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L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
Anno CLVI n. 78 (47.213)
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
mercoledì 6 aprile 2016
.
Oltre sessanta morti in una serie di attentati
Aumenta la spesa militare globale
Iraq nel mirino dell’Is
Armi
senza confini
Mentre le truppe di Baghdad avanzano verso Mosul
BAGHDAD, 5. Non si placa in Iraq la
strategia del terrore dei jihadisti del
cosiddetto Stato islamico (Is). A
fronte dei successi militari che l’esercito di Baghdad sta riportando nella
provincia di Al Anbar e nella regione di Mosul, roccaforti dell’Is, gli
uomini di Al Baghdadi hanno lanciato ieri una serie di attentati suicidi contro militari e civili. Stando
agli ultimi bilanci, 63 persone hanno
perso la vita e 83 sono state ferite.
Esattamente come in Siria, dove le
forze di Assad guadagnano terreno:
l’unica forma di resistenza per i miliziani diventano gli attacchi suicidi,
isolati e contro la popolazione civile.
Nel peggiore degli attentati — tutti sono stati rivendicati dall’Is — sono morti almeno 26 militari. Un’autobomba è esplosa nella città di Al
Baghdadi, nella zona occidentale
della provincia di Al Anbar e vicino
alla base aerea di Ain Al Asad. Nella
provincia di Salahuddin, a nord di
Baghdad, almeno sei soldati governativi sono stati uccisi e altri 18 feriti
in altri due attentati. Sono invece
tredici gli uomini delle forze della sicurezza morti in un attentato sferrato dai jihadisti a est di Falluja.
Terrore anche a Baghdad: tre soldati hanno perso la vita e altri dieci
sono stati feriti in seguito a
un’esplosione che ha colpito il convoglio del primo ministro iracheno,
Haider Al Abadi, mentre attraversava la zona di Meshahda. E sempre a
Baghdad, nella zona settentrionale,
tre persone sono state uccise e dodici ferite dopo che un attentatore suicida si è fatto saltare in aria a un posto di blocco vicino al ponte di Al
Muthana che collega la capitale alle
città del nord dell’Iraq come Samarra e Tikrit. Nella città meridionale
di Nassiriya, invece, fonti della polizia riferiscono che almeno cinque civili sono morti in seguito all’esplosione di una bomba in un ristorante
della città di Tel Al Laham. Ventitré
le persone ferite.
Nel centro di Bassora, poi,
un’esplosione ha ucciso cinque civili
e ne ha ferito altri undici. A deflagrare è stata un’auto parcheggiata in
prossimità di un incrocio. Infine due
civili sono stati uccisi e sette feriti
dopo che due colpi di mortaio han-
Iracheni in fuga dai combattimenti tra l’esercito e l’Is a ovest di Baghdad (Ap)
no colpito la zona residenziale del
quartiere di Al Nassar nella cittadina
di Abu Ghraib a ovest di Baghdad.
L’ultimo grave attacco firmato Is
in Iraq era stato registrato alla fine
di marzo. Una bomba esplosa durante una partita di calcio a Iskanderiyah, a cinquanta chilometri da
Baghdad, aveva ucciso oltre quaranta persone. Come detto, questi attacchi avvengono mentre l’esercito di
Baghdad avanza verso Mosul, supportato dal Pentagono. Di recente il
segretario di Stato americano, John
Kerry, ha confermato l’intenzione
della Casa Bianca di aumentare gli
sforzi per la liberazione di Mosul e
di alcune aree in cui la sopravvivenza di alcune minoranze è particolarmente a rischio.
E intanto, mentre in Iraq si registra una nuova fiammata del terrorismo, in Siria proseguono i raid della
coalizione internazionale a guida
statunitense e quelli russi nelle aree
del Paese sotto il controllo dell’Is.
Ma chiede che prima cessino le aggressioni palestinesi
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Netanyahu pronto
a negoziati diretti con Abbas
TEL AVIV, 5. Israele è pronto ad avviare negoziati diretti con i palestinesi. Il premier Benjamin Netanyahu ha rivolto ieri un invito pubblico al presidente palestinese
Mahmoud Abbas per incontrarsi a
Gerusalemme il prima possibile e affrontare tutti i principali nodi del
contenzioso.
«La settimana scorsa — ha detto il
leader del Likud — il presidente Abbas ha detto alla televisione israeliana che se lo invitassi, lui verrebbe.
Ecco, lo invito. Sarò qui tutti i giorni. La mia porta resta aperta per chi
vuole la pace con Israele». Netanyahu ha aggiunto che sulla sua
agenda il primo punto è «la fine
della incitazione alla violenza» contro gli israeliani. All’appello di Netanyahu si è unito anche il presidente
israeliano, Reuven Rivlin. «Se Abbas è veramente orientato a lavorare
per far cessare il terrore e mostra di
voler riprendere negoziati diretti
dobbiamo trovare un modo» si legge in una nota dell’ufficio di Rivlin.
I negoziati tra israeliani e palestinesi sono fermi da almeno due anni.
A poco sono valsi gli sforzi dell’Amministrazione statunitense nel cercare di far tornare al tavolo del dialogo le due parti. In un recente viaggio in Giordania, il segretario di Stato americano, John Kerry, aveva ri-
badito con forza «l’impegno degli
Stati Uniti nel sostenere la soluzione
dei due Stati», quella che prevede la
costituzione di uno Stato palestinese
autonomo e sovrano accanto a uno
Stato israeliano, in pace e sicurezza
reciproca. Washington è pronta —
aveva dichiarato Kerry — «a lavorare
con tutte le parti» per la fine del
conflitto, ribadendo «l’illegittimità
degli insediamenti israeliani» in Cisgiordania.
I palestinesi pongono quale condizione imprescindibile per la ripresa
delle trattative l’immediato blocco di
tutte le attività edilizie israeliane negli insediamenti in Cisgiordania. Per
gli israeliani è invece prioritaria la
questione della sicurezza: senza un
impegno preciso dei palestinesi a deporre le armi e a far cessare gli attacchi, è inutile — dice Israele — dialogare. Dallo scorso settembre c’è
stata infatti un’escalation di aggressioni e attacchi palestinesi contro
militari e civili israeliani in Cisgiordania. Anche per questo le autorità
israeliane hanno annunciato la costruzione di una nuova barriera di
separazione: la struttura dovrà isolare Hebron, città epicentro degli
scontri delle ultime settimane. La
misura è stata illustrata nei giorni
scorsi dal ministro della Difesa israeliano, Moshe Yaalon.
Le truppe di Assad stanno guadagnando terreno nell’area centroorientale, puntando verso Raqqa e
Deir Ezzor, le ultime vere roccaforti
dell’Is nella regione. Ed è di ieri la
notizia che la polizia turca ha arrestato due presunti attentatori suicidi
dell’Is nella provincia sudorientale
di Gaziantep, al confine con la Siria.
Entrambi erano conosciuti dall’intelligence e facevano parte della stessa
cellula terroristica. Questo mentre
cresce l’attesa per la ripresa dei negoziati a Ginevra tra Governo e opposizione, sotto l’egida delle Nazioni Unite.
STO CCOLMA, 5. Cresce la spesa militare globale, un mercato che non
conosce mai crisi. Il dato è aumentato dell’un per cento nel 2015 rispetto all’anno prima. Nel complesso, si parla di un giro di affari
pari a circa 1700 miliardi di dollari.
È quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’International Peace Research (Sipri) di Stoccolma, pubblicato ieri, secondo cui tra le cause dell’incremento delle spese militari c’è soprattutto la guerra in Siria e in Iraq e al rafforzamento internazionale dell’antiterrorismo. La
lista dei Paesi con il maggior budget militare vede gli Stati Uniti al
primo posto con 596 miliardi di
dollari, seguiti dall’India, dalla Cina e dall’Arabia Saudita (87,2 miliardi). Anche se non include dati
sul traffico illegale, il rapporto resta in ogni caso un’importante cartina tornasole per tracciare una
mappa delle maggiori zone di conflitto e tensioni nel mondo.
Le spese militari aumentano soprattutto in Asia e in Oceania, dove si trovano i sei principali Paesi
importatori di armi nel periodo
2011-2015. C’è soprattutto l’India,
che da sola copre addirittura il 14
per cento del mercato, seguita dalla
Cina (4,7 per cento) e dall’Australia (3,6). Le complesse dinamiche
geopolitiche che stanno dietro queste cifre sono note: da una parte,
c’è la tensione nella penisola coreana, dove Pyongyang ha lanciato
nuove minacce nucleari in seguito
alle sanzioni internazionali, dall’altra, c’è lo scenario del Mar cinese,
con le rivendicazioni incrociate di
Pechino e Tokyo. Non è un caso se
due anni fa, nel 2014, fu proprio il
Giappone ad aumentare il budget
militare di un netto due per cento:
investimenti per circa 42 miliardi di
dollari: un record nella storia recente del Paese asiatico, complice
anche la nuova legge sulla sicurezza nazionale.
L’altro grande centro del mercato mondiale delle armi è il Medio e
Vicino oriente, dove negli ultimi
cinque anni volume degli affari è
cresciuto addirittura del 61 per cento. È l’Arabia Saudita a fare da padrone, con un aumento degli investimenti pari al 275 per cento. E
nello stesso periodo gli Emirati
Arabi Uniti hanno conosciuto
un’espansione degli investimenti
del 35 per cento, seguiti dal Qatar,
che ha fatto segnare un più 279 per
cento. L’Iraq ha speso 13,1 miliardi
di dollari in armamenti nel 2015. Si
tratta di Stati a prevalenza sunnita,
che godono stretti legami con gli
Stati Uniti. Ed è ovvio che, in questo caso, ad alimentare la corsa agli
armamenti sia soprattutto il confronto con il mondo sciita, e soprattutto con l’Iran. Una contrapposizione, quella tra sunniti e sciiti,
che segna in profondità tutti i principali conflitti della regione: dallo
Yemen, dove Riad è direttamente
implicata, alla Siria e all’Iraq contro il cosiddetto Stato islamico
(Is).
Oltre a queste dinamiche dominanti, un altro dato importante che
emerge dal rapporto del Sipri riguarda l’Africa. Nel periodo 20112015 le importazioni di armi verso i
Paesi africani sono aumentate di
circa il venti per cento. Qui è la
lotta al terrorismo dilagante in Libia a spiegare il dato.
Organizzazioni umanitarie tornano a criticare l’accordo Ue-Turchia dopo l’entrata in vigore
Quali diritti per i migranti
BRUXELLES, 5. «Questo è il primo
giorno di tempi molto duri per i diritti dei rifugiati». Questo il primo
commento dell’organizzazione internazionale Amnesty International
sull’entrata in vigore del piano UeTurchia per la gestione dell’emergenza immigrazione. Parole chiare,
che mettono in risalto il nodo cruciale attorno al quale si continua a
discutere in queste ore: la salvaguardia dei diritti dei migranti e il rispetto delle norme internazionali
sul diritto di asilo. Proprio questi
aspetti non sarebbero adeguatamen-
te protetti dall’intesa. E ad Amnesty
International si è unita ieri anche
Save the Children, che ha denunciato «la mancanza di tutele per i
migranti respinti» e ha chiesto ai
leader europei «di sospendere il
piano e ripensarlo urgentemente».
Sotto accusa ci sono anche le condizioni di accoglienza nel centro di
detenzione di Moria a Lesbo, dove
si trovano più di mille minori. Qui
«famiglie e bambini stanno dormendo all’aperto» denuncia l’organizzazione. Un appello in questa
direzione è giunto ieri anche dalla
Caritas e dalla Comece (Commissione delle conferenze episcopali
della Comunità europea). «Sta avvenendo nei fatti quello che non
volevamo» ha dichiarato Oliviero
Forti, responsabile dell’area immigrazione della Caritas italiana. «Abbiamo criticato l’accordo, adesso si
stanno vedendo i primi effetti di
un’Europa che vuole solo allontanare i profughi dai propri confini» ha
aggiunto. «Il fatto che i rimpatri
non riguardino i siriani non diminuisce la gravità di far tornare i migranti in un Paese che non dà nessun tipo di garanzia per il rispetto
dei diritti umani». La Caritas «avrà
la possibilità diretta di verificare le
condizioni in cui queste persone
verranno accolte».
Sul mensile della Comece, «Europeinfos», in un approfondimento
si sottolinea l’inadeguatezza dell’accordo, mettendo in rilievo soprattutto la “voragine” dei diecimila
bambini migranti non accompagnati che sono letteralmente scomparsi
nel vuoto. «Per i minori — si legge
nel testo — si dovrebbero seguire i
parametri internazionali della protezione dei bambini».
E intanto, dopo l’avvio ieri del
piano con il rinvio di 202 migranti
in Turchia, nella giornata di oggi
non ci saranno nuovi respingimenti.
Lo confermano le autorità greche,
spiegando che la maggior parte dei
profughi attualmente trattenuti nelle isole ha presentato domanda di
asilo e che queste dovranno essere
valutate individualmente prima di
eventuali rinvii. Secondo Atene, tra
i migranti respinti non c’era nessun
richiedente asilo. E sempre ieri, si
sono registrati disordini nel campo
di Idomeni, al confine tra Grecia ed
ex Repubblica jugoslava di Macedonia. Da giorni il campo è bloccato per la chiusura delle frontiere.
I volti
della misericordia
PAGINA 5
NOSTRE INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha nominato
Nunzio Apostolico in Kuwait e
Delegato Apostolico nella Penisola Arabica Sua Eccellenza
Monsignor Francisco Montecillo Padilla, Arcivescovo titolare
di Nebbio, finora Nunzio Apostolico in Tanzania.
Migranti nel campo greco di Moria sull’isola di Lesbo (Ap)
Il Santo Padre ha accettato
la rinuncia al governo pastorale
dell’Arcidiocesi di Bar (Montenegro), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Zef Gashi,
in conformità al canone 401 § 1
del Codice di Diritto Canonico.
Provvista di Chiesa
Il Santo Padre ha nominato
Arcivescovo di Bar (Montenegro) il Reverendo Sacerdote
Rrok Gjonlleshaj, del clero
dell’Amministrazione Apostolica di Prizren, finora parroco
della parrocchia di Sant’Antonio in Prishtina ed economo
dell’Amministrazione Apostolica di Prizren.
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mercoledì 6 aprile 2016
Circa il quaranta per cento delle colture rischia di scomparire a causa di parassiti
Raccolti malati
Una minaccia soprattutto per le popolazioni più povere
ROMA, 5. Il commercio internazionale di prodotti agricoli vale oltre mille
miliardi di dollari all’anno e il settore alimentare copre oltre l’ottanta
per cento del totale. Un mercato imponente minacciato però da parassiti
e malattie: secondo la Fao (l’O rganizzazione delle Nazioni Unite per
l’alimentazione e l’agricoltura), circa
il quaranta per cento dei raccolti nel
mondo rischia di scomparire. Una
spada di Damocle che incombe soprattutto sulle parti più povere del
mondo.
