LA PESTE A TREGNAGO di Simone Fiorio La peste, così ben
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LA PESTE A TREGNAGO di Simone Fiorio La peste, così ben
LA PESTE A TREGNAGO di Simone Fiorio La peste, così ben descritta in ogni suo terribile aspetto ne “I Promessi sposi”, colpì anche il territorio veronese. Secondo “Il gran contagio del milleseicentotrenta” del medico Gianfrancesco Pona, opera che descrive puntualmente l’epidemia in Verona in ogni sua fase, morirono circa trentamila persone, i tre quarti degli abitanti1. Come nel Manzoni, anche nel libello del medico scaligero, sono emblematiche le immagini di disperazione e di morte nel lazzaretto del Pestrino (costruito il secolo precedente dal Sammicheli e distrutto quasi completamente dai tedeschi in fuga nel 1945). All’inizio del 1631, quando il morbo si sta già lentamente estinguendo, l’ Ufficio della Sanità di Verona, nella figura del Provveditore nominato, il cavaliere Valleresso, ordina un censimento, in ogni villa del territorio, dei morti di peste. I messi incaricati, nobili veronesi, si recano quindi nei vari centri della provincia, accompagnati da un notaio, e interrogano massari, consiglieri e semplici cittadini, per sapere in che modo il flagello avesse colpito il territorio in oggetto, se le autorità avessero adottato i giusti interventi di profilassi e per scongiurare un ulteriore diffondersi della malattia. Si chiedevano il numero dei decessi dalla Pasqua del 1630 fino alla fine dell’anno, gli ammalati ancora sospetti di contagio e se vi fossero stati uomini che non avessero fatto testamento prima di morire. Per quanto riguarda Tregnago, massaro e consiglieri furono interrogati dal deputato della Sanità, cavalier Agostino Maffei, che salì in paese il 22 gennaio 1631, dopo essere stato, prima, a Cellore. Il Maffei era accompagnato dal nodaro Tebaldo Sorio, il quale, appunto, aveva il compito di redigere i verbali. Riportiamo qui lo stralcio che riguarda la visita a Tregnago, tanto per capire quanto fortemente la peste avesse colpito il paese e le contrade. Gli abitanti periti per l’epidemia furono, addirittura, il 61% del totale2. Tali dati, più o meno, si registrarono anche nelle ville vicine3. Transferitosi il Magnifico Illustrissimo Signor Agostino Maffeo come avanti nella villa sudetta in esecutione delli ordini videlicet. 1 PONA F., Il gran contagio del milleseicento e trenta, a cura di G.P. Marchi, Verona 1971 FILIPPI E., L’antico comune di Tregnago nei primi decenni del Seicento (appunti di geografia storica), in «Cimbri/Tzimbar» a. VIII, n. 16 luglio-dicembre 1996. 2 33 Per i seguenti dati riguardo alle visite di Tregnago e comuni del territorio, si veda: ASVR, Ufficio di Sanità, Visite delle ville del territorio-Relazioni, reg. 191, cc 310-319 e 471-472. Fatto venire Agostino Batistella, massaro, Bortolamio Casari, Oliver Ferrari, Ippolito Vicentin, Giulio Ferrari, Antonio Paganotti conseglieri i quali fu dato giuramento come di sopra di rispondere con verità et cetera. Ricercati quante persone siino morte dal primo di decembrio prossimo passato in qua, et de che male siino morti, risposero esser morti: Fanciulli d’anni 12 in giù: n° 2, l’uno de quali con sospetto contaggio puol esser giorni otto in circa, la qual casa fu anco sequestrata dal massaro di detta villa; qual casa è discosta circa un miglio dalla villa. Fatto venire anco il signor Camillo Franchini chirurgo in detta villa, rifferì non haver medicato in Tregnago dal primo de decembrio in qua alcun di contaggio. Ricercati li suddetti huomini, se sano et alcuno sii amalato al presente et di che sorte di male et quanto tempo et siano amalati, risposero non esservi altri amalati che in tutto tre; l’uno de quali è Giovan Giacomo Finetto padre della già detta fanciula morta di contaggio, amalato avanti la sudetta creatura et questo è pur amalato di bugna ne al presente vi sono altri aggravati di tal infirmità, la qual sopraddetta casa fu immediate sequestrata dal comun come si è detto per avanti. In diffetto delli deputati fu imposto al sudetto comun che dassero in nota li più alti a tal carico in esecutione furon elletti: Illustrissimo signor Giovan Battista Cepolla, Bortolomio Asti, Giulio