Scarica il PDF della relazione

Transcript

Scarica il PDF della relazione
Assemblea Generale
Roma, 11 ottobre 2007
Relazione del Presidente
Eugenio Razelli
Autorità, Gentili Signore e Signori, Cari Associati,
A voi tutti un cordiale benvenuto ed un ringraziamento per la partecipazione
alla nostra Assemblea Generale, che per la prima volta nella storia
dell’ANFIA, la trade association di CONFINDUSTRIA per il settore
automotive, abbiamo scelto di tenere a Roma, sede ideale per ospitare il più
importante evento pubblico di una associazione che rappresenta una filiera
nazionale attiva ed aperta al mondo.
Tra le tante associazioni nazionali di categoria collegate all’OICA
(l’Organizzazione Internazionale dei Costruttori di Autoveicoli), ANFIA è una
delle poche a rappresentare l’intera filiera che in Italia fa capo all’autoveicolo:
stiamo parlando di 180.000 dipendenti e di un fatturato di 75 miliardi di euro.
Considerando anche le attività di vendita e post vendita, il biglietto da visita
del settore si fa davvero impressionante: ai numeri precedenti assommiamo
oltre 100.000 addetti ed altri 70 miliardi di euro di fatturato. Dunque, un
settore veramente trainante anche in termini di ricerca e innovazione
applicate, ad esempio, allo sviluppo di tecnologie per la mobilità sostenibile;
un settore che rappresenta il 23% di quanto realizzato dall’intera industria
manifatturiera e che quindi contribuisce in maniera importante al PIL.
Il dato probabilmente più impressionante che ci riguarda è però il gettito
fiscale: oltre 77 miliardi di euro, pari al 20% delle entrate tributarie totali, la
percentuale più elevata all’interno della Comunità Europea.
La pressione fiscale sul settore automotive continua a crescere: + 2,6% nel
2006.
La contribuzione del comparto rispetto al gettito fiscale totale del Paese
risulta diminuita sì di 1,3 punti percentuali rispetto al 2005 ma il dato esprime
un calo relativo e collegato alla crescita delle entrate tributarie nazionali
complessive (più 9,6%); per cui il valore di contribuzione del comparto risulta
diminuito percentualmente ma non in valore assoluto.
Analizzando il “ciclo di vita contributivo” degli autoveicoli, oltre 2,1 miliardi
sono stati prelevati ai contribuenti in fase di immatricolazione (inclusa l’IPT),
circa 7,7 miliardi all’atto di acquisto del veicolo per l’IVA e ben 57,6 miliardi
provengono dal possesso del veicolo nell’anno (accise e imposte su
carburanti, lubrificanti, premi assicurativi, ricambi, parcheggi, pedaggi…..)
Prima di proseguire nell’analisi della filiera, vorrei spendere poche parole
sull’Associazione che ho l’onore di presiedere dal gennaio 2006.
Nel corso dell’ultimo anno ci siamo impegnati su più fronti affinché ANFIA sia
sempre più un supporto importante per lo sviluppo delle imprese del settore.
Mi riferisco, innanzitutto, al rafforzamento dell’attività di relazioni istituzionali
che ci vede coinvolti su temi strategici di grande rilevanza per il settore. E’
con grande soddisfazione che vi annuncio che quest’anno ANFIA ha ottenuto
la Presidenza dell’OICA con Carlo Sinceri e con Guido Rossignoli del Liaison
Committe ACEA, organo di coordinamento della lobby delle 27 associazioni
europee, segno di evidente apprezzamento per l’operato del nostro Paese.
Inoltre in questo momento l’Italia ha la Presidenza dell’ACEA con Sergio
Marchionne e di CLEPA con Giuliano Zucco.
Poi i temi dell’informazione: proprio in questi giorni è andato in linea il nuovo
portale dell’Associazione ed è stato divulgato il primo numero della newsletter
associativa. Centrale resta sempre la volontà da parte di ANFIA di
rispondere in maniera sempre più mirata alle esigenze degli associati,
strutturando attività e servizi in linea con le loro aspettative.