Per cercare una soluzione efficace
all’emergenza, è riunita da ieri alla
Fao la Commissione sulle misure fitosanitarie (l’organo governativo della Convenzione internazionale per la
protezione fitosanitaria). L’obiettivo
è appunto discutere i metodi più efficaci per prevenire la contaminazione da parte di batteri, virus e piante
infestanti, di frutta, verdura e altro
cibo commercializzato ogni giorno
nel mondo. Questa Commissione vede la partecipazione di analisti ed
esperti di malattie vegetali provenienti dai 182 Paesi membri e da numerosi altre organizzazioni internazionali. Il tema scelto quest’anno è
«La salute delle piante per la sicurezza alimentare».
«Recentemente abbiamo riscontrato un’attenzione maggiore alle malattie delle piante, ma c’è ancora
molto da fare rispetto alla consapevolezza su come sostenere o migliorare la salute vegetale» sottolinea il
vice direttore generale della Fao, Daniel Gustafson. Compito della Commissione sulle misure fitosanitarie sarà anche quello di rivedere e stabilire
gli standard internazionali fitosanitari che determinano come piante e
prodotti vegetali debbano essere
trattati durante il movimento e il trasporto. L’obiettivo è inoltre quello
di minimizzare il rischio che i parassiti delle piante superino i confini e
si diffondano in altre regioni, nel
contesto sempre più ampio del commercio internazionale. Come i moscerini della frutta che depongono le
uova nella buccia delle arance da
esportazione o gli scarafaggi nascosti
Ingente quantità
di munizioni
sequestrata
a Rotterdam
BRUXELLES, 5. Ben 45 chilogrammi
di munizioni, tra cui molte pallottole
calibro 7.62 usate per i kalashnikov.
È quanto la polizia ha ritrovato, riferiscono i media olandesi, nell’appartamento a Rotterdam di Anis B., il
francese sospettato di essere il complice di Reda Kriket arrestato ad Argenteuil e pronto a compiere un attentato terroristico in Francia.
Anis è stato catturato dalla polizia
lo scorso 27 marzo, mentre era ricercato sin da dicembre dalla giustizia
francese. È sospettato di essere stato
in Siria insieme a Kriket a fine 2014
e inizio 2015. Kriket guidava un’auto
intestata ad Anis ed è stato ritrovato
il numero di telefono di quest’ultimo
in una delle sue carte Sim. Lo stesso
Anis, nato a Montreuil, era già noto
alla giustizia francese che lo aveva
condannato due volte, nel 2006 per
furto e nel 2008 per attacco a mano
armata.
Intanto, a 14 giorni dagli attentati
del 22 marzo scorso a Bruxelles, su
circa 340 feriti ne rimangono ricoverati 66, di cui 33 di nazionalità belga
e altrettanti originari di diciotto Paesi stranieri diversi. Ben 37 le persone
ancora in terapia intensiva per traumi multipli e ustioni diffuse: lo ha
reso noto un portavoce del servizio
sanitario federale, Sven Heyndrickx.
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nel legno dei pallet per le spedizioni
e ancora il batterio Xylella Fastidiosa che colpisce gli ulivi.
Quest’anno la Commissione, riunita alla Fao fino all’8 aprile, dovrà
anche occuparsi dei crescenti rischi
associati ai container marittimi e valutare la necessità di sviluppare standard anche per affrontare tali rischi.
I partecipanti discuteranno poi dello
sviluppo della certificazione fitosanitaria elettronica, utile per velocizzare
le pratiche dei controlli. La creazione di un unico hub online è stata
approvata dalla Commissione lo
scorso anno per facilitare lo scambio
di milioni di dati.
L’Assemblea generale dell’Onu ha
proclamato quest’anno l’inizio di un
decennio di azione a favore della
nutrizione. Si tratta di «uno scatto
in avanti nel dare vigore alla lotta
contro la fame nel mondo e a favore
di una migliore alimentazione» hanno reso noto i vertici della Fao. A
oggi circa 800 milioni di persone nel
mondo rimangono cronicamente denutrite e oltre due miliardi soffrono
di gravi carenze alimentari.
Una foglia di ulivo colpita da Xylella Fastidiosa
Dopo la pubblicazione dei Panama Papers
Governi avviano indagini
sui conti offshore
WASHINGTON, 5. I Governi di diversi Paesi hanno avviato indagini
in merito a possibili violazioni finanziarie dopo la pubblicazione
dei cosiddetti Panama Papers, i file
diffusi da un consorzio di giornalisti investigativi e da Wikileaks.
Questi documenti hanno svelato
una vasta rete di società offshore
dove politici, capi di Stato e di
Governo, imprenditori, attori, sportivi, faccendieri e criminali avrebbero dirottato il proprio denaro.
Si riunisce il Gruppo di Minsk dell’O sce
Kerry e Lavrov sollecitano una tregua
nel Nagorno Karabakh
MOSCA, 5. Il ministro degli Esteri
russo, Serghiei Lavrov, e il segretario di Stato americano, John Kerry,
«hanno condannato i tentativi di
alcuni attori esterni di aumentare le
tensioni» nel Nagorno Karabakh:
lo ha reso noto ieri sera il ministero
degli Esteri di Mosca riferendo di
un colloquio tra i due. Lavrov e
Kerry hanno inoltre espresso «seria
preoccupazione» per il riaccendersi
del conflitto e «hanno confermato
l’invito a porre fine immediatamente alle azioni belliche».
La situazione nel Nagorno Karabakh «suscita seria preoccupazione
al Cremlino», ha inoltre dichiarato
il portavoce Dmitri Peskov, citato
dall’agenzia Itar-Tass, spiegando allo stesso tempo che al momento
però non vi è in programma di organizzare un incontro tra il presidente armeno, Serzh Sargsyan, e
quello azero, Ilham Aliyev, come fu
fatto nel 2014 durante la precedente
escalation del conflitto.
I co-presidenti del Gruppo di
Minsk dell’Organizzazione per la
sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) per il Nagorno Karabakh si incontreranno oggi a Vienna per discutere dell’escalation del
conflitto nel Caucaso: lo riferisce il
co-presidente statunitense James
Warlick. Gli altri due co-presidente
del Gruppo di Minsk per il Nagorno Karabakh sono il russo Igor Po-
pov e il francese Pierre Andrieu.
Alla riunione, secondo l’agenzia
Iatr-Tass, parteciperà anche un rappresentante della Germania, che ha
la presidenza dell’Osce nel 2016.
Almeno 20 persone sono morte,
72 sono rimaste ferite e 26 risultano
disperse da quando, tra venerdì e
sabato scorso, sono ripresi i combattimenti tra forze azere e armene
lungo la linea di contatto appunto
nella regione contesa del Nagorno
Karabakh.
Il bilancio è stato fornito dal capo delle operazioni dell’Esercito
del ministero della Difesa armeno,
Il segretario
della Nato
alla Casa Bianca
Soldati armeni lungo la linea del fronte con l’Azerbaigian (Afp)
Sterlina sotto pressione
a causa del rischio Brexit
LONDRA, 5. Sterlina sotto pressione a causa del rischio Brexit. Lo
scrive il quotidiano «The Financial
Times», rilanciando l’allarme della
City per le incognite legate al referendum del 23 giugno e all’ipotetica uscita della Gran Bretagna
dall’Unione europea. Il giornale
nota che il costo delle garanzie
per assicurarsi dal rischio di una
caduta della sterlina continua ad
aumentare, mentre il pericolo Brexit viene ormai considerato il principale fattore d’instabilità dei mercati dagli analisti di Londra. A
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Gaetano Vallini
Ripresi i colloqui
tra Grecia e troika
confermarlo — fa eco un’altra testata, «The Times» — è il significativo rallentamento degli investimenti nella Gran Bretagna, registrato fin d’ora da un rapporto
della società di consulenza Deloitte. Il fenomeno, stando a questo
documento, dipende direttamente
dalle «paure» delle aziende di un
potenziale terremoto causato dal
risultato del referendum: terremoto che potrebbe tradursi in un’ulteriore contrazione della crescita
dell’economia britannica e in un
aumento dei tassi d’interesse.
Servizio vaticano: [email protected]
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
caporedattore
segretario di redazione
colonnello Viktor Arstamian, secondo cui tra le vittime si contano anche un bambino e tre civili. Il ministro della Difesa di Baku ha fornito
un bilancio più ridimensionato,
dando conto oggi della morte di 16
militari nei combattimenti degli ultimi due giorni.
Anche se detenere denaro in società offshore non è illegale di per
sé, i giornalisti che hanno ricevuto
i documenti affermano di poter
fornire le prove che in molti casi si
configura il reato di evasione fiscale, quando non si tratta dei proventi di attività illegali quali il riciclaggio e persino lo spaccio di droga.
Lo studio cui i documenti sono
stati sottratti, Mossack Fonseca, ha
affermato di aver creato più di
240.000 società offshore per clienti
di tutto il mondo, ma ha negato
qualsiasi condotta fraudolenta e si
è detta vittima di una campagna
contro la privacy.
L’inchiesta, portata avanti da 37
giornalisti che hanno studiato oltre
undici milioni di file, ha coinvolto
finora almeno 140 personaggi famosi o persone a loro vicine. Sono
dodici i capi di Stato e di Governo
il cui nome compare nelle carte. Ci
sarebbero inoltre 33 persone e società incluse nella “black list” statunitense per legami con attività terroristiche.
Ovviamente, dopo la pubblicazione dei Papers c’è stata una cascata di reazioni. Il Cremlino ha
dichiarato che i documenti non
contengono nulla di concreto né di
nuovo. «Conosciamo bene questa
cosiddetta comunità giornalistica»
ha detto il portavoce russo, Dmitri
Peskov. «Sono ex funzionari del
Dipartimento di Stato americano,
della Cia e di altri servizi speciali».
Stessa reazione da Pechino, dove la
stampa ufficiale parla di «obiettivi
politici».
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ATENE, 5. Il Governo della Grecia
ha ripreso a trattare con i suoi creditori, dopo che due giorni fa il direttore generale del Fondo monetario internazionale (Fmi), Christine
Lagarde, aveva scritto al premier
ellenico, Alexis Tsipras sostenendo
che «siamo ancora lontani» nei negoziati sul debito di Atene. La
stessa Lagarde aveva definito senza
senso le voci, diffuse da Wikileaks,
secondo le quali lo stesso Fondo
sarebbe stato pronto a dichiarare il
default della Grecia per costringere
le parti a trovare un accordo. In-
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
tanto, in un colloquio telefonico
tra Tsipras e Joe Biden, il vice presidente degli Stati Uniti ha affermato come sia importante che la
Grecia, l’Fmi e le istituzioni europee lavorino in modo «costruttivo
per chiudere la prima revisione del
programma di riforme economiche
di Atene in modo tempestivo». Lo
riporta una nota della Casa Bianca,
sottolineando che Biden ha messo
in evidenza la necessità per l’Europa di far seguito al proprio impegno di ristrutturare il debito della
Grecia.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
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WASHINGTON, 5. La stato della lotta al cosiddetto Stato islamico (Is),
ma anche i potenziali sviluppi in
Libia, così come la crisi dei migranti in Europa e l’Ucraina. Questi i temi al centro del colloquio ieri sera alla Casa Bianca tra il presidente statunitense, Barack Obama,
e il segretario generale della Nato,
Jens Stoltenberg.
Obama ha sottolineato la centralità dell’Alleanza atlantica che ha
definito una «pietra miliare per la
difesa di Stati Uniti ed Europa» e
ha messo in evidenza come i recenti attacchi terroristici a Bruxelles
riaffermino l’impegno dell’Amministrazione di Washington e della
Nato nel «rimanere concentrati
sull’Is» e sulla sicurezza dell’Europa e del mondo, parlando inoltre
del potenziale ruolo in Libia.
La crisi dei migranti è stato poi
argomento centrale, con Obama
che ha rimarcato come la Nato sia
impegnata insieme con l’Unione
europea per «prevenire le stesse
tragedie viste la scorsa estate».
Quindi per quanto riguarda il conflitto in Ucraina, i due leader hanno ribadito l’impegno a risolvere la
situazione nella convinzione che in
questo senso sia importante mantenere il dialogo con la Russia.
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pagina 3
Un’immagine del disastro petrolifero
del 2010 nel Golfo del Messico (Epa)
WASHINGTON, 5. Si conclude con un
risarcimento record di 20 miliardi di
dollari a carico del colosso petrolifero Bp la vicenda della “marea nera”,
ovvero l’incidente su una piattaforma nel Golfo del Messico (marzo
del 2010) che, esplodendo, provocò
la morte di undici operai e l’inquinamento delle coste di cinque Stati
americani.
L’esplosione sulla piattaforma
Deepwater Horizon causò il più grave disastro ambientale nella storia
degli Stati Uniti, avendo superato di
oltre dieci volte per entità — indicano gli esperti — quello della petroliera Exxon Valdez, nel 1989.
Dopo avere stabilito in precedenza che la società petrolifera era stata
«grossolanamente negligente», il
giudice federale, Carl Barbier, ha
approvato ieri — in via definitiva —
un accordo risarcitorio, il più grande
del genere. La decisione mette la parola fine a sei anni di controversie
legali tra l’Amministrazione statunitense e la Bp. La causa intentata
contro il colosso petrolifero è stata
definita «il processo ambientalista
del secolo».
Il giudice federale ha sentenziato
che il pagamento verrà dilazionato
nel corso di sedici anni e coprirà i
danni provocati dagli oltre cinque
milioni di ettolitri di greggio spersi
Wisconsin
banco di prova
per repubblicani
e democratici
Per i danni causati dalla marea nera del 2010 nel Golfo del Messico
Bp dovrà risarcire 20 miliardi di dollari
nel mare di cinque Stati che si affacciano sul Golfo del Messico (Alabama, Florida, Louisiana, Mississippi e
Texas). Lo sversamento ebbe inizio
il 20 aprile di sei anni e si concluse
ben 106 giorni dopo, il 4 agosto del
2010. Per mesi enormi chiazze di petrolio hanno galleggiato in superficie, mentre la frazione più pesante
del greggio ha formato ammassi chilometrici sul fondale marino.
