definizione di ristorno e normativa di riferimento

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Sezione prima - Aspetti gestionali
Definizione di ristorno e normativa di riferimento
DEFINIZIONE DI RISTORNO E
NORMATIVA DI RIFERIMENTO
Codice civile, art. 2545-sexies - Ristorni
“[1] L’atto costitutivo determina i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici.
[2] Le cooperative devono riportare separatamente nel bilancio i dati relativi all’attività
svolta con i soci, distinguendo eventualmente le diverse gestioni mutualistiche.
[3] L’assemblea può deliberare la ripartizione dei ristorni a ciascun socio anche mediante
aumento proporzionale delle rispettive quote o con l’emissione di nuove azioni, in deroga a
quanto previsto dall’articolo 2525, ovvero mediante l’emissione di strumenti finanziari.”
I ristorni erogati dalle società cooperative, pur previsti dall’art. 2545-sexies del Codice civile, non hanno
una definizione giuridica.
La ragione è da collegarsi alla mancata definizione del cosiddetto scopo mutualistico i cui ristorni rappresentano la pratica realizzazione. Invero, come per il passato, il legislatore della riforma ha volutamente
omesso di definire lo scopo mutualistico.
La ragione risiede nell’oggettiva difficoltà di predeterminare il fenomeno in tutti i suoi aspetti e nel timore,
sempre avvertito, che una definizione “legale” della mutualità potesse limitare lo sviluppo del movimento
cooperativistico.
Tant’è, da sempre, per la qualificazione dello scopo mutualistico, soccorre la Relazione del Guardasigilli al
codice civile secondo il quale s’intende il:
“fornire beni o servizi od occasioni di lavoro ai membri dell’organizzazione a condizioni
più vantaggiose di quelle che incontrerebbero sul mercato.”.
DEFINIZIONE DEI RISTORNI DATA DALLA GIURISPRUDENZA E
DALLA DOTTRINA
Alla mancata definizione di legge hanno supplito:
O
O
12
la giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ., Sent. n. 9513/1999) e
la dottrina giuridica (Cfr., V. Buonocore, Diritto della Cooperazione, Bologna, 1997; F. Galgano,
Diritto commerciale, Le società – III Ed.; E. Cusa, I ristorni nelle cooperative - Giuffrè Editore, Milano
2000).
Le Cooperative: aspetti gestionali, contabili e fiscali dei ristorni
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Sezione prima - Aspetti gestionali
Limiti al riconoscimento dei ristorni
LIMITI AL RICONOSCIMENTO
DEI RISTORNI
PIANI STRATEGICI E AUTOFINANZIAMENTO
La determinazione dei ristorni compete all’organo di amministrazione, che ne proporrà la distribuzione
all’assemblea dei soci, in forza:
O
dei piani strategici e
O
dell’esigenza di autofinanziamento della società,
al fine di consentire all’azienda di trovare in se stessa i mezzi necessari a soddisfare in tutto o in parte il
proprio fabbisogno finanziario senza dovere ricorrere a nuovi apporti di capitale proprio o di terzi (Di
Cagno N. “Sulla correlazione tra l’autofinanziamento e la politica di rinnovo degli impianti” in Annuali
della Facoltà di Economia e Commercio di Bari, Vol. XXV Bari 1970).
Invero, da un lato è compito dell’organo amministrativo garantire la realizzazione dello scopo mutualistico per tutta la durata del sodalizio e non solo per un singolo esercizio. Dall’altro, l’autofinanziamento generatosi con gli sviluppi positivi della gestione contribuisce alla formazione degli equilibri
finanziari, patrimoniali ed economici necessari per la futura gestione dell’azienda.
Ciò nel rispetto della tradizionale visione dell’impresa della dottrina aziendale che considera l’azienda
come un organismo
“che vive e si sviluppa in funzione di fini ed obiettivi di istituto che solo indirettamente
favoriscono gli scopi individuali” (Di Cagno N. Informazione Contabile e bilancio di esercizio, pag. 34).