Oggi molte aziende devono guardare a mercati apparsi recentemente sulla
scena automobilistica mondiale. Il nostro portale fornirà loro un collegamento
per facilitare la raccolta di informazioni non solo statistiche ma anche di
utilizzo pratico per loro operatività su questi mercati.
Sarà presto attivata un’area riservata agli associati che diventerà un forum
dove scambiarsi informazioni e suggerimenti, formulare domande sui mercati
esteri. Insomma, una piazza virtuale dove – proprio come facevano i romani a
poche centinaia di metri da qui - condividere esperienze e conoscenza e
anche facilitare partnership e accordi.
Quattro sono i punti previsti. L’obiettivo è cogliere l’opportunità di questo
incontro per confrontarci sul futuro perché, come dice il motto del Museo
dell’Auto Bonfanti Vimar, che l’Anfia patrocina, “il futuro è di chi ha una storia
da raccontare”.
E i 95 anni di storia della nostra Associazione, ci garantiscono, quindi, un
diritto di prelazione in tal senso.
Dal 2005 la nostra filiera, pur muovendosi in un contesto molto competitivo (e
con condizioni esogene sfavorevoli, come ad esempio l’ apprezzamento
dell’euro sul dollaro e le conseguenze sull’export italiano), è in ripresa
3
Lo conferma l’evoluzione dell’indice ISTAT del fatturato della filiera, che
sottolinea il peso rappresentato dalla componente export. Il periodo dal 2000
fino al 2005 ha visto un declino del fatturato legato alla produzione di
autoveicoli: il 2005 in particolare è stato l’anno in cui il mercato italiano delle
vetture ha registrato il livello più basso degli ultimi 10 anni; la componentistica
ha comunque saputo reagire più rapidamente ed il suo sviluppo ha consentito
di contenere la caduta del fatturato globale. A partire dal 2006 tutti i comparti,
incluso quello delle carrozzerie e trasformazioni dei veicoli, hanno registrato
una evoluzione molto positiva.
Nei primi otto mesi del 2007 la produzione nazionale di vetture è cresciuta del
2,4 % dopo il più 23% dello scorso anno: ciò significa oltre il 25% di
incremento nel biennio, grazie all’andamento del mercato italiano e al
recupero di quota in Italia e in tutta Europa.
Proprio in questi giorni la produzione 2007 delle vetture ha superato il valore
della produzione dell’intero 2005.
Ciò dipende sia dall’evoluzione del mercato italiano, come vedremo meglio
tra poco, sia dal recupero di quota dei marchi nazionali, con una crescita sia
in Italia - dal 28% del 2005 all’attuale 31,5% - sia in tutta Europa - dal 7,5%
all’ 8% .
Aggiungendo l’andamento molto positivo del settore dei veicoli commerciali e
industriali (con un aumento del 20,2%), la produzione nazionale complessiva
cresce del 6,9%.
Nel biennio 2006 - 2007, il mercato automobilistico italiano ha conosciuto una
fase molto positiva. Dopo il più 4% dello scorso anno, il mercato 2007 ha
finora registrato una crescita media del 6,6% con un settembre più riflessivo.
Il consuntivo finale rappresenterà un nuovo record, con un livello che
dovrebbe avvicinarsi ai 2,5 milioni di immatricolazioni.
Possiamo dire che gli incentivi stabiliti per il rinnovo del parco hanno
raggiunto l’obiettivo. Il tutto, con un saldo positivo per i conti dello Stato
stimabile in oltre 62 milioni di euro.
Quindi, un mercato vivace nel 2007, ma una crescita quasi zero del parco
circolante.
Dai dati in nostro possesso, in questi primi 8 mesi il rapporto radiazioni /
immatricolazioni è dell’ordine del 90% circa. Ciò comporterebbe nell’anno una
crescita del nostro parco pari allo 0,7%, equivalente in volumi a 250.000
unità, il valore più basso da quando è iniziata la motorizzazione di massa in
Italia.
