allegato - CIMO VENETO

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allegato - CIMO VENETO
LINEE GUIDA CIMO
A SUPPORTO DI UNA CORRETTA APPLICAZIONE
DELL’ARTICOLO 18 DEL CCNL 1998_2001
ALLEGATO TECNICO
PREMESSA
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genesi e contenuto del documento
APPLICAZIONI DISTORTE DELL’ARTICOLO 18
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e conseguenti implicazioni professionali ed economiche
ORIENTAMENTI NORMATIVI E GIURISPRUDENZIALI
in materia di applicazione dell’articolo 18
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PREMESSA
genesi e contenuti del documento
Le difficoltà che segnano da anni il Servizio Sanitario Nazionale, per effetto
dei provvedimenti di contenimento della spesa pubblica stanno determinando,
tra gli altri effetti negativi, problematiche applicative dell’articolo 18 del CCNL
che disciplina come noto il conferimento degli incarichi di sostituzione.
L’incertezza organizzativa conseguente ai processi di ristrutturazione in corso
(sia per l’applicazione degli standard adottati in materia di assistenza
ospedaliera, sia per la tendenza diffusa alla creazione di macrostrutture) che
prevedono l’abolizione di strutture complesse per accorpamento con altre o
trasformazione in strutture semplici dipartimentali, i vincoli amministrativi e
legislativi all’espletamento delle procedure concorsuali (blocco del turnover)
che rendono di fatto impossibile bandire i concorsi per il conferimento degli
incarichi di direzione di struttura complessa determinano applicazioni distorte
delle disposizioni contenute nel citato articolo 18, con rilevanti danni
professionali ed economici a dirigenti dei quali sono disattese legittime
aspettative e negati precisi diritti.
L’entità del fenomeno ha indotto la convinzione che sia opportuno
intraprendere iniziative adeguate per difendere i diritti dei nostri iscritti,
secondo linee guida omogenee su tutto il territorio nazionale, fondate su
principi inoppugnabili desunti da una approfondita analisi degli orientamenti
normativi e giurisprudenziali in materia. Per supportare l’elaborazione di tali
linee guida è stato istituito, per iniziativa del dottor Moretti e su specifica
indicazione del presidente Cassi, un gruppo di lavoro così costituito:
 dottor Luciano Moretti, Coordinatore delle regioni;
 dottor Giuseppe Lavra, Segretario Nazionale Organizzativo
 dottor Antonio De Falco, segretario regionale della Regione Campania;
 avvocato Giancarlo Faletti, consulente legale della CIMO;
 prof. Marzio Scheggi, responsabile scientifico dell’Istituto Health
Management, incaricato di rispondere ai quesiti posti dagli iscritti CIMO.
I risultati del lavoro del gruppo sono sintetizzati in due documenti distinti:
 un documento a valenza squisitamente pratica, denominato STRUMENTI
OPERATIVI (linee guida regionali e regolamento aziendale)
 un documento che consente a chi lo desideri un adeguato approfondimento
dell’iter logico che costituisce presupposto e fondamento delle proposte
operative formulate, denominato ALLEGATO TECNICO
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APPLICAZIONI DISTORTE DELL’ARTICOLO 18
e conseguenti implicazioni professionali ed economiche
Confermando, laddove ve ne fosse bisogno, la tendenza diffusa ad un utilizzo “disinvolto”
dei poteri di organizzazione che l’articolo 5 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
conferisce agli organi deputati alla gestione, si stanno perpetrando veri e propri abusi nel
conferimento degli incarichi di sostituzione di direttori di struttura complessa cessati dal servizio,
ricorrendo a formule che oltre ad essere palesemente illegittime, perché violano criteri e procedure
fissati in modo inequivocabile dalla normativa vigente, costituiscono anche palese violazione
dei principi di razionalità, trasparenza, correttezza, buon andamento della gestione, che devono
guidare le amministrazioni pubbliche.
Tra queste violazioni una che sta verificandosi con maggiore frequenza è l’utilizzo del comma 8
dell’articolo 18 per conferire l’incarico di sostituzione di direttori di struttura complessa cessati dal
servizio ad un altro direttore di struttura complessa, con evidente violazione non solo dei diritti dei
dirigenti appartenenti a tali strutture, indicati in modo chiaro ed inequivocabile dalla normativa
vigente come gli unici aventi diritto al conferimento dell’incarico, ma anche del principio del buon
andamento dell’azione amministrativa sancito dall’articolo 97 della Costituzione, che al primo
periodo dispone testualmente: I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge,
in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione
Del tutto contrario infatti al buon andamento dell’amministrazione appare ad esempio il conferimento dell’incarico di sostituzione ad una altro direttore di struttura complessa, applicando
in maniera disinvolta il comma 8 del citato articolo 18 (l’applicazione del quale è possibile solo
laddove sia dimostrata l’impossibilità di conferire l’incarico di sostituzione applicando i precedenti
articoli dello stesso articolo 18). Non si comprende infatti come un direttore di un’altra struttura
complessa possa conoscere e gestire le problematiche organizzative e professionali di una struttura
nella quale di fatto non opera, né come possa sottrarre tempo ed energie alla direzione
della struttura alla quale è preposto per farsi carico di dirigerne un’altra.
La negazione del diritto dei dirigenti di una struttura complessa a competere tra loro per vedersi
conferito l’incarico di sostituzione del direttore cessato per una scelta della direzione aziendale che
non ha fondamento né sul piano logico né sul piano giuridico crea un malessere organizzativo che
costituisce una palese violazione del comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 165. Il comma
citato dispone infatti che Le pubbliche amministrazioni garantiscono un ambiente di lavoro
improntato al benessere organizzativo e si impegnano a rilevare, contrastare ed eliminare ogni
forma di violenza morale o psichica al proprio interno.
