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Cap. 1 I FLUIDI ELETTRICI 1.1 Da Gilbert a Franklin. Gilbert chiamò "vis electrica" il fenomeno che faceva muovere i corpi leggeri verso oggetti quali l’ambra, il vetro, la resina ed altri una volta che questi erano stati strofinati. Solo nel 1600, dunque, (Pubblicazione del De Magnete di Gilbert) i fenomeni elettrici e magnetici vennero definiti come due cose diverse. Dalla nascita del termine "elettrico” alla formazione di una vera scienza passeranno però quasi due secoli. Sono quindi da considerare semplici ipotesi ancorate ad osservazioni o sperimentazioni di natura qualitativa, i primi tentativi di spiegare il fenomeno elettrico fatto dagli studiosi durante tutto il seicento e parte del settecento. Fra questi ricorderò solo l’ipotesi di Gilbert, non perché la migliore, ma solo perché la prima. Ancora in un periodo di transizione fra l’antico modo di vedere, direttamente derivato dai greci e la cosiddetta nuova scienza che troverà in Galileo, Descartes e Newton i suoi principali artefici; molti scienziati nel tentare una spiegazione dei fenomeni fisici, mescolavano elementi magici ed elementi scientifici. Tornando a Gilbert, egli pensava che l’attrazione elettrica non fosse dovuta ad un movimento dell’aria; ma trovò anche che l’attrazione veniva a mancare se si frapponeva fra l’oggetto elettrizzato e i corpi leggeri uno spesso foglio di carta o se si immergeva il primo in acqua. Da queste osservazioni concluse che il fenomeno poteva ben essere spiegato come un effluvio che esce dal corpo quando questi è strofinato e poi rientra portando con sé i corpi leggeri che incontra. “Dimostrato che l’attrazione elettrica non è dovuta al moto dell’aria, Gilbert asserisce che qualcosa deve passare tra i corpi, e parla in proposito di un “respiro” emanante dal corpo che esercita l’attrazione; questo respiro raggiunge un corpo che si trovi all’interno del raggio di azione degli effluvi e unisce i due. Gilbert paragona l’emissione di effluvi a quella di odori” (da M.B, Hesse: “Forze e campi” pag 107.) Sostiene quindi un’azione per contatto. “Poiché, dal momento che nessuna azione può aver luogo per mezzo di materia se non attraverso un contatto, se questi corpi elettrici non si toccano, é inevitabile che qualcosa passi dall’uno all’altro, qualcosa che possa esercitare uno stretto contatto ed essere l’inizio di tale eccitazione”. (ibid pag 107) Diversamente interpretò il fenomeno magnetico, infatti il magnete attirava il ferro anche se fra questi si frapponeva lo schermo che fermava l’azione elettrica. Per spiegare l’azione magnetica fu costretto perciò ad abbandonare l’idea dell’azione per contatto. Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 1 Cercò allora di spiegare il fenomeno come un’azione a distanza. 1 Ma fu appunto nel tentativo di accettare e di spiegare l’azione a distanza dove la scienza del seicento trovò le più grosse difficoltà. Gilbert, come ho già detto, è a cavallo fra il vecchio e il nuovo e in questo caso si rifà al vecchio e fornisce di un’anima la sua magnetite, ed é questa che, nell’anelito ad unirsi con il simile, attira a sé il ferro, dandogli nello stesso tempo la sua stessa capacità di attrarre (induzione magnetica). Dopo Gilbert le successive ricerche nel campo dell’elettrologia furono essenzialmente empiriche con l’assunzione di ipotesi elementari, questo perché il nuovo fenomeno prima di diventare scienza, grazie ad una teoria, aveva bisogno di osservazioni, e questi dati incominciarono ad arrivare, ma prima di poter costituire un insieme sufficiente di esperienze bisognò attendere la metà del ‘700. Vediamo dunque quali erano questi dati. Soltanto nel 1663 si arrivò a verificare l’esistenza anche della forza repulsiva da parte di Von Guericke. 2 Ancora sessanta anni passarono prima della scoperta di un nuovo importante fenomeno. Il fisico inglese Stephen Gray, sviluppando gli studi di Guericke, scopri nel 1729 il fenomeno dell’induzione elettrostatica. Provò successivamente che non é la massa di corpi che è interessata nel fenomeno dell’elettricità; infatti due cubi di legno delle stesse dimensioni, uno vuoto ed uno pieno, caricati nello stesso modo, producevano gli stessi fenomeni; da ciò concluse che l’elettricità era un fenomeno di superficie e non di volume perciò diversa dalla gravità. Proseguì poi le sue esperienze e scoprì un altro fenomeno di capitale importanza. Egli infatti trovò (1733) che alcuni corpi potevano portare il fenomeno elettrico da un corpo ad un altro. L’importanza di queste osservazioni sta nel concetto stesso dell’elettricità che ancora era spiegato nei termini di Gilbert, dove l’effluvio era inerente al corpo strofinato. La possibilità, ora provata, di far sì che qualsiasi corpo potesse acquisire la, o parte della, capacità elettrica di un altro senza essere strofinato (unico modo noto allora per elettrizzare i corpi) fece Per Descartes il problema dell’azione a distanza non esiste. Dato che l’universo è pieno e ogni azione deve avvenire per contatto; è la “matiére subtile” che pervade tutto l’universo, che trasmette ogni fenomeno per contatto. Egli costruisce un sistema fisico basato sui concetti di estensione e movimento (le uniche realtà del mondo) e sul bisogno di allontanarsi da alcune ipotesi del passato. Ma, nel suo bisogno, è costretto in alcuni casi a fare delle ipotesi evidentemente molto al di là dell’esperienza. A parte ciò, è con Descartes che nasce il primo, moderno, sistema meccanicistico. Al sistema “pieno” di Cartesio si contrappone l’universo vuoto di Newton. La costruzione di Newton al contrario della precedente, non cerca di spiegare le cause dei fenomeni, ma si limita a studiarli e li collega a equazioni matematiche. Per spiegare l’attrazione gravitazionale Newton propone che la forza sia considerata come se agisse a distanza, con propagazione istantanea e diretta lungo la congiungente dei corpi. Pone, però, ben in evidenza che egli non cerca di spiegare le cause della gravitazione ma solo gli effetti. Da questi due grandi sistemi discendono due scuole contrapposte: una del continuo, che parla solo di azione per contatto e non ammette l’esistenza di particelle ultime della materia (i cosiddetti atomi). La seconda, trascendendo i propositi del fondatore, parla dell’azione gravitazionale, intesa come azione a distanza, come di una qualità inerente alla materia e ammette l’esistenza di particelle ultime della stessa. Fra le due infine prevalse la seconda e l’intero programma di studi della fisica fu improntato sulla meccanica newtoniana e fu data preminenza all’azione a distanza. Anche per i fenomeni elettrici e magnetici, infine, si applicò la meccanica newtoniana e furono considerati come fenomeni che agivano a distanza. 2 Guericke costruì nel 1660 la prima macchina generatrice di carica elettrica. Era una grossa sfera di zolfo, attraversata da una verga come asse e fatta da questa ruotare attraverso una mano vella e una cinghia. Mani molto asciutte poste a contatto con la sfera producevano una carica assai migliore che non il consueto sfregamento. Nel 1709 Francis Hawkesbee costruì in Inghilterra una macchina elettrica a frizione nella quale un globo di vetro so stituiva la sfera di zolfo. Verso il 1740 le mani vennero sostituite da sfregatori meccanici , all’inizio, erano cuscinetti di cuoio, mentre il globo di vetro venne sostituito da cilind ri pure di vetro. In seguito, quando si conobbe la conduzione elettrica, un conduttore metallico raccolse la carica per trasmetterla ad altri corpi. 