Tra i punti dell’accordo finale, è
previsto, inoltre, che la compagnia
Elezioni regionali
indiane
Prima donna
governatrice
nel Kashmir
SRINAGAR, 5. Mehbooba Mufti,
leader del Partito popolare democratico (Pdp), ha prestato giuramento ieri, diventando la prima
donna governatrice del Jammu e
Kashmir, l’unico Stato indiano a
maggioranza musulmana.
Mufti è subentrata al padre,
Mufti Mohammed Sayeed, governatore dello Stato fino alla sua
morte, lo scorso gennaio. Prima
di prestare giuramento — come riporta la stampa locale —
Mehbooba Mufti ha formato una
coalizione di Governo con l’ala
più a destra degli hindu nazionalisti del Bharatiya Janata Party
(Bjp), legati al primo ministro
Narendra Modi. Il Partito popolare democratico dispone di 28
seggi e il Bharatiya Janata 25.
La leader del Pdp (filo-indiano) ha dovuto aspettare tre mesi
dopo la morte del padre prima di
potere prendere il suo posto. Ciò
ha ritardato la formazione del
Governo, perché Mufti ha voluto
che il leader del Bjp locale accogliesse le sue richieste.
Nelle ultime elezioni nello Stato, nel dicembre del 2014, nessun
partito ha ottenuto la maggioranza assoluta nell’Assemblea del
Jammu e Kashmir, composta da
70 rappresentanti. Via twitter, il
premier Modi si è felicitato con la
nuova governatrice.
della regione del Golfo del Messico», aveva dichiarato in quell’occasione il segretario alla Giustizia, Loretta Lynch.
Gli esperti hanno accertato che, al
momento del grave incidente, la
Deepwater Horizon stava cercando
il greggio alla maggiore profondità
mai raggiunta: a 1.259 metri dal fondo del mare spingendosi per altri
1.500 metri nelle rocce, oltre il limite
per cui era stata costruita.
Il Nobel Suu Kyi
rinuncia
alla guida
di due ministeri
Bomba nell’Assam
NEW DELHI, 5. Almeno una persona
è stata uccisa e altre venti sono state
ferite ieri nell’esplosione di una
bomba nello Stato nord orientale indiano dell’Assam, dove si è votato
per il rinnovo dell’Assemblea legislativa regionale. Lo riferisce l’emittente televisiva Times Now.
L’attentato dinamitardo ha avuto
luogo a Dudhnoi, nel distretto di
Goalpara, ed è stato causato da un
ordigno esplosivo rudimentale scoppiato vicino a un commissariato di
polizia e alla sede del partito nazionalista indù del Bharatiya Janata
Party (Bjp). La vittima, secondo le
prime informazioni raccolte sul posto, sarebbe un agente delle forze di
sicurezza. Alcuni dei feriti sono stati
trasportati in ospedale in gravi condizioni. Per impedire ulteriori atti di
petrolifera versi 5,5 miliardi di dollari di sanzioni all’Amministrazione
statunitense. Bp, che gestiva la piattaforma e che ha già raggiunto un
accordo anche per risarcire imprenditori e residenti, stima che i costi
complessivi che dovrà sostenere in
seguito al disastro supereranno i 53
miliardi di dollari. L’accordo per il
risarcimento era stato annunciato nel
luglio scorso. «Bp sta ricevendo la
punizione che merita per i danni
causati all’ambiente e all’economia
violenza, in tutto lo Stato nordorientale le autorità hanno rafforzato la
sicurezza.
L’attacco è coinciso con la prima
fase elettorale in Assam, il piccolo
Stato famoso per le piantagioni di
tè, e nel confinante West Bengala,
dove sorge la metropoli di Calcutta.
Fino al 16 maggio prossimo, circa
170 milioni di elettori saranno chiamati alle urne in Assam, West Bengala, Kerala e nell’ex colonia francese di Pondicherry per il rinnovo degli organi legislativi locali. In Assam
— dove si è votato in 65 dei 126 collegi elettorali — si è recato ai seggi
oltre il 78 per cento degli aventi diritto. Nel West Bengala, 18 su 294
collegi elettorali sono andati alle urne nella prima fase del voto. La seconda si terrà l’11 aprile
Le elezioni — indicano gli analisti
politici — sono considerate un importante banco di prova per il Bjp,
il partito del primo ministro indiano,
Narendra Modi, salito al potere due
anni fa, e per la tenuta del partito
del Congresso I, all’opposizione, di
Sonia Gandhi e del figlio Rahul.
Secondo gli osservatori, un’eventuale affermazione nell’Assam potrebbe aprire ai nazionalisti una porta di accesso al nord-est del Paese
asiatico, dove il Bjp è politicamente
abbastanza debole.
NAYPYIDAW, 5. Aung San Suu
Kyi, premio Nobel per la pace,
ha deciso di rinunciare a due dei
quattro ministeri che le erano stati assegnati nel nuovo Governo
del Myanmar, entrato in carica la
scorsa settimana. Lo riporta il sito
di informazione Irrawaddy.
Il premio Nobel, per anni
all’opposizione, ha deciso di rinunciare all’incarico di ministro
dell’Istruzione e dell’Energia. Rimarrà invece a capo del dicastero
degli Esteri e dell’Ufficio del presidente, una sorta di capo di gabinetto del nuovo capo dello Stato, Htin Kyaw, uno dei suoi più
stretti collaboratori.
La decisione è stata resa pubblica oggi in Parlamento, dove la
lista dei nomi dei ministri presentata ieri conteneva altri due funzionari per i dicasteri che inizialmente erano stati attribuiti a Suu
Kyi. La Lega nazionale per la democrazia (Nld), di Suu Kyi, che
controlla una solida maggioranza
parlamentare dopo le elezioni
dello scorso novembre, le prima
democratiche dopo trent’anni, ha
anche proposto di elevare il premio Nobel per la Pace a consigliere di Stato, una mossa che è
stata aspramente criticata dall’esercito e dal principale partito a
esso collegato.
La Deepwater Horizon era una
piattaforma petrolifera dal valore di
circa 560 milioni di dollari, di proprietà dell’azienda svizzera Transocean, la più grande compagnia del
mondo nel settore delle perforazioni
off-shore; affittata alla multinazionale British Petroleum per 496.000
dollari al giorno. Grande come due
campi di calcio, si trovava a circa ottanta chilometri dalla Louisiana, ed
estraeva circa 9.000 barili di petrolio
al giorno.
Nei pressi di un istituto liceale
Attentato suicida
in Afghanistan
WASHINGTON, 5. Le primarie in
Wisconsin, Stato del Midwest nella regione dei Grandi Laghi, potrebbero ridisegnare la corsa alla
nomination repubblicana, sul piano matematico ma soprattutto psicologico. E prolungare il duello in
casa democratica. I fari sono puntati su Donald Trump, reduce da
una settimana difficile, segnata da
gaffe e polemiche, con un calo nei
sondaggi. «Il Wisconsin sarà una
grande sorpresa» ha dichiarato il
magnate newyorkese, confidando
nella possibilità di superare l’impasse. I sondaggi locali danno comunque in testa il senatore ultraconservatore Ted Cruz, sul quale
ormai si stanno concentrando le
preferenze della leadership del
Grand Old Party. In ogni caso, i
delegati in palio sono solo 42, assegnati con metodo maggioritario
(una parte collegio per collegio,
una parte sul totale statale): numeri che non consentirebbero a
Cruz di effettuare l’eventuale sorpasso. I democratici mettono in
palio 86 delegati con metodo proporzionale: i sondaggi danno Bernie Sanders avanti di poco rispetto a Clinton. Dopo aver strappato
due Stati vicini (Michigan e Minnesota), il senatore del Vermont la
scorsa settimana si è aggiudicato i
caucus nello Stato di Washington,
alle Hawaii e in Alaska.
Va detto che il Wisconsin è un
banco di prova particolare: popolato in gran parte da bianchi, working e middle class messi in difficoltà dalla crisi, è uno Stato dove
la sinistra e la destra radicali hanno molti seguaci.
Governo
brasiliano
contro
l’impeachment
Miliziani talebani nella provincia di Nangarhar (Afp)
KABUL, 5. È di almeno sei morti e
22 feriti il bilancio di un attentato
suicida sferrato oggi con un’autobomba vicino a un istituto liceale
nel distretto di Seya Gerd a Parwan, nell’Afghanistan settentrionale. Tra le vittime ci sono anche studenti, donne e bambini. Sono state
oltre 700 le scuole chiuse in Afghanistan lo scorso anno per questioni
legate alla sicurezza e alla minaccia
terroristica. Oltre cento sono gli attacchi contro il settore dell’istruzio-
ne nel Paese nel 2015, secondo la
Missione Onu di assistenza all’Afghanistan. E in un’altra imboscata
degli insorti talebani ieri a Jawzjan, sempre nel nord del Paese, sono stati uccisi sei poliziotti. Infine,
un comandante del cosiddetto Stato islamico (Is) è morto oggi insieme ad altri cinque militanti a seguito del raid di un drone statunitense nella provincia orientale afghana di Nangarhar.
BRASILIA, 5. L’avvocato generale
dello Stato brasiliano, José Eduardo Cardozo, ha chiesto ieri l’archiviazione della procedura di impeachment contro la presidente
Dilma Rousseff alla commissione
speciale della Camera dei deputati
di Brasilia, che dovrà decidere entro l’11 aprile se dare o meno continuità al procedimento. Cardozo
ha dichiarato che la messa in stato
di accusa di Dilma sarebbe un
«errore storico imperdonabile»,
poiché non sussiste alcun crimine
di responsabilità, atto illecito o
doloso attribuibile al presidente,
affermando inoltre che l’impeachment «senza base nella Costituzione è golpe». E ieri — come riferiscono fonti della stampa locale
— la polizia ha effettuato nuovi
arresti in relazione all’inchiesta
sullo scandalo di tangenti legato
all’azienda Petrobras.
L’Ue conferma il sostegno al premier libico Al Sarraj
Operazione contro Boko Haram
Riapre l’ambasciata tunisina a Tripoli
Liberati centinaia di ostaggi
TRIPOLI, 5. Il ministero degli Esteri
tunisino ha annunciato la riapertura
della propria ambasciata e del consolato a Tripoli a dimostrazione del
sostegno al Governo di unità nazionale del premier Fayez Al Sarraj, recentemente insediatosi nella capitale
libica. Tunisi aveva chiuso la missione diplomatica nella confinante Libia nel luglio del 2014 quando la
coalizione di milizie islamiste Fajr
Libia aveva preso il controllo di
Tripoli, rendendo di fatto la situazione della sicurezza molto precaria
nella regione.
E anche l’alto rappresentante per
la Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, Federica Mogherini,
ha telefonato ieri al premier Al Sarraj, riconfermando «il pieno impegno europeo per sostenere la transizione sulla base delle priorità definite dal Governo di unità nazionale
libico».
Sostenitori del Governo di unità nazionale libico a Tripoli (Reuters)
ABUJA, 5. Un altro duro colpo ai
terroristi di Boko Haram. Sono state liberate ieri in Nigeria 275 persone che erano state prese in ostaggio
dal gruppo. La liberazione è avvenuta in seguito a un blitz effettuato
da forze di sicurezza ed esercito.
Tra le persone liberate, una anche
una donna che ha dato alla luce un
bambino subito dopo essere stata
messa in salvo dall’esercito; secondo quanto riferisce il colonnello Sani Usman, che ha condotto l’operazione, mamma e bambino sono ora
in buone condizioni di salute.
Nell’operazione, che ha inoltre permesso la liberazione di molti villaggi del nord est del Paese, i militari
hanno ingaggiato pesanti scontri
con i terroristi. Almeno quindici
membri di Boko Haram sono stati
uccisi. È stata poi scoperta e distrutta dalle forze di sicurezza anche una fabbrica di armi. L’orga-
nizzazione jihadista, nata formalmente nel 2002 allo scopo di imporre la legge islamica in Nigeria,
ha condotto in questi anni feroci attacchi nel nord del Paese, provocando la morte di migliaia di persone. Dal 2009, a seguito della repressione dell’esercito locale, Boko
Haram ha intensificato la sua azione, compiendo attentati contro edifici delle forze di polizia, scuole,
chiese, moschee e uccidendo civili.
Tra i sopravvissuti agli attacchi o
alla prigionia, molte persone hanno
sviluppato disturbi fisici e psicologici. Nel 2011 in seguito alla elezione del presidente Goodluck Jonathan, del People’s Democratic Party, e nonostante l'impegno dell’Esecutivo, l’attività di Boko Haram è
aumentata ulteriormente. In più occasioni il gruppo si è servito di
donne, anche bambine, per condurre attentati suicidi.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
mercoledì 6 aprile 2016
Il sumo in Giappone tra disciplina ferrea e valori etici
Manciate di sale sul ring
da Tokyo
CRISTIAN MARTINI GRIMALDI
grandi lottatori rivolgono lo sguardo verso l’altare e sorseggiano il sake
in onore della divinità.
Questa è forse la parte
più importante di tutta la preparazione del lottatore di sumo:
ossia una performance di ringraziamento al dio che in questo caso è simbolicamente rappresentato da tre ramoscelli di
I
Cresce il numero di giovani
di altri Paesi che praticano tale sport
Combattono una battaglia privata
di riscatto sociale
Una battaglia parallela
a quella ingaggiata allo stadio
sakaki (l’albero sacro) posti in
alto sopra una delle tre pareti
che delimitano il dohyo, l’arena
del combattimento. I pochi
spettatori siedono silenziosi alle
loro spalle sopra dei comodi za-
Statua in legno
di san Francesco
di Paola (XVII secolo)
buton, i tradizionali cuscini quadrati da meditazione.
Ci troviamo in una delle più
importanti scuole di sumo (heya) di tutto il Giappone. Qui i
lottatori convivono insieme come in una grande casa famiglia.
In questa, che si trova nel quartiere Koto a Tokyo, ci sono 22
lottatori, il più piccolo ha 16
anni, il più vecchio 36. Anni fa
sarebbe stato superfluo specificare la nazionalità, oggi non
più. Sono infatti sempre più
numerose le persone originarie
di altri Paesi che negli ultimi
anni hanno deciso di praticare
lo sport giapponese per eccellenza: 16 dei 42 lottatori della
massima divisione sono di varie
nazionalità, undici provengono
dalla Mongolia.
Sempre meno giapponesi entrano a far parte delle scuole di
sumo. Se una volta la recluta tipica era un giovane proveniente
da una famiglia disagiata di
una zona rurale, oggi nelle cittadine della provincia giapponese restano solo gli anziani. I
giovani si spostano nelle grandi
città alla prima occasione, per
studio o per lavoro, non certo
per arruolarsi nel più anacronistico degli eserciti dove imperano la disciplina più ferrea e
l’assoluta devozione verso i propri superiori.
