l`osservatore romano
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLIII n. 78 (46.322) Città del Vaticano giovedì 4 aprile 2013 . All’udienza generale il Santo Padre ricorda le prime testimoni della risurrezione Via libera dall’Onu al Trattato sul commercio Armi a circolazione limitata La missione delle donne Gesù risorto, è vivo e presente accanto all’uomo di oggi. Alle donne, alle mamme soprattutto, il compito di testimoniarlo ai propri figli; ai giovani la missione di manifestarlo con la propria vita. Lo ha ribadito Papa Francesco riprendendo questa mattina, mercoledì 3 aprile, le riflessioni sull’Anno della fede proposte durante l’udienza generale in piazza San Pietro. Proprio le donne, ha ricordato il Santo Padre, sono state le prime testimoni della risurrezione, le prime a credere senza alcun dubbio. Di qui il valore del ruolo della donna nella vita della Chiesa, fondamentale oggi nella testimonianza da dare al mondo per alimentare quella speranza di cui l’umanità ha bisogno. E «la morte e la risurrezione di Gesù — ha ricordato il Papa — sono proprio il cuore della nostra speranza». Il Pontefice non ha mancato di sottolineare l’atteggiamento di quanti, pur credenti, si sono lasciati prendere dai dubbi dinanzi al mistero della risurrezione. È la conseguenza, ha notato, di quella fede «all’acqua di rose» dovuta alla «superficialità, a volte all’indifferenza», occupati come siamo «da mille cose che si ritengono più importanti». Ma non è questa la fede vera, la «fede forte» nata dalla certezza della risurrezione di Cristo, «che è la nostra forza»: quella da trasmettere agli altri, da condividere con gli altri, proprio attraverso la testimonianza di vita. Ed è ciò che ha chiesto ai numerosi giovani presenti all’udienza generale: «A voi dico: portate avanti questa certezza. Il Signore è vivo e cammina a fianco a noi nella vita. Questa è la vostra missione. Portate avanti questa speranza». Perché solo così, ha concluso, «si darà speranza a questo mondo un po’ invecchiato» a causa delle guerre, del male, del peccato. «Avanti giovani!» è stata la sua esortazione finale. PAGINA 8 Russia e Cina seriamente preoccupate per la crisi provocata da Pyongyang Situazione esplosiva nella penisola coreana PYONGYANG, 3. Si aggrava di ora in ora la tensione nella penisola coreana. La Russia si dice preoccupata per la situazione «esplosiva» creata dalla Corea del Nord, dove anche un semplice errore umano potrebbe innescare la miccia. «La Russia deve essere preoccupata perché stiamo parlando di una situazione esplosiva nelle immediate vicinanze dei nostri confini in Estremo oriente», ha detto il viceministro degli Esteri, Igor Mogulov. Anche la Cina ha espresso oggi la sua «seria preoccupazione» per la crescita della tensione sul confine tra le due Coree. Lo ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri, Hong Lei, precisando che la preoccupazione di Pechino è stata comunicata agli ambasciatori in Cina delle due Coree e degli Stati Uniti. Hong Lei ha aggiunto che la Cina Nell’ottavo anniversario della morte di Giovanni Paolo II y(7HA3J1*QSSKKM( +@!"!&!"![ Papa Francesco prega davanti alle tombe dei predecessori Nella serata di martedì 2 aprile, Papa Francesco si è recato nella basilica Vaticana dove, nella cappella di San Sebastiano, ha pregato dinanzi alla tomba del beato Giovanni Paolo II, nell’ottavo anniversario della morte. Il Pontefice si è poi fermato in raccoglimento anche dinanzi alle tombe del beato Giovanni XXIII e di san Pio X . PAGINA 8 spera che Seoul e Pyongyang possano risolvere con il dialogo le loro divergenze. Per il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, la crisi politica e diplomatica che vede protagonista la Corea del Nord «è andata troppo oltre» e l’unica soluzione è da ricercarsi nel negoziato bilaterale. Ma la Corea del Nord — dopo aver alzato ieri il tiro annunciando il riavvio della centrale nucleare di Yongbyon fermata nel 2007 dopo un faticoso negoziato nel corso dei colloqui a sei — ha oggi sospeso gli ingressi dei lavoratori sudcoreani al distretto di Kaesong, permettendo a quelli già presenti di poter lasciare la zona industriale a sviluppo congiunto. Lo riferisce l’agenzia Yonhap. La decisione del regime comunista di Pyongyang ha creato ulteriore tensione nei rapporti intercoreani. Il ministro della Difesa di Seoul, Kim Kwan Jin, ha dichiarato di valutare tutte le opzioni sulla questione Kaesong inclusa l’azione militare nello scenario peggiore possibile, e cioè se la sicurezza dei lavoratori sudcoreani al distretto industriale congiunto sarà a rischio. «Abbiamo preparato un piano di emergenza, tra cui la possibile azione militare» ha detto Kim in una riunione della commissione speciale del partito conservatore al potere, il Saenuri, dedicata alla questione nucleare nordcoreana. Anche dopo un resoconto del presidente della commissione parlamentare Yoo Won Chul, il ministro ha osservato che si valutano «tutte le opzioni possibili». Secondo la relazione di Yoo, l’esercito di Seoul sa- rebbe pronto a demolire il 70 per cento della prima linea della Corea del Nord entro cinque giorni nel caso di provocazione grave di Pyongyang. Prima del blocco degli ingressi deciso da Pyongyang, a Kaseong — ubicato nella cosiddetta zona demilitarizzata lungo il 38° parallelo — risultavano esserci 861 sudcoreani e sette lavoratori stranieri. Questa mattina, nei piani originari, 484 lavoratori e 371 veicoli di Seoul avrebbero dovuto raggiungere il villaggio Gli Stati Uniti hanno intanto ribadito che si difenderanno e difenderanno la Corea del Sud da Pyongyang. Lo ha affermato il segretario di Stato John Kerry, al termine dell’incontro con il ministro degli Esteri sudcoreano, Yun Byung Se. NEW YORK, 3. Il segretario genera- standard internazionali per la comle dell’Onu, Ban Ki-moon, ha ac- pravendita delle armi, legandoli al colto con favore l’adozione del pri- rispetto dei diritti umani: non conmo Trattato internazionale sul trolla l’uso domestico, ma richiede commercio delle armi da parte che gli Stati membri si dotino di dell’Assemblea generale delle Na- normative nazionali sul trasferizioni Unite. «È una vittoria per la mento delle armi convenzionali gente del mondo» ha affermato una definizione che in realtà raccosottolineando che il documento glie un po’ tutto, dai carri armati renderà più difficile l’utilizzo di ar- agli aerei e le navi da guerra, dai mi letali da parte di criminali, ter- missili a lunga gittata ai fucili e le pistole. roristi e signori della guerra. È previsto inoltre il divieto, per «Sarà uno strumento nuovo e potente per prevenire gravi viola- gli Stati che ratificano il Trattato, zioni dei diritti umani e fornirà la di trasferire armi in caso di embarnecessaria spinta verso il disarmo go internazionale, di atti di genociglobale e la non proliferazione» ha dio, di crimini contro l’umanità e dichirato Ban Ki-moon che si è di crimini di guerra. Il testo stabilicongratulato con gli Stati membri sce inoltre che ogni Paese dovrà «per la loro disponibilità a giunge- valutare se le armi potrebbero essere a un compromesso su una serie di questioni complesse, rendendo così possibile la stesura di un testo equilibrato e robusto». Il segretario generale si è inoltre complimentato con i membri della società civile per il ruolo fondamentale svolto nelle lunghe trattative che hanno portato all’approvazione del testo. L’Assemblea generale dell‘Onu ha quindi approvato ieri il Trattato internazionale sulla compravendita delle armi convenzionali con una schiacciante maggioranza di 154 Paesi a favore, tre contrari e 23 astenuti. Decisivo il sostegno fornito anche dagli Stati Uniti — tra i promotori del documento con altri membri permanenti del Consiglio Un finto elicottero militare esposto a New York (Afp) di sicurezza come Francia e Gran Bretagna — il cui via libera è arrivato re usate per violare i diritti umani grazie all’impegno del presidente o utilizzate da terroristi o membri Barack Obama. A salutare con par- della criminalità organizzata. Gli ticolare soddisfazione la positiva Stati ratificheranno il Trattato a conclusione delle trattative all’O nu partire dal mese di giugno, e il doè l’Italia, che in una nota della Far- cumento entrerà in vigore con la nesina definisce l’accordo «forte, firma di almeno cinquanta Paesi. equilibrato e realistico». Tra gli oppositori del documento Lo sforzo globale per regola- la National Rifle Association, la mentare il multimiliardario comlobby statunitense delle armi, che mercio delle armi aveva subito una ha definito il Trattato un attentato battuta d’arresto la scorsa settimana quando Iran, Corea del Nord e al diritto del possesso di armi sanSiria avevano impedito il raggiun- cito dalla Costituzione americana. gimento di un accordo unanime. Senza sorprese il no di ieri dei tre Paesi, motivato con il fatto che il Trattato sarebbe discriminatorio nei Ancora senza esito loro confronti. Tra gli astenuti Rusil negoziato a Bruxelles sia, Cina, Cuba, Venezuela e Bolivia. Nuova fumata nera Il documento — la cui adozione per il Kosovo è stata salutata dall’Assemblea generale con un lungo applauso — PIERLUIGI NATALIA A PAGINA 2 definisce per la prima volta gli Otto vittime per la bufera che ha colpito la capitale argentina Inondazioni a Buenos Aires Una piccola folla variopinta aspetta l’esito dell’elezione L’incontro al bar EGIDIO PICUCCI A PAGINA 5 Una strada invasa dall’acqua (Afp) BUENOS AIRES, 3. È di almeno otto morti accertati il bilancio di una bufera che si è abbattuta ieri su Buenos Aires e sul suo immenso circondario, con raffiche di vento che hanno divelto alberi, troncato le linee dell’alta tensione e scoperchiato i tetti della case nelle baraccopoli della periferia. Le piogge torrenziali in una sola notte hanno superato i 15 centimetri e mezzo al suolo, record assoluto per la capitale argentina in aprile. Soprattutto nella parte nord della città le eccezionali precipitazioni hanno provocato alluvioni-lampo, impedendo la circolazione dei treni, allagando le stazioni della metropolitana e travolgendo i veicoli in sosta. Circa trecento persone state sgomberate d’urgenza. Secondo il sindaco Mauricio Macrí nel complesso ammontano a 35.000 le persone che hanno subito danni a causa della tempesta. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 giovedì 4 aprile 2013 Ancora senza esito il negoziato a Bruxelles Definito sostenibile il piano di raggiustamento dei conti pubblici Nuova fumata nera per il Kosovo Ue e Fmi dicono sì a Nicosia di PIERLUIGI NATALIA Il fallimento del nuovo tentativo negoziale sul Kosovo, tenuto martedì 2 aprile a Bruxelles con la mediazione dell'Unione europea era stato previsto dalla gran parte degli osservatori. A quattordici anni dall'intervento armato della Nato e a cinque dalla dichiarazione unilatarale d'indipendenza da parte della maggioranza albanese della popolazione, restano infatti irrisolti i nodi principali della questione. Né a scioglierli sembra avere contribuito la politica applicata nell’area dall’Unione europea. Rimane aleatoria la possibilità di riconoscimento da parte di Belgrado della secessione kosovara, tanto più che le autorità albanesi di Pristina rivendicano piena sovranità anche su quelle parti della regione a maggioranza serba. L’ultimo incontro tra le due parti a Bruxelles c’era stato appena quindici giorni prima, il 20 marzo, e si era concluso senza esito. Non erano in molti a sperare che in due settimane la diplomazia europea potesse mettere a segno nuove e risolutive mosse. Secondo quanto dichiarato appunto il 20 marzo dal primo ministro serbo, Ivica Dačić, l’alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea, Catherine Ashton, «aveva raccolto tutte le carte ed era pronta a dichiarare falliti i colloqui, ma io ho insistito per continuare il dialogo poiché non vogliamo che si accusi la Serbia del fallimento del negoziato». Lo stesso Dačić, a una settimana dal nuovo appuntamento a Bruxelles, aveva comunque ribadito che se non ci fossero stati cambiamenti di posizione da parte di Pristina e che se alla Serbia fosse stata avanzata la stessa offerta, non ci sarebbe potuto essere accordo. Questa volta Dačić non è sceso in particolari, mentre Ashton ha dichiarato che «il divario tra le due parti è ridotto, ma profondo». Punto cruciale del disaccordo è la questione dei poteri esecutivi e legislativi per le comunità autonome dei serbi del Kosovo, chiesti con forza da Belgrado, ma dei quali Pristina non vuole sentir parlare. «Noi abbiamo davvero fatto tutto quanto possiamo», aveva detto Dačić una settimana fa, dopo aver incontrato Bernd Borchardt, il nuovo capo dell’Eulex, la missione europea in Kosovo. Subito dopo, il capo dell’ufficio governativo serbo per il Kosovo, Aleksandar Vulin, aveva ribadito che la bozza d’accordo finora proposta dall’Unione europea non può essere neppure presa in considerazione da Belgrado. «È qualcosa che un Paese indipendente non può accettare», ave- Il Senato uruguayano a favore del matrimonio tra omosessuali MONTEVIDEO, 3. Il Senato uruguayano ha approvato ieri con 23 voti a favore e 8 contrari il progetto di legge che introduce il matrimonio tra omosessuali. Il testo passa ora al vaglio della Camera dei deputati, che già ne aveva approvato una prima stesura nello scorso mese di dicembre, ma che ora è chiamata a pronunciarsi di nuovo sulle modifiche apportate dal Senato. La normativa, denominata Legge del matrimonio ugualitario, segnala espressamente che il codice civile deve considerare come matrimonio «l’unione permanente di due persone di sesso uguale o distinto» ed elimina i termini «uomo e donna» per sostituirli con «coniugi». Nei giorni scorsi l’arcivescovo di Montevideo, Nicolás Cotugno Fanizzi, aveva rivolto un appello ai legislatori cattolici, chiedendo di non votare a favore di una legge che «si schiera apertamente contro il progetto di Dio». L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt 00120 Città del Vaticano [email protected] http://www.osservatoreromano.va Presta giuramento il neo ministro delle Finanze cipriota va detto Vulin, secondo il quale un accordo non può essere fatto su leggi volute solo dagli albanesi, senza consentire ai serbi di decidere nulla. La risposta di Pristina era stata immediata e il ministro degli Interni, Bajram Rexhepi, aveva ribadito che non c’è alcuna possibilità di trattativa riguardo ai poteri esecutivi per le comunità serbe. A inasprire gli animi tra le comunità serbe kosovare aveva contribuito giovedì scorso anche la condanna da parte del Tribunale internazionale di Kosovska Mitrovica di tre dei sei serbi accusati di aver preso parte alle violenze che nel marzo 2008 avevano investito la città, teatro da anni di scontro tra serbi, che qui sono maggioranza, e albanesi. Per diverse ore si erano temute nuove violenze, ma la folla che si era ammassata davanti al Tribunale e aveva tentato di bloccarne l’ingresso si è poi dispersa senza causare disordini. Le condanne dei tre sono tutte inferiori ai due anni, mentre gli altri imputati sono stati assolti. I sei erano accusati di aver illegalmente occupato il tribunale di Kosovska Mitrovica nord, impedendo all’ufficio di svolgere il proprio lavoro, di avere fatto parte di un gruppo che ha commesso crimini, di aver messo in pericolo il personale delle Nazioni Unite, oltre a causare danni materiali, e di incitamento all’odio razziale, religioso ed etnico. Negli incidenti che seguirono, un