1 Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 2 cadere l’opinione sugli effluvi. Cominciò a farsi strada allora l’ipotesi di elettricità come sostanza a sé stante, e questa doveva essere composta di particelle sottili, non penetrava profondamente nei corpi però poteva venirne allontanata e non doveva aver peso. Con queste caratteristiche la sostanza ”elettricità” si aggiunse alle altre sostanze introdotte nella filosofia naturale per spiegare i fenomeni chimici e termici. Seguendo gli studi di Gray, il francese Du Fay trovò nel 1734 che tutti i corpi non conduttori (Desaguliers, allievo di Gray, diede il nome di conduttori, o non elettrici, alle sostanze in grado di trasportare l’elettricità) possono essere elettrificati in diverso grado con lo strofinio e con essi anche i metalli, ma questi ultimi perdono rapidamente l’elettricità acquisita. Inoltre verificò che la conducibilità è illimitata (arrivo a trasmettere a 1256 pollici di distanza) e che i corpi animati sono conduttori. Ma la sua più importante osservazione lo portò a distinguere tra due tipi di elettrificazione. Egli infatti trovò che due corpi elettrificati nello stesso modo si respingono mentre un corpo elettrificato attira quelli che non lo sono. Da ciò Du Fay ipotizzò l’esistenza di due tipi di elettricità, e quindi due sostanze elettriche diverse, una inerente ai corpi vitrei, l’altra ai corpi resinosi. “... La fortuna ha posto nella mia strada un altro principio più universale e notevole del precedente (tutti i corpi elettrici si respingono, a causa di vortici da essi prodotti, mentre i corpi elettrici attraggono tutti quelli che non lo sono) e che porta una nuova luce sull’elettricità. Questo principio è, che ci sono due distinte elettricità, molto diverse l’una dall’altra; una la chiamo elettricità vetrosa, e l’altra elettricità resinosa. La prima é quella del vetro, cristallo,..., la seconda é quella dell’ambra, opale,…. Le caratteristiche di queste due elettricità sono, che un corpo dell’elettricità vetrosa respinge tutti quelli che sono carichi con la stessa elettricità... L’ambra al contrario può attrarre il vetro elettrico, e altre sostanze della stessa classe, e respinge la gomma lacca...” Prima di Du Fay il fenomeno di attrazione era fra un corpo carico ed uno leggero ma non carico (veniva attratto per induzione). La repulsione avveniva quando il secondo toccava il primo acquistando quindi la stessa elettricità. Du Fay si chiese come si comportassero due corpi già carichi. Scoprì allora che in alcuni casi vi era attrazione e non repulsione. Da questa osservazione inferì l’esistenza di due elettricità diverse. 1.2 Le prime teorie Fluidiche. Dalle esperienze sulla conducibilità nacque l’idea del fluido elettrico cioè di una qualche nuova sostanza che scorre nei conduttori come l’acqua scorre nei canali. Ma lo stesso Du Fay non approfondì la teoria da lui stesso annunciata (vedi par. prec.), e per quel che riguarda l’azione tentò di sviluppare, con Descartes, una teoria vorticosa delle attrazioni e repulsioni sia per i fenomeni elettrici che per quelli magnetici. Così fino a circa metà del settecento la sostanza elettrica non era ben definita nella sua natura e nella sua modalità di azione, e i fisici parlavano indifferentemente di fluido, effluvio, virtù, materia, tourbillon, atmosfera. Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 3 È in questo contesto che emergono tre nomi che portarono molto avanti lo sviluppo dell’elettrologia, e inoltre la scoperta di un nuovo dispositivo, permise agli studiosi di variare gli esperimenti e farne degli altri. Fu la bottiglia di Leida 3 che provocò quel salto di qualità che in soli trent’anni diede origine all’elettrostatica sulle basi della meccanica newtoniana. Torniamo ora ai nomi che non meno importanza ebbero nello sviluppo dell’elettrostatica: il francese Nollet, l’inglese Watson e l’anglo-americano Franklin. Tutti e tre costruirono dei modelli, i primi approfonditi, che coinvolgevano sia la natura dell’elettricità che il tipo di fenomeno. La prima proposta fu fatta da Nollet (1745); questi, riprendendo in parte le idee di Gilbert, assegnò la ”virtù elettrica” al movimento di una materia composta di particelle piccolissime presente in tutti i corpi. Lo strofinio fa si che questa fuoriesca dai corpi in un flusso effluente mentre, dall’esterno entra nel corpo: flusso affluente, per mantenere sempre la stessa quantità di materia elettrica nel corpo strofinato. Teoria di Nollet I corpi contengono una sostanza composta di particelle sottili (fluido); tale sostanza può in determinate condizioni uscire dai corpi (elettrici); quando ciò avviene questa é in grado di muoversi più facilmente nei corpi compatti che nell’aria. Questo fa sì che ovunque incontri questi corpi vi si getti precipitosamente e li renda elettrici per comunicazione. Strofinando un tubo di vetro si mette in movimento il fluido che è nel suo interno. Questo esce attraverso piccoli fori, distanti fra loro (la cosiddetta materia effluente). Uscendo dal corpo richiama altra materia simile dai corpi vicini. Quest’ultima, materia affluente, entra nel corpo per pori distinti più numerosi di quelli della materia effluente. La quantità di fluido elettrico presente in un corpo elettrizzato é uguale a quella che il corpo ha nel suo stato naturale. Poiché, quindi, la quantità di materia effluente é uguale a quella affluente ne consegue che la velocità del flusso effluente é maggiore di quella del flusso affluente. Un corpuscolo si può trovare casualmente sul cammino della materia effluente mentre si troverà più facilmente sul corso di quella affluente. Viene allora spinto verso il corpo elettrizzato (attrazione). Qui giunto si elettrizza; anch’esso e quindi sede del flusso di materia effluente ed affluente che equivale ad un virtuale aumento di volume del corpuscolo. Questo maggior volume non può più sfuggire ai raggi effluenti che, avendo velocità maggiore, vincono sul flusso affluente e spingono il corpo lontano (repulsione) fino ad una posizione di equilibrio fra i due flussi opposti. 3 Questo dispositivo fu ideato quasi contemporaneamente da Von Kleist vescovo di Kamin e Van Musschenbrook professore di Leida nel 1745. Tutti e due basandosi sulle nuove idee che designavano la sostanza elettrica come un fluido. Così si spiegava attraverso l’evaporazione la perdita di elettricità dei corpi una volta elettrificati. Cercarono allora di introdurre il fluido in un contenitore. Si introduce un conduttore dentro una bottiglia piena d’acqua e si collega ad una macchina elettrica. Successivamente si mette in funzione la macchina che genera elettri cità la quale viene trasferita, attraverso il conduttore, nell’acqua, e da questa sulle pareti del vetro dove si accumula. Per far si che la bottiglia si caricasse bisognava però tenere in mano la stessa (in modo da chiudere il circuito). Non appena si tocca il conduttore con l’altra mano si percepisce, attraverso il braccio, una forte scossa su tutto il corpo Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 4 Nollet porta come prova fisica della realtà degli effluvi i vari fenomeni che accompagnano l’elettricità: il crepitio e l’odore delle scintille; i pennacchi luminosi che escono dai corpi e si vedono in ambienti scuri. Watson nel 1746 propose una teoria derivata da quella di Nollet, ma con una importante variazione: l’etere elettrico, come lui lo chiama, e in grado di accumularsi nei corpi ed è la