l`osservatore romano

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l`osservatore romano
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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLIII n. 78 (46.322)
Città del Vaticano
giovedì 4 aprile 2013
.
All’udienza generale il Santo Padre ricorda le prime testimoni della risurrezione
Via libera dall’Onu al Trattato sul commercio
Armi
a circolazione limitata
La missione delle donne
Gesù risorto, è vivo e presente accanto all’uomo
di oggi. Alle donne, alle mamme soprattutto, il
compito di testimoniarlo ai propri figli; ai giovani
la missione di manifestarlo con la propria vita. Lo
ha ribadito Papa Francesco riprendendo questa
mattina, mercoledì 3 aprile, le riflessioni sull’Anno
della fede proposte durante l’udienza generale in
piazza San Pietro. Proprio le donne, ha ricordato
il Santo Padre, sono state le prime testimoni della
risurrezione, le prime a credere senza alcun dubbio.
Di qui il valore del ruolo della donna nella vita
della Chiesa, fondamentale oggi nella testimonianza da dare al mondo per alimentare quella
speranza di cui l’umanità ha bisogno. E «la morte
e la risurrezione di Gesù — ha ricordato il Papa —
sono proprio il cuore della nostra speranza».
Il Pontefice non ha mancato di sottolineare
l’atteggiamento di quanti, pur credenti, si sono lasciati prendere dai dubbi dinanzi al mistero della
risurrezione. È la conseguenza, ha notato, di quella fede «all’acqua di rose» dovuta alla «superficialità, a volte all’indifferenza», occupati come
siamo «da mille cose che si ritengono più importanti». Ma non è questa la fede vera, la «fede forte» nata dalla certezza della risurrezione di Cristo, «che è la nostra forza»: quella da trasmettere
agli altri, da condividere con gli altri, proprio attraverso la testimonianza di vita.
Ed è ciò che ha chiesto ai numerosi giovani
presenti all’udienza generale: «A voi dico: portate
avanti questa certezza. Il Signore è vivo e cammina a fianco a noi nella vita. Questa è la vostra
missione. Portate avanti questa speranza». Perché
solo così, ha concluso, «si darà speranza a questo
mondo un po’ invecchiato» a causa delle guerre,
del male, del peccato. «Avanti giovani!» è stata la
sua esortazione finale.
PAGINA 8
Russia e Cina seriamente preoccupate per la crisi provocata da Pyongyang
Situazione esplosiva nella penisola coreana
PYONGYANG, 3. Si aggrava di ora in
ora la tensione nella penisola coreana. La Russia si dice preoccupata
per la situazione «esplosiva» creata
dalla Corea del Nord, dove anche
un semplice errore umano potrebbe
innescare la miccia. «La Russia deve
essere preoccupata perché stiamo
parlando di una situazione esplosiva
nelle immediate vicinanze dei nostri
confini in Estremo oriente», ha detto
il viceministro degli Esteri, Igor Mogulov. Anche la Cina ha espresso oggi la sua «seria preoccupazione» per
la crescita della tensione sul confine
tra le due Coree. Lo ha affermato il
portavoce del ministero degli Esteri,
Hong Lei, precisando che la preoccupazione di Pechino è stata comunicata agli ambasciatori in Cina delle due Coree e degli Stati Uniti.
Hong Lei ha aggiunto che la Cina
Nell’ottavo anniversario della morte di Giovanni Paolo
II
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Papa Francesco prega davanti alle tombe
dei predecessori
Nella serata di martedì 2 aprile, Papa Francesco si è recato nella basilica
Vaticana dove, nella cappella di San Sebastiano, ha pregato dinanzi alla
tomba del beato Giovanni Paolo II, nell’ottavo anniversario della morte.
Il Pontefice si è poi fermato in raccoglimento anche dinanzi alle tombe
del beato Giovanni XXIII e di san Pio X .
PAGINA 8
spera che Seoul e Pyongyang possano risolvere con il dialogo le loro divergenze. Per il segretario generale
dell’Onu, Ban Ki-moon, la crisi politica e diplomatica che vede protagonista la Corea del Nord «è andata
troppo oltre» e l’unica soluzione è
da ricercarsi nel negoziato bilaterale.
Ma la Corea del Nord — dopo
aver alzato ieri il tiro annunciando il
riavvio della centrale nucleare di
Yongbyon fermata nel 2007 dopo un
faticoso negoziato nel corso dei colloqui a sei — ha oggi sospeso gli ingressi dei lavoratori sudcoreani al distretto di Kaesong, permettendo a
quelli già presenti di poter lasciare la
zona industriale a sviluppo congiunto. Lo riferisce l’agenzia Yonhap. La
decisione del regime comunista di
Pyongyang ha creato ulteriore tensione nei rapporti intercoreani.
Il ministro della Difesa di Seoul,
Kim Kwan Jin, ha dichiarato di valutare tutte le opzioni sulla questione Kaesong inclusa l’azione militare
nello scenario peggiore possibile, e
cioè se la sicurezza dei lavoratori
sudcoreani al distretto industriale
congiunto sarà a rischio. «Abbiamo
preparato un piano di emergenza,
tra cui la possibile azione militare»
ha detto Kim in una riunione della
commissione speciale del partito
conservatore al potere, il Saenuri,
dedicata alla questione nucleare nordcoreana.
Anche dopo un resoconto del presidente della commissione parlamentare Yoo Won Chul, il ministro ha
osservato che si valutano «tutte le
opzioni possibili». Secondo la relazione di Yoo, l’esercito di Seoul sa-
rebbe pronto a demolire il 70 per
cento della prima linea della Corea
del Nord entro cinque giorni nel caso di provocazione grave di Pyongyang. Prima del blocco degli ingressi
deciso da Pyongyang, a Kaseong —
ubicato nella cosiddetta zona demilitarizzata lungo il 38° parallelo — risultavano esserci 861 sudcoreani e
sette lavoratori stranieri. Questa
mattina, nei piani originari, 484 lavoratori e 371 veicoli di Seoul avrebbero dovuto raggiungere il villaggio
Gli Stati Uniti hanno intanto ribadito che si difenderanno e difenderanno la Corea del Sud da Pyongyang. Lo ha affermato il segretario
di Stato John Kerry, al termine
dell’incontro con il ministro degli
Esteri sudcoreano, Yun Byung Se.
NEW YORK, 3. Il segretario genera- standard internazionali per la comle dell’Onu, Ban Ki-moon, ha ac- pravendita delle armi, legandoli al
colto con favore l’adozione del pri- rispetto dei diritti umani: non conmo Trattato internazionale sul trolla l’uso domestico, ma richiede
commercio delle armi da parte che gli Stati membri si dotino di
dell’Assemblea generale delle Na- normative nazionali sul trasferizioni Unite. «È una vittoria per la mento delle armi convenzionali
gente del mondo» ha affermato una definizione che in realtà raccosottolineando che il documento glie un po’ tutto, dai carri armati
renderà più difficile l’utilizzo di ar- agli aerei e le navi da guerra, dai
mi letali da parte di criminali, ter- missili a lunga gittata ai fucili e le
pistole.
roristi e signori della guerra.
È previsto inoltre il divieto, per
«Sarà uno strumento nuovo e
potente per prevenire gravi viola- gli Stati che ratificano il Trattato,
zioni dei diritti umani e fornirà la di trasferire armi in caso di embarnecessaria spinta verso il disarmo go internazionale, di atti di genociglobale e la non proliferazione» ha dio, di crimini contro l’umanità e
dichirato Ban Ki-moon che si è di crimini di guerra. Il testo stabilicongratulato con gli Stati membri sce inoltre che ogni Paese dovrà
«per la loro disponibilità a giunge- valutare se le armi potrebbero essere a un compromesso
su una serie di questioni complesse, rendendo così possibile la
stesura di un testo
equilibrato e robusto».
Il segretario generale
si è inoltre complimentato con i membri
della società civile per
il ruolo fondamentale
svolto nelle lunghe
trattative che hanno
portato all’approvazione del testo.
L’Assemblea generale dell‘Onu ha quindi approvato ieri il
Trattato internazionale
sulla
compravendita
delle armi convenzionali con una schiacciante maggioranza di
154 Paesi a favore, tre
contrari e 23 astenuti.
Decisivo il sostegno
fornito anche dagli
Stati Uniti — tra i promotori del documento
con altri membri permanenti del Consiglio
Un finto elicottero militare esposto a New York (Afp)
di
sicurezza
come
Francia e Gran Bretagna — il cui via libera è arrivato re usate per violare i diritti umani
grazie all’impegno del presidente o utilizzate da terroristi o membri
Barack Obama. A salutare con par- della criminalità organizzata. Gli
ticolare soddisfazione la positiva Stati ratificheranno il Trattato a
conclusione delle trattative all’O nu partire dal mese di giugno, e il doè l’Italia, che in una nota della Far- cumento entrerà in vigore con la
nesina definisce l’accordo «forte, firma di almeno cinquanta Paesi.
equilibrato e realistico».
Tra gli oppositori del documento
Lo sforzo globale per regola- la National Rifle Association, la
mentare il multimiliardario comlobby statunitense delle armi, che
mercio delle armi aveva subito una
ha definito il Trattato un attentato
battuta d’arresto la scorsa settimana quando Iran, Corea del Nord e al diritto del possesso di armi sanSiria avevano impedito il raggiun- cito dalla Costituzione americana.
gimento di un accordo unanime.
Senza sorprese il no di ieri dei tre
Paesi, motivato con il fatto che il
Trattato sarebbe discriminatorio nei
Ancora senza esito
loro confronti. Tra gli astenuti Rusil negoziato a Bruxelles
sia, Cina, Cuba, Venezuela e Bolivia.
Nuova fumata nera
Il documento — la cui adozione
per il Kosovo
è stata salutata dall’Assemblea generale con un lungo applauso —
PIERLUIGI NATALIA A PAGINA 2
definisce per la prima volta gli
Otto vittime per la bufera che ha colpito la capitale argentina
Inondazioni a Buenos Aires
Una piccola folla variopinta
aspetta l’esito dell’elezione
L’incontro al bar
EGIDIO PICUCCI
A PAGINA
5
Una strada invasa dall’acqua (Afp)
BUENOS AIRES, 3. È di almeno otto
morti accertati il bilancio di una bufera che si è abbattuta ieri su Buenos
Aires e sul suo immenso circondario,
con raffiche di vento che hanno divelto alberi, troncato le linee dell’alta tensione e scoperchiato i tetti della case nelle baraccopoli della periferia. Le piogge torrenziali in una sola
notte hanno superato i 15 centimetri
e mezzo al suolo, record assoluto
per la capitale argentina in aprile.
Soprattutto nella parte nord della
città le eccezionali precipitazioni
hanno provocato alluvioni-lampo,
impedendo la circolazione dei treni,
allagando le stazioni della metropolitana e travolgendo i veicoli in sosta. Circa trecento persone state
sgomberate d’urgenza. Secondo il
sindaco Mauricio Macrí nel complesso ammontano a 35.000 le persone che hanno subito danni a causa
della tempesta.
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giovedì 4 aprile 2013
Ancora senza esito il negoziato a Bruxelles
Definito sostenibile il piano di raggiustamento dei conti pubblici
Nuova fumata nera
per il Kosovo
Ue e Fmi dicono sì a Nicosia
di PIERLUIGI NATALIA
Il fallimento del nuovo tentativo
negoziale sul Kosovo, tenuto martedì 2 aprile a Bruxelles con la mediazione dell'Unione europea era
stato previsto dalla gran parte degli
osservatori. A quattordici anni dall'intervento armato della Nato e a
cinque dalla dichiarazione unilatarale d'indipendenza da parte della
maggioranza albanese della popolazione, restano infatti irrisolti i nodi principali della questione. Né a
scioglierli sembra avere contribuito
la politica applicata nell’area
dall’Unione europea. Rimane aleatoria la possibilità di riconoscimento da parte di Belgrado della secessione kosovara, tanto più che le autorità albanesi di Pristina rivendicano piena sovranità anche su quelle
parti della regione a maggioranza
serba.
L’ultimo incontro tra le due parti a Bruxelles c’era stato appena
quindici giorni prima, il 20 marzo,
e si era concluso senza esito. Non
erano in molti a sperare che in due
settimane la diplomazia europea
potesse mettere a segno nuove e risolutive mosse. Secondo quanto dichiarato appunto il 20 marzo dal
primo ministro serbo, Ivica Dačić,
l’alto rappresentante per la politica
estera e di sicurezza comune
dell’Unione europea, Catherine
Ashton, «aveva raccolto tutte le
carte ed era pronta a dichiarare falliti i colloqui, ma io ho insistito
per continuare il dialogo poiché
non vogliamo che si accusi la Serbia del fallimento del negoziato».
Lo stesso Dačić, a una settimana
dal nuovo appuntamento a Bruxelles, aveva comunque ribadito che
se non ci fossero stati cambiamenti
di posizione da parte di Pristina e
che se alla Serbia fosse stata avanzata la stessa offerta, non ci sarebbe potuto essere accordo. Questa
volta Dačić non è sceso in particolari, mentre Ashton ha dichiarato
che «il divario tra le due parti è ridotto, ma profondo».
Punto cruciale del disaccordo è
la questione dei poteri esecutivi e
legislativi per le comunità autonome dei serbi del Kosovo, chiesti
con forza da Belgrado, ma dei quali Pristina non vuole sentir parlare.
«Noi abbiamo davvero fatto tutto
quanto possiamo», aveva detto
Dačić una settimana fa, dopo aver
incontrato Bernd Borchardt, il
nuovo capo dell’Eulex, la missione
europea in Kosovo. Subito dopo, il
capo dell’ufficio governativo serbo
per il Kosovo, Aleksandar Vulin,
aveva ribadito che la bozza d’accordo finora proposta dall’Unione
europea non può essere neppure
presa in considerazione da Belgrado. «È qualcosa che un Paese indipendente non può accettare», ave-
Il Senato
uruguayano a favore
del matrimonio
tra omosessuali
MONTEVIDEO, 3. Il Senato uruguayano ha approvato ieri con 23 voti
a favore e 8 contrari il progetto di
legge che introduce il matrimonio
tra omosessuali. Il testo passa ora
al vaglio della Camera dei deputati, che già ne aveva approvato una
prima stesura nello scorso mese di
dicembre, ma che ora è chiamata a
pronunciarsi di nuovo sulle modifiche apportate dal Senato. La normativa, denominata Legge del matrimonio ugualitario, segnala espressamente che il codice civile deve
considerare
come
matrimonio
«l’unione permanente di due persone di sesso uguale o distinto» ed
elimina i termini «uomo e donna»
per sostituirli con «coniugi». Nei
giorni scorsi l’arcivescovo di Montevideo, Nicolás Cotugno Fanizzi,
aveva rivolto un appello ai legislatori cattolici, chiedendo di non votare a favore di una legge che «si
schiera apertamente contro il progetto di Dio».
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Presta giuramento il neo ministro delle Finanze cipriota
va detto Vulin, secondo il quale un
accordo non può essere fatto su
leggi volute solo dagli albanesi,
senza consentire ai serbi di decidere nulla. La risposta di Pristina era
stata immediata e il ministro degli
Interni, Bajram Rexhepi, aveva ribadito che non c’è alcuna possibilità di trattativa riguardo ai poteri
esecutivi per le comunità serbe.
A inasprire gli animi tra le comunità serbe kosovare aveva contribuito giovedì scorso anche la
condanna da parte del Tribunale
internazionale di Kosovska Mitrovica di tre dei sei serbi accusati di
aver preso parte alle violenze che
nel marzo 2008 avevano investito
la città, teatro da anni di scontro
tra serbi, che qui sono maggioranza, e albanesi. Per diverse ore si
erano temute nuove violenze, ma la
folla che si era ammassata davanti
al Tribunale e aveva tentato di
bloccarne l’ingresso si è poi dispersa senza causare disordini. Le condanne dei tre sono tutte inferiori ai
due anni, mentre gli altri imputati
sono stati assolti. I sei erano accusati di aver illegalmente occupato il
tribunale di Kosovska Mitrovica
nord, impedendo all’ufficio di svolgere il proprio lavoro, di avere fatto parte di un gruppo che ha commesso crimini, di aver messo in pericolo il personale delle Nazioni
Unite, oltre a causare danni materiali, e di incitamento all’odio razziale, religioso ed etnico. Negli incidenti che seguirono, un poliziotto
ucraino era stato ucciso ed erano
stati feriti e 64 agenti dell’Unmik e
24 militari della Kfor, rispettivamente la polizia e la forza armata
dell’Onu, oltre a un centinaio di
manifestanti serbi.