4
Secondo l’ACI, il parco italiano a fine 2006 contava circa 35,3 milioni di
vetture, di cui 10,7 milioni (pari al 30,3%) di unità Euro 0 ed Euro 1, che
risulteranno circa 8,9 milioni a fine 2007, con un’incidenza del 25% circa sul
parco totale.
Queste cifre ci dicono anche che, mantenendo la velocità di rottamazione del
2007, occorrerebbero altri 5 anni per il definitivo azzeramento del parco più
anziano con evidenti benefici in termini di minori emissioni, un buon 20%
rispetto al 2006.
Previsione che ci porta a confermare la validità degli incentivi finalizzati al
rinnovo del parco, non solo delle autovetture, dei veicoli commerciali e dei
veicoli pesanti, ma anche dei veicoli per il trasporto speciale, degli
autocaravan, degli autobus, dei rimorchi e dei semi-rimorchi con conseguenti
benefici per i conti dello stato, per il PIL, per la sicurezza e per l’ambiente
Per concludere, due segmenti di mercato di nicchia ma di grande interesse.
Resta positivo l’andamento delle autocaravan, un prodotto votato al turismo
“open air”, le cui valenze positive sono certamente tra le cause del forte
sviluppo nell’ultimo decennio e della stabilità sugli alti valori attuali (circa
15.000 unità),
Note dolenti arrivano invece dal settore degli autobus che continua a far
registrare volumi di immatricolazioni in forte calo.
L’ultima fase positiva conosciuta dal settore risale ai finanziamenti concessi
alla fine degli anni ‘90 per il rinnovo di un parco che è il più vetusto in Europa.
I dati di previsione a fine 2007 sono di 4.250 immatricolazioni (-13% sul 2006)
mentre per il 2008 si attestano a circa 4.200 unità con una flessione rispetto
al 2007 di un ulteriore 6%.
La situazione è preoccupante.
Si afferma che tema prioritario della politica dei trasporti in Italia sia lo
sviluppo del trasporto pubblico locale, la cui domanda è oggi coperta per
quasi l’80% dagli autobus, che non richiedono investimenti in infrastrutture e
sono estremamente flessibili.
Eppure, a disposizione dei cittadini ci sono mezzi che hanno mediamente
quasi 10,5 anni di anzianità (il 50% in più rispetto ai 7 anni della media dei
principali paesi europei). Agli utenti vengono quindi offerti quindi mezzi poco
confortevoli, che richiedono più giorni di fermo per manutenzioni (causando
quindi un ulteriore peggioramento del livello di servizio) e che sono
nettamente più inquinanti.
Sembra quindi naturale attendersi una politica di sostegno da parte dello
Stato al rinnovo del parco, manovra necessaria per le aziende di trasporto e
per il rilancio del sistema economico.
5
Nel caso della componentistica, il trend è positivo ormai negli ultimi 5 anni
con un aumento del fatturato nello scorso anno del 9%: oltre 38 miliardi di
Euro.
L’incremento forte del fatturato nel 2005 è anche dovuto al cambiamento
della base dati di riferimento per l’analisi. Da una rilevazione statistica
esclusivamente concentrata sui produttori di moduli, sistemi e singoli
componenti si è passati ad un’analisi sull’intera filiera comprensiva del mondo
della subfornitura e delle società di engineering e design.
Analizzando i dati di import/export del settore della componentistica italiana si
ha la riprova della forte capacità di internazionalizzazione del settore con un
valore di export in costante aumento negli ultimi anni e una previsione al
2007 di incremento anche della bilancia commerciale rispetto al 2006.
L’alto contenuto tecnologico dei prodotti (55% delle imprese investe almeno il
2% fatturato in Ricerca e Sviluppo) e i processi delle nostre aziende
unitamente alla capacità di fornire i car maker stranieri dall’Italia ma anche
con impianti di produzione delocalizzati, ha permesso al settore di
raggiungere risultati importanti all’estero.
Ritengo anche utile ricordare l’importante contributo all’internazionalizzazione
reso dalle missioni d’affari organizzate dall’Istituto del Commercio Estero,
CONFINDUSTRIA e ABI che hanno coinvolto la nostra Associazione in alcuni
paesi di estremo interesse commerciale: India, Cina, Sudafrica, Russia e
Brasile.