Ferrari, Gregorio Moscardini a quali fu intimato sotto le pene contenute nelli ordini di sua Eccellenza che debbino esercitar il loro carico diligentemente et fedelmente et in particolar nel procurar di saper di tempo in tempo quelli che si ammalassero et di che sorte d’infirmità dandone esato conto di tempo in tempo conforme li ordini soprascritti er di far sborar le robbe della sudetta casa sequestrata et abbruggiar la pena del letto del suddetto infermo. Li morti dalla Santissima Pasqua di Resurretione in qua sono videlicet: Fanciulli di anni 12 in giù: n° 208 Huomini d’anni 12 in su: 222. Donne d’anni 12 in su: n° 184 tot: n° 614. Li vivi che si ritrovano di presente in detta villa sono: Fanciulli d’anni 12 in giù: n° 119. Huomini d’anni 12 in su: n° 149. Donne d’anni 12 in su: n° 193. Tot: n° 461 Nella sudetta villa non si ha trovato alcuno che sii morto senza heredi legitimi, così è stato rifferito dalli suddetti huomini, a quali fu intimato che in tutto e per tutto siino eseguiti li ordini di sua Eccellenza sotto le pene contenute come per avanti così alli huomini di detto comun come alli deputati. Da queste righe, capiamo come la calamità, in gennaio, non fosse del tutto cessata, e come il timore che il contagio riprendesse risultasse ben palpabile. Il Maffei pernottò in paese probabilmente, visto che l’indomani lo troviamo nella villa di Centro, oggi frazione del comune di Tregnago (dal 1954), ma un tempo comunità autonoma. Riportiamo anche il verbale di quella visita, dalla quale, però, non ricaviamo poi tante informazioni. Il pericolo che un caso sospetto denunciato potesse portare allo “sboro delle robbe” e a dar fuoco a letto e agli effetti del malato contribuiva forse al tacere di alcuni casi, da parte degli stessi interessati. O forse certe contrade erano ben isolate, e le informazioni a riguardo erano assai poche. A Centro morì il 74% degli abitanti4. Adì 23 genaro nella villa di Centro. Fatto venire Christan Malaffo massaro, Michel Laghetto et Giovan Battista Guglielmini in diffetto d’altri, a quali fu dato il giuramento come per avanti. Ricercati quante persone siino morte dal primo de decembrio passato in qua, di che qualità de male et in quanto tempo siino morti fu da essi risposto non esser morto alcuno di alcuna infirmità et non esservi manco amalati di alcuna sorte nella sua villa et per non esservi in detta villa alcun deputato alla sanità in conformità delli ordini sudetti furono elletti li infrascritti: Christan Malaffo, Giovan Battista Guglielmin et Michel Laghetto a quali fu raccomanadata la pontuale esecutione delli ordini di sua eccellenza in tutto e per tutto, così delli sequestri, come delli sborri et altro occorrendo per zelo della publica salute sotto le pene contenute come di sopra. Li morti dalla Santissima Pasqua di Resurretione passata sino il primo decembrio passato sono: Fanciulli d’anni 12 in giù: n° 13. Huomini d’anni 12 in su: n° 42. Donne d’anni 12 in su: n° 31. tot: n° 86 4 FILIPPI E., L’antico comune di Tregnago nei primi decenni del Seicento (appunti di geografia storica), in «Cimbri/Tzimbar» a. VIII, n. 16 luglio-dicembre 1996. Li vivi al presente: Fanciulli d’anni 12 in giù: n° 4. Huomini d’anni 12 in su: n° 12. Donne d’anni 12 in su: n° 14 tot: 30 Nella suddetta villa non si ha trovato alcuno che sii morto senza heredi. Le fu raccomandato la esecutione de mandati di sua Eccellenza alli huomini et deputati sudetti sotto le pene eccetera. Maffei e Sorio proseguirono la visita in altre comunità della zona: Pernigo (oggi San Valentino di Badia Calavena), e Cogollo. In quest’ultimo luogo, morì quasi il 60% della popolazione. Ecco cosa riportò il Sorio della visita. Adì soprasseduto nella villa di Cogollo. Fatto venir Iseppo Cicheri massaro, Giovanni Battista Rigoletti consiliero, Giovanni Maria Cantari, Donise Lercho, Francesco Coracina, Antonio Masero huomini del sudetto comun a quali conforme li ordini sopraddetti fu dato giuramento di risponder con verità a quanto saranno ricercati, alla presenza et assistenza anco del Reverendo Rettore de dicto loco. Ricercati se sii morto alcuno nel suo comune dal primo decembrio passato in qua, risposero non esservi morto alcuno, ne meno che se vi ritrovi amalati