In questo clima, tra gli osservatori crescono i dubbi sulla possibilità di successo della mediazione
dell’Unione europea, che avendo
riconosciuto l’indipendenza di Pristina viene ritenuta tutt’altro che
equidistante da parte di Belgrado,
pure impegnata in un processo di
avvicinamento all’Ue stessa.
Comunque, il negoziato a Bruxelles fa segnare una fumata nera
dopo l’altra e non è un caso se
l’ambasciatore serbo a Mosca, Slavenko Terzić, ha proposto di coinvolgere nel negoziato sul Kosovo
anche la Russia, tradizionale alleato di Belgrado.
Svendita in un negozio nella capitale cipriota (Afp)
In flessione gli indici relativi all’andamento del settore manifatturiero
In Eurolandia
la ripresa che non decolla
BRUXELLES, 3. Si allontana la ripresa di Eurolandia. Gli indici Pmi,
ovvero quelli relativi all’andamento
del settore manifatturiero delle piccole e medie imprese e che segnalano con tempestività il livello di attività economica, hanno subito a fine
marzo una correzione rispetto al
dato provvisorio di metà marzo: a
46,8 l’indicatore per tutta Eurolandia resta ancora in zona contrazione, sotto quota 50, e indica un peggioramento rispetto ai mesi prece-
denti (il 47,9 di febbraio e gennaio). Insomma il primo trimestre
2013 non è andato bene. Comunque, rilevano gli analisti, non c’è
motivo di preoccuparsi troppo. La
media dei tre mesi, segnala la Markit che ha elaborato il dato, è la più
alta dal primo trimestre del 2012, e
in crescita quindi rispetto alla fine
del 2012 e sta a indicare complessivamente una contrazione meno rapida. Il fatto però che proprio l’ultimo mese, marzo, sia stato cattivo
In Brasile dal 2003 al 2011 quaranta milioni di persone sono uscite dalla fascia di povertà
Più classe media
BRASILIA, 3. S’impone, in Brasile,
la classe media. Si stima che dal
2003 al 2011 quaranta milioni di
persone siano uscite dalla fascia di
povertà. E non che la crisi finanziaria internazionale non abbia fatto sentire i suoi effetti anche in
questo Paese.
Eppure, anche con una crescita
economica rallentata, la disoccupazione è rimasta bassa, i salari sono
aumentati e l’accesso al credito è
sensibilmente lievitato.
Sono questi i fattori sui quali
poggia l’incremento dei consumi
brasiliani degli ultimi dieci anni. I
sociologi brasiliani, rileva «Il Sole
24 Ore», suddividono i consumatori in cinque fasce: A,B,C,D,E. La
più ricca è la A, la più povera è la
E. In otto anni nella fascia C sono
entrate quaranta milioni di persone, che hanno lasciato le classi inferiori, senza provocare erosioni
nelle classi più elevate. È come se,
all’interno del Paese, si fosse formato un volano che genera nuovi
consumi di classe media per quaranta milioni di persone. Insomma, la crisi c’è, la corsa del pil non
è più agile come in passato, ma le
dimensioni del mercato interno e
la mobilità sociale registrata negli
ultimi anni offrono prospettive
confortanti. Auto e telecomunicazioni sono i settori dove i consumi
si mantengono sostenuti.
Per alcune tipologie di consumi
la legislazione ha giocato un ruolo
importante. Il Governo ha varato
una legge che tutela il personale
di servizio e obbliga a versare contributi e a rispettare le regole: ciò
ha scoraggiato l’assunzione di collaboratrici familiari e determinato
un aumento delle vendite di elettrodomestici.
un po’ per tutti, anche per la Germania, non fa ben sperare per il secondo trimestre. L’indice è infatti al
minimo da sette mesi per l’Italia
(44,5), da cinque per la Spagna
(44,2), da dieci per l’Olanda (48.0),
da tre per l’Austria (48,1). Irlanda e
Germania, che avevano fino a febbraio segnalato espansione, sono
tornate sotto quota 50: un livello
che Eurolandia, nel suo complesso,
non vede il più da agosto 2011.
Il dato meno rassicurante riguarda l’andamento dei nuovi ordini.
Le commesse si proiettano naturalmente nel futuro, e il fatto che si
stiano contraendo da ventidue mesi
e siano tornate ai minimi dal mese
di dicembre non lascia al momento
speranze per un’immediata ripresa.
L’Olanda è alla sua terza recessione in pochi anni. In Italia sono
tornati a crescere gli ordini all’esportazione, sia pure in misura
insufficiente per compensare il calo
di quelli interni.
E sia in Olanda che in Italia, come del resto in Francia e in Irlanda, la riduzione dei posti di lavoro
è stata marcata anche a marzo: solo
Austria e Germania si sono mosse
in controtendenza. In flessione, di
conseguenza, anche i prezzi. Fatto
questo, rilevano gli analisti, che
può tranquillizzare la Banca centrale europea, che ha più spazio per
nuovi interventi, ritenuti tra l’altro
molto probabili entro la fine di giugno.
Secondo il Fondo monetario internazionale l’economia farà registrare una robusta crescita nel 2013
Haiti che non ti aspetti
Un bambino haitiano a Petionville (LaPresse/Ap)
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
TIPO GRAFIA VATICANA
EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO
Carlo Di Cicco
don Sergio Pellini S.D.B.
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
direttore generale
PORT-AU-PRINCE, 3. Buone notizie
per Haiti: le porta il Fondo monetario internazionale (Fmi) che ha
elaborato stime secondo le quali
l’economia dell’isola, pur dovendo
fare fronte a grandi difficoltà, è destinata a crescere nell’arco del 2013.
L’economia, afferma l’Fmi, raggiungerà una crescita del 6,5 per
cento. A supportare questa tendenza dovranno essere gli investimenti
nel settore agricolo e in quello industriale. Il terremoto del 201o ebbe effetti devastanti anche sull’economia di Haiti. Da allora, sottolinea l’Fmi in un dossier, sono stati
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compiuti progressi significativi.
Questi progressi, osserva il Fondo
monetario internazionale, sono stati resi possibili anche grazie al condono di parte del debito estero. E
lo stesso Fmi sottolinea il significativo dato economico previsto per il
proseguo del 2013 (anche l’inflazione sembra essere sotto controllo)
considerando che problemi infrastrutturali, tensioni sociali e politiche, le precarie condizioni di sicurezza non hanno certo agevolato,
dal 2010 in poi, il processo di ricostruzione dell’isola.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Ufficio diffusione: telefono 06 698 99470, fax 06 698 82818,
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Ufficio abbonamenti (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480,
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Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
NICOSIA, 3. Il commissario Ue agli
Affari economici, Olli Rehn, e il direttore del Fondo monetario internazionale (Fmi), Christine Lagarde,
hanno definito oggi sostenibile il
piano di aggiustamento dei conti
pubblici adottato dalle autorità cipriote. «Il programma include un
aggiustamento del bilancio a un ritmo sostenibile che equilibra l’esigenza di far fronte a problemi di breve
termine e obiettivi di lungo periodo,
proteggendo nello stesso tempo i
gruppi vulnerabili» afferma una nota
congiunta di Rehn e Lagarde pubblicata oggi. E il direttore dell’Fmi
ha reso noto che sarà di un miliardo
il contributo del Fondo al salvataggio del sistema bancario di Cipro. In
un comunicato si specifica che si
tratterà di un prestito per tre anni.
L’accordo sarà sottoposto all’Esecutivo del Fondo monetario internazionale ai primi di maggio. Ieri, a conclusione dei negoziati con la troika il
Governo di Cipro ha ottenuto due
anni di tempo in più, fino al 2018,
per rispondere alle condizioni definite dal piano di aiuti concordato con
l’Eurogruppo.
Oggi intanto ha prestato giuramento il nuovo ministro delle Finanze, Haris Georgiades: è entrato in
carica al posto di Michael Sarris, dimessosi ieri. Il presidente Nicos
Anastasiades ha avvertito il nuovo
ministro delle Finanze che lo aspettano «giorni difficili». Il nuovo incarico richiederà anzitutto «collegialità» come pure «coerenza, disciplina
di bilancio e tutte quelle misure che
contribuiranno a una ripresa».
Georgiades, quarant’anni, lascia
dunque il ministero del Lavoro, che
passa a Zeta Emilianidou: è la prima
donna a entrare nel Governo di
Anastasiades. L’ex ministro delle Finanze Sarris aveva reso noto ieri di
essersi dimesso, con il consenso del
Governo, poco dopo l’annuncio di
una parziale riduzione delle drastiche misure imposte alle banche per
il controllo dei movimenti di capitale. Fra queste, come prevede un decreto ministeriale entrato in vigore
ieri, figura l’innalzamento da 5.000 a
25.000 euro del tetto delle transazioni interne per le quali non c’è bisogno dell’approvazione della Banca
centrale e la possibilità di staccare
assegni per una cifra complessiva di
5.000 euro al mese. Altre restrizioni
imposte la scorsa settimana, come il
limite di trecento euro per i prelievi
dal bancomat e di mille euro in contanti per chi si reca all’estero, sono
tuttora in vigore. Le autorità di controllo delle Borse di Nicosia e di
Atene hanno frattanto confermato
che le azioni della Bank of Cyprus e
della Laiki Bank rimarranno sospese
dalle contrattazioni alle due Borse
valori fino al 15 aprile.
Elezioni del capo
dello Stato italiano
dal 18 aprile
ROMA, 3. Si potrà tenere dal 18 aprile la prima seduta comune del Parlamento per eleggere il nuovo presidente della Repubblica italiana. È
quanto si legge in una nota del presidente della Camera dei deputati,
Laura Boldrini, che nella sua qualità
di presidente del Parlamento in seduta comune, provvederà lunedì 15
aprile a diramare la convocazione
prevista dal secondo comma dell’articolo 85 della Costituzione per l’elezione del nuovo capo dello Stato.
Su invito del presidente della Repubblica e sentito il presidente del
Senato — si legge nella nota — la seduta del Parlamento, integrato dai
delegati regionali, potrà avere luogo
già a partire dallo stesso giovedì 18
aprile, confidando che gli adempimenti relativi alla designazione da
parte delle Regioni dei propri delegati si svolgano con la massima tempestività.
Per quanto concerne il Friuli - Venezia Giulia, il cui Consiglio regionale è in corso di rinnovo, va ricordato che, come avvenuto in altre
analoghe occasioni, il Consiglio
uscente ha già provveduto alle necessarie designazioni.
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giovedì 4 aprile 2013
pagina 3
Raid israeliano
contro
la Striscia
di Gaza
Numerose vittime civili
Intensi
combattimenti
nei sobborghi
di Damasco
DAMASCO, 3. S’intensificano nei
sobborghi di Damasco i combattimenti tra l’esercito governativo e
le milizie ribelli insorte contro il
presidente Bashir Al Assad. Scontri particolarmente aspri sono in
corso nel distretto di Barzeh, nella
parte settentrionale della città —
dove una famiglia di quattro persone è stata sterminata da un colpo di cannone — e in quello di Jobar, a est. Vittime civili si sono registrate ieri anche nella località di
Al Hajar al Aswad, a sud della capitale, dove tre uomini sono stati
uccisi e una ventina di persone sono state ferite da un bombardamento. Anche a Mqailyabeh, sempre nella provincia di Damasco,
dove gli insorti hanno preso il
controllo di diverse zone, un bombardamento ha causato la morte
di un bambino di tre anni. Fonti
dell’opposizione parlano di 78
morti nella giornata di ieri, una cifra analoga a quella del giorno
precedente.
Sempre ieri, i ribelli hanno sostenuto di aver assunto il controllo del villaggio di Handrat, all’immediata periferia di Aleppo, la seconda città del Paese e principale
centro settentrionale. Dal nord,
per precisione dalla provincia di
Idlib, è stata diffusa anche la notizia, peraltro senza conferme indipendenti, che un commando di
uomini armati ha preso in ostaggio i passeggeri di un autobus in
viaggio verso Maaret Masrin.
Nell’area di Aleppo i ribelli
sembrano particolarmente impegnati anche in una vasta operazione militare contro le prigioni dove
sono detenuti i prigionieri politici.
Fonti degli stessi ribelli, che hanno pubblicato diversi video su internet, affermano che da lunedì è
sotto assedio l’ospedale Al Kindi,
a nord di Aleppo, da mesi trasformata in una vera e propria base
militare delle milizie governative,
e dove sono rinchiusi centinaia di
attivisti dell’opposizione. Gli insorti affermano di esser diretti anche verso il carcere di Meslimiyya,
sempre ad Aleppo, diviso in
un’ala dei detenuti comuni e una
di prigionieri politici.
Nel frattempo, continua ad aumentare il flusso di profughi nei
Paesi confinanti. Nella sola Turchia, secondo una nota ufficiale
diffusa ieri dal Governo di Ankara, ci sono 192.000 rifugiati. La
nota specifica che dall’inizio del
conflitto siriano, due anni fa, hanno varcato il confine 285.984 persone, ma che 93.991 hanno poi
fatto ritorno in patria.
Donne nel centro del Cairo (LaPresse/Ap)
Al via la missione del Fondo monetario arabo mentre è attesa al Cairo la delegazione dell’Fmi
L’Egitto tra prestiti e riforme
IL CAIRO, 3. Il Governo egiziano ha intrapreso
un negoziato con il Fondo monetario arabo
(Fma), un’organizzazione panaraba creata dal
Consiglio economico degli Stati della Lega araba,
per un prestito da 465 milioni di dollari. Lo ha
reso noto ieri a Dubai il ministro delle Finanze,
El Morsi El Hegazy, citato dal sito web del quotidiano «Al Ahram». Il ministro non ha aggiunto
ulteriori dettagli in merito, né ha spiegato i tempi
dell’operazione. L’Egitto ha già ricevuto 270 milioni di dollari dal Fondo monetario arabo, che
presto fornirà un’altra tranche di aiuti al Cairo
per 135 milioni di dollari.
Il Paese ancora non riesce a risollevarsi economicamente dopo la rivolta che ha deposto l’ex
presidente Hosni Mubarak. Da mesi il Governo è
in trattativa con il Fondo monetario internazionale (Fmi) per un prestito da 4,8 miliardi di dollari,
ritenuto necessario per immettere liquidità nel
mercato e rafforzare le riserve di valuta straniera
della Banca centrale. E l’importo del prestito
dell’Fmi all’Egitto può essere rivisto in base alle
esigenze del Paese. Lo ha detto Masood Ahmed,
direttore del Fondo per il Medio Oriente e l’Asia
centrale, sempre a margine dell’incontro a Dubai
di ministri arabi delle Finanze. «La somma può
variare: è una questione di esigenze», ha spiegato
senza specificare se la rivisitazione potrebbe essere al ribasso o al rialzo. L’Fmi ha annunciato la
settimana scorsa il prossimo invio di una nuova
missione al Cairo per proseguire i colloqui.
Gli Stati Uniti si dicono però perplessi sulla
direzione presa dall’Egitto, che uscito dall’era
Mubarak avrebbe dovuto vedere la nascita della
democrazia. «Reale preoccupazione» è stata infatti espressa dal segretario di Stato americano,
John Kerry, in seguito ai recenti arresti e al clima
di tensione e violenza che si è innescato nel Paese. «È venuto il tempo che le promesse della rivoluzione del 2011 siano mantenute» ha detto il
capo della diplomazia statunitense nel corso di
una conferenza stampa a Washington.
Nel frattempo, la procura generale egiziana ha
aperto una nuova inchiesta per esaminare le denunce per «minacce alla sicurezza pubblica» contro il comico televisivo Bassem Youssef, già arrestato per un giorno con l’accusa di aver insultato
il presidente Mohammed Mursi. «Una nuova denuncia è stata depositata contro di me per diffondere voci e informazioni false e turbare l’ordine
pubblico dopo i recenti eventi» ha scritto
Youssef, di professione cardiologo, sul suo profilo
Riaperta la strada
tra Mogadiscio e Baidoa
Vertice africano
sulla crisi a Bangui
N’DJAMENA, 3. I capi di Stato e di
Governo della Comunità economica
dei Paesi dell’Africa centrale (Eccas), sono riuniti oggi a N’D jamena, la capitale del Ciad, per un vertice straordinario dedicato alla situazione nella Repubblica Centroafricana, dove dieci giorni fa le milizie della Seleka hanno assunto il
potere, costringendo alla fuga il
presidente François Bozizé. Quest’ultimo, che si trova ancora in Camerun, ma che ha ottenuto asilo
dal Benin, ha detto che gli organizzatori hanno respinto la sua richiesta di partecipazione. Dovrebbe intervenire invece il primo ministro
centroafricano Nicolas Tiangaye,
Processo in Francia
per il genocidio
del 1994 in Rwanda
PARIGI, 3. Un tribunale francese
ha per la prima volta ordinato un
rinvio a giudizio in relazione al
genocidio in Rwanda del 1994. Si
tratta dell’ex capitano dell’esercito
rwandese Pascal Simbikangwa, arrestato nel 2008 sull’isola francese
di Mayotte. Simbikangwa deve rispondere dell’accusa di complicità
in genocidio e complicità in crimini contro l’umanità, ma può ancora presentare appello per evitare il
processo in Francia.
