Apro la mia impresa! - Camera di Commercio di Padova

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Apro la mia impresa! - Camera di Commercio di Padova
 Apro la mia impresa!
6 passi per evitare errori
ed per avere successo
Liana Benedetti, Silvia Fongaro
Cristina Mariani, Alejandro Palladino
Settembre 2015
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Presentazione
Per venire incontro ad una forte domanda di informazione sull’avvio di nuove imprese, la Camera di Commercio di Padova ha iniziato nel 2005 ad organizzare dei
percorsi formativi serali gratuiti sugli adempimenti presso la Camera di Commercio,
Comuni e ASL, sugli aspetti fiscali, del credito bancario e del business plan, sulla
comunicazione con il cliente.
Per consentire a chi per propri impegni ha difficoltà a partecipario a queste serate, si
mette a disposizione questa pubblicazione che fa parte di una collana costituita da
brevi pubblicazioni dal taglio “istruzioni per l’uso”
Questa miniguida – frutto di molti anni di esperienza nel supporto all’avvio
d’impresa – intende accompagnare i futuri imprenditori nei passi da fare prima di
iniziare l’attività, in modo da evitare errori ed avere successo. Si toccano argomenti
quali le informazioni da raccogliere prima di partire, le forme societarie, il business
plan, chiedere un prestito in banca, il fisco ed i contributi INPS, il marketing.
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Indice
Introduzione
1 Prima di tutto: competenze, conoscenze, idee giuste di Liana Benedetti
1. Ho le competenze necessarie?
2. Come verifico che la mia idea d’impresa è giusta?
3. Parole da conoscere
2. Prima di partire: alcune cose da sapere e da
decidere di Liana Benedetti
1. Chi può aiutarmi?
2. Società o ditta individuale? La scelta della forma
d’impresa
3. Start up innovative
4. L’attività libero-professionale
3. Ci guadagnerò o ci perderò: il mio minibusiness plan di Alejandro Palladino e Liana Benedetti
1. Ci guadagnerò o ci perderò?
2. Un caso pratico
3. Ecco gli strumenti per una mia rapida verifica
4. Altri esempi
5. Appendice: un po’ di teoria sul business plan
4. Come e dove trovo i soldi per partire? di Liana
Benedetti
4.1. Ci sono finanziamenti agevolati?
9
4.2. Come mi presento in banca per chiedere un prestito?
5. Fisco e contributi Inps-Inail di Silvia Fongaro
1. Indicazioni generali
2. Obblighi previdenziali ed assicurativi (INPSINAIL)
3. La scelta del regime contabile e regimi agevolati
io
4. Contabilità e fatture
5. Le imposte collegate all’attività d’impresa e alla
libera professione
6. Attenzione! Gli studi di settore
6. Il marketing: a chi vendo? di Cristina Mariani
1. La mia idea può stare sul mercato?
2. Esiste un cliente disposto a comprare il mio prodotto o il mio servizio?
3. Cosa vuol dire marketing: le 4P
4. Le "nuove" 4P: SAVE
5. Che cosa offro ai miei clienti: prodotto/servizio e
servizi accessori
6. Chi sono i miei concorrenti?
7. Conosco i clienti (potenziali)?
8. Perchè un cliente dovrebbe scegliere proprio la
mia offerta? Il vantaggio competitivo
9. Come fare ricerca competitiva prima di aprire una
nuova attività
APPENDICE: Esempi pratici: interviste con
esperti di settore (il bar o il ristorante, il negozio di
abbigliamento, agenzia di organizzazione eventi,
l’impresa artigiana, attività di autoriparazione, produzione
di complementi di arredo, la start up innovativa nel settore
biomedicale)
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Introduzione
Secondo i dati dell’Istat, oltre un terzo delle imprese chiude entro 3 anni
dall’avvio1.
Un dato che ci potrebbe spaventare se vogliano avviare un’impresa.
Nell’esperienza di anni di lavoro a supporto della nascita di di nuove imprese emerge però un altro dato: tale percentuale si riduce moltissimo se si segue una
buona formazione e se ci si prepara in modo adeguato e razionale all’apertura
dell’impresa.
La soluzione: approfittare di tutti i servizi e corsi gratuiti offerti per l’avvio
d’impresa da Camere di Commercio, Comuni, Associazioni di Categoria, raccogliere informazioni anche presso parenti, amici e conoscenti, chiedere preventivi e
ipotizzare ricavi e utili, verificare i regimi fiscali con degli esperti, pensare ai modi migliori per trovare clienti, contattare già possibili fornitori.
Occorre essere un esperto di marketing/amministrazione aziendale per fare
questo? No, basta buon senso, passione per la propria idea d’impresa, perseveranza e sapere come muoversi. Questo libro ha lo scopo di aiutarvi a partire con le
migliori chance di successo, evitando spese inutili e brutte sorprese.
1
La Demografia d’Impresa – Istat - 2010
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1
Prima di tutto:
- competenze
- idee giuste
di Liana Benedetti
1. Ho le competenze necessarie?
Bill Gates – quando fondò la Microsoft - era un giovane studente ventenne con
una grande passione ed intuizione. Aveva iniziato a lavorare sui computer già 7
anni prima, con un gruppo di amici2.
In genere è molto utile possedere un’esperienza nel settore per avere maggiori
speranze di restare sul mercato.
Ad esempio, se non avessi lavorato mai prima in un negozio, saprei da chi
comprare la merce? Saprei come allestire le vetrine? Saprei trattare con i clienti in
modo efficace?
Un altro esempio fra tanti: moltissimi pensano che sia facile aprire e gestire un
bar e che non serva nessuna particolare professionalità. Che ci vuole per fare un
caffè? Le cose non stanno esattamente così.
È importante conoscere i gusti dei clienti, i vari tipi di caffè, conoscere i migliori fornitori, saper confezionare tramezzini appetitosi, saper scegliere un arredo
accattivante. Ma ci vuole ancora di più. Un bar richiede delle capacità relazionali:
una persona che non scambia qualche parola volentieri con i clienti, non sorride
mai e non saluta quando il cliente va via o arriva ha scarse possibilità di riuscire.
Infatti i clienti vengono al bar sì per prender il caffè, ma spesso anche per scambiare due chiacchiere ed è importantissimo riuscire stabilire una buona relazione
con i clienti.
2
Vedi voce Bill Gates su Wikipedia.
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Quindi le competenze non sono solo “tecniche”, ad esempio conoscenze di
argomenti specifici come le materie che si studiano a scuola o all’università oppure le capacità pratiche che si imparano sul lavoro (come si fa a…), ma anche le
capacità e qualità personali. Queste ultime possono incidere moltissimo sul
successo della propria impresa. Le tecniche le posso anche imparare (a spese della
redditività dell’azienda, spesso), ma il mio carattere è difficile che cambi…
Per capire meglio il concetto, riporto un esempio che viene spesso fatto da esperti di motivazione e leadership. Ipotesi: sono un lavoratore dipendente e vinco
una bellissima vacanza in Polinesia di 4 settimane per 2 persone di cui bisogna
usufruire entro massimo un mese. È un periodo di superlavoro in ufficio, ma vado
comunque dal mio capo per chiedere ferie. Mi risponde: “trova un sostituto per un
mese che possa fare il tuo lavoro!.” Comincio a riflettere su come deve essere il
mio sostituto. Se sono in un ufficio vendite di un’azienda, dovrà conoscere bene
l’inglese per poter trattare con i clienti esteri, conoscere i prodotti aziendali, essere cortese e disponibile, capace di organizzare il lavoro e di lavorare in squadra
con i colleghi, capire bene le vere necessità dei clienti, ecc.
Siamo arrivati al punto: non conta solo quello che si sa, ma anche quello che
si è. Cioè contano le capacità personali e non solo le conoscenze teoriche e tecniche.
Nell’avviare un’impresa bisognerebbe essere in grado di fare un’analisi, ponendosi in una posizione di terzietà. Supponiamo di essere un cliente del tipo di
azienda che voglio mettere in piedi, che cosa vorrebbe trovare nella mia azienda il
mio fornitore? Inoltre quali qualità personali dei soci e quali problemi esterni potrebbero incidere su una sana gestione? Potrei cercare di mettermi nei panni del
commercialista o della società di servizi dell’associazione che mi affiancheranno
nell’avvio della mia impresa o della banca che sperabilmente mi presterà i soldi.
Capire se si hanno veramente le qualità per l’idea che si ha in mente non è
semplice perché è facile innamorarsi di un progetto e mentire a se stessi sulle
proprie capacità e sulla sua fattibilità e convenienza economica. Ma si può tentare
in ogni caso di fare un’autoanalisi. E anche di chiedere ad amici e parenti se abbiamo i tratti caratteriali che abbiamo delineato.
Non riusciremo ad avere mai la certezza, ma in ogni caso saremo più coscienti
di noi stessi e del tipo di lavoro che ci aspetta nell’impresa che fonderemo.
Attenzione: la minore o maggiore autostima può influenzare moltissimo
l’autoanalisi e renderla poco attendibile, sia in un senso che nell’altro. Alcune
persone sono portate a sovrastimare le proprie capacità ed altre a sottostimarle.
Teniamo però conto del fattore “X”: se ci si fissa un obiettivo preciso, solo
per il fatto di averlo fissato siamo stimolati ad ottenerlo. Questo funziona bene nei
gruppi di lavoro: un obiettivo chiaro anche se difficile stimolerà il gruppo a dare il
massimo per ottenerlo. Ma funziona bene anche con noi stessi: se ci fissiamo degli obiettivi precisi come date e cose da fare3 riusciremo più facilmente a
3
Quando studiavo all’università (in contemporanea anche lavoravo a tempo pieno ed avevo due figli picccoli)
mi fissavo una serie di date precise come obiettivo per ogni esame: la data entro cui tutti i libri dovevano
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raggiungerli. Quindi anche un futuro imprenditore a cui manchi esperienza, ma
abbia la forza di volontà di ottenere ciò che vuole e le capacità personali e attitudini “giuste” per quel tipo di lavoro potrebbe avere ottime chance di successo.
essere studiati una prima volta, un’altra data entro la quale fare la seconda studiata, la data entro cui terminare
la terza passata, ultimi 3 giorni per quarta e quinta; ogni giorno c’era un numero minimo di pagine da studiare
o ripassare e non andavo a dormire prima di aver raggiunto l’obiettivo. Se non avessi fatto così avrei avuto
sempre la possibilità di rimandare. La stessa tecnica può essere usata con successo per avviare un’impresa. Si
fissano degli obiettivi temporali e quantitativi precisi e ci si dà da fare per raggiungerli. Se un obiettivo non
venisse raggiunto questo costituirà un campanello d’allarme e dovrò o recuperare o fissare un altro calendario,
dopo attenta riflessione.
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2. Come verifico che la mia idea è giusta?
Problema 1: la concorrenza.
Aprire un bar a pochi metri di altri 2 locali analoghi in una cittadina di 15.000
abitanti potrebbe non essere una grande idea. Ma anche aziende un po’ più lontane possono costituire una concorrenza temibile in molti casi.
Problema 2: eventuali requisiti professionali4 richiesti. Ci sono dei requisiti
professionali per l’avvio dell’attività che ho in mente?
Problema 3: esistono delle autorizzazioni da ottenere o è un’attività libera?
Quindi il problema base per molti è di ottenere le informazioni giuste per poter
prendere una decisione razionale. Dove posso trovare l’informazione che mi serve?
2.1 Trovare le informazioni
2.1.1 Informazioni gratuite
• GRATIS presso Enti pubblici e Associazioni di Categoria:
- Camere di Commercio: sono gli Enti pubblici locali che svolgono funzioni di supporto alle imprese e che gestiscono il Registro delle Imprese. La
cosa più interessante per chi avvia un’impresa è il fatto che presso moltissime Camere (o loro aziende speciali) esiste uno “Sportello Nuova
Impresa”. Esso è in grado fornire informazioni sui requisiti per l’avvio di
attività e sui finanziamenti agevolati, nonché un orientamento per l’avvio
dell’attività, sulla scelta della forma d’impresa (individuale, societaria,
cooperativa, ecc.). Assolutamente consigliabile telefonare prima per fissare
un appuntamento (un colloquio dura in genere almeno mezz’ora e rischieremmo di trovare lo sportellista occupato) e prepararsi un elenco delle cose
da chiedere.
Inoltre in ogni Camera di Commercio c’è anche un ufficio studi che potrebbe essere in grado di fornire delle analisi economiche già predisposte. Tali
analisi sono in genere disponibili anche sul sito internet della singola Camera5 o sul sito di Unioncamere dedicato agli studi economici delle Camere
Italiane “Starnet”6 In caso non ci sia lo Sportello Nuova Impresa, spesso è
l’Ufficio Relazioni con il Pubblico che dà informazioni su adempimenti
amministrativi e altre informazioni utili per l’avvio d’impresa.
Importante seguire i corsi gratuiti o a prezzo agevolato che molte Camere
offrono: mettono a disposizione una panoramica delle informazioni che ci
4
Delle procedure amministrative parleremo più ampiamente nel capitolo “Per partire”, sottocapitolo “E le
procedure amministrative per partire?”
5
I siti delle Camere di Commercio si trovano premettendo la sigla della provincia a .camcom.it, cioè se cerco
la Camera di Milano la troverò digitando www.mi.camcom.it, Venezia: www.ve.camcom.it, ecc.
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Il sito sugli studi economici delle Camere italiane è: www.starnet.unioncamere.it
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possono servire, senza che farci perdere molto tempo. Vengono a volte anche offerti servizi gratuiti di assistenza personalizzata con supporto alla
redazione del minibusiness plan, consulenza individuale da parte di esperti e
programmi di mentoring da parte di altri imprenditori.
- Comuni: in ogni Comune c’è uno Sportello Unico Attività Produttive
(SUAP). Lo sportello comunale sarà in grado di fornire informazioni sugli
adempimenti e forse anche un orientamento sull’andamento almeno di alcuni tipi di attività. Inoltre parecchi Informagiovani dei Comuni
forniscono utili informazioni.
- Associazioni di Categoria7: sono associazioni di imprese, come ad esempio Confartigianato e Cna per il settore artigiano, Conf-commercio e
Confesercenti per il commercio e i servizi. In genere forniscono servizi agli associati, ma hanno a volte dei validi servizi informativi a supporto
dell’avvio d’impresa anche per i non associati. Sicuramente sono in possesso di informazioni sull’andamento di certi tipi di attività e quindi sulla
convenienza economica di effettuare investimenti in quei settori. Attenzione: sono strutturate per provincia, la sede principale è nel capoluogo dove
gli associati possono usufruire di tutti i servizi, mentre le sedi “mandamentali” in altre località in genere forniscono solo una piccola parte dei servizi
offerti dalla sede provinciale. Quindi probabilmente solo la sede principale
potrà darci tutte le informazioni che ci servono.
• GRATIS su internet:
- www.camcom.gov.it, link sullo Start up: fornisce informazioni generali sugli adempimenti
- www.infoimprese.it: il sito delle Camere di commercio italiane che riporta
alcuni dati base di tutte le imprese italiane iscritte al Registro imprese. È
quindi un sito “ufficiale” con informazioni aggiornate in tempo reale, tratte
dal Registro delle Imprese.
- www.impresainungiorno.gov.it: fornisce indicazioni sullo sportello Unico
Attività Produttive a cui rivolgersi
- www.infocamere.it: link Movimprese. È possibile scaricare gratuitamente i
dati relativi all’apertura e apertura di attività economiche per categorie di attività. Non è dettagliato in sottocategorie, ma dati più dettagliati e per
provincia/comune sono sicuramente in possesso degli Uffici Studi delle
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Per completezza citiamo anche altre Associazioni di Categoria di livello nazionale: Confindustria per il
settore industriale, Confapi per la piccola industria, Coldiretti, CIA e Confagricoltura per l’agricoltura, Confcooperative, Lega Cooperative e Agci per la cooperazione; esistono poi associazioni imprenditoriali a
valenza locale, anche molto valide. Da notare che a volte localmente alcune Associazioni cambiano nome
come Confartigianato che diventa UPA e Confcommercio che diventa Ascom. In altri casi in alcune province
le Associazioni si sdoppiano ad esempio tra commercio e pubblici esercizi pur aderendo alla stessa associazione nazionale, come ad esempio nel caso dell’Appe a Padova o dell’Epam a Milano. Esistono Associazioni
di tipo specialistico come ad esempio Fiaip per gli agenti immobiliari e Usarci per gli agenti e rappresentanti
(gli imprenditori di ambedue le tipologie però si iscrivono spesso anche alle altre associazioni del commercio
e servizi).
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Camere di Commercio e anche scaricabili dal sito Starnet
www.starnet.unioncamere.it o dai siti delle singole Camere.
- www.istat.it – sito dell’Istituto nazionale di statistica. Particolarmente interessanti alcuni link in home page, sezione statistiche per argomento: ad
esempio http://www.istat.it/imprese/vendite/. Informazioni più approfondite
richiedono la registrazione dei propri dati, m sono in ogni caso gratuite.
- www.paginegialle.it - si possono effettuare ricerche per prodotto e per categoria nell’ambito di singole province e comuni. Interessante la piantina
che compare a destra dei risultati della ricerca: si possono vedere le collocazioni sul territorio delle imprese estratte. Nota Bene: per essere presenti su
pagine gialle bisogna pagare e quindi su pagine gialle troviamo solo parte
delle imprese effettivamente presenti.
- www.google.it – è il motore di ricerca più usato sul web. Consigliabile utilizzarlo in modalità avanzata (www.google.com/advanced_search) per
affinare la ricerca. Consigliabile anche effettuare la stessa ricerca con
www.bing.it : non è che i risultati siano migliori, ma sono diversi e questo a
volte è importante.
Attenzione: i risultati possono essere anche non pertinenti alla zona o
all’argomento, ripetitivi e talmente ampi da farci perdere. Ad esempio cercando negozi di abbigliamento donna a Monselice ho trovato oltre 74.000
risultati su Google: decisamente troppo per riuscire ad orizzontarsi velocemente. Su Pagine gialle cercando Monselice avevo trovato 257 negozi
abbigliamento per donna (di cui solo 7 erano a Monselice, di questi 7 uno
era un parrucchiere per donna, 250 non erano a Monselice…), su infoimprese.it 43 (su tutti i negozi di abbigliamento e non solo donna).