A tale asserzione non sfugge “l’impresa cooperativa”.
Pur nata in reazione al sistema capitalistico, quale mezzo dei lavoratori per superare la cosiddetta questione
sociale, ed in contrasto tra capitale e lavoro, vive ed opera in tale sistema.
Ne consegue che la gestione dei ristorni non deve pregiudicare gli equilibri aziendali e quindi l’attività futura della cooperativa, per la quale è necessario garantirne l’autofinanziamento con l’accantonamento ai fondi ed alle riserve.
Valga sul punto l’autorevole parere espresso dal Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti che nella
“Raccomandazione in tema di ristorni per le società cooperative” emanata nel mese di Giugno 2003 così si
esprime:
“… l’attuazione dello scopo mutualistico non dipenda solamente dalla realizzazione del
trattamento dei soci alle migliori condizioni economiche del mercato nel presente, bensì
tale migliore trattamento deve protrarsi nel tempo il più possibile. Affinché ciò si possa
realizzare è necessario che gli amministratori progettino costantemente lo sviluppo
dell’impresa, programmandone le fasi temporali e quantificando, esercizio dopo esercizio,
le risorse necessarie per realizzarlo. In funzione di ciò, se la gestione corrente matura
nuove risorse, queste dovranno essere destinate proporzionalmente, non solo a garantire
il vantaggio mutualistico attuale, bensì anche il suo mantenimento nel futuro, attraverso
l’accantonamento dei fondi di riserva necessari all’attuazione del progetto…”.
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Sezione seconda - La contabilizzazione dei ristorni
Determinazione dei ristorni: profili economico-aziendali
Peraltro, è possibile un temperamento.
Benché sia innegabile che gli amministratori nel determinare la misura dei ristorni debbano salvaguardare
l’obiettivo del mantenimento nel tempo dell'equilibrio economico-finanziario dell'impresa, nulla vieta che
i fondi necessari siano accantonati comprimendo gli utili e non i ristorni.
Valga l’esempio che segue (per comodità non si tiene conto degli accantonamenti ai fondi di mutualità
e di promozione e sviluppo del movimento cooperativistico).
Esempio
CE
SP A.IX
31.12.n
Conto economico
a
Utile d’esercizio
Per determinazione dell’utile dell’esercizio
1.000
R DISTRIBUZIONE UTILE IPOTESI 1
SP A.IX
30.04.n+1
a
Diversi
Riserva legale
Riserva statutaria
Soci c/ristorni
Soci c/dividendi
Per destinazione utile d’esercizio come da delibera ….
Utile d’esercizio
SP A.IV
SP A.V
SP D.14.b
SP D.14
1.000
300
300
200
200
R DISTRIBUZIONE UTILE IPOTESI 2
La destinazione dell’utile potrebbe essere così deliberata:
SP A.IX
30.04.2006
a
Diversi
Riserva legale
Riserva statutaria
Soci c/ristorni
Soci c/dividendi
Per destinazione utile d’esercizio come da delibera del ….
Utile d’esercizio
SP A.IV
SP A.V
SP D.14.b
SP D.14
1.000
300
400
200
100
Quest’ultima soluzione comporta un minore soddisfacimento degli interessi economici dei soci (distribuzione di ristorni e dividendi per € 300 anziché di € 400). D’altro canto, garantisce il rafforzamento del
capitale proprio dell’azienda (riserve accantonate per € 700 anziché € 600) con evidente beneficio delle
future gestioni per l’autofinanziamento che si genera.
Con potenziali utilità anche a favore dei soci cooperatori.
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Sezione seconda - La contabilizzazione dei ristorni
Casi pratici di determinazione dei ristorni
CASI PRATICI DI DETERMINAZIONE
DEI RISTORNI
Come già osservato, la determinazione delle somme da attribuire ai soci a titolo di ristorno è rimessa alla
valutazione degli amministratori. La valutazione risulta complessa alla luce dei vincoli di legge e dei corretti principi di gestione ed economici da osservare.