Non è un caso se ora — davanti alla platea degli spettatori
— una delle reclute più giovani
venga presa a bastonate da uno
dei lottatori più anziani perché
era tornato tardi la sera prima.
Così ha infranto una regola del
gruppo che vuole che tutti vadano a letto alla stessa ora: una
regola sulla quale i superiori
non transigono. Se il calcio, si
dice, non è un mestiere per
femminucce: nel sumo forse
non basta neppure essere uomini, bisogna essere super, e non
solo nel fisico, ma anche
nell’indole. Se si vuole competere ai massimi livelli occorrono
davvero delle motivazioni fuori
dal comune.
Motivazioni che spesso hanno a che fare non tanto con la
fame di vittoria quanto piuttosto con la fame vera e propria.
«Sono nati in famiglie umili e
numerose questi ragazzi per i
quali conquistare il rango più
alto nel sumo è motivo di doppia soddisfazione perché significa anche potersi prendere cura
delle famiglie nel Paese d’origine» spiega un oyakata (allenatore) che segue la preparazione di
molti lottatori provenienti dalla
Mongolia.
Un yokozuna — lottatore di
massima divisione — può anche
arrivare a guadagnare 2 milioni
di euro l’anno.
Insomma i giovani di altri
Paesi vengono in Giappone a
combattere una loro lotta priva-
ta, di riscatto sociale, parallelamente a quella ingaggiata negli
stadi, davanti a un pubblico pagante.
E sembra già annunciare la
battaglia proprio una delle gestualità tipiche dei rikishi — così
si chiamano i lottatori di sumo
— che consiste nel sollevare le
ginocchia in aria da seduti, a
gambe divaricate, e poi nello
sbattere i piedi sul pavimento
con violenza: anticamente questa ritualità aveva lo scopo di
tenere alla larga gli spiriti cattivi.
Un’altra pratica comune ai
lottatori è quella di gettare diverse manciate di sale sul ring,
per purificarlo. Il sumo è intrinsecamente legato alla religione nativa del Giappone, lo
shintoismo, ossia «via degli
dei». Esso fu infatti originariamente concepito come rito per
intrattenere i kami (dei) durante
i matsuri (feste). La stessa veste
indossata dall’arbitro somiglia a
quella tradizionale di un sacerdote shintoista.
Che sia uno sport di antica
tradizione lo si evince a prima
vista dal look di questi wrestler
d’altri tempi: i lunghi capelli
terminano con un bozzolo di
chignon. Un tempo questo stile
di capigliatura era la norma:
basta guardare un film giapponese ambientato nel XVI secolo
per rendersene conto. È un mo-
do insomma per onorare la tradizione, che viene rispettata anche quando si tratta di formalizzare il valore degli atleti: non
basta aggiudicarsi i combattimenti per raggiungere il ranking più elevato, quello del yokozuna. Bisogna anche dimostrare di possedere le giuste
qualità morali, che saranno valutate da un apposito comitato.
Verso le undici i lottatori
possono finalmente sedersi a tavola per il pasto. Ma sono i rikishi di più alto grado in classi-
fica a mangiare per primi: gli
altri devono rimanere composti
e sull’attenti intorno al tavolo
pronti a servirli. E deve provare
davvero una particolare soddisfazione quel lottatore arrivato
qui quando era adolescente da
una remota e poco popolata
provincia centroasiatica, lasciando dietro di sé povertà e indigenza, mentre ora viene riverito
con tutti gli onori. E a fine carriera potrà godere per di più di
un ricco vitalizio.
Francesco di Paola taumaturgo e diplomatico
Un asceta alla corte dei re
monaco, ma anche di ricostruire con grande atten- mente rigido che esclude il consumo di carne, uova
zione il contesto politico, culturale e religioso in cui e latticini. I seguaci di Francesco, attratti dalle sue
operò. Dallo studio di Caridi emerge come France- virtù taumaturgiche, aumentano a vista d’occhio e i
sco sia riuscito a conciliare ascetismo eremitico e romitori prendono piede nel cosentino, nel crotoneazione apostolica a largo raggio, vicinanza agli indi- se e in Sicilia. Nel 1474 arriva il primo riconoscimenfesi e indubbie capacità diplomatiche, che gli hanno to papale della congregazione eremitica, quando Sipermesso di ottenere il favore delle più importanti sto IV con la bolla Sedes apostolica concede a Francesco la possibilità di redigere statuti e costituzioni
corti europee.
Il destino di Francesco, come quello di molti altri per disciplinare la condotta dei suoi seguaci.
Un aspetto lungamente dibattuto dalla storiograsanti, è legato fin dalla nascita a un episodio emblematico. Quando nel 1416 viene alla luce a Paola, in fia, al quale Caridi dedica la parte centrale del suo
volume, è il rapporto di
Calabria, il piccolo è affetFrancesco con il potere e
to da un malattia agli ocin particolare con i rechi, che gli impedisce parLa
parte
centrale
del
volume
gnanti europei. Il primo
zialmente di vedere. I geincontro di Francesco con
nitori decidono allora di
è dedicata al suo rapporto
l’autorità è quello con la
fare un voto: se il piccolo
con
i
regnanti
europei
dinastia aragonese, che nel
guarirà, dovrà indossare
1442 con Alfonso il Maper almeno un anno l’abie al suo ruolo di promotore
gnanimo si impadronisce
to francescano, dal modi
un’opera
di
pacificazione
universale
del Regno di Napoli.
mento che i due sono parQualche anno dopo l’inseticolarmente devoti al Podiamento, Francesco deverello d’Assisi. Le preghiere hanno l’esito sperato e a tredici anni France- nuncia il comportamento arrogante degli agenti regi
sco entra nel convento di San Marco, compiendo lì impegnati nella riscossione dei tributi, facendosi
i primi miracoli e svolgendo gli uffici più modesti, portavoce del malessere della popolazione. Ma è socome fare legna o chiedere l’elemosina. Adempiuto prattutto con il successore di Alfonso, Ferrante, che
il voto, Francesco realizza che quella non è la sua il monaco inizia a essere avvertito come un pericolo:
strada. Abbandona quindi i frati e parte con i geni- la sua crescente popolarità e il suo attivismo nelle
di GIOVANNI CERRO
tori per un pellegrinaggio verso Assisi, che lo porte- fondazioni eremitiche destano sempre maggiori son occasione del sesto centenario della nascita rà a visitare il romitorio francescano di Monteluco, spetti, al punto che Ferrante ne ordina addirittura
di Francesco di Paola, Giuseppe Caridi, pro- l’abbazia benedettina di Montecassino e i luoghi l’arresto. Solo il timore di una sollevazione popolare
fessore di storia moderna all’Università di santi di Roma. Di ritorno in Calabria, matura la riesce a farlo desistere dal suo intento. Il giudizio di
Messina, pubblica una documentata biogra- scelta di ritirarsi in un eremo presso Paola, dove Ferrante cambia radicalmente quando nel 1483 Franfia del santo (Francesco di Paola. Un santo eu- fonda prima una chiesa, poi un piccolo convento, cesco viene chiamato alla corte di Francia, dove Luiropeo degli umili e dei potenti, Roma, Salerno editrice, grazie all’aiuto dell’arcivescovo e alle offerte in degi XI, gravemente malato, spera di poter essere gua2016, 343 pagine, euro 19,90). Il volume ha il merito naro delle famiglie notabili della città. La vita del
rito. Sarà un viaggio destinato a cambiare per semnon solo di discutere criticamente le fonti archivisti- santo è caratterizzata da continue penitenze, compre la sua vita — Francesco rimarrà oltralpe per 24
che e le ricche tradizioni agiografiche sulla vita del preso il rispetto di un regime alimentare particolaranni — e le sorti del suo movimento. Tuttavia, l’accoglienza non è affatto favorevole. Il sovrano, temendo che Francesco sia un ciarlatano e che desideri soltanto arricchirsi alle sue spalle, ne mette alla
prova la correttezza, blandendolo con vassoi ricolmi
d’oro e d’argento e con ingenti somme di denaro.
Francesco non solo respinge i doni del re ma, infrangendo il protocollo, decide di soggiornare in
un’angusta grotta fuori dalla reggia. Di fronte a
questa condotta integerrima, Luigi XI è costretto a
Nella notte tra il 4 e il 5 aprile, all’età di 92 Assunta) dopo esserne stato, nel 1989 e fino
ricredersi. Francesco non lo guarirà, ma diventerà il
anni, è morto nel sonno nella sua casa
al 1991, il primo rettore. Studioso dai vasti
suo rispettato consigliere, preparandolo con serenità
romana di Borgo Pio, il filosofo Armando
interessi filosofici — dalla metafisica,
all’accettazione della morte. Francesco saprà manteRigobello, per molti anni collaboratore
all’etica e alla filosofia politica — ha avuto
nere buoni rapporti anche con i suoi successori,
dell’Osservatore Romano: il primo articolo
una nutrita schiera di allievi tra i quali
Carlo VIII e Luigi XII, che gli accorderanno aiuto e
porta la data dell’11 ottobre 1975, mentre
vanno ricordati Luigi Alici, Enrico Berti,
protezione nella propagazione del movimento in
l’ultimo è del gennaio 2008. Allievo a
Paolo Nepi. Maestro di pensiero e di vita,
Francia e peroreranno la sua causa presso la Santa
Padova di Luigi Stefanini, dal 1963 al 1974
educatore di generazioni di giovani e di
Sede. Da parte sua, Francesco eserciterà su di essi
ha insegnato Storia della filosofia e
studiosi, uomo di fede e di ricerca,
un’influenza di natura sia spirituale sia politica, faFilosofia morale all’università di Perugia,
Rigobello ha saputo coniugare rigore e
cendosi promotore di un’opera di pacificazione unipoi, fino al 1982 Storia della filosofia
passione, umiltà e tenacia, cordialità e
versale. La sua azione pastorale si estende ben prenell’università la Sapienza; dal 1983 al 1996
speranza.
Un
rito
funebre
sarà
celebrato
il
sto anche alla Spagna, dove è accolta con favore dai
Filosofia morale nell’università degli Studi
6 aprile a Santa Maria in Traspontina;
re cattolici Ferdinando d’Aragona e Isabella di Cadi Roma Tor Vergata. Ha continuato a
l’ultimo saluto il 7 aprile alle 16 a Badia
stiglia che assegnano ai suoi discepoli il compito di
insegnare fino al 2009 presso la Lumsa
(Libera università Maria santissima
evangelizzare le colonie americane, e all’impero gerPolesine, dove era nato il 3 febbraio 1924.
I
La scomparsa del filosofo Armando Rigobello
manico, grazie al sostegno di Massimiliano I
d’Asburgo.
Sul finire del XV secolo, intanto, il movimento di
Francesco si trasforma nell’ordine religioso dei minimi, grazie all’approvazione nel giro di poco più di
un decennio di quattro Regole, la prima nel 1493 e
l’ultima nel 1506. Le Regole sono accomunate
dall’insistenza sull’umiltà e sulla carità e sul rigore
delle pratiche penitenziali: in particolare, viene introdotto, accanto ai tre voti tradizionali di povertà,
obbedienza e castità, un quarto voto di vita quaresimale, che impone ai minimi il rispetto del regime
alimentare vegetariano del loro fondatore.
Nel 1507 Francesco muore nei pressi di Tours.
Jean Bourdichon, il pittore e incisore della corte di
Luigi XII a cui è commissionata la maschera funeraria, ricorda che durante le esequie del monaco di
Paola la folla dei fedeli si accostava alla sua bara
«come se quel corpo fosse appartenuto a una persona santa». In effetti già nel 1519, al termine del processo di canonizzazione, Francesco sarà dichiarato
santo. Un santo capace, tra medioevo e prima età
moderna, di parlare ai cuori tanto degli umili quanto dei potenti di tutta Europa.
È morto lo storico francescano
Marino Bigaroni
Nel primo pomeriggio del 4 aprile è morto ad Assisi il
francescano Marino Bigaroni. Aveva compiuto 97 anni pochi
giorni fa, proprio nella solennità di Pasqua, collezionando
una serie di primati ormai difficilmente raggiungibili dalle
nuove generazioni: oltre ottant’anni di professione religiosa,
quasi settantatré di vita sacerdotale. Padre Marino era
conosciuto nel mondo scientifico internazionale per i suoi
studi di storia francescana, soprattutto per l’edizione (data
una prima volta nel 1975, poi ancora nel 1992) di una delle
fonti agiografiche più importanti su san Francesco d’Assisi,
quella che lui stesso propose di denominare Compilatio
Assisiensis. Il Delorme, scopritore e primo editore del testo
nel 1922, l’aveva denominata Legenda antiqua sancti Francisci,
ma nel tempo, visto che il suo unico manoscritto è
conservato nella Biblioteca civica di Perugia, su quello
iniziale aveva finito per prevalere il nome di Legenda
Perusina. In seguito, non sono tuttavia mancate altre
proposte, fino all’ultima, appunto quella di Bigaroni che,
curandone la prima edizione integrale, l’intitolò appunto
Compilatio Assisiensis. In effetti, meglio di ogni altro, questo
titolo rende ragione tanto dei contenuti quanto dell’origine
dell’opera. Tenace e volitivo, padre Marino è rimasto sulla
breccia fino all’ultimo, come testimoniano i suoi studi sulla
cassa mortuaria che avrebbe accolto le spoglie sia di san
Francesco che di santa Chiara allorché furono
temporaneamente custodite nella chiesa di San Giorgio in
Assisi. (felice accrocca)
L’OSSERVATORE ROMANO
mercoledì 6 aprile 2016
pagina 5
I volti della misericordia nell’arte
Tra immagini
e teologia
Rembrandt
«Il ritorno del figliol prodigo»
(1668, Museo dell’Ermitage
San Pietroburgo, particolare)
di LUCETTA SCARAFFIA
Subito dopo l’indizione da parte di Francesco del
giubileo della misericordia si sono moltiplicate le
pubblicazioni dedicate a questa dimensione fondativa
della tradizione cristiana, e fra queste spicca il bel libro di Giovanni Santambrogio I volti della misericordia nell’arte (Milano, Ancora, 2016, pagine 159, euro
29,50). Con il risultato di mettere in evidenza un fatto, segnalato di recente dal cardinale Kasper, e cioè
che era stato imperdonabilmente trascurato fino ad
ora «un tema tanto centrale e fondamentale» anche
nella teologia, «ridotto a un piccolo sottolemma della
giustizia, su cui, inoltre, gli autori spesso si mostrano
in difficoltà». Al punto che — come ha scritto nella
bella introduzione Ferruccio de Bortoli pubblicata
per intero in questa pagina — il termine sembrava
prerogativa quasi solo di Allah, «potente e misericordioso», magari così invocato dai fondamentalisti.