• ALTRE GRATIS
- Le nostre scarpe: nessuna ricerca web potrà fornire tutte le informazioni.
Andare di persona sul posto può essere indispensabile.
In parecchi casi (ad esempio negozi al dettaglio, bar, ristoranti, commercio
ambulante nei mercati, ecc.), avrò bisogno di informazioni visive, cioè di
rendermi conto se la concentrazione dei potenziali concorrenti in zona è
troppo elevata, di capire quale è la specifica offerta che i potenziali concorrenti fanno ai clienti in modo da capire come differenziarmi.
Un consiglio: prendere un notes e scrivere appunti sul numero dei concorrenti, l’ampiezza dei locali, la tipologia dei prodotti offerti, il livello di
prezzo, le offerte speciali, ecc. Riportare il tutto possibilmente su un foglio
di calcolo o una tabella per effettuare una comparazione e salvarla sul PC o
sul proprio “cloud”. Dopo aver visitato 3 o 4 posti è inevitabile confondere
uno con l’altro e dimenticarsi i particolari.
- I nostri parenti, amici e conoscenti: la nostra rete di relazioni è un mezzo
d’informazione molto potente. Conosciamo qualcuno che già lavori nel settore nel quale opererà la nostra futura impresa? Se no, conosciamo qualcuno
che può conoscerlo?
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Un negoziante o un’autofficina di una località molto diversa da quella dove
vorremmo stabilirci non ci percepirà come concorrenti e ci potrebbe dare
una mano.
Facciamo inoltre un sondaggio sui prodotti/servizi più richiesti o anche su
prodotti/servizi che non si trovano sul mercato ma di cui si sente la necessità. Sembra strano ma certi prodotti non si trovano con facilità. A volte si va
in un certo negozio proprio perché si trova lì una certa cosa che ci interessa
e poi si compra anche il resto. I nostri amici e parenti sono sicuramente disponibili a rispondere a delle domande. Prepariamoci un questionario,
anche di poche domande. Ad esempio incentrato sui prodotti che vorremmo
vendere o produrre noi. C’è qualche prodotto di quel settore che si ha difficoltà a trovare? Che cosa è più importante per un certo prodotto il prezzo, la
qualità, il marchio famoso, i servizi collaterali? Chi già vende quel prodotto? Dove sono collocati i concorrenti?
Esempio di questionario per la vendita al dettaglio di un prodotto X (da adattare alle
proprie esigenze)
1) Chi vende il prodotto X?
 Grande distribuzione
 Franchising
 Piccoli negozi
2) Dove si vende quel prodotto nella località dove pensavo di insediarmi?
via/piazza ____________ Comune ___________Località ______
via/piazza ____________ Comune ___________Località ______
via/piazza ____________ Comune ___________Località ______
via/piazza ____________ Comune ___________Località ______
via/piazza ____________ Comune ___________Località ______
3) C’è qualche prodotto del settore x che è difficile
_______________________________________________________
da
trovare?
4) C’è qualche caratteristica del prodotto che è difficile da trovare (ad esempio colore,
dimensioni, ecc.)? _____________________________________
4) C’è qualche difficoltà/inconveniente nell’utilizzo dei prodotti di quel tipo che si trovano sul mercato? __________________________________________
5) Per quel prodotto è importante (scala da 1 a 5, con 5 che indica l’importanza massima):
Il prezzo
1
2
3
4
5
La qualità
1
2
3
4
5
Il marchio famoso 1
2
3
4
5
I servizi collaterali 1
2
3
4
5
Esempio di raccolta di informazioni
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Voglio aprire un negozio di abbigliamento per bambini. Che faccio?
1) Prima cerco indirizzi e telefoni della Camera di Commercio, delle Associazioni di categoria del settore
(Confcommercio e Confesercenti), dell’ufficio Comunale “Sportello Unico Attività Produttive” o dell’Ufficio
Attività Produttive-Commercio del Comune.
2) Telefono e fisso un appuntamento in Camera di Commercio (Sportello Nuova Impresa) per informarmi
sugli adempimenti amministrativi, sui dati statistici di altri negozi dello stesso tipo, sui finanziamenti agevolati.
Cerco di usufruire di tutti i servizi gratuiti disponibili.
3) Vado presso un’Associazione di Categoria del settore e chiedo orientamento ed informazioni sia
sull’andamento del mercato che sui finanziamenti. Le Associazioni hanno dei sottogruppi al loro interno a
seconda del tipo di attività e fare una chiacchierata sia con un funzionario che successivamente anche con
un imprenditore del settore iscritto all’Associazione potrebbe essere utilissimo.
4) Vado in Comune - Suap - Sportello Unico Attività Produttive - per ottenere altre informazioni (per questo
tipo di attività non c’è bisogno di alcuna “licenza” comunale, basta la SCIA, una dichiarazione di inizio attività,
ma l’impiegato comunale potrebbe conoscere abbastanza bene l’andamento dei vari tipi di attività e dare
qualche utile informazione).
5) Vado in libreria e vedo se c’è qualcosa di interessante sull’argomento.
6) Navigo in internet, utilizzando Google, ad esempio utilizzando la stringa di ricerca:
a) aprire negozio di abbigliamento bambini
b) sportello nuova impresa Camera di Commercio
7) Cerco su www.infoimprese.it e su www.pagine.gialle.it i concorrenti della zona.
8) Cerco nei gruppi di Google e nei blog per vedere se qualcuno che ha già aperto un negozio esprime delle
problematiche o dà delle soluzioni oppure se i consumatori esprimono delle necessità particolari che possono
darci qualche buona idea.
9) Sento parenti, amici e conoscenti che possono essere già imprenditori o che conoscono degli imprenditori,
meglio se del settore commercio al dettaglio oppure che conoscono dei consulenti validi.
10) Mi prendo appunti ordinati su tutto.
11) Faccio i conti degli investimenti e delle spese e dei possibili incassi (mini business plan).
12) Mi faccio aiutare da un esperto per il business plan se non ce la faccio da solo
13) Parlo già con una banca o anche più banche e verifico la disponibilità a finanziare l’iniziativa.
14) Verifico le possibili criticità, cioè faccio un’analisi preventiva di tutti gli eventi sfavorevoli che potrebbero
aver luogo, mettendo in difficoltà l’impresa e simulo le azioni per porre rimedio.
15) Verifico eventuali problemi sulla contrattualistica con i clienti ed eventualmente metto a punto con un
esperto legale dei modelli tipo.
16) Preparo degli elenchi di fornitori e li contatto per verificare prezzi e condizioni.
17) Ipotizzo il target di clientela, verifico quali prodotti mancano o sono di difficile reperimento per il cliente.
18) Faccio varie ipotesi per differenziarmi dai concorrenti (che cosa non si trova, oppure servizi aggiuntivi
richiesti ma non offerti). La differenziazione è particolarmente importante se il mio business è ad esempio in
alternativa alla grande distribuzione.
19) Ipotizzo alcune azioni pubblicitarie, verifico il loro costo e possibilmente mi confronto con un esperto o
con chi ha già esperienza nel settore. Evito di mettermi in mano ad esperti che esperti non sono.
2.1.2 Informazioni a pagamento
Esistono anche banche dati a pagamento, utilizzabili anche via web. Molto utili sono:
- Gli elenchi tratti dal Registro delle Imprese, per verificare fornitore e concorrenti. Sono ottenibili sia presso gli uffici di ogni Camera di Commercio sia
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sul sito www.registroimprese.it che su siti di vari intermediari ( per l’elenco
completo vedi il sito di Infocamere www.infocamere.it, link “competenze”,
“gestione del patrimonio informativo, link “distributori ufficiali”. Esiste anche
la possibilità di usufruire – sempre a pagamento - di ri.map: il servizio che
consente di visualizzare un’impresa o un elenco di imprese su una mappa geografica, utile per rendersi conto in modo immediato ad esempio della
concentrazione dei propri concorrenti(da notare che qualche sportello Nuova
Im presa di Camera di Commercio utilizza lo strumento e fornisce le informazioni gratuitamente);
- Banca dati “Inbalance” -Elenchi imprese (solo di capitali perché sono le imrpese che depositano i bilanci) con relativi indicatori di bilancio e indicatori
di bilancio di interi settori del mercato.
Si tratta della possibilità, fruibile solo presso gli sportelli di parecchie Camere di Commercio (ma non tutte), di estrarre:
-
1) gli indicatori di bilancio di un settore economico (ad esempio dove io voglio entrare). Posso così capire
come va quel settore.
-
2) Elenchi di imprese (ad esempio futuri clienti) con gli indicatori di bilancio, in modo da concentrare ad
es. i contatti commerciali con le imprese più in salute. Un altro utilizzo è l’analisi competitiva tra me e i
miei competitors una volta che sono in attività.
-
3) Quando sarò in attività potrò anche ottenere un benchmarking tra i miei indicatori di bilancio e quelli
del mio settore economico (cioè: vado meglio o peggio degli altri?)
- indirizzi di aziende europee (se ci servono clienti o fornitori esteri) tratti
dall’EBR, European Business Register, accessibile sempre dal sito di Infocamere o dai siti dei distributori – www.ebr.org;
- Cribis, Cerved e altri fornitori di banche dati.
Attenzione!!
Non lasciarsi abbindolare da “consulenti” che ci vendono a caro prezzo informazioni ed elenchi che avremmo potuto trovare ad un decimo del costo su Internet o
in Camera di Commercio!
3. Parole da conoscere.
Ci sono alcune parole di cui il futuro imprenditore dovrebbe conoscere il significato già prima di avviare l’attività. Questa conoscenza lo aiuterà molto nei
contatti con gli Enti coinvolti nell’avvio di un’attività economica.
3.1 Camera di Commercio
È l’Ente pubblico che, relativamente all’avvio di un’attività economica:
A. verifica i requisiti previsti dalle leggi per iniziare alcune attività economiche
sono sottoposte a vincoli (ad es. agenti di commercio, commercio all’ingrosso,
installazione impianti elettrici, ecc.)
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B. gestisce il Registro delle Imprese ove sono iscritti i soggetti (persone, società,
ecc.) che svolgono attività economiche in forma d’impresa (manifatturiere, agricole, commerciali, di servizi, ecc.)
C. gestisce l’Albo delle Imprese artigiane dove sono iscritte le persone o le società
che esercitano un’attività economica che abbia le caratteristiche dell’impresa
artigiana.
3.2 Codici attività economica (ATECO)
A tutte le attività economiche lo Stato (si tratta in effetti di una codifica che
almeno nella prime cifre è condivisa a livello europeo) attribuisce un numero che
va riportato nelle banche dati della Camera di Commercio, dell’INPS, INAIL,
anagrafe tributaria. Questo numero è denominato codice ATECO 2007
3.3 Attività regolamentate o vincolate
Per avviare ed esercitare determinate attività occorre che l’imprenditore dimostri di avere dei requisiti personali (morali, professionali). A volte la legge
consente all’Ente pubblico competente (di solito il Comune) di porre limiti numerici per aprire l’azienda (come accade per esempio per i bar nei centri storici dove
il Comune ha posto un tale vincolo).
3.4 Attività libere
Sono le attività che non obbligano a dimostrare requisiti personali o rispettare
limiti numerici.
È obbligatoria però l’iscrizione al Registro delle Imprese o all’Albo artigiani.
Ma naturalmente anche lo svolgimento di queste attività può essere condizionato
dal rispetto di norme sanitarie, sulla sicurezza, ecc.
3.5 Invio Telematico
Si tratta dell’invio delle pratiche al Registro delle Imprese tramite “Web Telemaco”, dopo aver effettuato la compilazione tramite un apposito soft-ware. Le
denunce al Registro delle Imprese8 o all’Albo Artigiani infatti non possono più
essere effettuate in via cartacea. Tutte le informazioni sono su:
www.registroimprese.it. In genere ci si rivolge alle Associazioni di Categoria o ai
commercialisti che forniscono il servizio previo corrispettivo, ma è possibile, se si
è forniti di firma digitale e di PEC, effettuare l’iscrizione anche da soli.
3.6 Firma digitale
La firma digitale è l’equivalente informatico di una firma autografa apposta su
carta ed ha il suo stesso valore legale. Ha la funzione di garantire l’autenticità, la
provenienza, l’integrità e la validità di un documento. In pratica tramite
un’apposita chiavetta USB, card o altro supporto collegato ad un PC o altro dispositivo è possibile apporre la firma digitale su un documento, sottoscrivendo perciò
8
Qui parliamo sempre di Registro delle Imprese, anche se giuridicamente si dovrebbe distinguere tra Registro delle Imprese e REA (Repertorio Economico-Amministrativo). In realtà tutte le informazioni vanno in una grnde banca dati e quindi
distinguere tra i due, per il futuro imprenditore, che ha solo bisogno di informazioni sull’avvio dell’attività, non è molto
utile.
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il contenuto, ma anche nel contempo assicurarne la provenienza e garantire
l’inalterabilità delle informazioni in esso contenute. Può essere richiesta alla Camera di Commercio, ma anche ad altre società autorizzate. Ha una durata limitata
nel tempo e poi deve essere rinnovata.
3.7 Carta Nazionale dei Servizi
La Carta Nazionale dei Servizi o CNS è un dispositivo (ovvero una Smart Card
o una chiavetta USB) che contiene un “certificato digitale” di autenticazione personale e pertanto consente l’identificazione certa dell’utente sul web.
La CNS rilasciata dalle Camere di Commercio è infatti un dispositivo integrato
che consente, a chi ha una carica all’interno di un’impresa, di firmare digitalmente
documenti informatici (bilanci, fatture, contratti, ecc.) e di accedere in rete ai servizi della Pubblica Amministrazione. È quindi una firma digitale “arricchita” di
altri servizi.
Infatti ad esempio consente, al legale rappresentante di un’impresa, di consultare gratuitamente le informazioni relative alla propria azienda contenute nel
Registro delle Imprese.
3.8 Posta elettronica Certificate (PEC)
È la versione digitale della raccomandata con ricevuta di ritorno. Perché un
messaggio di PEC vada a buon fine è necessario che sia il mittente che il destinatario siano in possesso di una casella di PEC presso uno dei gestori autorizzati.
Attualmente è obbligatorio per tutte le imprese avere una casella PEC il cui indirizzo è riportato nella visura camerale e in uno specifico elenco del Ministero
Sviluppo Economico.
Attenzione però: se la mia casella riceve una comunicazione (e-mail) ed io non
me la scarico, legalmente è come se io l’avessi ricevuta e letta. Quindi sta
all’intestatario della PEC controllarne periodicamente il contenuto. (Chi non ha
dimestichezza con il PC in genere delega la propria associazione o un libero professionista di fiducia, ma attenzione che chi è delegato si sia organizzato in modo
tale scaricare periodicamente le e-mail!).
3.9 “Comunica”
Al momento dell’invio telematico delle domande o denunce al Registro delle
Imprese o all’Albo Artigiani - tramite appositi software - si effettuano in contemporanea anche le denunce all’Agenzia delle Entrate (che gestisce l’assegnazione
della partita IVA), all’INPS (per gli adempimenti previdenziali-pensionistici) e
all’INAIL (per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro).
3.10 Autocertificazioni
Con la compilazione di domande o denunce per iniziare un’attività regolamentata, l’imprenditore è obbligato a dichiarare gli eventuali requisiti posseduti,
necessari per esercitare. Si deve però essere consapevoli che se
18
l’autodichiarazione non risponde al vero si rischia una denuncia penale per falsa
dichiarazione.
3.11 Preposto o responsabile tecnico
Nell’esercizio di determinate attività l’imprenditore può avvalersi di una persona che - a seconda delle specifiche leggi - viene denominata preposto o
incaricato o responsabile tecnico. Questa persona deve avere gli stessi requisiti
soggettivi richiesti all’imprenditore (tipico è il caso del bar o del ristorante).
3.12 SUAP
La legge prevede che in ogni Comune (ma più Comuni della stessa area possono costituire una struttura unica) sia operativo un ufficio denominato “Sportello
Unico per le Attività Produttive, ormai noto come SUAP, cui l’imprenditore si
rivolge per avviare, modificare, cessare un’attività economica.
3.13 Le Associazioni di Categoria
In tutte le province ma anche nei principali comuni non capoluogo di provincia
operano gli uffici delle Associazioni delle principali categorie o settori economici:
industria, commercio e servizi, agricoltura, artigianato, ecc.
Si tratta di Associazioni private cui aderiscono volontariamente gli imprenditori dei settori economici. Non vanno confuse con l’Ente pubblico “Camera di
Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura”.
Alle Associazioni ci si può rivolgere ad esempio per l’invio telematico delle
pratiche al Registro Imprese e agli altri Enti collegati a “Comunica”, per presentare domande per l’accesso a fondi agevolati, ma ovviamente anche per altri
adempimenti (fiscali, contabili, del lavoro, ambientali, igienico-sanitari, sicurezza,
ecc.) che riguardano le aziende. Tali Associazioni organizzano di solito anche i
corsi abilitanti richiesti per l’avvio di alcune attività (ad es. per i negozi al dettaglio di prodotti alimentari e per i pubblici esercizi, per gli agenti di commercio,
ecc.), forniscono informazioni periodiche utili per gli iscritti tramite i propri bollettini e fungono da rappresentanza degli interessi del settore presso le istituzioni.
Le Associazioni forniscono in genere servizi agli Associati, ma in molti casi
danno utili indicazioni anche ai futuri imprenditori (che non possono essere ancora associati non essendo impresa) ed inoltre in genere mettono a disposizione di
tutti - a pagamento - i servizi telematici per l’iscrizione al Registro Imprese. Tuttavia determinati servizi sono riservati soltanto alle imprese associate.
3.14 I professionisti
Oltre che alle Associazioni, l’imprenditore può - per avviare e gestire la sua attività - rivolgersi a professionisti specializzati nelle attività gestionali delle
imprese: la contabilità, i tributi, gli adempimenti previdenziali e del lavoro, la
normativa edilizia, il marketing, il controllo di gestione, i problemi legali, ecc.