Come noto, sul genocidio in
Rwanda ha particolare competenza il tribunale ad hoc istituito già
nel 1994 dall’Onu e che ha sede
ad Arusha, in Tanzania. Diversi
Paesi, oltre ovviamente al Rwanda
stesso, rivendicano però giurisdizione su sospetti responsabili catturati sul proprio territorio.
Quella scritta in Rwanda tra il
6 aprile e il 16 luglio del 1994 —
quando ci fu il rovesciamento del
Governo espressione dell’etnia
maggioritaria hutu e la presa del
potere del Fronte patriottico rwandese, principale forza dell’etnia
tutzi — fu una delle più atroci pagine della storia del XX secolo, che
pure di orrori non è stato avaro.
Secondo stime dell’Onu, le milizie
hutu uccisero oltre ottocentomila
tutzi, ma anche hutu moderati. Le
conseguenze di quello spaventoso
evento, oltre che in Rwanda, pesano anche sui Paesi confinanti, in
particolare la Repubblica Democratica del Congo, dove da quasi
vent’anni sono presenti gruppi armati rwandesi.
twitter. «Sembra che vogliano esaurirci fisicamente, emotivamente e finanziariamente», ha aggiunto. Il comico, la cui satira in passato non aveva
risparmiato neanche i militari, nei giorni scorsi
era stato rilasciato su cauzione — 15.000 sterline
egiziane, pari a circa 1.700 euro — dopo essere
stato interrogato per cinque ore. Il procuratore
generale aveva aperto un’inchiesta sul caso sulla
base di dodici querele di cittadini che si erano
detti «feriti psicologicamente» dalla sua satira
politica.
Dal canto loro, i Fratelli musulmani hanno attaccato gli Stati Uniti dopo le critiche del dipartimento di Stato americano in relazione alla vicenda. Il portavoce statunitense, Victoria Nuland,
aveva parlato di una «pericolosa tendenza nelle
limitazioni alla libertà di opinione in Egitto». È
una «palese interferenza» negli affari interni
dell’Egitto, ha commentato il partito Libertà e
Giustizia, braccio politico dei Fratelli musulmani.
Secondo Mohamed ElBaradei, uno dei leader del
Fronte di salvezza nazionale, la coalizione
dell’opposizione, «siamo alla continuazione delle
manovre brutte, ma fallite, di fermare la transizione democratica». Quello di Youssef è solo il più
noto di una serie di casi simili denunciati.
ma non, almeno stando alle ultime
indiscrezioni di stampa, il leader di
Seleka, Michel Djotodja, che si è
autoproclamato presidente, ha sospeso la Costituzione e ha sciolto il
Parlamento. Bozizé, in un’intervista
alla Bbc, ha anche accusato il Ciad
di aver sostenuto l’azione di forza
della Seleka, esprimendo peraltro
sorpresa, dati i buoni rapporti mantenuti negli ultimi anni tra il suo
Governo e quello di N’D jamena.
Secondo il presidente deposto, sarebbero state forze speciali ciadiane
a guidare il colpo di Stato di domenica 24 marzo, compreso l’attacco
ai militari sudafricani della missione
internazionale.
TEL AVIV, 3. Un raid sulla Striscia
di Gaza è stato compiuto nella
notte dall’aviazione israeliana.
Non vengono segnalate vittime.
L’azione è stata lanciata in rappresaglia per il lancio di razzi contro
Israele. Si è trattato del primo attacco aereo dopo la tregua tra
Israele e Hamas in seguito all’offensiva dello scorso novembre. Ieri un razzo lanciato dal territorio
palestinese controllato da Hamas
ha raggiunto il sud di Israele. Le
forze di sicurezza hanno registrato
altri colpi di mortaio e lanci di
razzi dalla Striscia, che però non
hanno colpito il territorio israeliano. Il ministero della Difesa ha
lanciato un monito contro il lancio di ordigni. «Israele ritiene Hamas responsabile per qualsiasi attacco da Gaza. Non permetteremo
che si assista al fuoco quotidiano
contro i nostri civili e le nostre
forze», ha detto il ministro, Moshe Yàalon, dopo il raid compiuto
da Israele. «Allo stesso modo —
ha aggiunto il ministro — la nostra
politica è che non abbiamo intenzione di ignorare il fuoco dal territorio siriano contro quello israeliano. Risponderemo anche se si
tratta di incidenti».
Sanguinosa
battaglia
nella città afghana
di Farah
KABUL, 3. È salito ad almeno sei
morti accertati e a settanta feriti il
bilancio tuttora provvisorio dell’assalto compiuto dagli insorti talebani contro un complesso pubblico a Farah, capoluogo dell’omonima provincia nell’Afghanistan sud-occidentale, una tra le
più instabili del Paese centro-asiatico. Lo ha riferito il governatore
provinciale Akram Ekhpelwak, secondo cui la maggior parte delle
vittime sono semplici civili. Un
commando formato da numerosi
talebani ha fatto irruzione nel cortile della struttura, aprendosi la
strada con il lancio di bombe a
mano e quindi sparando all’impazzata sui presenti. Ne è scaturita una battaglia con le forze di sicurezza durata oltre un’ora. Dal
canto suo un portavoce dei ribelli
afghani, Qari Mohammed Yousuf,
ha rivendicato l’attacco a nome
del proprio movimento, sostenendo peraltro che vi sarebbero stati
tra i sedici e i venti morti. Nel
frattempo, il presidente afghano,
Hamid Karzai, ha affermato che il
capo dei talebani, il mullah Omar,
ha il diritto di candidarsi alle presidenziali del prossimo anno.
L’apertura è giunta in un’intervista alla «Süddeutsche Zeitung» in
cui Karzai sostiene che il mullah
Omar «può essere un candidato
alla presidenza e offrire agli afghani la possibilità di votare o
meno per lui». Il presidente afghano ha attaccato l’occidente e
ha rivelato che «i talebani parlano
con noi, vengono da noi ogni
giorno. Questo è anche il loro
Paese, dovrebbero partecipare al
Governo».
Mentre appare ancora lontana la conclusione del conflitto nel nord
Commissione per la riconciliazione in Mali
Militari delle forze armate somale (Afp)
3.
Le
truppe
MO GADISCIO,
dell’Amisom, la missione dell’Unione africana in Somalia, hanno riaperto la maggiore arteria stradale
del Paese, quella che collega la capitale Mogadiscio alla grande città
meridionale di Baidoa. In una nota
dell’Amisom si specifica che è stata
ripristinata la sicurezza negli ultimi
sessanta chilometri della strada,
quelli che attraversano regioni per
anni rimaste sotto il controllo delle
milizie radicali islamiche ribelli di
al Shabaab. La liberazione della
strada «consente non solo libertà di
movimento per la popolazione, ma
riapre anche un’arteria essenziale al
passaggio delle merci e degli aiuti
umanitari», si legge nella nota
dell’Amisom.
Baidoa, una delle roccaforti di al
Shabaab, fu conquistata nel febbraio 2012 dalle truppe dell’Etiopia
intervenute in territorio somalo con
il dichiarato intento di mettere in
sicurezza la propria frontiera, così
come fecero mesi dopo le truppe
del Kenya, poi confluite nell’Amisom e protagoniste della riconquista
di Chisimaio, seconda città e secondo porto del Paese.
BAMAKO, 3. Mentre nel nord del
Mali appare ancora lontana la fine
del conflitto, nella capitale Bamako
si è cominciato a costituire una
commissione per il dialogo e la riconciliazione nazionale. A presiedere la commissione è stato designato
il diplomatico ed ex ministro Mohamed Salia Sokona. Nel nominarlo,
il presidente ad interim Dioncounda
Traoré gli ha affiancato come vice
presidenti una donna, Touré Oumou Traoré, leader del Coordinamento delle associazioni femminili
del Mali, e un esponente del popolo tuareg, Méti Ag Mohamed Rissa,
ufficiale in pensione del servizio
delle dogane, originario della regione settentrionale di Kidal.
Le loro nomine, che saranno seguite a breve da quelle dei trenta
commissari, sono state accolte positivamente dai partner internazionali
delle autorità di transizione maliane.
Di tappa importante verso la ri-
conciliazione politica ha parlato il
ministro degli Esteri francese Alain
Juppé.
«Quello che ci preoccupa è la pace nel Paese, la riconciliazione e
l’intesa tra fratelli e sorelle maliani
affinché tutti insieme ci rialziamo in
piedi per far fronte a tutte le sfide
che ci aspettano. È una grande responsabilità e una sfida», ha dichiarato Salia Sokona. Quello della
commissione non si annuncia come
un lavoro facile. Le popolazioni del
Mali, complesso mosaico di etnie,
culture e religioni, sono state messe
a dura prova nella crisi cominciata
nel gennaio 2012, quando i tuareg
del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad hanno cacciato
l’esercito governativo dal nord del
Paese, salvo dover poi cedere il controllo del territorio a gruppi armati
jihadisti, armati islamici, in gran
parte di provenienza straniera. Due
mesi dopo, un colpo di Stato milita-
re deponeva il presidente Amadou
Toumani Touré. All’inizio di quest’anno, dopo un tentativo di offensiva jihadista verso sud, è intervenuta in armi la Francia. L’operazione
delle truppe francesi, affiancate da
quelle della forza africana Misma e
dall’esercito governativo maliano, è
lontana dal potersi considerare vincente. I gruppi jihadisti confermano
ogni giorno un’alta capacità di colpire, sia con la guerriglia sia con attentati nelle città settentrionali in
teoria sottratte al loro controllo, come Timbuctu, Gao e Kidal.
Ad accrescere le difficoltà della
commissione contribuiscono anche i
diversi casi di violenze ai danni delle minoranze etniche arabe e tuareg
dei quali rapporti internazionali
concordi accusano le truppe governative. Sempre ieri, è incominciato
l’addestramento dell’esercito maliano da parte dell’Unione dei 550 specialisti inviati dall’Unione europea.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
giovedì 4 aprile 2013
La resurrezione di Borgo Sansepolcro rimanda alla ieraticità impersonale della tradizione cristiana orientale
Un bizantino
chiamato Piero della Francesca
di JEAN-PIERRE DE RYCKE
cristiani d’Oriente sono soliti dire che
Piero della Francesca è, tra tutti i pittori occidentali del Rinascimento, quello
che più si avvicina alle concezioni bizantine in termini di arte. Questa constatazione appare evidente quando si osserva
una delle opere più emblematiche del pittore
toscano: la Resurrezione, dipinta a fresco nel
suo paesino natale, Sansepolcro, già dal nome
predestinato a questo tema evangelico, a tal
punto che la celebre rappresentazione diventerà l’emblema moderno della città valtiberina, il
cui antico sigillo recava impressa l’immagine
della resurrezione.
Di datazione sconosciuta, si suppone tuttavia — essenzialmente per ragioni stilistiche —
che il dipinto murale di Piero si collochi nello
stesso arco cronologico del ciclo di Arezzo, il
cui inizio viene situato tra il 1450 e il 1460.
Bizantina dunque, o bizantineggiante, nella
misura in cui la figura impressionante e imponente del Cristo Pantocràtor rimanda molto
chiaramente alla ieraticità impersonale cara alla
rappresentazione di Gesù onnipotente nella
tradizione cristiana orientale, essa stessa di derivazione romana imperiale poiché Costantino-
I
Piero della Francesca, «Resurrezione» (XVI secolo)
poli, così ribattezzata dal primo imperatore
cristiano, era la capitale dell’impero d’O riente
prima di diventare quella dell’impero bizantino
propriamente detto.
Attraverso una serie di astuzie simboliche, la
scena definisce un programma allegorico fatto
di una duplice opposizione tra il risveglio e il
sonno, tra la vita e la morte. Così il contrasto
simultaneo tra il Cristo in maestà rivestito della toga e nel pieno possesso delle sue forze fisiche e i quattro soldati addormentati — fra i
quali, secondo un’antica tradizione, Piero stesso, che potrebbe avere al massimo una quarantina d’anni, confermando così la presunta fascia cronologica di realizzazione dell’opera —
dalle membra rilassate dal letargo e abbandonate al torpore dell’alba da una parte; e
dall’altra, tra gli alberi secchi e spogli rappresentati sulla sinistra dell’affresco e i loro omologhi frondosi sulla destra dell’immagine, in
un’evidente allusione al rinnovamento permanente della natura in forma di eternità.
La monumentalità verticale del busto atletico di Gesù — che afferma così la robustezza
del suo perfetto recupero fisico dopo la morte
(pensate al contrasto con la fragilità apparente
del corpo di Gesù nella Deposizione di Van der
Weyden) — fa eco all’orizzontalità classicheg-
Quel duello perennemente in corso
di GIORGIO ALESSANDRINI
Nato a Borgo Sansepolcro dove rimase fino
ai quindici anni, Piero della Francesca
mantenne sempre un saldo legame con la
terra d’origine dove quando poteva tornava
e dove fu pure gonfaloniere. Non sappiamo
se l’idea di ritrarre in affresco quel Cristo
che dal sepolcro risorge vivo e possente sia
stata sua o dei concittadini, sta di fatto che
quell’opera nata tra il 1450 e il 1460, non fu
pensata per un luogo di culto ma per il palazzo dei Conservatori, oggi museo civico,
come icona evocatrice del nome del piccolo
comune toscano. L’opera rivela già al primo sguardo il rigore geometrico della composizione dove le figure e i particolari si
collocano in uno spazio e in un ordine che
riveste valore simbolico. Tuttavia, per una
lettura adeguata dell’opera occorre una
qualche familiarità con la tradizione liturgica e con alcuni inni pasquali da cui Piero
di certo trae ispirazione. L’orizzonte del
quadro coincide col margine del sepolcro e
segna la linea di partizione tra la regione
superiore dove regna la luce e quella in penombra che accoglie la guardia dormiente.
Il contrasto suggerisce diverse contrapposizioni simboliche, da quella luce-tenebre a
quella delle coppie antagoniste morte-vita,
sonno-veglia, peccato-grazia. Di spalle alla
figura del Cristo che sorge con imperiosa
evidenza, il cielo si colora della luce del
giorno che nasce. Il Risorto che la tradizione vuole ammantato di bianco qui appare
avvolto in una sindone del colore del sole
nascente con cui si identifica come fonte
della luce che vince le tenebre. Il richiamo
all’inno pasquale dell’ufficio di lodi è palese: aurora lucis rutilat, caelum resultat laudi
bus (...) Cum rex ille fortissimus, mortis confractis viribus, pede conculcans tartara solvit
catena miseros, rosseggia di luce l’aurora,
suona di lodi il cielo, quando il re, il più
forte, infranti i poteri della morte, calcando
col piede l’abisso sciolse dai ceppi i miseri.
- Il piede che calca la pietra diventa espressione visiva dello slancio con cui il Risorto
victor surgit de funere. La guardia che giace
dormiente e inutilmente brandisce le armi è
un richiamo ulteriore alla lotta tra la vita e
la morte che Cristo ha affrontato e vinto
per noi: mors et vita duello conflixere mirando, dux vitae mortuus regnat vivus. Morte e
vita contesero in duello mirabile, il Signore
della vita pur morto regna vivo: canta così
la sequenza della messa di Pasqua che esul-
ta perché il gregge redento è sottratto al
peccato e alla morte. Osservando i dormienti si nota che due di loro giacciono col
capo che affaccia nel campo dove regna la
luce: come in attesa della parola che invita
a destarsi (Efesini, 5, 13). Secondo la partizione verticale l’affresco sviluppa un tema
ulteriore: dal lato a settentrione, perciò sulla destra rispetto al Cristo, sole che nasce
da oriente, il paesaggio è smorto e gli alberi spogli come d’inverno, mentre sulla sinistra, a mezzogiorno, la vegetazione è fiorente come in estate. L’evento della Resurrezione segna dunque il passaggio del
mondo dall’antica alla nuova stagione e,
ancora una volta dalla morte alla vita; Paolo parla del gemito della creazione stessa
«nelle doglie del parto», protesa verso la
rivelazione dei figli di Dio (Romani, 8, 23).
giante del sepolcro propriamente detto,
dall’aspetto di un sarcofago antico con modanature e pannelli in marmo policromo.
