86 KB - Casa del Giovane

Transcript

86 KB - Casa del Giovane
«All’Eremo non devono mancare: la preghiera come vita, il
silenzio come mezzo»
(d. Enzo Boschetti)
Il valore della preghiera personale e del silenzio in chiave di nuova
evangelizzazione
1. IL SILENZIO
--- «regno del silenzio» = la morte
Se il Signore non fosse stato il mio aiuto,
in breve avrei abitato nel regno del silenzio
(94,17).
--- «ridurre al silenzio» = uccidere
Si vergognino i malvagi,
siano ridotti al silenzio negli inferi (31,18).
--- si chiede a Dio di non stare in silenzio
Dio, non startene muto,
non restare in silenzio e inerte, o Dio (83,2).
--- il silenzio è chiesto al fedele
Tremate e più non peccate,
nel silenzio, sul vostro letto, esaminate il vostro
cuore (4,5).
--- Il silenzio nella relazione con Dio
in lui;
Sta’ in silenzio davanti al Signore e spera
non irritarti per chi ha successo,
per l’uomo che trama insidie (37,7).
Prima di essere servizio dobbiamo essere silenzio. Anche se facciamo così fatica a
cercarlo, esso è necessario per amare e condividere con Gesù i nostri progetti i nostri
timori e per meglio capire il senso del nostro servizio e delle nostre frustrazioni.
Il silenzio cristiano, sia chiaro, non consiste nell’assenza di frastuoni stressanti, di
preoccupazioni allarmistiche, di grida d’assalto, ma è prima di tutto una dimensione
del cuore e un’esigenza naturale dell’uomo. Il silenzio è l’intelligenza e la razionalità
dell’agire dopo aver pensato per sfuggire al ruolo battente della nevrosi e
dell’imprevedibile. Il silenzio è la radice del servizio ed è l’anima della nostra presenza,
della nostra disponibilità-condivisione. Il silenzio è garanzia di interiorità, di
consapevolezza ed è capacità di conoscenza di noi stessi e del piano di Dio. Un
servizio senza interiorità è come un corpo senza anima. Se il mio servizio è la forza, il
silenzio è l’anima e la sua sostanza1.
--- La fatica del silenzio
Ammutolito, in silenzio,
tacevo, ma a nulla serviva,
e più acuta si faceva la mia sofferenza.
Mi ardeva il cuore nel petto;
al ripensarci è divampato il fuoco (39,3).
Dobbiamo ammettere che il silenzio, il nascondimento, l’essere soli e nudi di fronte a
noi stessi ed a Dio, ci fanno paura. Il silenzio ci mette in crisi eppure ha una
dimensione indispensabile per capire e costruire la nostra vita interiore.
1 E. BOSCHETTI, Le radici del servizio. Meditazioni sulla carità come servizio e pienezza di vita,
OCD, Roma 2007, 123.
1
Silenzio e preghiera non possono mancare a un’anima che si deve preparare a vivere
la sua vocazione al servizio degli ultimi.
La preghiera ci unisce a Dio, ci rincuora, ci dà forza, ci indica la strada; il silenzio ci fa
capire i nostri limiti, la nostra pochezza, le nostre negligenze ed allo stesso tempo ci fa
scoprire la presenza di Dio ed il vero senso della vita 2.
2 Don Enzo Boschetti, citato in: M. LOVAGNINI, Parola e silenzio. Il silenzio nell’itinerario spirituale
di don Enzo Boschetti, CdG, Pavia 2013, 62.
2
--- il silenzio che è preghiera
Per te il silenzio è lode, o Dio, in Sion,
a te si sciolgono i voti (65,2).
Sacrifici e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il
peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo» (40, 7-8a).
Tu non gradisci il sacrificio;
se offro olocausti, tu non li accetti.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non
disprezzi (52,18-19).
Loderò il nome di Dio con un canto,
lo magnificherò con un ringraziamento,
che per il Signore è meglio di un toro,
di un torello con corna e zoccoli (70,31-32).