Questa violazione dell’articolo 18, così come altre fantasiose violazioni che si riscontrano nella
quotidiana esperienza, viene perpetrata nella convinzione che la scelta del dirigente al quale
conferire l’incarico di sostituzione possa essere considerata, anche in relazione alla sua
temporaneità, una scelta fiduciaria rimessa alla discrezionalità della direzione aziendale,
nell’esercizio dei poteri di organizzazione che l’articolo 5 del decreto legislativo 165 conferisce agli
organi deputati alla gestione, precisando che le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le
misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte in via esclusiva dagli organi
preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, fatti salvi la sola
informazione ai sindacati per le determinazioni relative all'organizzazione degli uffici ovvero,
limitatamente alle misure riguardanti i rapporti di lavoro, l'esame congiunto, ove previsti nei
contratti .
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Questa formulazione ha determinato la convinzione che un direttore generale possa adottare
liberamente qualsiasi decisione, avendo il solo obbligo formale di informare le organizzazioni
sindacali, dimenticando che lo stesso articolo 5 dispone che quei poteri di organizzazione devono
essere esercitati nell’ambito delle leggi e dei regolamenti che ogni amministrazione pubblica deve
adottare per disciplinare il proprio assetto organizzativo interno. Non si tratta pertanto di un
esercizio avulso da qualsiasi regola, ma di un esercizio che deve essere rispettoso di principi
predefiniti nell’ambito dei regolamenti che disciplinano gli istituti di volta in volta considerati. E non
appare casuale la distinzione che nel testo normativo si riscontra tra “determinazioni” intese come
decisioni relative a specifiche circostanze e situazioni ed “atti”, intesi come regole generali alle
quali attenersi nell’esercizio della potestà organizzativa.
Una interessante conferma giurisprudenziale di questa lettura dell’articolo 5 del decreto legislativo
165 si trova nella sentenza 1001 del 29 dicembre 2009 emessa dalla sezione giurisdizionale
della Corte dei Conti della Calabria, sentenza nella quale si legge:
L'articolo 5, relativo al "potere di organizzazione", dispone, al comma 2, che "le determinazioni per
l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti la gestione dei rapporti di lavoro sono assunte
dagli organi preposti alla gestione (cioè i dirigenti) con la capacità e i poteri del privato datore
di lavoro", ma "nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2, comma 1" (quelli
che ogni amministrazione pubblica deve adottare per disciplinare il proprio assetto organizzativo
interno).
L'articolo 3, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 ha previsto che
l'organizzazione ed il funzionamento delle unità sanitarie locali "sono disciplinati con atto aziendale
di diritto privato, nel rispetto dei principi e criteri previsti da disposizioni regionali".
In altri termini, i dirigenti, ai quali è affidata in via esclusiva l'attività amministrativa, emanano gli
atti gestionali aventi natura privatistica, definiti in dottrina di micro organizzazione, nell'ambito e
sulla base degli "atti organizzativi" di carattere generale, detti macro organizzativi, dal contenuto
normativo in senso lato, mediante i quali gli organi di governo delle pubbliche Amministrazioni
esercitano le proprie funzioni di indirizzo politico-amministrativo e di individuazione degli obiettivi e
dei programmi da attuare, definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici,
individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi, e
determinano le dotazioni organiche complessive.
Vale a dire che tali "atti organizzativi", proprio in quanto aventi carattere generale, non ineriscono
alla gestione dei singoli rapporti di lavoro, ma si pongono, quali veri e propri atti amministrativi, a
monte dei rapporti stessi, e costituiscono l'esplicazione di una attività di carattere pubblicistico
finalizzata all'organizzazione complessiva dell'Ente, a fronte della quale sussistono in capo agli
interessati posizioni di interesse legittimo, con la conseguenza che non soltanto tale attività resta
disciplinata dal diritto amministrativo, e non dal diritto civile, ma anche che il sindacato sulla loro
legittimità può essere convenientemente valutata da questa Corte.
Altro dettaglio che appare dimenticato nella prassi corrente dei direttori generali è che l’esercizio di
quei poteri di organizzazione è soggetto ad un puntuale e costante controllo di merito.
Il comma 3 dello stesso articolo 5 precisa infatti che Gli organismi di controllo interno verificano
periodicamente la rispondenza delle determinazioni organizzative ai principi indicati all'articolo 2,
comma 1 (trasparenza, imparzialità, razionalità, economicità) anche al fine di propone l'adozione
di eventuali interventi correttivi e di fornire elementi per l'adozione delle misure previste
nei confronti dei responsabili della gestione
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ORIENTAMENTI NORMATIVI E GIURISPRUDENZIALI
in materia di applicazione dell’articolo 18
Si contrappongono nelle sentenze esaminate due orientamenti contrapposti per quanto concerne
la procedura di conferimento dell’incarico:
1) la discrezionalità dell’amministrazione nel conferire l’incarico, avvalendosi delle facoltà e dei poteri del privato datore di lavoro in una logica privatistica del rapporto di lavoro e della regolazione degli assetti organizzativi interni;
2) l’esigenza invece di procedere ad una selezione di merito attraverso una valutazione
comparativa dei curricula degli interessati, secondo criteri e parametri predefiniti, il che
conferisce alla selezione connotazioni di vera e propria procedura paraconcorsuale.
Questa diversa interpretazione si riscontra non solo tra diversi organi giurisdizionali, ma anche tra
le decisioni adottate dal Consiglio di Stato su ricorsi in appello per la riforma di sentenze di tribunali amministrativi, spesso ribaltate nelle decisioni assunte dal Consiglio di Stato rispetto al tribunale amministrativo regionale.