poliziotto ucraino era stato ucciso ed erano stati feriti e 64 agenti dell’Unmik e 24 militari della Kfor, rispettivamente la polizia e la forza armata dell’Onu, oltre a un centinaio di manifestanti serbi. In questo clima, tra gli osservatori crescono i dubbi sulla possibilità di successo della mediazione dell’Unione europea, che avendo riconosciuto l’indipendenza di Pristina viene ritenuta tutt’altro che equidistante da parte di Belgrado, pure impegnata in un processo di avvicinamento all’Ue stessa. Comunque, il negoziato a Bruxelles fa segnare una fumata nera dopo l’altra e non è un caso se l’ambasciatore serbo a Mosca, Slavenko Terzić, ha proposto di coinvolgere nel negoziato sul Kosovo anche la Russia, tradizionale alleato di Belgrado. Svendita in un negozio nella capitale cipriota (Afp) In flessione gli indici relativi all’andamento del settore manifatturiero In Eurolandia la ripresa che non decolla BRUXELLES, 3. Si allontana la ripresa di Eurolandia. Gli indici Pmi, ovvero quelli relativi all’andamento del settore manifatturiero delle piccole e medie imprese e che segnalano con tempestività il livello di attività economica, hanno subito a fine marzo una correzione rispetto al dato provvisorio di metà marzo: a 46,8 l’indicatore per tutta Eurolandia resta ancora in zona contrazione, sotto quota 50, e indica un peggioramento rispetto ai mesi prece- denti (il 47,9 di febbraio e gennaio). Insomma il primo trimestre 2013 non è andato bene. Comunque, rilevano gli analisti, non c’è motivo di preoccuparsi troppo. La media dei tre mesi, segnala la Markit che ha elaborato il dato, è la più alta dal primo trimestre del 2012, e in crescita quindi rispetto alla fine del 2012 e sta a indicare complessivamente una contrazione meno rapida. Il fatto però che proprio l’ultimo mese, marzo, sia stato cattivo In Brasile dal 2003 al 2011 quaranta milioni di persone sono uscite dalla fascia di povertà Più classe media BRASILIA, 3. S’impone, in Brasile, la classe media. Si stima che dal 2003 al 2011 quaranta milioni di persone siano uscite dalla fascia di povertà. E non che la crisi finanziaria internazionale non abbia fatto sentire i suoi effetti anche in questo Paese. Eppure, anche con una crescita economica rallentata, la disoccupazione è rimasta bassa, i salari sono aumentati e l’accesso al credito è sensibilmente lievitato. Sono questi i fattori sui quali poggia l’incremento dei consumi brasiliani degli ultimi dieci anni. I sociologi brasiliani, rileva «Il Sole 24 Ore», suddividono i consumatori in cinque fasce: A,B,C,D,E. La più ricca è la A, la più povera è la E. In otto anni nella fascia C sono entrate quaranta milioni di persone, che hanno lasciato le classi inferiori, senza provocare erosioni nelle classi più elevate. È come se, all’interno del Paese, si fosse formato un volano che genera nuovi consumi di classe media per quaranta milioni di persone. Insomma, la crisi c’è, la corsa del pil non è più agile come in passato, ma le dimensioni del mercato interno e la mobilità sociale registrata negli ultimi anni offrono prospettive confortanti. Auto e telecomunicazioni sono i settori dove i consumi si mantengono sostenuti. Per alcune tipologie di consumi la legislazione ha giocato un ruolo importante. Il Governo ha varato una legge che tutela il personale di servizio e obbliga a versare contributi e a rispettare le regole: ciò ha scoraggiato l’assunzione di collaboratrici familiari e determinato un aumento delle vendite di elettrodomestici. un po’ per tutti, anche per la Germania, non fa ben sperare per il secondo trimestre. L’indice è infatti al minimo da sette mesi per l’Italia (44,5), da cinque per la Spagna (44,2), da dieci per l’Olanda (48.0), da tre per l’Austria (48,1). Irlanda e Germania, che avevano fino a febbraio segnalato espansione, sono tornate sotto quota 50: un livello che Eurolandia, nel suo complesso, non vede il più da agosto 2011. Il dato meno rassicurante riguarda l’andamento dei nuovi ordini. Le commesse si proiettano naturalmente nel futuro, e il fatto che si stiano contraendo da ventidue mesi e siano tornate ai minimi dal mese di dicembre non lascia al momento speranze per un’immediata ripresa. L’Olanda è alla sua terza recessione in pochi anni. In Italia sono tornati a crescere gli ordini all’esportazione, sia pure in misura insufficiente per compensare il calo di quelli interni. E sia in Olanda che in Italia, come del resto in Francia e in Irlanda, la riduzione dei posti di lavoro è stata marcata anche a marzo: solo Austria e Germania si sono mosse in controtendenza. In flessione, di conseguenza, anche i prezzi. Fatto questo, rilevano gli analisti, che può tranquillizzare la Banca centrale europea, che ha più spazio per nuovi interventi, ritenuti tra l’altro molto probabili entro la fine di giugno. Secondo il Fondo monetario internazionale l’economia farà registrare una robusta crescita nel 2013 Haiti che non ti aspetti Un bambino haitiano a Petionville (LaPresse/Ap) GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile TIPO GRAFIA VATICANA EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO Carlo Di Cicco don Sergio Pellini S.D.B. vicedirettore Piero Di Domenicantonio caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione direttore generale PORT-AU-PRINCE, 3. Buone notizie per Haiti: le porta il Fondo monetario internazionale (Fmi) che ha elaborato stime secondo le quali l’economia dell’isola, pur dovendo fare fronte a grandi difficoltà, è destinata a crescere nell’arco del 2013. L’economia, afferma l’Fmi, raggiungerà una crescita del 6,5 per cento. A supportare questa tendenza dovranno essere gli investimenti nel settore agricolo e in quello industriale. Il terremoto del 201o ebbe effetti devastanti anche sull’economia di Haiti. Da allora, sottolinea l’Fmi in un dossier, sono stati Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va compiuti progressi significativi. Questi progressi, osserva il Fondo monetario internazionale, sono stati resi possibili anche grazie al condono di parte del debito estero. E lo stesso Fmi sottolinea il significativo dato economico previsto per il proseguo del 2013 (anche l’inflazione sembra essere sotto controllo) considerando che problemi infrastrutturali, tensioni sociali e politiche, le precarie condizioni di sicurezza non hanno certo agevolato, dal 2010 in poi, il processo di ricostruzione dell’isola. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Ufficio diffusione: telefono 06 698 99470, fax 06 698 82818, [email protected] Ufficio abbonamenti (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, fax 06 698 85164, [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 NICOSIA, 3. Il commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn, e il direttore del Fondo monetario internazionale (Fmi), Christine Lagarde, hanno definito oggi sostenibile il piano di aggiustamento dei conti pubblici adottato dalle autorità cipriote. «Il programma include un aggiustamento del bilancio a un ritmo sostenibile che equilibra l’esigenza di far fronte a problemi di breve termine e obiettivi di lungo periodo, proteggendo nello stesso tempo i gruppi vulnerabili» afferma una nota congiunta di Rehn e Lagarde pubblicata oggi. E il direttore dell’Fmi ha reso noto che sarà di un miliardo il contributo del Fondo al salvataggio del sistema bancario di Cipro. In un comunicato si specifica che si tratterà di un prestito per tre anni. L’accordo sarà sottoposto all’Esecutivo del Fondo monetario internazionale ai primi di maggio. Ieri, a conclusione dei negoziati con la troika il Governo di Cipro ha ottenuto due anni di tempo in più, fino al 2018, per rispondere alle condizioni definite dal piano di aiuti concordato con l’Eurogruppo. Oggi intanto ha prestato giuramento il nuovo ministro delle Finanze, Haris Georgiades: è entrato in carica al posto di Michael Sarris, dimessosi ieri. Il presidente Nicos Anastasiades ha avvertito il nuovo ministro delle Finanze che lo aspettano «giorni difficili». Il nuovo incarico richiederà anzitutto «collegialità» come pure «coerenza, disciplina di bilancio e tutte quelle misure che contribuiranno a una ripresa». Georgiades, quarant’anni, lascia dunque il ministero del Lavoro, che passa a Zeta Emilianidou: è la prima donna a entrare nel Governo di Anastasiades. L’ex ministro delle Finanze Sarris aveva reso noto ieri di essersi dimesso, con il consenso del Governo, poco dopo l’annuncio di una parziale riduzione delle drastiche misure imposte alle banche per il controllo dei movimenti di capitale. Fra queste, come prevede un decreto ministeriale entrato in vigore ieri, figura l’innalzamento da 5.000 a 25.000 euro del tetto delle transazioni interne per le quali non c’è bisogno dell’approvazione della Banca centrale e la possibilità di staccare assegni per una cifra complessiva di 5.000 euro al mese. Altre restrizioni imposte la scorsa settimana, come il limite di trecento euro per i prelievi dal bancomat e di mille euro in contanti per chi si reca all’estero, sono tuttora in vigore. Le autorità di controllo delle Borse di Nicosia e di Atene hanno frattanto confermato che le azioni della Bank of Cyprus e della Laiki Bank rimarranno sospese dalle contrattazioni alle due Borse valori fino al 15 aprile. Elezioni del capo dello Stato italiano dal 18 aprile ROMA, 3. Si potrà tenere dal 18 aprile la prima seduta comune del Parlamento per eleggere il nuovo presidente della Repubblica italiana. È quanto si legge in una nota del presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, che nella sua qualità di presidente del Parlamento in seduta comune, provvederà lunedì 15 aprile a diramare la convocazione prevista dal secondo comma dell’articolo 85 della Costituzione per l’elezione del nuovo capo dello Stato. Su invito del presidente della Repubblica e sentito il presidente del Senato — si legge nella nota — la seduta del Parlamento, integrato dai delegati regionali, potrà avere luogo già a partire dallo stesso giovedì 18 aprile, confidando che gli adempimenti relativi alla designazione da parte delle Regioni dei propri delegati si svolgano con la massima tempestività. Per quanto concerne il Friuli - Venezia Giulia, il cui Consiglio regionale è in corso di rinnovo, va ricordato che, come avvenuto in altre analoghe occasioni, il Consiglio uscente ha già provveduto alle necessarie designazioni. Concessionaria di pubblicità Il Sole 24 Ore S.p.A System Comunicazione Pubblicitaria Aziende promotrici della diffusione de «L’Osservatore Romano» Intesa San Paolo Alfonso Dell’Erario, direttore generale Romano Ruosi, vicedirettore generale Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 Società Cattolica di Assicurazione [email protected] Banca Carige Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 4 aprile 2013 pagina 3 Raid israeliano contro la Striscia di Gaza Numerose vittime civili Intensi combattimenti nei sobborghi di Damasco DAMASCO, 3. S’intensificano nei sobborghi di Damasco i combattimenti tra l’esercito governativo e le milizie ribelli insorte contro il presidente Bashir Al Assad. Scontri particolarmente aspri sono in corso nel distretto di Barzeh, nella parte settentrionale della città — dove una famiglia di quattro persone è stata sterminata da un colpo di cannone — e in quello di Jobar, a est. Vittime civili si sono registrate ieri anche nella località di Al Hajar al Aswad, a sud della capitale, dove tre uomini sono stati uccisi e una ventina di persone sono state ferite da un bombardamento. Anche a Mqailyabeh, sempre nella provincia di Damasco, dove gli insorti hanno preso il controllo di diverse zone, un bombardamento ha causato la morte di un bambino di tre anni. Fonti dell’opposizione parlano di 78 morti nella giornata di ieri, una cifra analoga a quella del giorno precedente. Sempre ieri, i ribelli hanno sostenuto di aver assunto il controllo del villaggio di Handrat, all’immediata periferia di Aleppo, la seconda città del Paese e principale centro settentrionale. Dal nord, per precisione dalla provincia di Idlib, è stata diffusa anche la notizia, peraltro senza conferme indipendenti, che un commando di uomini armati ha preso in ostaggio i passeggeri di un autobus in viaggio verso Maaret Masrin. Nell’area di Aleppo i ribelli sembrano particolarmente impegnati anche in una vasta operazione militare contro le prigioni dove sono detenuti i prigionieri politici. Fonti degli stessi ribelli, che hanno pubblicato diversi video su internet, affermano che da lunedì è sotto assedio l’ospedale Al Kindi, a nord di Aleppo, da mesi trasformata in una vera e propria base militare delle milizie governative, e dove sono rinchiusi centinaia di attivisti dell’opposizione. Gli insorti affermano di esser diretti anche verso il carcere di Meslimiyya, sempre ad Aleppo, diviso in un’ala dei detenuti comuni e una di prigionieri politici. Nel frattempo, continua ad aumentare il flusso di profughi nei Paesi confinanti. Nella sola Turchia, secondo una nota ufficiale diffusa ieri dal Governo di Ankara, ci sono 192.000 rifugiati. La nota specifica che dall’inizio del conflitto siriano, due anni fa, hanno varcato il confine 285.984 persone, ma che 93.991 hanno poi fatto ritorno in patria. Donne nel centro del Cairo (LaPresse/Ap) Al via la missione del Fondo monetario arabo mentre è attesa al Cairo la delegazione dell’Fmi L’Egitto tra prestiti e riforme IL CAIRO, 3. Il Governo egiziano ha intrapreso un negoziato con il Fondo monetario arabo (Fma), un’organizzazione panaraba creata dal Consiglio economico degli Stati della Lega araba, per un prestito da 465 milioni di dollari. Lo ha reso noto ieri a Dubai il ministro delle Finanze, El Morsi El Hegazy, citato dal sito web del quotidiano «Al Ahram». Il ministro non ha aggiunto ulteriori dettagli in merito, né ha spiegato i tempi dell’operazione. L’Egitto ha già ricevuto 270 milioni di dollari dal Fondo monetario arabo, che presto fornirà un’altra tranche di aiuti al Cairo per 135 milioni di dollari. Il Paese ancora non riesce a risollevarsi economicamente dopo la rivolta che ha deposto l’ex presidente Hosni Mubarak. Da mesi il Governo è in trattativa con il Fondo monetario internazionale (Fmi) per un prestito da 4,8 miliardi di dollari, ritenuto necessario per immettere liquidità nel mercato e rafforzare le riserve di valuta straniera della Banca centrale. E l’importo del prestito dell’Fmi all’Egitto può essere rivisto in base alle esigenze del Paese. Lo ha detto Masood Ahmed, direttore del Fondo per il Medio Oriente e l’Asia centrale, sempre a margine dell’incontro a Dubai di ministri arabi delle Finanze. «La somma può variare: è una questione di esigenze», ha spiegato senza specificare se la rivisitazione potrebbe essere al ribasso o al rialzo. L’Fmi ha annunciato la settimana scorsa il prossimo invio di una nuova missione al Cairo per proseguire i colloqui. Gli Stati Uniti si dicono però perplessi sulla direzione presa dall’Egitto, che uscito dall’era Mubarak avrebbe dovuto vedere la nascita della democrazia. «Reale preoccupazione» è stata infatti espressa dal segretario di Stato americano, John Kerry, in seguito ai recenti arresti e al clima di tensione e violenza che si è innescato nel Paese. «È venuto il tempo che le promesse della rivoluzione del 2011 siano mantenute» ha detto il capo della diplomazia statunitense nel corso di una conferenza stampa a Washington. Nel frattempo, la procura generale egiziana ha aperto una