I professionisti si dividono in due categorie:
19
- quelli iscritti ad Ordini professionali (commercialisti, consulenti del lavoro,
avvocati, geometri, architetti, ecc.) ai quali obbligatoriamente bisogna appartenere per poter esercitare quel tipo di professione;
- quelli non iscritti negli Ordini professionali perché non è previsto per tale attività l’iscrizione obbligatoria ad un Ordine (ad es. gli esperti/consulenti di
marketing o di informatica).
20
Prima di partire:
alcune cose da sapere e da
decidere
1. Chi può aiutarmi?
1.1 Gratis! Chi può darmi una mano senza farmi pagare?
Come già accennato ci sono alcune possibilità di usufruire di servizi gratuiti,
prima di pensare di pagare dei consulenti. Non è detto che quello che è gratuito
valga meno. Tanto che spesso a questi sportelli gratuiti si rivolgono anche i consulenti9
a) Le Camere di Commercio italiane – in sigla CCIAA.
Sono Enti pubblici finanziati interamente dalle imprese e governati dai rappresentanti del mondo imprenditoriale nominati ogni 5 anni dalle Associazioni
di Categoria più rappresentative sul territorio locale. Presso moltissime Camere
( o loro aziende speciali) sono operativi gli Sportelli Nuova Impresa (SNI) che
in genere forniscono gratuitamente servizi informativi sugli adempimenti amministrativi, sulle forme d’impresa e sui finanziamenti agevolati. In molti casi
organizzano anche corsi gratuiti o a prezzo simbolico per fornire un orientamento per l’avvio d’impresa e a volte viene anche fornito supporto alla
predisposizione di un mini business plan.
Informazioni sui servizi si possono trovare sui siti web delle Camere di
Commercio (www.siglaprovincia.camcom.it – ad es. quella di Bologna
www.bo.camcom.it) .
9
Parecchi sportellisti di Camere di Commercio mi hanno segnalato che i consulenti a loro volta
fanno pagare le informazioni che hanno ottenuto gratis. Quindi meglio rivolgersi prima direttamente ai servizi gratuiti e poi chiedere le consulenze a pagamento che fossero necessarie.
21
b) I Comuni
In quasi tutti i Comuni, a volte svolto in forma associata, cioè insieme con
altri Comuni, esiste lo Sportello Unico Attività Produttive (SUAP). Se non fosse stato costituito, ci sarà in ogni caso un Ufficio Attività Produttive o
Commercio. Al Comune ci si può rivolgere per avere informazioni sui vari adempimenti, ma se si trova un impiegato/a esperto e disponibile, si possono
avere informazioni anche ad es. sul territorio, sull’eventuale concorrenza, sulle
aree che, dal punto di vista commerciale, non funzionano, ecc.
In ogni caso il SUAP è poi l’ufficio che dovrà verificare la pratica ed in particolare il possesso di autorizzazioni o la necessità di segnalazioni di inizio
attività (SCIA) e quindi prendere diretto contatto non è una cattiva idea.
Le pratiche però dovranno essere presentare solo per via telematica con firma digitale, il che vuol dire che – se non si ha molta dimestichezza con i mezzi
informatici, dovrò andare da un’Associazione di Categoria o da un commercialista per far inviare la pratica (a pagamento). Si tratta di una buona
semplificazione che per alcuni futuri imprenditori però potrebbe tradursi in un
piccolo aggravio di costi, mentre d’altro canto sicuramente crea un punto unico
di richiesta per tutti gli adempimenti relativi all’avvio d’impresa (Comune, Asl,
ecc) e quindi un accorciamento dei tempi.
c) Le Associazioni di Categoria.
Si tratta di Associazioni - private – costituite da una o più categorie di imprenditori – le quali offrono servizi ai loro associati, ma spesso forniscono una
prima informazione anche a futuri imprenditori del settore. Conoscono molto
bene i loro settori economici e quindi sono aggiornate sull’andamento delle attività, i relativi aspetti giuridici e gli adempimenti specifici per l’avvio.
Queste associazioni sono diffuse su tutto il territorio provinciale. Generalmente nel capoluogo di provincia c’è la sede principale, ma poi esistono anche
sedi decentrate in qualche comune non capoluogo.
I servizi più specialistici si possono ottenere sicuramente presso la sede
principale, poiché spesso nelle sedi decentrate non sono presenti funzionari con
la specializzazione necessaria per fornire certi tipi di informazione.
Le Associazioni più rilevanti a livello nazionale (denominate Confederazioni), che hanno sedi quasi in tutte le province italiane sono:
 Commercio e servizi: Confcommercio (a livello locale l’associazione è
chiamata anche Ascom) e Confesercenti. In alcune province esistono associazioni che seguono solo i pubblici esercizi, cioè bar e ristoranti (ad es.
l’Appe) o gli alberghi, ecc.
 Artigianato: Confartigianato (chiamata UPA), CNA, Casa Artigiani
 Industria: Confindustria e Confapi (piccole industrie)
 Cooperazione: Confcooperative, Lega Cooperative, Agci.
22
Esistono poi Associazioni molto settoriali, spesso affiliate alle altre Confederazioni nazionali che curano gli interessi ad esempio degli agenti immobiliari, degli
agenti di commercio, dei tabaccai, ecc.
1.2 Chi può aiutarmi a pagamento?
Ci sono molti liberi professionisti che sono in grado di prestare la propria opera
per aiutarci ad avviare l’attività, ad esempio i commercialisti (iscritti all’Albo dei
dottori commercialisti ed esperti contabili) o i consulenti del lavoro in caso volessimo fare delle assunzioni o i geometri o gli architetti se dovessimo effettuare una
ristrutturazione dell’immobile.
In alcuni casi si tratta di consulenze indispensabili, però attenzione – come già
detto - a non pagare a caro prezzo informazioni o servizi che avremmo potuto ricevere gratis o a bassissimo costo da Enti, Istituzioni o Associazioni.
2. Società o ditta individuale? La scelta della forma d’impresa
La scelta della forma d’impresa più che un problema giuridico è un problema organizzativo.
Dobbiamo infatti prima di tutto decidere se avremo uno o più soci oppure se faremo da soli.
2.1 Da soli o insieme con altri?
.
Lavorare con uno o più soci potrebbe essere utile ad esempio per:
- avere più capitali;
- dividersi i compiti, limitando così il numero dei dipendenti;
- sfruttare le reti di contatti interpersonali di più persone per trovare clienti e fornitori e risolvere problemi;
- avere il know how di più persone.
Lavorare da soli però:
- evita discussioni e diatribe con soci che abbiano una visione diversa dalla nostra;
- semplifica il processo decisionale;
- semplifica tutte le questioni patrimoniali e di divisione degli utili.
Se ci accordiamo con dei futuri soci dobbiamo essere ben sicuri:
- di andarci d’accordo. Se già prima di costituire la società abbiamo degli
screzi, dopo le cose non possono che peggiorare;
- che siano persone corrette commercialmente;
23
- di aver condiviso una chiara suddivisione dei compiti;
- di aver valutato bene (magari con un esperto) l’atto costitutivo della società
e – per la sola Srl – anche lo statuto in modo da non avere delle sorprese.
Se vi dicono che è un atto standard che si usa in molte società, potrebbe comunque non andare bene per la vostra;
- di aver considerato fin dall’inizio la possibilità reale di recedere dalla società in caso qualcosa non vada per il verso giusto e l’eventuale costo di questa
operazione.
2.2 Se abbiamo deciso che faremo da soli: impresa individuale o Srl
unipersonale.
Lavorando da soli abbiamo due possibilità, l’impresa individuale o la società a
responsabilità limitata unipersonale.
1.2.1 La più semplice: l’impresa individuale
Non serve alcun atto notarile, basta l’iscrizione al Registro Imprese, all’INPS,
Inail e la partita Iva, oltre ad eventuali autorizzazioni o segnalazioni di inizio attività (SCIA), se l’attività che viene iniziata lo richiede.
La procedura
L’iscrizione si fa per via telematica in modo cumulativo: con un’unica operazione ci si iscrive a Registro Imprese, INPS, Inail e Agenzia delle Entrate per la
partita IVA (tramite “Comunica” di Infocamere). Per fare tutto da soli si deve
essere dotati di firma digitale e di casella di posta elettronica certificata (PEC) e
avere un contratto “Telemaco” con il sistema informatico delle Camere di Commercio Italiane per la trasmissione della pratica al Registro delle Imprese. Quasi
tutti i Comuni hanno attivato il SUAP (sportello unico per le attività produttive)
funzionante in via telematica: in tal caso anche le pratiche comunali (SCIA, autorizzazioni varie) avvengono sullo stesso sistema informatico utilizzato per inviare
le iscrizioni a Registro Imprese/REA, INPS, ecc.
In pratica la grande maggioranza delle persone si serve di intermediari abilitati:
ad esempio le Associazioni di categoria o gli studi professionali. C’è ovviamente
un costo, ma si evita di utilizzare un sistema telematico che potrebbe metterci in
difficoltà.
24
I costi approssimativi di costituzione dell’impresa individuale.
Capitale
Non è richiesto
dalla legge un
capitale minimo
Costi di costituzione
0
(non è previsto
l’intervento di un notaio
né l’imposta di registro)
Spese di iscrizione alla
CCIAA
18 € diritti di
segreteria *
17,50 € imposta
di bollo
+ Eventuali costi
per l’intermediario
per l’invio telematico se l’impresa non
provvede in proprio
Diritto annuale
CCIAA
57 € per piccoli
imprenditori,artigiani
e
imprenditori agricoli
130 € per le ditte
individuali
iscritte
nella Sezione ordinaria del Registro
Imprese
* Per l’iscrizione di impiantisti, autoriparatori, imprese di pulizia e facchinaggio c’è un costo aggiuntivo di 9 €.
Gli obblighi previdenziali e assicurativi
L’imprenditore individuale deve obbligatoriamente iscriversi all’INPS (istituto
nazionale previdenza sociale) i cui costi non sono trascurabili (minimo circa 3.500
€/anno). L’imprenditore artigiano dovrà in ogni caso iscriversi, oltre che all’INPS
anche all’INAIL (Istituto nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni) anche se non ha dipendenti. La società di persone del settore commercio dovrà
iscrivere anche i suoi soci all’INAIL, mentre il commerciante con ditta individuale, senza dipendenti, non avrà bisogno di iscriversi all’INAIL, ma solo all’INPS.
Le tabelle relative all’INPS con i costi e maggiori spiegazioni sono
nell’apposito capitolo “Fisco e contributi”.
I rischi legali
L’imprenditore individuale risponde delle obbligazioni aziendali con tutto il
proprio patrimonio personale. Manca quindi una separazione tra patrimonio
aziendale e patrimonio personale. Sarà in ogni caso consigliabile aprire un conto
corrente dedicato all’impresa, diverso da quello usato per le spese di casa.
L’imprenditore che esercita un’attività commerciale è soggetto al fallimento e
al concordato preventivo se è in stato di insolvenza e cioè, secondo il Codice Civile, “non è in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”.
Sono esclusi però dal fallimento gli imprenditori (non solo individuali) che
presentano tutti insieme i seguenti requisiti:
 un attivo patrimoniale non superiore a 300.000 € nei tre esercizi antecedenti la
data del deposito dell’istanza di fallimento;
 ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a 200.000 €
in ognuno dei tre anni antecedenti;
 ammontare totale dei debiti, anche non scaduti, non superiore a 500.000 €
25
Questa previsione della legge fallimentare (DLgs. N. 169 del 2007) non esenta
però l’imprenditore da decreti ingiuntivi, esecuzioni immobiliari e mobiliari.
Quindi se non paga i propri debiti il suo patrimonio potrà essere assoggettato a
queste procedure e andare all’asta anche senza una procedura fallimentare.
Questo può forse spaventare. In Italia però le imprese individuali sono il 55%
del totale e non poche stanno operando sul mercato da più di 30 anni senza alcun
problema.
Sicuramente attività che richiedono un investimento iniziale poco rilevante
con ricavi limitati possono essere condotte tranquillamente in forma individuale.
Più che la forma dell’impresa sarà essenziale per la sua serenità che
l’imprenditore prenda delle precauzioni per una prudente gestione:
 faccia attenzione a non sforare con i costi
 eviti i mancati pagamenti da parte di clienti accedendo a banche dati per verificare l’affidabilità commerciale dei nuovi clienti (se sono aziende) e
monitorando i vecchi clienti
 capisca in tempo i segnali che vengono dal mercato e quindi dai propri clienti
 investa quando e quanto è necessario
 si renda conto se e quando è bene mettersi da parte.
1.2.2 Altra possibilità: la società a responsabilità limitata unipersonale
(Srl unipersonale)
Sembrerebbe l’uovo di colombo che risolve tutti i problemi. Costituisco una
società di capitali che mette al riparo il mio patrimonio personale dai creditori
della società.
Piccolo particolare: se la società non ha proprietà immobiliari e quindi garanzie
reali qualsiasi banca chiederà delle fideiussioni personali per coprirsi dal rischio
di mancata restituzione di un prestito erogato e si accerterà che la persona che dà
la fidejussione abbia un patrimonio sufficiente. A volte chiederà anche un’ipoteca
su qualche immobile personale.
Invece i normali creditori della società potranno rivalersi solo sulla società e
non sul patrimonio personale del socio.
E’ necessario un atto notarile per la costituzione della società ed anche per la
sua cessazione, il versamento del capitale sociale, depositare ogni anno il bilancio
sociale presso il Registro delle Imprese, ecc. Avrò quindi tutti gli adempimenti di
una società di capitali.
Per quanto riguarda il dettaglio dei costi di costituzione e le implicazioni giuridiche si rimanda al capitolo relativo alle società a responsabilità limitata. La
società a responsabilità limitata unipersonale è infatti a tutti gli effetti una società
di capitali. Da notare che anche la società a responsabilità limitata unipersonale
26
può essere costituita in forma semplificata, come previsto dalla nuova normativa
del 2012, modificata nel 2013.
2.3 Se abbiamo deciso di avere dei soci
2.3.1 Società di persone o società di capitali?
Le società più semplici da costituire e gestire sono sicuramente le società di
persone (S.n.c/Società in nome collettivo e Sas/società in accomandità semplice).
Tutti i soci della S.n.c. e i soli soci accomandatari della Sas – secondo l’art.
2291 del Codice Civile – rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali. Se la società non paga, il creditore può rivolgersi ai singoli soci
che rispondono con tutto il proprio patrimonio. Il socio ha però poi la possibilità
di esercitare eventualmente “l’azione di regresso” nei confronti degli altri soci.
Nelle società di capitali (Società a responsabilità limitata-Srl e Società per azioni-SpA) invece le obbligazioni ricadono solo sulla società che ha capitale
autonomo rispetto a quello dei soci.
Per le nuove imprese si utilizzano in pratica solo le forme sociali delle Snc, Sas
e Srl. Statisticamente è rarissimo che un’impresa completamente nuova e non frutto di trasformazione sociale inizi l’attività come SpA.
2.3.2 Società in nome collettivo – S.n.c.
E’ la forma società forse più frequente per lo svolgimento di attività economiche. Si costituisce davanti ad un notaio.
La procedura
Per la costituzione è necessario un atto notarile. Una volta che il notaio ha effettuato il deposito della pratica al Registro Imprese e le collegate comunicazioni
all’Agenzia delle Entrate, INPS e Inail, la ricevuta di avvenuta trasmissione è titolo per l’immediato avvio dell’attività se trattasi di attività non regolamentate.
La società in nome collettivo, essendo società di persone, non ha l’obbligo di
depositare il bilancio al Registro delle imprese, però i soci amministratori devono redigere il rendiconto dell’amministrazione che alla fine è un vero e proprio
bilancio d’esercizio, anche non c’è alcun obbligo di renderlo pubblico.
27
Costi approssimativi di costituzione di una S.n.c.
Capitale
Costi di costituzione
Spese di iscrizione alla CCIAA
Non è richiesto
dalla legge un
capitale minimo
Da € 1.300 a €
1.600 €
18 € diritti di segreteria
17,50 € imposta di
bollo
E’ previsto l’intervento di
un notaio e il pagamento
dell’imposta di registro)
Diritto annuale CCIAA per
il primo anno
130 €
+ Eventuali costi per
l’intermediario
per
l’invio telematico se
l’impresa non provvede
in proprio
Obblighi previdenziali e assicurativi
Tutti i soci devono essere iscritti all’INPS salvo non provino di non svolgere
l’attività, essendo ad esempio già iscritti all’INPS come dipendenti.
Le società in nome collettivo i cui soci prestino opera manuale o di sovraintendenza, sono tenute anche all’iscrizione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro
e le malattie professionali (INAIL), anche se non avessero dipendenti.
Le tabelle relative all’INPS con i costi e maggiori spiegazioni sono
nell’apposito capitolo.
I rischi a cui vado incontro
Secondo l’art. 2291 del Codice Civile le Snc sono società “nelle quali tutti i
soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali”.
Perciò, se la società non adempie ad un’obbligazione, ciascun socio (“solidalmente”) potrà essere chiamato dai creditori sociali a rispondere dell’intero importo e
con tutto il proprio patrimonio (“illimitatamente”). Il socio potrà solo esercitare
successivamente un’azione “di regresso” verso gli altri soci, cioè chiedere agli
altri soci il rimborso della quota che sarebbe stata di loro spettanza.
Il socio di una società in nome collettivo fallisce anche personalmente se fallisce la società. La società può essere soggetta al fallimento e al concordato
preventivo se è in stato di insolvenza e cioè, secondo il Codice Civile, “non è in
grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni” (vedi la parte “Rischi
legali” all’inizio di questo capitolo per i casi di esclusione dal fallimento).
Come nel caso dell’impresa individuale la società e i soci sono sempre soggetti, in caso di inadempimenti di obbligazioni, ai decreti ingiuntivi, esecuzioni
immobiliari e mobiliari.