È interessante paragonare questo dispositivo
scenico con quello, leggermente precedente
perché datato 1447, che Andrea del Castagno
aveva dipinto per Sant’Apollonia. Pur con minore rigidità nel trattamento volumetrico e
maggiore libertà nella postura dei personaggi,
questa composizione sembra prefigurare chiaramente quella di Piero.
D’altronde sembra che non fosse la prima
volta che Piero s’ispirava più o meno direttamente all’audacia grafica o compositiva del
suo collega (anche lui in passato aiutante di
Domenico Veneziano) e suo contemporaneo,
dalla sensibilità chiaramente più espressionista
(una forma di “terribilità” michelangiolesca ante litteram) e avanguardista della sua. Ne è già
prova la figura centrale di Oddantonio da
Montefeltro nella Flagellazione di Urbino, il cui
modello e il cui drappeggio sembrano simili a
quelli delle figure eroiche dipinte da Andrea
per Villa Carducci a Legnaia.
Collocata un tempo, così sembra, di fronte
all’ingresso dell’antica sala del Consiglio comunale di Sansepolcro, la figura di Piero, incutendo timore, doveva avere la duplice funzione di “accoglienza” e di messa in guardia o
dissuasione, di tutela benevola anche verso i
rappresentati della città nel compimento del
loro dovere di amministrare il bene pubblico.
Immagine per eccellenza della “vigilanza”, della continuità e della stabilità della “cosa comune”, essa ricordava loro costantemente, con la
sua austerità e la sua severità “antica”, la presenza tangibile e implacabile del Redentore-testimone — vero Dio vivo — dietro ogni minimo
atto pubblico compiuto per il bene di tutti i
cittadini.
Un’antica iscrizione in lettere maiuscole romane — oggi praticamente illeggibile ad eccezione delle due parole HUMAN (M)ORTE — alludeva forse al tema ricorrente della redenzione
associata alla Passione di Cristo. A meno che
questa non rimandi piuttosto al messaggio subliminale essenzialmente contenuto nell’illustrazione evangelica: quello di un autentico
“trionfo” secondo lo stile romano: del bene sul
male, della giustizia sulla corruzione, della vita
sulla morte, come proclama con fierezza lo
stendardo della resurrezione con la croce rossa
innalzato come un giavellotto dall’atleta militante di Dio.
Sessantanove anni fa veniva ucciso don Giuseppe Morosini, il sacerdote romano che salvò centinaia di ebrei
Primula rossa in tonaca
to dell’amico Marcello Bucchi, avendo appreso che nella chiesa di Santa
Maria in Campitelli si erano rifugiati
una sessantina di ebrei per sfuggire
alla retata, corse immediatamente a
prelevarli con due camioncini, per
condurli a Monte Mario e nello stesso Collegio Leoniano al riparo da
occhi indiscreti.
Sul finire di ottobre di quello stesso anno iniziò a collaborare perfino
con il monsignore irlandese Hugh
O’Flaherty, la famigerata “primula
rossa” del Vaticano, che all’epoca
guidava un’organizzazione clandestina che si occupava di assistere i militari anglo-americani, nonché del salvataggio dei prigionieri alleati fuggiti dai vari campi di concentramento
e degli ebrei, nascondendoli in vari
conventi dell’Urbe, a Castel Gandolfo e nella sua vecchia scuola di Propaganda Fide. Dopo essere stato
cappellano militare del quarto reggimento d’artiglieria di stanza a Laurana, all’epoca in provincia di Fiume, all’indomani dell’armistizio don
Giuseppe Morosini aveva aderito alla banda “Fulvio Mosconi” di Monte Mario alle dirette dipendenze del
Fronte clandestino militare di Giuseppe Cordero Lanza di
Montezemolo, incaricandosi di trasportare armi,
viveri e consegnare messaggi nelle borgate delle
vie Cassia, Appia e Casilina.
Tuttavia, proprio per
questa sua attività, il 4
Costantino non fu il padre
gennaio del 1944, subito
dell’intolleranza religiosa. L’affermazione,
dopo
aver celebrato la
tanto netta quanto fondata, è l’efficace
Messa presso il collegio
titolo sul «Corriere della Sera» del 3 aprile
Leoniano, fu catturato
di un lungo e brillante articolo in cui
da una pattuglia di SS
Paolo Mieli tratta della fondamentale
al comando del tenente
questione storica legata al primo
Haut, grazie alla soffiata
imperatore apertamente cristiano.
di un infiltrato della GeFondandosi sul libro di Massimo Guidetti
stapo tra i partigiani di
Costantino e il suo secolo (Jaca Book) e sui
Monte Mario, tale Dantre volumi dell’imminente Enciclopedia
te Bruna, un giovane
costantiniana edita dall’Istituto
commerciante che, messo
dell’Enciclopedia Italiana, Mieli ripercorre
da parte il suo mestiere,
con intelligenza la vexatissima quaestio
aveva scelto quello di
storiografica legata al sovrano che Santo
delatore, più redditizio
Mazzarino definì «l’uomo politico più
in tempi così critici, in
rivoluzionario della storia d’Europa» e che
combutta con l’ufficiale
fu decisivo per le sorti del cristianesimo.
della polizia dell’Africa
di GIOVANNI PREZIOSI
Il 3 aprile di sessantanove anni fa,
all’alba del Lunedì Santo, veniva
barbaramente trucidato presso il
Forte Bravetta, tra la via Aurelia e la
via Portuense a Roma, un giovane
sacerdote vincenziano di appena 31
anni, caduto in un’imboscata, accusato di «aver esercitato traffico d’armi e spionaggio» a beneficio degli
anglo-americani, il suo nome era
don Giuseppe Morosini. Proprio in
quel periodo, infatti, molti religiosi
diedero il loro contributo alla Resistenza nascondendo prigionieri alleati, disertori tedeschi, ebrei e partigiani di ogni colore politico. Neanche don Morosini si sottrasse a quest’opera encomiabile tant’è che, come racconterà negli anni successivi
padre Giuseppe Menichelli, da una
piccola porta del Collegio Leoniano
dove risiedeva, «faceva passare
dall’ospedale militare» allestito in
un’ala del Collegio «patrioti, ebrei e
persone da nascondere ai tedeschi».
Inoltre, il 21 ottobre 1943, pochi
giorni dopo l’ignobile rastrellamento
del ghetto ebraico di Roma ad opera
dei nazisti, don Giuseppe, con l’aiu-
Costantino
il rivoluzionario
Italiana Domenico Campani. Alcuni
giorni dopo l’arresto di don Morosini, per la precisione il 12 gennaio, su
sollecitazione dello zio don Luigi,
parroco della Chiesa di Sant’O nofrio, il fratello Salvatore decise di rivolgersi al superiore generale dei salvatoriani padre Pancrazio Pfeiffer
per persuaderlo ad interporre i suoi
buoni uffici presso le autorità tedesche, con le quali aveva da tempo allacciato buoni rapporti. «Ma non so
quello che si potrà fare. È grave… è
grave», replicò costernato padre
Pfeiffer il quale, nel frattempo era
riuscito a carpire preziose informazioni dal capitano del controspionaggio tedesco Ferdinand Thun Von
Hofenstein. Poi, fissando negli occhi
il suo interlocutore, allargò le braccia esclamando laconicamente: «Sta
nelle mani di Dio». Il 22 febbraio
successivo, infatti, si celebrò il processo a carico del giovane prete vincenziano e di Marcello Bucchi che
in realtà si rivelò un’autentica farsa.
Il dibattimento, infatti, non durò
più di mezz’ora perché il giudice
aveva già deciso la sentenza. Venne
confermata l’accusa e disposta la reclusione nel terzo braccio di Regina
Coeli, cella numero 382.
Quindi, a distanza di alcuni giorni, don Giuseppe Morosini fu nuovamente trasportato a via Lucullo,
presso l’Hotel Flora e negli uffici
della Gestapo, al Viminale, per essere sottoposto a lunghi ed estenuanti
interrogatori che duravano a volte
anche più di quattro ore di fila nel
corso dei quali seppe mantenere
sempre un orgoglioso contegno di
fronte alle violente minacce alternate
da sottili blandizie che, di volta in
volta, gli venivano rivolte allo scopo
di estorcergli il nome del militare
della Wehrmacht che gli aveva consegnato una copia del piano di
schieramento delle forze tedesche
nei pressi di Cassino.
Nonostante le minacce e le dure
percosse, le SS non riuscirono a cavare un ragno dal buco, perché don
Giuseppe Morosini riuscì a resistere
stoicamente senza lasciarsi sfuggire
neanche una parola. A quel punto
l’avvocato difensore, Otto Vinatzer
— tra l’altro da anni legale di fiducia
anche di padre Pancrazio Pfeiffer —
nominato d’ufficio dal Comando tedesco, chiese per l’imputato una perizia psichiatrica, evidentemente nel
disperato tentativo di attribuire la
“colpa” dell’accaduto all’indole particolarmente esuberante del giovane
sacerdote.
Tuttavia, ogni tentativo di salvargli la vita si rivelò vano anche dopo
quello
compiuto
dal
direttore
dell’ospedale provinciale psichiatrico
di Roma, Francesco Bonfiglio che,
su incarico del superiore del Collegio Leoniano, padre Giuseppe Zeppieri, il 25 febbraio 1944 provvide a
far pervenire al Comando germanico
un circostanziato referto medico nel
quale si leggeva tra l’altro: «Il Morosini, soggetto di intelligenza elevata, ha fatto gli studi ecclesiastici, ha
imparato a suonare il piano e l’organo ed a comporre musica. Di carattere volubile, facile a lasciarsi suggestionare dagli altri ed a cambiare di
idee e di sentimenti, ha menato sempre una vita irregolare; disordinato,
insofferente della disciplina religiosa,
inosservante delle regole e degli orari della Comunità, trascurante spesso
dei suoi doveri, è stato sempre la disperazione dei suoi Superiori che lo
hanno tollerato perché ne riconoscevano il temperamento morboso. Tuttavia si è dovuto cambiare di Casa
religiosa per ben tre volte. Di umore
abitualmente allegro, ma molto mutevole, ha sempre presentato varie
alternative fra periodo di esaltazione
affettiva con euforica iperattività, irrequietezza motoria e periodi di depressione con abulia, inattività, prostrazione profonda, idee nere. In seguito ha sofferto di tanto in tanto di
eccessi di violenta cefalea e dai 20
anni in poi, a lunghi intervalli, va
anche soggetto a capogiri, a svenimenti, ad “assenza”, e talvolta anche
a brevi accessi durante i quali perde
la coscienza della situazione in cui si
trova e si sente trasportato come in
un altro mondo. Da quanto sopra
esposto risulta che il padre Giuseppe Morosini è uno psicopatico costituzionale come è soprattutto comprovato dalla anormalità del suo carattere e dal disordine della condotta
dimostrati nella vita ecclesiastica e
Un’immagine di don Morosini. Sullo sfondo, il documento della sua condanna a morte
dalle note obiettive dismorfiche e
neurologiche da me notate. Attualmente il padre Morosini trovasi in
fase distimica di tipo ipomaniacale,
la cui morbosità è chiaramente comprovata dallo stato di euforia, di
fluidità del pensiero e di iperattività,
contrastante con la tragica situazione
in cui egli si trova. Possiamo pertanto formulare nel padre Giuseppe
Morosini la diagnosi di Costituzione
psicopatica con epilessia e ciclotimia».
Ad ogni modo, malgrado non fosse stato accertato l’uso di armi da
parte dell’imputato, don Morosini fu
comunque condannato a morte,
mentre a Marcello Bucchi fu comminata una pena di dieci anni di reclusione da scontare in Germania. Anche se poi il 24 marzo 1944, in seguito all’attentato in via Rasella in cui
persero la vita 33 soldati tedeschi, fu
incluso nella lista con altri 334 detenuti per essere trucidato nella rappresaglia delle Fosse Ardeatine, nonostante i pressanti appelli da parte
della Santa Sede per evitare un inutile spargimento di sangue.
Anche Pio XII, infatti, si prodigò
per salvare la vita al giovane prete
incaricando, come di consueto, padre Pancrazio Pfeiffer di perorare la
causa di don Giuseppe presso il feldmaresciallo Kesselring, il quale subito telefonò ad Hitler per metterlo
al corrente dell’intervento del Papa.
Il Führer, tuttavia montò su tutte le
furie divenendo ancora più irremovibile, al punto che ordinò addirittura
di anticipare l’esecuzione del sacerdote.
Al termine dell’istruttoria, affidata
al giudice Alfredo Leboffe questi
pronunciò la sentenza di condanna a
morte nei confronti di don Giuseppe
Morosini, disponendo che sarebbe
stata eseguita all’alba del 3 aprile
1944 nei pressi del Forte Bravetta.
Prima di comparire davanti al plotone d’esecuzione, il giovane prete vincenziano, alle 4 del mattino, volle
celebrare la sua ultima Messa insieme al cappellano di Regina Coeli,
monsignor Cosimo Bonaldi. Quindi,
alle sei in punto, accompagnato dal
vicegerente del Vicariato, monsignor
Luigi Traglia — dal quale era stato
ordinato sacerdote a San Giovanni
in Laterano nel 1937 — fu condotto
sul luogo del supplizio dove, dopo
aver baciato per l’ultima volta il
Crocifisso, rivolgendosi al prelato
esclamò: «Ringrazio il Santo Padre
per quanto ha fatto per me. Offro la
mia vita per Lui, per la pace, per
l’Italia».
Quindi, alle ore 8 in punto, fu
bendato e legato ad una sedia per
essere giustiziato. Mentre stava per
esalare l’ultimo respiro trovò il tempo per benedire il plotone d’esecuzione pronunciando le parole del
Cristo sulla croce: «Dio, perdona loro: non sanno quello che fanno».
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 4 aprile 2013
pagina 5
Una piccola folla variopinta aspetta l’esito dell’elezione annunciata con il linguaggio degli antichi Sioux
L’incontro al bar
L’«habemus papam» visto da un paesino vicino Assisi dove Francesco fu fatto prigioniero
nuncio che una quarantina di occhi
mi trafiggono con interrogativi che
si accavallano. «Cosa ha detto? Chi
è il Papa? Non s’è capito niente».
Se nessuno ha capito il nome del
cardinale eletto Papa, quasi tutti capiscono che ha scelto il nome di
Francesco, e la gente impazzisce.
ston, ma non oso far nomi. Sono
«Ha detto Francesco? Ha detto che
troppi quelli entrati nella cappella
si chiamerà Francesco?». «Sì, sì, ha
Sistina come “papi”; e, sapendo che detto che si chiamerà Francesco.
molti usciranno cardinali (come sem- Bello! Come il nostro san Francesco;
pre avviene), dico soltanto che è bello, è bello. Viva il Papa, viva il
l’avremmo scoperto insieme.
Papa».
«Ecco, aprono la finestra», dice
«Calma; se mi fate parlare vi dirò
una donna ogni volta che vede muo- qualcosa di più. Il nuovo Papa è
versi un’ombra dietro la tenda della l’argentino Jorge Mario Bergoglio,
Loggia delle Benedizioni, inquadrata un gesuita “arrivato secondo” otto
da una telecamera fissa, impaziente anni fa, quando fu eletto Benedetto
di uno scoop in mondovisione. Ma XVI. È figlio di emigrati italiani,
la tenda è rigida, inamidata.
quindi nelle vene gli scorre un po’
del nostro sangue».
«Mi fa piacere, Padre
Dalla Loggia delle Benedizioni
— dice uno dei poliziotti
— ma perché hanno scelsi accende finalmente una luce
to proprio un gesuita?».
La folla ammutolisce
«Mah! Questo si dovrebbe chiedere allo SpiEcco Papa Bergoglio che saluta
rito Santo, perché mai
il mondo con un “buonasera”
come in questo conclave
che tanti davanti al bancone ricambiano mi pare che il vincitore
sia proprio lui. Quindi
vedrete che tutto andrà
Finalmente si accende una luce. bene».
«Eccoci, ci siamo», diciamo tutti inNon appena «Papa Francesco»
sieme. Infatti la tenda si apre, la fi- appare sulla loggia, la sala ammutonestra è spalancata, e compare l’esile lisce e tutti possiamo sentire l’amifigura del cardinale Protodiacono chevole «buonasera» con cui saluta
Jean-Louis Tauran che annunzia il la Piazza e che nel bar molti ricam«gaudium magnum», per tutta la biano, come se Papa Francesco fosse
Chiesa. Ha appena terminato l’an- lì, a prendere un caffè con noi.