Bisogna passare per il deserto e soggiornarvi per ricevere la grazia di Dio: è là che ci
si svuota, che si caccia da sé tutto ciò che non è Dio e che si svuota completamente
questa piccola casa della nostra anima per lasciare tutto il posto a Dio solo. […] È
indispensabile. È un tempo di grazia. È un periodo attraverso il quale ogni anima che
vuole portare dei frutti deve necessariamente passare; le occorre questo silenzio,
questo raccoglimento, questo oblio di tutto il creato in mezzo ai quali Dio stabilisce in
lei il suo regno e forma in lei lo spirito interiore, la vita intima con Dio, la conversione
dell’anima con Dio nella fede, nella speranza e nella carità. Più tardi l’anima produrrà
dei frutti esattamente nella misura in cui l’uomo interiore si sarà formato in essa. Se
questa vita interiore è nulla, si potrà anche avere dello zelo, delle buone intenzioni,
molto lavoro, i frutti saranno nulli; è una sorgente che vorrebbe donare la santità agli
altri ma che non può non avendola; non si dona se non ciò che si ha: ed è nella
solitudine, in questa vita solo con Dio solo, in questo raccoglimento profondo
dell’anima che dimentica tutto il creato per vivere sola nell’unione con Dio, che Dio si
dona interamente a colui che pure si dona interamente a Lui.
[…] In ciò non temete di essere infedele ai vostri doveri verso le creature; è al
contrario il solo mezzo per voi di servirle efficacemente: guardate san Paolo, san
Benedetto, san Patrizio, san Gregorio Magno, tanti altri quanto tempo di raccoglimento
e di silenzio! Salite più in alto: guardate san Giovanni Battista, guardate Nostro
Signore. Nostro Signore non ne aveva bisogno ma ha voluto darci l’esempio. Rendete
a Dio ciò che è di Dio3.
2. LA PREGHIERA PERSONALE: «INSEGNACI A PREGARE»
2.1. PREGARE PER RICONOSCERSI FIGLI
Spesso parliamo della preghiera come del dialogo dell’uomo con Dio. Ed è molto vero
che noi dialoghiamo con Dio: Egli è persona, che ci viene incontro, e si apre verso noi;
e noi siamo persone libere, capaci di aprirci a Dio. Sotto questo aspetto possiamo
veramente usare l’immagine del dialogo e del colloquio per pensare e presentare la
preghiera. Ma non è meno vero che questa è soltanto un’immagine. […] Vi è infatti
3 Cfr. A. ROBERT - P. SOURISSEAU (ed.), Charles de Foucauld. «Cette chère dernière place».
Lettres a mes frères de la trappe, Cerf, Paris 1991, 182-184.
3
una sproporzione indicibile tra noi e Dio: non siamo due realtà, noi e Dio, comparabili o
commisurabili tra di loro, che possano darsi appuntamento. In realtà Egli è prima di noi
[…]. Dio è «prima» perché è il fondamento e la ragione stessa […] di tutto ciò che noi
siamo. È Lui che, in Gesù Cristo, viene a cercarci.
[…] Prendere coscienza di essere figli, accettare e ratificare questa nostra profonda
realtà […]: questa è la preghiera4.
Anzitutto, […] il luogo del mio incontro con Dio è il legame tra me e Gesù Cristo. Che io
diventi figlio di Dio come Gesù Cristo: questo è l’incontro con Dio. […] E in secondo
luogo «il tempio dell’umanità di Cristo» è l’intera umanità […]. Non è possibile
incontrare Dio senza incontrare tutto ciò che Dio incontra, e di cui è la ragione
d’essere, […] senza incontrare tutto il mondo in Lui 5.
2.2. DOMANDARE LA PREGHIERA
Non c’è per la preghiera un «certificato di attitudine professionale».
Per ragioni esterne o interiori bisogna, una volta o l’altra, convenire che non si sa o
che non si può pregare.
Bisogna:
Credere che la preghiera è assolutamente necessaria perché la vita del Cristo in noi
sia vivente attiva e feconda.