de alcuna sorte per Gratia di Iddio. Et in diffetto delli già morti deputati furono elletti li infrascritti Domenico Deserini, Giovanni Maria Cantari, Antonio Maseri a quali in tutto e per tutto si comise la esecutione delli ordini di sua eccellenza così presenti come di già stampati sotto le pene eccetera. Ricercati se nel suo comune vi sii morto alcuno senza heredi legittimi, risposero non esservene alcuno. Et le fu intimato et pontualmente eseguissero occorrendo li ordini eccetera. Morti dalla Santissima Pasqua de resurretione in qua: Fanciulli d’anni 12 in giù: n° 41. Huomini d’anni 12 in su: n° 65. Donne d’anni 12 in su: n° 49. tot: n° 155 Vivi al presente: Fanciulli d’anni 12 in giù: n° 18. Huomini d’anni 12 in su: n° 35. Donne d’anni 12 in su: n° 51. tot: n° 104 Et le fu intimata l’esecutione delli già detti ordini sotto le pene eccetera. Visitate le ville di Badia, di Vestena e Castelvero, il Maffei arriva quindi a Marcemigo, allora comune autonomo. Adì 3 febraro nella villa di Marcemigo Fatto venir Oratio Galvan massaro, Francesco Roncolato, Gieronimo Zanfretta, Antonio Fioco, Giovan Batista Legnaghi, Iseppo Masorgo conseglieri a quali fu dato giuramento come di sopra con realtà et fedeltà sotto le pene eccetera. Interrogati se sii morto alcuno nella sua villa dal primo decembrio passato in qua, risposero non esservi morto alcuno, ne manco essevene alcuno de amalati. Et per non esservi deputati alla Sanità, furono elletti li infrascritti videlicet: Gieronimo Zanfretta, Antonio Fiochi, Gio Batista Legnago alli quali fu intimato come di sopra et sotto lepene eccetera. Li morti dalla Santissima Pasqua di Resurretione sino al primo decembre sono videlicet: Fanciulli d’anni 12 in giù: n° 97. Huomini d’anni 12 in su: n° 84. Donne d’anni 12 in su: n° 85. tot: n° 266 Vivi al presente: Fanciulli d’anni 12 in giù: n° 26 Huomini d’anni 12 in su: n° 43 Donne d’anni 12 in su: n° 56. tot: n° 125 Ricercati se sii morto alcuno nella sua villa senza heredi legitimi, risposero non esservene morto alcuno et medesmamente le fu intimato come di sopra a non trasgredir et eseguir diligentemente li ordini impostili a nome di sua Eccellenza Illustrissima et sotto le pene eccetera. Il 7 febbraio, il Maffei ricevi gli emissari della comunità di Progno, che lo raggiungono a Cogollo per via delle difficoltà per la neve e il ghiaccio. Pure lo stesso Maffei era stato costretto a rallentare il viaggio per le condizioni del tempo che crearono grandi disagi. Due giorni prima, il 5 febbraio, infatti, aveva scritto a Verona dicendo che era caduto da cavallo per il ghiaccio e che era rimasto fermo per dieci giorni. Gli mancava solo di visitare Progno. Aveva comunque fatto pervenire le indicazioni a quelli di Selva su ciò che havevano a che fare. La peste era una costante minaccia per le popolazioni tra medioevo ed età moderna, così come la carestia e la guerra. Le epidemie più gravi avvennero in concomitanza con una o entrambe queste ultime situazioni. Quella del 1630 scoppiò durante l’assedio di Mantova da parte dei lanzichenecchi tedeschi, untori del male, nella guerra di devoluzione del principato dei Gonzaga. Nel 1511-12 scoppiò un’altra epidemia nel bel mezzo della guerra di Venezia contro le forze della Lega di Cambrai. Per tutto il secolo XVI occorsero brevi epidemie, il più delle volte oltralpe. In tali circostanze, le autorità venete si adoperarono a controllare gli accessi nei grossi centri, in occasione di fiere e commerci. Furono istituiti caselli a guardia delle principali vie, a spese delle comunità; gli uomini preposti erano obbligati a far circolare solo viaggiatori muniti di lasciapassare, le fedi di sanità, vere e proprie patenti in cui si segnavano i luoghi in cui si era transitati. Tregnago era un comune posto al confine con il Vicentino. Oltre la Bellocca, stava San Giovanni “alla Rogna” (Ilarione), comunità sottoposta alla amministrazione berica. Tra Finetti e Cattignano, era posto un “restello” di guardia a confine della “via vicentina” nel 1713, con quattro uomini5. Il Comune di Tregnago, inoltre, contribuiva a inviare alcuni suoi elementi a difesa del Passo della Pertica nel XVI secolo; esso conduceva all’importante via per Ala di