Ritengo però che ci sia ancora spazio per accrescere la competitività dei
componentisti italiani, incrementando ad esempio il rapporto con il mondo
delle Università e le partnership soprattutto tra aziende di piccole e medie
dimensioni in una logica di clustering.
Sempre in tema di competitività, secondo punto dell’agenda, nell’arco di 20
anni si è modificata la distribuzione della produzione di autoveicoli: il peso
delle 3 aree principali Nord America, Giappone ed Europa Occidentale che
nel 1986 rappresentava l’86%, alla fine del 2006 si è ridotto all'incirca al 60%,
a favore di nuove realtà produttive collocate nelle cosiddette aree emergenti
(Brasile, Russia, India, Cina, Europa dell’Est), attraverso di investimenti di
players globali e new comers.
L’istituto Global Insight prevede una produzione di oltre 80 milioni di
autoveicoli nel 2011. Un dato, ancor più significativo è il raggiungimento di
un sostanziale equilibrio nella produzione mondiale di veicoli tra le tre aree
“cosiddette mature” e i paesi di più recente industrializzazione, con la tenuta
della capacità produttiva nei paesi dell’Europa Occidentale, un calo contenuto
in Giappone e Nord America, e una forte crescita in India, Cina, Russia ed
Est Europa.
6
In un contesto internazionale molto competitivo e in forte evoluzione,
l’industria autoveicolistica dovrà affrontare nuove sfide.
Noi dobbiamo essere presenti in quei nuovi mercati in forte crescita. Di
conseguenza dobbiamo essere capaci di assicurare sviluppo ed economie di
scala salvaguardando produzioni (e occupazione) nei mercati domestici.
Creare prodotti in grado di far percepire al cliente finale non solo il “value for
money” ma anche contenuti di “brand affinity” dei prodotti “made by Italy”,
mobilitare tutta il nostra capacità tecnologica attraverso l’intera filiera e
naturalmente l’efficienza dei costi saranno sempre più determinanti fattori di
successo.
Dobbiamo continuare a riservare la massima attenzione a temi strategici
come l’ambiente, la sicurezza e la gestione dei veicoli a fine vita.
Innovazioni notevoli sono state introdotte in termini di diffusione dei sistemi di
sicurezza, di progettazione per il riutilizzo dei componenti e delle materie
prime, di contenimento delle emissioni e dei consumi energetici.
A fronte di questi miglioramenti, in termini reali i prezzi delle auto sono
diminuiti, pur in presenza di contenuti - prestazionali o di comfort - in
costante aumento.
Come evidenziato recentemente da una ricerca elaborata per la
Commissione UE, il mercato automobilistico è altamente competitivo, in un
contesto di discesa dei prezzi e di contenimento dei margini di profitto.
Ma vediamo adesso quella che è stata, negli ultimo tempi, la principale sfida
dell’intera industria automobilistica europea da un punto di vista politico
istituzionale.
Su richiesta di ACEA, la Commissione europea ha lanciato nel 2005, un
gruppo ad alto livello (High Level Group) con tutti gli stakeholders della filiera
(composto da 3 commissari europei, da vari deputati, da ministri, da
rappresentanti delle principali associazioni di categoria oltre ai rappresentanti
dell’industria automobilistica europea), tra i quali, il CEO di Fiat Group e
Presidente di ACEA, Sergio Marchionne.
L’obiettivo era quello di rilanciare la competitività dell’industria europea nella
sua sfida globale mediante un nuovo ed innovativo approccio alla legislazione
comunitaria, la cosiddetta “Better Regulation”, in modo da rendere il quadro
normativo del futuro più efficiente, meno “costoso”, definendo anche per la
prima volta, una Road Map delle priorità del settore, quali il CO2, la difesa
della proprietà intellettuale , la R&D, la fiscalità auto…. ed i relativi tempi
d’implementazione.
La Better Regulation si è concretizzata soprattutto in due principi
fondamentali per la competitività dell’industria automobilistica.