Di particolare interesse a questo riguardo la sentenza del Consiglio di Stato 3578 del 5 luglio 2013,
con la quale è stata riformata la sentenza 2123 del tribunale amministrativo del Lazio, sezione
distaccata di Roma.
Si trovano infatti in questa sentenza affermazioni di rilevante impatto sull’orientamento dell’organo
giudicante in materia di procedure di selezione seguite dagli IFO di Roma per conferire l’incarico
di sostituzione del direttore della struttura complessa di radiodiagnostica.
Il ricorso è stato presentato dal dirigente al quale non è stato conferito l’incarico, che muove
alla procedura di selezione le seguenti censure:
1. la Commissione, autovincolatasi al rispetto degli articoli 8, 9 e 10 del D.P.R. 484 del 1997, che
disciplina l’accesso al secondo livello dirigenziale, avrebbe dovuto procedere all'applicazione
integrale di quelle norme e non, invece, limitarsi, erroneamente e immotivatamente, a prescegliere solo alcuni criteri di valutazione previsti dal citato articolo 8, che prescrive altresì un
colloquio e contempla altre tipologie valutative a suo dire indispensabili nella fattispecie.
2. La Commissione per di più avrebbe dovuto essere composta, da due dirigenti medici preposti a
una struttura complessa della disciplina oggetto dell'incarico, ai sensi dell'articolo 15 ter.,
comma 2, del decreto legislativo n. 502 del 1992 , in tema di incarichi di direzione di struttura
complessa, anche se non espressamente richiamato dal citato C.C.N.L., e tale circostanza
avrebbe viziato le valutazioni della Commissione nominata nel caso di specie senza la presenza
di esperti in radiodiagnostica
3. la mancata previa determinazione di criteri per la selezione e la omessa, insufficiente e illogica
valutazione dei vari titoli prodotti (direzione per anni di struttura dotata di personale; soggiorni
di studio in Italia e all'estero; responsabile di Scuola di Ecografia Dermatologica e membro del
Consiglio Direttivo S.I.U.M.B.; partecipazione a congressi; pubblicazioni ed editor di atti
congresso internazionale di radiologia; protocolli di ricerca; anni di insegnamento universitario).
4. il giudizio della Commissione relativo alle tecniche diagnostiche ("alta complessità" per il candidato prescelto. e "media complessità" per l'interessato) non trova riscontro negli atti, sia
sul piano della qualità, non sussistendo "gerarchie" fra le prestazioni effettuate con T.A.C.
dal candidato prescelto. e quelle con ecografie effettuate dall’interessato., né della quantità,
in sostanziale parità.
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Gli I.F.O. si sono costituiti, ed hanno proposto appello incidentale replicando ai motivi dell'appello
principale a sostegno dell'operato della Amministrazione e della sentenza impugnata, sulla base tra
l’altro delle seguenti considerazioni
1. Eccepisce in via preliminare e preclusivo dell'esame dell'appello il difetto di giurisdizione
del giudice amministrativo trattandosi di pubblico impiego "contrattualizzato" e di procedura
di conferimento di incarico qualificabile come "fiduciario" e discrezionale.
2. Sarebbe venuto meno anche l'interesse ad agire, posto che l'incarico in questione è cessato
al 1 gennaio 2013,.
3. Dato il carattere della selezione, si sottolinea in particolare che l'Amministrazione e la
Commissione non erano tenute alla pedissequa osservanza dei richiamati riferimenti normativi
(D.P.R. 484 e decreto legislativo 502), e si aggiunge che le valutazioni dei curricula dei
candidati sono da ritenersi esaurienti e motivate, quindi insindacabili nel merito.
IL Consiglio di Stato ha preliminarmente considerato inammissibile l’eccezione di difetto di giurisdizione, ed ha ritenuto applicabile il comma 4 dell’articolo 63 del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, secondo il quale Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le
controversie in mate-ria di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni.
Il Consiglio ha infatti rilevato che la procedura all'esame ha avuto il seguente svolgimento:
 sono stati acquisiti i curriculum aggiornati dei dirigenti medici in servizio presso le strutture degli
I.F.O. della disciplina interessata al fine di procedere alla "valutazione comparata" degli stessi;
 è stata costituita apposita commissione esaminatrice per effettuare tale "valutazione
comparata";
 la Commissione ha ritenuto di avvalersi dei "criteri stabiliti dagli articoli 8, 9 e 10 del D.P.R. n.
484 del 1997", relativi alla disciplina generale per l'accesso alla direzione sanitaria aziendale e al
secondo livello dirigenziale, sia pure per quanto compatibili con la "selezione di cui trattasi";
 la Commissione ha in effetti proceduto alla motivata valutazione compa-rativa del merito dei
candidati, accertato per il tramite dell'esame dei titoli dei curriculum ai fini della successiva
individuazione dell'aspirante all'assunzione temporanea, vincolando così l'Amministrazione che
in tal senso ha deliberato.
Sulla base di questi elementi il Consiglio ha deciso che: La procedura risulta caratterizzata di certo
da alcuni elementi di carattere concorsuale sul piano procedurale e della valutazione degli aspiranti
sotto il profilo della maggiore o minore idoneità all'esercizio delle funzioni da assegnare, che è in
sostanza il connotato tipico proprio della procedura concorsuale.
Ancor più rilevanti appaiono peraltro le considerazioni che il Consiglio di Stato ha formulato nel
merito della procedura di valutazione, perché costituiscono affermazioni di principio e di metodo
che confermano una tendenza che trova riscontro sia in giurisprudenza che nelle stesse norme
legislative adottate negli ultimi anni in materia di selezione dei dipendenti pubblici.