successiva operazione che tende ad equilibrare la quantità di etere che da luogo alle azioni di repulsione e attrazione. Teoria di Watson Esiste una sostanza composta di minuscole particelle, etere elettrico. I tubi e i globi di vetro non hanno in sé stessi l’elettricità (non è un fenomeno limitato a questi corpi), né l’elettricità si crea con le operazioni che noi facciamo per elettrizzarli (essendo una sostanza non si crea), ma queste operazioni servono solo a metterli in una particolare condizione, per cui essi sono in grado di far circolare il fluido elettrico. Tubi e globi rappresentano per il fluido elettrico quello che é il cuore per il sangue, una semplice pompa. A queste idee e arrivato da esperienze su come si caricano i corpi posti sopra un isolante, infatti in queste condizioni i corpi risultavano, dopo l’operazione, poco o per niente elettrificati. “… ciò mi indusse a concepire che il potere elettrico non era inerente al vetro, ma arrivava dal pavimento della stanza”. Nei corpi vi è una quantità limitata di etere elettrico più sottile dell’aria tale che i conduttori si fanno attraversare mentre gli isolanti si oppongono all’attraversamento da parte di tale fluido. Le particelle del fluido sono elastiche, cioè si respingono fra loro. Ed è il moto dell’etere che trascina il corpo con sé (attrazione e repulsione). A differenza del modello di Nollet, nella ipotesi di Watson l’etere elettrico si può accumulare nei corpi, allora vi é una tendenza dei corpi vicini a ristabilire l’equilibrio, nasce quindi un flusso di etere che dà origine alle attrazioni e repulsioni a seconda della direzione del flusso. Watson propose una teoria diversa due anni dopo, analoga a quella di Franklin ma un po’ meno approfondita. In questa teoria, però, egli fa una osservazione molto interessante: “… che non si osserva nessuna scintilla nel portare due corpi qualsiasi vicini l’un l’altro, nei quali l’elettricità è di uguale densità, ma solo in quei corpi nei quali le densità di questo fluido sono diverse". Se la si interpreta come il potenziale vediamo che Watson fu il primo ad avere una idea su come devono essere elettrificati i corpi perché si verifichino i fenomeni noti. Nella teoria di Franklin come in quella dei predecessori si parla di un fluido unico composto di particelle elastiche e sottili; ma il fluido di Franklin ha una proprietà che finora era sempre stata sottintesa: le sue particelle sono attratte da quelle della materia ordinaria. Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 5 Teoria di Franklin. Franklin chiamò negativo o elettrificato meno un corpo che ha meno fluido che nello stato neutro, mentre é positivo se ha più fluido. 4 Per quel che riguarda la natura del fluido: "La materia elettrica consiste in particelle estremamente sottili, poiché esse possono penetrare la materia ordinaria, anche i metalli più pesanti, con tanta facilità e libertà che non subiscono alcuna resistenza percettibile...” “Quello che differenzia la materia elettrica dalla materia ordinaria, è che le particelle di quest’ultima si attirano mutuamente, quelle della prima si respingono...” “Ma anche se le particelle della materia elettrica si respingono, esse sono attratte dall’altra materia...” “Cosi la materia ordinaria é come una specie di spugna per il fluido elettrico...” "Ma la materia contiene in genere tanta materia elettrica quanto le è possibile (neutra). Se se ne aggiunge ancora, questo si porta sulla superficie e forma quello che chiamiamo, una atmosfera elettrica: il corpo é allora elettrizzato.” Nella teoria di Franklin non é ben chiaro come si svolge l’azione; fra le particelle vi é probabilmente una azione a distanza. Fra due corpi carichi positivamente le due atmosfere elettriche che li circondano fanno si che non si avvicinino, anzi, si respingono (anche se, in questo senso, si potrebbe quasi parlare di azione per contatto). Due corpi carichi in modo contrario si attirano, perché le particelle elettriche di quello positivo attraggono la materia ordinaria di quello negativo e vincono quindi la repulsione che c’è con le particelle elettriche presenti, ma in deficienza nel corpo negativo. Ma " c’è ancora una esperienza che ci sorprende e per la quale noi non abbiamo alcuna spiegazione sufficiente ...., corpi aventi meno della loro quantità normale di elettricità (carichi negativamente) si respingono come quelli carichi positivamente" mentre in realtà non dovrebbero reagire, o dovrebbero attrarsi con la forza gravitazionale. A questo problema risponderanno nel 1759 Aepinus e Symmer con due diverse teorie. Con la sua teoria Franklin introduceva esplicitamente due importanti concetti: la carica e la conservazione della carica. In tutti i casi di elettrificazione, o cambio di elettrificazione, é postulato che vi sia una alterazione nell’ammontare del fluido elettrico in un corpo. La differenza fra la quantità naturale di fluido in un corpo e la quantità dopo che ne ha perso o guadagnato una parte, é detta la carica, che é semplicemente la quantità netta di fluido elettrico guadagnato o perso. Da questa discende che: poiché ciò che é perso da una parte é guadagnato dall’altra, il fluido elettrico é conservato. A questa conclusione erano implicitamente arrivati sia Nollet che Watson (soprattutto quest’ultimo), ma fu Franklin che ammise esplicitamente questo principio ed è quindi giusto attribuirlo a lui. La teoria di Franklin fu accolta ovunque trionfalmente tranne che in Francia, osteggiata da Nollet. Ma ben presto la mancanza di qualsiasi spiegazione della repulsione fra corpi elettrizzati, dallo stesso Considerando tre persone, due isolate ed una in contatto con il pavimento (A, B e C), se A strofina un tubo di vetro l’elettricità che si trova in A, come in tutti i corpi, passa, in parte, nel vetro cosicché dopo A ha meno fluido del normale mentre il vetro ne ha di più. Se B tocca il vetro esso riceve l’elettricità che il vetro ha in più. Sia B che A appaiono allora a C elettrizzati e quindi in grado di far scoccare una scintilla. Se A e B si toccano vi è una scintilla fra i due dopo di che entrambi si trovano come se non fossero più carichi. 4 Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 6 Franklin ammessa, provocò un dibattito. Contemporaneamente nel 1759 uscirono due risposte, molto diverse fra loro. Una, di Aepinus, continuava a considerare l’esistenza di un unico fluido elettrico; aveva una nuova ipotesi fondamentale che permetteva di spiegare la repulsione di due corpi carichi negativamente. Contrariamente a ciò che diceva Franklin, per Aepinus due particelle di materia ordinaria si respingono fra loro. Ecco quindi che, due corpi carichi negativamente si respingono dato che entrambi hanno un eccesso di materia ordinaria. Questa proposta fu inizialmente poco compresa: come può, ci si chiedeva, la materia agire con forze repulsive fra le sue parti se la forza che regna nell’universo, quella gravitazionale, é inerente alla materia ed attrattiva? Egli rispondeva che la materia non elettrica è in realtà materia saturata con il fluido elettrico e che le forze dovute al fluido e alla materia ordinaria si bilanciano l’un l’altra; o forse, suggerisce ancora, una leggera mancanza di uguaglianza fra queste forze può dare, come residuo, la forza di gravità. Negò, inoltre, l’esistenza di atmosfere elettriche attorno ai corpi carichi positivamente. Assumendo che le forze attrattive e repulsive agiscono a distanza e aumentano di intensità quando la distanza fra i corpi