2.3.3 Società in accomandita semplice (S.a.s)
28
Nella società in accomandita semplice vi sono due tipi di soci:
il socio accomandante (o i soci accomandanti) che è un socio di solo capitale
e quindi risponde solo nei limiti del capitale conferito e che non partecipa alla
gestione della società
 il socio o i soci accomandatari che invece amministrano la società e rispondono illimitatamente e solidalmente delle obbligazioni sociali

La procedura
Per la costituzione è necessario un atto notarile. Una volta che il notaio ha effettuato il deposito della pratica al Registro Imprese e le collegate comunicazioni
all’Agenzia delle Entrate, INPS e Inail, la ricevuta di avvenuta trasmissione è titolo per l’immediato avvio dell’attività, se si tratta di attività non regolamentata.
La società in accomandita semplice, essendo società di persone non ha
l’obbligo di depositare il bilancio al Registro delle imprese, però i soci amministratori devono redigere il rendiconto dell’amministrazione che alla fine è un vero
e proprio bilancio d’esercizio che però non verrà reso pubblico.
Costi approssimativi di costituzione di una S.a.S
Capitale
Costi di costituzione
Spese di iscrizione alla Camera
Non è richiesto
dalla legge un
capitale minimo
Da € 1.300 a €
1.600 €
18 € diritti di segreteria
17,50 € imposta di
bollo
E’ previsto l’intervento di
un notaio e il pagamento
dell’imposta di registro)
Diritto annuale camerale
per il primo
anno
130 €
+ Eventuali costi per
l’intermediario
per
l’invio telematico se
l’impresa non provvede
in proprio
Obblighi previdenziali e assicurativi
Solo i soci accomandatari sono obbligati ad iscriversi all’INPS, salvo non provino di non svolgere l’attività, essendo ad esempio già iscritti all’INPS come
dipendenti.
Le società in accomandita semplice i cui soci accomandatari prestino opera
manuale o di sovraintendenza, sono tenute all’iscrizione obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL), anche se non avessero
dipendenti.
I rischi a cui vado incontro
29
Nella Sas rispondono per le obbligazioni sociali solo i cosi accomandatari per i
quali vale tutto quanto già scritto sopra per la Snc. I soci accomandanti invece non
rispondono delle obbligazioni sociali.
2.3.4 Società semplice
Le società semplici hanno natura non commerciale, secondo la legge italiana.
In pratica questo ha finito per limitarle alle società agricole. Pertanto non se ne
approfondisce la trattazione.
2.3.5 Società a responsabilità limitata
La Srl è la più diffusa società di capitali in Italia. E’ un tipo di società utilizzato sia da piccole imprese che da imprese di dimensioni del tutto rispettabili.
Il codice civile prevede un modello di regole interne che però – in modo molto
flessibile - può essere derogato grazie all’adozione di uno statuto che preveda le
regole che meglio si adattino al tipo di attività o alle necessità dei soci.
Il capitale sociale è diviso in tante quote, anche di diverso valore, quanti sono i
soci. I soci possono essere sia persone fisiche che persone giuridiche. Normalmente tali quote sono liberamente cedibili (salvo che l’atto costitutivo o lo statuto
non prevedano limitazioni) per atto pubblico davanti ad un notaio oppure anche
con l’assistenza di un commercialista iscritto all’Albo dei dottori commercialisti
ed esperti contabili.
La Società a responsabilità limitata dovrà depositare annualmente il bilancio
di esercizio entro 30 giorni dalla sua approvazione (invio sempre per via telematica).
Nel corso del 2012 e del 2013 le regole tradizionali sulle Srl - fissate dal codice
civile – sono state profondamente modificate per ridurre i costi iniziali delle società e favore i giovani.
Per una maggiore comprensione, le Srl si distinguono ora in due categorie: Srl
ordinarie (sigla Srl) e Srl semplificate (sigla Srls).
2.3.5.1 Srl ordinaria (Srl)
La Srl va costituita davanti ad un notaio che redige un atto costitutivo ed uno
statuto.
Il capitale deve essere di almeno 10.000 €, ma seguito della riforma del 2013 è
consentito costituire una Srl, anche con capitale compreso tra 1 Euro e 9.999 Euro.
Fino a quando il capitale non raggiunge i 10.000 Euro questa Srl è obbligata ad
accantonare (a riserva) il 20% degli utili che risultano nel bilancio annuale.
30
Al momento della costituzione il versamento di almeno il 25% del capitale iniziale va effettuato non più alla banca, ma ai nuovi amministratori della società.
Lo statuto regola i rapporti tra i soci e quindi il funzionamento della società.
Il notaio effettua tutti gli adempimenti necessari mediante la “Comunicazione
Unica” tramite la quale verranno inviati in via telematica i dati sia al Registro Imprese che all’Agenzia delle Entrate, all’INPS e all’INAIL (in tal modo verrà anche
assegnato il numero di partita IVA in via telematica ed in un’unica operazione)
Da notare che la società dovrà anche dotarsi di PEC (posta elettronica certificata) e comunicare questo dato al Registro delle Imprese.
La ricevuta di avvenuta trasmissione della Comunicazione Unica costituisce titolo per l’avvio dell’attività sociale, qualora si tratti di attività non regolamentata.
Costi approssimativi di costituzione di una S.r.l.
Capitale
Minimo 10.000 €
ma è consentito
anche un capitale da 1 a 9.999
€
Costi di costituzione (notaio
+ imposta di
registro)
Da € 2.000 a €
2.500 €
Spese di iscrizione
alla CCIAA
Diritto annuale
CCIAA per il
primo anno
90 € diritti di segreteria
in modalità telematica
65 € imposta di bollo
130 €
+
Eventuali
costi
per
l’intermediario per l’invio
telematico se l’impresa non
provvede in proprio
Obblighi previdenziali e assicurativi
I soci amministratori avranno l’obbligo di iscriversi alla gestione separata
INPS, pagando i relativi contributi. Per i soci lavoratori ci sarà anche l’obbligo di
iscriversi all’INAIL.
I rischi
Essendo appunto una società di capitale per le obbligazioni sociali risponde solamente la società con il proprio patrimonio. I soci pertanto hanno una
responsabilità limitata alla quota capitale che hanno a suo tempo conferito. Gli
amministratori potrebbero però dover rispondere di una “cattiva amministrazione”
che abbia arrecato danno alla società o ai creditori sociali. Ovviamente, se i soci
firmassero delle fideiussioni, risponderebbero per il relativo ammontare.
31
2.3.6 Srl semplificata (Srls)
Può essere costituita da persone fisiche di qualsiasi età e nella denominazione
della società deve essere indicato il termine “semplificata”
Il capitale può essere stabilito da 1 Euro a 9.999 Euro e va versato agli amministratori.
L’atto costitutivo va redatto da un notaio che è obbligato ad utilizzare il modello standard stabilito dal Ministero della Giustizia, modello che prevede
disposizioni sul funzionamento della società che non sono modificabili.
Quindi se i soci intendono inserire nell’atto costitutivo altre o diverse disposizioni rispetto a quel modello, non possono costituire una Srls, ma una Srl
ordinaria.
Gli amministratori possono anche essere persone non socie e le quote possono
essere successivamente cedute a persone fisiche.
Non sono dovute dalla Srls spese per notaio, bollo, diritti di iscrizione nel
Registro Imprese; si paga solo l’imposta di registro.
2.3.6 La società cooperativa
“Le società cooperative sono società a capitale variabile a scopo mutualistico”
così definisce l’art. 2511 C.C la società cooperativa. Caratteristica importante è
che il ruolo della persona-socio prevale rispetto all’aspetto economico.
In una società cooperativa vige:
 l’assoluta democraticità perchè vige la regola “un socio – un voto”
 lo scopo mutualistico (il fine è quello di “fornire… occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose rispetto
a quelle che otterrebbero dal mercato” – art. 2511 CC)
Moltissime attività vengono svolte in forma cooperativa, ad esempio imprese
di pulizia, di facchinaggio, di autotrasporto, di ambito culturale, di servizi scolastici, di servizi sociali, d’informatica, di servizi turistici, ecc.
L’attività cooperativa richiede, oltre che l’attenta valutazione del mercato sul
quale si vuole andare ad operare anche l’attitudine dei soci a lavorare insieme,
cioè un gruppo di persone già affiatate o comunque che riescono ad andare
d’accordo, in vista del fine sociale. Ovviamente serviranno – come in ogni impresa - anche attitudini imprenditoriali.
Di regola per la costituzione di una cooperativa servono 9 soci, ma possono bastare anche soli 3 soci se questi sono persone fisiche e quando la società
adotti le regole di diritto societario applicate alle Società a responsabilità limitata.
Può essere costituita sia in forma di società cooperativa a responsabilità
limitata (in tal caso non deve avere più di 20 soci) oppure in forma di società cooperativa per azioni.
32
Un cenno a parte meritano le cooperative sociali che sono un particolare
tipo di società cooperativa.
Ai sensi della legge 8 novembre 1991, n. 381, le cooperative sociali rientrano in una speciale categoria, caratterizzata dal fatto di “perseguire l’interesse
generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini” attraverso:
- la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi (tipo A);
- lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate (tipo B).
Tali caratteristiche giustificano un particolare regime tributario ed il fatto che
le Pubbliche Amministrazioni potranno effettuare affidamenti diretti (senza gara,
ma con apposita convenzione) alle cooperative sociali di tipo B per la fornitura di
e servizi con importi sotto “soglia comunitaria” 10.
Procedura
La società cooperativa si costituisce con atto pubblico davanti ad un notaio.
L’atto costitutivo e lo statuto saranno redatti a grandi linee sulla falsariga di quelli
previsti per le società a responsabilità limitata. E’ però possibile, successivamente alla costituzione, che l’assemblea dei soci adotti dei regolamenti per
disciplinare lo svolgimento della società.
Il notaio provvederà all’iscrizione in via telematica nel Registro delle Imprese
e contestualmente alle altre comunicazioni agli altri Enti interessati (Agenzia delle
Entrate, INPS, INAIL)
Gli amministratori nominati con l’atto costitutivo dovranno provvedere ad iscrivere la cooperativa all’Albo delle società cooperative (tenuto dal Ministero
dello Sviluppo Economico) che è composto di due sezioni, una per le operative a
mutualità prevalente e la seconda per le cooperative a mutualità non prevalente (le
cooperative a mutualità prevalente saranno quelle dove si prevede di operare prevalentemente con i soci piuttosto che con soggetti terzi).
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al ricco materiale presente sul web, in
particolare alla miniguida sulle cooperative pubblicata sul sito della Camera di
Commercio di Padova.
3 L’attività libero-professionale
L’attività di tipo libero-professionale (artista, consulente di marketing, avvocato, medico,commercialista, consulente del lavoro, ecc.) non è soggetta
all’iscrizione alla Camera di Commercio e basta solo ottenere dall’Agenzia delle
Entrate la partita IVA. In tal caso è ancora possibile richiederla recandosi diret-
10
€.130.000 per gli appalti di forniture e servizi aggiudicati dalle amministrazioni che sono autorità governative centrali; €.200.000 per gli appalti di forniture e di servizi aggiudicati da stazioni
appaltanti diverse da quelle centrali (quindi ad es. Comuni, Regioni, Camere di Commercio)
33
tamente all’Agenzia delle entrate e compilando un modello cartaceo che verrà
registrato dal funzionario dell’Agenzia delle entrate senza nessun costo.
Il numero di partita IVA dovrà essere indicato nelle dichiarazioni fiscali, nella
home page dell’eventuale sito web e in ogni altro documento ove richiesto (parcelle, fatture ricevute ecc. ecc)
E’ necessario al momento dell’apertura della partita indicare un codice attività
che identifica in modo molto sintetico una descrizione dell’attività professionale
che si intende aprire. Tali codici si trovano in un elenco definito “tabella di classificazione delle attività economiche Ateco 2007”. La scelta corretta del codice di
attività è della massima importanza e delicatezza, derivando da questo dato tutta
una serie di valutazioni che l’amministrazione finanziaria effettua sul lavoro
dell’impresa o del professionista (ad esempio gli studi di settore di cui si parlerà
successivamente ).
4 Start up innovative
Nel 2012 con legge n. 221 è stato previsto che una Srl, una SpA o una cooperativa
possano definirsi “start up innovative” se l’oggetto sociale esclusivo o prevalente
riguarda lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi
innovativi ad alto valore tecnologico. I requisiti richiesti sono in particolare (in
alternativa):
 le spese in ricerca e sviluppo sono almeno il 15% del maggior valore fra costo
e importo totale della produzione
 il personale laureato deve essere almeno un terzo dei dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo oppure due terzi dei dipendenti devono essere laureati
 la società sia titolare di almeno una invenzione registrata.
Per le start up sono previste una serie di agevolazioni fiscali anche ai fini della
costituzione dell’impresa e facilitazioni per quanto riguarda la gestione societaria
e dei rapporti di lavoro, oltre che sgravi fiscali per gli investitori.
Facilitazioni
Sono previsti dei finanziamenti a tasso 0 per i progetti di investimento di piccole
imprese per importi da 100.000 € a 1 milione di €.
Inoltre è prevista la fornitura di servizi gratuiti di tutoraggio tecnico-gestionale da
parte di Invitalia che è l’Ente Gestore della facilitazione (vedi www.invitalia.it).
34
Ci guadagnerò o ci perderò:
il mio minibusiness plan
di Alejandro Palladino e Liana Benedetti
1. Ci guadagnerò o ci perderò?
Questa è una domanda da un milione di euro. Ovviamente non si può mai avere la piena certezza di come andrà l’impresa, possiamo però avere un’idea
approssimativa se valutiamo accuratamente, e a priori, tutti i fattori. Quali? Quelli che partecipano nella formazione della redditività aziendale che sono:
 i fornitori
 i clienti che acquistano e pagano
 i concorrenti
 i miei prodotti
Questo cocktail genera la miscela della redditività.
Attenzione ! Devo sempre tenere sotto controllo questi fattori perché:
I clienti spesso possono influire sul prezzo (potrebbero avere degli sconti per
maggiori volumi di acquisto o scegliere prodotti sostitutivi o comunque ritenere un prezzo troppo alto e non procedere all’acquisto)
 Nuovi concorrenti potenziali più aggressivi e competitivi possono obbligarmi
a riconsiderare la mia offerta ai clienti e/o i processi produttivi e a riorganizzarmi per ridurre i costi
 Posso proporre ai miei clienti prodotti innovativi o alternativi ed essi ivaluteranno il rapporto costo/benefici
 I fornitori possono essere tra i pochi, se non i soli, in grado di fornire la materia prima della quale abbiamo bisogno, possono anche far credito alla nostra
impresa, o possono porre condizioni più o meno favorevoli per l’azienda.

35
Allora, ci guadagnerò o ci perderò ? Prima quantifico i costi di avvio iniziale,
i costi di funzionamento ed i ricavi presunti. Scrivo però numeri veritieri, attendibili e soprattutto realistici.
Questo mi darà anche modo di controllare l’andamento dell’impresa: se non
dovessi raggiungere nel tempo stabilito i ricavi che avevo calcolato, si creerà inevitabilmente un buco nei miei conti. Niente panico! Se me ne accorgo in tempo
posso sempre ridurre i costi e/o migliorare l’offerta di prodotti al cliente o semplicemente aumentare il numero dei clienti facendomi conoscere meglio.
Invece di fare una disquisizione teorica sul business plan qui vogliamo dare
degli strumenti pratici. Pertanto faremo prima un esempio con numeri reali, utilizzando formulette semplificate e un linguaggio di tipo quotidiano. Poi daremo gli
strumenti semplificati e altri esempi. Gli strumenti teorici classici del business
plan, costituiranno solo un’appendice.
2. Un caso pratico
Ecco un caso pratico per capire di che cosa parliamo. Nelle pagine successive
troverete invece dei semplici strumenti che tutti possono utilizzare.
Caso di Anna – salone da parrucchiera
Anna da tempo vuole aprire un salone da parrucchiera. Ha la professionalità
necessaria e, dopo 10 anni come dipendente, vuole mettersi in proprio. Ha la fortuna di trovare dei locali che non hanno bisogno di grossi interventi. Non deve
perciò comprare l’avviamento da un’azienda preesistente perché affitta dei locali
che prima non erano adibiti a quest’uso.
Anna comincia a fare i conti e a chiedere preventivi. Verifica anche i costi per
l’affitto dei locali e l’acquisto delle attrezzature. Calcola anche i possibili ricavi
cercando di essere molto realistica.
Spese iniziali
Spese avvio
Costo in €
iscrizione al R.I., eventuale costituzione società, ecc.
Caparra affitto
2.400
3.000
Spese ristrutturazione
Rifacimento impianto elettrico
Modifiche sostanziali all’impianto idraulico e di
riscaldamento
Progettazione architetto
Pitturazione pareti e opere murarie, piastrellatura, controsoffitto
Spese – Attrezzature
2.500
5.100
3.400
9.000
Costo unitario
36
Costo totale
Sistema di illuminazione
Divanetti per attesa
Banco cassa
Carrello da lavoro (2)
Poltroncina
Specchi con mensola e poggiapiedi (4)
Lavatesta
Caschi asciugacapelli (3)
Asciugacapelli (4)
Piastre per capelli (3)
Spazzole, pettini, forbici, bigodini + altre attrezzature minute
€ 2.000
€ 500
€ 800
€ 50
€ 350
€ 450
€ 1.350
€ 120
€ 40
€ 40
€ 2.000
€ 500
€ 800
€ 100
€ 1.400
€ 1.900
€ 2.700
€ 360
€ 160
€ 120
€ 750
Totale investimenti per attrezzature
€ 11.290,00
Altre spese (spese pubblicitarie iniziali
(insegna, volantini, web, ecc)
TOTALE spese iniziali
€ 3.500
€ 39.690
Attenzione!
In caso di lavori di questo genere è consigliabile sempre chiedere preventivi scritti e dettagliati a più di una ditta per effettuare un confronto. L’ideale
è avere 3 preventivi per ogni lavoro da fare o attrezzatura da comprare.