Pubblichiamo il primo capitolo tratto dal volume «Dio ha fatto gol». Papa
Francesco, appena uscito (Todi, Tau Editrice, 2013, pagine 57, euro 5) che il direttore responsabile della rivista «Continenti» della Conferenza italiana ministri
provinciali cappuccini, nostro collaboratore, ha dedicato al nuovo Pontefice, subito
entrato nel cuore della gente che vuole incontrare Cristo, perché «non le basta sentirne parlare».
di EGIDIO PICUCCI
bianca, la fumata è bianca: abbiamo il nuovo
Papa». La notizia mi arriva
mentre sto percorrendo in macchina
la E7 Perugia-Cesena e mi sto avvicinando ad Assisi.
Non volendo perdere un’occasione così importante come la nomina
di un Papa, annunciata, in tempi di
altissima tecnologia, con il linguaggio degli antichi Sioux, mi fermo al
primo bar che incontro per vedere la
cerimonia in tv.
Piove a dirotto e nel bar c’è solo
la ragazza al bancone. Ma, pian piano, il bar si riempie: arrivano tre
giovanotti, una ragazza che compra
un sacchetto di patatine, tre signore
infreddolite, due poliziotti, uno straniero, una donna con due bambini.
Ovviamente non passo inosservato e un signore mi chiede: «Padre,
chi sarà il nuovo Papa? Sarà italiano
o straniero? Vedo che lei è un francescano: sta facendo il tifo per Sean
Patrick O’ Malley?».
Rispondo come posso, non nascondendo una certa simpatia per il
mio confratello arcivescovo di Bo-
«È
Il poliziotto si avvicina di nuovo e
mi dice: «Padre sono contento che il
nuovo Papa sia un argentino, perché
viene da un popolo che ha sofferto
molto, soprattutto al tempo del generale Rafael Videla, quando la gente spariva come le carte in mano a
un prestigiatore. Ricorda i desaparecidos? E poi la crisi economica di
qualche anno fa, che coinvolse anche
un mio parente. Sono veramente
contento».
«Sì, ricordo; ma io non ho dimenticato neppure le madri di Plaza de
Mayo», aggiungo stringendogli la
mano.
Al momento della benedizione sono tutti in piedi e tutti fanno un bel
segno di croce. Anche lo straniero.
Il mio “incontro” con Papa Francesco è avvenuto così, in un bar a
due passi da Collestrada, il luogo in
cui Francesco venne fatto prigioniero durante la guerra tra Assisi e Perugia.
Arrivo ad Assisi poco prima di
mezzanotte, mentre la pioggia flagella il sacro convento, la basilica e
il campanile illuminato a festa. C’è
ancora l’eco delle campane che hanno suonato a distesa, ma la piazza e
le strade sono vuote.
Fa niente: c’è Francesco, tornato
dopo 800 anni nella persona di un
Papa che non è mai stato ad Assisi,
ma che non potrà fare a meno di venirci presto per incontrarlo sul colle
del Paradiso, dove el aire es bueno
come a Buenos Aires, la città da cui
il Papa viene.
I Musei Vaticani presentano un’installazione dedicata alla ricostruzione della sepoltura Regolini-Galassi di Cerveteri
Tombe etrusche in 3D
di MAURIZIO SANNIBALE
Il momento irripetibile della scoperta di un sepolcro antico inviolato ha da sempre costituito un’esperienza emotiva fondamentale nell’uomo di scienza come nel
letterato e nell’artista
che ebbero la fortuna
di viverlo. Siano stati
questi racconti veri o
inventati, gli istanti
in cui un mondo lontano secoli o millenni
si disvela, per poi immancabilmente polverizzarsi sotto gli
sguardi impotenti degli attoniti
scopritori, è divenuto un genere
letterario prima
ancora che cinematografico, basti pensare alla
testimonianza di
Carlo
Avvolta
nel 1823 nello
scoprire la celebre tomba eponima a
Corneto-Tarquinia, oppure alle Memorie di un antiquario di Augusto
Jandolo (1873-1951) pubblicate nel
1935 e infine al film Roma di Fellini.
Massimo Pallottino, fondatore
della moderna etruscologia, scriveva
nel suo articolo «Scienza e poesia
alla scoperta dell’Etruria» del 1957:
«Gli studi etruscologici ed il “romanzo etrusco” della cultura contemporanea sono, è vero, due realtà
diverse e distinte. Ma l’etruscologo
non può ignorare del tutto la suggestione che l’oggetto dei suoi studi
esercita così diffusamente sul mondo
della cultura. Egli deve, anzi, rispondere a questo richiamo, accoglierne
la sollecitazione emotiva e non temere il contagio dell’entusiasmo. In
questo senso le vie divergenti si ricongiungono; e la scienza può riconoscere ancora una volta il suo debito alla poesia».
Non è forse esagerato affermare
che scienza e “poesia” ora si incontrano nelle sale del Museo Gregoriano Etrusco, una delle sezioni dei
Musei Vaticani, a conclusione di un
innovativo progetto sperimentale denominato “Etruscanning”, che ha visto impegnate diverse istituzioni e
competenze in campo internazionale
nell’ambito di un progetto europeo
(Framework Culture 2007), inteso ad
applicare tecnologie innovative per
la digitalizzazione e la comunicazio-
Cerveteri, Tomba Regolini-Galassi. Fibula
da parata in oro. Città del Vaticano,
Museo Gregoriano Etrusco. Foto Musei Vaticani
ne al pubblico di alcuni aspetti della
civiltà etrusca.
Come partner del progetto, coordinato dall’Allard Pieson Museum
di Amsterdam, figurano il Museo
Nazionale di Antichità di Leiden, il
Museo Gallo-Romano di Tongeren
in Belgio, l’ Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali del
Consiglio Nazionale delle Ricerche
di Roma, la società Visual Dimension di Ename in Belgio e — come
partner associati — il Reparto per le
Antichità Etrusco-Italiche dei Musei
Vaticani e la Soprintendenza per i
Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale. Hanno aderito il Cnr-Isma
(Consiglio Nazionale delle Ricerche
- Istituto di Studi per il Mediterraneo Antico) e il Museo dell’Agro
Veientano del Comune di Formello.
A conclusione della fase del progetto
incentrata sulla Tomba Regolini-Galassi della necropoli del Sorbo a
più ricchi e significativi per il perioSi può dire che dalla scoperta in
do orientalizzante in Etruria, feno- poi, ogni epoca si è riflessa nella
meno culturale ed artistico di vasta rappresentazione e nell’interpretazioportata che tra il 730 e il 580 prima ne di questa tomba, partendo dai didell’era cristiana coinvolgerà le cul- segni ottocenteschi e dalla foto con
ture più evolute del Mediterraneo la signora vestita all’etrusca dei priantico in uno straordinario processo mi anni del Novecento, sino a giundi acquisizione e rielaborazione di gere ai nostri giorni. La ricostruziomotivi di origine vicino orientale. Il ne virtuale in 3D non è stata quindi
pregio della tomba non si esaurisce una semplice finzione di “viaggio
solo sul piano estetico: da essa emer- nel tempo” attraverso uno strumento
gono aspetti formali legati al rituale didattico relativamente sofisticato;
funerario ed elementi simbolici, ha permesso invece di verificare la
esemplificativi della complessa ceri- coerenza delle documentazioni promonialità che accompagnava nella dotte all’epoca della scoperta, per
vita, come nella morte, i principi restituire al monumento vuoto il coretruschi.
Questa complessità
di elementi, nonché
Non possiamo ignorare del tutto
la stessa natura mul— scriveva il fondatore dell’etruscologia
ticulturale emersa già
dal primo esame del
moderna Massimo Pallottino —
corredo, che riportala suggestione che questo antico popolo
vano all’antico Egitto
e al mondo levantino,
esercita nel mondo della cultura
attrassero immediatamente l’interesse della cultura del primo
Ottocento. Fu per questo che, diver- redo in esso rinvenuto nei suoi rapsamente dalla pratica corrente, il porti spaziali e simbolici, per quanto
corredo non fu smembrato per esse- possibile. Pur restando margini di
re venduto separatamente e fu redat- incertezza, è stato il modo per sperita — anche se a posteriori — una do- mentare una tecnica.
L’architettura della tomba è stata
cumentazione sulla sua consistenza e
disposizione all’interno della tomba. acquisita con laser scanner ed è stata
Si trattò, forse, di uno dei primi casi ricostruita in 3D come doveva appadi documentazione di un complesso rire subito dopo la sua chiusura. Anarcheologico, secondo una prassi che che gli elementi del corredo, oggi vidiverrà canonica solo nella seconda sibili nella vetrina e inevitabilmente
destrutturati dalla musealizzazione,
metà dell’O ttocento.
sono stati ricostruiti in 3D attraverso
tecniche di fotogrammetria e computer grafica, proponendo infine anche
una complessa operazione di restauro digitale.
L’elemento più innovativo dell’applicazione, mutuata dalla tecnologia
dei videogame che per la prima volta viene applicata alla fruizione di
La Libreria Editrice Vaticana presenta due novità editoriali.
un bene culturale, è costituito
In primo luogo l’edizione artistica dell’ultimo volume delle
dall’uso di interfacce di interazione
catechesi di Benedetto XVI. L’opera, intitolata Nell’anno delnaturale. Con il solo movimento del
la fede (Città del Vaticano, 2013, pagine 176, euro 24) raccocorpo e semplici gesti intuitivi, il viglie le 19 catechesi pronunciate nel corso delle udienze gesitatore può esplorare lo spazio riconerali del mercoledì tra il 10 ottobre 2012 e il 27 febbraio
struito virtualmente e avvicinarsi agli
2013 e affianca al testo un ricco apparato iconografico.
oggetti che, estrapolati e animati,
Il secondo volume — curato dal segretario generale del
narrano la propria storia in una finSinodo dei Vescovi, arcivescovo Nikola Eterović — è intitozione spazio-temporale. Se a questo
lato Sinodi continentali. I Consigli speciali del Sinodo dei veaggiungiamo gli effetti di sonorità
scovi (Città del Vaticano, 2013, pagine 502, euro 24) e deevocativa della musica antica, dei ruscrive l’attività dei Consigli speciali continentali dal 2004 al
mori della vita reale, cui si sovrap2012, restituendo un affresco della vita della Chiesa in luopone la luce tremula delle fiaccola
ghi lontani tra loro con le loro diverse caratteristiche, ed
che illumina i passi dell’esploratore
evidenziando la comunione dei pastori delle Chiese locali
virtuale, si giunge a una sobria teatralità fortemente suggestiva, che ricon il vescovo di Roma.
Cerveteri, il 4 aprile 2013, alle ore
10,30, presso i Musei Vaticani viene
presentata per la prima volta la
versione integrale dell’applicazione, in stretta correlazione
con gli oggetti del corredo
funerario realmente presenti nel Museo Gregoriano Etrusco. Inclusa
entro un tumulo monumentale, fu scoperta
ancora
intatta
nell’aprile del 1836
con il suo fastoso corredo di oreficerie, vasi
e arredi in bronzo, ceramiche e — dopo circa
due anni di
trattative con il
governo pontificio — il suo
corredo fu acquistato per le
collezioni vaticane e da allora è esposto
nel
Museo
Gregoriano
Etrusco,
che
nel frattempo era stato inaugurato
nel febbraio del 1837.
Il contesto topografico e paesaggistico della necropoli appare oggi irrimediabilmente
compromesso.
Scomparso il tumulo, di cui restano
le ricostruzioni di fantasia del Canina, la Regolini-Galassi rimane
tutt’oggi visibile nella sua architettura interna costruita a blocchi e in
parte scavata nella roccia. Con il suo
corredo costituisce uno dei contesti
Due novità
della Libreria Editrice Vaticana
calca con tecniche e forme nuove
un’ambientazione
già
presente
nell’originaria concezione del Museo
di Gregorio XVI.
In esso la ricostruzione di una
tomba etrusca costituiva lo sfondo
emotivo dell’asettica museografia ottocentesca, così come avevano fatto i
fratelli Campanari nella loro mostra
a Londra, contemporaneamente alla
fondazione del Museo Etrusco in
Vaticano. L’impatto emotivo ed estetico di quella esperienza portò alla
riscoperta degli etruschi da parte di
autori e viaggiatori come Elizabeth
Hamilton Gray e George Dennis (e
poi da David Herbert Lawrence nei
tardi anni Venti del Novecento), affascinati dai luoghi ma anche dalla
“diversità” di un popolo scomparso.
Oggi questo viaggio si configura
come un dialogo a distanza nel tempo con la diversità. Non è più solamente il visitatore occidentale che riflette sul passato della propria civiltà
formatasi attraverso l’interazione tra
culture diverse. Sono anche le donne
e gli uomini delle varie culture del
mondo attuale che con una “semplice” visita a un museo, rapportandosi
con diversità antiche e contemporanee, gettano in qualche modo un
ponte per l’incontro e il viaggio
dell’umanità futura.
I mercoledì
di Tiziano
In occasione della mostra
«Tiziano», che si tiene alle
Scuderie del Quirinale, al
Palazzo delle Esposizioni si
tiene una serie di incontri
denominata «I mercoledì di
Tiziano». Fino al 17 aprile
diversi storici dell’arte offriranno ai visitatori l’occasione per conoscere, da diverse
prospettive, la figura del
grande artista. Mercoledì 3
aprile, alle ore 18.30, l’appuntamento è con Antonio
Paolucci, direttore dei Musei
Vaticani. La grande civiltà
figurativa italiana è stata veneziana in larga e decisiva
misura. Dopo le mostre su
Antonello da Messina, Giovanni Bellini, Lorenzo Lotto
e, prima ancora, su Dürer,
non poteva quindi mancare
una riflessione su Tiziano.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
Messa del Patriarca di Gerusalemme dei Latini
L’evangelizzazione
dalla Terra Santa
GERUSALEMME, 3. La nuova evangelizzazione per essere efficace non
può non partire da Gerusalemme.
E dall’esempio della sua prima comunità cristiana. È quanto, in sostanza, ha detto il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal,
nell’omelia della messa del giorno
di Pasqua presieduta nella basilica
del Santo Sepolcro. Un rito solenne, nel corso del quale il presule ha
ricordato come «il Signore ci invita
a portare la luce della fede al centro
della regione del Medio Oriente».
Rinnovando, al contempo, l’invito
a visitare i luoghi santi rivolto a
tutti i pellegrini del mondo, «a partire da quello più atteso, il nostro
Papa Francesco».
Nella sua riflessione il Patriarca
Twal ha ovviamente sottolineato come la risurrezione sia «il centro della fede cristiana». Tuttavia, tale festa, ha ricordato, viene celebrata in
date diverse da cattolici, ortodossi e
protestanti. «È per questo — ha aggiunto — che nella nostra diocesi di
Terra Santa abbiamo deciso, con
l’eccezione di Gerusalemme e di
Betlemme, di considerare la data di
Pasqua dei cattolici secondo il calendario giuliano affinché le famiglie di confessioni miste possano
celebrare questo mistero insieme.
Come già avviene in Giordania, in
Siria e in Egitto. Una celebrazione
comune solenne e gioiosa della risurrezione del Signore da parte di
tutti i cristiani in Terra Santa può
divenire una testimonianza credibile
e autentica dell’appello di Cristo alla comunione, e della nostra risposta a questa chiamata».
Quella di unificare la data della
Pasqua non è certamente una decisione facile, «tuttavia è un primo
passo verso la piena unità che dobbiamo avere sempre a cuore nelle
nostre preghiere». Soprattutto, «in
questo Anno della fede, che si presta molto bene a questa sfida, c’è
bisogno di ravvivare la nostra fede
e il nostro entusiasmo». Anche perché, ha aggiunto il presule, «l’evangelizzazione, attraverso la carità,
l’amore per il prossimo e la sempli-
cità, sembra essere una priorità anche per il nostro nuovo Papa Francesco. Il nostro Papa argentino viene da un continente che conta il 40
per cento dei cattolici di tutto il
mondo, in cui però la posizione
della Chiesa è contestata da gruppi
evangelici e i rapporti con il mondo
politico sono un po’ tesi. Lo Spirito
Santo che ha sconvolto tutte le previsioni, ci ha donato un Papa la cui
opera si trova da diversi anni in linea con gli orientamenti dell’ultimo
sinodo sulla “nuova evangelizzazione”».
Il Patriarca Twal ha quindi sottolineato come «il Signore invita noi
cristiani a essere luce per il mondo,
a portare la luce della speranza in
mezzo alla violenza, alla sofferenza,
alle guerre, alle ingiustizie. Egli ci
invita a portare la luce della fede
nella nostra regione del Medio
Oriente, lì dove il cristianesimo è
nato, dove è nata la Chiesa madre
di Gerusalemme, dove è nato ogni
cristiano. È per questo che la nuova
evangelizzazione, per essere moderna ed efficace, deve ripartire da Gerusalemme».