diminuisce, Aepinus spiegò l’effetto di induzione già osservato precedentemente e spiegato (1755) da Canton e dallo stesso Franklin attraverso la teoria degli effluvi elettrici (atmosfere).5 Con Aepinus ed i successivi fisici si verifica l’abbandono delle teorie sugli effluvi e un crescente articolarsi di tesi relative all’azione a distanza che si esercitano per mezzo di forze di natura elettrica. La seconda teoria, che cercava di rispondere adeguatamente a tutti i fenomeni elettrici allora noti, fu proposta da Symmer che riprese, modernizzandola, la vecchia idea dei due fluidi di Du Fay. Symmer suppose che i due fluidi elettrici fossero presenti in quantità uguali nei corpi e provocassero elettrificazione con l’accumulo dell’uno o dell’altro6. Questi fluidi erano composti di particelle sottili ed elastiche e si attraevano reciprocamente. Quando un corpo possedeva più fluido resinoso che il normale era detto carico positivamente; quando invece, possedeva più fluido detto vetroso allora era carico negativamente. Nei due casi quando due corpi erano entrambi elettrizzati positivamente o negativamente, la repulsione fra le particelle dei fluidi uguali vinceva l’attrazione fra i fluidi diversi e Aepinus mostrò che questo fenomeno si verificava naturalmente seguendo la sua teoria dell’azione a distanza, prendendo in considerazione la mobilità del fluido elettrico nei conduttori: il corpo con eccesso di fluido provoca in un conduttore vicino una forza repulsiva per cui il fluido presente nel conduttore si porta nel punto più lontano, dove la forza è minore, provocando un eccesso di fluido da una parte e un difetto dall’altra, quella più vicina al corpo carico. Analogamente se il corpo è carico negativamente si ha un eccesso di fluido, attratto dal corpo, nella parte del conduttore vicina al corpo stesso e un difetto nella parte più distante. 6 "La mia idea è che le operazioni dell’elettrici tà non dipendono da un solo positivo potere, in accordo all’opinione che è generalmente data; ma da due distinti, positivi e attivi poteri, che, per contrasto, e agendo in opposizione l’un l’altro, producono i vari fenomeni di elettricità ; e che quando un corpo è detto essere positivamente elettrificato, non è semplicemente che esso sia in possesso di una maggior parte di materia elettrica che nello stato naturale; né, quando è elettrificato negativamente, di minore; ma che nel primo caso, esso sia in possesso di una maggior parte di uno di quegli attivi pote ri, e nell’ultimo, di una maggior parte dell’altro, nel tempo che un corpo nel suo stato natu rale rimane non elettrificato a causa di un uguale bilancio di quei due poteri nel suo interno". Inoltre si deve tener conto che con due fluidi c’è bisogno di due principi di conservazione anziché di uno solo, come in Franklin. 5 Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 7 ne risultava macroscopicamente una repulsione fra i corpi. Le spiegazioni dei vari fenomeni sono analoghe a quelle date dalla teoria di Aepinus se si sostituisce al termine fluido resinoso il termine fluido elettrico e al termine eccesso di fluido vetroso il termine difetto di fluido elettrico. La polemica fra i sostenitori delle due teorie fu molto lunga, ma altrettanto sterile poiché ambedue le teorie rispondevano alle domande di spiegazione dei vari fenomeni elettrici molto bene. Le due interpretazioni si differenziano laddove la prima dà un fluido mobile nella sostanza di un conduttore; mentre la seconda presenta due fluidi mobili per le due elettricità. La prima coinvolge la materia nel fenomeno elettrico; la seconda separa le due nozioni. Nella prima vi sono problemi per spiegare la repulsione di due corpi carichi negativamente, la seconda no. Sono invece analoghe nella definizione di fluido composto di particelle che si respingono l’un l’altra, mentre l’azione fra i corpi è ormai considerata un’azione a distanza. Inizialmente, grazie a Coulomb, prese il sopravvento la seconda. 1.3 La legge di azione “La direzione di un campo magnetico non può dipendere da un torrente di fluido... Risulta dall’esperienza che non sono i vortici che producono i differenti fenomeni magnetici e che, per spiegarli, bisogna necessariamente ricorrere a delle forze attrattive e repulsive della natura di quelle di cui si è obbligati a far uso per spiegare la pesantezza dei corpi e la fisica celeste”. A queste conclusioni giunse Coulomb nei suoi primi lavori sul magnetismo (1777). Ma si può senz’altro dire che lo studio sia dell’elettricità che del magnetismo era ormai rivolto lungo direttrici di pensiero basate sulla filosofia meccanicistica newtoniana, sia per i fluidi che per le modalità di azione. Era allora diventato categorico ricercare la legge d’azione per questi fenomeni, e, alle prime indicazioni di natura speculativa, che indicavano una dipendenza con l’inverso del quadrato della distanza7, seguirono gli studi ed i risultati dell’inglese Cavendish e del francese Coulomb. Entrambi cercarono di determinare sperimentalmente la legge di azione della forza sia per l’elettricità che per il magnetismo. Il primo si appoggiò alla teoria di Aepinus, il secondo a quella di Symmer8. 7 Le prime misure furono fatte nel 1749 da J.B. Le Roy e P. d'Arcy con uno strumento da loro ideato (Hist. Gen...Vol. II p. 559). Successiv a m e n t e ( 1 7 6 0 ) t e n t ò D a n i e l B e r n o u l l i , c h e sembra abbia verificato la Legge dell’inverso del quadrato delle distanze. I1 più notevole contributo fu, invece, dato da Priestley che nel suo "The History and present state of electricity, with original experiments" (1767), osservò che "delle palle di sughero non erano influenzate dall'elettricità di una sfera cava di metallo elettrizzata nella quale erano introdot te" da ciò concluse: "Non si può inferire da questa esperienza che l'attrazione dell’elettrici tà è sottomessa alle stesse leggi che quelle della gravitazione e che segue per conseguenza i quadrati delle distanze, perché si mostra che, se la terra avesse la forma di una sfera cava, un corpo che fosse all’interno non sarebbe attratto da un lato più che da un altro?" John Michell arrivò, per l’attrazione magnetica, alle stesse conclusioni, ma non erano basate su nessuna esperienza precisa. 8 In realtà la posizione di Coulomb è di quasi neutralità fra le due ipotesi e conclude, da un’analisi dei due modelli: Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 8 Cavendish (purtroppo soffriva di una profonda misantropia e i notevoli risultati da lui ottenuti rimasero a lungo sepolti, i fogli lasciati da Cavendish furono ritrovati da Maxwell nel 1879) pubblicò due sole memorie, nel 1771 e nel 1776; nella prima pose le basi della sua teoria che si riassume così: vi e un solo fluido (Aepinus) e la legge delle interazioni elettriche varia in ragione inversa, di una potenza minore di tre, con la distanza9. Inoltre, parla di grado di elettrificazione di un conduttore che è ora noto come potenziale elettrico. Due corpi di forme differenti collegati da un filo conduttore non portano la stessa carica ma sono elettrizzati allo stesso grado (non poteva sviluppare ulteriormente questa idea poiché mancava di assunzione definita quale la legge di forza). Coulomb, al contrario di Cavendish, fu estremamente utile a quelle che ormai erano, a buon diritto, diventate le scienze elettrica e magnetica. Grazie ad un dispositivo da lui, e contemporaneamente da S. Michell, costruito per misurare forze molto deboli, riuscì a determinare sperimentalmente la legge di