Il libro di Santambrogio è senza dubbio uno degli
esempi più riusciti di questo filone di indagine, grazie
al fatto che sa mescolare riflessioni teologiche e un’ottima conoscenza della storia dell’arte, insieme alle più
recenti omelie di Papa Francesco. Un libro colto, vivace e originale, a cominciare dalla scelta delle immagini considerate significative per comprendere la misericordia.
Prima opera d’arte evocata è infatti la Vocazione di
san Matteo di Caravaggio, strettamente collegata alla
vocazione sacerdotale di Francesco, come lo stesso
Pontefice ha più volte raccontato, capolavoro che è
anche una perfetta rappresentazione del suo motto
episcopale miserando atque eligendo (“ebbe misericordia di lui e lo scelse”). Misericordia è quindi — ce lo
insegna Gesù — perdonare e scegliere un peccatore,
perché, come scrive Santambrogio, in questo quadro
Caravaggio «racconta in maniera esemplare che cos’è
l’incontro e cos’è l’orizzonte infinito e drammaticamente concreto della misericordia». E il fatto che,
Masaccio, «Trinità» (1425-1427, Santa Maria Novella, Firenze, particolare)
mentre Gesù e Pietro sono vestiti con tuniche antiche, Matteo e i suoi compagni abbiano vestiti cinquecenteschi ci fa capire che «la chiamata dell’apostolo si
ripete nella storia attraverso altrettante chiamate che
raggiungono ciascun uomo».
Alla domanda di cosa sia misericordia, Rembrandt
ha risposto con il meraviglioso quadro del Ritorno del
figliol prodigo, dipinto in tarda età, nel quale il prolungato abbraccio con cui il padre stringe il figlio che temeva perduto è carico dell’amore profondo di chi sa
che cosa è la vera accoglienza.
La terza intensa raffigurazione della misericordia
Santambrogio la trova nella Trinità di Masaccio, e in
particolare nel corpo e nel volto del Figlio. Qui la
raffigurazione ortodossa del mistero trinitario si fonde
con una rappresentazione più umana, in cui la presenza ai piedi di Cristo di Maria e di Giovanni evocano l’amore familiare. Qui «l’amore si presenta realisticamente» e diventa più comprensibile a tutti.
Ma anche Maria, soprattutto nella sua immagine
più misericordiosa, quella in cui accoglie e protegge i
figli sotto il suo mantello, è scelta dall’autore come
icona della misericordia. Nel trittico di Piero della
Francesca il mistero della misericordia divina trova in
Maria il punto più alto di raffigurazione: è proprio
l’impassibilità delle figure del grande artista, indifferenti alle emozioni, che «conduce chi guarda nelle
profondità del mistero svelandone i tratti per gradi e
lasciando sempre aperto il desiderio di conoscenza».
L’autore conclude il suo percorso di meditazione
passando infine a immagini che hanno raffigurato le
opere di misericordia corporale e quelle di misericordia spirituale. Naturalmente le prime si prestano
maggiormente alla dimensione figurativa, come dimostra la serie dipinta dal Caravaggio, che comprende
anche un’immagine che oggi percepiamo come inquietante: una giovane donna che allatta un prigioniero anziano. Questa immagine, che riprende un racconto dello storico romano Valerio Massimo, in cui
una figlia garantiva la sopravvivenza al padre prigioniero con il suo latte, sintetizza due opere di misericordia: visitare i carcerati e dar da mangiare agli affamati. Si tratta di una raffigurazione sintetica di grande forza, tanto che successivamente sarebbe divenuta
l’icona della Pietà romana per i giubilei secenteschi,
quando la Chiesa, dimostrando la sua misericordia
anche tramite la propaganda artistica, intendeva rispondere alle accuse dei riformati.
Tornare a queste immagini antiche suggerisce dunque uno sguardo profondo e coinvolgente, costituendo un esercizio prezioso per questo giubileo.
Nessuno è perduto
di FERRUCCIO
DE
BORTOLI
a misericordia è rimasta a
lungo nel ripostiglio polveroso della dottrina cattolica.
Eppure, come scrive nel suo
bel libro Misericordia il cardinale Walter Kasper, è un concetto
fondamentale del Vangelo. Perché questa parola chiave dell’insegnamento e
della pratica pastorale è stata sottovalutata o dimenticata?
Una spiegazione ce la fornisce lo
stesso Kasper quando s’interroga sui
complessi contemporanei della Chiesa,
sempre in bilico tra aperture moderniste e rigidità dottrinali. La misericordia
è stata a lungo scambiata per debolezza teologica, quasi rappresentasse una
visione dolciastra o melodrammatica
della fede. «Una morbidezza esangue
ed estenuata». Ciò ha comportato una
definizione algida e metafisica del divino. Distante, freddo. Non in grado di
soffrire con noi, di partecipare alle nostre miserie, di condividere le nostre
povertà. Un Dio così descritto può incutere timore, rispetto, ma difficilmente
può apparire simpatico, nota Kasper.
La misericordia è stata poi confusa con
la giustizia divina, che è un’altra cosa.
I peccati vengono puniti anche se Gesù accoglie il pubblicano e lo perdona.
Ma lo perdona perché si è umiliato e si
è pentito.
Così è accaduto — per questa prolungata assenza della parola nel nostro
linguaggio pubblico — che l’invocazione al Dio misericordioso l’abbiamo
ascoltata quasi soltanto da parte islamica, come se appartenesse unicamente
alla sfera religiosa dei musulmani. E
non di rado pronunciata da estremisti a
sigillo di azioni terroristiche, mossi da
un odio cieco e da un fanatismo religioso che non hanno nulla di misericordioso. Ma, riflettendo, anche nel
nostro lessico familiare la misericordia
era scomparsa. Un termine desueto, ingiallito, come una cartolina d’altri tempi. Un’espressione arcaica. «Non ha
avuto misericordia». Un modo di dire.
Ma non più in uso.
Il Novecento dei totalitarismi e dei
massacri, delle inutili sofferenze, aveva
contribuito a depotenziare il concetto
di misericordia, a svilirlo nella sua dimensione di arrendevole rassegnazione
al destino di violenza di troppe guerre
ravvicinate e dittature sanguinose. Era
difficile trovarla tra massacri e genocidi. Dov’era finita la misericordia di
Dio? E dov’era finito lo stesso Dio davanti ai cancelli di Auschwitz (Jonas)?
Dove si era eclissato (Buber)? O era
addirittura morto (Nietzsche)?
Il pontificato di Francesco ha eletto
la misericordia a tema guida della propria predicazione quotidiana. Accompagnata da un’altra parola chiave: tenerezza. Il giubileo straordinario corona questa intuizione del Papa gesuita
che si dichiara peccatore e dice: «Chi
sono io per poter giudicare?». E si batte per una Chiesa povera e con cuore,
cioè misericordiosa. Partecipe dei destini di ognuno di noi.
La misericordia è raccontata nei
Vangeli da molte parabole. La particolarità di questo libro, ideato e scritto
da Giovanni Santambrogio, è quella di
arricchire le parabole e i testi evangelici sulla misericordia con alcuni dipinti
celebri che ne sono, se vogliamo, la migliore delle illustrazioni.
La vocazione di Matteo del Caravaggio ci racconta che la misericordia è
esperienza casuale, improvvisa. È sorpresa di vita. Un momento illuminante
che affascinò anche lo sconosciuto ve-
L
scovo argentino Bergoglio tutte le volte
che a Roma gli capitava di entrare in
San Luigi dei Francesi. Il dito di Gesù
che indica Matteo. Il futuro Papa si
sentì come lui. Matteo era un pubblicano, un pubblico peccatore. «I pubblicani e le prostitute vi passano davanti, vi precedono nel Regno di Dio»
(Matteo, 21, 31). L’abbraccio che Gesù
riserva ai peccatori desta scandalo anche tra i suoi seguaci. Ma come? Noi
abbiamo fatto tanti sacrifici, applichiamo le regole e tu banchetti con gli altri? Spiega Enzo Bianchi nel suo
splendido libro Raccontare l’Amore che
la buona notizia del Vangelo è per chi
si riconosce peccatore e bisognoso della misericordia di Dio. Come Matteo.
Francesco dice di essersi sentito, al momento dell’elezione in conclave, come
«un peccatore al quale il Signore ha
guardato». S’identifica nel quadro di
Caravaggio e nella parabola del fariseo
e del pubblicano, descritta da Luca. E
quel brusio di incomprensione che accompagna nei Vangeli le scelte scandalose di Gesù è forse paragonabile alle
resistenze della Curia, alle incomprensioni dei porporati? Alle insofferenze
di una nomenclatura della Chiesa che
a volte appare solo aggrappata, come il
ricco delle Scritture, al vestito di porpora e di bisso? Il ricco che si contrappone a Lazzaro e il cui destino è l’Inferno? Ma la ricchezza non è una colpa. Zaccheo si salva. Lo è quando non
la si condivide o la si costruisce sfruttando e impoverendo gli altri. Dante
non mette i ricchi all’Inferno, riserva il
ribelle. Lo riconosce «quando era an- re. Una sintesi perfetta tra mistero delcora lontano» e gli corre incontro get- la fede e vita quotidiana.
tandogli le braccia al collo. È la granSalve, Regina, mater misericordiae.
dezza della misericordia divina. L’amo- L’antifona è conosciuta. Nel capitolo
re verso chi si è perduto. È il pastore dedicato alla madre di Gesù, Santamche va in cerca della sua pecora smarri- brogio spiega quanto sia stata tormenta pur avendone altre novantanove e tata, a livello di dottrina, la definizione
correndo il rischio di lasciarle incusto- della sua figura. E il riconoscimento di
dite. Nessuno è perduto. Il riscatto è quel mater misericordiae è arrivato solo
possibile. La misericordia è lo strumen- nel 1980 con l’enciclica Dives in miserito che disegna il cammino della reden- cordia di Giovanni Paolo II. Al di fuori
zione. Una riabilitazione che può ap- di queste sfumature dottrinali che laparire ingiusta al figlio più disciplina- sciamo agli esperti, non si può non rito. E non è compresa dalle persone che conoscere che nel vissuto popolare e
nella penombra assistono, nel quadro familiare di ciascuno di noi, credente o
di Rembrandt, all’abbraccio fra il pa- no, la figura di Maria è stata sempre
dre ben vestito e in lacrime
e il figlio che, perduta la
sua eredità, ha condiviso il
La miseria non è una colpa
giaciglio con i porci senza
potersi cibare delle loro carcome purtroppo siamo portati a pensare
rube.
in un mondo dominato
E la rappresentazione di
Dio, del volto del Padre,
dall’economia di mercato
della Trinità, che trasmettono in molte opere d’arte
una immagine distaccata e
austera, irraggiungibile nella severità quella più accessibile, perché madre indei tratti, possono esprimere i senti- dulgente e comprensiva. Proverbi, detmenti della misericordia o no? L’affre- ti, modi di dire ne sono una costante
sco della Trinità, conservato in Santa testimonianza. Una figura rispettata
Maria Novella a Firenze, è scelto da anche dai non credenti e persino dagli
Santambrogio per la semplice ragione anticlericali. Il Polittico della Misericorche, nell’affrontare il grande mistero di dia di Piero della Francesca è scelto
Dio uno e trino, Masaccio si avvicina il come il dipinto che esprime nel conpiù possibile ai fedeli che lo contem- tempo la regalità e la semplicità di Maplano. Ne suscita lo stupore, ne com- ria. Ed è significativa la riproposizione
prende il disagio nell’interpretazione dell’inno alla Vergine dal Canto XXXIII
del dogma. Non è un quadro di culto, del Paradiso dantesco. «Donna, se’
tanto grande e tanto vali». Nella Commedia, san Bernardo prega la Vergine
per consentire a Dante di elevarsi alla
vista di Dio. E quel raggio di luce divina, «l’amor che move il Sole e l’altre
stelle», è forse racchiuso nella luminosità dello sguardo che Maria ha nel Polittico.
L’ultima parte del libro di Santambrogio è una piccola ma significativa
storia delle opere di misericordia: l’importanza delle confraternite, il dovere
di assistere gli ammalati, soccorrere i
bisognosi. A partire dall’epoca medievale. E soprattutto dopo la Riforma.
Uno degli esempi che l’autore ci propone è quello dell’ospedale Maggiore
Ca’ Granda di Milano. Se ci pensiamo,
tutti i ritratti dei benefattori che sono
ancora conservati negli archivi, a figura
intera o a mezza (se il contributo era
minore), sono tante immagini di ordinaria misericordia, testimonianze del
dovere cristiano della carità, della restituzione. Le Sette opere di misericordia
del Caravaggio, commissionato per documentare l’opera dell’Ospedale degli
Incurabili di Napoli, nel quale vi è tutta la veridicità del dolore, raffigura magnificamente i volti della malattia e
della speranza. Un ciclo di affreschi attribuiti al Ghirlandaio e alla sua scuola
testimoniano invece della misericordia
dei «Buonomini» a Firenze, che si presero cura anche dei cosiddetti poveri
vergognosi. Ci insegnano che la persona va rispetta nel suo insieme, che va
assistita senza umiliarla e offenderla,
senza colpevolizzarla per la sua condiCaravaggio, «Sette opere di misericordia» (1606-1607, Pio Monte della misericordia, Napoli)
zione, elevandola nello spirito evangelico, ma molto più laicamente trattandola con la dignità che spetta a un cittacontrappasso agli avari (i massi da di sola e irraggiungibile bellezza, ma è dino.
spingere) e agli scialacquatori (insegui- un racconto umano, quasi didascalico,
La miseria non è una colpa. Come
ti da cagne nere).
nella rappresentazione della famiglia purtroppo siamo portati a pensare
Il ritorno del figliol prodigo, dipinto divina. Anche questo un segno della nell’economia di mercato. Ma anche se
da Rembrandt in età matura, svela lo
lo fosse, la misericordia è condivisione,
misericordia, a giudizio dell’autore. La
stato d’animo dell’autore, forse accoè sentire con il cuore, immedesimarsi
glie i segni dei suoi lutti, ritrae il senso sofferenza, le passioni, il dolore di Dio nella condizione dell’altro. Un prossidell’attesa, la speranza di una svolta. sono quelli di ognuno di noi. Forse il mo che troppo spesso non vediamo. O,
Lo sguardo all’orizzonte di un padre in segno artistico — ha ragione Santam- peggio, ci appare soltanto come il riansia per il destino del suo figlio più brogio — si fa vicino al sentire popola- flesso vanitoso di noi stessi.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
mercoledì 6 aprile 2016
Campagna di Caritas Corea in favore dei profughi siriani
Andiamo
ad asciugare le lacrime
La preghiera dell’episcopato filippino per le vittime degli scontri a Kidapawan
Le violenze sui poveri
sono ancor più inaccettabili
MANILA, 5. La morte di una
persona «è sempre un evento
tragico, ma lo diviene ancora di
più quando colpisce gli innocenti e i poveri, cari agli occhi
di Dio. Preghiamo per i nostri
contadini di Kidapawan, che
possano trovare pace, e ci appelliamo alle loro famiglie: non cercate vendetta, ma lavorate per il
dialogo». È quanto ha affermato
l’arcivescovo di Lingayen-Dagupan, Socrates B. Villegasil, presidente della Conferenza episcopale filippina, dopo gli scontri
violenti fra agricoltori e poliziotti nella zona di Davao, nel sud
del Paese, che hanno provocato
due vittime e decine di feriti
gravi.
