cui la persona fisica ha la residenza abituale. Un’ulteriore importante specificazione è prevista all’art. 4 del Regolamento, ove si stabilisce che il giudice adito per l’apertura della procedura d’insolvenza verifica d’ufficio la propria giurisdizione. Si è inteso in questo modo ovviare ai problemi applicativi che aveva evidenziato la precedente disciplina secondo la quale non era previsto che il giudice, nel caso in cui non fosse controverso tra le parti, ometteva di dichiarare se la procedura innanzi a sé pendente era principale o secondaria. Secondo la nuova disciplina, il giudice nella decisione di apertura della procedura di insolvenza deve specificare se questa è principale o secondaria. Nel caso in cui, a norma del diritto nazionale interno, l’apertura della procedura non preveda una decisione del giudice, gli Stati membri potranno incaricare l’amministratore di verificare se lo Stato è competente ai sensi dell’art. 3 e dichiarare se la procedura è principale o secondaria. Per quanto attiene alle procedure secondarie di insolvenza, il legislatore comunitario ha preso atto che queste possono “intralciare l’efficiente gestione della massa fallimentare”. Per questo motivo, il regolamento prevede due casi in cui il giudice adito per l’apertura della procedura secondaria (che, lo si ricorda, ha effetti limitati ai soli beni presento sul territorio dello Stato membro in cui la procedura è stata aperta) possa disporre che questa sia rinviata o rifiutata. 2 Il primo caso è disciplinato dall’art. 37 del Regolamento, che prevede la possibilità per l’amministratore della procedura principale di contrarre un impegno nei confronti dei creditori locali garantendo a questi ultimi il medesimo trattamento che avrebbero avuto se la procedura secondaria di insolvenza fosse stata aperta. Laddove tale impegno sia approvato da una maggioranza qualificata di creditori locali, il giudice adito per l’apertura della procedura secondaria può rifiutare la richiesta di apertura della procedura secondaria di insolvenza. Il secondo caso è rappresentato dalla facoltà attribuita al giudice di sospendere temporaneamente l’apertura della procedura secondaria di insolvenza qualora siano state concesse singole misure di esecuzione nella procedura principale di insolvenza, al fine di salvaguardare l’efficacia della sospensione concessa nella procedura principale di insolvenza, salva la necessaria tutela degli interessi generali dei creditori locali. Di significativa rilevanza è la possibilità che anche le procedure secondarie di insolvenza abbiano come finalità quella di ristrutturare l’impresa e non debbano quindi avere natura meramente liquidatorio. 3. GRUPPI DI SOCIETÀ Il Capo V del Regolamento introduce una nuova disciplina ad hoc per l’insolvenza di società diverse facenti parti di un gruppo. Rinunciando alla prospettiva di individuare la competenza di un unico Stato membro (soluzione per la quale non è stato possibile individuare una formula che trovasse il consenso di tutti gli Stati membri), il legislatore europeo ha optato per il coordinamento delle procedure relative alle diverse società appartenenti a uno stesso gruppo. La definizione di “gruppo di società” è fornita dallo stesso Regolamento, all’art. 2, par. 13, secondo cui per gruppo deve intendersi “un’impresa madre e tutte le sue imprese figlie”, intendendosi per impresa madre “l’impresa che controlla, direttamente o indirettamente, una o più imprese figlie. Un’impresa che redige il bilancio consolidato conformemente alla direttiva 2013/34/UE del parlamento europeo e del consiglio è considerata quale impresa madre”. Nel caso in cui siano aperte procedure di insolvenza per varie società dello stesso gruppo, vi dovrebbe essere adeguata cooperazione tra i soggetti coinvolti in tali procedure. Pertanto è previsto in capo ai giudici e agli amministratori delle procedure un obbligo di reciproca cooperazione e comunicazione, secondo le stesse regole previste per il coordinamento della procedura principale e per quelle secondarie in casi di un unico debitore. É inoltre previsto che un amministratore nominato in una procedura d’insolvenza aperta nei confronti di una società del gruppo possa richiedere l’apertura di una procedura di coordinamento di gruppo. 4. IL REGISTRO Significativa innovazione nella direzione della creazione di uno spazio giudiziario unico europeo è la creazione entro giugno 2019 di un sistema di interconnessione elettronico dei c.d. “registri fallimentari” che dovranno essere istituiti presso ciascuno Stato membro, gratuitamente consultabile attraverso il portale di giustizia elettronica europeo. L’evidente utilità della norma è quella di consentire un coordinamento delle procedure aperte nei vari Stati membri e migliorare l’informazione nei confronti dei pertinenti creditori e dei giudici, nonché quella di evitare potenziali conflitti. 3 ***** Il Dipartimento di Contenzioso, Arbitrati ed ADR di Legance è a disposizione per qualsiasi chiarimento ed approfondimento, anche in relazione a fattispecie specifiche. Per ulteriori informazioni: PAOLO POTOTSCHNIG STEFANO PARLATORE Tel. +39 02 89 63 071 Tel. +39 06 93 18 271 [email protected] [email protected] DANIELE GERONZI Tel. +39 06 93 18 271 [email protected] oppure il Vostro professionista di riferimento all’interno di Legance. LO STUDIO Legance è uno studio legale italiano con un team di professionisti esperti, dinamici e orientati al risultato, il cui affiatamento ha reso possibile un modello organizzativo flessibile ed incisivo che, attraverso dipartimenti attivi in tutti i settori della consulenza legale d’affari, esprime il giusto equilibrio tra specialista e avvocato come consulente globale. Legance conta oltre 190 avvocati, nelle sedi di Milano, Roma e Londra. 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