azione, sia per i fenomeni di attrazione e repulsione elettrici che per quelli magnetici. Questo dispositivo era la bilancia a torsione nella quale il funzionamento è basato sul fenomeno dell’elasticità di torsione e permette di apprezzare effetti molto piccoli. È costituita da una sbarretta sospesa per il baricentro a un filo di sospensione. Se agli estremi della sbarretta sono applicate due forze uguali e contrarie, esse determinano una torsione del filo di un angolo che è direttamente proporzionale al momento delle forze applicate e alla lunghezza del filo; e inversamente proporzionale alla quarta potenza del raggio del filo (questa legge è detta di Coulomb). In questo modo è semplice calcolare la forza fra due cariche poste a varia distanza (basta misurare l’inclinazione che subisce un raggio di luce che incide uno specchio connesso al filo). La sua determinazione confermava i valori proposti induttivamente. Cioè, le forze, elettrica e magnetica, variano, come la forza gravitazionale, in modo inversamente proporzionale al quadrato della distanza fra i corpi, e direttamente proporzionale alla quantità di carica . Perciò, come la legge di Newton definisce la massa di un corpo, la legge di Coulomb definisce esattamente la “massa elettrica” cioè la carica di un corpo, nozione che fino ad allora era puramente qualitativa. I risultati delle ricerche di Coulomb furono importanti per la definitiva affermazione della filosofia newtoniana nel pensiero fisico della fine ‘700. Ormai si trovavano formulate, attraverso leggi aventi tutte la stessa forma, tre grandi branche della fisica. Perché non tentare, allora, di spiegare tutto mediante questa filosofia? I successivi lavori nel campo della elettrostatica e magnetostatica furono a livello puramente matematico; basati soprattutto sulla teoria dei due fluidi. Attraverso questi studi le due scienze, elettrica e magnetica, raggiunsero un livello di definizioni e sistemazione come quello della meccanica. “Poiché queste due spiegazioni non hanno che un grado di probabilità più o meno grande, voglio subito dire … che, nell’ipotesi dei due fluidi elettrici, io non ho altra intenzione che quella di presentare, con il minor numero di elementi possibili, i risultati del calcolo e dell’esperienza, e non di indicare le vere cause dell’elettricità”. 9 Nei fogli pubblicati da Maxwell vi è la determinazione sperimentale della legge 1/r 2 più precisamente la potenza è 2,00± 0,02. Vi arrivò osservando che in tutti i punti interni di una sfera conduttrice cava elettrizzata, le azioni elettriche erano sempre nulle. Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 9 I fondamentali lavori furono di Poisson nel 1812 e 1821 e di Green nel 1828. 1.4 Il magnetismo fino a Coulomb. Pochi furono gli studi sul magnetismo dopo che Gilbert con il suo libro contribuì alla separazione dei fenomeni magnetici da quelli elettrici. Bisogna infatti andare addirittura al 1750 per trovare dei lavori interessanti. Fu in quell’anno che Jon Michell pubblico il “Trattato dei Magneti Artificiali”. In questo egli stabilì i principi della teoria magnetica in questo modo: In ogni magnete sia naturale che artificiale vi sono sempre due poli (Nord e Sud); e il polo Nord di un magnete attrae sempre quello Sud di un altro mentre respinge il polo Nord (questo è ricavato da Gilbert). 2) Ogni polo attrae o respinge esattamente ugualmente, a eguali distanze, in ogni direzione. 3) L’attrazione o repulsione dei magneti diminuisce con il quadrato della distanza, quando questa aumenta. 1) Quest’ultima osservazione però mancava di validi esperimenti per confermarla. Nulla disse sulla natura del magnetismo. Fu Aepinus che nel 1759 sviluppò anche per il magnetismo una teoria mono-fluidica. Spiegando quindi la presenza dei poli con eccesso di fluido da una parte e difetto dall’altra. Nella descrizione il fluido magnetico non differiva da quello elettrico, era cioè composto di particelle che si respingevano fra loro ed erano attratte dalle particelle di materia inoltre anche le particelle di materia dovevano respingersi tra loro, ma al contrario di quello elettrico era costretto nei pori del magnete che, quindi, manteneva le proprietà magnetiche. Ricordando la teoria dello stesso sull’elettricità si vede che questa ipotesi portava a delle ambiguità; la materia doveva attrarre sia le particelle elettriche che quelle magnetiche, le particelle appartenenti ad un fluido si respingevano fra loro. Allora ci si può chiedere perché le particelle elettriche non interagiscono con quelle magnetiche? E inoltre come le particelle di materia possano distinguere fra i due fluidi qual è quello elettrico e quale quello magnetico. Per poter ovviare a questi inconvenienti venne proposta una teoria bi fluidica, analoga a quella elettrica, da Anton Brugmans e da Wilche. I due fluidi erano detti australe e boreale, inoltre non avevano interazioni con i fluidi elettrici. Come per l’elettricità, lo scopritore delle leggi di azione della forza magnetica fu Coulomb che confermò la variazione con l’inverso del quadrato della distanza. Successivamente cercò di spiegare perché quando si rompe un magnete i due pezzi non hanno uno il polo Nord e l’altro il polo Sud, ma bensì si comportano come due magneti completi. Suppose che i fluidi magnetici fossero permanentemente imprigionati nelle molecole dei corpi magnetici, così da essere incapaci di passare da una molecola all’altra. Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 10 Ogni molecola contiene una quantità di fluido australe e una analoga di fluido boreale, così che la magnetizzazione consiste semplicemente in una separazione dei due fluidi da parti opposte di ogni molecola. Infine,dopo varie esperienze, arrivò a concludere che non possono esserci interazioni fra i fluidi elettrici e magnetici, che sono, fra l’altro, entità diverse. 1.5 Riflessioni conclusive. Nel ‘700 furono introdotte alcune sostanze immateriali, composte di particelle finissime 10 che si respingevano l’una con l’altra e avevano un certo grado di affinità con la materia. Furono chiamate fluidi (più che per descrivere la loro reale forma) perché potevano “scorrere” attraverso corpi materiali detti “conduttori”. Discendenti degli effluvi, dei respiri e di tutte quelle analogie quasi animistiche che gli scienziati del cinquecento e del seicento usavano per descrivere fenomeni fisici; durante il settecento, sotto l’influsso delle opere di Cartesio e Newton vennero sempre meglio definiti; persero le varie proprietà, di sapore magico, per venire infine inquadrati nell’ambito della meccanica newtoniana. C’erano il fluido calorico nel campo della scienza del calore; il fluido (o fluidi) elettrico nell’elettrostatica; il fluido (o fluidi) magnetico nella magnetostatica; e per qualche tempo, il flogistico che fu il capostipite della famiglia ed era studiato nell’ambito della chimica (fu sostituito alla fine del settecento da Lavoisier con l’ossigeno) 11. L’accettazione della teoria dei due fluidi portò a considerare l’elettricità come un fenomeno avulso dalla materia12 per cui, durante buona parte del periodo successivo, la discussione sulla natura dell’elettricità (nell’ambito dell’elettrostatica) fu poco produttiva per una migliore conoscenza della struttura della materia. Al contrario, la teoria di Franklin-Aepinus assegnava una stretta connessione fra elettricità e materia, anzi, era la materia stessa che aveva delle proprietà elettriche (repulsione di due corpi carichi negativamente). In termini moderni la teoria di Aepinus è assimilabile alla teoria odierna con i segni scambiati: l’eccesso di fluido (elettroni) è negativo e non è immateriale (però è estremamente sottile e pervade la materia), la materia con difetto di fluido è positiva e non è mobile. La teoria newtoniana, al contrario del continuo cartesiano, propugnava una interpretazione corpuscolare della materia, cioè un modello atomico. In realtà l’idea di atomo era molto vaga e le dimensioni delle particelle ultime della materia non definite sicché, spesso, i confini del corpuscolarismo e del continuo non risultavano affatto chiari. 