Inoltre si può sempre tentare di risparmiare limitando i lavori o trovando
delle soluzioni a basso costo, come ad esempio l’acquisto di beni usati
(per questi ultimi da valutare anche l’acquisizione in qualche asta).
Spese di “funzionamento” (costi fissi):
Contributi INPS per l’imprenditrice
Costi tenuta contabilità da parte di terzi
Affitto locali comprese spese condominiali
“Stipendio dell’imprenditrice”
Stipendio lordo apprendista part time compresi contributi
Elettricità
Acqua
Gas (per riscaldamento)
Telefono
Imposte rifiuti, diritto annuale camerale, ecc.
Costi lavaggio asciugamani
Spese riviste
Assicurazione
Manutenzione e riparazioni alla sede
Corsi di aggiornamento professionale
Totale
37
Costi in €
4.500
1.200
12.000
20.000
18.000
2.400
500
1.800
800
1.000
600
300
700
500
400
€ 64.700,00
Nota Bene
A questi andrebbero aggiunte le rate di restituzione di un prestito in caso
Anna non avesse tutti i soldi che le servono per partire con la sua attività.
A questo punto Anna fa il calcolo dei possibili ricavi dai clienti.
Quante tinte e quante messe in piega/tagli alla settimana?
Si basa sulla sua rete di relazioni e sulla visibilità e attrattività del locale. Dovrà essere realistica e non inventare dati impossibili. Dovrà inoltre tener conto
dei prezzi che fanno i concorrenti, ipotizzando i suoi prezzi.
A
nna
tinta con taglio e messa in piega: € 80
do€ 800
€ 36.800
– 10 alla settimana
vrà
Messa in piega: € 20 x 20 alla sett.
€ 400
€ 18.400
antaglio e messa in piega: € 35 x 20 alla
€ 700
€ 32.200
che
settimana
Per settimana
Per anno (46 settimaCOSTI
VARIABILI UNITARI
calne)
(spese
presunte
materiale
di conmanicure:
€ 10 x di
5 alla
settimana
€ 50
€
2.300
cola
sumo)
€
1.550
RICAVO TOTALE
€ 89.700,00
re il
tinta con taglio e messa in piega: € 10 € 100
€ 4.600
costo
Messa in piega: € 4
€ 80
€ 3.680
taglio e messa in piega: € 4
€ 80
€ 3.680
vivo
manicure: € 3
€ 15
€ 690
di
COSTI VARIABILI TOTALI
€ 215
€ 12.650,00
ogni
taglio, piega e tinta, cioè i costi variabili che crescono con l’aumentare dei ricavi.
RICAVI UNITARI
Per settimana
Per anno (46 settimane)
Anna a questo punto prende paura e quasi vuole abbandonare il progetto. Si
rende conto che nel primo mese dovrà avere la liquidità per pagare tutte le spese
di avvio, le spese per i contratti di affitto, luce, acqua e gas, gli importi per
l’acquisto dei prodotti da utilizzare, pagare già il primo stipendio all’apprendista,
senza contare che dovrebbe anche lei portarsi qualcosa a casa come “stipendio”.
Se fa la somma di tutti i ricavi del primo mese e le spese dello stesso periodo sicuramente all’inizio non riuscirà a coprire tutte le spese che deve sostenere, neanche
se avesse risparmi da parte sufficienti per la parte relativa agli investimenti.
Anna non deve spaventarsi. Si è resa solo conto che ha bisogno o di risparmi corrispondenti a tale cifra o di un prestito che la copra almeno
parzialmente se non ha risparmi sufficienti. Questo prestito dovrebbe coprire non
solo gli investimenti fissi, ma anche le spese che devono essere pagate prima di
poter incassare abbastanza per coprirne l’ammontare, ad esempio per i prodotti
38
che fanno parte dei costi variabili ed i costi fissi. Però le banche in genere finanziano circa la metà di un investimento ma non tutto l’investimento per cui
bisognerà avere dei risparmi o usufruire della “banca famiglia”, cioè di prestiti o
di donazioni da parte dei genitori o di altri parenti. I costi variabili potranno essere
coperti ad esempio anche con un fido (se non si hanno disponibilità proprie) che
bisognerà concordare con la banca anticipatamente per evitare di trovarsi in difficoltà.
Perché Anna non deve spaventarsi? Perchè le spese di attrezzature andranno a beneficio di più anni e quindi dovrebbe calcolare di dividere la spesa in
quote annuali, ad esempio in 5 anni.
Inoltre i ricavi saranno minori all’inizio dell’attività e maggiori dopo un anno,
se le cose andassero bene.
Un esperto, utilizzando le formule che sono riportate qualche pagina più avanti, può calcolare il punto di pareggio aziendale, cioè il punto in cui si comincia
a guadagnare e si smette di perdere.
Comunque Anna potrebbe fare da sola, qui di seguito, questi calcoli per sapere se la sua attività riuscirà a coprire i suoi costi e a lasciarle della liquidità
per ripagare i prestiti ai quali ha eventualmente dovuto ricorrere.
Schema “Ci guadagno o ci perdo?”
Qui basta fare una sottrazione:
Ricavi totali
- Costi fissi
- Costi variabili
= Profitto (primo risultato di gestione - senza
ammortamento spese d’investimento)
89.700 €
63.700 €
12.650 €
13.350 €
Non abbiamo però qui conteggiato le rate per la restituzione di un prestito e
neanche abbiamo tenuto neanche conto del costo per gli interessi di un eventuale
fido.
Potremmo avere un costo medio per la restituzione delle rate di 10.000 €/anno
che in pratica si mangia il profitto. Ed anche se si fosse autofinanziata, Anna dovrebbe calcolare l’ammortamento, cioè spalmare in 5 anni tra i costi fissi il suo
investimento11. Pertanto in pratica resta quasi solo lo “stipendio
dell’imprenditrice” di 20.000 € lordi. Almeno Anna sa che non ci perde.
11
Da tener conto infatti che Anna avrebbe potuto investire in altro modo quell’ammontare, ottenendone un
interesse e tenendosi il capitale. Quindi anche se è un autofinanziamento dovrò imputare ai costi fissi dei
primi anni di attività l’ammortamento di tale investimento. Ovviamente questa imputazione non inciderà sui
39
Come vedete il sistema sta in piedi solamente se Anna raggiunge il fatturato
che aveva stabilito nella tabella denominata”Ricavi Unitari”.
Se non raggiungesse, almeno dopo pochissimi mesi, quel fatturato o almeno un
fatturato che le permette di non perdere, potrebbe non riuscire a stare sul mercato.
Aver fatto questi calcoli, le permette di capire subito se sta restando indietro con il
fatturato previsto e quindi di prendere provvedimenti o relativi al contenimento
delle spese o di aumento dei clienti e quindi del fatturato.
Per ultimo, se Anna volesse fare un calcolo velocissimo del fatturato minimo
richiesto dalla sua attività (volume di fatturato con il quale non guadagna né perde) potrebbe applicare questa formula semplificata12:
Fatturato minimo per non perdere = Costi fissi
=
63.700
né guadagnare
1 – Costi Variabili
1 - 12.650
Ricavi totali
89.700
= 74158,21
Il risultato esprime quanto deve fatturare Anna per coprire i suoi costi.
Questo numero indicativamente dirà a Anna in che punto non guadagnerà ne
perderà.
Con questi € 74.158 circa Anna paga tutte le bollette e gli stipendi. Come già
detto sopra in questo esempio il calcolo non sta considerando il pagamento di potenziali prestiti che dovrebbero essere aggiunti ai costi. Se riesce a fatturare di più,
avrà un profitto, se ha ricavi inferiori perde.
Quindi: le conviene? Riuscirà a guadagnare?
Con questi numeri vediamo che Anna riesce a guadagnare e a posizionarsi in
un punto più alto rispetto al suo punto di equilibrio. Ovviamente Anna avrà
successo se le quantità di tagli, messe in piega, manicure ecc. sono realizzabili e
coerenti con la realtà. Altrimenti nessuno di questi calcoli avrebbe senso.
Potrebbe anche valutare a questo punto di non assumere subito un’apprendista,
ma di fare da sola finché non è sicura di riuscire a raggiungere i ricavi che le permettono di coprire quella spesa. Avrebbe in questo modo minori costi fissi. Ma
ovviamente dovrebbe fare lei tutto il lavoro e quindi dovrebbe calcolare se ce la
può fare13. Potrebbe infatti in tal caso dover ritoccare al ribasso la previsione dei
flussi di cassa e sarà “fittizia”, ma mi farà rendere conto se in effetti mi è convenuto effettuare tale investimento.
12
La presente spiegazione è stata semplificata all’estremo per rendere accessibile il linguaggio anche al lettore meno esperto. Sono state evitate espressioni come Margine di Contribuzione e Break Even Point che non
sarebbero state comprese dai non addetti ai lavori. Le formule da applicare saranno il BEP in termini di fatturato (BEP Fatturato = Costi Fissi / MCU% su ricavi) , e Break Even Point in termini di quantità per singolo
prodotto = Costi Fissi / MCU). La formula pertanto, con le diciture utilizzate dagli esperti di business plan, è:
Costi fissi/Margine di contribuzione relativo, dove il margine di contribuzione relativo = (prezzo medio –
costi variabili unitari)/prezzo medio di vendita. Si usa di solito il margine di contribuzione ponderato che tiene
conto dell’incidenza dei singoli prodotti sul fatturato aziendale
13
As esempio se calcolasse il tempo che la impegna ogni tinta, ogni messa in piega e ogni taglio e messa in
piega e manicure, saprebbe quante ore alla settimana sarebbe impegnata. A questo dovrà aggiungere il fatto di
dover mettere in ordine il locale dopo la chiusura, il tempo per i contatti con i fornitori, il tempo per portare i
40
ricavi. In pratica dovrà effettuare un rapido calcolo dell’ammontare dei ricavi che
possono essere una diretta conseguenza dell’assunzione di una dipendente.
OK per Anna!
Importante: I “fabbisogni finanziari” di Anna
I numeri soprariportati sono solamente il primo elemento che Anna deve avere
per valutare l’opportunità di iniziare o meno la sua attività. Ovviamente se la risposta è positiva Anna dovrà farsi supportare da esperti che la aiuteranno a capire
come gestire il flusso della liquidità, i benefici fiscali dei quali può godere e i prestiti ai quali potrebbe accedere.
Anna in ogni caso è fortunata: incassa subito in contanti dai clienti e paga gran
parte delle fatture a 60 giorni. Avrà un tempo medio di magazzino dei prodotti che
usa e che dovrà tenere in negozio in quantità sufficiente di prodotti per poter lavorare, ma non la necessità di un consistente capitale circolante (come lo ha un
commerciante al dettaglio o un produttore artigiano) o il rischio di pagamenti ritardati da parte di clienti.
In ogni caso i primi 3 mesi, a parte i 39.690 € di investimento iniziale, avrà necessità di pagare:
Esborso di cassa nei primi 3 mesi
Contributi INPS imprenditrice
Affitto per 3 mesi
Costo commercialista
3 stipendi apprendista, compresi contributi
3 “stipendi dell’imprenditrice”
Elettricità
Acqua
Gas
Telefono
Lavaggio asciugamani
Riviste
Prodotti (shampoo, lacche, creme, tinte, ecc.)
+ investimento iniziale
Importo in €
1.150
3.000
300
4.500
5.000
600
130
450
200
150
75
4000
19.555
39.690
documenti al commercialista, ecc. Se ha una famiglia potrebbe non riuscire a conciliare una settimana ad es. di
60 ore lavorative con gli impegni familiari.
41
Totale esborso entro i primi 3 mesi
59.245
Ricavi presunti nei primi 3 mesi (saranno
inferiori rispetto a quelli a regime)
12.000
Differenza da finanziare con risparmi o prestiti bancari
47.245
Anna avrà bisogno di risparmi propri e di finanziamenti per un totale di oltre
47.000 € per le spese iniziali e per le spese di funzionamento dei soli primi 3 mesi.
Se ha 25.000 € di risparmi, potrebbe farsi finanziare da una banca almeno 22.000
per gli investimenti e chiedere un fido per il circolante di altri 5.000 per sicurezza,
avendo così a disposizione 52.000 €.
Se le cose andassero molto bene potrebbe anche riuscire a restituire anticipatamente il prestito già dopo un paio d’anni e non utilizzare il fido.
Questo calcolo finanziario è molto importante perché:
2. le ha evitato di trovarsi con un conto in rosso in banca, fatture non pagate e
quindi fornitori che tagliano i rapporti, ecc. e di dover chiudere anche se
l’impresa ha buone prospettive nel medio termine
3. le ha evitato notti in bianco!!!
42
3. Ecco gli strumenti per una mia rapida verifica
Che dati devo avere per capire se ci guadagnerò o ci perderò?
Alcuni semplici schemi che ognuno può compilare da solo possono costituire un
“mini business plan” utile sia per rendermi conto se la mia idea imprenditoriale
sta in piedi sia per presentarmi in banca con qualcosa in mano. Meglio sarà ovviamente farsi aiutare a predisporre un business plan completo, ma già queste
tabelle mi daranno un’idea molto precisa.
Schema 1 – Investimenti iniziali
Le voci riportate sono solo esemplificative: ognuno dovrà togliere o aggiungere le voci relative al proprio investimento. Ad esempio se utilizzassi casa mia
come sede di una piccola impresa di servizi non avrei nessuna caparra per un affitto. Potrei anche non avere bisogno di comprare un automezzo o di pagare una
fee d’ingresso per entrare in un franchising14, mentre potrei dover pagare un geometra per presentare una “SCIA” in Comune per lavori edili non in edilizia libera
o pagare il design della sede fatto da un architetto. Quindi questo schema deve
essere adattato al caso concreto.
Spese d’investimento iniziali (una tantum)
Caparra affitto
Allacciamenti
Arredamento
Spese costituzione società
Attrezzature
Automezzi o motorino
Lavori di ristrutturazione sede
Eventuale fee d’entrata per un franchising
Altro _____________
Altro _____________
Altro _____________
Totale
€ _________
Schema 2 – I costi fissi di funzionamento
Si tratta delle spese che si dovranno pagare, indipendentemente dal volume del
fatturato. Ad esempio l’affitto dovrò pagarlo anche se nessun cliente entra nel mio
negozio, dovrò pagare l’INPS anche se sono in perdita, pagare le rate di un prestito acceso con una banca.
Qui abbiamo inserito anche la voce “stipendi soci”: non si tratta ovviamente di
uno stipendio ma del minimo che l’imprendiore dovrebbe percepire dall’azienda
14
Se ci si orienta verso un franchising, attenzione a quale reale vantaggio competitivo dà quel franchising ed i
servizi effettivamente forniti al franchisee. Alcuni franchising potrebbero non dare alcun vantaggio, ma solo
fornire dei mezzi di sostentamento al franchisor!
43
per poter sopravvivere. Infatti anche l’imprenditore/imprenditrice deve pagare le
bollette di casa, comprare da mangiare, mantenere i figli. Per qualche mese si può
anche pensare di non distribuire tali importi e di vivere con dei risparmi, ma tale
situazione non è a lungo sostenibile. Anche qui le voci sono esemplificative: ognuno dovrà aggiungere o togliere voci in modo da adattare lo schema alla propria
situazione.
Tipo di costo fisso
importo annuale
costo esperto esterno contabilità
Affitto
“stipendi” soci
utenze compreso riscaldamento
contributi INPS x i soci
imposte rifiuti
diritto annuale camerale
Rata eventuale prestito
Altro
Altro
Totale
€
Schema 3 – Costi variabili
Si tratta dei costi che dipendono dalla quantità venduta o prodotta, ad esempio
l’acquisto dei prodotti che vendo come per l’esempio del negozio di articoli per le
feste o per l’acquisto dei prodotti per fare la tinta o la permanente per la parrucchiera. Ovviamente tali costi implicano la liquidità necessaria per l’acquisto,
prima di poter incassare per la vendita.
Lo schema è da personalizzare a seconda del proprio caso: potrebbe includere i
costi di acquisto di un servizio che poi vendo a prezzo maggiorato, i costi delle
materie prime, ecc. Se dovessi acquistare un gran numero di merci, tutte a prezzi
diversi, potrei trovarmi in difficoltà, risolvendo magari inserendo dei prezzi medi
di acquisto ed i volumi di acquisto previsti.
Tipi di costi variabili
importo
unitario
Totale costi
Numero
unità
Importo annuo
€
44
Schema 4 – Ricavi
Qui dovrò usare tutta la mia onestà, il mio realismo. E’ la parte più difficile del
business plan, non perché ci siano calcoli difficili da fare, ma perché a volte il
futuro imprenditore si è innamorato in modo tale della sua idea che gonfia inconsciamente i ricavi per dimostrare a se stesso e agli altri che vale la pena di aprire.
D’altro canto ci sono anche alcuni (pochi) pessimisti che li potrebbero prevedere
troppo bassi e lasciar perdere idee imprenditoriali anche valide.
A volte inoltre il prezzo che io fisso in questa fase per la vendita di una merce,
potrebbe non essere il prezzo che potrò poi effettivamente praticare a causa di
mutate condizioni di mercato, ad esempio. Tipicamente se ho un negozio, in tempo di saldi per quello stesso tipo di merce potrei ricavare molto meno e quindi
erodere i miei margini. Dovrò perciò tener conto di tutto.
Tipo di ricavi
Importo Numero
unitario unità
Totale annuo dei ricavi
Importo annuo
€
Schema 5 – Ci guadagno o ci perdo?
Qui basta fare una sottrazione
Ricavi totali
- Costi fissi
- Costi variabili
= Primo risultato di gestione (senza ammortamento spese d’investimento)
Qui ho un primo risultato che mi darà un’indicazione molto utile. Non posso
però accontentarmi. Infatti se avessi ad es. investito 50.000€ dei miei risparmi
dovrei comunque ottenere un ritorno di tale investimento. Dovrei perciò spalmare
il mio investimento ad esempio nei primi 5 anni, cioè in tal caso dividere 50.000
per 5, togliendo l’importo di 10.000 da questo primo risultato di gestione. Se invece avessi avuto un prestito, avrei già tenuto conto delle rate nell’elenco dei costi
fissi e quindi adesso non dovrei rivedere i calcoli.