Si procede quindi con degli esempi.
CASO N. 1 - AVANZO DI GESTIONE CON I TERZI E DISAVANZO
DELLA GESTIONE MUTUALISTICA
La gestione al 31 dicembre dell’anno 2005 evidenzia i seguenti dati:
RISULTATO DI BILANCIO AL 31.12.2005
Utile dell'esercizio
¾
di cui disavanzo della gestione con i soci
¾
di cui avanzo della gestione con terzi
2.000,00
-1.000,00
3.000,00
In contabilità rileveremo:
CE
SP A.IX
...
Conto economico
a
Utile di esercizio
Per determinazione del reddito dell’esercizio ……
2.000
Ora, atteso il risultato complessivamente positivo della gestione, potrà l’organo amministrativo procedere
all’assegnazione di ristorni ai soci?
La risposta è negativa.
Per la ragione che i ristorni competono solo ai soci cooperatori in forza degli scambi mutualistici posti in
essere.
Pertanto, il disavanzo della gestione dell’attività mutualistica ne inibisce ogni distribuzione anche
alla presenza di un utile di esercizio riveniente dalla gestione dei rapporti con i terzi.
Di conseguenza, nel caso in esame, l’utile di esercizio, al netto degli accantonamenti di legge e di statuto,
sarà destinato alle riserve, ovvero distribuito ai soci in forma di dividendo, mai potrà essere qualificato e
distribuito come ristorno.
In partita doppia si provvederà alla registrazione delle seguenti scritture contabili (non si tiene conto degli
accantonamenti ai fondi speciali della cooperazione):
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Sezione seconda - La contabilizzazione dei ristorni
Natura contabile dei ristorni
NATURA CONTABILE
DEI RISTORNI
La corretta rappresentazione contabile dei ristorni non può prescindere dalla individuazione della sua
natura contabile.
Da tempo la dottrina si interroga se i ristorni rappresentano:
O
una distribuzione dell’utile dell’esercizio,
O
ovvero dei componenti di conto economico dell’esercizio.
NATURA
NATURA
DEI
DEI RISTORNI
RISTORNI
A
B
QUOTA
QUOTA PARTE
PARTE
DELL’UTILE
DELL’UTILE
COMPONENTE
COMPONENTE
CONTO
CONTO
ECONOMICO
ECONOMICO
A) RISTORNI COME DISTRIBUZIONE DELL’UTILE DELL’ESERCIZIO
DELIBERA DI APPROVAZIONE DA PARTE DEI SOCI
Una prima ragione per cui una parte della dottrina ritiene i ristorni una forma di destinazione dell’utile
dell’esercizio muove dalla circostanza che la loro attribuzione deve essere deliberata dall’assemblea dei
soci, sicché, fino a quel momento, la loro esistenza giuridica non può considerarsi certa (Salvini L. I
ristorni nelle società cooperative, Rass. Trib. n. 6/2002, pag. 1911).
Prova ne sia la circostanza che la giurisprudenza di legittimità nega ai soci il diritto precostituito all’acquisizione dei ristorni e, altresì, quella estrema, ma non peregrina, che pur alla presenza di tutti i presupposti
di legge, i soci potrebbero deliberare di non riconoscersi il diritto.
AVANZO DELLA GESTIONE MUTUALISTICA COME PARTE DELL’UTILE
COMPLESSIVO
Un’ulteriore motivazione che porta a considerare i ristorni come una parte dell’utile, riposa nel fatto che
questi presuppongono l’esistenza di un utile di esercizio.
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Le Cooperative: aspetti gestionali, contabili e fiscali dei ristorni
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Sezione seconda - La contabilizzazione dei ristorni
Registrazioni nella contabilità generale
Ciò non toglie che l’adempimento può essere assolto con una contabilità generale dotata di conti utili allo
scopo.