11 Tutti i fluidi sono definiti nella stessa maniera per cui sorgono alcune domande. Sono tutti un medesimo fluido? Se si, perché danno luogo a fenomeni diversi? Alla prima domanda risposero già nel settecento. Il fluido calorico non è uguale a quelli elettrici e magnetici. Anche se alcuni fenomeni sembrano mostrare il contrario. Calore ed elettricità possono essere indotti entrambi per frizione, indurre combustione, essere trasferiti da un corpo all’altro per semplice contatto e inoltre i migliori conduttori di calore sono in genere i migliori conduttori dell’elettricità Altre osservazioni furono:il fatto the nelle elettrificazioni di un corpo non si verifica un apprezzabile aumento di temperatura e soprattutto che l’elettricità si comporta come se si trovasse solo nei pressi della superficie dei corpi mentre il calore si spande su tutto il corpo. Per quanto riguarda i fluidi elettrico e magnetico poco si disse per mostrare la loro eterogeneità. 12 Tranne il fatto che come per tutti i fluidi vi era una attrazione fra le particelle del fluido e della materia. 10 Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 11 La teoria di Aepinus non venne ripresa se non dopo Maxwell, ma sempre in contrapposizione a quella di Coulomb. Nell’ambito del tipo di azione della forza magnetica e elettrica, dopo una prima contrapposizione, gli studi svolti portarono ad accettare che l’azione fosse a distanza (o forza istantanea) come l’azione gravitazionale; questo fece sì che il successivo sviluppo, più a livello matematico che sperimentale, desse origine ad una scienza elettrostatica e magnetostatica molto precise, come lo era la meccanica analitica. Molti concetti vennero introdotti nella fisica. Il concetto di carica fu introdotto, sia pur qualitativamente, da Franklin e poi definito anche quantitativamente grazie alla legge di Coulomb. Vi fu la formulazione, prima in modo vago, del concetto di potenziale elettrico, (che sarà molto importante nelle teorie di campo) e poi la sua sempre più precisa collocazione nell’ambito della teoria elettrica. Un altro importante concetto fu quello della conservazione della carica. Questo, considerando l’indistruttibilità del fluido elettrico, sembra esserne una immediata conseguenza. In realtà questo concetto impiegò molto tempo per venire alla luce. Così enunciato da Franklin: quando un corpo si elettrizza positivamente (ha cioè più fluido elettrico che nello stato neutro) l’eccesso di fluido deve venire da un altro corpo che, attraverso qualche operazione, cede del fluido questo crea nel corpo donatore un difetto di fluido e quindi risulta carico negativamente. Quindi la formazione di una carica positiva è legata alla formazione contemporanea di una carica negativa. Viceversa, se due conduttori carichi, uno positivo e l’altro negativo, sono messi in contatto fra loro, il conduttore positivo, avendo più fluido che il normale, cede il surplus all’altro conduttore che quindi ripristina il fluido mancante (se le due cariche sono uguali; se sono diverse si ha una distribuzione dell’eccesso o difetto di fluido). Le due cariche si annullano contemporaneamente. In tutti e due i casi il numero di cariche prima e dopo l’azione è sempre lo stesso. Questo principio fu subito accettato e risultò valido anche nella teoria dei due fluidi, pure con una spiegazione un po’ più complessa. In definitiva gli studi sull’elettricità e sul magnetismo erano arrivati ad un punto culminante, non vi era più nulla (o c’era ben poco) da dire nell’ambito dei fenomeni elettrostatici e magnetostatici. La natura dell’elettricità e del magnetismo era attribuita a dei fluidi che erano a loro volta composti di particelle che rispettavano le leggi della meccanica; attraverso questa interpretazione tutti i fenomeni erano correttamente spiegati. Alla fine del secolo XVIII c’era una completa fiducia nella scienza. Ma per quel che riguarda le varie interpretazioni fluidiche, queste erano molto vaghe, soprattutto nei confronti delle varie interpretazioni: calorico - elettrico; elettrico - magnetico e altre. (per quello che riguardava le particelle dei vari fluidi poco si sapeva e si diceva). Cap. 2 LA CORRENTE ELETTRICA L’analisi dell’ottocento è senz’altro molto complessa ma, cercando di semplificare al massimo i concetti fondamentali, si può dire che lo scontro più importante nell’ambito del pensiero è quello fra Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 12 il mondo illuminista e quello idealista (che nella fisica si identificano con il meccanicismo esasperato e l’antimeccanicismo). Questo contrasto si ripercuote profondamente nel campo scientifico e porta a quella rivoluzione che alcuni limitano alla fine del secolo, altri, invece, considerano come componente fondamentale del pensiero di tutto l’ottocento (allora sotto quest’ottica la parola rivoluzione è un po’ troppo grossa e si può ridurre a "continuo dibattito"). L’Illuminismo credeva nell’Uomo ma soprattutto nella ragione scientifica. Il sapere era onnicomprensivo e la meccanica newtoniana la base su cui si appoggiava. Laplace (nella scienza) ne è il più importante rappresentante e questa sua frase si può intendere come il manifesto di tale dottrina. “Dobbiamo dunque considerare lo stato presente dell’universo come l’effetto del suo stato anteriore e come la causa del suo stato futuro. Un’intelligenza che, per un dato istante, conoscesse tutte le forze da cui è animata la natura e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono, (...) abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti dei più grandi corpi e dell’atomo più leggero: nulla sarebbe incerto per essa e l’avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi.“ (da “Introduzione del saggio Filosofico sulle probabilità” di Laplace) Con l’inizio del secolo lo sviluppo delle varie branche della scienza provocò una sempre più forte specializzazione, ecco quindi che il programma illuminista non poteva più essere sostenuto. Contemporaneamente, soprattutto in Germania, si sviluppa una corrente di pensiero idealista che si pone quasi in antitesi con la precedente. Non è più la razionalità della scienza che domina, ma quella dello spirito. Lo scopo della scienza non è più limitato a scoprire le cause di un fenomeno e descriverle attraverso leggi (meccanica). Essa deve, attraverso la conoscenza della natura, arrivare alla conoscenza dello spirito. La scienza, dunque, arriverebbe al suo scopo ultimo "se giungesse a spiritualizzare perfettamente tutte le leggi dell’intuizione e del pensiero. I fenomeni (il materiale) debbono scomparire interamente, e rimanere soltanto le leggi (il formale).” (Da “Idealismo trascendentale” di F. Schelling introduzione) Da quanto finora detto può sembrare che sia la filosofia che guida il pensiero, anche nella scienza. Ma io credo che ciò non sia vero e che si debbano considerare come compenetrantesi. Lo sviluppo della fisica