Il primo riguarda l’obbligo, da parte della Commissione, di lanciare uno
studio d’impatto (Impact Assessment) per ogni nuova iniziativa legislativa.
7
L’altro obbligo è quello di promuovere, per le politiche ambientali e inerenti
alla sicurezza, un Approccio Integrato che non coinvolga più solo l’automobile
nel raggiungimento degli obiettivi, ma anche gli altri attori della filiera.
In altri termini, l’Approccio Integrato nelle politiche comunitarie serve a
massimizzare il risultato mediante una minimizzazione dei costi sociali
Purtroppo, è doveroso constatare che a un anno dalla conclusione di CARS
21, la stessa Commissione, nelle sue proposte legislative, non sembra aver
sempre dato seguito ai principi di Better Regulation. Esempi ci vengono offerti
dalla Comunicazione della Commissione sulla nuova strategia per la
riduzione delle emissioni di CO2 ma anche dall’implementazione dei nuovi
limiti Euro 5 ed Euro 6 o dalla lentezza con la quale la Commissione ed il
Consiglio sembrano voler risolvere il delicatissimo problema della Design
Protection. Il risultato di tutto questo è che i costi della legislazione
continuano ad aumentare e che l’industria europea continua a non avere un
quadro di riferimento stabile per definire, con la necessaria programmazione,
i suoi investimenti industriali.
Ritengo quindi necessario che il Governo italiano si faccia promotore del
rilancio dei principi di CARS 21 e della Better Regulation in modo da tutelare
gli interessi dell’intera filiera sia a livello nazionale che in tutte le sedi
decisionali internazionali. Penso in particolare alle Istituzioni comunitarie, ma
anche al WTO, all’UN/ECE e all’ICE.
Ma per fare questo è anche necessario che ANFIA, assieme ai Ministri dello
Sviluppo economico, delle Politiche Comunitarie e dei Trasporti, si facciano
promotori di un tavolo di coordinamento sistematico con gli altri Ministeri in
modo da definire le priorità del settore (a medio e a lungo termine),
relativamente ai temi fondamentali della filiera, ad esempio la politica dei
trasporti, l’energia, l’ambiente e la ricerca.
Da questo tavolo mi attendo che vengano finalmente presi in giusta
considerazione gli interessi della filiera, ma che vengano anche elaborate
delle posizioni forti da difendere successivamente nelle sedi decisionali, dove
i nostri principali competitors da ormai troppo tempo riescono a fare sistema,
creando quindi quel clima favorevole allo sviluppo delle proprie aziende che
da noi ancora troppo spesso manca. Insomma, in poche parole, dobbiamo
fare gioco di squadra!
Ma passiamo adesso ad analizzare le principali sfide per la nostra industria,
tra le quali al primo posto troviamo il tema CO2, che sarà affrontato nel suo
intervento da Sergio Marchionne.
Io vorrei inquadrare questo tema in maniera più ampia, con alcuni dati che
forniscono un quadro diverso rispetto alla comune percezione. Ad oggi, infatti
solo il 3,5% delle emissioni mondiali di CO2 sono di tipo antropogenico, cioè
causate dall’uomo. Sommando le emissioni delle autovetture (circa il 5,50%)
8
e quelle degli autocarri, raggiungiamo l’11,5% delle emissioni
antropogeniche.
Quindi solo lo 0,4% circa sul totale delle emissioni globali di CO2 è causato
dall’industria autoveicolistica.
Analizzando alcune delle altre componenti più significative, troviamo le
centrali elettriche con il 25%, il riscaldamento domestico con il 23% e la
combustione di biomasse con il 15%.
Già dall’analisi di questi dati emerge con chiarezza che se vogliamo risolvere
il problema della riduzione delle emissioni, è assolutamente necessario un
approccio integrato dove non solo l’auto con la sua tecnologia debba
contribuire ma dove tutti i settori siano chiamati a fare la loro parte.
In Giappone, ad esempio, l’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2
legate al trasporto stradale è di circa 55 milioni di tonnellate; di queste, circa il
52% verrà affidato al miglioramento delle infrastrutture stradali e delle
tecnologie di gestione del traffico.