Le violenze sono esplose lo
scorso 1 aprile dopo giorni di
proteste e manifestazioni promosse da diverse migliaia di
contadini. Questi, per la maggior parte di etnia lumad, chiedevano al Governo un interven-
to più deciso contro la siccità
provocata da El Niño — il fenomeno climatico che provoca
inondazioni ma anche periodi di
forte aridità — e accusavano le
autorità di aver deviato i fondi
destinati all’agricoltura. In risposta sono stati impiegati diversi reparti della Polizia in tenuta antisommossa. Un missionario del Pontificio istituto missioni estere, padre Peter Geremiah, ha confermato all’agenzia
AsiaNews che diverse decine di
agricoltori sono stati arrestati.
Secondo un altro missionario,
padre Giovanni Vettoretto, le ragioni della protesta sono evidenti: «Sono quasi quattro mesi che
non piove e la gente non ha denaro messo da parte per i tempi
in cui non può né seminare né
raccogliere. Le popolazioni tribali sono le più esposte: possono solo pregare che piova,
nient’altro. La gente ha fame e
chiede del riso». Per risolvere
questa situazione, suggerisce il
sacerdote, «bisogna lavorare tutti insieme, tra politica, organizzazioni sociali ed ecclesiali, non
solo cattoliche».
Oltre a condannare le violenze, il presidente dell’episcopato
filippino chiede alle forze
dell’ordine e all’esercito «di tornare al proprio mandato, che è
quello di preservare la pace nella nostra nazione ma anche proteggere i deboli e servire la giustizia».
Molto ferma anche la reazione dei missionari redentoristi di
Manila, che in una nota scrivono: «Questi atti criminali sono
inaccettabili. Non si può accettare che a chi ha fame si offra
soltanto un’alternativa: smettere
di protestare e tornare a casa. È
indifendibile una Polizia che risponde con un omicidio alle richieste di chi difende i propri
diritti».
SEOUL, 5. «Cinque anni di guerra civile in Siria. Andiamo ad
asciugare le lacrime»: è il titolo
della nuova campagna di raccolta fondi e solidarietà lanciata a
beneficio della Siria da parte di
Caritas Corea. I fondi raccolti,
riferisce una nota dell’organizzazione, saranno utilizzati per garantire l’opera di assistenza ai rifugiati siriani, tramite la rete
delle Caritas impegnate nei Paesi del Medio oriente.
La campagna beneficia anche
del supporto del settimanale cattolico coreano «The Catholic Times», che provvederà a informare e sensibilizzare i lettori con
storie e reportage sulla drammatica condizione dei profughi siriani costretti a fuggire, come è
noto, non solo nei vicini Paesi
mediorientali ma anche nel continente europeo. Iniziato il 15
aprile 2015, il conflitto siriano è
ancora una delle principali
emergenze mondiali. Secondo
stime ufficiali, i morti sono stati
finora oltre 470.000 e 1,8 milioni
i feriti. Su 23 milioni di siriani,
secondo dati delle Nazioni Unite, circa 6,5 milioni sono divenuti sfollati interni e 4,8 milioni
hanno abbandonato il Paese in
rovina. Una situazione, per molti versi, resa ancora più complicata dal recente accordo tra
l’Unione europea e la Turchia
teso a bloccare il flusso di profughi siriani verso la Grecia,
chiudendo ai siriani il percorso
verso l’Europa occidentale.
Per aiutare i rifugiati siriani,
la rete di Caritas Internationalis
da tempo ha messo in campo
attività e progetti per fronteggiare l’emergenza. Ma le Caritas,
specialmente nei Paesi confinanti con la Siria, sono in continua
difficoltà per mancanza di fondi
e, soprattutto, per l’alto numero
della persone da assistere. A
partire dal 2012, Caritas Corea
ha donato oltre un milione di
dollari, sostenendo sei progetti
per i rifugiati siriani. «Tuttavia
— evidenzia il Catholic Times –
non è abbastanza per asciugare
le loro lacrime».
Il tema scottante della pace,
non solo nella penisola coreana,
ma anche in tutti quei Paesi colpiti e devastati dai conflitti è
stato al centro anche di un recente messaggio del cardinale
arcivescovo di Seoul, Andrew
Yeom Soo-jung. «La nostra società oggi è piena di tenebre. La
gente vive nella paura, sotto
l’incubo della guerra, del terrori-
dell’amore e della speranza nel
mondo», ha affermato il porporato. Di qui il convinto auspicio
che «la luce del Signore risorto
risplenda su tutti». Dalla penisola coreana al mondo intero,
dunque. «Preghiamo per i nostri
fratelli e sorelle in Corea del
Nord: possano essere abbondanti le benedizioni su di loro. Preghiamo perché Dio doni saggezza per risolvere la questione delle armi nucleari nella Corea del
Nord. Preghiamo per la pace
nella penisola coreana e per la
pace nel mondo. Che Dio ci
guidi nelle vie della pace».
smo e di gravi problemi economici. Viviamo in un tempo in
cui è urgente il bisogno di pace.
Noi fedeli che abbiamo ricevuto
la luce della risurrezione, siamo
chiamati a portare la luce
Nel messaggio del porporato
si sottolinea inoltre la novità del
messaggio cristiano e la rilevanza del suo impatto anche sulla
vita sociale. «Gesù — ha affermato — è diventato la luce del
mondo che illumina i nostri
peccati e le tenebre». In questo
senso, dunque, «l’annuncio della Chiesa è che Cristo è la luce
del mondo che nessuna tenebra
può vincere». Infatti, «dopo la
risurrezione, Gesù apparve ai discepoli e ha inviato loro il messaggio di pace, ha aperto i loro
cuori chiusi, ha dato loro coraggio e ha mostrato loro la via
della vita».
Sulla stessa lunghezza d’onda,
pochi giorni fa, si è anche svolta
una marcia per la pace promossa dal Dipartimento per la gioventù dell’arcidiocesi di Seoul.
Per la prima volta un corteo di
giovani cristiani ha percorso le
vie di Hongdae, uno dei quartieri più eleganti e rinomati della capitale. Una testimonianza
di fede e insieme l’appello per i
dono della pace.
Cristiani e musulmani dopo l’attentato a Lahore
Rimossa dal calendario delle celebrazioni nazionali
Saldi nella fede
A Natale niente festa in Nepal
LAHORE, 5. «Colpisce osservare
che, nonostante sia vittima di diversi attacchi mortali, la comunità cristiana resta salda nella sua fede.
Nonostante le persecuzioni, la sofferenza, le discriminazioni, il numero di coloro che seguono la Chiesa
in Pakistan è in continua crescita.
La nostra fede è come una roccia
che niente e nessuno può scalfire».
Sono parole di grande speranza
quelle affidate al Sir e ad AsiaNews
dal padre domenicano James Channan, direttore del Peace Center di
Lahore, capoluogo della provincia
pakistana di Punjab, teatro la domenica di Pasqua del peggiore attentato nella storia di questa città.
La maggior parte dei morti (74) e
dei feriti (350) sono musulmani
(tanti i bambini e le donne) sebbene l’obiettivo principale dei terroristi fossero i cristiani.
«Nel nostro Paese è in corso una
lotta tra il bene e il male», osserva,
e c’è bisogno del sostegno spirituale
e morale di tutti. Per questo Channan ha organizzato sabato scorso
una preghiera interconfessionale
presso il Peace Center alla quale
hanno partecipato leader religiosi
musulmani, cristiani e indù, attivisti
dei diritti umani e promotori del
dialogo interreligioso, della pace e
dell’armonia. «I cristiani in Pakistan — sottolinea il religioso — appartengono alle classi più povere e
sono i più vulnerabili, il bersaglio
più attaccabile e facile degli estremisti. Nel corso degli ultimi due
anni ci sono stati diversi attacchi
mortali contro i cristiani, e la mag-
gior parte sono stati compiuti di
domenica».
Ciò che più conforta è che «molti musulmani in Pakistan ci hanno
consolato. Sono in lutto con noi e
pregano per noi. Hanno condannato questo attacco efferato nei termini più forti possibili. Si sono uniti a
noi nelle veglie a lume di candela,
nei servizi di preghiera e hanno diffuso comunicati stampa. La maggior parte dei musulmani in Pakistan sono amanti della pace e condannano ogni tipo di violenza e discriminazione».
KATHMANDU, 5. Il Governo del
Nepal ha deciso di rimuovere la
festività del Natale dal calendario delle celebrazioni nazionali,
suscitando preoccupazione e proteste dei cristiani che ne chiedono l’immediato ripristino. «Siamo stati costretti ad eliminare il
Natale dalle feste pubbliche — ha
spiegato ad AsiaNews il ministro
dell’Interno Shakti Basnet — per
controllare l’aumento delle festività nazionali. Ad ogni modo,
garantiremo ai dipendenti pubblici di fare vacanza».
Per il pastore C.B. Gahatraj,
segretario generale della Federazione nazionale dei cristiani, «se
il Natale non sarà festa nazionale, i lavoratori del settore privato
non potranno celebrarlo. Il Governo accorda l’esistenza di 83
feste per gli indù e le altre comunità, ma nessuna per i cristiani, i quali non lavorano solo per
il Governo».
Il Natale era stato inserito tra
le feste nazionali otto anni fa,
quando il Nepal è diventato un
Paese laico. Da allora, la festa
della nascita di Gesù ha attirato
anche i fedeli di altre comunità
religiose. Quest’anno la celebrazione ha assunto un significato
particolare, portando speranza
alla popolazione afflitta dall’embargo dell’India.
Il pastore Gahatraj teme che le
autorità di Kathmandu siano state «influenzate da tendenze anticristiane»: «Il Governo sta tentando di ignorarci e sopprimere i
nostri diritti».
Nei giorni scorsi, un gruppo
di leader cristiani si è riunito per
contestare la decisione e ha redatto una petizione che consegnerà al primo ministro KP
Sharma Oli e a quello dell’interno. L’Inter-religious Council Nepal, altri gruppi interreligiosi e
organizzazioni di attivisti si sono
schierati al fianco dei cristiani.
«Siamo pronti — ha sottolineato
Gahatraj — a sacrificare noi stessi
per la nostra fede e per proteggere la libertà di culto. Domandiamo con forza di ripristinare la
festa e di ritirare la decisione
entro una settimana. Se il Governo non accoglierà la nostra richiesta, faremo proteste in tutto
il Paese».
I leader religiosi chiedono,
inoltre, che si fermino i tentativi
di soffocare le minoranze in Nepal e vogliono che siano applicati gli accordi raggiunti negli anni
scorsi con il Governo sui luoghi
di sepoltura dei cristiani.
Infine, i responsabili religiosi
criticano il nuovo articolo 156 del
Codice civile, che vieta ogni conversione e le attività correlate.
«L’articolo 156 — ha concluso
Gahatraj — colpisce in particolare i sacerdoti cristiani. Implica
che in futuro il Governo potrà
imprigionare i preti attraverso
questa legge anticonversione».
Secondo il censimento ufficiale del 2011, cattolici e protestanti
costituiscono circa l’1,5 per cento
della popolazione. Nel 2006 erano solo lo 0,5 per cento. In sei
anni i cattolici sono passati da
quattromila a diecimila unità.
†
«L’Osservatore Romano» in tutte le sue componenti partecipa al profondo dolore che ha colpito
Rosa de Pinho per la morte del padre
JOSÉ
DE
PINHO BRANDÃO
ed è vicino con affetto a tutti i familiari, ai quali
assicura il ricordo nella preghiera.
Città del Vaticano, 5 aprile 2016
L’OSSERVATORE ROMANO
mercoledì 6 aprile 2016
pagina 7
Corsi di formazione per giovani leader religiosi organizzati dal Kaiciid
La convivenza
passa dai social media
Vertice intercristiano a Bkerké condanna i conflitti in Medio oriente
Fronte comune
a favore del Libano
BEIRUT, 5. Definire una posizione
comune delle comunità cristiane, in
particolare cattoliche e ortodosse, di
fronte alle grandi questioni nazionali, a cominciare dalla mancata nomina del presidente della Repubblica
libanese. Questo l’obiettivo principale di un summit intercristiano che
si è svolto ieri, lunedì, a Bkerké, sede del patriarcato maronita. All’incontro, che ha avuto inizio con la
celebrazione di una messa in rito
maronita, hanno preso parte i patriarchi cattolici e ortodossi e i leader delle comunità ecclesiali protestanti locali. Ma l’incontro non poteva non affrontare anche il dramma
dell’esodo dei cristiani del Vicino
oriente — un comunicato diffuso al
termine della riunione esprime al riguardo una dura condanna — a causa dei conflitti in Siria e in Iraq. In
particolare il patriarca di Antiochia
dei Maroniti, cardinale Béchara
Boutros Raï, ha osservato che «le
sfide nella regione aumentano, le
guerre non trovano soluzione e le
popolazioni, specialmente quella
cristiana, emigrano lasciandola deserta. Insistiamo sull’importanza del
vivere insieme, cristiani e musulmani, perché lo vuole la nostra cultura,
che è quella della moderazione».
All’ordine del giorno dei lavori
una serie di problematiche cruciali
che investono il Paese e l’intera area
regionale: la violenza in Medio
oriente; la necessità di lottare contro
estremismo religioso e terrorismo; la
necessità di instaurare buoni rapporti con tutti i Paesi arabi; la questione della Palestina; l’accoglienza e la
presenza di rifugiati; il rafforzamento dell’unità nazionale. In particolare, largo spazio è stato dato allo studio della delicata situazione di stallo
istituzionale, che ormai dal maggio
2014 impedisce la nomina di un
nuovo capo dello Stato.