indubbiamente deve alcuni spunti alla filosofia ma per il resto il rivolgimento che ebbe durante il secolo si può e si deve considerare come interno. Infatti il dibattito si svolse inizialmente sul newtonianesimo che subì notevoli colpi 13; in seguito il problema divenne molto più profondo e furono messe in discussione le basi stesse della meccanica. A partire dalla metà del secolo, con l’enunciazione del principio di conservazione dell’energia, si sviluppò una concezione detta energetismo la quale si contrappose alla meccanica negando l’esistenza alla materia. In questo dibattito (interno) il filo conduttore è quello spunto al quale ho prima accennato. E questo Nell’ottica riprende di vigore la teoria ondulatoria, grazie a Young e Fresnel. Questa però prevedeva l’esistenza di un “etere” che permettesse la propagazione; questo etere dava grossi problemi ad una interpretazione di tipo newtoniano. L’altro campo di studi, quello sul calorico, passò da una concezione sostanziale (e quindi statica) ad una concezione cinetica (dinamica). Il calore divenne quindi un moto dei corpuscoli. Cadeva, inoltre, la simmetria rispetto al tempo dei fenomeni connessi al calore e questo in contrasto col meccanicismo determinista. 13 Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 13 filo è la concezione Kantiana (che fu poi ripresa dagli idealisti) secondo la quale vi sono due forze universali date a priori: una attrattiva e una repulsiva. Queste forze danno origine, attraverso svariate combinazioni, a tutti quei fenomeni che noi sperimentiamo. L’idealismo completò questa visione dinamica ponendo come assioma la trasformabilità di tutte le forze. Fu questa visione che portò la, fisica da una concezione statica ad una concezione dinamica del mondo, mentre l’assioma portò alla scoperta dell’esistenza di interazioni fra elettricità, magnetismo ed ottica. È verso la metà del secolo che questa transizione fra statico e dinamico viene concretizzata. L’enunciazione del principio di conservazione dell’energia dà un fondamento scientifico alla trasformabilità della forze e mette le stesse in rilievo nell’interpretazione del mondo. Questo processo poi si accentuerà sempre più fino a dare, nell’ambito dell’energetistica, realtà fisica all’energia soltanto e a considerare la materia come una condizione dell’energia. In questo capitolo, dopo la nascita della corrente galvanica, scriverò subito di Ampère e di Oersted con un salto quindi di quasi vent’anni14. Ciò non deve stupire, infatti nell’ambito della fisica manca una valida sperimentazione. Da una parte l’estrema variabilità dell’intensità di corrente data da una pila non permetteva misure di alcun genere. Dall’altra il notevole sviluppo della chimica catalizzò le ricerche nell’ambito appunto dell’elettrochimica 15. Soltanto dopo la scoperta di Oersted dell’interazione fra elettricità e magnetismo l’attenzione degli studiosi si rivolse a questo tipo di fenomeni. Lo sviluppo che seguì fu molto importante per tutta la fisica. Le diverse concezioni filosofiche e la diversa cultura portarono ad una frattura dalla quale si formarono due diverse scuole. Da una parte la scuola continentale (della quale Ampère é considerato il fondatore). Questa, di carattere newtoniano, cercò di spiegare i fenomeni elettromagnetici attraverso l’azione a distanza con forze centrali. Dall’altra la scuola inglese (che prende le mosse da Oersted e Faraday) che si oppone al meccanicismo newtoniano e cerca di costruire una teoria dell’azione per contatto. Dedicherò due paragrafi a queste due scuole ma sarà la prima di interesse prevalente per gli scopi della mia tesi. Infatti, mentre la scuola continentale pone l’accento sulle sorgenti dell’azione elettromagnetica (e quindi sulla natura dell’elettricità e del magnetismo) L’interpretazione inglese dà sempre più importanza al mezzo nel quale tale azione si propaga e lascia quindi in secondo piano le sorgenti. È alla fine del secolo che la teoria di campo viene fusa con la concezione corpuscolare. Fu Lorentz che riunì in un’unica teoria l’etere continuo e le particelle di materia, completando così due concezioni che, prese separatamente, erano incapaci di comprendere appieno il mondo. II.1 La corrente: da Galvani a Volta. L’elettricità era ormai diventata una scienza con le sue leggi ed i suoi modelli. Ma tutto questo riguardava solo un aspetto, quello statico, dei modi di manifestarsi. In realtà Oersted pensava ad una possibile interazione fra elettricità e magnetismo già nel 1807 (Oersted era amico di Schelling e ne seguiva la concezione idealistica). 15 In breve tempo i chimici scoprirono nuovi elementi, svilupparono una moderna teoria atomica e cancellarono tutte le false credenze precedenti. 14 Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 14 L’aspetto dinamico, conosciuto attraverso la scarica della bottiglia di Leida o condensatori analoghi, non venne studiato dai fisici del ‘700 dato il carattere transitorio con il quale il fenomeno si manifestava. Fu invece applicato alla fisiologia ma con risultati poco soddisfacenti (soprattutto per gli ammalati). Con l’inizio del diciannovesimo secolo, si aprirono nuove strade in seguito a scoperte notevoli in molti campi. Fu, fra le altre cose e forse la più importante, la pila di Volta, mostrata al mondo degli studiosi il 20 Marzo 1800, lettera di Volta a Sir Joseph Banks 16, che diede nuovo e diverso impulso agli studi. Grazie a questo apparecchio si poté finalmente studiare l’elettricità in movimento. Ma come Volta arrivò ad ideare questo dispositivo? Stranamente non vi arrivò grazie ad un programma di studi, bensì ad una polemica che seguì la pubblicazione nel 1791 del “De Viribus Electricitatis in Motu Musculari”, dove Galvani parla del fenomeno da lui scoperto undici anni prima. Si tratterà, come vedremo, dello sviluppo di idee nate dalla scontro fra due modi diversi di vedere il mondo. Galvani era un medico mentre Volta un fisico; per cui il primo era più incline ad accettare concezioni che esulavano dall’ambito fisico e che, quindi, risultavano inaccettabili al secondo. Galvani ebbe modo di osservare, casualmente, nel 1780 che le zampe di una rana, appena preparata, (sembra per una zuppa) si agitavano come fossero ancora vitali, quando con uno scalpello metallico si mettevano in comunicazione i nervi crurali con i muscoli e nello stesso tempo, nelle vicinanze, scoccava una scintilla da una macchina elettrica. Questo fenomeno, secondo la visuale moderna, è molto complesso. Possiamo scindere, pero, in due gli effetti osservati da Galvani. Un effetto di produzione di corrente, che fu poi quello sviluppato; questo, però, non aveva bisogno della scarica nelle vicinanze per poter essere osservabile. Il secondo fenomeno è legato strettamente alla scarica della macchina. La rana, così com’era predisposta, risultava essere una sensibile antenna che, quando rilevava le onde provenienti dalla scarica, si muoveva inconsultamente. Nei successivi undici anni di studi prima della pubblicazione, dopo aver variato l’esperienza con diverse forme, giunse a formulare queste considerazioni: Non è necessaria la presenza della scarica. Basta collegare i nervi con i muscoli attraverso un arco conduttore per provocare lo scuotimento; questo è molto più forte quando l’arco è composto da più metalli. Nulla avviene quando il collegamento è fatto con elementi isolanti. Da questi fatti Galvani trasse le seguenti conclusioni: 1) Gli animali hanno una elettricità propria e quindi è distinta col nome di Elettricità animale; 2) Il cervello è il più importante organo di secrezione dell’elettricità animale; “… Il principale di questi risultati, è la costruzione di un apparecchio che per gli effetti, rassomiglia alla bottiglia di Leida, e meglio ancora alle batterie elettriche debolmente cariche, che agiscono però senza posa, ossia la cui carica, dopo ciascuna esplosione si ristabilisce da se stessa, in una parola, che fruisce di una carica indefettibile, di una azione, o impulso perpetuo sul fluido elettrico”. 