Ripartire dalla prima comunità
cristiana, «assidua nella lettura della Parola di Dio, nello spezzare il
pane e nella solidarietà». Ripartire
da quella prima comunità «radicata
nella persona di Cristo, che aveva
una causa per cui essere disposti ad
affrontare ogni sacrificio fino al
martirio». In questo senso, «il pellegrinaggio in questi luoghi è
un’occasione di incontro personale
con Gesù».
Certo, ha affermato, «la nostra
Chiesa vive in un Medio Oriente
che soffre». Tuttavia, «al nostro
“piccolo gregge” desidero ripetere
ancora una volta che la festa della
risurrezione è un motivo di speranza per un mondo afflitto da profonde tragedie spesso causate dalla
violenza umana. A Pasqua le croci
della nostra vita non sono sparite.
Dio non le ha eliminate, ma ha
aperto un cammino in mezzo alla
sofferenza e vuole aprirlo ogni giorno per noi».
giovedì 4 aprile 2013
Messaggio pasquale dei vescovi argentini
Ad aprile e maggio
Per prendersi cura
di ognuno
Le celebrazioni
presiedute
dal Santo Padre
Francesco
Aprile
7 II D OMENICA DI PASQUA
(o della Divina Misericordia)
Basilica di San Giovanni in Laterano, ore 17.30. Cappella Papale.
Insediamento del Vescovo di Roma sulla Cathedra Romana. Santa
Messa.
14
D OMENICA
III
PASQUA
DI
Basilica di San Paolo fuori le Mura, ore 17.30. Santa Messa.
21
D OMENICA
IV
PASQUA
DI
Basilica Vaticana, ore 9.30. Ordinazione presbiterale. Santa Messa.
BUENOS AIRES, 3. Più dialogo e meno attriti per rafforzare l’amicizia
sociale e costruire un Paese più giusto, fraterno e solidale, che sia “casa
per tutti” e non solo per pochi.
Questo, in sintesi, il messaggio di
Pasqua che i vescovi argentini hanno rivolto a tutto il Paese, invitando
a optare per i poveri, come richiesto
da Papa Francesco fin dall’inizio del
suo ministero petrino: una Chiesa
povera e per i poveri.
«Noi argentini — ha detto monsignor José María Arancedo, arcivescovo di Santa Fe de la Vera Cruz —
dobbiamo compiere gesti di grandezza e di incontro, che ci permettono di superare le offese e il discredito per rafforzare i legami di appartenenza e di affetto civili. Che la
Pasqua sia un invito alla fratellanza
e alla speranza, per amare tutti, senza escludere nessuno, dando priorità
ai più poveri e perdonando coloro
che ci offendono, rifiutando l’odio e
costruendo la pace».
Anche l’arcivescovo di Corrientes,
monsignor Andrés Stanovnik, ha
auspicato un cambiamento, con
l’aiuto di Dio, nelle relazioni con i
simili e nel prendersi cura degli altri. «Preoccupiamoci per tutti, per
ognuno, con amore, soprattutto per
i bambini e gli anziani, i quali sono
più fragili e spesso rimangono nella
periferia del nostro cuore. Preoccupiamoci l’uno dell’altro in famiglia
— ha proseguito — i coniugi si curino reciprocamente, si preoccupino
dei figli e col tempo anche i bambini diventeranno custodi dei loro genitori e vivranno con sincerità le
amicizie, che sono un reciproco proteggersi nella fiducia, nel rispetto e
nel bene. Prendiamoci anche cura
della fede del nostro popolo e dei
valori che la sostengono. Per costruire una società che prosperi in
modo pacifico è necessario privilegiare in modo concreto i più svantaggiati, lavorando sulle vere cause
che generano povertà e insicurezza,
mettendo a rischio tutta la società».
Un appello alla comunione fraterna è stato lanciato anche da monsignor Sergio Osvaldo Buenanueva,
vescovo ausiliare di Mendoza. «Tutti — ha detto — siamo chiamati a vivere da fratelli e dobbiamo avere
cura l’uno dell’altro, anche della casa comune in cui abitiamo».
Di maggiore impegno e attenzione verso la famiglia parlano i vescovi della Patagonia: «È nella famiglia
— spiegano — che si generano i valori comunitari più forti e si impara
ad amare e a essere amato. Il dialogo fraterno e rispettoso ci permette
di raggiungere l’obiettivo principale
di costruire una società più giusta e
più fraterna».
Secondo monsignor Jorge Rubén
Lugones, vescovo di Lomas de Zamora «bisogna camminare insieme
verso una Chiesa diocesana: aperta,
solidale e missionaria. Con una opzione di missione speciale verso gli
adolescenti e i giovani che non appartengono alle nostre comunità. La
felicità e la gioia che Gesù Risorto
porta e condivide non sono per noi,
ma dobbiamo trasmetterle a un
mondo che è spinto da ciò che è
immediato e materiale, dal prestigio.
Quello in cui viviamo ogni giorno
non è un mondo ostile, ma è un
mondo in cambiamento dove dobbiamo rendere testimonianza della
fede. La fede — ha aggiunto — come
atto attraverso il quale la salvezza
che ci ha portato Gesù raggiunge
gli individui e le comunità trasformandoli. Una fede che mobilita,
una fede che conta, una fede che attraverso l’amore di Gesù Cristo è in
grado di aprirsi nella sua dimensione sociale a tutti. Una dimensione
— ha concluso — che non è esclusiva
né escludente, ma per tutti coloro
che condividono uno stesso mondo
comune umano a partire dalla convivenza pacifica, utile e pieno di
speranza che ci consente l’incontro,
il dialogo e la vicinanza: una missione vincolante».
28
D OMENICA
V
PASQUA
DI
Piazza San Pietro, ore 10. Santa
Messa e Cresima.
Maggio
4 SABATO
Basilica di Santa Maria Maggiore,
ore 18. Santo Rosario.
5
VI
D OMENICA
DI
PASQUA
Piazza San Pietro, ore 10. Santa
Messa per le Confraternite.
12
VII
D OMENICA
DI
PASQUA
Piazza San Pietro, ore 9.30. Cappella Papale. Santa Messa e Canonizzazione dei Beati: Antonio
Primaldo e Compagni; Laura di
Santa Caterina da Siena; Maria
Guadalupe García Zavala.
18 SABATO
VIGILIA DI PENTECOSTE
Piazza San Pietro, ore 18. Veglia
di Pentecoste con i Movimenti Ecclesiali.
19 D OMENICA
DI
PENTECOSTE
Piazza San Pietro, ore 10. Cappella Papale. Santa Messa con i Movimenti Ecclesiali.
Città del Vaticano, 29 marzo 2013
Nel sermone pasquale dell’arcivescovo di Canterbury
Incontro dell’Unione delle organizzazioni islamiche di Francia
Speranza e realismo per superare
la crisi economica
I musulmani
e la tradizione
LONDRA, 3. Una visione di speranza
per il futuro ma accompagnata da
senso di realismo: è questa l’indicazione offerta alla comunità anglicana dall’arcivescovo di Canterbury,
Justin Welby, nel suo sermone pasquale. Parlando ai fedeli, domenica
31 marzo, nella cattedrale di Canterbury, Welby ha sottolineato che il
messaggio cristiano «induce all’azione nel mondo». Un’azione, ha puntualizzato, «che è basata sulla speranza e sul realismo, non sul cinismo e sulla paura».
L’arcivescovo primate della Comunione anglicana ha aggiunto che
«una comunità ecclesiale gioiosa e
celebrativa si basa non sul vano ottimismo degli uomini, ma sulla certezza che Dio ha risuscitato Gesù
dai morti e risusciterà anche noi».
Il presule anglicano ha quindi
esortato i fedeli «ad assumere consapevolezza della nostra umanità
imperfetta» al fine «di diventare misericordiosi gli uni con gli altri, riconoscendo la chiamata di Dio, non
cedendo mai alla debolezza ma lavorando per lo sviluppo della comunità ecclesiale».
Welby è stato intronizzato arcivescovo di Canterbury il 21 marzo.
Anche in occasione della cerimonia
di intronizzazione il presule aveva
evidenziato la necessità di ridare
nuovo slancio alla missione della comunità anglicana, con un visione
positiva del futuro. «Il coraggio —
aveva osservato — si diffonde in una
società che si trova sotto l’autorità
di Dio, affinché possiamo diventare
quella piena comunità umana che
tutti sogniamo. Ascoltiamo quindi
Cristo che ci chiama e dice: «Coraggio, sono io, non abbiate paura».
Il primate anglicano aveva anche
aggiunto che «le attuali sfide
dell’ambiente, dell’economia, dello
sviluppo umano e della povertà
possono essere affrontate con lo
straordinario coraggio cristiano».
L’arcivescovo di Canterbury ha
inoltre richiamato i temi sociali nel
sermone pasquale, ribadendo ancora
una volta la necessità di reagire di
fronte al rischio dell’“illusione” e
della
conseguente
“delusione”.
«Un’economia — ha osservato per
esempio — soffre il colpo peggiore
per la crisi del debito e la recessione
e il fatto che non diventi tutto perfetto, entro cinque anni, è visto come un fallimento totale. La complessità e l’umanità sono ignorate e
si finisce così irragionevolmente delusi verso ogni istituzione o organizzazione».
Il 29 marzo scorso, Venerdì santo,
l’arcivescovo di Cantebury, in occasione una conversazione radiofonica
dal titolo «Thought for the Day»
trasmessa da Bbc-Radio 4, ha
espresso il proprio incoraggiamento
alla popolazione di Cipro che sta
attraversando una difficile situazione finanziaria ed economica. Nella
sua riflessione, il presule ha ricorda-
to che «il Venerdì santo è un giorno
straordinario». E ha aggiunto:
«Chiunque tu sia, dai governanti ai
ricchi e alle persone normali che devono affrontare il peggiore dei momenti, la morte di Gesù è al tempo
stesso una sfida e una promessa di
speranza. La speranza — ha concluso l’arcivescovo — è che nulla è al di
là della sua portata e anche la disperazione può essere guarita».
In un intervento del gennaio
scorso — sempre in tema di finanza
ed economia — il presule aveva criticato l’inadeguatezza di questi sistemi creditizi che non consentono alla
società di prosperare, promuovendo
il bene comune per il fatto «di essersi mostrati piuttosto auto-referenziali, trascurando i settori più deboli
della società». Per Welby «i servizi
finanziari devono servire la società e
non dominarla».
PARIGI, 3. Diffusione della pace, difesa della giustizia, rispetto della
dignità umana: si è svolto attorno a
questi tre temi fondamentali il trentesimo incontro annuale organizzato dal 29 marzo al 1° aprile, a Parigi-Le Bourget, dall’Unione delle organizzazioni islamiche di Francia
(Uoif). «Quando altri — ha affermato Abdallah Ben Mansour, uno
dei relatori — perseguitano, stigmatizzano e denigrano il musulmano,
la sua dignità offre loro le sue conquiste, risponde loro attraverso il
suo nobile comportamento e li salverà da tutti i futuri fallimenti umani, morali ed economici». Ad esempio, «aver scelto di preservare la famiglia, di rispettare i nonni e proteggere i genitori, quando altri minano la base della società e rompono i legami di parentela, non è garanzia di successo?». E ancora,
spiega Ben Mansour, «aver scelto il
pudore e preservato la sua bellezza,
offrire il suo essere interiore quando
altri degradano la donna, la utilizzano, commercializzano il suo corpo, preferendo l’apparenza, non è
segno di libertà?».
Ma — come riferisce la France
Presse — il raduno parigino (al quale sono intervenuti circa centomila
visitatori tra conferenze sull’islam e
la famiglia e i vari stand dedicati alla vendita del Corano e altri libri,
di profumi, tè e tappeti di preghiera) è stato caratterizzato anche da
un clima di inquietudine innescato
da nuove polemiche attorno al velo
islamico. Il 19 marzo infatti la Corte di Cassazione, ponendo fine
all’affaire Baby Loup (dal nome
dell’asilo nido di Chanteloup-lesVignes che ha originato il caso), ha
annullato il licenziamento di una
dipendente che portava il velo, in
quanto il nido è privato e dunque
«il principio di laicità previsto
dall’articolo 1 della Costituzione
non è applicabile ai dipendenti da
parte dei datori di lavoro di diritto
privato che non garantiscono un
servizio pubblico». In questo caso
ci sarebbe stata quindi una palese
discriminazione per motivi religiosi,
con conseguente violazione del codice del lavoro. Alcune dichiarazioni del ministro dell’Interno, Manuel
Carlos Valls, e certi interventi favorevoli all’estensione del divieto di
indossare l’hijab (che copre capelli e
collo ma non il volto) anche nelle
strutture private, ha prodotto la
reazione dei musulmani: «C’è un
sentimento di vera inquietudine tra
noi», ha dichiarato il presidente
dell’Uoif, Ahmed Jaballah, per il
quale «coloro che vogliono estendere la legge agli istituti privati puntano a una laicità meramente a loro
uso e consumo».
L’Uoif è nata nel 1983 con
l’obiettivo di coordinare le organizzazioni presenti nelle principali città francesi. Oggi raggruppa numerose associazioni in tutta la nazione
ed è rappresentata all’interno del
Consiglio francese del culto musulmano. L’Uoif — si legge nel sito on
line — ha «un’identità basata su
una lettura, una pratica, così come
su interventi e prese di posizione,
conformi all’islam e alle leggi della
Repubblica». Nel passato, la sua
presunta vicinanza al movimento
islamico dei Fratelli musulmani l’ha
coinvolta in polemiche. L’ex presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy, che da ministro dell’Interno
nel 2003 era stato ospite dell’annuale incontro, ha più volte messo in
guardia l’Uoif da «chi lancia appelli alla violenza, all’odio e all’antisemitismo». Il 14 marzo l’Unione delle organizzazioni islamiche di Francia, con un comunicato, ha salutato
la «storica elezione» di Papa Francesco auspicando «una completa
riuscita nell’esercizio del suo pontificato che promuove la pace, la solidarietà e la fratellanza». L’Uoif ha
rivolto «calorosi auguri» ai cattolici
francesi con la speranza che il nuovo pontificato «rafforzi il dialogo
interreligioso».
Mons. GUID O MARINI
Maestro delle Celebrazioni
Liturgiche Pontificie
Possesso
cardinalizio
Il cardinale nigeriano John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di
Abuja, prenderà possesso del titolo di San Saturnino. Ne dà notizia l’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, informando che la cerimonia avrà
luogo domenica 7 aprile, alle
12.oo, nella chiesa romana in Via
Avigliana 3.
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 4 aprile 2013
pagina 7
I saluti del Pontefice al termine dell’udienza generale
Messa a Santa Marta
La Chiesa
nasce dalla risurrezione
Dalle lamentele
alla speranza
La Chiesa nasce dalla risurrezione:
lo ha ricordato Papa Francesco nei
saluti rivolti ai gruppi di fedeli che
hanno partecipato all’udienza
generale di mercoledì 3 aprile, in
piazza San Pietro. Il Pontefice li ha
pronunciati in italiano, mentre i
lettori — dopo aver riassunto la
catechesi — li hanno tradotti nelle
diverse lingue.
del Pontificio Collegio Irlandese e
i loro familiari. Saluto inoltre i
membri di una Delegazione del
Senato degli Stati Uniti d’America. Ringrazio i cori per i loro canti. Con grande affetto invoco su
tutti voi la gioia e la pace, che sono i doni duraturi del Signore Risorto.
Sono lieto di salutarvi, cari amici
di lingua francese, particolarmente
i giovani venuti dalla Francia, dalla Svizzera, dal Belgio, come pure
i giovani del Libano che hanno
preparato le meditazioni della Via
Crucis. Lasciatevi illuminare dalla
Risurrezione di Cristo e trasformare dalla sua forza, per portare al
mondo i segni della sua vita! Buona settimana pasquale a tutti!
Saluto con gioia i pellegrini e i
visitatori di lingua tedesca. Cristo
Risorto è presente anche in mezzo
a noi. Lo possiamo sentire
nell’ascolto della sua Parola in cui
Egli stesso ci indica il cammino
che porta alla vita. Egli è presente
nell’Eucaristia e ci accompagna
nelle nostre opere di carità. Lasciamoci trasformare dal suo amore! A tutti voi auguro un fruttuoso
tempo di Pasqua.
Un cordiale benvenuto a tutti i
pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, particolarmente a quelli provenienti dall’Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda,
Norvegia, Svezia, Australia, Filippine, Canada e Stati Uniti. In modo speciale saluto i nuovi diaconi
Saluto cordialmente i pellegrini
di lingua spagnola, in particolare i
gruppi venuti dalla Spagna, Argentina, Messico ed altri paesi latinoamericani. Auguro a tutti di
accogliere la gioia che ci porta il
Risorto, perché l’incontro con Gesù apra il nostro cuore alla fede e
alla speranza, rendendoci coraggiosi testimoni del suo amore.