Infatti il governo giapponese stima che tale miglioramento e la conseguente
riduzione della congestione del traffico, potrà portare ad un taglio di oltre 28
tonnellate di CO2 entro il 2010.
E vorrei concludere, che in questi anni l’industria automobilistica ha già
ottenuto risultati significativi riducendo dal 1995 le sue emissioni del 13,5%, il
miglior risultato se confrontato ai settori coperti da Kyoto, e questo
nonostante la crescita di peso media delle vetture del 16% (e di potenza del
31%) a fronte di un accresciuta domanda di comfort e di nuovi standard di
sicurezza da parte del consumatore
Un altro aspetto cruciale per la nostra industria è quello della tutela a livello
mondiale del cosiddetto Made in Italy e della proprietà intellettuale dei nostri
prodotti.
La globalizzazione dell’economia, la crescita esponenziale delle economie
dei paesi emergenti, la ricerca continua di prodotti più competitivi, rende
sempre più necessario un sistema di protezione del nostro know how
mediante una lotta agguerrita al fenomeno della contraffazione.
Il trend di questi ultimi 10 anni fa rabbrividire!
+1.859% l’aumento stimato della contraffazione a livello mondiale! E, sempre
a livello mondiale, la stima dei posti di lavoro perduti è pari a 270.000, di cui
125.000 nella sola UE.
Il 50% della contraffazione viene dal sud est asiatico e la destinazione è per
più del 40% verso l’UE.
Ma cosa fa l’Unione Europea per arginare questo fenomeno? Un esempio
emblematico ci è dato dalla sua politica in materia di tutela del design, ossia
la tutela delle parti visibili ed innovative delle vetture. Stiamo parlando dei fari,
9
degli specchi, dei cofani dei paraurti, insomma di tutte quelle parti che
caratterizzano e distinguono un veicolo da un altro.
Per queste parti di design non esiste a livello europeo una protezione
generalizzata: la metà dei paesi è protetta, tra questi i principali paesi
costruttori (Germania e Francia) mentre gli altri (tra cui Italia e Spagna) sono
liberalizzati. Questo a fronte di una protezione, nel resto del mondo, in Usa,
Giappone e Corea.
Per essere chiari, il fenomeno non riguarda i fornitori di primo impianto ma i
cosiddetti copiers situati principalmente in Italia e Spagna, paesi liberalizzati,
che importano prevalentemente dalla Cina le parti di ricambio, senza che il
costruttore possa far valere alcun diritto. L’Italia si trova quindi nella posizione
di non poter competere né nei confronti degli altri costruttori europei, né nei
confronti dei costruttori americani o asiatici.
Ma a fronte di questa situazione la nuova proposta della Commissione,
bloccata da ormai troppo tempo a livello di Consiglio e di Parlamento
europeo, prevede la piena liberalizzazione delle parti di ricambio. L’ACEA ha
chiesto con determinazione il raggiungimento dell’armonizzazione a livello
UE della Design Protection con una protezione decennale.
Chiediamo di conseguenza al Governo italiano di farsi garante presso il
Consiglio UE affinché questa situazione si sblocchi in tempi rapidi mediante
una proposta di modifica della direttiva che preveda una tutela decennale
armonizzata a livello europeo.
Ricordo che in questa situazione di NON decisione da parte del Consiglio e
del Parlamento, l’Italia è il paese in Europa che è maggiormente discriminato!
Sempre nel contesto della tutela della certificazione del prodotto e della tutela
dei consumatori, il regolamento BER sulla distribuzione selettiva ha introdotto
nel settore After Market una nuova definizione di “pezzi di ricambio originali”
ed una maggiore apertura al mercato per l’utilizzo dei pezzi di ricambio di
qualità equivalenti, che richiedono a differenza dei primi solo una
autocertificazione facoltativa.
Questa liberalizzazione ha tuttavia comportato un forte degrado nella qualità
dei prodotti non originali che comportano spesso criticità nelle prestazioni
funzionali e di sicurezza degli stessi.