Una questione, quest’ultima, la
cui soluzione è giudicata essenziale
per garantire un futuro di pace e di
sicurezza al Paese, sulla quale da
tempo è impegnato personalmente
il cardinale Raï, che anche domenica scorsa, nell’omelia pronunciata in
occasione della festa della Divina
misericordia, è tornato ad appellarsi
ai leader politici della nazione. «È
vano sperare di salvare il Libano —
ha affermato — se la misericordia
non vive nel cuore dei nostri leader.
Il Libano sarà salvato dalla crisi della vacanza presidenziale e di tutte le
sue pesanti conseguenze istituzionali, economiche e commerciali dalla
misericordia che verrà suscitata nel
cuore dei suoi governanti».
Anche il sinodo maronita nella
sua ultima riunione, denunciando la
paralisi istituzionale che da quasi
due anni impedisce l’elezione di un
nuovo presidente, era tornato a lanciato l’allarme sul rischio di un
«crollo» dell’intero sistema libanese,
richiamando i blocchi politici e parlamentari ad assumersi le proprie responsabilità nazionali, senza sottomettere il destino del Libano «agli
interessi stranieri». La preoccupazione principale, come è noto, è che
il Paese dei cedri senza una salda
guida istituzionale, possa venire
coinvolto, e perfino travolto, nell’infuocata crisi siriana.
Tra le questioni al centro del vertice di Bkerké anche quella relativa
alla presenza dei cristiani nelle istituzioni e sulla scena pubblica del
Paese. Un argomento sul quale, nel
febbraio scorso sempre il sinodo
maronita, associandosi alle preoccupazioni espresse precedentemente
dalla Chiesa greco-melchita, aveva
parlato di discriminazioni silenziose
che vedono penalizzati i cristiani. In
particolare, i vescovi maroniti hanno
espresso la loro inquietudine per lo
squilibrio che, a loro giudizio, si sta
producendo nell’accesso alle cariche
pubbliche e alle risorse finanziarie
statali. Secondo quanto documentato da recenti inchieste giornalistiche,
solo il 27 per cento dei progetti realizzati dal ministero per le Opere
pubbliche hanno interessato aree
abitate dalla popolazione cristiana.
I presuli maroniti vedono in tale fenomeno una grave insidia per la
convivenza nazionale.
A un anno dal massacro degli studenti cristiani in Kenya
Speranza di una conversione
GARISSA, 5. «Crediamo che per
Dio nulla sia impossibile. Preghiamo affinché questi nostri
fratelli terroristi, un giorno, si
pentano delle loro azioni e cerchino di costruire un mondo migliore basato sulla fraternità,
sulla pace, sulla misericordia e
sul rispetto verso le persone di
fedi differenti. Nella domenica
della Divina misericordia siamo
certi che Dio ci ascolterà». Ha
invitato a pregare per le vittime,
per i loro familiari, ma anche
per la conversione degli assassini il vescovo di Garissa, Joseph
Alessandro, che domenica scorsa, nell’omelia della messa, ha
ricordato la strage compiuta in
Kenya dai terroristi di al-Sha-
baab (gruppo fondamentalista
islamico attivo in Somalia) il 2
aprile di un anno fa: centoquarantotto persone, quasi tutti studenti cristiani, vennero uccisi
nel campus universitario di Garissa dagli estremisti islamici.
Il presule — che in cattedrale
ha chiesto la misericordia di Dio
per coloro che perseguitano i
cristiani in Kenya e in altri Paesi
del mondo — ha parlato della
paura che ancora attanaglia la
comunità ma anche di una speranza mai venuta meno: «Le misure di sicurezza sono state aumentate, soprattutto in questi
giorni di festività pasquale. Grazie a Dio, quest’anno non è accaduto nulla e fino a oggi la si-
A garanzia
del processo elettorale in Zambia
LUSAKA, 5. Convocazione di un incontro con i leader politici per fermare le violenze e costituzione di un
gruppo di sorveglianza per vigilare
sul processo elettorale: sono le due
iniziative attraverso le quali, in Zambia, i vescovi intendono rispondere
al clima di violenza nel Paese, in crescita con l’avvicinarsi delle elezioni
presidenziali dell’11 agosto. Scontri e
incidenti avrebbero coinvolto militanti del partito al potere e formazioni dell’opposizione. Per fermare
questa spirale, su invito del presidente della Repubblica e capo del
Governo, Edgar Lungu, la Conferenza episcopale ha organizzato in
questi giorni un incontro con i dirigenti dei diversi partiti. I partecipanti sono pervenuti a un accordo sulla
necessità di modificare la normativa
sull’ordine pubblico, con riferimento
all’azione delle forze di polizia, spesso accusate dall’opposizione e dalla
società civile di parzialità e di reprimere la libertà di espressione e riunione. Un gruppo di sorveglianza,
formato dalle Chiese cristiane, controllerà il corretto svolgimento del
processo elettorale: «Ogni volta che
i politici faranno una cosa contraria
al loro impegno, convocheremo una
riunione per chiedere chiarimenti».
tuazione è calma e sotto controllo. La gente, però, specialmente
i cristiani, ha ancora timore che
possa accadere qualcosa all’improvviso. Sono forti nella loro
fede e questo dà coraggio anche
a me. Durante la Quaresima e il
triduo pasquale le chiese e la
cattedrale erano piene».
In un’intervista ad Aiuto alla
Chiesa che soffre, l’arcivescovo
di Mombasa, Martin Musonde
Kivuva, ricorda il dolore patito
quel giorno e le cerimonie in
memoria delle vittime, in particolare un incontro recente in cui
i leader di tutte le religioni hanno ribadito «insieme, a voce alta, il no al terrorismo e che fatti
come quello avvenuto all’University College non debbano più
accadere». Il presule sottolinea
come a causa della mancanza di
lavoro, educazione e prospettive,
i giovani keniani siano facilmente reclutati previo compenso da
al-Shabaab: «Una delle migliori
strade per permettere ai ragazzi
di rimanere sulla retta via è
quella di offrire loro formazione
e opportunità lavorative. E poi
istruzione. È la prima cosa di
cui il nostro Paese ha bisogno
per andare avanti», ha concluso
monsignor Musonde Kivuva.
In una dichiarazione in vista
delle elezioni generali del 2017,
l’Inter-Religious Council of Kenya fa appello «a tutti i politici,
con i loro interessi consolidati,
affinché smettano di trasformare
le elezioni in una questione di
vita e di morte per i keniani». I
leader religiosi denunciano la
creazione di milizie in previsione delle elezioni e invitano a
«praticare la pace piuttosto che
creare strutture di violenza».
AMMAN, 5. Formazione sull’uso
dei social media come strumento di promozione di un dialogo
rispettoso tra i fedeli di religioni diverse: questo il tema al
centro del primo di cinque laboratori organizzati dal King
Abdullah bin Abdulaziz International Centre for Interreligious and Intercultural Dialogue (Kaiciid), l’organismo fondato a Vienna nell’ottobre 2011
su iniziativa dell’allora re saudita Abdullah. Il primo di questi incontri si è svolto ad Amman, in Giordania, dal 3 al 5
aprile, e ha visto la partecipazione di trecento giovani leader
religiosi e rappresentanti della
società civile che lavorano
nell’ambito del dialogo interreligioso nel Vicino oriente, specialmente in Libano, Palestina,
Siria e Giordania.
I media sociali vengono
spesso utilizzati come piattaforma di disinformazione, diffusione di stereotipi e reclutamento di estremisti, ma, allo
stesso tempo, possono servire
per raggiungere milioni di giovani in modo che dialoghino
sul ruolo della convivenza nelle loro vite e società. Una delle sfide di questo processo è
legata al fatto che i difensori
della convivenza e i leader religiosi moderati non sono a
volte in grado di usare i social
media con efficacia per promuovere i loro valori. Per questo il Kaiciid ha lanciato un
programma di formazione dedicata a giovani responsabili
religiosi e a esperti in dialogo
sull’utilizzazione di tali stru-
menti come luogo di convivenza. «Nel Vicino oriente —
spiega il direttore generale
Fahad Abualnasr — otto persone su dieci usano i media sociali tutti i giorni, creandosi
opinioni, atteggiamenti. Gli
estremisti li utilizzano per favorire stereotipi e percezioni
errate. Con questi corsi desideriamo servirci degli stessi canali per promuovere la convivenza e il dialogo. L’esperienza dimostra che i giovani non
vogliono che gli insegnanti o
le autorità parlino loro con tono condiscendente o a mo’ di
sermone. Ci rivolgiamo quindi
a ragazzi e a ragazze della regione che già usano i social
media e che sono interessati a
promuovere la pace e la convivenza. Vogliamo dare a questi
giovani gli strumenti per co-
municare con i loro coetanei e
far scaturire sani dibattiti sulla
coesione sociale», ha concluso
Abualnasr.
Durante l’incontro di Amman i partecipanti sono stati
incoraggiati ad attuare iniziative e campagne sui media sociali nelle rispettive società e
istituzioni. Gli studenti maggiormente interessati e promettenti verranno invitati a trasformarsi a loro volta in formatori. I restanti quattro laboratori si terranno quest’anno
in Egitto, Iraq, Tunisia ed
Emirati Arabi Uniti. Nel novembre 2014 il Kaiciid organizzò un’importante conferenza per mobilitare i leader religiosi di tutto il Vicino oriente
e rispondere in maniera congiunta alla minaccia estremista
che affligge la regione.
Offrirà programmi di studio e di approfondimento
Apre a Roma
il Centro ecumenico metodista
ROMA, 5. Si inaugurerà domani a
Roma, con una funzione celebrata
presso la chiesa di Ponte sant’Angelo il nuovo Centro ecumenico metodista (Meor-Methodist Ecumenical Office Rome). Avrà sede presso
la stessa chiesa metodista di lingua
inglese, a piazza Sant’Angelo 1, e
sarà sostenuto congiuntamente dalla Chiesa metodista di Gran Bretagna, dall’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia (Opcemi), dal Consiglio metodista mondiale (Wmc) e dal Consiglio metodista europeo (Emc) con lo scopo
di costituire «un canale di dialogo
con altre Chiese nella ricerca di una
più profonda unità».
Si tratta infatti — si legge in un
comunicato diffuso dall’agenzia
Nev — di un «ulteriore passo ecumenico che rafforza la presenza metodista nella città eterna. Da sempre il pastore della chiesa di Ponte
Sant’Angelo — appartenente all’ordinamento dell’Unione delle chiese
metodiste e valdesi — è inviato dalla Conferenza metodista britannica
e svolge il ruolo di rappresentante
dei metodisti d’Oltremanica presso
il Vaticano. Ora, questa presenza si
amplia a livello europeo e mondiale, attraverso il coinvolgimento del
Wmc e dell’Emc».
Il nuovo centro «intende offrire
ai metodisti di tutto il mondo l’opportunità di contribuire all’attuale
dialogo ecumenico e di promuovere
una più profonda conoscenza ecumenica reciproca attraverso programmi di studio e d’incontro», ha
spiegato Tim MacQuiban, pastore
della chiesa di Ponte Sant’Angelo,
che ricoprirà il ruolo di direttore
dell’organismo. Com’è precisato
nella dichiarazione d’intenti, il
Meor vuole inoltre essere «uno spazio di preghiera e riflessione, un
luogo di ospitalità per i metodisti
di tutto il mondo e altri visitatori».
Alla celebrazione inaugurale parteciperanno rappresentanti della
Comunione anglicana e della Santa
Sede. Il culto sarà preceduto, oggi
e domani, dalle riunioni dei compartecipanti al progetto, tra i quali
il presidente e la vicepresidente del
Wmc, rispettivamente il vescovo
Paolo Lockmann e la signora Gillian Kingston; il segretario della
Conferenza britannica, pastore Gareth Powell, la presidente dell’O pcemi, diacona Alessandra Trotta.
Per l’Emc è presente il pastore
Knut Refsdal, mentre la United
Methodist Church degli Stati Uniti
ha inviato il presidente della propria Commissione per l’unità dei
cristiani e il dialogo interreligioso,
il vescovo Mike Watson. La mattina di giovedì 7 è invece prevista
un’udienza con Papa Francesco e
un incontro con i rappresentanti del
Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.
Uno spazio
on line
per la Chiesa
Condividere gli insegnamenti, i
messaggi e i valori della Chiesa
cattolica con i fedeli e con la più
vasta comunità globale che quotidianamente frequenta la rete. È
questo l’obiettivo a cui mira il lavoro di DotCatholic, l’ufficio costituito dalla Segreteria per la comunicazione su mandato della Segreteria di Stato per l’utilizzo di
un dominio (.catholic) generico di
primo livello. Si tratta di uno spazio in rete autorevole e dedicato, a
uso esclusivo della Chiesa cattolica e delle sue diverse istituzioni,
in primo luogo diocesi, istituti di
vita consacrata e altri organismi.
Si avvia così un lungo processo
che nel corso del 2017 sarà pienamente operativo.
Consegnata alla presenza del Pontefice
Onorificenza ad Alberto Gasbarri
«Un riconoscimento alla lealtà e alla professionalità dimostrate in questi
decenni», ma anche un ulteriore stimolo all’impegno di «vivere ogni
aspetto della vita secondo criteri evangelici ed ecclesiali»: con questa motivazione letta dall’arcivescovo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato,
è stata conferita ad Alberto Gasbarri l’onorificenza di cavaliere di gran
croce dell’ordine piano. Alla presenza di Papa Francesco, che ha voluto
ringraziare personalmente il suo stretto collaboratore improvvisando un
breve discorso, la semplice cerimonia si è svolta nel pomeriggio del 4
aprile a Santa Marta. In pensione dal 1° marzo scorso e al servizio della
Santa Sede per 47 anni, Gasbarri è divenuto progressivamente noto per
essersi occupato dell’organizzazione dei viaggi papali internazionali: dal
1982 al 2005 come assistente del gesuita Roberto Tucci (1921-2015, creato
cardinale da Giovanni Paolo II nel 2001) e nell’ultimo decennio come responsabile diretto, ricoprendo al contempo l’incarico di direttore amministrativo della Radio Vaticana. «Con questa alta onorificenza — ha spiegato il sostituto — il Santo Padre le manifesta il suo personale ringraziamento per il servizio e la dedizione da lei prestati alla persona del Papa e
alla Santa Sede». Erano presenti, tra gli altri, i cardinali Parolin, segretario di Stato, Re, Filoni, Bertello e Stella, gli arcivescovi Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, Piero Marini, e monsignor Mauricio Rueda
Beltz, organizzatore dei viaggi papali. Ad accompagnare Gasbarri, familiari, amici e molti colleghi.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
mercoledì 6 aprile 2016
Nikolinka Nikolova
«Armonia nel silenzio»
Messa a Santa Marta
Per vivere in armonia e nel sostegno reciproco la comunità cristiana deve rinascere dallo Spirito Santo. E ci sono due segni
per capire di essere sulla strada
giusta: il disinteresse verso il denaro e il coraggio di testimoniare
Cristo risorto. Lo ha affermato
Papa Francesco nella messa celebrata martedì mattina, 5 aprile,
nella cappella della Casa Santa
Marta. Un’indicazione accompagnata dall’avvertenza di non
confondere la vera armonia con
una tranquillità negoziata o ipocrita.