Carissimi pellegrini di lingua
portoghese, in particolare il gruppo di brasiliani venuto dal Paraná:
gioite ed esultate perché il Signore
Gesù è risorto! Lasciatevi illuminare e trasformare dalla forza della
Risurrezione di Cristo, perché le
vostre esistenze diventino una testimonianza della vita che è più
forte del peccato e della morte.
Buona Pasqua a tutti!
Cari pellegrini di lingua araba:
la Risurrezione di Cristo è il fondamento della nostra fede cristiana. Non fu la Risurrezione a nascere nella Chiesa, ma la Chiesa a
nascere dal seno della risurrezione.
Perciò, non abbiate paura di annunciare Cristo Crocifisso, Risorto, Vincitore del male e della morte, attraverso la testimonianza della vostra vita quotidiana e nei gesti di compassione, di perdono, di
misericordia e di amore verso tutti.
Buona Pasqua! E a tutti imparto
la Benedizione Apostolica!
Do il benvenuto ai pellegrini
polacchi. Cari fratelli e sorelle, vivendo — particolarmente in questi
giorni — l’incontro con il Signore
risorto, lasciate che la sua luce illumini le vostre menti e i vostri
cuori e che la sua forza vi trasformi, affinché siate testimoni della
fede davanti al mondo contemporaneo. La vita vostra e delle vostre famiglie sia colma della gioia
del mattino pasquale! Dio vi benedica!
Saluto con affetto i pellegrini di
lingua italiana. In particolare, accolgo con gioia il grande pellegrinaggio della Diocesi di Milano,
guidato dal Cardinale Angelo Scola, e specialmente i ragazzi quattordicenni, che si preparano alla
loro professione di fede. Cari ragazzi, prego per voi, perché la vostra fede diventi convinta, robusta,
come una pianta che cresce e porta buoni frutti. Il Vangelo sia la
vostra regola di vita, come lo fu
per san Francesco d’Assisi. Leggete il Vangelo, meditatelo, seguitelo: umiltà, semplicità, fraternità,
servizio; tutto nella fiducia in Dio
Padre, nella gioia di avere un Padre nei cieli, che vi ascolta sempre
e parla al vostro cuore. Seguite la
sua voce, e porterete frutto
nell’amore! Cari ragazzi!
Saluto i fedeli della Diocesi di
Modena-Nonantola, con il loro
Vescovo, Mons. Lanfranchi; saluto
i nuovi Diaconi della Compagnia
di Gesù, con i loro familiari; le
Religiose e i Religiosi; i numerosi
gruppi parrocchiali e le associazioni. Per tutti invoco la gioia e la
speranza che derivano dalla Pasqua di Cristo.
A voi, cari giovani, e siete tanti,
auguro di fare esperienza di Gesù
Cristo vivo, per diventare suoi testimoni. Voi, cari malati, possiate
sentire il conforto della presenza
del Signore risorto. E voi, cari
sposi novelli, accoglietelo ogni
giorno nella vostra vita coniugale.
Le lamentele fanno male al cuore. Sono
cattive; e non soltanto quelle contro gli
altri «ma anche quelle contro noi stessi,
quando tutto ci appare amaro». Con
queste considerazioni sulla vita quotidiana Papa Francesco ha reso attuale
l’episodio dei discepoli di Emmaus —
narrato dall’evangelista Luca (24, 13-35)
— durante l’omelia tenuta mercoledì, 3
aprile, durante la consueta messa nella
cappella della Domus Sanctae Marthae,
alla quale questa mattina hanno partecipato i dipendenti della Domus Romana Sacerdotalis.
Il Pontefice nel commentare il Vangelo si è soffermato sullo smarrimento
dei discepoli per la morte del maestro
al punto tale che «pensarono — ha detto il Papa — fosse bene andarsene dalla
città. Ma, poveretti parlavano sempre
di quello, no? e si lamentavano. Si può
dire che questo sia un po’ il giorno delle lamentele». Ma questi discorsi non
facevano altro che farli chiudere in loro
stessi. E in cuor loro pensavano: «Noi
avevamo avuto tanta speranza, ma tutto è fallito». E in questa situazione, ha
detto il Pontefice, «cucinavano la loro
vita nel succo delle loro lamentele, e
andavano avanti così». Da qui il riferimento a tutti noi. «Io penso — ha aggiunto — tante volte che anche noi,
quando succedono cose difficili, anche
quando ci visita la Croce, corriamo
questo pericolo di rinchiuderci nelle lamentele». Eppure, anche in quel momento il Signore «è vicino a noi, ma
non lo riconosciamo. Cammina con
noi. Ma non lo riconosciamo. Ci parla
anche, e noi non sentiamo». Il lamento
è per noi come «una sicurezza: questa
è la mia verità, il fallimento. Non c’è
più speranza». E con questi pensieri
anche i discepoli continuavano a camminare. E «Gesù cosa faceva? Ebbe pazienza nei loro confronti. Prima li
ascolta, poi spiega loro lentamente. E
poi, alla fine, si fa vedere». Gesù, ha
aggiunto «fa così con noi. Anche nei
momenti più oscuri, lui è sempre con
noi, cammina con noi. E alla fine ci fa
vedere la sua presenza». Tornando alle
lamentele, che «sono cattive» perché
«ci tolgono la speranza», Papa Francesco ha esortato a non entrare «in questo gioco di vivere di lamenti» perché
la presenza del Signore si è resa evidente «quando ha spezzato il pane» e i discepoli hanno potuto vedere «le piaghe», poi «lui è scomparso». Bisogna
avere speranza e fiducia in Dio che «ci
accompagna sempre nel nostro cammino» anche nelle ore più oscure. «Siamo
sicuri, siamo sicuri — ha concluso — che
il Signore mai ci abbandona: sempre è
con noi, anche nel momento difficile. E
non cerchiamo rifugio nelle lamentele:
ci fanno male al cuore».
Gruppi di fedeli in piazza San Pietro
All’udienza generale di mercoledì 3
aprile, in piazza San Pietro, erano presenti i seguenti gruppi:
Da diversi Paesi: Nuovi Diaconi della Compagnia di Gesù, con i Familiari; Suore della Santissima Madre
Addolorata; Suore Francescane dei
Sacri Cuori.
Dall’Italia: Pellegrinaggio dell’Arcidiocesi di Milano, con il Cardinale
Angelo Scola; Pellegrinaggio dell’Arcidiocesi di Modena-Nonantola, con
l’Arcivescovo Antonio Lanfranchi;
Gruppi di fedeli dalle Parrocchie:
Santi Canziani Martiri, in San Canzian d’Isonzo; Sacra Famiglia, in
Valdagno; Sant’Antonio, in Rosà;
Santa Maria Assunta, in Pisogne;
Regina della Pace, in Zanano di Sarezzo; Sante Bartolomea Capitanio e
Vincenza Gerosa, in Brescia; San
Giovanni Battista, in Castegnato;
Sant’Apollonio,
in
Bovezzo;
Sant’Antonio abate, in Castelcovati;
Natività di Maria Vergine, in Rudiano; Madonna delle Lacrime, in Treviglio; Santa Maria Assunta, in Romano di Lombardia; Sant’Antonio,
in San Fedele Intelvi; Santa Maria
Assunta, in Clusone; San Salvatore,
in
Almenno
San
Salvatore;
Sant’Agostino, in Cremona; Adolescenti della Professione di Fede della
Diocesi di Cremona; San Bartolomeo, in Busseto; Sacro Cuore di Gesù, in Zocca; San Leonardo e San
Guido, in Pozzi di Seravezza; San
Francesco d’Assisi, in Grosseto; San
Pietro, in Isola del Gran Sasso; Santa Maria Assunta, in Silvi Marina;
Santa Maria Assunta, in Piglio; Regina Pacis, in Monopoli; San Francesco Antonio Fasani, in Lucera;
San Vincenzo de’ Paoli, in Bisceglie;
Maria Santissima Addolorata, in Tuturano; Maria Santissima Immacolata, in Fragagnano; Maria Santissima
Annunziata, in Monteparano; Santa
Maria Assunta, in Moliterno; Santa
Maria della Misericordia, in Benestare; Santa Veneranda, in Carfizzi;
San Pio X a Li Punti, in Sassari;
Gruppi di fedeli dalle Parrocchie di
Cermenate,
Merone;
Gruppo
dell’Unitalsi; Gruppo della Guardia
Costiera Italiana, da San Giuseppe
Vesuviano; Gruppo municipale di
Protezione civile, da Cervinara;
Scuola di Calcio, di Anagni; Associazione Calcio Nereto 2000; Liceo
classico Imera, di Palermo; Istituto
comprensivo Butera, di Gela; Circolo didattico Fraggianni, di Barletta;
Associazione Maria Regina della Pace, di Arzignano; Associazione Tinozzi, di Pescara; Gruppi di fedeli
da Castel Mella, Pescina, Monteprandone, Napoli.
Coppie di sposi novelli.
Gruppi di fedeli da: Croazia; Repubblica Ceca; Slovenia.
I polacchi: Księża z archidiecezji
krakowskiej i diecezji bielsko-żywieckiej; pielgrzymi z parafii św. Stanisława Biskupa i Męczennika z
Frydmana; grupa polsko-angielska z
Colchester, Essex, z Anglii; pielgrzymi indywidualni.
De France: Ecole Sainte-Marie, de
Neuilly; groupe pastorale des Jeunes, de Bourg-en-Bresse; groupe La
Chapelle Saint-Mesmin, d’O rléans;
groupe de Forges-les-Eaux.
De Suisse: groupe de pèlerins du
diocése de Bâle.
De Belgique: groupe d’étudiants
d’école WICO Campus Sint-Maria,
Neerpelt; groupe du Séminaire Redemptoris Mater, de Namur.
Du Liban: Bureau Patriarcal des
Jeunes au Liban.
From England: Students and staff
from: Woodlands School, Allestree,
Derby; Carmel Catholic College,
Darlington, County Durham; John
Fisher Roman Catholic School, Purley, Surrey.
From Scotland: A youth group
from Holy Family and St Ninian’s
Parish, Kirkintilloch.
From Wales: Pilgrims from St
D avid’s Parish, Pantasaph, Diocese
of Wrexham.
From Ireland: Newly ordained deacons, from the Pontifical Irish College, with family members and
friends, accompanied by Archbishop
Dermot Clifford; Pilgrims from the
Diocese of Raphoe; Pupils and staff
from St Michael’s Loreto Secondary
School, Navan, County Meath.
From Norway: Students and professors from the Faculty of Teacher
and Interpreter Education SørTrøndelag University College.
From Sweden: Pilgrims from Voxtorp Lutheran Church of Sweden,
Diocese of Växjö; A group of
«Close Friends of St Bridget of
Sweden».
From Australia: Pilgrims from the
Catholic Ladies College, Eltham,
Victoria.
From the Philippines: A group of
Pilgrims.
From Canada: Pilgrims from St
Joseph Family Centre, Prince Edward Island; Students and staff from
Holy
Rosary
High
School,
Lloydminster, Saskatchewan.
From the United States of America:
Pilgrims from the following dioceses: Orange, California; Arlington,
Virginia; Pilgrims from Our Lady of
the Greenwood Parish, Greenwood
Indiana; «Les Choristes» Womens’
Choir from Carrollton School of the
Sacred Heart, Miami, Florida; A
delegation from the American Senate; Students and faculty from: University of Dallas, Texas, Rome Campus; Hall High School, Spring Valley, Illinois.
Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppen aus den Pfarrgemeinden St. Donatus, Aachen; Zu
den Heiligen Drei Königen, Abersfeld; Pfarreiengemeinschaft Altusried; Heilig Geist und Zwölf Apostel, Augsburg; St. Laurentius, Bad
Bocklet; St. Georg, Bocholt; Hl.
Maria Muttergottes, Buseck; St. Blasius, Dietmannsried; Hl. Bischof
Benno, Dresden; St. Andreas, Bad
Gögging und St. Sebastian, Eining;
St. Johann, Erding; Pfarreiengemeinschaft Freihalden, Oberwaldbach und Ried; Pfarreiengemeinschaft Freudenthal und Pfaffenhausen; Maria Himmelfahrt, Fridolfing;
St. Laurentius, Großkrotzenburg; St.
Ägidius, Höpfingen; Mariae Verkündigung, Jettingen-Scheppach; St.
Franziskus, Kempten; St. Johannes,
Kitzingen; Hl. Severin, Kuenzing;
St. Lambert, Lambertsneukirchen;
St. Stephanus, Malgersdorf; St. Maria Immaculata, Marl; Pfarreiengemeinschaft St. Josef und Christi
Auferstehung, Memmingen; St. Pius, Mühldorf am Inn; Dom zu Unserer Lieben Frau, München; St.
Lamberti, Münster; St. Peter, Regensburg; St. Andreas, Rennertshofen; St. Vitus, Schnaittenbach; St.
Nikolaus, Siegenburg; Mariä Himmelfahrt, Sinzing; Maria Heimsuchung, Starnberg-Perchting; St. Johann, Steinberg am See; St. Nikolaus, Unterthingau; St. Georg, Walldürn; St. Emmeram, Windischeschenbach;
Mariä
Himmelfahrt,
Wittichenau; Pilgergruppe aus dem
Erzbistum Paderborn; Bistum Regensburg; Pilgergruppen aus Augsburg; Jülich und Aachen; Ludwigsburg; Pilgergruppe der Bundespolizeiseelsorge Deutschland; Pilgerreise
alleinerziehender Frauen aus dem
Erzbistum München und Freising;
Jugendromwallfahrt des Bistums Regensburg; Schönstatt-Familienbewegung aus dem Bistum RottenburgStuttgart; Slowenische Katholische
Mission, Augsburg; Marianische
Männerkongregation 1608, Köln;
Katholisches Bildungswerk Marktredwitz; Seminaristen aus dem Erzbischöflichen Spätberufenenseminar
St. Matthias, Waldram; Katholische
Deutsche
Studentenverbindung,
Würzburg; Polnische Katholische
Mission, Würzburg; Studienreisegruppe Karlsruhe; Rotary Club
Mettmann; aus dem Oldenburger
Münsterland; Heimatlicher Arbeitskreis Steinberg; Leserreise Traunsteiner Tagblatt; Schülerinnen, Schüler
und Lehrer des Gymnasiums an der
Stenner, Iserlohn; Altministranten
aus der Pfarrei St. Rupert, Amerang;
Ministranten aus der Pfarrei Zum
Heiligen Erlöser, Traunreut; Ministranten aus der Kuratie Volkers.
Aus der Republik Österreich: Pilgergruppe aus der Pfarrgemeinde Hl.
Thomas, Althofen; St. Jakobus,
Kolbnitz.
Aus der Schweizerischen Eidgenossenschaft: Pilgergruppe aus dem
Kanton Zürich; Katholischer Frauenverein, Dübendorf; Firmlinge und
Begleiter aus der Pfarrei St. Franziskus, Riehen.
De España: Peregrinos de la diócesis de Plasencia, con S.E. Mons.
Amadeo Rodríguez Magro; peregrinos de la diócesis de Albacete, con
S.E. Mons. Ciriaco Benavente Mateos; parroquia de la Asunción, de
Llíria; parroquia de Elche; Santuario
de la Virgen del Monte, de la diócesis de Santander; colegio La Asunción, de Cáceres; grupo de la pastoral universitaria de la diócesis de Calahorra; grupo del Movimiento católico en Acción, de Cuenca; colegio
Santo Domingo, de Alicante.
Do Brasil: Paróquia São Cristóvão, de Toledo, Paraná.
La plenaria
della Pontificia
Commissione
Biblica
La Pontificia Commissione Biblica terrà la sua sessione plenaria
annuale dall’8 al 12 aprile presso
la Domus Sanctae Marthae, in
Vaticano. Presieduti dall’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, i
lavori saranno diretti dal gesuita
Klemens Stock, segretario generale.
Nel corso della riunione i
membri concluderanno lo studio
sul tema «Ispirazione e verità della Bibbia». Da alcuni anni la
Commissione ha deciso di dedicare i propri sforzi a verificare in
che modo il tema dell’ispirazione
e quello della verità si manifestino nei diversi libri della Sacra
Scrittura. Scopo della riflessione è
quello di offrire un contributo
positivo perché, in una approfondita comprensione dei concetti di
ispirazione e verità, la Parola di
Dio venga accolta da tutti i fedeli, in un modo sempre più adeguato a questo singolare dono, in
cui Dio comunica se stesso e invita gli uomini alla comunione con
Lui.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
giovedì 4 aprile 2013
All’udienza generale il Pontefice ricorda le prime testimoni della risurrezione
La missione delle donne
Gesù è vivo e presente accanto
all’uomo di oggi. Alle donne, alle
mamme soprattutto, il compito di
testimoniarlo ai propri figli; ai giovani
la missione di manifestarlo
con la propria vita. Lo ha ribadito
Papa Francesco riprendendo
questa mattina, mercoledì 3 aprile,
le riflessioni sull’Anno della fede
proposte durante l’udienza generale
in piazza San Pietro.