16 Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 15 3) I principali serbatoi dell’elettricità animale sono i muscoli. Essi rappresentano una bottiglia di Leida, la loro superficie esterna è negativa, nel loro interno invece è accumulata l’elettricità positiva. Il nervo è il conduttore di questa bottiglia, e trasporta l’elettricità (Queste idee furono poi fatte proprie dai romantici). Volta dapprima accettò tale teoria ma, successivamente vi si oppose ed anzi cercò di dimostrare: 1° che non esisteva elettricità propria agli animali; 2° che questi ultimi erano dei semplici conduttori a causa dell’umidità della quale tutte le loro parti erano impregnate. Per Volta dunque il flusso di elettricità nasceva dal contatto dei due metalli. Ecco allora nascere la disputa fra i sostenitori dell’elettricità animale (che alcuni addirittura ritenevano essere quel fluido vitale attraverso il quale si poteva spiegare la vita) e i sostenitori della teoria del contatto. (È interessante osservare che, nell’ambito della letteratura romantica, il libro di Mary Shelley “Frankenstein” fu pubblicato nel 1813) È questo contrasto che provoca la ricerca di Volta che, nel tentativo di eliminare tutto ciò che c’era di organico nel circuito, arrivò a costruire la pila. A queste due teorie se ne aggiunse un’altra, dovuta a Fabbroni nel 1796. Questi attribuiva la produzione di elettricità al risultato di un’azione chimica, visibile macroscopicamente nell’ossidazione di uno dei due metalli dell’arco. Inizialmente questa teoria fu poco considerata; successivamente prese il posto di quella galvanica nel contestare l’idea voltiana, per prendere successivamente il sopravvento. In realtà il fenomeno scoperto da Galvani era ben più complesso nella spiegazione e, d’altronde, le conoscenze fisiche non erano tali da permettere una completa comprensione dell’esperienza stessa. (Basti considerare, per esempio, la teoria di Volta. Se ben guardiamo vi è un moto perpetuo, infatti il fluido elettrico viene mosso attraverso il circuito senza spendere alcuna forza. Ma anche se era già stato da molti anni accolto il principio che non potevano essere costruite macchine capaci di un moto perpetuo; l’idea di Volta non venne combattuta per questo. Infatti è il fluido elettrico che si muove di moto perpetuo e tale fluido è composto di particelle imponderabili e non vi erano ragioni perché tale fluido, una volta messo in moto, non dovesse continuare a circolare.) La teoria del contatto ebbe il sopravvento fino al 1850 quando, con l’enunciazione del principio di conservazione dell’energia non poté più essere sostenuta17. Ma in tutte queste controversie vediamo quale era il pensiero sulla natura di questa elettricità e se questo modificava in parte o in tutto le vecchie idee. Durante la polemica fra Volta e Galvani si era affacciato il sospetto che nell’esperimento galvanico intervenisse un fluido sui generis, che nel 1795 Gren ritenne fosse lo stesso che entrava in gioco nei fenomeni voltiani di contatto: propose perciò di chiamare galvanismo il complesso di fenomeni collegati coi fenomeni voltiani di contatto. Una volta che i primi effetti della pila furono precisati (e specialmente quelli chimici), si riaccese Oggi sappiamo che il funzionamento della pila è dovuto sia ad una azione chimica che all’effetto Volta. All’ora, però la disputa era tale che le due teorie erano nettamente contrapposte, e pochissimi (Davy) proposero una tesi che le comprendesse. Chiaramente la teoria di Volta non poteva sussistere da sola. 17 Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 16 vivamente la convinzione che il nuovo ente messo in gioco dalla pila non si dovesse identificare col fluido elettrico proprio delle macchine elettrostatiche. I fatti che davano adito ai dubbi erano principalmente tre: le pile non davano segni elettrici (o molto deboli) rispetto alle macchine elettrostatiche. Fu Volta che diede una definizione della tensione elettrica per certi aspetti ancora oggi valida; questa definizione fu data, però, solo in termini qualitativi, questo perché ancora non era ben definito il potenziale elettrico. L’idea di potenziale in Volta assume, infatti, due interpretazioni: da una parte lo porta a considerare la differenza dei potenziali fra due oggetti come la tensione, dall’altra indica la carica. Nella pila si potevano raggiungere differenze di potenziale unitarie, mentre con le macchine elettrostatiche si potevano raggiungere tensioni di migliaia di volt); alcuni corpi che si mostravano conduttori per il fluido elettrico, sembravano invece isolanti per il nuovo fluido (galvanico); non si sapeva spiegare che codesto fluido delle pile così debole nel dare i segni elettrici, riuscisse poi a produrre gli effetti chimici di decomposizione di alcuni liquidi ed ossidazioni di alcuni metalli laddove l’elettricità “assai più forte e strepitante” delle macchine elettrostatiche non riusciva a produrli. A questi dubbi si aggiungeva il fatto che non si sapevano spiegare le diversità di effetti fisiologici tra le scariche delle macchine elettrostatiche e la corrente della pila (come, per esempio, alcuni animali fossero solamente storditi dalla scarica di una bottiglia o di una macchina, mentre morivano per azione della corrente di una pila). Ci si trovava dunque di fronte al problema se si trattava di un nuovo fluido speciale, oppure se le manifestazioni collegate alla pila erano dovute al movimento del fluido elettrico. Volta era decisamente favorevole alla seconda ipotesi e giustificò le “pretese differenze nel modo di agire dei due fluidi” dicendo che queste ”sono da ricercare nella tensione diversa delle macchine elettrostatiche e della pila". Wollaston nel 1801, mediante alcuni esperimenti, appoggiò le idee di Volta. Prendendo in considerazione la decomposizione dei sali metallici, la usò come test per provare l’identità delle correnti elettriche della pila e quelle ottenute dalla scarica nelle macchine. Verificò che gli stessi fenomeni chimici avvenivano cambiando la sorgente elettrica e che quindi il fluido elettrico era lo stesso in tutti i casi. Ma le sottili differenze di cui prima ho parlato non permisero una totale accettazione di questa idea. Fu soltanto nel 1833, quando Faraday mostrò che ogni effetto noto dell’elettricità poteva essere ottenuto indifferentemente sia con l’elettricità per frizione che con quella voltaica, che ogni disputa sull’identità o no delle due elettricità ebbe fine e si identificò il fluido galvanico con il fluido elettrico in movimento. Gli sviluppi che seguirono alla scoperta della pila interessarono soprattutto la chimica che, grazie a questa macchina, fece quel prodigioso progresso nell’ambito della conoscenza del quale ho già parlato. Nel campo della fisica non poté, inizialmente, essere utile; data l’estrema variabilità dell’intensità della corrente nelle prime pile e la conseguente mancanza di dati da analizzare. Nascita del concetto scientifico di elettricità Alberto Trevisanello 17