C’è un’altra incognita per un futuro imprenditore: pur essendosi assicurato che
la sua idea d’impresa stia in piedi, potrebbe avere dei problemi di liquidità, soprattutto nei primi mesi.
45
Schema 6 - Necessità di finanziamento dei primi 3 mesi
Esborsi di cassa nei primi 3 mesi
Costi fissi
Costi variabili
+
Esborso per gli investimenti iniziali
- ricavi dei primi 3 mesi
= necessità di finanziamento
=
=
Prudente sarebbe effettuare questo calcolo anche per i successivi 12 mesi, utilizzando una tabella (un qualsiasi foglio di calcolo va bene) sulla falsariga della
precedente, ma con una colonna per ogni mese.
Schema 7 – Finanziamento del circolante a regime
Si tratta del problema soprattutto di:
 chi incassa in tempi più lunghi rispetto a quelli del pagamento dei termini
di pagamento dei propri fornitori e di
 chi ha un magazzino con una durata media non trascurabile
E’ evidente che se per esempio incasso a 120 giorni e se pago a 60, ho un problema. Inoltre se compro la merce, ma la vendo in media 12 mesi dopo, questo
fatto ha sicuramente un forte impatto sulle necessità di finanziamento della mia
impresa.
Necessità di finanziamento del circolante a regime
= Fatturato Annuo x giorni di scoperto monetario
360
Come calcoliamo i “giorni di scoperto monetario?
Giorni di scoperto monetario:
Tempi di incasso medi dai clienti =
X giorni (ad es. 60)
+ Tempi medi di permanenza in magazzino= Y giorni (ad es. 120)
- Tempi pagamento dei fornitori=
Z giorni (ad es. 90)
= giorni di scoperto monetario (X + Y – Z)
Nell’esempio i giorni di scoperto monetario sono 90
Se il fatturato annuo fosse di 100.000, dovrei dividere questa cifra per
360 e moltiplicare per 90.
Il risultato è 25.000 €. Ho bisogno di un prestito/fido o di risorse proprie
accumulate per questo importo per riuscire a far fronte ai miei pagamenti durante tutto il periodo di attività della mia impresa.
46
4. Altri esempi
4.1 Caso di Carlo e Marina – negozio articoli per le feste
Carlo e Marina scoprono che nel mercato locale c’è una forte tendenza
all’acquisto di articoli per le feste come decorazioni, palloncini, piatti e bicchieri
colorati usa e getta, striscioni. Il tutto a tema.
Carlo e Marina cominciano a identificare un’area geografica che non sia già
coperta da concorrenti. Individuano la zona con una densità di popolazione giusta,
ricca di bambini, giovani, parrocchie, ecc.
Tutti potenziali clienti che organizzeranno compleanni, matrimoni, nascite, feste di laurea, anniversari, sagre ecc. e ai quali non solo si possono vendere gli
articoli, ma che avranno anche bisogno spesso anche di chi gli offrirà il servizio
completo di decorazione dei locali. Come forma societaria sono indecisi tra una
ditta individuale (con azienda familiare) e una società di persone o una Srl semplificata.
Spese avvio (iscrizione al R.I., eventuale costituzione società, ecc.)
Spese – Attrezzature
Illuminazione
Arredamento (scaffalatura)
Banco cassa
Software gestionale
Computer e stampante
Website
Telefono, fax, scanner
Mobili e arredi del negozio e magazzino
Impianti ed attrezzature (impianto elio ed
azoto, ecc.)
Furgone per consegne (di seconda mano)
Altre spese - Spese pubblicitarie iniziali
(insegna, volantini, radio, ecc)
TOTALE
€
2.500
Costo totale: 34.500
€ 1.000
€ 2.000
€ 1.000
€ 500
€ 800
€ 1.500
€ 700
€ 10.000
€ 10.000
€ 6.000
€ 6.000
€ 42.000,00
Attenzione!
Se i locali ne avessero bisogno dovrei prevedere i costi di ridipintura, i costi di
modifica del’impianto elettrico, i lavori di muratura per coprire le tracce, ecc.
I costi iniziali potrebbero quindi essere maggiori rispetto a quelli qui calcolati.
In caso di lavori di questo genere ed in generale di acquisti consistenti è consigliabile sempre chiedere preventivi scritti e dettagliati da più di una ditta per
effettuare un confronto.
47
A questo punto Carlo e Marina calcolano le spese fisse di funzionamento, tipo
affitto, utenze, ecc. Esse non includono le spese per l’acquisto dei prodotti.
Costi fissi (cioè spese di “funzionamento”):
Contributi INPS (per il solo titolare)
Contributi INPS socio
Costi tenuta contabilità da parte di terzi
Affitto locali
“Stipendio degli imprenditori”
Elettricità
Acqua
Gas
Telefono + Pos
Imposte rifiuti e diritto annuale Camera di Commercio
Manutenzione e assicurazione furgone
Carburante
Cancelleria e spese postali
Pubblicità
Totale
Totale
€ 3.500
€ 3.500
€ 1.500
€ 8.400
€ 36.000
€ 1.200
€
500
€ 1.200
€ 1.000
€ 600
€ 1.700
€ 2.500
€
250
€ 4.000
€ 65.850,00
I nostri due futuri imprenditori contattano alcuni fornitori e verificano i prezzi di
acquisto di prodotti. Possono quindi ipotizzano i costi “variabili”. 15
COSTI VARIABILI UNITARI
(Costi della materia prima, cioè dell’acquisto dei
prodotti)
Numero prodotti
venduti in 1 anno
Costo annuo
Articolo Festa monocolore: € 6.80
360
€ 2.448
Articolo Festa piccoli: € 14,00
540
€ 7.560
Articolo Festa a tema: €17,00
Accessori vari: € 14,00
Articoli personalizzabili: € 20,00
Totale
540
1.080
360
€ 9.180
€15.120
€ 7.200
€ 41.508
Carlo e Marina fanno ora il calcolo dei possibili ricavi dai clienti. Quanti articoli dovrebbero vendere nell’arco di un anno?
Tutti gli articoli vengono raggruppati in macro categorie. Come ad esempio gli
articoli per le feste a tema, (es: Halloween) che comprendono: palloncini, bicchieri e piatti di carta o di plastica, oggettistica, striscioni, ecc.
Adesso i nostri due amici ipotizzano dei prezzi e quindi possono calcolare i ricavi.
15
Ovviamente qui elenchiamo solo pochi articoli, in maniera esemplificativa.
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RICAVI UNITARI per categoria di
articoli
Articolo Festa monocolore: € 13,60
Articolo Festa piccoli : € 37,80
Articolo Festa a tema: € 45,90
Accessori vari: € 28,00
Articoli personalizzabili: € 60,00
Totale
Numero articoli
venduti in 1 anno
Ricavo annuo
360
540
540
1.080
360
€ 4.896
€ 20.412
€ 24.786
€ 30.240
€ 21.600
€ 101.934,00
Un altro modo per effettuare questo calcolo è quello del “mark up” , soprattutto
quando si comprano e vendono molti articoli. Ad esempio posso decidere di tenermi un margine del 100% sul prezzo di acquisto, ad esempio di comprare ad 1 e
vendere a 2. In questo modo so che se compro 50.000 € di prodotti in teoria dovrei avere ricavi per 100.000. Attenzione però a svendite e invenduti….
Come abbiamo fatto per Anna, proviamo a sommare anche per Carlo e Marina
tutti i ricavi.
Anche per questi due imprenditori le spese per le attrezzature in effetti andranno a beneficio di più anni e quindi dovrebbero essere divise in quote annuali.
Anche in questo caso i ricavi saranno minori all’inizio dell’attività e maggiori
dopo un anno, se le cose andassero bene.
Proviamo ad utilizzare le formule che abbiamo imparato.
Schema “Ci guadagno o ci perdo?”
Ricavi totali
- Costi fissi
- Costi variabili
= Primo risultato di gestione (senza ammortamento spese d’investimento) – PERDITA
101.934,00
- 65.850,00
- 41.508,00
= -5.424
Qui non abbiamo un profitto, ma una perdita!! Attenzione però: posso agire
sia sui costi fissi che sui ricavi.
Basta che io aumenti i ricavi dello stesso ammontare della perdita prevista che
sono in equilibrio. Aumentare però i ricavi potrebbe non essere semplice...
Invece se agissi sul lato dei costi, potrei ad esempio rendermi conto che non
riusciamo a lavorare in due nell’azienda o in uno e mezzo ed anche guadagnarci.
Solo uno dei due potrebbe lavorarci a tempo pieno, mentre l’altro nei ritagli di
tempo, mantenendo un altro lavoro full time. I costi diminuirebbero di oltre
21.000 € (stipendio dell’imprenditore + contributi INPS socio) e quindi i conti
tornerebbero.
49
Attenzione però ad una criticità: qui la durata del magazzino può incidere
molto. Se comprassi merci che poi per metà non venissero vendute per un anno, si
creerebbe un bisogno di finanziamento del circolante non trascurabile che potrebbe facilmente affossare l’impresa.
Esercitazione:
Provate a calcolare:
1) il fabbisogno finanziario per i primi 3 mesi di Carlo e Marina
2) il fabbisogno di circolante (supponete che gli incassi siano in media a 15 giorni, i pagamenti verso fornitori a 60 giorni e la durata media del magazzino di 300 giorni)
4.2 Caso di Giovanni – pizzeria per asporto
Il sogno di Giovanni si sta per realizzare. Ha sempre desiderato aprire una pizzeria da asporto ed ha trovato un’occasione. Vicino al quartiere universitario della
sua città ha visto un cartello di una nota pizzeria da asporto il cui titolare, dopo
tanti anni di lavoro, ha deciso di andare in pensione e di cedere l’attività.
Il locale è stato ristrutturato da poco, il forno è a legna e l’arredamento è nuovo. Si tratterebbe solo di cambiare qualche attrezzatura ed il bancone per la pizza
e di investire in pubblicità per farsi conoscere; pertanto Giovanni cerca di compilare il suo Business Plan per valutare se è il caso di intraprendere questa strada.
Ecco le spese di avvio e investimento a cui va incontro Giovanni:
€ 200
Spese avvio (iscrizione al R.I. e diritto annuale anticipato per ditta
Spese di investimento – Attrezzature
Spese di acquisto attività (compreso scooter)
€ 40.000
Tinteggiatura locali e altri lavori di adattamento
Bancone per pizza
Vetrina refrigerante da banco per ingredienti pizza
Armadio refrigerante per bibite
Pale pizza
Altre spese iniziali: Spese pubblicitarie
(insegna, volantini, ecc)
€ 3.600
€ 3.145
€ 770
€ 900
€ 200
€ 4.000,00
TOTALE
€ 51.015,00
Giovanni fa anche una valutazione dei costi fissi di funzionamento:
Spese di “funzionamento” (costi fissi):
50
Totale
Contributi INPS
Costi tenuta contabilità da parte di terzi
Affitto locali
“Stipendio dell’ imprenditore”
Stipendio dell’apprendista
Elettricità
Acqua
Gas e legna
Telefono + Pos
Spese carburante per scooter
Imposte rifiuti e diritto annuale Camera di Commercio
Manutenzione e assicurazione scooter
TOTALE costi fissi
€ 3.600
€ 1.500
€ 12.000
€ 20.000
€ 15.000
€ 1.500
€ 1.000
€ 2.000
€ 1.000
€ 1.400
€ 1.500
€ 1.000
€ 61.500,00
I margini di guadagno possono essere molto elevati, se la pizzeria lavora bene
e si crea una clientela abituale. A conti fatti, in genere i ricarichi sui prodotti in
vendita sono decisamente alti. Si calcola che, per un trancio di pizza margherita, il
ricarico è di circa tre volte rispetto alle spese variabili (cioè di materia prima) sostenute. Margini di guadagno ancora superiori si possono ottenere dalla vendita
delle bibite mediante i distributori automatici: il ricarico su lattine e bottiglie di
bevande (sia alcoliche che analcoliche) può essere anche di sei o sette volte.
Ipotizziamo dei prezzi e quindi dei ricavi.
RICAVI UNITARI
Pizza margherita – Trancio 2 €
Pizza verdure - trancio: € 3,00
Pizza salume - trancio: € 3,50
Pizza intere – prezzo medio: € 6,00
Totale
Numero pizze al trancio vendute in 1 anno
27.600
20.000
18.000
10.000
RICAVI ANNUI
€ 55.200
€ 60.000
€ 63.000
€ 60.000
€ 238.200
Giovanni aveva prima verificato il costo delle materie prime, ovviamente:
COSTI VARIABILI
(Costi della materia prima)
Per anno
Farina
€ 6.400
Salumi
€ 10.000
Mozzarella e formaggi
Verdure
Bibite
Accessori (cartoni porta pizza, bicchieri, salviette…ecc)
Totale
€ 25.000
€ 10.000
€ 15.000
€ 8.000
€ 74.400,00
51
Giovanni può calcolare ora quanto sarà il suo profitto nel seguente modo:
Profitto = Ricavi – Costi
Profitto = Fatturato – Costi Variabili – Costi Fissi
Profitto = 238.200 – 74.400 – 61.500
Profitto = 102.300
Attenzione però: ho calcolato ricavi molto alti. E’ realistico che io riesca a
vendere 92 tranci di pizza margherita al giorno? Che venda altri 100 tranci di altro
tipo di pizza e 33 pizze intere al giorno? Dovremmo avere una collocazione molto
trafficata, oppure almeno un servizio a domicilio (che ha però dei costi che non
abbiamo conteggiato). Ha calcolato bene il costo di gas e legna e gli altri costi?
Inoltre il costo calcolato per l’INPS si basava sul minimo fisso, ma in realtà
se si superano i 15.548 €/anno si paga il 22,65% di contributi INPS fino a 46.123
€ Quindi si pagherebbero oltre 20.000 € ed i costi fissi aumenterebbero.
La criticità in questi calcoli è che sono teorici e se un imprenditore ha gonfiato i dati per un proprio convincimento personale, senza guardare alla realtà del
mercato, essi daranno dei risultati non corretti. In questo caso però c’è un forte
margine di sicurezza perché se anche Giovanni dovesse arrivare ad un fatturato
molto minore, ad esempio avesse ricavi di soli 160.000 €, continuerebbe a guadagnare, anche se molto di meno.
Giovanni dovrà in ogni caso monitorare i propri incassi e prendere provvedimenti immediati in caso si accorgesse di non riuscire a raggiungere il livello di
vendite previsto.
4.3 Considerazioni finali
La carta si lascia scrivere, diceva mio nonno… Anche il business plan si lascia
scrivere. Se i dati non sono aderenti alla realtà, le indicazioni non saranno esatte.
Soprattutto è utile evitare idee d’impresa ormai non più rispondenti alle tendenze economiche e tecnologiche.
Ad esempio un servizio postale privato, alternativo alle poste italiane, sconterebbe il fatto che il traffico postale è in regressione in tutti i paesi, a causa dell’uso
dell’e-mail. Sono aumentate le consegne dei pacchi, invece, a causa dello sviluppo dell’e-commerce, ma tale business è già nelle mani di vari grandi corrieri. Se
non verifico molto bene le possibilità effettive di ricavi, rischierei di spendere
soldi per un investimento sbagliato.
Se volessi aprire invece un negozio di abbigliamento, in un luogo dove già altri
negozi hanno aperto e chiuso più volte, dovrei domandarmi perché altri non ce
l’hanno fatta. C’è troppa concorrenza dei centri commerciali? Non c’è passaggio?
52
Il target di clientela scelto era troppo alto per la zona? Non c’è abbastanza popolazione delle classi di età giuste?
Se voglio produrre un prodotto nuovo, che non esiste sul mercato, mi devo
domandare: Non esiste perché non c’è richiesta? Il prodotto nuovo riuscirà a trovare mercato? Come lo faccio conoscere?
A queste domande meglio dare una risposta, magari effettuando delle piccole
indagini tradizionali e delle ricerche web, in modo da diminuire i rischi a cui vado
incontro.
53
Appendice
4.4 Un po’ di teoria (semplificata) sul busines plan
Per completezza si riportano alcuni concetti sul business plan. In realtà sono stati scritti centinaia di libri sul business plan che però ben pochi futuri imprenditori consultano, soprattutto per la
difficoltà ad applicare in modo semplice le formule proposte.
4.4.1 Quali spese e quali investimenti?
L’investimento è l’atto per il quale si acquisiscono dei beni con lo scopo di avere una redditività lungo un periodo di tempo. L’investimento si riferisce anche all’ utilizzo del capitale in un’ attività data per ottenere un utile.
Le spese/investimenti che si debbono sostenere quando si decide di avviare una attività in proprio si possono riassumere qui di seguito:
 Immobili (locale dove svolgere la propria attività)
 Materie Prime
 Macchine
 Impianti
 Tecnologia di Prodotto e Processo
 Risorse Umane (personale dipendente e/o professionisti esterni)
Gli investimenti iniziali di cui sopra si traducono in spese correnti per la gestione e il funzionamento della
propria idea imprenditoriale che in linea di massima si possono riassumere qui di seguito:
 Affitto del locale in cui si esercita il commercio
 Pagamento degli stipendi e dei contributi dei dipendenti
 Costi per consulenze professionali
 Spese per acquisto di beni e servizi necessari allo svolgimento dell'attività (energia elettrica, telefono,
manutenzioni, pulizie, etc.)
 Assicurazioni contro il furto delle merci presenti in negozio
 Imposte inerenti all'attività (rifiuti urbani, Irap, concessioni comunali etc.)
 Costo di acquisto delle merci commercializzate
 Spese per la contabilità
 Altre spese varie per l'espletamento dell'attività commerciale.
Per stabilire a quali spese e a quali investimenti vado incontro devo farmi una lista con tutti gli oggetti, tutti i
mezzi, tutti i servizi, tutti gli attrezzi, e tutte le cose che avrò bisogno per incominciare a lavorare.