Tra queste considerazioni meritano particolare riflessione le seguenti.
Nel merito della prima censura mossa dall’appellante (genericità e mancato fondamento delle
valutazioni) il Consiglio ha osservato che quel riferimento generale alle disposizioni per l'accesso
alla dirigenza sanitaria D.P.R. 484 e decreto legislativo 502) avrebbe dovuto indurre
l'Amministrazione a motivare adeguatamente la "prevalenza" data solo a una tipologia di criteri
affidata alla mera considerazione della "valenza strategica della struttura in esame" senza
esplicitare invece le ragioni per le quali invece si discostava da quella articolata normativa di
riferimento specifico.
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Ma sopra ogni altra tra le considerazioni formulate dal Consiglio di Stato merita una particolare
riflessione la seguente: la motivazione di ogni provvedimento deve esternare l'iter logico seguito
nell'adozione di quel provvedimento ai fini del possibile sindacato di qualsivoglia interessato e poi
del giudice in sede contenziosa, e l'iter logico deve essere congruo ed esauriente a tal fine.
Nel merito delle valutazioni della commissione incaricata della selezione, e sulla base delle quali è
stata effettuata la scelta del candidato al quale conferire l’incarico, il Consiglio di Stato ha rilevato
che: le valutazioni sui singoli curriculum si appalesano estesi e descrittivi dei titoli valutati, però
con sintetici giudizi, peraltro non su tutte le voci esaminate, non sempre decisivi e chiari, talvolta
generici e soprattutto, trattandosi di raffronto fra titoli, non evidenziano per l'appunto le
"comparazioni" e i parametri a sup-porto della conclusione, che si appalesa apodittica. ed ha in
conclusione affermato che ferma restando la discrezionalità riconosciuta alla Commissione in tali
fattispecie, la comparazione avrebbe dovuto esternare e rendere intelligibili le diverse valutazioni
fra loro sì da evidenziare chiaramente le differenze dei singoli giudizi e da giustificare quindi il
giudizio finale.
Le considerazioni formulate dal Consiglio di Stato a supporto della sentenza pronunciata
richiamano i principi dell’imparzialità e della trasparenza che sono indicati come principi fondanti
l’operato delle amministrazioni pubbliche dall’articolo 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165 e che hanno trovato puntuale traduzione applicativa nelle modifiche apportate al decreto
legislativo 165 dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, ed in quelle apportate al decreto
legislativo 502 dal decreto legge 13 settembre 2012, n. 158.
Il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, con l'articolo 40, comma 1, lettera c), ha introdotto
nell’articolo 19 del decreto legislativo 165, il comma 1-bis, che testualmente dispone:
L'amministrazione rende conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito
istituzionale, il numero e la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella dotazione
organica ed i criteri di scelta; acquisisce le disponibilità dei dirigenti interessati e le valuta.
I principi della trasparenza, dell’imparzialità e della valutazione comparativa che costituiscono i
contenuti sostanziali del citato comma 1-bis, devono essere applicato per qualsiasi incarico
dirigenziale che debba essere conferito, e devono pertanto trovare una loro specifica applicazione
anche per gli incarichi di sostituzione di cui all’articolo 18 del CCNL 1998_2001, fermo restando che
i dirigenti che devono essere sottoposti a tale valutazione comparativa sono esclusivamente quelli
che appartengono alla struttura stessa e che hanno i requisiti previsti dal comma 2 dell’articolo 18
(essere titolari di un incarico di struttura semplice o di carattere professionale, non
necessariamente di alta specializzazione, tra quelli cioè indicati alle lettere b) e c) dell’articolo 27
dello stesso CCNL 1998_2001.
Il decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, ha disposto con l'articolo 4, comma 1, lettera d)) la
modifica dell'articolo 15, comma 7 e l'introduzione dei commi 7-bis e 7-ter all'articolo 15. Con tali
disposizioni sono state apportate significative modifiche alla procedura di selezione dei direttori
di struttura complessa, modifiche concernenti in particolare:
1)
la composizione della Commissione incaricata della valutazione dei candi-dati; mentre infatti
prima la commissione era nominata dal direttore generale, ed era composta dal direttore
sanitario, che la presiedeva, e da due dirigenti dei ruoli del personale del Servizio sanitario
nazionale, preposti ad una struttura complessa della disciplina oggetto dell'incarico, di cui uno
individuato dal direttore generale ed uno dal Collegio di direzione, secondo quanto disposto
dal comma 7 dell’articolo 15, come riscritto dal decreto legge 158, tale commissione è
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composta dal direttore sanitario dell'azienda interessata e da tre direttori di struttura
complessa nella medesima disciplina dell'incarico da conferire, individuati tramite sorteggio
da un elenco nazionale nominativo costituito dall'insieme degli elenchi regionali dei direttori
di struttura complessa appartenenti ai ruoli regionali del Servizio sanitario nazionale.
Per quanto concerne la Presidenza della commissione, mentre prima questa era affidata al
direttore sanitario aziendale, il testo attualmente in vigore prevede che la Commis-sione elegga
il Presidente tra i componenti sorteggiati (escludendo quindi da tale ruolo il direttore sanitario
aziendale).
2) la selezione dei candidati tra i quali il direttore generale deve scegliere quello al quale
conferire l’incarico; mentre prima tale selezione si concretizzava in una rosa di tre
professionisti, tra i quali il direttore generale poteva liberamente scegliere quello al quale
conferire l’incarico, attualmente la commissione è chiamata ad attribuire dei punteggi, che
configurano una vera e propria graduatoria di merito, ed il direttore generale, laddove scelga
di conferire l’incarico al secondo o al terzo, è tenuto a motivare analiticamente la sua scelta.