nuova inchiesta per esaminare le denunce per «minacce alla sicurezza pubblica» contro il comico televisivo Bassem Youssef, già arrestato per un giorno con l’accusa di aver insultato il presidente Mohammed Mursi. «Una nuova denuncia è stata depositata contro di me per diffondere voci e informazioni false e turbare l’ordine pubblico dopo i recenti eventi» ha scritto Youssef, di professione cardiologo, sul suo profilo Riaperta la strada tra Mogadiscio e Baidoa Vertice africano sulla crisi a Bangui N’DJAMENA, 3. I capi di Stato e di Governo della Comunità economica dei Paesi dell’Africa centrale (Eccas), sono riuniti oggi a N’D jamena, la capitale del Ciad, per un vertice straordinario dedicato alla situazione nella Repubblica Centroafricana, dove dieci giorni fa le milizie della Seleka hanno assunto il potere, costringendo alla fuga il presidente François Bozizé. Quest’ultimo, che si trova ancora in Camerun, ma che ha ottenuto asilo dal Benin, ha detto che gli organizzatori hanno respinto la sua richiesta di partecipazione. Dovrebbe intervenire invece il primo ministro centroafricano Nicolas Tiangaye, Processo in Francia per il genocidio del 1994 in Rwanda PARIGI, 3. Un tribunale francese ha per la prima volta ordinato un rinvio a giudizio in relazione al genocidio in Rwanda del 1994. Si tratta dell’ex capitano dell’esercito rwandese Pascal Simbikangwa, arrestato nel 2008 sull’isola francese di Mayotte. Simbikangwa deve rispondere dell’accusa di complicità in genocidio e complicità in crimini contro l’umanità, ma può ancora presentare appello per evitare il processo in Francia. Come noto, sul genocidio in Rwanda ha particolare competenza il tribunale ad hoc istituito già nel 1994 dall’Onu e che ha sede ad Arusha, in Tanzania. Diversi Paesi, oltre ovviamente al Rwanda stesso, rivendicano però giurisdizione su sospetti responsabili catturati sul proprio territorio. Quella scritta in Rwanda tra il 6 aprile e il 16 luglio del 1994 — quando ci fu il rovesciamento del Governo espressione dell’etnia maggioritaria hutu e la presa del potere del Fronte patriottico rwandese, principale forza dell’etnia tutzi — fu una delle più atroci pagine della storia del XX secolo, che pure di orrori non è stato avaro. Secondo stime dell’Onu, le milizie hutu uccisero oltre ottocentomila tutzi, ma anche hutu moderati. Le conseguenze di quello spaventoso evento, oltre che in Rwanda, pesano anche sui Paesi confinanti, in particolare la Repubblica Democratica del Congo, dove da quasi vent’anni sono presenti gruppi armati rwandesi. twitter. «Sembra che vogliano esaurirci fisicamente, emotivamente e finanziariamente», ha aggiunto. Il comico, la cui satira in passato non aveva risparmiato neanche i militari, nei giorni scorsi era stato rilasciato su cauzione — 15.000 sterline egiziane, pari a circa 1.700 euro — dopo essere stato interrogato per cinque ore. Il procuratore generale aveva aperto un’inchiesta sul caso sulla base di dodici querele di cittadini che si erano detti «feriti psicologicamente» dalla sua satira politica. Dal canto loro, i Fratelli musulmani hanno attaccato gli Stati Uniti dopo le critiche del dipartimento di Stato americano in relazione alla vicenda. Il portavoce statunitense, Victoria Nuland, aveva parlato di una «pericolosa tendenza nelle limitazioni alla libertà di opinione in Egitto». È una «palese interferenza» negli affari interni dell’Egitto, ha commentato il partito Libertà e Giustizia, braccio politico dei Fratelli musulmani. Secondo Mohamed ElBaradei, uno dei leader del Fronte di salvezza nazionale, la coalizione dell’opposizione, «siamo alla continuazione delle manovre brutte, ma fallite, di fermare la transizione democratica». Quello di Youssef è solo il più noto di una serie di casi simili denunciati. ma non, almeno stando alle ultime indiscrezioni di stampa, il leader di Seleka, Michel Djotodja, che si è autoproclamato presidente, ha sospeso la Costituzione e ha sciolto il Parlamento. Bozizé, in un’intervista alla Bbc, ha anche accusato il Ciad di aver sostenuto l’azione di forza della Seleka, esprimendo peraltro sorpresa, dati i buoni rapporti mantenuti negli ultimi anni tra il suo Governo e quello di N’D jamena. Secondo il presidente deposto, sarebbero state forze speciali ciadiane a guidare il colpo di Stato di domenica 24 marzo, compreso l’attacco ai militari sudafricani della missione internazionale. TEL AVIV, 3. Un raid sulla Striscia di Gaza è stato compiuto nella notte dall’aviazione israeliana. Non vengono segnalate vittime. L’azione è stata lanciata in rappresaglia per il lancio di razzi contro Israele. Si è trattato del primo attacco aereo dopo la tregua tra Israele e Hamas in seguito all’offensiva dello scorso novembre. Ieri un razzo lanciato dal territorio palestinese controllato da Hamas ha raggiunto il sud di Israele. Le forze di sicurezza hanno registrato altri colpi di mortaio e lanci di razzi dalla Striscia, che però non hanno colpito il territorio israeliano. Il ministero della Difesa ha lanciato un monito contro il lancio di ordigni. «Israele ritiene Hamas responsabile per qualsiasi attacco da Gaza. Non permetteremo che si assista al fuoco quotidiano contro i nostri civili e le nostre forze», ha detto il ministro, Moshe Yàalon, dopo il raid compiuto da Israele. «Allo stesso modo — ha aggiunto il ministro — la nostra politica è che non abbiamo intenzione di ignorare il fuoco dal territorio siriano contro quello israeliano. Risponderemo anche se si tratta di incidenti». Sanguinosa battaglia nella città afghana di Farah KABUL, 3. È salito ad almeno sei morti accertati e a settanta feriti il bilancio tuttora provvisorio dell’assalto compiuto dagli insorti talebani contro un complesso pubblico a Farah, capoluogo dell’omonima provincia nell’Afghanistan sud-occidentale, una tra le più instabili del Paese centro-asiatico. Lo ha riferito il governatore provinciale Akram Ekhpelwak, secondo cui la maggior parte delle vittime sono semplici civili. Un commando formato da numerosi talebani ha fatto irruzione nel cortile della struttura, aprendosi la strada con il lancio di bombe a mano e quindi sparando all’impazzata sui presenti. Ne è scaturita una battaglia con le forze di sicurezza durata oltre un’ora. Dal canto suo un portavoce dei ribelli afghani, Qari Mohammed Yousuf, ha rivendicato l’attacco a nome del proprio movimento, sostenendo peraltro che vi sarebbero stati tra i sedici e i venti morti. Nel frattempo, il presidente afghano, Hamid Karzai, ha affermato che il capo dei talebani, il mullah Omar, ha il diritto di candidarsi alle presidenziali del prossimo anno. L’apertura è giunta in un’intervista alla «Süddeutsche Zeitung» in cui Karzai sostiene che il mullah Omar «può essere un candidato alla presidenza e offrire agli afghani la possibilità di votare o meno per lui». Il presidente afghano ha attaccato l’occidente e ha rivelato che «i talebani parlano con noi, vengono da noi ogni giorno. Questo è anche il loro Paese, dovrebbero partecipare al Governo». Mentre appare ancora lontana la conclusione del conflitto nel nord Commissione per la riconciliazione in Mali Militari delle forze armate somale (Afp) 3. Le truppe MO GADISCIO, dell’Amisom, la missione dell’Unione africana in Somalia, hanno riaperto la maggiore arteria stradale del Paese, quella che collega la capitale Mogadiscio alla grande città meridionale di Baidoa. In una nota dell’Amisom si specifica che è stata ripristinata la sicurezza negli ultimi sessanta chilometri della strada, quelli che attraversano regioni per anni rimaste sotto il controllo delle milizie radicali islamiche ribelli di al Shabaab. La liberazione della strada «consente non solo libertà di movimento per la popolazione, ma riapre anche un’arteria essenziale al passaggio delle merci e degli aiuti umanitari», si legge nella nota dell’Amisom. Baidoa, una delle roccaforti di al Shabaab, fu conquistata nel febbraio 2012 dalle truppe dell’Etiopia intervenute in territorio somalo con il dichiarato intento di mettere in sicurezza la propria frontiera, così come fecero mesi dopo le truppe del Kenya, poi confluite nell’Amisom e protagoniste della riconquista di Chisimaio, seconda città e secondo porto del Paese. BAMAKO, 3. Mentre nel nord del Mali appare ancora lontana la fine del conflitto, nella capitale Bamako si è cominciato a costituire una commissione per il dialogo e la riconciliazione nazionale. A presiedere la commissione è stato designato il diplomatico ed ex ministro Mohamed Salia Sokona. Nel nominarlo, il presidente ad interim Dioncounda Traoré gli ha affiancato come vice presidenti una donna, Touré Oumou Traoré, leader del Coordinamento delle associazioni femminili del Mali, e un esponente del popolo tuareg, Méti Ag Mohamed Rissa, ufficiale in pensione del servizio delle dogane, originario della regione settentrionale di Kidal. Le loro nomine, che saranno seguite a breve da quelle dei trenta commissari, sono state accolte positivamente dai partner internazionali delle autorità di transizione maliane. Di tappa importante verso la ri- conciliazione politica ha parlato il ministro degli Esteri francese Alain Juppé. «Quello che ci preoccupa è la pace nel Paese, la riconciliazione e l’intesa tra fratelli e sorelle maliani affinché tutti insieme ci rialziamo in piedi per far fronte a tutte le sfide che ci aspettano. È una grande responsabilità e una sfida», ha dichiarato Salia Sokona. Quello della commissione non si annuncia come un lavoro facile. Le popolazioni del Mali, complesso mosaico di etnie, culture e religioni, sono state messe a dura prova nella crisi cominciata nel gennaio 2012, quando i tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad hanno cacciato l’esercito governativo dal nord del Paese, salvo dover poi cedere il controllo del territorio a gruppi armati jihadisti, armati islamici, in gran parte di provenienza straniera. Due mesi dopo, un colpo di Stato milita- re deponeva il presidente Amadou Toumani Touré. All’inizio di quest’anno, dopo un tentativo di offensiva jihadista verso sud, è intervenuta in armi la Francia. L’operazione delle truppe francesi, affiancate da quelle della forza africana Misma e dall’esercito governativo maliano, è lontana dal potersi considerare vincente. I gruppi jihadisti confermano ogni giorno un’alta capacità di colpire, sia con la guerriglia sia con attentati nelle città settentrionali in teoria sottratte al loro controllo, come Timbuctu, Gao e Kidal. Ad accrescere le difficoltà della commissione contribuiscono anche i diversi casi di violenze ai danni delle minoranze etniche arabe e tuareg dei quali rapporti internazionali concordi accusano le truppe governative. Sempre ieri, è incominciato l’addestramento dell’esercito maliano da parte dell’Unione dei 550 specialisti inviati dall’Unione europea. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 giovedì 4 aprile 2013 La resurrezione di Borgo Sansepolcro rimanda alla ieraticità impersonale della tradizione cristiana orientale Un bizantino chiamato Piero della Francesca di JEAN-PIERRE DE RYCKE cristiani d’Oriente sono soliti dire che Piero della Francesca è, tra tutti i pittori occidentali del Rinascimento, quello che più si avvicina alle concezioni bizantine in termini di arte. Questa constatazione appare evidente quando si osserva una delle opere più emblematiche del pittore toscano: la Resurrezione, dipinta a fresco nel suo paesino natale, Sansepolcro, già dal nome predestinato a questo tema evangelico, a tal punto che la celebre rappresentazione diventerà l’emblema moderno della città valtiberina, il cui antico sigillo recava impressa l’immagine della resurrezione. Di datazione sconosciuta, si suppone tuttavia — essenzialmente per ragioni stilistiche — che il dipinto murale di Piero si collochi nello stesso arco cronologico del ciclo di Arezzo, il cui inizio viene situato tra il 1450 e il 1460. Bizantina dunque, o bizantineggiante, nella misura in cui la figura impressionante e imponente del Cristo Pantocràtor rimanda molto chiaramente alla ieraticità impersonale cara alla rappresentazione di Gesù onnipotente nella tradizione cristiana orientale, essa stessa di derivazione romana imperiale poiché Costantino- I Piero della Francesca, «Resurrezione» (XVI secolo) poli, così ribattezzata dal primo imperatore cristiano, era la capitale dell’impero d’O riente prima di diventare quella dell’impero bizantino propriamente detto. Attraverso una serie di astuzie simboliche, la scena definisce un programma allegorico fatto di una duplice opposizione tra il risveglio e il sonno, tra la vita e la morte. Così il contrasto simultaneo tra il Cristo in maestà rivestito della toga e nel pieno possesso delle sue forze fisiche e i quattro soldati addormentati — fra i quali, secondo un’antica tradizione, Piero stesso, che potrebbe avere al massimo una quarantina d’anni, confermando così la presunta fascia cronologica di realizzazione dell’opera — dalle membra rilassate dal letargo e abbandonate al torpore dell’alba da una parte; e dall’altra, tra gli alberi secchi e spogli rappresentati sulla sinistra dell’affresco e i loro omologhi frondosi sulla destra dell’immagine, in un’evidente allusione al rinnovamento permanente della natura in forma di eternità. La monumentalità verticale del busto atletico di Gesù — che afferma così la robustezza del suo perfetto recupero fisico dopo la morte (pensate al contrasto con la fragilità apparente del corpo di Gesù nella Deposizione di Van der Weyden) — fa eco all’orizzontalità classicheg- Quel duello perennemente in corso di GIORGIO ALESSANDRINI Nato a Borgo Sansepolcro dove rimase fino ai quindici anni, Piero della Francesca mantenne sempre un saldo legame con la terra d’origine dove quando poteva tornava e dove fu pure gonfaloniere. Non sappiamo se l’idea di ritrarre in affresco quel Cristo che dal sepolcro risorge vivo e possente sia stata sua o dei concittadini, sta di fatto che quell’opera nata tra il 1450 e il 1460, non fu pensata per un luogo di culto ma per il palazzo dei Conservatori, oggi museo civico, come icona evocatrice del nome del piccolo comune toscano. L’opera rivela già al primo sguardo il rigore geometrico della composizione dove le figure e i particolari si collocano in uno spazio e in un ordine che riveste valore simbolico. Tuttavia, per una lettura adeguata dell’opera occorre una qualche familiarità con la tradizione liturgica e con alcuni inni pasquali da cui Piero di certo trae ispirazione. L’orizzonte del quadro coincide col margine del sepolcro e segna la linea di partizione tra la regione superiore dove regna la luce e quella in penombra che accoglie la guardia dormiente. Il contrasto suggerisce diverse contrapposizioni simboliche, da quella luce-tenebre a quella delle coppie antagoniste morte-vita, sonno-veglia, peccato-grazia. Di spalle alla figura del Cristo che sorge con imperiosa evidenza, il cielo si colora della luce del giorno che nasce. Il Risorto che la tradizione vuole ammantato di bianco qui appare avvolto in una sindone del colore del sole nascente con cui si identifica come fonte della luce che vince le tenebre. Il richiamo all’inno pasquale dell’ufficio di lodi è palese: aurora lucis rutilat, caelum resultat laudi bus (...) Cum rex ille fortissimus, mortis confractis viribus, pede conculcans tartara solvit catena miseros, rosseggia di luce l’aurora, suona di lodi il cielo, quando il re, il più forte, infranti i poteri della