Le voci enunciate sopra sono generiche ed è molto difficile fare una lista caso per caso. Pertanto io imprenditore posso immaginarmi come in un film le scene del processo produttivo (arrivo matterie prime, elaborazione,
trasformazione, imballo, immagazzinaggio ecc.) e della vendita. Descrivo cosa vedo in quelle immagini e ottengo la prima bozza degli investimenti e le possibili spese per tenere l’attività in piedi.
Time is money dicono gli inglesi, il tempo è denaro. Se sto fermo non produco se non produco non vendo,
se non vendo non fatturo se non fatturo non incasso, se non incasso non pago le spese e neanche ripago il mio
investimento e i miei creditori.
4.4.2 Quali incassi posso prevedere?
In altre parole quanto venderò e quando incasserò? Ogni aspettativa parte da un’ipotesi e devo distinguere
semplicemente le principali variabili. Che sono: clienti, concorrenti, fornitori, intermediari commerciali, clima
sociale, economico, culturale, ecc.
Se qualcuna di queste variabile viene modificata devo subito iniziare a correggere la mia strategia commerciale.
Il punto fondamentale prima di prevedere gli incassi è fare la giusta ricerca di mercato e capire se c’è spazio per
me ed il mio prodotto/servizio. Devo anche pensare per esempio alle nuove mode, alle nuove leggi ecc. cioè
elementi che indirettamente possono influenzare la vita di un'impresa.
La previsione delle vendite è il passaggio più critico nella redazione di un business plan, da essa dipende
l’intera validità delle previsioni anche di spesa e di investimento.
Disponendo di tutti i calcoli previsionali relativi all’andamento atteso dell’attività è possibile determinare in modo
esatto il punto di pareggio operativo che l’azienda dovrebbe raggiungere in base alle stime di fatturato e di
costi . Questo è il punto esatto dove l’attività non guadagna nè perde.
Tecnicamente si chiama il break-even operativo (o anche break-even delle vendite), che rappresenta il punto
di equilibrio tra costi e ricavi totali. In poche parole quanto devo fatturare per coprire le mie spese.
54
4.3.2 Come scrivo il mio mini business plan?
Ci sono migliaia di manuali per fare un business plan. Ricordiamoci che il business plan lo devo fare prima di
tutto per me. Dobbiamo capire che cosa, per quale motivo e con quale scopo stiamo facendo questo passo.
Il business plan mi deve consentire di effettuare una verifica a priori della fattibilità commerciale, economica
e finanziaria della mia idea imprenditoriale accertando con un processo razionale la validità dell’idea ancor
prima di avviarla a realizzazione per evitare i rischi connessi alle scelte dettate solo dalle intuizioni e
dall’entusiasmo.
Il mio business plan deve essere un prezioso strumento di programmazione e controllo.
Per redigerlo devo :
 Scrivere in modo chiaro e conciso
 Avvalermi di tavole o tabelle illustrative
 Specificare la fonte dei dati riportati
 In copertina riportare i dati anagrafici aziendali
 Numerare le pagine ed aggiungere l’indice dei punti trattati nel documento
 Presentare una sintesi di poche pagine dei contenuti del piano
 Illustrare le previsioni economico-finanziare ricorrendo ai prospetti in uso presso la comunità finanziaria
 Ipotizzare un periodo di tempo di circa 5 anni
Scendendo in dettaglio le principali parti di un business plan consistono in questi punti che devono essere illustrati chiaramente senza dileguarsi troppo in dettagli
 descrizione del prodotto/servizio
 la storia dei soci e degli amministratori
 la descrizione della futura struttura organizzativa dell´azienda
 l´analisi degli aspetti amministrativi
 la descrizione delle risorse umane
 l´analisi della logistica
 l´analisi di mercato e le scelte di marketing
 il piano delle vendite del prodotto/servizio
 il piano degli investimenti e le relative risorse
 l´analisi del know-how e delle licenze d´uso
 la descrizione del ciclo produttivo, compresa la fase di smaltimento e/o riutilizzo di eventuali rifiuti e
scarti
 la descrizione degli aspetti ambientali e di sicurezza, se significativi
 l´analisi della struttura finanziaria
 le previsioni patrimoniali, economiche e finanziarie
 i punti di forza e di debolezza del progetto
 le considerazioni conclusive
4.4.4 Quando e quanto mi renderà la mia impresa?
Non devo mai guardare il mio contesto come una situazione statica, fissa e immobile. Devo sempre anticipare quanto può succedere. Abbiamo iniziato con le seguente domande:
 il progetto è effettivamente realizzabile?
 con quali mezzi?
 in che tempi?
 quali sono i costi?
Poi abbiamo analizzato, valutato e presentato le seguenti componenti fondamentali (stiamo dicendo lo stesso
con altre parole):
 descrizione dell’impresa
 l’offerta
 il mercato
 sistema competitivo
 strategie
 scelte operative
Adesso posso quantificare però prima devo imparare questi concetti:
Redditività = Ricavi – Costi
Ricavi = Corrispettivo delle vendite della merce/servizio fissato come obiettivo (è lo stesso che dire prezzo di
vendita per quantità di pezzi venduti)
Costi = Valore delle risorse (soldi) da impiegare in ciascun esercizio
55
I Costi possono essere:
Costi Fissi : Sono costi che non variano o variano molto poco in relazione al volume di produzione/vendita
(Esempio: affitti, costi del personale amministrativo, materiale di cancelleria e materiale vario, spese telefoniche, energia elettrica per la parte di spese fisse, riscaldamento, ecc.)
Costi Variabili: Sono costi che variano in funzione al volume di produzione/vendita (Esempio: consumi materie prime, costi del personale produttivo (se ho una legislazione del lavoro flessibile, altrimenti anche
questo è un costo fisso), spese trasporto, energia elettrica della produzione, riscaldamento del reparto produttivo, provvigioni)
Allora, se io voglio sapere se guadagnerò o perderò devo semplicemente applicare la formula iniziale:
Redditività = Ricavi – Costi; e cioè:
Guadagno (Risultato>0)
o
= RICAVI DI VENDITA - COSTI FISSI - COSTI VARIABILI
Perdo (Risultato <0)
Se tolgo al prezzo di vendita di un prodotto il suo costo variabile, mi resta una differenza che dovrebbe essere
positiva. Tale differenza che resta servirà per pagare i costi fissi.
Posso affermare che il prezzo di vendita meno il costo variabile contribuisce a pagare i costi fissi. Questa singola “contribuzione” che da il prodotto è quello che si chiama MARGINE DI CONTRIBUZIONE. Lo posso
calcolare singolarmente o per famiglia di prodotti/servizi venduti.
La cosa importante da ricordare è riconoscere quanti pezzi devo vendere per coprire i miei costi fissi. Calcolo
velocissimo:
Prezzo di vendita – Costo Variabile = Margine di Contribuzione
Il Break Even Point = Costi Fissi/Margine di contribuzione di un unico prodotto = Quanti pezzi devo vendere per
coprire i miei costi fissi. Cioè il fatturato minimo sufficiente a coprire tutti i costi di gestione.
Il Break Even Point serve per calcolare il punto di pareggio dell’azienda. Sappiamo che se il volume delle vendite è basso, l’azienda perde; se invece è elevato, l’azienda guadagna. Questo accade per il fatto che ogni
impresa sostiene dei costi fissi per:
 la struttura tecnica: cioè il fabbricato, gli impianti, le macchine, le attrezzature, i mezzi di trasporto, le
macchine d’ufficio, etc:
 la struttura organizzativa: cioè le risorse umane tecniche, amministrative, commerciali, etc
Ogni imprenditore dovrebbe conoscere qual è la quantità minima di vendite necessaria per coprire i costi fissi
della sua azienda, il punto cioè in cui non perde ma neanche guadagna.. Con l’analisi del punto di pareggio psi
riesce anche a determinare il cosiddetto “fatturato di break even” cioè il volume di fatturato minimo che l’azienda
deve raggiungere per non avere perdite di gestione.
5. Break Even Point: come si calcola?
Facciamo un esempio semplice: un’azienda avvia un progetto di raccolta fondi per finanziare le opere di restauro di un teatro antico. Il progetto prevede l’organizzazione di un pranzo per la raccolta di questi fondi.
Ci si trova ad affrontare una serie di questioni, come per esempio:
 Quale prezzo dovremmo fissare per il pranzo?
 Quali spese affrontare, quali di queste sono legate al numero dei partecipanti e quali invece sono fisse?
 Quante persone devono aderire all’iniziativa per consentire all’azienda di coprire i costi e di ottenere un
utile?
Decisioni di questo tipo trovano supporto nell’analisi del Break Even Point.
Il Break Even Point può essere rappresentato anche graficamente attraverso il diagramma di redditività, che
mette in relazione i costi variabili, i costi fissi, i ricavi ed i volumi di produzione.
6. Il diagramma di redditività
Il diagramma di redditività serve per verificare quando si realizza l’equilibrio economico dell’impresa.
56
Come si può vedere dal grafico, il Break Even Point (o Punto di pareggio) corrisponde al punto di incontro tra
la retta dei costi totali (costi fissi + costi variabili) e la retta dei ricavi totali.
A sinistra del Break Even Point i costi superano i ricavi e l’impresa registra una perdita, che aumenta mano a
mano che la produzione si riduce.
A destra del Break Even Point i ricavi superano i costi e quindi l’azienda consegue profitti, che crescono
all’aumentare delle quantità vendute/ prodotte.
Nel Break Even Point, invece, i costi sono uguali ai ricavi e quindi il risultato economico è pari a zero.
Quindi dall’utilizzo di questo diagramma si possono trarre informazioni importanti:
1. per coprire i costi aziendali è necessario ottenere un volume di quantità prodotte o vendute pari a
quello individuato dal Break Even Point; solo con un volume superiore al punto di pareggio, l’azienda
conseguirà utili;
2. le imprese che hanno costi fissi elevati hanno un Break Even Point molto alto: ciò significa che se ci
sono riduzioni di ricavi, non potendo ridurre i costi fissi, facilmente possono andare in perdita
3. il diagramma di redditività consente di calcolare come si modifica il risultato aziendale al variare dei
vari parametri: costi variabili, quantità prodotte e vendute, livello dei prezzi di vendita e costi fissi (dovuti al tipo di struttura organizzativa e produttiva).
57
Come e dove trovo i soldi per
partire?16
di Liana Benedetti
1. Ci sono finanziamenti agevolati?
Attenzione: non si apre un’impresa solo perché ci sono finanziamenti agevolati. Prima di tutto bisogna avere un’idea d’impresa fattibile e sostenibile dal punto
di vista economico finanziario e del mercato, un’impresa che siamo in grado di
gestire grazie alla nostra motivazione e preparazione.
Bisognerebbe comportarsi come se la possibilità di finanziamento agevolato
non esistesse e programmare in ogni caso delle alternative per trovare i capitali
necessari. Se il finanziamento agevolato arriva, meglio. Se non arriva, ce la facciamo lo stesso. Il discorso che invece si sente spesso è: “Apro perché mi danno
una parte del denaro necessario a fondo perduto”. Anzi, si pretenderebbe di ricevere tutto a fondo perduto e ci si scandalizza che non ci sia nessuno strumento che
ci finanzi al 100% senza restituzione. Questo è un ragionamento che porta solo ad
un fallimento sicuro: evidentemente ‘imprenditore non crede nella sua idea se
vuole solo soldi pubblici, senza rischiare niente di suo. Ma se non ci crede lui,
perché dovrebbero crederci gli altri?
Ovviamente una persona potrebbe avere un’idea particolarmente innovativa,
sviluppare un prodotto di alta tecnologia che non esiste ancora sul mercato. E
quest’idea potrebbe implicare degli investimenti in ricerca, sviluppo e commercializzazione che è impossibile finanziare senza un aiuto esterno che non sia la solita
16
Si ringrazia la Cassa di Risparmio del Veneto per aver contribuito alla realizzazione di questa parte del
volume.
58
“banca famiglia” o il finanziamento bancario di qualche decina di migliaia di Euro. Si tratta dei pochi casi in cui può intervenire il venture capital. Ma come
venire in contatto con questo tipo di investitori? I parchi scientifici, gli incubatori
d’impresa e le associazioni di categoria del settore industriale sono i punti di riferimento naturali per questo tipo di iniziative e per favorire il contatto tra start up
innovative e venture capitalists.
Tranquilli. Se voi volete aprire una piccola società di servizi oppure un semplice bar o ristorantino, sicuramente non dovete cercare nessun venture capitalist.
La stragrande maggioranza delle iniziative imprenditoriali non è di questo tenore
e qui parleremo soprattutto delle iniziative più comuni.
Finanziamenti agevolati disponibili per le nuove imprese
A livello regionale
Le varie regioni hanno propri strumenti per incentivare l’avvio d’impresa, soprattutto da parte di giovani e di donne, che sono pubblicizzati, gestiti generalmente
da finanziarie regionali.
Può trattarsi di fondi di rotazione (quindi prestiti), magari con una piccola parte di
fondo perduto o di bandi che possono avere anche il 50% di contributo delle spese di investimento a fondo perduto.
In Veneto, la Regione agisce tramite la sua finanziaria “Veneto Sviluppo” www.venetosviluppo.it - per il fondo di rotazione che però prevede anche il15%
di contributo a fondo perduto. Inoltre pubblica ogni tanto dei bandi che possono
dare quota consistente a fondo perduto, soprattutto per l’acquisto di beni strumentali per aziende femminili e giovanili.
Fondi di rotazione
Vantaggi: l’accesso al fondo è sempre aperto e quindi non c’è una scadenza
(salvo ovviamente che non si sia verificato l’utilizzo totale del fondo)
Svantaggi: si tratta di un prestito (a cui si accede tramite banche convenzionate e
spesso con la garanzia dei confidi, ma non è questo lo svantaggio) e quindi bisogna ripagarlo.
Informazioni: presso gli Sportelli Nuova Impresa delle Camere di Commercio,
presso Associazioni di Categoria e Confidi e sui siti web delle Regioni.
Bandi per finanziamenti a fondo perduto (in genere fino ad un massimo del
50%)
Vantaggi: ricevere a fondo perduto il 50% della spesa di investimento effettuata è
sicuramente positivo e richiede un maggior impegno nel ripagare la parte restante.
Svantaggi: i bandi sono saltuari, quindi sono pubblicati una tantum e si esauriscono quasi immediatamente i fondi . Serve quindi fare domanda nelle prime ore
fissate dal bando come data e ora dopo la quale è possibile presentare domanda. Quando stiamo avviando la nostra impresa potrebbe non esserci alcun
bando. Il bando potrebbe uscire l’anno dopo e magari potrebbe anche essere
59
retroattivo, nel senso di ammettere spese già sostenute. Quindi in ogni caso se
non fosse pubblicato alcun bando, potrebbe essere una buona idea quella di
guardarsi un vecchio bando della propria Regione, controllare quali beni venivano finanziati e con quali condizioni di pagamento (di solito il bonifico bancario) e
comunque salvarsi tutta la documentazione nel caso successivamente uscisse
un bando che ci permettesse di rientrare di un bel 50% del nostro prestito!
In genere sono rendicontabili solo le spese di investimento di un certo tipo (spesso sono esclusi ad esempio i beni strumentali usati) e non vengono finanziate
altre spese di avvio. Inoltre potrebbero essere esclusi alcuni settori economici ed
inclusi altri a seconda del bando.
A livello nazionale
Fondo nazionale di Garanzia per le PMI
Si tratta di un fondo di garanzia che garantisce i prestiti richiesti dalle PMI per
investimenti, richieste tramite le banche e gli intermediari finanziari convenzionati
(tra cui anche i Confidi).
Fondo nazionale di garanzia per l’imprenditoria femminile (riserva di parte
del Fondo di garanzia per le PMI)
Si tratta di una Sezione Speciale del Fondo di Garanzia per le PMI, destinata
all’imprenditoria femminile, dotata di 20 milioni di euro che permette, complessivamente, di accedere a circa 300 milioni di euro in finanziamenti garantiti.
La norma di legge di riferimento è il decreto 27 dicembre 2012 del Ministero per
lo Sviluppo Economico (G.U. n. 9 del 13 gennaio 2014) ha approvato le modalità
operative della Sezione Speciale del Fondo di garanzia PMI dedicata alle imprese femminili
Legge “Sabatini bis”
Sono finanziabili acquisti o leasing di macchinari da un minimo di 20.000 ad un
massimo di 2 milioni di €. Le PMI che ottengono i ricevono i finanziamenti ricevono un contributo a parziale copertura degli interessi che porta il tasso reale
praticamente a circa il 2,75%. Attenzione però: si può accedere solo tramite
banche e intermediari finanziari convenzionati. Le imprese avranno diritto alle
agevolazioni però solo nei limiti delle disponibilità finanziarie e quindi è consigliabile presentare domanda subito, già nel primo giorno di apertura della possibilità
di presentare le richieste. Tale agevolazione è cumulabile con la possibilità di
accedere alla garanzia del Fondo centrale PMI sul finanziamento, fino all’80%,
con priorità di accesso.
Invitalia
Invitalia, società di proprietà completamente statale, è soggetto gestore del progetto diretto alle Startup Innovative “SMART & START”. Sono ottenibili dei
finanziamenti a tasso 0 per i progetti di investimento di piccole imprese per importi da 100.000 € a 1 milione di €.
Oltre a ciò è prevista la fornitura di servizi gratuiti di tutoraggio tecnico (vedi
www.invitalia.it).
60
Invitalia dovrebbe diventare a breve soggetto gestore del fondo previsto dal decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge
21 febbraio 2014, n. 9. Infatti è imminente l’entrata in vigore di un regolamento
ministeriale che consentirà di assegnare dei prestiti a tasso 0 per i giovani under
35 e le donne di tutte le età (valido per tutte le regioni italiane) che vogliano avviare una società nel settore industriale, artigianale, dei servizi (incluso commercio
e turismo). Per maggiori informazioni sull’avvio dello strumento si rinvia al sito di
Invitalia: www.invitalia.it
Inoltre invitalia ha uno strumento riservato ai disoccupati che vogliano avviare
un’impresa individuale o una società di persone ( con sede nelle regioni Abruzzo,
Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia) che arriva a
finanziare il 50% dell’investimento e finanziare con un prestito agevolato il resto.