3) la trasparenza nei criteri e nelle modalità di valutazione e di scelta trova riscontro nell’obbligo
di pubblicare nel sito web istituzionale il profilo professionale del dirigente da incaricare, i
curricula dei candidati, la relazione della commissione, le motivazioni della eventuale scelta da
parte del direttore generale di conferire l’incarico al secondo o al terzo in graduatoria.
Nella concreta applicazione di queste nuove norme in materia di conferimento dell’incarico
di direzione di struttura complessa assumono particolare pregnanza due considerazioni formulate
dal Consiglio di Stato nella citata sentenza 3578 e che vale la pena qui richiamare:
1)
la motivazione di ogni provvedimento deve esternare l'iter logico seguito nell'adozione di quel
provvedimento ai fini del possibile sindacato di qualsivoglia interessato e poi del giudice i
n sede contenziosa, e l'iter logico deve essere congruo ed esauriente a tal fine.
2) ferma restando la discrezionalità riconosciuta alla Commissione in tali fattispecie,
la comparazione avrebbe dovuto esternare e rendere intelligibili le diverse valutazioni fra loro
sì da evidenziare chiaramente le differenze dei singoli giudizi e da giustificare quindi il giudizio
finale.
In quei principi, che devono trovare puntuale applicazione nel regolamento che ogni azienda deve
adottare per disciplinare il conferimento degli incarichi di sostituzione di cui all’articolo 18 del CCNL
1998_2001, si conferma una tendenza che, come prima affermato, si appalesa chiara sia in termini
legislativi che in termini giurisprudenziali: la progressiva sottrazione agli organi di governo delle
aziende sanitarie della discrezionalità decisionale tipica di una interpretazione privatistica del
rapporto di lavoro, nella quale si afferma il principio della scelta fiduciaria dell’organo di vertice,
verso una valutazione comparativa di merito, sancita sia dal citato comma 1-bis dell’articolo 19 del
decreto legislativo 165, sia dalle modifiche apportate all’articolo 15 del decreto legislativo 502 per
quanto concerne la procedura per il conferimento dell’incarico di direzione di struttura complessa.
Conseguenza logica di tutto ciò, nel caso di un incarico di sostituzione, è che esso deve essere
conferito sulla base di una valutazione comparativa dei curricula dei soggetti che hanno i requisiti
richiesti per il conferimento di tale incarico (principio peraltro già sancito dal comma 2 dell’articolo
18) e che tale valutazione deve essere effettuata secondo predefiniti criteri e parametri, precisati
nei contenuti e nelle modalità applicative, in modo tale da rendere intelligibili le diverse valutazioni
formulate evidenziare le differenze dei singoli giudizi e giustificare il giudizio finale.
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Un interessante spunto di riflessione viene offerto dalla sentenza del T.A.R. della Campania,
sezione di Napoli, che nella sentenza 7746 del 20 novembre 2009 ha affermato che la giurispru-
denza amministrativa, in deroga al principio della normale improduttività di effetti, nel pubblico
impiego, delle attribuzioni di ruoli e responsabilità superiori senza concorso pubblico, ha ammesso
eccezionalmente il riconoscimento delle sole differenze retributive all'aiuto medico chiamato
a svolgere le mansioni del primario, in ragione della obiettiva indefettibilità di tale ultima funzione
apicale nell'ambito di complesse strutture organizzative unitarie di tipo ospedaliero.
Si potrebbe invero non infondatamente osservare che siffatto principio postula la reale
indefettibilità della funzione primariale, il che sarebbe pensabile e ragionevole con esclusivo
riguardo a strutture complesse ospedaliere (le divisioni ospedaliere), la cui configurazione ed il cui
funzionamento effettivamente rendono inammissibile la carenza sistematica della figura apicale cui
si imputano le responsabilità organizzative e le stesse scelte diagnostiche e terapeutiche incidenti
sul buon andamento del servizio.
La sentenza citata afferma in sostanza un principio che appare di particolare rilevanza ai fini di una
corretta applicazione della normativa in materia di sostituzioni: la necessità di una figura apicale,
alla quale siano formalmente attribuite le funzioni e le responsabilità proprie del direttore
di struttura complessa, ai fini del buon andamento della struttura, e quindi nel rispetto dell’articolo
97 della costituzione.
Le fonti normative che delineano responsabilità e funzioni di un direttore di struttura complessa
sono il comma 6 dell’articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e l’articolo 7 del
D.P.R. 27 marzo 2009, n. 128 (norma questa che deve essere letta non certo nel dettato formale,
ampiamente superato dalla normativa successiva che ha diversamente codificato ruoli e funzioni
nell’organizzazione dell’ospedale, quanto nel significato sostanziale che in essa viene delineato).
Il comma 6 dell’articolo 15 del decreto legislativo 502 dispone che:
Ai dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa sono attribuite, oltre a quelle derivanti
dalle specifiche competenze professionali, funzioni di direzione e organizzazione della struttura,
da attuarsi, nell'ambito degli indirizzi operativi e gestionali del dipartimento di appartenenza, anche
mediante direttive a tutto il personale operante nella stessa, e l'adozione delle relative decisioni
necessarie per il corretto espletamento del servizio e per realizzare l'appropriatezza degli interventi
con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative, attuati nella struttura loro affidata.
Il dirigente è responsabile dell'efficace ed efficiente gestione delle risorse attribuite. I risultati
della gestione sono sottoposti a verifica annuale tramite il nucleo di valutazione.