La certezza di questa necessità e una conseguenza della fede. Pregare ci è dato così
come ci è data la fede, con la fede. Se non la domandiamo, la preghiera resta al
«punto morto», e se cessiamo di domandarla si dilegua, «ci esce dallo spirito».
Credere che, per poter pregare, la buona volontà non basta, se non conduce a
rivolgere a Dio questa supplica: «Signore, insegnaci a pregare».
Credere che, per poter pregare, i nostri sforzi – da soli – sono incapaci di fondare in noi
la necessità della preghiera. Letture e riflessioni su di essa, contemplazioni della vita
del Signore e della sua preghiera, ricerche di ciò che egli ne ha detto e attenzione alle
sue parole: tutto questo non è efficace se non domandiamo, con la fede, che ci sia i
noi più fede per essere certi che la preghiera è per noi questione di vita o di «morte
lenta»; che, senza preghiera, la vita del Cristo vivacchia in noi; che, per così dire, essa
non fa altro che sussistere 6.
2.3. IL «SACRIFICIO» DELLA PREGHIERA
Pregare è cessare di fare ogni altra cosa, è prima di tutto sradicarsi da ciò che si fa per
parlare a Dio.
Pregare non è separarsi dagli altri, disimpegnarsi da ciò che si deve fare, ma guardare
effettivamente verso Dio, parlargli faccia a faccia, senza volgere la testa o voltargli le
spalle per cercare nello stesso tempo di vedere qualcuno o qualche cosa.
Pregare è avere a che fare con Dio, così come noi avremo a che fare con Lui, solo, nel
momento di morire. In quel momento non si ricordano gli altri né si abbandonano per
evasione o indifferenza, ma è l’ora per noi di dare la nostra vita, il nostro «giro di
morte» nel mondo e per il mondo.
4 G. MOIOLI, Temi cristiani maggiori, Glossa, Milano 19922, 102.
5 Ivi,104-105.
6 M. DELBRÊL, Che gioia credere, Gribaudi, Torino 1968, 245-246.
4
Pregare e andare a un sacrificio che ciascuno deve offrire. Lasciare coloro che
lasciamo, abbandonare coloro che abbandoniamo costituisce in parte il sacrificio della
preghiera7.
La preghiera che ci è domandata è anzitutto un sacrificio.
È un prelevamento di tempo il cui solo fine sarà di venire offerto a Dio.
Questo aspetto della preghiera è di capitale importanza per noi, perché è nella nostra
vita quotidiana il richiamo, l’attuazione dell’appartenenza a Dio che noi pretendiamo di
avere scelto.
Da questo punto di vista, pregare è preferire Dio.
È anche amare senza finzione gli altri […].
È infine fortificare in noi la volontà del sacrificio, senza il quale il celibato,
l’obbedienza, il coraggio da sostenere resterebbero anemici.
Delle convinzioni solide in questo campo ci permetteranno di trovare ogni giorno un
tempo riservato soltanto a Dio. Ragioni valide per non trovare questo tempo possono
esistere costantemente […]. Oppure queste ragioni sono episodiche […]. Per
l’indispensabile, per il necessario alla vita di coloro che amiamo o alla nostra vita, si
trova sempre il tempo che occorre. Così, non troveremo per pregare il tempo che
generalmente sembrerebbe possibile a ciascuno di noi, se non lo consideriamo
necessario. Bisogna dunque ricercare, prima di tutto, perché è necessario trovare il
tempo di pregare8.
Occorre, per «trivellare» la nostra vita, per installare dei pozzi di preghiera, guardare
prima i minuti spazi disponibili, reperire i momenti più adatti, riconoscere quelli che
potranno meglio ravvivare le ore in cui la nostra fede la nostra speranza la nostra
carità sembrano logorarsi, esaurirsi.
