Timeo Danaos et dona ferentes. (Temo i Greci anche se portano doni)
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Timeo Danaos et dona ferentes. (Temo i Greci anche se portano doni)
Timeo Danaos et dona ferentes. (Temo i Greci anche se portano doni) Con queste parole il troiano Laocoonte avrebbe espresso la sua diffidenza nei confronti del cavallo di legno. La frase è diventata proverbio per indicare che coloro che ci offrono doni troppo facili da cogliere possono rivelarsi i nostri peggiori nemici, specie perché fanno leva sulla nostra fiducia. Di questi tempi i greci di doni non ne portano proprio, anzi ne aspettano. Si può dire: "Timeo le Banche centrali et dona ferentes?". Quanto costa questa crisi? Chi e quando ne pagherà il conto? La sensazione – forte e avvalorata da molti fatti – è che i danni collaterali della crisi greca vadano al di là delle semplici – benché enormi – cifre e della vexata questio delle crisi dei debiti pubblici piu’ squilibrati. La sensazione è che i mercati siano arrivati su un punto di disequilibrio tale da rendere i minimi di inizio Maggio sulle borse dei veri spartiacque. La scelta ormai indilazionabile è tra uno scenario in cui il Grande Malato (il sistema finanziario e valutario globale) NON trasmetta il proprio virus letale al Medico (l’economia reale) e uno scenario in cui invece il contagio arrivi alla componente produzione+consumo e gli sforzi concertati con continue dichiarazioni di ottimismo cedano bruscamente il passo a uno scenario a W di tipo deflazionistico. Per capire quanto questo sia plausibile, da un punto di vista storico, basta vedere dove sono i tassi adesso e basta dare un’occhiata al paragone (imbarazzante) tra i tre grandi movimenti ribassisti deflazionistici: USA 1929-1942, Giappone 1989-oggi, USA 2000-oggi. Ci hanno raccontato per 10 anni che “questa volta è diverso” e che “certi errori non sarebbero stati ripetuti”: ma allora perché il mercato piu’ vero e sensibile, quello azionario, si sta comportando nello stesso modo? E se lo spread tra tassi a lungo e tassi a breve – ormai ai massimi – si chiudesse non attraverso la tanto attesa ripresa dei tassi a breve ma attraverso una discesa di quelli alungo, come nel Giappone degli anni ’90? Fantasie perverse? Lo spero per voi e per me. Ma intanto “Timeo Danaos…”. Non si possono chiudere gli occhi davanti a questo grafico. Non si possono chiudere gli occhi sul danno subito dall’Eurostoxx50 a livello di trend (un segnale di perforazione della standard deviation simile a quelli che hanno dato il via ai ribassi del 2000 e del 2007) e al rischio che corre fino a che non si riporterà stabilmente sopra l’area 2820. Non si possono chiudere gli occhi sul fatto che lo stesso debolissimo indice italiano presenta, da Ottobre 2009 in avanti, massimi e minimi decrescenti e in piu’ volumi in discesa sui rallies e volumi in espansione sulle discese: e questo sta a dire molto bene cosa fanno le mani forti, altro che “speculazione”. Non si possono chiudere gli occhi di fronte alla formazione di distribuzione dell’indice di Hong Kong, cioè quello piu’ vicino al cuore dello sviluppo reale: cosa indicherebbe, o meglio cosa anticiperebbe in termini di economia reale una rottura di 19000…? Non si possono chiudere gli occhi di fronte al fatto che la borsa americana è sorretta dalla forza del Usd, come mostra benissimo questo grafico mensile dell’S&P espresso in Euro, ormai vicinissimo a una trendline di resistenza storica e sui livelli di ipercomperato piu’ alti di sempre. Infine, non si possono chiudere gli occhi di fronte alla imbarazzante similitudine tra la struttura tecnica di breve della borsa americana attuale e quella immediatamente precedente al crash dell’87, struttura che verrebbe confermata se nelle prossime settimane il mercato USA non sarà stato in grado di riportarsi sopra 1175-1200. 2010 …e 1987 Potrei andare avanti per decine di grafici, tra cui quelli delle commodities, delle valute, degli spread intermarket ecc. La sola cosa che mantiene i miei timori a semplice livello di diffidenza è la struttura monca di questo mercato – cui ciclicamente manca ancora una “gamba”, almeno - e la struttura ancora positiva dello spread tra azioni e obbligazioni su USA e Germania. Ma attenzione: piu’ volte ho avvisato – fin dall’inizio dell’anno – che si sarebbe trattato di anno ben poco lineare e volatile specie nei sei mesi centrali Aprile-Ottobre. Resto della stessa idea: nella migliore delle ipotesi questo mercato resta dominato da una componente stocastica che impone operatività controtrend. Quindi, anche ammesso che sia stato toccato un minimo significativo, mi sembra che ci siano ottime ragioni per monitorare con attenzione estrema l’azione delle prossime settimane ed eventualmente per alleggerire prudenzialmente in caso di un rally di qualche settimana. Ribadisco che andrebbe considerato un segnale di grave debolezza delle borse (e di allargamento della crisi) l’eventuale perforazione dei minimi di inizio Maggio, specie sui mercati piu’ forti come quelli USA e il Dax. Andrebbe invece considerato un segnale di stabilizzazione una risalita dei mercati azionari sopra le chiusure di fine Aprile e una chiusura dell’Oro sotto 1155. Un’ultima nota. Conosco bene il settore istituzionale e so perfettamente (al punto da spiegarlo da 15 anni nei miei seminari) che il peggio che si puo’ dire a un ottimista che sbaglia è che è stato sfortunato, mentre il meglio che si pensa di un pessimista che ha avuto ragione è che ha portato sfiga. Conscio di cio’, qui non esprimo né ottimismo, né pessimismo: solo la mia personale opinione su una situazione che grida incoerenza con voce sempre piu’ alta e che per questo va ascoltata, cioè monitorata. Una correzione (in un trend positivo o neutro) è sempre un’occasione di entrata tranne in un caso: quando è la prima gamba di una inversione a cui nessuno crede perché non sembra corroborata dai “dati”. Ricordate: operare sui dati economici è come guidare guardando solo nello specchietto retrovisore, quando ci sono le curve anche leggere si va a sbattere….Nervi saldi e occhi aperti: la nebbia è alta e stare fermi e ancorati alla fonda è a mio modo di vedere una presa di posizione di grandissimo impatto, in certe occasioni.
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