L’articolo 7 del citato D.P.R. 128 stabiliva che
Il primario vigila sull'attività e sulla disciplina del personale sanitario, tecnico, sanitario ausiliario ed
esecutivo assegnato alla sua divisione o servizio, ha la responsabilità dei malati, definisce i criteri
diagnostici e terapeutici che devono essere seguiti dagli aiuti e dagli assistenti, pratica direttamente sui malati gli interventi diagnostici e curativi che ritenga di non affidare ai suoi collaboratori,
formula la diagnosi definitiva, provvede a che le degenze non si prolunghino oltre il tempo
strettamente necessario agli accertamenti diagnostici ed alle cure e dispone la dimissione
degli infermi, è responsabile della regolare compilazione delle cartelle cliniche, dei registri
nosologici e della loro conservazione, fino alla consegna all'archivio centrale; cura la pre-parazione
ed il perfezionamento tecnico-professionale del personale da lui dipendente e promuove iniziative
di ricerca scientifica ed esercita le funzioni didattiche a lui affidate.
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I riferimenti normativi citati delineano una funzione di indirizzo e supporto alla crescita
professionale dei dirigenti che costituiscono l’équipe dell’unità operativa di volta in volta
considerata, aspetto che trova ulteriore conferma in quanto disposto dal comma 4 dell’articolo 15
del citato decreto legislativo 502, laddove si afferma che All'atto della prima assunzione, al
dirigente sanitario sono affidati compiti professionali con precisi ambiti di autonomia da esercitare
nel rispetto degli indirizzi del dirigente responsabile della struttura e sono attribuite funzioni di
collaborazione e corresponsabilità nella gestione delle attività. A tali fini il dirigente responsabile
della struttura predispone e assegna al dirigente un programma di attività finalizzato al
raggiungimento degli obiettivi prefissati ed al perfezionamento delle competenze tecnico
professionali e gestionali riferite alla struttura di appartenenza.
Si trova nella lettura delle norme sopra richiamate conferma esplicita dell’importanza delle funzioni
del direttore di struttura complessa, e l’esigenza di assicurare continuità all’esercizio di tali funzioni.
Tale continuità era garantita nella normativa che disciplinava l’organizzazione dei presidi
ospedalieri, che nello stesso articolo 7 sopra richiamato prefigura un assetto gerarchico funzionale
nelle figure del primario, dell’aiuto e dell’assistente che assicura in ogni caso la continuità di quelle
funzioni. Il citato articolo 7 disponeva infatti che
L'aiuto collabora direttamente con il primario nell'espletamento dei compiti a questo attribuiti; ha la
responsabilità delle sezioni affidategli e coordina l'attività degli assistenti; risponde del suo operato
al primario.
L'aiuto sostituisce il primario in caso di assenza, impedimento o nei casi di urgenza. Tra più aiuti
della stessa divisione o dello stesso servizio la sostituzione del primario spetta all'aiuto con
maggiori titoli.
L'assistente collabora con il primario e con l'aiuto nei loro compiti; ha la responsabilità dei malati a
lui affidati; risponde del suo operato all'aiuto e al primario; provvede direttamente nei casi di
urgenza. In caso di assenza o di impedimento dell'aiuto, le sue funzioni sono esercitate
dall'assistente con maggiori titoli o dall'assistente di turno.
Ai fini delle sostituzioni di cui ai commi precedenti, l'amministrazione, all'inizio di ogni anno,
formula per ciascuna divisione o servizio e in relazione ai titoli posseduti da ciascun aiuto o
assistente, da valutarsi in conformità ai criteri stabiliti dalla legge per i rispettivi concorsi di
assunzione, la graduatoria dei predetti sanitari.
Recependo non la lettera ma la sostanza ed i principi della norma richiamata si rilevano in essa
evidenti vantaggi rispetto alla disciplina introdotta con l’articolo 18:
 un assetto organizzativo stabile della struttura, nella quale veniva definita una gerarchia che
assicurava in ogni caso la continuità delle funzioni;
 la trasparenza e l’imparzialità nell’assegnazione dell’incarico di sostituzione, che veniva
assegnato sulla base di una graduatoria fissata ogni anno non dal primario ma
dall’amministrazione stessa, sulla base di una valutazione dei titoli posseduti da ciascun
componente l’équipe, effettuata applicando gli stessi criteri applicati nelle relative procedure
concorsuali.
L’applicazione dell’articolo 18 deve essere definita facendo salvi quegli stessi principi, e questo
deve essere fatto rispettando al contempo la formulazione letterale dell’articolo 18 medesimo ed i
principi che scaturiscono da una lettura sistematica dei contenuti dello stesso, alla luce anche dei
principi sanciti dal quadro normativo generale ed in ultima analisi dallo stesso articolo 97 della
costituzione, che sancisce tra l’altro due principi inderogabili:
 il buon andamento dell’amministrazione
 la chiarezza dei ruoli e delle responsabilità.
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I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon
andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.
Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le
responsabilità proprie dei funzionari.
Emerge in sostanza dall’analisi delle pronunce giurisprudenziali che attengono al conferimento
dell’incarico di sostituzione di un direttore di struttura complessa l’orientamento a considerare la
valutazione comparativa dei dirigenti che hanno i requisiti richiesti per il conferimento dell’incarico
quale precondizione ineludibile per l’azienda e quale diritto inalienabile per tutti coloro che
legittimamente possono aspirare a vedersi conferito l’incarico.