ANFIA ritiene necessario che nella direttiva quadro omologazioni,
attualmente in fase di ridefinizione, vengano individuati quei pezzi di ricambio
ritenuti essenziali da un punto di vista della sicurezza e dell’ambiente, e che a
questi venga assicurato un obbligo di certificazione di prodotto da parte di un
ente indipendente e internazionalmente riconosciuto. Infine, per maggiore
tutela del consumatore, l’obbligo di indicare in fattura il tipo di ricambio
utilizzato.
Infine, guardiamo al futuro. Amo ricordare che la sfida della ricerca e
l’innovazione rappresentano la garanzia per lo sviluppo sostenibile di
10
qualunque società evoluta. Il settore autoveicolistico europeo è in assoluto il
settore che più investe nella ricerca ed innovazione, con un peso del 17%
sugli investimenti totali.
Ma purtroppo anche in questo caso, e mi riferisco soprattutto a livello italiano,
la ricerca è ancora troppo frammentata, complessa nei suoi strumenti, troppo
scarsa in risorse pubbliche, poco coordinata con le iniziative di Bruxelles
(penso in particolare al 7° Programma Quadro di Ricerca) ma soprattutto di
breve-medio respiro.
Sono lieto che il Progetto di Innovazione Industriale per la Mobilità Sostenibile
lanciato dal Ministro Bersani abbia già raccolto le idee presso la filiera
produttiva; ora bisogna andare avanti con rapidità e con nuovi orizzonti
temporali.
E’ quindi necessario che venga attivato un Piano Nazionale decennale sulla
mobilità sostenibile tra Governo e filiera, in modo da definire le priorità, gli
obiettivi industriali ed anche un adeguato budget, che ritengo non possa
essere inferiore a 200 Mio € all’anno, oltre agli strumenti economici e
finanziari per il trasferimento dell’innovazione sul prodotto e per la diffusione
sul mercato.
Questo piano dovrà individuare chiaramente le nuove sfide di domani, ossia,
lo sviluppo di nuovi veicoli a bassissimo impatto ambientale, il miglioramento
delle infrastrutture, lo sviluppo dell’infomobilità ma anche lo sviluppo delle
tecnologie alla guida per accrescere la sicurezza.
Concludo ricordando i 4 action items.
- Fiscalità: avvio di un tavolo di discussione su una tassazione “CO2 related”,
occasione per migliorare la struttura della fiscalità sull'auto e cancellazione
dell’Imposta Provinciale di Trascrizione
- Incentivi: necessità di prolungare le misure di accompagnamento anche per
il 2008, ampliandole ai settori attualmente non coperti, come i veicoli per il
trasporto speciale, gli autocaravan, gli autobus, i rimorchi e i semi-rimorchi
- Sostegno all’industria dell’auto a livello europeo: con l’apertura di un tavolo
di coordinamento con il Governo sui temi strategici per il settore come
Ambiente, Sicurezza, R&D, lotta alla contraffazione, design protection etc. in
cui si faccia valere una posizione forte a livello europeo.
- Innovazione: la necessità di un Piano Decennale sulla mobilità in grado di
agire positivamente sulla competitività delle nostre aziende.
11
Autorità, Gentili Signore e Signori, Cari Associati,
I Romani sono stati la prima potenza non solo militare, ma anche economica
del mondo occidentale. Funzionale a questo è stata certamente la grande
attenzione alla creazione di infrastrutture capaci di “collegare” tutte le
province, favorendo il trasporto di merci e persone e la diffusione di
informazione e cultura.
Sono trascorsi 2000 anni, oggi l’Italia è al settimo posto tra i paesi più
industrializzati del mondo……dall’epoca dei Romani, sei posizioni sono state
perse nel ranking…..
Scherzi a parte, credo che l’Italia abbia necessità di una rinnovata strategia
che massimizzi l’integrazione tra le infrastrutture e la movimentazione, di
persone e merci, così da realizzare il sogno di restituire libertà di scelta ai
nostri clienti e libertà di movimento alle nostre città e alle nostre strade, grazie
a una mobilità finalmente sostenibile, integrata e intelligente.
Grazie per l’attenzione.
12