morte, calcando col piede l’abisso sciolse dai ceppi i miseri. - Il piede che calca la pietra diventa espressione visiva dello slancio con cui il Risorto victor surgit de funere. La guardia che giace dormiente e inutilmente brandisce le armi è un richiamo ulteriore alla lotta tra la vita e la morte che Cristo ha affrontato e vinto per noi: mors et vita duello conflixere mirando, dux vitae mortuus regnat vivus. Morte e vita contesero in duello mirabile, il Signore della vita pur morto regna vivo: canta così la sequenza della messa di Pasqua che esul- ta perché il gregge redento è sottratto al peccato e alla morte. Osservando i dormienti si nota che due di loro giacciono col capo che affaccia nel campo dove regna la luce: come in attesa della parola che invita a destarsi (Efesini, 5, 13). Secondo la partizione verticale l’affresco sviluppa un tema ulteriore: dal lato a settentrione, perciò sulla destra rispetto al Cristo, sole che nasce da oriente, il paesaggio è smorto e gli alberi spogli come d’inverno, mentre sulla sinistra, a mezzogiorno, la vegetazione è fiorente come in estate. L’evento della Resurrezione segna dunque il passaggio del mondo dall’antica alla nuova stagione e, ancora una volta dalla morte alla vita; Paolo parla del gemito della creazione stessa «nelle doglie del parto», protesa verso la rivelazione dei figli di Dio (Romani, 8, 23). giante del sepolcro propriamente detto, dall’aspetto di un sarcofago antico con modanature e pannelli in marmo policromo. È interessante paragonare questo dispositivo scenico con quello, leggermente precedente perché datato 1447, che Andrea del Castagno aveva dipinto per Sant’Apollonia. Pur con minore rigidità nel trattamento volumetrico e maggiore libertà nella postura dei personaggi, questa composizione sembra prefigurare chiaramente quella di Piero. D’altronde sembra che non fosse la prima volta che Piero s’ispirava più o meno direttamente all’audacia grafica o compositiva del suo collega (anche lui in passato aiutante di Domenico Veneziano) e suo contemporaneo, dalla sensibilità chiaramente più espressionista (una forma di “terribilità” michelangiolesca ante litteram) e avanguardista della sua. Ne è già prova la figura centrale di Oddantonio da Montefeltro nella Flagellazione di Urbino, il cui modello e il cui drappeggio sembrano simili a quelli delle figure eroiche dipinte da Andrea per Villa Carducci a Legnaia. Collocata un tempo, così sembra, di fronte all’ingresso dell’antica sala del Consiglio comunale di Sansepolcro, la figura di Piero, incutendo timore, doveva avere la duplice funzione di “accoglienza” e di messa in guardia o dissuasione, di tutela benevola anche verso i rappresentati della città nel compimento del loro dovere di amministrare il bene pubblico. Immagine per eccellenza della “vigilanza”, della continuità e della stabilità della “cosa comune”, essa ricordava loro costantemente, con la sua austerità e la sua severità “antica”, la presenza tangibile e implacabile del Redentore-testimone — vero Dio vivo — dietro ogni minimo atto pubblico compiuto per il bene di tutti i cittadini. Un’antica iscrizione in lettere maiuscole romane — oggi praticamente illeggibile ad eccezione delle due parole HUMAN (M)ORTE — alludeva forse al tema ricorrente della redenzione associata alla Passione di Cristo. A meno che questa non rimandi piuttosto al messaggio subliminale essenzialmente contenuto nell’illustrazione evangelica: quello di un autentico “trionfo” secondo lo stile romano: del bene sul male, della giustizia sulla corruzione, della vita sulla morte, come proclama con fierezza lo stendardo della resurrezione con la croce rossa innalzato come un giavellotto dall’atleta militante di Dio. Sessantanove anni fa veniva ucciso don Giuseppe Morosini, il sacerdote romano che salvò centinaia di ebrei Primula rossa in tonaca to dell’amico Marcello Bucchi, avendo appreso che nella chiesa di Santa Maria in Campitelli si erano rifugiati una sessantina di ebrei per sfuggire alla retata, corse immediatamente a prelevarli con due camioncini, per condurli a Monte Mario e nello stesso Collegio Leoniano al riparo da occhi indiscreti. Sul finire di ottobre di quello stesso anno iniziò a collaborare perfino con il monsignore irlandese Hugh O’Flaherty, la famigerata “primula rossa” del Vaticano, che all’epoca guidava un’organizzazione clandestina che si occupava di assistere i militari anglo-americani, nonché del salvataggio dei prigionieri alleati fuggiti dai vari campi di concentramento e degli ebrei, nascondendoli in vari conventi dell’Urbe, a Castel Gandolfo e nella sua vecchia scuola di Propaganda Fide. Dopo essere stato cappellano militare del quarto reggimento d’artiglieria di stanza a Laurana, all’epoca in provincia di Fiume, all’indomani dell’armistizio don Giuseppe Morosini aveva aderito alla banda “Fulvio Mosconi” di Monte Mario alle dirette dipendenze del Fronte clandestino militare di Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, incaricandosi di trasportare armi, viveri e consegnare messaggi nelle borgate delle vie Cassia, Appia e Casilina. Tuttavia, proprio per questa sua attività, il 4 Costantino non fu il padre gennaio del 1944, subito dell’intolleranza religiosa. L’affermazione, dopo aver celebrato la tanto netta quanto fondata, è l’efficace Messa presso il collegio titolo sul «Corriere della Sera» del 3 aprile Leoniano, fu catturato di un lungo e brillante articolo in cui da una pattuglia di SS Paolo Mieli tratta della fondamentale al comando del tenente questione storica legata al primo Haut, grazie alla soffiata imperatore apertamente cristiano. di un infiltrato della GeFondandosi sul libro di Massimo Guidetti stapo tra i partigiani di Costantino e il suo secolo (Jaca Book) e sui Monte Mario, tale Dantre volumi dell’imminente Enciclopedia te Bruna, un giovane costantiniana edita dall’Istituto commerciante che, messo dell’Enciclopedia Italiana, Mieli ripercorre da parte il suo mestiere, con intelligenza la vexatissima quaestio aveva scelto quello di storiografica legata al sovrano che Santo delatore, più redditizio Mazzarino definì «l’uomo politico più in tempi così critici, in rivoluzionario della storia d’Europa» e che combutta con l’ufficiale fu decisivo per le sorti del cristianesimo. della polizia dell’Africa di GIOVANNI PREZIOSI Il 3 aprile di sessantanove anni fa, all’alba del Lunedì Santo, veniva barbaramente trucidato presso il Forte Bravetta, tra la via Aurelia e la via Portuense a Roma, un giovane sacerdote vincenziano di appena 31 anni, caduto in un’imboscata, accusato di «aver esercitato traffico d’armi e spionaggio» a beneficio degli anglo-americani, il suo nome era don Giuseppe Morosini. Proprio in quel periodo, infatti, molti religiosi diedero il loro contributo alla Resistenza nascondendo prigionieri alleati, disertori tedeschi, ebrei e partigiani di ogni colore politico. Neanche don Morosini si sottrasse a quest’opera encomiabile tant’è che, come racconterà negli anni successivi padre Giuseppe Menichelli, da una piccola porta del Collegio Leoniano dove risiedeva, «faceva passare dall’ospedale militare» allestito in un’ala del Collegio «patrioti, ebrei e persone da nascondere ai tedeschi». Inoltre, il 21 ottobre 1943, pochi giorni dopo l’ignobile rastrellamento del ghetto ebraico di Roma ad opera dei nazisti, don Giuseppe, con l’aiu- Costantino il rivoluzionario Italiana Domenico Campani. Alcuni giorni dopo l’arresto di don Morosini, per la precisione il 12 gennaio, su sollecitazione dello zio don Luigi, parroco della Chiesa di Sant’O nofrio, il fratello Salvatore decise di rivolgersi al superiore generale dei salvatoriani padre Pancrazio Pfeiffer per persuaderlo ad interporre i suoi buoni uffici presso le autorità tedesche, con le quali aveva da tempo allacciato buoni rapporti. «Ma non so quello che si potrà fare. È grave… è grave», replicò costernato padre Pfeiffer il quale, nel frattempo era riuscito a carpire preziose informazioni dal capitano del controspionaggio tedesco Ferdinand Thun Von Hofenstein. Poi, fissando negli occhi il suo interlocutore, allargò le braccia esclamando laconicamente: «Sta nelle mani di Dio». Il 22 febbraio successivo, infatti, si celebrò il processo a carico del giovane prete vincenziano e di Marcello Bucchi che in realtà si rivelò un’autentica farsa. Il dibattimento, infatti, non durò più di mezz’ora perché il giudice aveva già deciso la sentenza. Venne confermata l’accusa e disposta la reclusione nel terzo braccio di Regina Coeli, cella numero 382. Quindi, a distanza di alcuni giorni, don Giuseppe Morosini fu nuovamente trasportato a via Lucullo, presso l’Hotel Flora e negli uffici della Gestapo, al Viminale, per essere sottoposto a lunghi ed estenuanti interrogatori che duravano a volte anche più di quattro ore di fila nel corso dei quali seppe mantenere sempre un orgoglioso contegno di fronte alle violente minacce alternate da sottili blandizie che, di volta in volta, gli venivano rivolte allo scopo di estorcergli il nome del militare della Wehrmacht che gli aveva consegnato una copia del piano di schieramento delle forze tedesche nei pressi di Cassino. Nonostante le minacce e le dure percosse, le SS non riuscirono a cavare un ragno dal buco, perché don Giuseppe Morosini riuscì a resistere stoicamente senza lasciarsi sfuggire neanche una parola. A quel punto l’avvocato difensore, Otto Vinatzer — tra l’altro da anni legale di fiducia anche di padre Pancrazio Pfeiffer — nominato d’ufficio dal Comando tedesco, chiese per l’imputato una perizia psichiatrica, evidentemente nel disperato tentativo di attribuire la “colpa” dell’accaduto all’indole particolarmente esuberante del giovane sacerdote. Tuttavia, ogni tentativo di salvargli la vita si rivelò vano anche dopo quello compiuto dal direttore dell’ospedale provinciale psichiatrico di Roma, Francesco Bonfiglio che, su incarico del superiore del Collegio Leoniano, padre Giuseppe Zeppieri, il 25 febbraio 1944 provvide a far pervenire al Comando germanico un circostanziato referto medico nel quale si leggeva tra l’altro: «Il Morosini, soggetto di intelligenza elevata, ha fatto gli studi ecclesiastici, ha imparato a suonare il piano e l’organo ed a comporre musica. Di carattere volubile, facile a lasciarsi suggestionare dagli altri ed a cambiare di idee e di sentimenti, ha menato sempre una vita irregolare; disordinato, insofferente della disciplina religiosa, inosservante delle regole e degli orari della Comunità, trascurante spesso dei suoi doveri, è stato sempre la disperazione dei suoi Superiori che lo hanno tollerato perché ne riconoscevano il temperamento morboso. Tuttavia si è dovuto cambiare di Casa religiosa per ben tre volte. Di umore abitualmente allegro, ma molto mutevole, ha sempre presentato varie alternative fra periodo di esaltazione affettiva con euforica iperattività, irrequietezza motoria e periodi di depressione con abulia, inattività, prostrazione profonda, idee nere. In seguito ha sofferto di tanto in tanto di eccessi di violenta cefalea e dai 20 anni in poi, a lunghi intervalli, va anche soggetto a capogiri, a svenimenti, ad “assenza”, e talvolta anche a brevi accessi durante i quali perde la coscienza della situazione in cui si trova e si sente trasportato come in un altro mondo. Da quanto sopra esposto risulta che il padre Giuseppe Morosini è uno psicopatico costituzionale come è soprattutto comprovato dalla anormalità del suo carattere e dal disordine della condotta dimostrati nella vita ecclesiastica e Un’immagine di don Morosini. Sullo sfondo, il documento della sua condanna a morte dalle note obiettive dismorfiche e neurologiche da me notate. Attualmente il padre Morosini trovasi in fase distimica di tipo ipomaniacale, la cui morbosità è chiaramente comprovata dallo stato di euforia, di fluidità del pensiero e di iperattività, contrastante con la tragica situazione in cui egli si trova. Possiamo pertanto formulare nel padre Giuseppe Morosini la diagnosi di Costituzione psicopatica con epilessia e ciclotimia». Ad ogni modo, malgrado non fosse stato accertato l’uso di armi da parte dell’imputato, don Morosini fu comunque condannato a morte, mentre a Marcello Bucchi fu comminata una pena di dieci anni di reclusione da scontare in Germania. Anche se poi il 24 marzo 1944, in seguito all’attentato in via Rasella in cui persero la vita 33 soldati tedeschi, fu incluso nella lista con altri 334 detenuti per essere trucidato nella rappresaglia delle Fosse Ardeatine, nonostante i pressanti appelli da parte della Santa Sede per evitare un inutile spargimento di sangue. Anche Pio XII, infatti, si prodigò per salvare la vita al giovane prete incaricando, come di consueto, padre Pancrazio Pfeiffer di perorare la causa di don Giuseppe presso il feldmaresciallo Kesselring, il quale subito telefonò ad Hitler per metterlo al corrente dell’intervento del Papa. Il Führer, tuttavia montò su tutte le furie divenendo ancora più irremovibile, al punto che ordinò addirittura di anticipare l’esecuzione del sacerdote. Al termine dell’istruttoria, affidata al giudice Alfredo Leboffe questi pronunciò la sentenza di condanna a morte nei confronti di don Giuseppe Morosini, disponendo che sarebbe stata eseguita all’alba del 3 aprile 1944 nei pressi del Forte Bravetta. Prima di comparire davanti al plotone d’esecuzione, il giovane prete vincenziano, alle 4 del mattino, volle celebrare la sua ultima Messa insieme al cappellano di Regina Coeli, monsignor Cosimo Bonaldi. Quindi, alle sei in punto, accompagnato dal vicegerente del Vicariato, monsignor Luigi Traglia — dal quale era stato ordinato sacerdote a San Giovanni in Laterano nel 1937 — fu condotto sul luogo del supplizio dove, dopo aver baciato per l’ultima volta il Crocifisso, rivolgendosi al prelato esclamò: «Ringrazio il Santo Padre per quanto ha fatto per me. Offro la mia vita per Lui, per la pace, per l’Italia». Quindi, alle ore 8 in punto, fu bendato e legato ad una sedia per essere giustiziato. Mentre stava per esalare l’ultimo respiro trovò il tempo per benedire il plotone d’esecuzione pronunciando le parole del Cristo sulla croce: «Dio, perdona loro: non sanno quello che fanno». L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 4 aprile 2013 pagina 5 Una piccola folla variopinta aspetta l’esito dell’elezione annunciata con il linguaggio degli antichi Sioux L’incontro al bar L’«habemus papam» visto da un paesino vicino Assisi dove Francesco fu fatto prigioniero nuncio che una quarantina di occhi mi trafiggono con interrogativi che si accavallano. «Cosa ha detto? Chi è il Papa? Non s’è capito niente». Se nessuno ha capito il nome del cardinale eletto Papa, quasi tutti capiscono che ha scelto il nome di Francesco, e la gente impazzisce. ston, ma non oso far nomi. Sono «Ha detto Francesco? Ha detto che troppi quelli entrati nella cappella si chiamerà Francesco?». «Sì, sì, ha Sistina come “papi”; e, sapendo che detto che si chiamerà Francesco. molti usciranno cardinali (come sem- Bello! Come il nostro san Francesco; pre avviene), dico soltanto che è bello, è bello. Viva il Papa, viva il l’avremmo scoperto insieme. Papa». «Ecco, aprono la finestra», dice «Calma; se mi fate parlare vi dirò una donna ogni volta che vede muo- qualcosa di più. Il nuovo Papa è versi un’ombra dietro la tenda della l’argentino Jorge Mario Bergoglio, Loggia delle Benedizioni, inquadrata un gesuita “arrivato secondo” otto da una telecamera fissa, impaziente