Occorre valutare con lucidità se alzarci cinque minuti più presto per inaugurare la
giornata con Dio, per quanto abbrutiti intorpiditi èbeti noi siamo, nuoccia seriamente
alla nostra salute. Se fare attendere alcuni minuti la tal persona offenda per davvero la
carità. Se il tal lavoro intellettuale urgente soffrirà proprio se gli sottrarremmo cinque
minuti prima di cominciarlo. Se l’urgenza della scopa o della lavatrice non può
aspettare alcuni minuti che ci consentano di pregare, così come non potrebbe
aspettare se qualcuno arrivasse a dirci una o più parole… o se il telefono squillasse… 9
2.4. LA PREGHIERA NELLA CHIESA
Senza la preghiera, la chiesa rischierà di restare per noi un corpo sociale invece di
essere il Corpo Mistico di Cristo: una specie d’armata dei combattenti spirituali in cui
ciascuno ha il suo grado; non questo Corpo di cui «noi siamo membri» con le sue
relazioni vitali, il suo ordine vitale, i suoi valori vitali.
Senza la preghiera, noi non sapremo sino a che punto l’obbedienza a delle leggi
viventi differisca dalla disciplina.
Senza preghiera, sarà difficile che la Chiesa sia per noi Gesù Cristo.
Noi non percepiamo a quali rapporti siamo chiamati in essa: i rapporti tra gli altri e noi
o tra noi e gli altri sono sempre Gesù Cristo che va a Gesù Cristo o che viene da Gesù
Cristo.
[…] Senza la preghiera, la Chiesa potrà darci tutti i tesori che le domanderemo: la vita
di Dio nel battesimo, il sangue del Cristo nella penitenza, il Cristo totale della
7 Ivi, 247.
8 Ivi, 229-230.
9 Ivi, 253-254.
5
Comunione, l’unità segnata dal sangue di tutte le messe e il loro sacrificio ininterrotto:
tutto questo ci sarà dato, ma noi non ne serberemo che una parte, senza la
preghiera10.
2.5. LA PREGHIERA E LA PROPRIA VOCAZIONE
Il dialogo e l’incontro con Dio sono un fatto totale della persona, e la preghiera è
l’espressione riflessa di questo fatto. Solo a questo titolo essa diviene autentica: man
mano cioè che la vita diviene coerente alla volontà di Dio e la nostra esistenza si fa
veramente filiale.
Per questo la preghiera, come la carità, dovrebbe apparirci, più che un punto di
partenza, un punto di arrivo. È un traguardo non facile e non subito raggiunto: la
strada da percorrere perché le parole si accordino alla realtà e la realtà vissuta inveri
le parole, così che diventino pienamente autentiche, è molto lunga. A quel punto, anzi,
le parole perdono d’importanza e possono risultare superflue.
[…] Quando la vita è volontà di Dio attuata, è perfettamente preghiera: vita dei figli di
Dio, guidati dallo Spirito Santo.
[…] In conclusione, il primato è della comunione vissuta. Senza dubbio abbiamo
bisogno di dire a Dio che vogliamo essere la sua volontà, e in questo senso la
preghiera è uno dei momenti più forti per adeguare la nostra esistenza all’impegno di
una totale comunione con il Signore. Ma è sempre la vita che garantisce l’autenticità
della preghiera11.
Se vengono meno i tempi lunghi di preghiera e di meditazione anche le più chiare
motivazioni si stemperano o si perdono.
La tiepidezza, la superficialità, la sfiducia, il disimpegno, la stanchezza, le tensioni si
vincono con una costante e ostinata preghiera e con dei tempi di silenzio e di ritiro per
riscoprire il volto di Gesù Cristo, il primo volontario che ha “dato la vita per i propri
amici”12.
3. …PER LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
3.1. PREGARE… PER CONTEMPLARE
Il nostro sforzo sarà quello di lasciarci possedere dalla grazia, da Gesù stesso, dal Gesù
che camminava sulle strade, tra i poveri e coloro che avevano fame e sete di giustizia.