«Gesù dice a Nicodemo che si
deve rinascere, ma rinascere dallo Spirito: è proprio lo Spirito
che ci dà una nuova identità, ci
dà una forza, un modo di agire
nuovi»: ecco la chiave di lettura
proposta dal Pontefice, alla luce
del passo evangelico di Giovanni
(3, 7-15) proposto dalla liturgia
del giorno. E questa linea — ha
fatto notare — si vede già «nella
prima lettura, uno dei tre o quattro riassunti contenuto negli Atti
degli apostoli» (4, 32-37): un
passo che racconta «come viveva
la prima comunità, i “rinati” dallo Spirito».
Francesco ha fatto notare che
essi «vivevano in armonia e l’armonia soltanto la può dare lo
Spirito Santo». Infatti «noi possiamo fare accordi, una certa pace, ma l’armonia è una grazia interiore che soltanto può farla lo
Spirito Santo». Dunque queste
prime «comunità vivevano in armonia»: e lo si capisce da due
segni che contraddistinguono
l’armonia, ha spiegato il Papa.
Il primo segno è che «nessuno
vive nel bisogno, cioè tutto è in
comune». Il senso autentico lo
Come si crea
l’armonia
spiega proprio il passo tratto
dagli Atti degli apostoli: «Avevano un solo cuore, una sola anima e nessuno considerava sua
proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Nessuno infatti tra loro
era bisognoso».
Del resto, ha affermato Francesco, «la vera armonia dello
Spirito Santo ha un rapporto
molto forte con il denaro: il denaro è nemico dell’armonia, il
denaro è egoista». E «per questo
il segno che dà è che tutti davano il loro, perché non ci fossero i
bisognosi».
In particolare negli Atti si «fa
l’esempio di Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa “figlio dell’esortazione”, un levìta originario di
Cipro, padrone di un campo».
Ebbene, Giuseppe vendette il
suo campo «e consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli
apostoli». In una parola, questa
è la vera «armonia» che, dunque, «ha un rapporto con lo spirito di povertà, che è la prima
delle beatitudini».
Ben diverso, invece, è «il caso
di quella coppia, Anania e Saffira: vendono il campo e danno
tutto, dicono di dare tutto agli
apostoli, ma sottraggono di nascosto per farsi un conto a parte,
per loro». Una storia che viene
narrata sempre negli Atti degli
apostoli (5, 1-11). Ma — ha ricordato Francesco — «il Signore punisce con la morte questi due,
perché Gesù chiaramente ha det-
to che non si può servire Dio e il
denaro: sono due padroni, il cui
servizio è irriconciliabile».
Però, ha messo in guardia il
Pontefice, «l’armonia, che solo
lo Spirito Santo può creare, non
va confusa con la tranquillità».
Tanto che «una comunità può
essere molto tranquilla, andare
bene» ma non essere in armonia.
«Una volta — ha confidato il Papa — ho sentito dire da un vescovo una cosa saggia: “Nella
diocesi c’è tranquillità. Ma se tu
tocchi questo problema o questo
problema o questo problema, subito scoppia la guerra”».
Ma questa — ha osservato — è
piuttosto «una armonia negoziata e non è quella dello Spirito: è
un’armonia, diciamo, ipocrita,
come quella di Anania e Saffira
con quello che hanno fatto». Invece «l’armonia dello Spirito
Santo ci dà questa generosità di
non avere niente di proprio, fin
quando ci sia un bisognoso».
C’è poi un secondo atteggiamento suscitato dall’armonia dello Spirito Santo. E Francesco lo
ha presentato rilanciando le parole degli Atti: «Con grande forza, gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù, e tutti godevano di
grande favore».
In sintesi, il secondo segno
dell’armonia vera è «il coraggio». E così «quando c’è armonia nella Chiesa, nella comunità,
c’è il coraggio: il coraggio di dare testimonianza del Signore risorto».
In questa prospettiva il Pontefice ha suggerito di «leggere e rileggere questo passo degli Atti
degli apostoli: il capitolo quarto,
dal versetto 32 in avanti». E la
ragione è presto detta: «Perché è
quello che Gesù aveva chiesto al
Scorci quotidiani
«La vita di una guardia svizzera: uno
scorcio privato». A raccontarla è la mostra
fotografica — con ottantasei scatti in bianco e nero e a colori di Fabio Mantegna —
inaugurata nei giorni scorsi ai Musei vaticani.
«Un titolo che — ha spiegato il comandante del corpo Christoph Graf durante
la cerimonia di apertura dell’esposizione,
che chiuderà i battenti il 12 giugno — non
lascia intendere aspettative particolari», né
suscita «l’interesse su chissà quali curiosità, ma che indica normali aspetti di vita».
Infatti, ha sottolineato, è la vita normale
di una guardia che «vogliamo far vedere
al visitatore, proprio come una guardia vive nel suo quotidiano».
Abituati alla classica immagine della
guardia in alta uniforme, i fedeli e i pellegrini che giungono in Vaticano hanno
«l’impressione che quella sia la normalità». Ma, ha avvertito Graf, «non è così».
Anche nella vita del corpo, infatti, esistono giorni «scanditi da ordinarie attività
giornaliere e da servizi interni; servizi che,
peraltro, sono sempre una sfida e un impegno per le guardie che li svolgono».
Come esempio il comandante ha indicato
l’esperienza del servizio notturno svolto
dalle guardie dalla mezzanotte alle sei del
mattino: un servizio che — ha evidenziato
— molti di loro affrontano organizzando
un programma di attività che «consiste
nello studio della lingua italiana, nella lettura di giornali e di libri, nella preparazione per esami e nelle preghiere».
Ma qual è l’identikit della guardia pontificia? «Sono giovani svizzeri — ha spiegato il comandante — intorno ai venti,
ventitré anni, che dopo un apprendistato
o la maturità e il servizio militare cercano
per un minimo di due anni un’altra attività». I motivi che spingono alla scelta di
Nei mesi di aprile e maggio
Aprile
D OMENICA
DI PASQUA
IV
Basilica Vaticana, ore 9.15, Ordinazioni presbiterali, Santa Messa
24
V
DI
D OMENICA
PASQUA
Piazza San Pietro, ore 10.30, Santa
Messa, Giubileo dei Ragazzi e delle
Ragazze
Maggio
5 GIOVEDÌ
SOLENNITÀ DELL’ASCENSIONE
DEL SIGNORE
15 D OMENICA
DI PENTECOSTE
Basilica Vaticana, ore 10, Cappella Papale, Santa Messa
26 GIOVEDÌ
SOLENNITÀ DEL SANTISSIMO CORPO
E SANGUE DI CRISTO
Piazza San Giovanni in Laterano, ore
19, Cappella Papale, Santa Messa,
Processione a Santa Maria Maggiore e
Benedizione Eucaristica
29 IX D OMENICA
DEL TEMPO ORDINARIO
Piazza San Pietro, ore 10.30, Santa
Messa, Giubileo dei Diaconi
Città del Vaticano, 2 aprile 2016
Mons. GUID O MARINI
Maestro delle Celebrazioni
Liturgiche Pontificie
Basilica Vaticana, ore 18, Veglia di preghiera per “Asciugare le lacrime”
Inizio della missione
del nunzio apostolico nella Repubblica di Moldova
Il 1° marzo scorso, monsignor Miguel
Maury Buendía, arcivescovo titolare di
Italica, è arrivato all’aeroporto internazionale di Chişinău proveniente da Bucarest. Ad accoglierlo c’erano la signora
Liliana Verlan, consigliere del protocollo
di Stato, monsignor Anton Coşa, vescovo di Chişinău, e alcuni ecclesiastici che
lo hanno accompagnato in corteo alla residenza vescovile, dove ha sostato durante il suo soggiorno nella Repubblica di
Moldova. Una nutrita delegazione della
comunità cattolica ha ricevuto il rappresentante pontificio, il quale, dopo aver
ricevuto la tradizionale offerta del pane
con il sale, si è trattenuto con essa in
amichevole colloquio. Il giorno seguente,
dopo un incontro con il capo del protocollo diplomatico di Stato Alexei Cracan, il nunzio apostolico ha consegnato
la copia delle lettere credenziali al viceministro degli affari esteri e dell’integra-
zione europea Daniela Cujbă, la quale
gli ha offerto un caldo benvenuto e ha
reso noto il desiderio del Paese di intensificare i rapporti bilaterali con la Santa
Sede.
Giovedì 3 marzo, monsignor Maury è
stato accompagnato al Palazzo presidenziale in compagnia del vescovo Coşa e di
alcuni funzionari statali per la solenne
cerimonia di presentazione delle lettere
credenziali al presidente della Repubblica, Sua Eccellenza il signor Nicolae Timofti, presenziata dal signor Alexandru
Codreanu, capo della direzione generale
per la cooperazione bilaterale, e dalla signora Diana Gadja, capo della divisione
per l’Europa occidentale del ministero
degli Affari esteri e dell’integrazione europea.
Il capo dello Stato ha chiesto all’arcivescovo Maury Buendía di far pervenire
al Papa i sentimenti di sincera ammira-
che si dicono e come ciascuno di
noi possa aiutare la sua famiglia,
il suo quartiere, la sua città, i
compagni di lavoro, di scuola,
tutti quelli che gli sono vicini,
per creare questa armonia che si
fa nel nome del Signore Gesù risorto e che è una grazia dello
Spirito Santo».
Inaugurata la mostra fotografica sulla Guardia svizzera pontificia
Calendario delle celebrazioni
presiedute dal Papa
17
Padre nell’ultima cena: che siano
“uno”, che ci fosse l’armonia tra
loro». E «quando arriva il dono
del Padre, che è lo Spirito Santo, lui è capace di stabilire questa armonia».
Ecco perché, ha concluso il
Papa, «ci farà bene leggere questo brano, oggi, e vedere le cose
zione che, tanto egli personalmente
quanto il popolo moldavo, nutrono per
la sua persona e per la sua opera nel
mondo. Il rappresentante pontificio, da
parte sua, ha portato il saluto benedicente del Papa a tutti gli abitanti della Repubblica di Moldova, indipendentemente dalla loro appartenenza etnica o religiosa, esprimendo riconoscenza a coloro
che si impegnano per la costruzione del
futuro del Paese nella concordia e nel rispetto delle legittime differenze di tutti.
Durante la sua permanenza in Moldova, il nunzio apostolico, sempre in compagnia del vescovo di Chişinău, ha reso
visita al Metropolita di Chişinău e di
Moldova Vladimir, del Patriarcato di
Mosca, e al Metropolita di Bessarabia ed
esarca delle Regioni Petru, del Patriarcato di Bucarest, prospettando con loro
campi di collaborazione per favorire la
concordia ecumenica nel Paese. Il nun-
zio apostolico Maury Buendía è stato
anche ricevuto dal sindaco di Chişinău,
signor Dorin Chirtoacă, e dal decano del
corpo diplomatico in Moldova, Sua Eccellenza Marius Lazurca, ambasciatore di
Romania.
Domenica 6 marzo, il rappresentante
pontificio, che il giorno precedente aveva
visitato alcune comunità ed opere sociali
della diocesi, ha presieduto l’Eucaristia
in lingua russa nella cattedrale di
Chişinău, gremita di fedeli. All’inizio
della celebrazione, monsignor Maury
Buendía ha consegnato la lettera commendatizia del cardinale segretario di
Stato Pietro Parolin, a monsignor Coşa
e, nel clima festivo della domenica laetare, ha rammentato la celebrazione del
giubileo straordinario della misericordia,
portando ai fedeli l’affettuosa vicinanza
del Papa e impartendo loro l’apostolica
benedizione.
servire il corpo possono essere diversi: tra
questi Graf ha enumerato «la tradizione,
il privilegio, servire in un’organizzazione
militare, studiare la lingua o conoscere la
cultura italiana, scoprire il Vaticano e la
Chiesa cattolica, servire il Papa». Ma, ha
aggiunto, ci sono motivi di fede. «Tante
guardie — ha rivelato — hanno il desiderio
di crescere spiritualmente e addirittura
nella Guardia abbiamo anche delle vocazioni. Quasi ogni anno abbiamo una
guardia che decide di entrare in un seminario o in un ordine religioso».
Il comandante ha poi messo in luce la
dimensione “familiare” del corpo della
guardia svizzera: «una famiglia — ha detto
— che ha bisogno di cura e sostegno». E
ha poi aggiunto che l’obiettivo principale
è quello «di far sì che questi giovani si
sentano bene, si sentano a casa». Solo in
questa maniera, ha spiegato, «si può eseguire la nostra missione. Non vogliamo
essere dei supereroi o essere chiamati gli
angeli custodi del Santo Padre». Piuttosto
va rimarcata la volontà di lavorare «in silenzio, con dedizione e umiltà» e in spirito di servizio. «Sono intimamente convinto — ha assicurato in conclusione — che
non esista un compito più nobile e bello
di quello della guardia svizzera».
Tra i presenti all’inaugurazione della
mostra — ideata da Romina Cometti e
realizzata anche grazie ai Patrons of the
Arts in the Vatican Museums — il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, l’arcivescovo Georg Gänswein,
prefetto della Casa Pontificia, l’ambasciatore di Svizzera presso la Santa Sede,
Pierre-Yves Fux, il cappellano del corpo,
don Thomas Widmer, Antonio Paolucci,
direttore dei Musei vaticani.
Nomina episcopale
in Montenegro
La nomina di oggi riguarda la Chiesa in
Montenegro.
Rrok Gjonlleshaj
arcivescovo di Bar
Nato il 10 febbraio 1961 a Velezh, nell’amministrazione apostolica di Prizren, ha concluso la formazione scolastica primaria a Velezh e ha svolto gli studi filosofici e teologici
nel seminario di Rijeka. Ordinato sacerdote
nel 1987 per l’amministrazione apostolica di
Prizren, ha svolto il ministero in diverse parrocchie, prima come vicario e in seguito come parroco. È stato anche direttore di Radio
Maria, emittente cattolica locale, e collaboratore della rivista religioso-culturale «Drita».
Attualmente era parroco di Sant’Antonio in
Prishtina ed economo dell’amministrazione
apostolica di Prizren.