anni fa, quando fu eletto Benedetto di uno scoop in mondovisione. Ma XVI. È figlio di emigrati italiani, la tenda è rigida, inamidata. quindi nelle vene gli scorre un po’ del nostro sangue». «Mi fa piacere, Padre Dalla Loggia delle Benedizioni — dice uno dei poliziotti — ma perché hanno scelsi accende finalmente una luce to proprio un gesuita?». La folla ammutolisce «Mah! Questo si dovrebbe chiedere allo SpiEcco Papa Bergoglio che saluta rito Santo, perché mai il mondo con un “buonasera” come in questo conclave che tanti davanti al bancone ricambiano mi pare che il vincitore sia proprio lui. Quindi vedrete che tutto andrà Finalmente si accende una luce. bene». «Eccoci, ci siamo», diciamo tutti inNon appena «Papa Francesco» sieme. Infatti la tenda si apre, la fi- appare sulla loggia, la sala ammutonestra è spalancata, e compare l’esile lisce e tutti possiamo sentire l’amifigura del cardinale Protodiacono chevole «buonasera» con cui saluta Jean-Louis Tauran che annunzia il la Piazza e che nel bar molti ricam«gaudium magnum», per tutta la biano, come se Papa Francesco fosse Chiesa. Ha appena terminato l’an- lì, a prendere un caffè con noi. Pubblichiamo il primo capitolo tratto dal volume «Dio ha fatto gol». Papa Francesco, appena uscito (Todi, Tau Editrice, 2013, pagine 57, euro 5) che il direttore responsabile della rivista «Continenti» della Conferenza italiana ministri provinciali cappuccini, nostro collaboratore, ha dedicato al nuovo Pontefice, subito entrato nel cuore della gente che vuole incontrare Cristo, perché «non le basta sentirne parlare». di EGIDIO PICUCCI bianca, la fumata è bianca: abbiamo il nuovo Papa». La notizia mi arriva mentre sto percorrendo in macchina la E7 Perugia-Cesena e mi sto avvicinando ad Assisi. Non volendo perdere un’occasione così importante come la nomina di un Papa, annunciata, in tempi di altissima tecnologia, con il linguaggio degli antichi Sioux, mi fermo al primo bar che incontro per vedere la cerimonia in tv. Piove a dirotto e nel bar c’è solo la ragazza al bancone. Ma, pian piano, il bar si riempie: arrivano tre giovanotti, una ragazza che compra un sacchetto di patatine, tre signore infreddolite, due poliziotti, uno straniero, una donna con due bambini. Ovviamente non passo inosservato e un signore mi chiede: «Padre, chi sarà il nuovo Papa? Sarà italiano o straniero? Vedo che lei è un francescano: sta facendo il tifo per Sean Patrick O’ Malley?». Rispondo come posso, non nascondendo una certa simpatia per il mio confratello arcivescovo di Bo- «È Il poliziotto si avvicina di nuovo e mi dice: «Padre sono contento che il nuovo Papa sia un argentino, perché viene da un popolo che ha sofferto molto, soprattutto al tempo del generale Rafael Videla, quando la gente spariva come le carte in mano a un prestigiatore. Ricorda i desaparecidos? E poi la crisi economica di qualche anno fa, che coinvolse anche un mio parente. Sono veramente contento». «Sì, ricordo; ma io non ho dimenticato neppure le madri di Plaza de Mayo», aggiungo stringendogli la mano. Al momento della benedizione sono tutti in piedi e tutti fanno un bel segno di croce. Anche lo straniero. Il mio “incontro” con Papa Francesco è avvenuto così, in un bar a due passi da Collestrada, il luogo in cui Francesco venne fatto prigioniero durante la guerra tra Assisi e Perugia. Arrivo ad Assisi poco prima di mezzanotte, mentre la pioggia flagella il sacro convento, la basilica e il campanile illuminato a festa. C’è ancora l’eco delle campane che hanno suonato a distesa, ma la piazza e le strade sono vuote. Fa niente: c’è Francesco, tornato dopo 800 anni nella persona di un Papa che non è mai stato ad Assisi, ma che non potrà fare a meno di venirci presto per incontrarlo sul colle del Paradiso, dove el aire es bueno come a Buenos Aires, la città da cui il Papa viene. I Musei Vaticani presentano un’installazione dedicata alla ricostruzione della sepoltura Regolini-Galassi di Cerveteri Tombe etrusche in 3D di MAURIZIO SANNIBALE Il momento irripetibile della scoperta di un sepolcro antico inviolato ha da sempre costituito un’esperienza emotiva fondamentale nell’uomo di scienza come nel letterato e nell’artista che ebbero la fortuna di viverlo. Siano stati questi racconti veri o inventati, gli istanti in cui un mondo lontano secoli o millenni si disvela, per poi immancabilmente polverizzarsi sotto gli sguardi impotenti degli attoniti scopritori, è divenuto un genere letterario prima ancora che cinematografico, basti pensare alla testimonianza di Carlo Avvolta nel 1823 nello scoprire la celebre tomba eponima a Corneto-Tarquinia, oppure alle Memorie di un antiquario di Augusto Jandolo (1873-1951) pubblicate nel 1935 e infine al film Roma di Fellini. Massimo Pallottino, fondatore della moderna etruscologia, scriveva nel suo articolo «Scienza e poesia alla scoperta dell’Etruria» del 1957: «Gli studi etruscologici ed il “romanzo etrusco” della cultura contemporanea sono, è vero, due realtà diverse e distinte. Ma l’etruscologo non può ignorare del tutto la suggestione che l’oggetto dei suoi studi esercita così diffusamente sul mondo della cultura. Egli deve, anzi, rispondere a questo richiamo, accoglierne la sollecitazione emotiva e non temere il contagio dell’entusiasmo. In questo senso le vie divergenti si ricongiungono; e la scienza può riconoscere ancora una volta il suo debito alla poesia». Non è forse esagerato affermare che scienza e “poesia” ora si incontrano nelle sale del Museo Gregoriano Etrusco, una delle sezioni dei Musei Vaticani, a conclusione di un innovativo progetto sperimentale denominato “Etruscanning”, che ha visto impegnate diverse istituzioni e competenze in campo internazionale nell’ambito di un progetto europeo (Framework Culture 2007), inteso ad applicare tecnologie innovative per la digitalizzazione e la comunicazio- Cerveteri, Tomba Regolini-Galassi. Fibula da parata in oro. Città del Vaticano, Museo Gregoriano Etrusco. Foto Musei Vaticani ne al pubblico di alcuni aspetti della civiltà etrusca. Come partner del progetto, coordinato dall’Allard Pieson Museum di Amsterdam, figurano il Museo Nazionale di Antichità di Leiden, il Museo Gallo-Romano di Tongeren in Belgio, l’ Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma, la società Visual Dimension di Ename in Belgio e — come partner associati — il Reparto per le Antichità Etrusco-Italiche dei Musei Vaticani e la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale. Hanno aderito il Cnr-Isma (Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Studi per il Mediterraneo Antico) e il Museo dell’Agro Veientano del Comune di Formello. A conclusione della fase del progetto incentrata sulla Tomba Regolini-Galassi della necropoli del Sorbo a più ricchi e significativi per il perioSi può dire che dalla scoperta in do orientalizzante in Etruria, feno- poi, ogni epoca si è riflessa nella meno culturale ed artistico di vasta rappresentazione e nell’interpretazioportata che tra il 730 e il 580 prima ne di questa tomba, partendo dai didell’era cristiana coinvolgerà le cul- segni ottocenteschi e dalla foto con ture più evolute del Mediterraneo la signora vestita all’etrusca dei priantico in uno straordinario processo mi anni del Novecento, sino a giundi acquisizione e rielaborazione di gere ai nostri giorni. La ricostruziomotivi di origine vicino orientale. Il ne virtuale in 3D non è stata quindi pregio della tomba non si esaurisce una semplice finzione di “viaggio solo sul piano estetico: da essa emer- nel tempo” attraverso uno strumento gono aspetti formali legati al rituale didattico relativamente sofisticato; funerario ed elementi simbolici, ha permesso invece di verificare la esemplificativi della complessa ceri- coerenza delle documentazioni promonialità che accompagnava nella dotte all’epoca della scoperta, per vita, come nella morte, i principi restituire al monumento vuoto il coretruschi. Questa complessità di elementi, nonché Non possiamo ignorare del tutto la stessa natura mul— scriveva il fondatore dell’etruscologia ticulturale emersa già dal primo esame del moderna Massimo Pallottino — corredo, che riportala suggestione che questo antico popolo vano all’antico Egitto e al mondo levantino, esercita nel mondo della cultura attrassero immediatamente l’interesse della cultura del primo Ottocento. Fu per questo che, diver- redo in esso rinvenuto nei suoi rapsamente dalla pratica corrente, il porti spaziali e simbolici, per quanto corredo non fu smembrato per esse- possibile. Pur restando margini di re venduto separatamente e fu redat- incertezza, è stato il modo per sperita — anche se a posteriori — una do- mentare una tecnica. L’architettura della tomba è stata cumentazione sulla sua consistenza e disposizione all’interno della tomba. acquisita con laser scanner ed è stata Si trattò, forse, di uno dei primi casi ricostruita in 3D come doveva appadi documentazione di un complesso rire subito dopo la sua chiusura. Anarcheologico, secondo una prassi che che gli elementi del corredo, oggi vidiverrà canonica solo nella seconda sibili nella vetrina e inevitabilmente destrutturati dalla musealizzazione, metà dell’O ttocento. sono stati ricostruiti in 3D attraverso tecniche di fotogrammetria e computer grafica, proponendo infine anche una complessa operazione di restauro digitale. L’elemento più innovativo dell’applicazione, mutuata dalla tecnologia dei videogame che per la prima volta viene applicata alla fruizione di La Libreria Editrice Vaticana presenta due novità editoriali. un bene culturale, è costituito In primo luogo l’edizione artistica dell’ultimo volume delle dall’uso di interfacce di interazione catechesi di Benedetto XVI. L’opera, intitolata Nell’anno delnaturale. Con il solo movimento del la fede (Città del Vaticano, 2013, pagine 176, euro 24) raccocorpo e semplici gesti intuitivi, il viglie le 19 catechesi pronunciate nel corso delle udienze gesitatore può esplorare lo spazio riconerali del mercoledì tra il 10 ottobre 2012 e il 27 febbraio struito virtualmente e avvicinarsi agli 2013 e affianca al testo un ricco apparato iconografico. oggetti che, estrapolati e animati, Il secondo volume — curato dal segretario generale del narrano la propria storia in una finSinodo dei Vescovi, arcivescovo Nikola Eterović — è intitozione spazio-temporale. Se a questo lato Sinodi continentali. I Consigli speciali del Sinodo dei veaggiungiamo gli effetti di sonorità scovi (Città del Vaticano, 2013, pagine 502, euro 24) e deevocativa della musica antica, dei ruscrive l’attività dei Consigli speciali continentali dal 2004 al mori della vita reale, cui si sovrap2012, restituendo un affresco della vita della Chiesa in luopone la luce tremula delle fiaccola ghi lontani tra loro con le loro diverse caratteristiche, ed che illumina i passi dell’esploratore evidenziando la comunione dei pastori delle Chiese locali virtuale, si giunge a una sobria teatralità fortemente suggestiva, che ricon il vescovo di Roma. Cerveteri, il 4 aprile 2013, alle ore 10,30, presso i Musei Vaticani viene presentata per la prima volta la versione integrale dell’applicazione, in stretta correlazione con gli oggetti del corredo funerario realmente presenti nel Museo Gregoriano Etrusco. Inclusa entro un tumulo monumentale, fu scoperta ancora intatta nell’aprile del 1836 con il suo fastoso corredo di oreficerie, vasi e arredi in bronzo, ceramiche e — dopo circa due anni di trattative con il governo pontificio — il suo corredo fu acquistato per le collezioni vaticane e da allora è esposto nel Museo Gregoriano Etrusco, che nel frattempo era stato inaugurato nel febbraio del 1837. Il contesto topografico e paesaggistico della necropoli appare oggi irrimediabilmente compromesso. Scomparso il tumulo, di cui restano le ricostruzioni di fantasia del Canina, la Regolini-Galassi rimane tutt’oggi visibile nella sua architettura interna costruita a blocchi e in parte scavata nella roccia. Con il suo corredo costituisce uno dei contesti Due novità della Libreria Editrice Vaticana calca con tecniche e forme nuove un’ambientazione già presente nell’originaria concezione del Museo di Gregorio XVI. In esso la ricostruzione di una tomba etrusca costituiva lo sfondo emotivo dell’asettica museografia ottocentesca, così come avevano fatto i fratelli Campanari nella loro mostra a Londra, contemporaneamente alla fondazione del Museo Etrusco in Vaticano. L’impatto emotivo ed estetico di quella esperienza portò alla riscoperta degli etruschi da parte di autori e viaggiatori come Elizabeth Hamilton Gray e George Dennis (e poi da David Herbert Lawrence nei tardi anni Venti del Novecento), affascinati dai luoghi ma anche dalla “diversità” di un popolo scomparso. Oggi questo viaggio si configura come un dialogo a distanza nel tempo con la diversità. Non è più solamente il visitatore occidentale che riflette sul passato della propria civiltà formatasi attraverso l’interazione tra culture diverse. Sono anche le donne e gli uomini delle varie culture del mondo attuale che con una “semplice” visita a un museo, rapportandosi con diversità antiche e contemporanee, gettano in qualche modo un ponte per l’incontro e il viaggio dell’umanità futura. I mercoledì di Tiziano In occasione della mostra «Tiziano», che si tiene alle Scuderie del Quirinale, al Palazzo delle Esposizioni si tiene una serie di incontri denominata «I mercoledì di Tiziano». Fino al 17 aprile diversi storici dell’arte offriranno ai visitatori l’occasione per conoscere, da diverse prospettive, la figura del grande artista. Mercoledì 3 aprile, alle ore 18.30, l’appuntamento è con Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani. La grande civiltà figurativa italiana è stata veneziana in larga e decisiva misura. Dopo le mostre su Antonello da Messina, Giovanni Bellini, Lorenzo Lotto e, prima ancora, su Dürer, non poteva quindi mancare una riflessione su Tiziano. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 Messa del Patriarca di Gerusalemme dei Latini L’evangelizzazione dalla Terra Santa GERUSALEMME, 3. La nuova evangelizzazione per essere efficace non può non partire da Gerusalemme. E dall’esempio della sua prima comunità cristiana. È quanto, in sostanza, ha detto il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal, nell’omelia della messa del giorno di Pasqua presieduta nella basilica del Santo Sepolcro. Un rito solenne, nel corso del quale il presule ha ricordato come «il Signore ci invita a portare la luce della fede al centro della regione del Medio Oriente». Rinnovando, al contempo, l’invito a visitare i luoghi santi rivolto a tutti i pellegrini del mondo, «a partire da quello più atteso, il nostro Papa Francesco». Nella sua riflessione il Patriarca Twal ha ovviamente sottolineato come la risurrezione sia «il centro della fede cristiana». Tuttavia, tale festa, ha ricordato, viene celebrata in date diverse da cattolici, ortodossi e protestanti. «È per questo — ha aggiunto — che nella nostra diocesi di Terra Santa abbiamo deciso, con l’eccezione di Gerusalemme e di Betlemme, di considerare la data di Pasqua dei cattolici secondo il calendario giuliano affinché le famiglie di confessioni miste possano celebrare questo mistero insieme. Come già avviene in Giordania, in Siria e in Egitto. Una celebrazione comune solenne e gioiosa della risurrezione del Signore da parte di tutti i cristiani in Terra Santa può divenire una testimonianza credibile e autentica dell’appello di Cristo alla comunione, e della nostra risposta a questa chiamata». Quella di unificare la data della Pasqua non è certamente una decisione facile, «tuttavia è un primo passo verso la piena unità che dobbiamo avere sempre a cuore nelle nostre preghiere». Soprattutto, «in questo Anno della fede, che si presta molto bene a questa sfida, c’è bisogno di ravvivare la nostra fede e il nostro entusiasmo». Anche perché, ha aggiunto il presule, «l’evangelizzazione, attraverso la carità, l’amore per il prossimo e la sempli- cità, sembra essere una priorità anche per il nostro nuovo Papa Francesco. Il nostro Papa argentino viene da un continente che conta il 40 per cento dei cattolici di tutto il mondo, in cui però la posizione della Chiesa è contestata da gruppi evangelici e i rapporti con il mondo politico sono un po’ tesi. Lo Spirito Santo che ha sconvolto tutte le previsioni, ci ha donato un Papa la cui opera si trova da diversi anni in linea con gli orientamenti dell’ultimo sinodo sulla “nuova evangelizzazione”». Il Patriarca Twal ha quindi sottolineato come «il Signore invita noi cristiani a essere luce per il mondo, a portare la luce della speranza in mezzo alla violenza, alla sofferenza, alle guerre, alle ingiustizie. Egli ci invita a portare la luce della fede nella nostra regione del Medio Oriente, lì dove il cristianesimo è nato, dove è nata la Chiesa madre di Gerusalemme, dove è nato ogni cristiano. È per questo che la nuova evangelizzazione, per essere moderna ed efficace, deve ripartire da Gerusalemme». Ripartire dalla prima comunità cristiana, «assidua nella lettura della Parola di Dio, nello spezzare il pane e nella solidarietà». Ripartire da quella prima comunità «radicata nella persona di Cristo, che aveva una causa per cui essere disposti ad affrontare ogni sacrificio fino al martirio». In questo senso, «il pellegrinaggio in questi luoghi è un’occasione di incontro personale con Gesù». Certo, ha affermato, «la nostra Chiesa vive in un Medio Oriente che soffre». Tuttavia, «al nostro “piccolo gregge” desidero ripetere ancora una volta che la festa della risurrezione è un motivo di speranza per un mondo afflitto da profonde tragedie spesso causate dalla violenza umana. A Pasqua le croci della nostra vita non sono sparite. Dio non le ha eliminate, ma ha aperto un cammino in mezzo alla sofferenza e vuole aprirlo ogni giorno per noi». giovedì 4 aprile 2013 Messaggio pasquale dei vescovi argentini Ad aprile e maggio Per prendersi cura di ognuno Le celebrazioni presiedute dal Santo Padre Francesco Aprile 7 II D OMENICA DI PASQUA (o della Divina Misericordia) Basilica di San Giovanni in Laterano, ore 17.30. Cappella Papale. Insediamento del Vescovo di Roma sulla Cathedra Romana. Santa Messa. 14 D OMENICA III PASQUA DI Basilica di San Paolo fuori le Mura, ore 17.30. Santa Messa. 21 D OMENICA IV PASQUA DI Basilica Vaticana, ore 9.30. Ordinazione presbiterale. Santa Messa. BUENOS AIRES, 3. Più dialogo e meno attriti per rafforzare l’amicizia sociale e costruire un Paese più giusto, fraterno e solidale, che sia “casa per tutti” e non solo per pochi. Questo, in sintesi, il messaggio di Pasqua che i vescovi argentini hanno rivolto a tutto il Paese, invitando a optare per i poveri, come richiesto da Papa Francesco fin dall’inizio del suo ministero petrino: una Chiesa povera e per i poveri. «Noi argentini — ha detto monsignor José María Arancedo, arcivescovo di Santa Fe de la Vera Cruz — dobbiamo compiere gesti di grandezza e di incontro, che ci permettono di superare le offese e il discredito per rafforzare i legami di appartenenza e di affetto civili. Che la Pasqua sia un invito alla fratellanza e alla speranza, per amare tutti, senza escludere nessuno, dando priorità ai più poveri e perdonando coloro che ci offendono, rifiutando l’odio e costruendo la pace». Anche l’arcivescovo di Corrientes, monsignor Andrés Stanovnik, ha auspicato un cambiamento, con l’aiuto di Dio, nelle relazioni con i simili e nel prendersi cura degli altri. «Preoccupiamoci per tutti, per ognuno, con amore, soprattutto per i bambini e gli anziani, i quali sono più fragili e spesso rimangono nella periferia del nostro cuore. Preoccupiamoci l’uno dell’altro in famiglia — ha proseguito — i coniugi si curino reciprocamente, si preoccupino dei figli e col tempo anche i bambini diventeranno custodi dei loro genitori e vivranno con sincerità le amicizie, che sono un reciproco proteggersi nella fiducia, nel rispetto e nel bene. Prendiamoci anche cura della fede del nostro popolo e dei valori che la sostengono. Per costruire una società che prosperi in modo pacifico è necessario privilegiare in modo concreto i più svantaggiati, lavorando sulle vere cause che generano povertà e insicurezza, mettendo a rischio tutta la società». Un appello alla comunione fraterna è stato lanciato anche da monsignor Sergio Osvaldo Buenanueva, vescovo ausiliare di Mendoza. «Tutti — ha detto — siamo chiamati a vivere da fratelli e dobbiamo avere cura l’uno dell’altro, anche della casa comune in cui abitiamo». Di maggiore impegno e attenzione verso la famiglia parlano i vescovi della Patagonia: «È nella famiglia — spiegano — che si generano i valori comunitari più forti e si impara ad amare e a essere amato. Il dialogo fraterno e rispettoso ci permette di raggiungere l’obiettivo principale di costruire una società più giusta e più fraterna». Secondo monsignor Jorge Rubén Lugones, vescovo di Lomas de Zamora «bisogna camminare insieme verso una Chiesa diocesana: aperta, solidale e missionaria. Con una opzione di missione speciale verso gli adolescenti e i giovani che non appartengono alle nostre comunità. La felicità e la gioia che Gesù Risorto porta e condivide non sono per noi, ma dobbiamo trasmetterle a un mondo che è spinto da ciò che è immediato e materiale, dal prestigio. Quello in cui viviamo ogni giorno non è un mondo ostile, ma è un mondo in cambiamento dove dobbiamo rendere testimonianza della fede. La fede — ha aggiunto — come atto attraverso il quale la salvezza che ci ha portato Gesù raggiunge gli individui e le comunità trasformandoli. Una fede che mobilita, una fede che conta, una fede che attraverso l’amore di Gesù Cristo è in grado di aprirsi nella sua dimensione sociale a tutti. Una dimensione — ha concluso — che non è esclusiva né escludente, ma per tutti coloro che condividono uno stesso mondo comune umano a partire dalla convivenza pacifica, utile e pieno di speranza che ci consente l’incontro, il dialogo e la vicinanza: una missione vincolante». 28 D OMENICA V PASQUA DI Piazza San Pietro, ore 10. Santa Messa e Cresima. Maggio 4 SABATO Basilica di Santa Maria Maggiore, ore 18. Santo Rosario. 5 VI D OMENICA DI PASQUA Piazza San Pietro, ore 10. Santa Messa per le Confraternite. 12 VII D OMENICA DI PASQUA Piazza San Pietro, ore 9.30. Cappella Papale. Santa Messa e Canonizzazione dei Beati: Antonio Primaldo e Compagni; Laura di Santa Caterina da Siena; Maria Guadalupe García Zavala. 18 SABATO VIGILIA DI PENTECOSTE Piazza San Pietro, ore 18. Veglia di Pentecoste con i Movimenti Ecclesiali. 19 D OMENICA DI PENTECOSTE Piazza San Pietro, ore 10. Cappella Papale. Santa Messa con i Movimenti Ecclesiali. Città del Vaticano, 29 marzo 2013 Nel sermone pasquale dell’arcivescovo di Canterbury Incontro dell’Unione delle organizzazioni islamiche di Francia Speranza e realismo per superare la crisi economica I musulmani e la tradizione LONDRA, 3. Una visione di speranza per il futuro ma accompagnata da senso di realismo: è questa l’indicazione offerta alla comunità anglicana dall’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, nel suo sermone pasquale. Parlando ai fedeli, domenica 31 marzo, nella cattedrale di Canterbury, Welby ha sottolineato che il messaggio cristiano «induce all’azione nel mondo». Un’azione, ha puntualizzato, «che è basata sulla speranza e sul realismo, non sul cinismo e sulla paura». L’arcivescovo primate della Comunione anglicana ha aggiunto che «una comunità ecclesiale gioiosa e celebrativa si basa non sul vano ottimismo degli uomini, ma sulla certezza che Dio ha risuscitato Gesù dai morti e risusciterà anche noi». Il presule anglicano ha quindi esortato i fedeli «ad assumere consapevolezza della nostra umanità imperfetta» al fine «di diventare misericordiosi gli uni con gli altri, riconoscendo la chiamata di Dio, non cedendo mai alla debolezza ma lavorando per lo sviluppo della comunità ecclesiale». Welby è stato intronizzato arcivescovo di Canterbury il 21 marzo. Anche in occasione della cerimonia di intronizzazione il presule aveva evidenziato la necessità di ridare nuovo slancio alla missione della comunità anglicana, con un visione positiva del futuro. «Il coraggio — aveva osservato — si diffonde in una società che si trova sotto l’autorità di Dio, affinché possiamo diventare quella piena comunità umana che tutti sogniamo. Ascoltiamo quindi Cristo che ci chiama e dice: «Coraggio, sono io, non abbiate paura». Il primate anglicano aveva anche aggiunto che «le attuali sfide dell’ambiente, dell’economia, dello sviluppo umano e della povertà possono essere affrontate con lo straordinario coraggio cristiano». L’arcivescovo di Canterbury ha inoltre richiamato i temi sociali nel sermone pasquale, ribadendo ancora una volta la necessità di reagire di fronte al rischio dell’“illusione” e della conseguente “delusione”. «Un’economia — ha osservato per esempio — soffre il colpo peggiore per la crisi del debito e la recessione e il fatto che non diventi tutto perfetto, entro cinque anni, è visto come un fallimento totale. La complessità e l’umanità sono ignorate e si finisce così irragionevolmente delusi verso ogni istituzione o organizzazione». Il 29 marzo scorso, Venerdì santo, l’arcivescovo di Cantebury, in occasione una conversazione radiofonica dal titolo «Thought for the Day» trasmessa da Bbc-Radio 4, ha espresso il proprio incoraggiamento alla popolazione di Cipro che sta attraversando una difficile situazione finanziaria ed economica. Nella sua riflessione, il presule ha ricorda- to che «il Venerdì santo è un giorno straordinario». E ha aggiunto: «Chiunque tu sia, dai governanti ai ricchi e alle persone normali che devono affrontare il peggiore dei momenti, la morte di Gesù è al tempo stesso una sfida e una promessa di speranza. La speranza — ha concluso l’arcivescovo — è che nulla è al di là della sua portata e anche la disperazione può essere guarita». In un intervento del gennaio scorso — sempre in tema di finanza ed economia — il presule aveva criticato l’inadeguatezza di questi sistemi creditizi che non consentono alla società di prosperare, promuovendo il bene comune per il fatto «di essersi mostrati piuttosto auto-referenziali, trascurando i settori più deboli della società». Per Welby «i servizi finanziari devono servire la società e non dominarla». PARIGI, 3. Diffusione della pace, difesa della giustizia, rispetto della dignità umana: si è svolto attorno a questi tre temi fondamentali il trentesimo incontro annuale organizzato dal 29 marzo al 1° aprile, a Parigi-Le Bourget, dall’Unione delle organizzazioni islamiche di Francia (Uoif). «Quando altri — ha affermato Abdallah Ben Mansour, uno dei relatori — perseguitano, stigmatizzano e denigrano il musulmano, la sua dignità offre loro le sue conquiste, risponde loro attraverso il suo nobile comportamento e li salverà da tutti i futuri fallimenti umani, morali ed economici». Ad esempio, «aver scelto di preservare la famiglia, di rispettare i nonni e proteggere i genitori, quando altri minano la base della società e rompono i legami di parentela, non è garanzia di successo?». E ancora, spiega Ben Mansour, «aver scelto il pudore e preservato la sua bellezza, offrire il suo essere interiore quando altri degradano la donna, la utilizzano, commercializzano il suo corpo, preferendo l’apparenza, non è segno di libertà?». Ma — come riferisce la France Presse — il raduno parigino (al quale sono intervenuti circa centomila visitatori tra conferenze sull’islam e la famiglia e i vari stand dedicati alla vendita del Corano e altri libri, di profumi, tè e tappeti di preghiera) è stato caratterizzato anche da un clima di inquietudine innescato da nuove polemiche attorno al velo islamico. Il 19 marzo infatti la Corte di Cassazione, ponendo fine all’affaire Baby Loup (dal nome dell’asilo nido di Chanteloup-lesVignes che ha originato il caso), ha annullato il licenziamento di una dipendente che portava il velo, in quanto il nido è privato e dunque «il principio di laicità previsto dall’articolo 1 della Costituzione non è applicabile ai dipendenti da parte dei datori di lavoro di diritto privato che non garantiscono un servizio pubblico». In questo caso ci sarebbe stata quindi una palese discriminazione per motivi religiosi, con conseguente violazione del codice del lavoro. Alcune dichiarazioni del ministro dell’Interno, Manuel Carlos Valls, e certi interventi favorevoli all’estensione del divieto di indossare l’hijab (che copre capelli e collo ma non il volto) anche nelle strutture private, ha prodotto la reazione dei musulmani: «C’è un sentimento di vera inquietudine tra noi», ha dichiarato il presidente dell’Uoif, Ahmed Jaballah, per il quale «coloro che vogliono estendere la legge agli istituti privati puntano a una laicità meramente a loro uso e consumo». L’Uoif è nata nel 1983 con l’obiettivo di coordinare le organizzazioni presenti nelle principali città francesi. Oggi raggruppa numerose associazioni in tutta la nazione ed è rappresentata all’interno del Consiglio francese del culto musulmano. L’Uoif — si legge nel sito on line — ha «un’identità basata su una lettura, una pratica, così come su interventi e prese di posizione, conformi all’islam e alle leggi della Repubblica». Nel passato, la sua presunta vicinanza al movimento islamico dei Fratelli musulmani l’ha coinvolta in polemiche. L’ex presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy, che da ministro dell’Interno nel 2003 era stato ospite dell’annuale incontro, ha più volte messo in guardia l’Uoif da «chi lancia appelli alla violenza, all’odio e all’antisemitismo». Il 14 marzo l’Unione delle organizzazioni islamiche di Francia, con un comunicato, ha salutato la «storica elezione» di Papa Francesco auspicando «una completa riuscita nell’esercizio del suo pontificato che promuove la pace, la solidarietà e la fratellanza». L’Uoif ha rivolto «calorosi auguri» ai cattolici francesi con la speranza che il nuovo pontificato «rafforzi il dialogo interreligioso». Mons. GUID O MARINI Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie Possesso cardinalizio Il cardinale nigeriano John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, prenderà possesso del titolo di San Saturnino. Ne dà notizia l’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, informando che la cerimonia avrà luogo domenica 7 aprile, alle 12.oo, nella chiesa romana in Via Avigliana 3. L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 4 aprile 2013 pagina 7 I saluti del Pontefice al termine dell’udienza generale Messa a Santa Marta La Chiesa nasce dalla risurrezione Dalle lamentele alla speranza La Chiesa nasce dalla risurrezione: lo ha ricordato Papa Francesco nei saluti rivolti ai gruppi di fedeli che hanno partecipato all’udienza generale di mercoledì 3 aprile, in piazza San Pietro. Il Pontefice li ha pronunciati in italiano, mentre i lettori — dopo aver riassunto la catechesi — li