Molto interessante al riguardo è la sentenza della corte d’appello di Perugia emessa in data 20
marzo 2012, nella quale si ripercorre l’assai travagliato iter di un ricorso presentato il 17 maggio
2001 contro l'Azienda sanitaria che aveva temporaneamente sostituito il primario del reparto di
radiologia, con altro dirigente medico, anziché con il ricorrente, che ne avrebbe avuto i titoli e il
diritto, in virtù dell' articolo 121 del D.P.R. n. 384 del 1990. Il D.P.R. citato è il contratto di lavoro,
ancora in regime pubblicistico, che precede il CCNL 1994_1997, stipulato come noto il 5 dicembre
1996.
Alla data del ricorso era vigente il CCNL 1998_2001, sottoscritto in data 8 giugno 2000. Il motivo
per cui si fa riferimento ad una norma contrattuale esplicitamente disapplicata dal comma 9
dell’articolo 18 del CCNL 1998_2001, discende dal fatto che il provvedimento con il quale l’Azienda
sanitaria conferì ad altro dirigente l’incarico di sostituzione fu adottato il 3 agosto 2000, quando
era ancora vigente l’articolo 121 del D.P.R. 384. Il comma 9 dell’articolo 18 del CCNL 1998_2001
dispone infatti che: In prima applicazione la disciplina del presente articolo decorre dal
sessantesimo giorno dall’entrata in vigore del presente CCNL e, da tale data è disapplicato l’articolo
121 del DPR.384/1990.
Occorre peraltro rilevare che il citato articolo 121 del D.P.R. 384 assicurava una continuità ed una
certezza di diritto che l’articolo 18 del CCNL 1998_2001 non assicura, creando invece incertezze
interpretative che sono all’origine delle problematiche che questo documento si propone di
superare.
Si riportano di seguito alcuni stralci dell’articolo 121, non solo ai fini
anche per stimolare una riflessione sulle implicazioni negative che il
determinato, avendo sancito l’inapplicabilità agli incarichi dirigenziali
civile, e conseguentemente l’impossibilità del riconoscimento delle
esercitate in caso di sostituzione per vacanza del posto in organico,.
di una memoria storica, ma
nuovo quadro normativo ha
dell’articolo 2103 del codice
mansioni superiori, di fatto
A premessa della lettura di questi stralci rileva precisare che l’articolo 121 è esplicitamente
denominato mansioni superiori, per sgombrare ex ante qualsiasi incertezza interpretativa.
D.P.R. 384, articolo 121, comma 2
Per esigenze di servizio ed al fine di assicurare la continuità della funzione ed a condizione che
siano state attivate le procedure indicate nel comma 1, il medico dipendente può eccezionalmente
essere adibito a mansioni superiori.
D.P.R. 384, articolo 121, comma 4
Le mansioni superiori si configurano, altresì, quando la sostituzione del superiore assente, pur
rientrando negli ordinari compiti sia imputabile a vacanza del posto.
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D.P.R. 384, articolo 121, comma 5
L'assegnazione temporanea alle mansioni superiori spetta al dipendente di posizione funzionale
immediatamente inferiore in servizio nell'ambito della medesima struttura, secondo le modalità di
individuazione del titolare di cui alle disposizioni richiamate nel comma 3 ed, in mancanza, secondo
la procedura prevista dall'articolo 7, comma quinto e seguenti, del decreto del Presidente della
Repubblica 29 marzo 1969, n. 128. In tutte le graduatorie annuali previste dall'articolo 7 citato i
titoli sono valutati in conformità a quanto previsto per i concorsi di assunzione del personale da
sostituire.
D.P.R. 384, articolo 121, comma 6
L'assegnazione temporanea alle mansioni superiori prevista dai commi 3 e 4 non deve eccedere i
sessanta giorni nell'anno solare e non dà titolo ad alcuna retribuzione.
D.P.R. 384, articolo 121, comma 7
Qualora per giustificati motivi le procedure di cui al comma 1 non possano essere portate a
compimento nell'arco di tempo previsto dal comma 6, al dipendente incaricato delle mansioni
superiori, con provvedimento formale secondo le vigenti disposizioni, è corrisposto un compenso
per il periodo eccedente i sessanta giorni commisurato alla differenza fra lo stipendio base della
posizione superiore e quello della posizione di appartenenza, per un periodo non superiore a sei
mesi, al termine del quale le mansioni superiori non sono in alcun caso rinnovabili.
Nel ricorso presentato il ricorrente sosteneva che Il comportamento illegittimo dell'Azienda gli
aveva cagionato danni, per la mancata acquisizione di una più elevata professionalità e la perdita
di conoscenze ed esperienze connesse alla più elevata qualifica, non acquisita per colpa della
datrice di lavoro, dei quali chiedeva il risarcimento, con condanna della convenuta al pagamento
delle differenze retributive tra quanto percepito e il trattamento che egli avrebbe potuto percepire
in base alla superiore posizione professionale di dirigente di unità operativa, eventualmente anche
in via temporanea.
L'Azienda Ospedaliera si costituiva in giudizio, ed eccepiva in via pregiudiziale il difetto di
giurisdizione del giudice ordinano. Nel merito, contestava la domanda e ne chiedeva il rigetto.
Con sentenza n. 20/2007, pronunciata all'udienza dell'11 gennaio 2007, il Tribunale dichiarava il
proprio difetto di giurisdizione, per essere la contro-versia devoluta alla cognizione del Tribunale
amministrativo regionale.
Il ricorrente impugnava la sentenza, rilevando come il primo giudice avesse erroneamente ritenuto
il difetto di giurisdizione, e ne chiedeva la riforma.
Con sentenza n. 150/2008, pronunciata all'udienza del 20 febbraio 2008 e depositata il 31 maggio
2008, la Corte d'appello, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava la giurisdizione del
giudice ordinano e disponeva restituirsi gli atti al giudice di primo grado.