Cari fratelli e sorelle,
buongiorno,
oggi riprendiamo le Catechesi
dell’Anno della fede. Nel Credo ripetiamo questa espressione: «Il terzo
giorno è risuscitato secondo le Scritture». È proprio l’evento che stiamo
celebrando: la Risurrezione di Gesù,
«Francisco
Buenos Aires
está contigo»
«Francisco, Buenos Aires está
siempre contigo». Sono pochi ma
si fanno sentire gli argentini che
stamani hanno voluto stringersi al
Papa in piazza San Pietro.
«Siamo qui perché siamo felici»
dicono sette ragazze di Buenos
Aires che vivono la spiritualità
del movimento di Schönstatt.
Hanno tutte poco più di
vent’anni e sventolano la
bandiera argentina e la maglietta
della selección albiceleste di calcio,
«ma ancora quasi non ci sembra
vero che il nostro arcivescovo sia
stato eletto Papa». Così Belén,
Catalina, Ana Inés, María,
Carolina, María Paz e María
Angeles hanno deciso di «vivere
il più possibile vicino a Papa
Francesco la Settimana Santa,
proprio come facevamo a Buenos
Aires». È la stessa idea che ha
avuto Stella: al Pontefice ha
portato una statuetta della
Madonna di Luján. «So che il
Papa le è tanto devoto» dice.
Eleonora, anch’essa di Buenos
Aires, è venuta in piazza San
Pietro con il figlio Horacio. E al
Papa ha consegnato la foto del
suo bambino più piccolo,
Santiago: ha appena otto mesi
ma è affetto da una malattia che
gli impedisce quasi di muoversi e,
secondo i medici, non gli
permetterà di parlare, di vedere,
di sentire. «A Papa Francesco
chiedo una preghiera per non
perdere mai la speranza».
Gli oltre trentamila fedeli in
piazza San Pietro hanno accolto
con particolare calore i fedeli
argentini. La parte del leone
stamani l’hanno fatta i pellegrini
milanesi, circa un terzo dei
presenti. «Davvero sono
entusiasti questi milanesi, eh!» ha
commentato il Pontefice colpito
dalla loro gioia. «Papa Francesco
ci aiuta a camminare insieme a
Gesù» sono le parole scelte dal
cardinale Angelo Scola,
arcivescovo di Milano, per
esprimere il significato del
pellegrinaggio romano dei
diecimila fedeli ambrosiani che,
iniziato lunedì, si è concluso
proprio stamani. Insieme come
comunità diocesana — spiega il
porporato — sentiamo «la gioia di
essere tra i primi a poter
incontrare il nuovo Papa».
All’udienza era presente anche il
cardinale Dionigi Tettamanzi,
arcivescovo emerito.
È con particolare affetto che il
Pontefice ha salutato i quattordici
diaconi della Compagnia di
Gesù, ordinati ieri. E i nuovi
diaconi hanno voluto subito
consegnare la loro missione nelle
mani del Papa che appartiene alla
loro stessa famiglia religiosa.
Accompagnati dai loro familiari,
rappresentano dieci nazioni:
Bangladesh, Bielorussia, Croazia,
Indonesia, Italia, Perú, Polonia,
Portogallo, Venezuela e Vietnam.
All’udienza era presente anche
l’arcivescovo di Lviv dei Latini,
monsignor Mieczysław
Mokrzycki, che dal 1996 è stato
accanto a Giovanni Paolo II nella
sua segreteria particolare. Martedì
mattina monsignor Mokrzycki ha
celebrato la messa sulla tomba di
Papa Wojtyła, nella cappella di
San Sebastiano della basilica
vaticana, a otto anni dalla morte.
Al termine dell’incontro in piazza
San Pietro, Papa Francesco ha
salutato a una a una tutte le
persone ammalate costrette sulla
sedia a rotelle. E ha lasciato la
sua firma sulla gamba ingessata
di una bambina.
centro del messaggio cristiano, risuonato fin dagli inizi e trasmesso perché giunga fino a noi. San Paolo
scrive ai cristiani di Corinto: «A
voi... ho trasmesso, anzitutto, quello
che anch’io ho ricevuto; cioè che
Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture, e che fu sepolto e
che è risorto il terzo giorno secondo
le Scritture e che apparve a Cefa e
quindi ai Dodici» (1 Cor 15, 3-5).
Questa breve confessione di fede annuncia proprio il Mistero Pasquale,
con le prime apparizioni del Risorto
a Pietro e ai Dodici: la Morte e la
Risurrezione di Gesù sono proprio il
cuore della nostra speranza. Senza
questa fede nella morte e nella risurrezione di Gesù la nostra speranza
sarà debole, ma non sarà neppure
speranza, e proprio la morte e la risurrezione di Gesù sono il cuore della nostra speranza. L’Apostolo afferma: «Se Cristo non è risorto, vana è
la vostra fede e voi siete ancora nei
vostri peccati» (v. 17). Purtroppo,
spesso si è cercato di oscurare la fede nella Risurrezione di Gesù, e anche fra gli stessi credenti si sono insinuati dubbi. Un po’ quella fede
“all’acqua di rose”, come diciamo
noi; non è la fede forte. E questo
per superficialità, a volte per indifferenza, occupati da mille cose che si
ritengono più importanti della fede,
oppure per una visione solo orizzontale della vita. Ma è proprio la Risurrezione che ci apre alla speranza
più grande, perché apre la nostra vita e la vita del mondo al futuro eterno di Dio, alla felicità piena, alla
certezza che il male, il peccato, la
morte possono essere vinti. E questo
porta a vivere con più fiducia le
realtà quotidiane, affrontarle con coraggio e con impegno. La Risurrezione di Cristo illumina con una luce nuova queste realtà quotidiane.
La Risurrezione di Cristo è la nostra
forza!
Ma come ci è stata trasmessa la
verità di fede della Risurrezione di
Cristo? Ci sono due tipi di testimo-
nianze nel Nuovo Testamento: alcune sono nella forma di professione
di fede, cioè di formule sintetiche
che indicano il centro della fede; altre invece sono nella forma di racconto dell’evento della Risurrezione
e dei fatti legati ad esso. La prima:
la forma della professione di fede,
ad esempio, è quella che abbiamo
appena ascoltato, oppure quella della Lettera ai Romani in cui san Paolo
scrive: «Se con la tua bocca proclamerai: “Gesù è il Signore!”, e con il
tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo» (10,
9). Fin dai primi passi della Chiesa è
ben salda e chiara la fede nel Mistero di Morte e Risurrezione di Gesù.
Oggi, però, vorrei soffermarmi sulla
seconda, sulle testimonianze nella
forma di racconto, che troviamo nei
Vangeli. Anzitutto notiamo che le
prime testimoni di questo evento furono le donne. All’alba, esse si recano al sepolcro per ungere il corpo di
Gesù, e trovano il primo segno: la
tomba vuota (cfr. Mc 16, 1). Segue
poi l’incontro con un Messaggero di
Dio che annuncia: Gesù di Nazaret,
il Crocifisso, non è qui, è risorto
(cfr. vv. 5-6). Le donne sono spinte
dall’amore e sanno accogliere questo
annuncio con fede: credono, e subito lo trasmettono, non lo tengono
per sé, lo trasmettono. La gioia di
sapere che Gesù è vivo, la speranza
che riempie il cuore, non si possono
contenere. Questo dovrebbe avvenire
anche nella nostra vita. Sentiamo la
gioia di essere cristiani! Noi crediamo in un Risorto che ha vinto il male e la morte! Abbiamo il coraggio
di “uscire” per portare questa gioia e
questa luce in tutti i luoghi della nostra vita! La Risurrezione di Cristo è
la nostra più grande certezza; è il tesoro più prezioso! Come non condividere con gli altri questo tesoro,
questa certezza? Non è soltanto per
noi, è per trasmetterla, per darla agli
altri, condividerla con gli altri. È
proprio la nostra testimonianza.
Un altro elemento. Nelle professioni di fede del Nuovo Testamento,
come testimoni della Risurrezione
vengono ricordati solamente uomini,
gli Apostoli, ma non le donne. Questo perché, secondo la Legge giudaica di quel tempo, le donne e i bambini non potevano rendere una testimonianza affidabile, credibile. Nei
Vangeli, invece, le donne hanno un
ruolo primario, fondamentale. Qui
possiamo cogliere un elemento a favore della storicità della Risurrezione: se fosse un fatto inventato, nel
contesto di quel tempo non sarebbe
stato legato alla testimonianza delle
donne. Gli evangelisti invece narrano semplicemente ciò che è avvenuto: sono le donne le prime testimoni.
Questo dice che Dio non sceglie secondo i criteri umani: i primi testimoni della nascita di Gesù sono i
pastori, gente semplice e umile; le
prime testimoni della Risurrezione
sono le donne. E questo è bello. E
questo è un po’ la missione delle
donne: delle mamme, delle donne!
Dare testimonianza ai figli, ai nipotini, che Gesù è vivo, è il vivente, è risorto. Mamme e donne, avanti con
questa testimonianza! Per Dio conta
il cuore, quanto siamo aperti a Lui,
se siamo come i bambini che si fidano. Ma questo ci fa riflettere anche
su come le donne, nella Chiesa e nel
cammino di fede, abbiano avuto e
abbiano anche oggi un ruolo particolare nell’aprire le porte al Signore,
nel seguirlo e nel comunicare il suo
Volto, perché lo sguardo di fede ha
sempre bisogno dello sguardo semplice e profondo dell’amore. Gli
Apostoli e i discepoli fanno più fatica a credere. Le donne no. Pietro
corre al sepolcro, ma si ferma alla
tomba vuota; Tommaso deve toccare
con le sue mani le ferite del corpo di
Gesù. Anche nel nostro cammino di
fede è importante sapere e sentire
che Dio ci ama, non aver paura di
amarlo: la fede si professa con la
bocca e con il cuore, con la parola e
con l’amore.
Dopo le apparizioni alle donne,
ne seguono altre: Gesù si rende presente in modo nuovo: è il Crocifisso,
ma il suo corpo è glorioso; non è
tornato alla vita terrena, bensì in
una condizione nuova. All’inizio
non lo riconoscono, e solo attraverso
le sue parole e i suoi gesti gli occhi
si aprono: l’incontro con il Risorto
trasforma, dà una nuova forza alla
fede, un fondamento incrollabile.
Anche per noi ci sono tanti segni in
cui il Risorto si fa riconoscere: la Sacra Scrittura, l’Eucaristia, gli altri
Sacramenti, la carità, quei gesti di
amore che portano un raggio del Risorto. Lasciamoci illuminare dalla
Risurrezione di Cristo, lasciamoci
trasformare dalla sua forza, perché
anche attraverso di noi nel mondo i
Nella serata del 2 aprile, ottavo anniversario della morte di Giovanni Paolo
segni di morte lascino il posto ai segni di vita. Ho visto che ci sono tanti giovani nella piazza. Eccoli! A voi
dico: portate avanti questa certezza:
il Signore è vivo e cammina a fianco
a noi nella vita. Questa è la vostra
missione! Portate avanti questa speranza. Siate ancorati a questa speranza: questa àncora che è nel cielo;
tenete forte la corda, siate ancorati e
portate avanti la speranza. Voi, testimoni di Gesù, portate avanti la testimonianza che Gesù è vivo e questo
ci darà speranza, darà speranza a
questo mondo un po’ invecchiato
per le guerre, per il male, per il peccato. Avanti giovani!
II
Papa Francesco prega davanti alle tombe dei suoi predecessori
Papa Francesco ha pregato martedì sera, 2 aprile, dinanzi alla tomba del
beato Giovanni Paolo II nell’ottavo anniversario della morte. Dopo la
chiusura serale della basilica Vaticana, alle 19, il Santo Padre si è recato
nella cappella di San Sebastiano ed è rimasto a lungo inginocchiato in
preghiera silenziosa presso la tomba di Papa Wojtyła, al quale era particolarmente legato. Fu tra l’altro proprio il Pontefice polacco a crearlo
cardinale nel concistoro del 21 febbraio 2001. Accompagnato dal cardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica vaticana, e da monsignor
Alfred Xuereb, il Papa si è poi fermato in raccoglimento anche dinanzi
alle tombe del beato Giovanni XXIII e di san Pio X .
Dopo la visita di lunedì scorso, 1° aprile, alla necropoli vaticana, con
la sosta presso il sepolcro di San Pietro, alla sorgente del pontificato romano, e con la visita alle tombe di Benedetto XV, Pio XI, Pio XII, Paolo
VI e Giovanni Paolo I, Papa Francesco è dunque voluto tornare in basilica per rendere omaggio, nella preghiera, ai suoi predecessori del Novecento che vi sono sepolti. Una testimonianza della «profonda continuità
spirituale del ministero petrino dei Papi — si legge in una nota della Sala Stampa della Santa Sede che accompagna la notizia della visita — che
il Papa Francesco vive e sente intensamente, come ha dimostrato anche
nell’incontro e con i ripetuti colloqui telefonici con il suo precedessore
Benedetto XVI».
Una spirituale genealogia
Due anni dopo la morte di Pio XI, la sua tomba in un
vano delle Grotte vaticane venne inaugurata il 9 febbraio
1941 con una messa celebrata dall’arcivescovo di Milano,
il cardinale benedettino Alfredo Ildefonso Schuster.
Quella sera stessa scese a visitare il sepolcro il suo successore Pio XII, che di Papa Ratti era stato segretario di
Stato. Ad accompagnare il Pontefice, con il maestro di
camera Alberto Arborio Mella di Sant’Elia, era il sostituto Giovanni Battista Montini.
Il futuro Paolo VI era stato incaricato sin dall’inizio del
conflitto da Papa Pacelli di coordinare l’Ufficio Informazioni del Vaticano per lo scambio e la ricerca di notizie
su soldati, prigionieri e civili. Proprio in quei giorni del
secondo inverno di guerra aveva finalmente avuto notizie
del cugino don Carlo Montini, cappellano militare sul
fronte greco, e a queste allude in una lettera ai familiari
— scritta proprio la sera del 9 febbraio 1941 ed edita criticamente nel 1986 da Nello Vian (G. B. Montini [Paolo
VI], Lettere ai familiari 1919-1943, pp. 953-954) — dove riferisce vividamente della visita compiuta da Pio XII alle
tombe dei suoi predecessori.
«Carissimi, non vi so dire quante volte in questi giorni
— grandi ed amari — il pensiero mio si rifugi presso di
voi, quasi per ritrovare l’appoggio dei sentimenti nobili e
delle speranze buone con cui voi m’avete insegnato a
giudicare la vita, i suoi beni, i suoi dolori, le sue vicende.
La preoccupazione per l’amatissimo Don Carlo mi ha
fatto realmente soffrire, e sento cosa sia la gioia di ringraziare Dio per l’incolumità d’una persona cara.
Ma quante, quante voci dolorose echeggiano d’intorno
e implorano simile conforto. Il nostro lavoro, a ciò relativo, ha raggiunto un’intensità e una mole che opprimono
e sconcertano. Vi basti sapere che ho dovuto cedere
un’altra stanza del mio appartamento per mettervi in
fretta nuovi tavoli e altri sacerdoti per attendere a questa
affannosa e spesso infruttuosa ricerca di lontani dispersi.
Oh, servisse tanto soffrire di concittadini a far loro trovare un più profondo e più fraterno senso di civile convivenza e di cristiana solidarietà! Dio lo voglia.
Alle cose tristi s’intrecciano però anche le consolanti.
Questa sera, per esempio. Sono stato invitato ad accompagnare, con Mons. Maestro di Camera il Santo Padre
che scendeva a S. Pietro, chiuso e deserto, splendido e
raccolto nella penombra del vespro per visitare la tomba
del Suo Predecessore. Sostò qua e là pregando, osservando, commentando. Poi nelle grotte, curvo sotto le volte
gravi e pie; s’inginocchiò, pregò su le tombe di Pio XI, di
Pio X, di Benedetto XV. Mai la comunione dei Santi e la
spirituale genealogia dei successori di Cristo mi parsero
avere più commovente rappresentazione. E ciò consola
molto. La Chiesa, questa viva e immortale realtà, spirituale e visibile è più presente che mai, più moderna e necessaria che mai; e Dio sia lodato che tutti ci unisce e ci
ammaestra. Vostro D[on] B[attista]».