hanno tradotti nelle diverse lingue. del Pontificio Collegio Irlandese e i loro familiari. Saluto inoltre i membri di una Delegazione del Senato degli Stati Uniti d’America. Ringrazio i cori per i loro canti. Con grande affetto invoco su tutti voi la gioia e la pace, che sono i doni duraturi del Signore Risorto. Sono lieto di salutarvi, cari amici di lingua francese, particolarmente i giovani venuti dalla Francia, dalla Svizzera, dal Belgio, come pure i giovani del Libano che hanno preparato le meditazioni della Via Crucis. Lasciatevi illuminare dalla Risurrezione di Cristo e trasformare dalla sua forza, per portare al mondo i segni della sua vita! Buona settimana pasquale a tutti! Saluto con gioia i pellegrini e i visitatori di lingua tedesca. Cristo Risorto è presente anche in mezzo a noi. Lo possiamo sentire nell’ascolto della sua Parola in cui Egli stesso ci indica il cammino che porta alla vita. Egli è presente nell’Eucaristia e ci accompagna nelle nostre opere di carità. Lasciamoci trasformare dal suo amore! A tutti voi auguro un fruttuoso tempo di Pasqua. Un cordiale benvenuto a tutti i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, particolarmente a quelli provenienti dall’Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda, Norvegia, Svezia, Australia, Filippine, Canada e Stati Uniti. In modo speciale saluto i nuovi diaconi Saluto cordialmente i pellegrini di lingua spagnola, in particolare i gruppi venuti dalla Spagna, Argentina, Messico ed altri paesi latinoamericani. Auguro a tutti di accogliere la gioia che ci porta il Risorto, perché l’incontro con Gesù apra il nostro cuore alla fede e alla speranza, rendendoci coraggiosi testimoni del suo amore. Carissimi pellegrini di lingua portoghese, in particolare il gruppo di brasiliani venuto dal Paraná: gioite ed esultate perché il Signore Gesù è risorto! Lasciatevi illuminare e trasformare dalla forza della Risurrezione di Cristo, perché le vostre esistenze diventino una testimonianza della vita che è più forte del peccato e della morte. Buona Pasqua a tutti! Cari pellegrini di lingua araba: la Risurrezione di Cristo è il fondamento della nostra fede cristiana. Non fu la Risurrezione a nascere nella Chiesa, ma la Chiesa a nascere dal seno della risurrezione. Perciò, non abbiate paura di annunciare Cristo Crocifisso, Risorto, Vincitore del male e della morte, attraverso la testimonianza della vostra vita quotidiana e nei gesti di compassione, di perdono, di misericordia e di amore verso tutti. Buona Pasqua! E a tutti imparto la Benedizione Apostolica! Do il benvenuto ai pellegrini polacchi. Cari fratelli e sorelle, vivendo — particolarmente in questi giorni — l’incontro con il Signore risorto, lasciate che la sua luce illumini le vostre menti e i vostri cuori e che la sua forza vi trasformi, affinché siate testimoni della fede davanti al mondo contemporaneo. La vita vostra e delle vostre famiglie sia colma della gioia del mattino pasquale! Dio vi benedica! Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana. In particolare, accolgo con gioia il grande pellegrinaggio della Diocesi di Milano, guidato dal Cardinale Angelo Scola, e specialmente i ragazzi quattordicenni, che si preparano alla loro professione di fede. Cari ragazzi, prego per voi, perché la vostra fede diventi convinta, robusta, come una pianta che cresce e porta buoni frutti. Il Vangelo sia la vostra regola di vita, come lo fu per san Francesco d’Assisi. Leggete il Vangelo, meditatelo, seguitelo: umiltà, semplicità, fraternità, servizio; tutto nella fiducia in Dio Padre, nella gioia di avere un Padre nei cieli, che vi ascolta sempre e parla al vostro cuore. Seguite la sua voce, e porterete frutto nell’amore! Cari ragazzi! Saluto i fedeli della Diocesi di Modena-Nonantola, con il loro Vescovo, Mons. Lanfranchi; saluto i nuovi Diaconi della Compagnia di Gesù, con i loro familiari; le Religiose e i Religiosi; i numerosi gruppi parrocchiali e le associazioni. Per tutti invoco la gioia e la speranza che derivano dalla Pasqua di Cristo. A voi, cari giovani, e siete tanti, auguro di fare esperienza di Gesù Cristo vivo, per diventare suoi testimoni. Voi, cari malati, possiate sentire il conforto della presenza del Signore risorto. E voi, cari sposi novelli, accoglietelo ogni giorno nella vostra vita coniugale. Le lamentele fanno male al cuore. Sono cattive; e non soltanto quelle contro gli altri «ma anche quelle contro noi stessi, quando tutto ci appare amaro». Con queste considerazioni sulla vita quotidiana Papa Francesco ha reso attuale l’episodio dei discepoli di Emmaus — narrato dall’evangelista Luca (24, 13-35) — durante l’omelia tenuta mercoledì, 3 aprile, durante la consueta messa nella cappella della Domus Sanctae Marthae, alla quale questa mattina hanno partecipato i dipendenti della Domus Romana Sacerdotalis. Il Pontefice nel commentare il Vangelo si è soffermato sullo smarrimento dei discepoli per la morte del maestro al punto tale che «pensarono — ha detto il Papa — fosse bene andarsene dalla città. Ma, poveretti parlavano sempre di quello, no? e si lamentavano. Si può dire che questo sia un po’ il giorno delle lamentele». Ma questi discorsi non facevano altro che farli chiudere in loro stessi. E in cuor loro pensavano: «Noi avevamo avuto tanta speranza, ma tutto è fallito». E in questa situazione, ha detto il Pontefice, «cucinavano la loro vita nel succo delle loro lamentele, e andavano avanti così». Da qui il riferimento a tutti noi. «Io penso — ha aggiunto — tante volte che anche noi, quando succedono cose difficili, anche quando ci visita la Croce, corriamo questo pericolo di rinchiuderci nelle lamentele». Eppure, anche in quel momento il Signore «è vicino a noi, ma non lo riconosciamo. Cammina con noi. Ma non lo riconosciamo. Ci parla anche, e noi non sentiamo». Il lamento è per noi come «una sicurezza: questa è la mia verità, il fallimento. Non c’è più speranza». E con questi pensieri anche i discepoli continuavano a camminare. E «Gesù cosa faceva? Ebbe pazienza nei loro confronti. Prima li ascolta, poi spiega loro lentamente. E poi, alla fine, si fa vedere». Gesù, ha aggiunto «fa così con noi. Anche nei momenti più oscuri, lui è sempre con noi, cammina con noi. E alla fine ci fa vedere la sua presenza». Tornando alle lamentele, che «sono cattive» perché «ci tolgono la speranza», Papa Francesco ha esortato a non entrare «in questo gioco di vivere di lamenti» perché la presenza del Signore si è resa evidente «quando ha spezzato il pane» e i discepoli hanno potuto vedere «le piaghe», poi «lui è scomparso». Bisogna avere speranza e fiducia in Dio che «ci accompagna sempre nel nostro cammino» anche nelle ore più oscure. «Siamo sicuri, siamo sicuri — ha concluso — che il Signore mai ci abbandona: sempre è con noi, anche nel momento difficile. E non cerchiamo rifugio nelle lamentele: ci fanno male al cuore». Gruppi di fedeli in piazza San Pietro All’udienza generale di mercoledì 3 aprile, in piazza San Pietro, erano presenti i seguenti gruppi: Da diversi Paesi: Nuovi Diaconi della Compagnia di Gesù, con i Familiari; Suore della Santissima Madre Addolorata; Suore Francescane dei Sacri Cuori. Dall’Italia: Pellegrinaggio dell’Arcidiocesi di Milano, con il Cardinale Angelo Scola; Pellegrinaggio dell’Arcidiocesi di Modena-Nonantola, con l’Arcivescovo Antonio Lanfranchi; Gruppi di fedeli dalle Parrocchie: Santi Canziani Martiri, in San Canzian d’Isonzo; Sacra Famiglia, in Valdagno; Sant’Antonio, in Rosà; Santa Maria Assunta, in Pisogne; Regina della Pace, in Zanano di Sarezzo; Sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa, in Brescia; San Giovanni Battista, in Castegnato; Sant’Apollonio, in Bovezzo; Sant’Antonio abate, in Castelcovati; Natività di Maria Vergine, in Rudiano; Madonna delle Lacrime, in Treviglio; Santa Maria Assunta, in Romano di Lombardia; Sant’Antonio, in San Fedele Intelvi; Santa Maria Assunta, in Clusone; San Salvatore, in Almenno San Salvatore; Sant’Agostino, in Cremona; Adolescenti della Professione di Fede della Diocesi di Cremona; San Bartolomeo, in Busseto; Sacro Cuore di Gesù, in Zocca; San Leonardo e San Guido, in Pozzi di Seravezza; San Francesco d’Assisi, in Grosseto; San Pietro, in Isola del Gran Sasso; Santa Maria Assunta, in Silvi Marina; Santa Maria Assunta, in Piglio; Regina Pacis, in Monopoli; San Francesco Antonio Fasani, in Lucera; San Vincenzo de’ Paoli, in Bisceglie; Maria Santissima Addolorata, in Tuturano; Maria Santissima Immacolata, in Fragagnano; Maria Santissima Annunziata, in Monteparano; Santa Maria Assunta, in Moliterno; Santa Maria della Misericordia, in Benestare; Santa Veneranda, in Carfizzi; San Pio X a Li Punti, in Sassari; Gruppi di fedeli dalle Parrocchie di Cermenate, Merone; Gruppo dell’Unitalsi; Gruppo della Guardia Costiera Italiana, da San Giuseppe Vesuviano; Gruppo municipale di Protezione civile, da Cervinara; Scuola di Calcio, di Anagni; Associazione Calcio Nereto 2000; Liceo classico Imera, di Palermo; Istituto comprensivo Butera, di Gela; Circolo didattico Fraggianni, di Barletta; Associazione Maria Regina della Pace, di Arzignano; Associazione Tinozzi, di Pescara; Gruppi di fedeli da Castel Mella, Pescina, Monteprandone, Napoli. Coppie di sposi novelli. Gruppi di fedeli da: Croazia; Repubblica Ceca; Slovenia. I polacchi: Księża z archidiecezji krakowskiej i diecezji bielsko-żywieckiej; pielgrzymi z parafii św. Stanisława Biskupa i Męczennika z Frydmana; grupa polsko-angielska z Colchester, Essex, z Anglii; pielgrzymi indywidualni. De France: Ecole Sainte-Marie, de Neuilly; groupe pastorale des Jeunes, de Bourg-en-Bresse; groupe La Chapelle Saint-Mesmin, d’O rléans; groupe de Forges-les-Eaux. De Suisse: groupe de pèlerins du diocése de Bâle. De Belgique: groupe d’étudiants d’école WICO Campus Sint-Maria, Neerpelt; groupe du Séminaire Redemptoris Mater, de Namur. Du Liban: Bureau Patriarcal des Jeunes au Liban. From England: Students and staff from: Woodlands School, Allestree, Derby; Carmel Catholic College, Darlington, County Durham; John Fisher Roman Catholic School, Purley, Surrey. From Scotland: A youth group from Holy Family and St Ninian’s Parish, Kirkintilloch. From Wales: Pilgrims from St D avid’s Parish, Pantasaph, Diocese of Wrexham. From Ireland: Newly ordained deacons, from the Pontifical Irish College, with family members and friends, accompanied by Archbishop Dermot Clifford; Pilgrims from the Diocese of Raphoe; Pupils and staff from St Michael’s Loreto Secondary School, Navan, County Meath. From Norway: Students and professors from the Faculty of Teacher and Interpreter Education SørTrøndelag University College. From Sweden: Pilgrims from Voxtorp Lutheran Church of Sweden, Diocese of Växjö; A group of «Close Friends of St Bridget of Sweden». From Australia: Pilgrims from the Catholic Ladies College, Eltham, Victoria. From the Philippines: A group of Pilgrims. From Canada: Pilgrims from St Joseph Family Centre, Prince Edward Island; Students and staff from Holy Rosary High School, Lloydminster, Saskatchewan. From the United States of America: Pilgrims from the following dioceses: Orange, California; Arlington, Virginia; Pilgrims from Our Lady of the Greenwood Parish, Greenwood Indiana; «Les Choristes» Womens’ Choir from Carrollton School of the Sacred Heart, Miami, Florida; A delegation from the American Senate; Students and faculty from: University of Dallas, Texas, Rome Campus; Hall High School, Spring Valley, Illinois. Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppen aus den Pfarrgemeinden St. Donatus, Aachen; Zu den Heiligen Drei Königen, Abersfeld; Pfarreiengemeinschaft Altusried; Heilig Geist und Zwölf Apostel, Augsburg; St. Laurentius, Bad Bocklet; St. Georg, Bocholt; Hl. Maria Muttergottes, Buseck; St. Blasius, Dietmannsried; Hl. Bischof Benno, Dresden; St. Andreas, Bad Gögging und St. Sebastian, Eining; St. Johann, Erding; Pfarreiengemeinschaft Freihalden, Oberwaldbach und Ried; Pfarreiengemeinschaft Freudenthal und Pfaffenhausen; Maria Himmelfahrt, Fridolfing; St. Laurentius, Großkrotzenburg; St. Ägidius, Höpfingen; Mariae Verkündigung, Jettingen-Scheppach; St. Franziskus, Kempten; St. Johannes, Kitzingen; Hl. Severin, Kuenzing; St. Lambert, Lambertsneukirchen; St. Stephanus, Malgersdorf; St. Maria Immaculata, Marl; Pfarreiengemeinschaft St. Josef und Christi Auferstehung, Memmingen; St. Pius, Mühldorf am Inn; Dom zu Unserer Lieben Frau, München; St. Lamberti, Münster; St. Peter, Regensburg; St. Andreas, Rennertshofen; St. Vitus, Schnaittenbach; St. Nikolaus, Siegenburg; Mariä Himmelfahrt, Sinzing; Maria Heimsuchung, Starnberg-Perchting; St. Johann, Steinberg am See; St. Nikolaus, Unterthingau; St. Georg, Walldürn; St. Emmeram, Windischeschenbach; Mariä Himmelfahrt, Wittichenau; Pilgergruppe aus dem Erzbistum Paderborn; Bistum Regensburg; Pilgergruppen aus Augsburg; Jülich und Aachen; Ludwigsburg; Pilgergruppe der Bundespolizeiseelsorge Deutschland; Pilgerreise alleinerziehender Frauen aus dem Erzbistum München und Freising; Jugendromwallfahrt des Bistums Regensburg; Schönstatt-Familienbewegung aus dem Bistum RottenburgStuttgart; Slowenische Katholische Mission, Augsburg; Marianische Männerkongregation 1608, Köln; Katholisches Bildungswerk Marktredwitz; Seminaristen aus dem Erzbischöflichen Spätberufenenseminar St. Matthias, Waldram; Katholische Deutsche Studentenverbindung, Würzburg; Polnische Katholische Mission, Würzburg; Studienreisegruppe Karlsruhe; Rotary Club Mettmann; aus dem Oldenburger Münsterland; Heimatlicher Arbeitskreis Steinberg; Leserreise Traunsteiner Tagblatt; Schülerinnen, Schüler und Lehrer des Gymnasiums an der Stenner, Iserlohn; Altministranten aus der Pfarrei St. Rupert, Amerang; Ministranten aus der Pfarrei Zum Heiligen Erlöser, Traunreut; Ministranten aus der Kuratie Volkers. Aus der Republik Österreich: Pilgergruppe aus der Pfarrgemeinde Hl. Thomas, Althofen; St. Jakobus, Kolbnitz. Aus der Schweizerischen Eidgenossenschaft: Pilgergruppe aus dem Kanton Zürich; Katholischer Frauenverein, Dübendorf; Firmlinge und Begleiter aus der Pfarrei St. Franziskus, Riehen. De España: Peregrinos de la diócesis de Plasencia, con S.E. Mons. Amadeo Rodríguez Magro; peregrinos de la diócesis de Albacete, con S.E. Mons. Ciriaco Benavente Mateos; parroquia de la Asunción, de Llíria; parroquia de Elche; Santuario de la Virgen del Monte, de la diócesis de Santander; colegio La Asunción, de Cáceres; grupo de la pastoral universitaria de la diócesis de Calahorra; grupo del Movimiento católico en Acción, de Cuenca; colegio Santo Domingo, de Alicante. Do Brasil: Paróquia São Cristóvão, de Toledo, Paraná. La plenaria della Pontificia Commissione Biblica La Pontificia Commissione Biblica terrà la sua sessione plenaria annuale dall’8 al 12 aprile presso la Domus Sanctae Marthae, in Vaticano. Presieduti dall’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, i lavori saranno diretti dal gesuita Klemens Stock, segretario generale. Nel corso della riunione i membri concluderanno lo studio sul tema «Ispirazione e verità della Bibbia». Da alcuni anni la Commissione ha deciso di dedicare i propri sforzi a verificare in che modo il tema dell’ispirazione e quello della verità si manifestino nei diversi libri della Sacra Scrittura. Scopo della riflessione è quello di offrire un contributo positivo perché, in una approfondita comprensione dei concetti di ispirazione e verità, la Parola di Dio venga accolta da tutti i fedeli, in un modo sempre più adeguato a questo singolare dono, in cui Dio comunica se stesso e invita gli uomini alla comunione con Lui. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 giovedì 4 aprile 2013 All’udienza generale il Pontefice ricorda le prime testimoni della risurrezione La missione delle donne Gesù è vivo e presente accanto all’uomo di oggi. Alle donne, alle mamme soprattutto, il compito di testimoniarlo ai propri figli; ai giovani la missione di manifestarlo con la propria vita. Lo ha ribadito Papa Francesco riprendendo questa mattina, mercoledì 3 aprile, le riflessioni sull’Anno della fede proposte durante l’udienza generale in piazza San Pietro. Cari fratelli e sorelle, buongiorno, oggi riprendiamo le Catechesi dell’Anno della fede. Nel Credo ripetiamo questa espressione: «Il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture». È proprio l’evento che stiamo celebrando: la Risurrezione di Gesù, «Francisco Buenos Aires está contigo» «Francisco, Buenos Aires está siempre contigo». Sono pochi ma si fanno sentire gli argentini che stamani hanno voluto stringersi al Papa in piazza San Pietro. «Siamo qui perché siamo felici» dicono sette ragazze di Buenos Aires che vivono la spiritualità del movimento di Schönstatt. Hanno tutte poco più di vent’anni e sventolano la bandiera argentina e la maglietta della selección albiceleste di calcio, «ma ancora quasi non ci sembra vero che il nostro arcivescovo sia stato eletto Papa». Così Belén, Catalina, Ana Inés, María, Carolina, María Paz e María Angeles hanno deciso di «vivere il più possibile vicino a Papa Francesco la Settimana Santa, proprio come facevamo a Buenos Aires». È la stessa idea che ha avuto Stella: al Pontefice ha portato una statuetta della Madonna di Luján. «So che il Papa le è tanto devoto» dice. Eleonora, anch’essa di Buenos Aires, è venuta in piazza San Pietro con il figlio Horacio. E al Papa ha consegnato la foto del suo bambino più piccolo, Santiago: ha appena otto mesi ma è affetto da una malattia che gli impedisce quasi di muoversi e, secondo i medici, non gli permetterà di parlare, di vedere, di sentire. «A Papa Francesco chiedo una preghiera per non perdere mai la speranza». Gli oltre trentamila fedeli in piazza San Pietro hanno accolto con particolare calore i fedeli argentini. La parte del leone stamani l’hanno fatta i pellegrini milanesi, circa un terzo dei presenti. «Davvero sono entusiasti questi milanesi, eh!» ha commentato il Pontefice colpito dalla loro gioia. «Papa Francesco ci aiuta a camminare insieme a Gesù» sono le parole scelte dal cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, per esprimere il significato del pellegrinaggio romano dei diecimila fedeli ambrosiani che, iniziato lunedì, si è concluso proprio stamani. Insieme come comunità diocesana — spiega il porporato — sentiamo «la gioia di essere tra i primi a poter incontrare il nuovo Papa». All’udienza era presente anche il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo emerito. È con particolare affetto che il Pontefice ha salutato i quattordici diaconi della Compagnia di Gesù, ordinati ieri. E i nuovi diaconi hanno voluto subito consegnare la loro missione nelle mani del Papa che appartiene alla loro stessa famiglia religiosa. Accompagnati dai loro familiari, rappresentano dieci nazioni: Bangladesh, Bielorussia, Croazia, Indonesia, Italia, Perú, Polonia, Portogallo, Venezuela e Vietnam. All’udienza era presente anche l’arcivescovo di Lviv dei Latini, monsignor Mieczysław Mokrzycki, che dal 1996 è stato accanto a Giovanni Paolo II nella sua segreteria particolare. Martedì mattina monsignor Mokrzycki ha celebrato la messa sulla tomba di Papa Wojtyła, nella cappella di San Sebastiano della basilica vaticana, a otto anni dalla morte. Al termine dell’incontro in piazza San Pietro, Papa Francesco ha salutato a una a una tutte le persone ammalate costrette sulla sedia a rotelle. E ha lasciato la sua firma sulla gamba ingessata di una bambina. centro del messaggio cristiano, risuonato fin dagli inizi e trasmesso perché giunga fino a noi. San Paolo scrive ai cristiani di Corinto: «A voi... ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto; cioè che Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture, e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (1 Cor 15, 3-5). Questa breve confessione di fede annuncia proprio il Mistero Pasquale, con le prime apparizioni del Risorto a Pietro e ai Dodici: la Morte e la Risurrezione di Gesù sono proprio il cuore della nostra speranza. Senza questa fede nella morte e nella risurrezione di Gesù la nostra speranza sarà debole, ma non sarà neppure speranza, e proprio la morte e la risurrezione di Gesù sono il cuore della nostra speranza. L’Apostolo afferma: «Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati» (v. 17). Purtroppo, spesso si è cercato di oscurare la fede nella Risurrezione di Gesù, e anche fra gli stessi credenti si sono insinuati dubbi. Un po’ quella fede “all’acqua di rose”, come diciamo noi; non è la fede forte. E questo per superficialità, a volte per indifferenza, occupati da mille cose che si ritengono più importanti della fede, oppure per una visione solo orizzontale della vita. Ma è proprio la Risurrezione che ci apre alla speranza più grande, perché apre la nostra vita e la vita del mondo al futuro eterno di Dio, alla felicità piena, alla certezza che il male, il peccato, la morte possono essere vinti. E questo porta a vivere con più fiducia le realtà quotidiane, affrontarle con coraggio e con impegno. La Risurrezione di Cristo illumina con una luce nuova queste realtà quotidiane. La Risurrezione di Cristo è la nostra forza! Ma come ci è stata trasmessa la verità di fede della Risurrezione di Cristo? Ci sono due tipi di testimo- nianze nel Nuovo Testamento: alcune sono nella forma di professione di fede, cioè di formule sintetiche che indicano il centro della fede; altre invece sono nella forma di racconto dell’evento della Risurrezione e dei fatti legati ad esso. La prima: la forma della professione di fede, ad esempio, è quella che abbiamo appena ascoltato, oppure quella della Lettera ai Romani in cui san Paolo scrive: «Se con la tua bocca proclamerai: “Gesù è il Signore!”, e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo» (10, 9). Fin dai primi passi della Chiesa è ben salda e chiara la fede nel Mistero di Morte e Risurrezione di Gesù. Oggi, però, vorrei soffermarmi sulla seconda, sulle testimonianze nella forma di racconto, che troviamo nei Vangeli. Anzitutto notiamo che le prime testimoni di questo evento furono le donne. All’alba, esse si recano al sepolcro per ungere il corpo di Gesù, e trovano il primo segno: la tomba vuota (cfr. Mc 16, 1). Segue poi l’incontro con un Messaggero di Dio che annuncia: Gesù di Nazaret, il Crocifisso, non è qui, è risorto (cfr. vv. 5-6). Le donne sono spinte dall’amore e sanno accogliere questo annuncio con fede: credono, e subito lo trasmettono, non lo tengono per sé, lo trasmettono. La gioia di sapere che Gesù è vivo, la speranza che riempie il cuore, non si possono contenere. Questo dovrebbe avvenire anche nella nostra vita. Sentiamo la gioia di essere cristiani! Noi crediamo in un Risorto che ha vinto il male e la morte! Abbiamo il coraggio di “uscire” per portare questa gioia e questa luce in tutti i luoghi della nostra vita! La Risurrezione di Cristo è la nostra più grande certezza; è il tesoro più prezioso! Come non condividere con gli altri questo tesoro, questa certezza? Non è soltanto per noi, è per trasmetterla, per darla agli altri, condividerla con gli altri. È proprio la nostra testimonianza. Un altro elemento. Nelle professioni di fede del Nuovo Testamento, come testimoni della Risurrezione vengono ricordati solamente uomini, gli Apostoli, ma non le donne. Questo perché, secondo la Legge giudaica di quel tempo, le donne e i bambini non potevano rendere una testimonianza affidabile, credibile. Nei Vangeli, invece, le donne hanno un ruolo primario, fondamentale. Qui possiamo cogliere un elemento a favore della storicità della Risurrezione: se fosse un fatto inventato, nel contesto di quel tempo non sarebbe stato legato alla testimonianza delle donne. Gli evangelisti invece narrano semplicemente ciò che è avvenuto: sono le donne le prime testimoni. Questo dice che Dio non sceglie secondo i criteri umani: i primi testimoni della nascita di Gesù sono i pastori, gente semplice e umile; le prime testimoni della Risurrezione sono le donne. E questo è bello. E questo è un po’ la missione delle donne: delle mamme, delle donne! Dare testimonianza ai figli, ai nipotini, che Gesù è vivo, è il vivente, è risorto. Mamme e donne, avanti con questa testimonianza! Per Dio conta il cuore, quanto siamo aperti a Lui, se siamo come i bambini che si fidano. Ma questo ci fa riflettere anche su come le donne, nella Chiesa e nel cammino di fede, abbiano avuto e abbiano anche oggi un ruolo particolare nell’aprire le porte al Signore, nel seguirlo e nel comunicare il suo Volto, perché lo sguardo di fede ha sempre bisogno dello sguardo semplice e profondo dell’amore. Gli Apostoli e i discepoli fanno più fatica a credere. Le donne no. Pietro corre al sepolcro, ma si ferma alla tomba vuota; Tommaso deve toccare con le sue mani le ferite del corpo di Gesù. Anche nel nostro cammino di fede è importante sapere e sentire che Dio ci ama, non aver paura di amarlo: la fede si professa con la bocca e con il cuore, con la parola e con l’amore. Dopo le apparizioni alle donne, ne seguono altre: Gesù si rende presente in modo nuovo: è il Crocifisso, ma il suo corpo è glorioso; non è tornato alla vita terrena, bensì in una condizione nuova. All’inizio non lo riconoscono, e solo attraverso le sue parole e i suoi gesti gli occhi si aprono: l’incontro con il Risorto trasforma, dà una nuova forza alla fede, un fondamento incrollabile. Anche per noi ci sono tanti segni in cui il Risorto si fa riconoscere: la Sacra Scrittura, l’Eucaristia, gli altri Sacramenti, la carità, quei gesti di amore che portano un raggio del Risorto. Lasciamoci illuminare dalla Risurrezione di Cristo, lasciamoci trasformare dalla sua forza, perché anche attraverso di noi nel mondo i Nella serata del 2 aprile, ottavo anniversario della morte di Giovanni Paolo segni di morte lascino il posto ai segni di vita. Ho visto che ci sono tanti giovani nella piazza. Eccoli! A voi dico: portate avanti questa certezza: il Signore è vivo e cammina a fianco a noi nella vita. Questa è la vostra missione! Portate avanti questa speranza. Siate ancorati a questa speranza: questa àncora che è nel cielo; tenete forte la corda, siate ancorati e portate avanti la speranza. Voi, testimoni di Gesù, portate avanti la testimonianza che Gesù è vivo e questo ci darà speranza, darà speranza a questo mondo un po’ invecchiato per le guerre, per il male, per il peccato. Avanti giovani! II Papa Francesco prega davanti alle tombe dei suoi predecessori Papa Francesco ha pregato martedì sera, 2 aprile, dinanzi alla tomba del beato Giovanni Paolo II nell’ottavo anniversario della morte. Dopo la chiusura serale della basilica Vaticana, alle 19, il Santo Padre si è recato nella cappella di San Sebastiano ed è rimasto a lungo inginocchiato in preghiera silenziosa presso la tomba di Papa Wojtyła, al quale era particolarmente legato. Fu tra l’altro proprio il Pontefice polacco a crearlo cardinale nel concistoro del 21 febbraio 2001. Accompagnato dal cardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica vaticana, e da monsignor Alfred Xuereb, il Papa si è poi fermato in raccoglimento anche dinanzi alle tombe del beato Giovanni XXIII e di san Pio X . Dopo la visita di lunedì scorso, 1° aprile, alla necropoli vaticana, con la sosta presso il sepolcro di San Pietro, alla sorgente del pontificato romano, e con la visita alle tombe di Benedetto XV, Pio XI, Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo I, Papa Francesco è dunque voluto tornare in basilica per rendere omaggio, nella preghiera, ai suoi predecessori del Novecento che vi sono sepolti. Una testimonianza della «profonda continuità spirituale del ministero petrino dei Papi — si legge in una nota della Sala Stampa della Santa Sede che accompagna la notizia della visita — che il Papa Francesco vive e sente intensamente, come ha dimostrato anche nell’incontro e con i ripetuti colloqui telefonici con il suo precedessore Benedetto XVI». Una spirituale genealogia Due anni dopo la morte di Pio XI, la sua tomba in un vano delle Grotte vaticane venne inaugurata il 9 febbraio 1941 con una messa celebrata dall’arcivescovo di Milano, il cardinale benedettino Alfredo Ildefonso Schuster. Quella sera stessa scese a visitare il sepolcro il suo successore Pio XII, che di Papa Ratti era stato segretario di Stato. Ad accompagnare il Pontefice, con il maestro di camera Alberto Arborio Mella di Sant’Elia, era il sostituto Giovanni Battista Montini. Il futuro Paolo VI era stato incaricato sin dall’inizio del conflitto da Papa Pacelli di coordinare l’Ufficio Informazioni del Vaticano per lo scambio e la ricerca di notizie su soldati, prigionieri e civili. Proprio in quei giorni del secondo inverno di guerra aveva finalmente avuto notizie del cugino don Carlo Montini, cappellano militare sul fronte greco, e a queste allude in una lettera ai familiari — scritta proprio la sera del 9 febbraio 1941 ed edita criticamente nel 1986 da Nello Vian (G. B. Montini [Paolo VI], Lettere ai familiari 1919-1943, pp. 953-954) — dove riferisce vividamente della visita compiuta da Pio XII alle tombe dei suoi predecessori. «Carissimi, non vi so dire quante volte in questi giorni — grandi ed amari — il pensiero mio si rifugi presso di voi, quasi per ritrovare l’appoggio dei sentimenti nobili e delle speranze buone con cui voi m’avete insegnato a giudicare la vita, i suoi beni, i suoi dolori, le sue vicende. La preoccupazione per l’amatissimo Don Carlo mi ha fatto realmente soffrire, e sento cosa sia la gioia di ringraziare Dio per l’incolumità d’una persona cara. Ma quante, quante voci dolorose echeggiano d’intorno e implorano simile conforto. Il nostro lavoro, a ciò relativo, ha raggiunto un’intensità e una mole che opprimono e sconcertano. Vi basti sapere che ho dovuto cedere un’altra stanza del mio appartamento per mettervi in fretta nuovi tavoli e altri sacerdoti per attendere a questa affannosa e spesso infruttuosa ricerca di lontani dispersi. Oh, servisse tanto soffrire di concittadini a far loro trovare un più profondo e più fraterno senso di civile convivenza e di cristiana solidarietà! Dio lo voglia. Alle cose tristi s’intrecciano però anche le consolanti. Questa sera, per esempio. Sono stato invitato ad accompagnare, con Mons. Maestro di Camera il Santo Padre che scendeva a S. Pietro, chiuso e deserto, splendido e raccolto nella penombra del vespro per visitare la tomba del Suo Predecessore. Sostò qua e là pregando, osservando, commentando. Poi nelle grotte, curvo sotto le volte gravi e pie; s’inginocchiò, pregò su le tombe di Pio XI, di Pio X, di Benedetto XV. Mai la comunione dei Santi e la spirituale genealogia dei successori di Cristo mi parsero avere più commovente rappresentazione. E ciò consola molto. La Chiesa, questa viva e immortale realtà, spirituale e visibile è più presente che mai, più moderna e necessaria che mai; e Dio sia lodato che tutti ci unisce e ci ammaestra. Vostro D[on] B[attista]».