Trento. Tradizionalmente, tale luogo era difeso dagli uomini di Selva, Badia e San Bartolomeo al Tedesco, comunità che dal 1616, assieme ad altre dieci contigue, formavano i Tredici Comuni Veronesi, composti da popolazioni “cimbre”, ovvero di origine germanica. In base ad antichi patti intercorsi prima con l’episcopio e poi con la famiglia Della Scala, i cimbri si impegnavano a custodire i passi che davano al Tirolo, godendo, per questo di particolari esenzioni fiscali. Come mai anche Tregnago partecipava alla custodia del Pertica, nonostante il nostro paese non appartenesse alle tredici comunità cimbre? Al tempo, il comune tregnaghese comprendeva una importante “enclave” a ridosso del comune di Badia Calavena, 5 ASVR, Ufficio di Sanità, Restelli per il territorio-Visite delli Provedidori e scritture in tal materia, aa 1629-1735, reg. 79. sottoposto all’abbazia di San Pietro. Erano le “Montagne di Tregnago” o “Comunità dei Maseri”, abitate via via fin dal XIV secolo da tedeschi vicentini, dalle valli Tirolesi e da zone finitime chiamati dagli abati a lavorare i terreni incolti. Esse, incuneate tra Sprea e il monte San Piero, pagavano da sempre le decime alla pieve di Santa Maria e furono oggetto di vertenze con gli abati di Calavena che ne esigevano il controllo fiscale. Dopo innumerevoli diatribe, solo nel Seicento questi casali, appartenenti amministrativamente a Tregnago, finirono per far parte di Badia, dopo sentenza favorevole dei Rettori veneti. Avendo così Tregnago una parte di popolazione di chiara ascendenza tedesca, sottoposta ai patti del 1287 poi via via rinnovati, si doveva contribuire quindi alla custodia dei passi montani in tempore pestis, così come facevano già gli uomini di Velo, Badia e le altre ville cimbre6. Vediamo ora alcune disposizioni dell’Ufficio di Sanità per quanto riguarda Tregnago, in occasione di possibili epidemie. Ad esempio, nel 1598 si ordina al vicario di Tregnago di porre attenzione alla vigilanza delle vie per la fiera di San Martino per li duo giorni soliti. Si prega l’ufficiale di far al tempo debito custodire i passi che menano a Tregnago per modo che non possi venir alcuno da qual luogo si voglia ne con robbe ne con animali per la dicta sagra, non prohibendo però a quelli del territorio veronese di poter venire senza mercantia et senza animali per devotione alle chiese con le fedi loro legitime7. Le fiere erano un’occasione di scambio e incontri tra la popolazione, e questo poteva essere pericoloso durante un contagio. In quegli anni c’erano casi di peste oltralpe e nel nord Italia. Stessa sorte della fiera tregnaghese era toccata due anni prima alle feste di San Moro di Saline (settembre 1596) e Bolca (ottobre 1598) 8. Al tempo le due località erano comprese nella vicaria di Tregnago, amministrata dal nobile Zeno Maffei. Sarebbe poi interessante sviluppare l’argomento, magari indagando sulla particolare devozione per san Rocco e san Sebastiano, tradizionali adiutores in questi casi. Molti altari a essi intitolati sorsero in Lessinia, così come colonnette e capitelli. Anche nelle scelte testamentarie, tali manufatti furono ampiamente beneficiati9. 6 VALDEGAMBERI S., I nomi raccontano la storia, p. 301. ASVR, Ufficio di Sanità, Raccolta Proclami ordini di sanità 1555-1600 P°, reg. 33, c. 412. 8 ASVR, Ufficio di Sanità, Raccolta Proclami ordini di sanità 1555-1600 P°, reg. 33, c. 394. 9 CAPORAL C., Tradizione e iconografia di alcuni santi «adiutores» nella Lessinia orientale, in «Lessinia ieri oggi domani» 1988. Il culto del santo nativo di Montpellier (m. 1327) in Verona risale alla epidemia del 1478-1480: le autorità ordinarono una processione votiva il 16 di agosto, festa del santo, presso la chiesa di S. Alessandro di Quinzano, che verrà poi a lui intitolata. Alcuni anni più tardi nasce una Compagnia della Beata Vergine, S. Rocco e S. Sebastiano presso la chiesa dei francescani di S. Bernardino di Verona. Le reliquie del santo furono trafugate dai Veneziani, col pretesto di un pellegrinaggio, da Montpellier e portate a Venezia nella chiesa appositamente costruita tra 1489 e 1508 (BIANCOLINI G., Supplementi alla cronica di Pier Zagata, vol. II della II parte, Verona 1749, p. 87 e vol. III, 1752, p. 489. 7