Con sentenza n. 351/2010, pronunciata il 24 maggio 2010 e depositata il 23 settembre 2010, il
Tribunale di Terni dichiarava che il ricorrente avrebbe avuto diritto a essere nominato responsabile
ad interim della struttura complessa di radiologia in sostituzione del dirigente al quale era stato
conferito l’incarico a decorrere dal 3 agosto 2000 e, per l'effetto, condannava l'Azienda resistente a
corrispondergli le differenze retributive che il ricorrente avrebbe maturato in conseguenza del
conferimento dell'incarico fino alla data del 28 giugno 2002, oltre agli interessi legali dalla
scadenza di ogni singolo rateo al saldo. Respingeva ogni altra domanda avanzata dal ricorrente e
condannava l'Azienda Ospedaliera alla rifusione delle spese da questi sostenute per il giudizio.
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Nonostante l’esito per certi versi positivo della vicenda il ricorrente presentò appello avverso la
sentenza del Tribunale di Terni, nella parte in cui è stata respinta la sua domanda di risarcimento
dei danni per perdita di chance.
La corte d’appello di Perugia, chiamata di nuovo a pronunciarsi nel merito, con la sentenza
pronunciata il 20 marzo 2012 respinse il secondo ricorso, con motivazioni che rivestono particolare
interesse nella misura in cui sancisco principi che possono trovare applicazione in situazioni
analoghe.
Nelle motivazioni della sentenza la Corte infatti afferma che l’appello deve essere rigettato non
perché il diritto al risarcimento non sussiste, ma solo perché l’appellante non ha quantificato con
prove certe il danno subito.
La formulazione testuale delle motivazioni merita di essere riportata integralmente per gli
interessanti spunti di riflessione che sessa fornisce
l'appellante non ha né dedotto, né, tanto meno, dimostrato:
a) che lo svolgimento delle funzioni di responsabile di struttura complessa fosse previsto come
requisito di ammissione ai vari non individuati concorsi cui sostiene di non aver potuto partecipare;
b) che, per i suoi titoli, egli sarebbe potuto prevalere sui candidati a quei concorsi e risultare così
vincitore in almeno una selezione.
Dunque, l'appellante - come del resto rilevato dal Tribunale nella sentenza impugnata -non ha
dimostrato di aver subito un danno, sotto la specie della perdita di chance, in conseguenza del
mancato conferimento dell'incarico ad interim di responsabile dell'U.O. di radiologia nell'agosto
2000.
Parimenti infondata, per difetto di allegazione e di prova, è la domanda di risarcimento del danno
"per perdita di conoscenze, di esperienze e di professionalità scaturenti dalla qualifica non
conseguita".
Come ha correttamente osservato il giudice di primo grado, "non solo non è stata fornita alcuna
prova del danno lamentato, ma non è stata neppure formulata, nella parte narrativa del ricorso,
alcuna deduzione sull'argomento, ragion per cui manca qualsivoglia elemento per pervenire ad una
liquidazione, ancorché in via equitativa, del danno".
La Corte concorda con queste considerazioni. Il ricorrente stesso, nell'atto introduttivo, appariva
ben consapevole di dover fornire la prova del danno subito in conseguenza del comportamento
dell'Azienda datrice di lavoro.
È indubbio che il danno del lavoratore derivante dalla mancata promozione è suscettibile di essere
quantificato oltre che, tenendo conto delle differenze economiche tra trattamento goduto e quello
della superiore qualifica, anche valutando tutti gli altri possibili pregiudizi del dipendente,
suscettibili di riflettersi sulla sua "persona", ad esempio, in termini di perdita delle conoscenze e
di elevata e ricercata professionalità utilizzabile pure per finalità economiche, di mancato approdo
ad un maggior prestigio e decoro sia nell'ambiente di lavoro sia nel contesto sociale, ed, infine,
anche in termini di possibili menomazioni all'integrità psico-fisica ricollegabili alla caduta che su
detta integrità può scaturire dalla negazione delle proprie legittime aspettative.
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Il lavoratore che in relazione al comportamento illegittimo del datore di lavoro, concretizzatosi
nell'ingiusto disconoscimento della promozione, intenda però chiedere - oltre che il risarcimento del
pregiudizio subito in ragione del mancato godimento del trattamento economico della superiore
qualifica – anche il ristoro dei suddetti danni (inquadrabili in buona misura nell'ampia area del
"danno biologico" quale si è andata delineando in dottrina ed in giurisprudenza) è tenuto a fornire,
ai sensi dell'articolo 2697. comma 1. del codice civile la prova della sussistenza in concreto di tali
danni, che per non essere conseguenze automatiche ed indefettibili, ma soltanto eventuali,
dell'accertata condotta illegittima, e potendo pertanto in concreto mancare del tutto, abbisognano
di essere accertati nell'an e nel quantum.
In una fattispecie, accostabile sotto molti aspetti a quella in esame la Suprema Corte ha già avuto
occasione di statuire che la potenziale dannosità della condotta del datore di lavoro che, in
violazione dell'articolo 2103 del codice civile, abbia lasciato un proprio dirigente inattlvo... non
esime il lavoratore che pretenda il risarcimento del danno dall'onere di provare l'effettiva
sussistenza di un danno patrimoniale, pure nella sua eventuale componente del danno alla vita di
relazione o di cosiddetto danno biologico, costituendo tale sussistenza (non ricavabile da
presunzioni semplici) il presupposto indispensabile anche per una liquidazione equitativa
(Cassazione 13 agosto 1991 n. 8835 – 18 aprile 1996 n. 3686)".
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