Seppure attenti studiosi osservano che sulle società cooperative, e quindi sui ristorni, vi è una ingiustificata latitanza dei principi contabili.
Basta considerare che nei trenta principi contabili nazionali emessi dal CNDC e CNR il termine “cooperativa” appare solo due volte. Nel Principio contabile n. 17, in tema di bilancio consolidato, e nel Principio
contabile n. 27, in tema di conversione del capitale sociale in euro.
D’altro canto, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, ha colmato in parte la lacuna con l’emissione di due “Raccomandazioni contabili”.
Non sono dei veri e propri principi contabili, ma è già qualcosa.
Tornando alla contabilità generale essa deve fornire:
O
i dati che confluiranno nel bilancio d’esercizio da redigersi obbligatoriamente in forma U.E.;
O
le informazioni obbligatorie a corredo dei dati esposti nello stato patrimoniale e nel conto economico.
Pertanto, al fine di rappresentare lo scambio mutualistico della cooperativa, la contabilità dovrà integrarsi
con i conti idonei allo scopo.
COOPERATIVE DI UTENZA
A)
VALORE DELLA PRODUZIONE
1)
Ricavi delle vendite e delle prestazioni
a) verso soci
b)
altri ricavi delle vendite e delle prestazioni
COOPERATIVE DI LAVORO
B)
COSTI DELLA PRODUZIONE
9)
86
Per il personale
a)
Salari e stipendi
1) salari e stipendi dei soci
2) altri salari e stipendi
b) Oneri sociali
1) oneri sociali dei soci
2) altri oneri sociali
c) Trattamento di fine rapporto
1) trattamento di fine rapporto dei soci
2) altro trattamento di fine rapporto
d) Trattamento di quiescenza e simili
1) trattamento di quiescenza e simili dei soci
2) altro trattamento di quiescenza e simili
e) Altri costi
1) altri costi dei soci
2) altri costi degli altri dipendenti
Le Cooperative: aspetti gestionali, contabili e fiscali dei ristorni
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Sezione seconda - La contabilizzazione dei ristorni
Piano dei conti: integrazioni specifiche nello schema di bilancio
PIANO DEI CONTI: INTEGRAZIONI
SPECIFICHE NELLO SCHEMA DI BILANCIO
Si riporta di seguito la traccia di integrazione “minima” degli schemi di bilancio di esercizio di cui all’art.
2423-ter, comma 3, C.c., come elaborata dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti – Commissione Cooperative nella Raccomandazione riguardo l’attività di controllo del collegio sindacale nelle
società cooperative e schemi di relazioni, dicembre 2004.
STATO PATRIMONIALE
ATTIVO
esercizio (n) esercizio (n - 1)
A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti
1
Verso soci sovventori
2
Verso soci cooperatori
3
Verso soci assegnatari (D)
B) Immobilizzazioni
II.
2) Immobili in uso ai soci di cooperative indivise (D)
III. 1) Partecipazioni in:
[...]
e) società cooperative e/o consorzi
III. 2) Crediti:
[...]
e) verso altre società cooperative e/o consorzi
C) Attivo Circolante
I.
I.
2)
5)
II.
1)
II.
6)
IV.
4)
Prodotti in corso di lavorazione
Acconti
a) corrisposti ai soci
b) corrisposti a terzi
Crediti verso clienti
a) soci
b) altre cooperative e consorzi
c) terzi
per crediti di natura commerciale che derivano da una vendita o
prestazione di servizi effettuata a favore dei propri soci
d) v/enti per contributi in c/alloggi (D)
Soci c/concorso spese di gestione
rappresenta il credito vantato dalla cooperativa nei confronti dei
soci per i contributi alle spese di gestione dovuti dagli stessi
Depositi presso consorzi tra cooperative
rappresenta l’importo dei depositi eseguiti presso consorzi che
svolgono attività finanziaria. Le cooperative associate possono,
da un lato, depositare le loro disponibilità liquide e, dall’altro,
ottenere prestiti e finanziamenti
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