Questa meta di “contemplazione sulle strade” è una vetta alla quale dobbiamo
tendere con tutte le nostre forze, per essere dei glorificatori di Dio, per diventare un
Vangelo vivente e una speranza verace per gli oppressi. Senza questa tensione di
contemplazione nelle situazioni più scomode e disparate, non potremo mai rendere
credibile Gesù Cristo e il nostro servizio di amore-condivisione: è la forte vita interiore,
preghiera ed unione con il Signore, che ci fa essere perfetta letizia e combattenti
silenziosi ed umili per le grandi cause degli emarginati, che dobbiamo amare con la
massima delicatezza13.
3.2. PREGARE… PER SERVIRE
10 Ivi, 226.
11 G. MOIOLI, Temi cristiani maggiori, 107-108.
12 Don Enzo Boschetti, citato in: M. LOVAGNINI, Parola e silenzio, 62.
13 Don Enzo Boschetti, citato in: A. CRISTIANI, Don Enzo Boschetti: un carisma per servire il
fratello, CdG, Pavia 1997, 241.
6
Il profeta Elia […] era un implacabile cercatore e ascoltatore della Parola di Dio e […]
aveva capito che la sua vita aveva ragione d’essere solo in rapporto al servizio, e il
primo servizio che dobbiamo rendere ai fratelli, con l’aiuto di Dio è la verità che
scopriremo se saremo perseveranti e con umiltà protesi verso il silenzio di Dio
nell’anima14.
La comunione con Dio e la comunione con i fratelli hanno una medesima radice e una
non può stare senza l’altra; è questo un patrimonio culturale e teologale, del quale non
puoi privarti, ma che dovrai ulteriormente incrementare con dei tempi lunghi di
preghiera e delle forti esperienze di contemplazione, proprio perché siamo pressati dal
servizio15.
La preghiera è il grido della tua fede, come il servizio è l’attualizzazione dell’amore. Se
non preghi, il tuo servizio è senz’anima, è assistenzialismo e la tua proposta non
diventa la proposta di Cristo.
Per credere dobbiamo pregare.
Per prendere coscienza de i nostri peccati e dei nostri colpevoli fallimenti dobbiamo
pregare.
Per liberarci dei nostri pregiudizi e conoscere i fratelli amandoli, dando risposte
tempestive e di condivisione alla loro sofferenza, dobbiamo pregare.
Il momento della preghiera «non è evasione, ma invasione del divino nella storia»
(Paolo VI)16.
3.1. PREGARE… PER LE VOCAZIONI: «FRATELLO, SORELLA, INSEGNAMI A
PREGARE!»
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli
disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi
discepoli» (Lc 11,1).
Una forte esperienza di Gesù è possibile solo a livello di preghiera e di fede e allora è
necessario verificare la nostra fedeltà ai tempi di preghiera e viverla in modo da dare
un respiro di fede a tutto quanto pensiamo, diciamo o facciamo.
Il problema della nostra vocazione implica il problema delle vocazioni e lo viviamo
nella misura in cui siamo consapevoli della nostra responsabilità.
Le vocazioni non nascono dalle parole vane, dai lunghi discorsi, dai ragionamenti
raffinati, ma dall’incontro gioioso e nello stesso tempo faticoso con Lui, il Maestro. Il
nostro sforzo, anzitutto, sarà quello di vivere molto intensamente la nostra vocazione,
così da portare in modo quasi insensibile, coloro che avviciniamo, a vivere delle forti
esperienze di preghiera e di solitudine per lasciarsi compenetrare dalla grazia e per
acquisire una capacità nuova di giudicare secondo Dio, relativizzando tutto il resto.
Quest’aspetto non dovrà mai essere dimenticato17.
14 E. BOSCHETTI, Le radici del servizio, 125.
15 Ivi, 129.
16 E. BOSCHETTI, Donarsi nel servizio. Meditazioni-riflessioni per ritiri spirituali e tempi di
verifica, OCD, Roma 2008, 39; dal Direttorio della Casa del Giovane.
17 E. BOSCHETTI, Donarsi nel servizio, 42.
7