Attenzione, però alla disponibilità di fondi. Quindi è bene consultare il sito per
vedere se è stata riaperta la possibilità di presentare domanda e verificare bene
la reale tempistica, poiché negli anni scorsi l’attesa poteva essere lunga, arrivando anche 12 mesi o poco più per questi “fondi perduti”
1.2 Il microcredito
Si tratta di uno strumento abbastanza nuovo nel nostro scenario. Ci sono:
 iniziative pubbliche (ad esempio l’iniziativa di Padova e Rovigo17 creata da
Fondazione Cariparo, Camere di Commercio di Padova e Rovigo, Province di
Padova e Rovigo, Comune di Padova) – http://live.fondazionecariparo.com,
link sostegno prima impresa.
 iniziative private, quali ad esempio Etimos – www.etimos.it (finora per le zone terremotate dell’Abruzzo, ma sta per essere estero anche alle altre parti
d’Italia) o Microcredito di Solidarietà, collegato a MPS –
www.microcreditosolidale.eu- o MxIT-Microcredito per l’Italia (per le zone
terremotate dell’Emilia) o PerMicro -www.permicro.it. Si invita però a fare
attenzione ai tassi di interesse praticati da questi privati prima di aderire.
Pertanto si consiglia:
- di rivolgersi allo Sportello Nuova Impresa della propria Camera di Commercio
per verificare
- di effettuare una ricerca web.
Il microcredito di Padova e Rovigo
Si tratta di prestiti a tasso molto basso (meno del 3%), da 5.000 a 25.000 € garantiti da un fondo di
garanzia, erogati dalla Cassa di Risparmio del Veneto, solo per imprese che aprono in provincia di
17
Il microcredito di Padova e Rovigo prevede un’erogazione minima di 5.000 € ed una massima di 25.000
con un tasso di interesse del 2,5% + Euribor ad un mese, in pratica inferiore al 3%. E’ ovviamente riservato ai
residenti nelle due province: info su http://live.fondazionecariparo.com
61
Padova. I progetti imprenditoriali vengono vagliati da esperti bancari dell’Associazione di volontari “Vobis” e portati al vaglio di un Comitato di valutazione.
I tempi dell’iter di solito sono di circa 2 mesi.
I requisiti dei richiedenti, le forme giuridiche ammissibili e le caratteristiche del finanziamento
sono reperibili su http://live.fondazionecariparo.com, link “Sostegno Prima Impresa”, sul sito della Camera
di Commercio di Padova e sul sito della Camera di Commercio di Venezia e Rovigo.
62
2. Come mi presento in banca per chiedere un prestito?18
2.1. Quale banca scegliere?
La prima risposta è: andare dove si è già conosciuti, dove insomma abbiamo
già una storia oppure dove i nostri genitori o il nostro coniuge hanno il conto oppure dove il parente o amico che fungerà da garante è conosciuto. Questo fattore
di “conoscenza” potrebbe facilitare molto la concessione del prestito.
Il secondo aspetto da valutare è il tipo di servizio che la banca offre, cioè se
mette a disposizione i servizi di cui l’azienda ha bisogno. Potrebbe essere ad esempio che la nuova impresa voglia avere frequenti rapporti con l’estero e che
quindi abbia bisogno di una banca che offra approfonditi servizi in questo ambito
e disponga dei necessari collegamenti con gruppi bancari esteri.
Il terzo fattore è il costo dei servizi offerti dalla banca (costo delle commissioni, costo degli interessi sui prestiti, costi di istruttoria, ecc.).
Dopo aver scelto la banca è indispensabile individuare la persona giusta con la
quale fissare un appuntamento (potrebbe essere il direttore della filiale, il funzionario dell’ufficio fidi, il gestore small business, il responsabile corporate, ecc.).
All’appuntamento bisogna portare già la documentazione utile per valutare l’idea
imprenditoriale.
2.2 Come presentarsi in banca
Sicuramente è importante presentarsi – arrivando in orario - con idee chiare,
con la documentazione utile alla banca e con la capacità di esporre il progetto in
modo chiaro, sintetico e preciso.
Basilare è anche essere realistici e sapere che la banca non potrà finanziare il
100% del mio progetto, ma probabilmente il 50%, massimo il 70%.
Presentarsi preparati è sicuramente un indice di serietà e aiuta a costruire
un’immagine di affidabilità nei confronti della banca.
2.2.1 La documentazione da portare con sé
La documentazione è sicuramente un biglietto da visita essenziale. Quasi sicuramente, quando viene fissato l’appuntamento, viene anche richiesto un elenco di
documenti da portare. In generale ci prepareremo quindi:
 Una presentazione dell’idea imprenditoriale, scritta in modo abbastanza schematico, utilizzando possibilmente anche punti elenco. Suggerimento: non
scrivere decine di pagine. Una facciatina contraddistinta da un linguaggio
18
Si ringrazia la Cassa di Risparmio del Veneto per aver contribuito alla realizzazione di questa parte del
volume.
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puntuale e non “sbrodolato” può essere sufficiente per un’idea imprenditoriale
semplice. Allungarsi troppo potrebbe non far leggere il documento.
Una presentazione dell’imprenditore/soci, cioè un mini curriculum che riporti
anche le precedenti esperienze lavorative e le conoscenze tecniche pertinenti
all’idea imprenditoriale.
Un mini business plan. Non occorre andare da un commercialista. Basta farsi
un po’ di conti e presentare le semplici tabelle o fogli di Excel riportate nella
parte relativa al business plan.
Documentazione sui redditi familiari (infatti ad es. un nuovo imprenditore che
abbia un coniuge con un lavoro dipendente a tempo indeterminato avrà agli
occhi della banca una maggiore capacità restituiva.
Documentazione su eventuali proprietà immobiliari ed eventuali ipoteche già
gravanti su di essi
I dati di eventuali garanti (genitori, coniuge o altri), consorzi di garanzia fidi.
Elenco dei clienti contattati e già interessati ad operare con noi con i tempi di
pagamento; elenco fornitori che si pensa di utilizzare con i tempi di pagamento
Tutte le altre informazioni utili per la valutazione della banca
2.2.2 Che cosa chiedere alla banca
Chiederemo ad esempio:
 Un consiglio su come strutturare il prestito, cioè l’ammontare da restituire a
medio/lungo termine (per gli investimenti) e quanto invece prevedere a breve
termine per il finanziamento ad esempio dell’acquisto dei prodotti da rivendere o della materia prima.
 A quanto ammontano le spese di istruttoria e il tasso di interesse previsto
che sarà composto dell’Euribor e da uno “spread” di almeno 4/6 punti. Le
start up ottengono ovviamente un rating piuttosto basso e quindi il costo del
denaro sarà prevedibilmente più alto rispetto ad un’azienda consolidata.
2.2.3 Il punto di vista della banca
La banca valuterà alcuni parametri ed è importante capire il suo punto di vista
per riuscire ad accedere meglio al credito:
 Il Business Plan e la sostenibilità economico-finanziaria del progetto
 La persona dell’imprenditore (per questo è importante fornire informazioni al
riguardo)
 la capacità di servizio del debito, cioè la capacità restituiva. Per capire meglio di che cosa parliamo, ecco un esempio. Se ho utili (non ricavi, ma ricavi
meno costi=utili) di 1.500 €/mese, sarà difficile restituire 500 € al mese se ho
una famiglia da mantenere ed un mutuo prima casa da pagare di altri 500 €. In
64

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genere la capacità restituiva dovrà essere più alta rispetto alla rata mensile del
prestito.
Le garanzie
- Garanzie “reali” e cioè principalmente su immobili19
- Garanzie personali20 dell’imprenditore e di altre persone con reddito adeguato e ancora meglio se conosciute dalla banca (fideiussione)
- Garanzie dei Confidi ex art 107. La garanzia dei Confidi sarà massimo del
50% sull’importo del finanziamento).
- Pegno di Bot, CCT, azioni
Le banche dati saranno consultate dopo aver avuto l’assenso per la privacy da
parte del richiedente.
o Banca dati protesti: contiene le notizie su cambiali e assegni protestati
negli ultimi 5 anni
o Banche dati catastali e ipoteche pregiudizievoli
o Crif, Centrale Rischi della Banca d’Italia
Cosa succede con la consultazione delle banche dati: se ad esempio non abbiamo pagato le rate di un mutuo sulla nostra casa questo emergerà
chiaramente. Anche le rate del finanziamento per l’acquisto dell’auto non
pagate probabilmente verranno segnalate, come forse anche i mancati pagamenti di bollette di utenze. Insomma se siamo cattivi pagatori nella nostra
vita privata il fatto emergerà e sicuramente non ci aiuterà molto
nell’ottenimento di un prestito per l’avvio di un’impresa….
Quindi se ci fosse qualche problema, magari dovuto ad un disguido, meglio
segnalarlo prima che venga effettuata la ricerca. Faremo così una migliore
figura e avremo una chance di spiegare come stanno le cose.
Che cosa facilita la concessione del prestito?
Sicuramente le conoscenze personali21 (cliente già conosciuto, ad esempio), la
storicità positiva del rapporto precedente, la sostenibilità economica dell’impresa,
l’entità del cofinanziamento proprio (minimo il 30%, meglio il 50%)
I Confidi
In caso non si disponga delle garanzie necessarie, ci si può rivolgere ad un
“Confidi”, cioè ad un consorzio o ad una cooperativa di garanzia, costituiti da im19
Le garanzie reali consistono in beni dati in garanzia alla banca. Se si tratta di beni mobili (titoli o altri beni)
si parla di pegno, nel caso la garanzia sia costituita da beni immobili (case, terreni) si parlerà di ipoteca. La
garanzia ipotecaria richiesta sarà in ogni caso maggiore rispetto all’ammontare del prestito richiesto (del
150% o anche del 200%)
20
La garanzia personale consiste in questo: la banca chiederà una firma dell’imprenditore o di uno dei soci, o
eventualmente di altre persone garanti. Con tale firma la persona si impegna a rispondere alle obbligazioni
assunte dall’impresa. Se l’impresa non pagasse, la banca si rivolgerà al garante.
21
In effetti se il nuovo imprenditore non è mai stato prima cliente, la banca si chiederà perché la sua banca non gli ha fatto
credito. E’ presumibile infatti che si sia già rivolto alla propria banca, ottenendo un diniego.
65
prenditori appartenenti ad una certa area economica. Avremo pertanto i Confidi
artigiani, quelli del commercio, quelli del settore industriale, del settore cooperativo, ecc. con sedi in genere presso le Associazioni di Categoria. Essi ricevono
spesso contributi, anche a volte in conto capitale, da parte di Regioni e Camere
di Commercio.
Da distinguere i Confidi che presentano certe caratteristiche (ex art. 107 della
legge bancaria, cioè vigilati dalla Banca d’Italia), da altri Confidi (ex art. 106, non
vigilati dalla Banca d’Italia).
Per trovare i Confidi, ci si può rivolgere alle associazioni di categoria di settore,
agli sportelli Nuova Impresa delle Camere di Commercio o effettuare direttamente una ricerca sul sito della Banca d’Italia.
Fisco e contributi
di Silvia Fongaro
1. Indicazioni generali
Innanzitutto non è consigliabile aprire la posizione in Camera di Commercio
come azienda o anche solo la partita IVA quale professionista prima di poter contare sulla certezza di avere un giro di affari sufficientemente garantito:
l’attribuzione anche del solo numero Iva fa immediatamente scattare una serie di
adempimenti (liquidazione iva, dichiarazione annuale, presentazione modello unico per i redditi, iscrizione all’INPS..) che comunque devono essere rispettati,
anche se si dovesse procedere ad una chiusura della stessa in tempi brevi.
In particolare i costi fissi legati possono essere elevati, se è necessario dare
l’incarico a un consulente per la tenuta di una contabilità che, per quanto sia
definita “semplificata” semplice non è affatto. E’ vero che l’onorario corrisposto
al professionista può essere dedotto dai ricavi realizzati, come del resto tutti quei
costi inerenti all’attività, ma si tratta in ogni caso di costi..
Non si pensi tuttavia che l’apertura della partita IVA consenta di poter dedurre
quello che si vuole: i costi devono essere sostenuti per lo svolgimento dell’attività
e devono essere inerenti quindi al lavoro eseguito. Non sono ammesse deduzioni
di acquisti effettuati a scopo familiare o personale.
2. Obblighi previdenziali e d assicurativi (INPS-INAIL)
66
L’imprenditore (che sia titolare di un’azienda individuale, socio di una società di
persone o anche solo amministratore ad es. di una Srl o un libero professionista)
deve essere iscritto a forme previdenziali ed assicurative.
In particolare gli artigiani hanno l’obbligo di iscrizione all’INPS gestione artigiani e all’Inail, mentre i commercianti e coloro che prestano altre attività di servizi
devono iscriversi unicamente all’INPS gestione commercio.
Invece se un imprenditore svolge un’attività di tipo industriale e si avvale di
operai non è tenuto all’iscrizione all’INPS gestione artigiana se il suo lavoro è
svolto prevalentemente con l’aiuto dei dipendenti e di macchinari. I soci amministratori anche di questo tipo di attività avranno però l’obbligo di iscriversi alla
gestione separata INPS, pagando i relativi contributi.
2.1 Iscrizione all’INPS come commerciante o artigiano
Chi si iscrive all’INPS come commerciante o artigiano deve obbligatoriamente
pagare un contributo fisso per l’anno 2015 di € 3.529,06 per gli artigiani e di €
3.543,05 per i commercianti.
Esiste un’eccezione per il regime fiscale forfettario per il quale non sussiste
l’obbligo di applicare il minimale contributivo: l’INPS verrà pagato in base al
reddito realizzato. Ciò significa che usufruendo ci tale regime si potrebbe anche
pagare meno del minimo contributo INPS, se il reddito è inferiore al minimo
di15.548 €
Salvo tale eccezione, tale contributo è obbligatorio a prescindere dai ricavi conseguiti nel corso dell’anno se si scelgono i regimi fiscali ordinari . Tale somma
viene pagata con frequenza trimestrale mediante dei modelli di pagamento denominati F24 che normalmente il commercialista o l’Associazione di Categoria
predispone.
Tale cifra è quella minima, calcolata sulla base di un ipotetico reddito che
l’imprenditore dovrebbe percepire pari ad € 15.548,00. Se l’imprenditore non riesce a produrre tale reddito nel corso dell’anno comunque i contributi cosiddetti
fissi (€ 3.529,06 per gli artigiani e 3.543,05 per i commercianti ) andranno pagati.
Se si dovesse superare il reddito annuale di euro 15.548,00, oltre ai contributi fissi
già versati, bisogna fare un calcolo sui contributi INPS cd. eccedenti il reddito
minimo
Quindi:
 il reddito minimo è pari a € 15.548;
67

il reddito massimo è fissato a € 76.872 (€ 100.324 per i soggetti privi di anzianità al 31.12.95).
Le aliquote contributive per il 2015 sono:
ALIQUOTE 2015
REDDITO
TITOLARE, SOCIO e
COLLABORATORE DI ETÀ
SUPERIORE A 21 ANNI
COLLABORATORE DI ETÀ
NON SUPERIORE A 21
ANNI
Artigiani
Commercianti
Artigiani
Commercianti
fino a € 46.123
22,65%
22,74%
19,65%
19,74%
da € 46.124 a € 76.872
ovvero
da € 46.124 a € 100.324
(*)
23,65%
23,74%
20,65%
20,74%
(*) Per i soggetti privi di anzianità al 31.12.95, iscritti alla Gestione IVS dal 1996
NOTA BENE:
 i contributi vanno calcolati sulla totalità dei redditi d’impresa dichiarati ai fini
IRPEF (e non soltanto sul reddito derivante dall’attività che dà titolo
all’iscrizione nella gestione di appartenenza); quindi se si è sia titolare di una
partita IVA da impresa individuale che socio di una società di persone e/o società di capitale i contributi INPS vanno calcolati sulla totalità dei redditi
prodotti dalla persona con le diverse realtà imprenditoriali.
 il minimale ed il massimale rappresentano limiti individuali e quindi sono riferiti al singolo soggetto e non all’intera impresa.
 Per i soggetti con piu’ di 65 anni di età già pensionati ex art. 59 comma 15 L.
449/97 è prevista la riduzione al 50% dei contributi dovuti sia dell’ammontare
dei fissi che della parte eccedente il minimale, per ottenere tale riduzione bisogna attivarsi personalmente mediante il sito www.inps.it servizi al cittadino.
2.1.1. Modalità e termini di versamento
Il pagamento va eseguito mediante mod. F24 per la compilazione del quale in
riferimento alle 4 rate fisse bisogna collegarsi al sito www.inps.it nella pozione personale, mentre gli f24 relativi all’inps eccedente il reddito minimale
viene calcolat0 con la dichiarazione dei redditi .
68
Acconti
4 quote fisse sulla base del reddito minimo(15.548) entro il
-18.05.2015
-20.08.2015
-16.11.2015
-16.02.2016
2 quote sul reddito eccedente il minimale entro il
-16.06.2015
-30.11.2015
Saldo
16.06.2016
2.2 Contributi INPS gestione separata (per collaboratori coordinati e continuativi, per lavoratori autonomi occasionali, semplici titolari di partita IVA,
amministratori società di capitali, per imprenditori non ricompresi tra i commercianti o gli artigiani)
Tale gestione è prevista per imprenditori, amministratori di società e liberi
professionisti che prestano attività di servizi e /o di consulenza e che sono sprovvisti di altra forma di copertura previdenziale.
Per tale gestione contributiva non esiste un limite minimo di reddito che genera
obbligo di versamento, nel senso che se non viene prodotto reddito, non c’è
l’obbligo di pagare nessun contributo previdenziale. Esiste invece un limite massimo di reddito al di sopra del quale non si versa più il contributo INPS: esso è
fissato in € 100.324 (massimale di reddito contributivo annuo).
Aliquote 2015 da applicare sul reddito annuale (ricavi-costi)
ALIQUOTA 2015
SOGGETTI ISCRITTO ALLA
GESTIONE SEPARATA INPS
 Pensionato
23,5%
 Iscritto ad altra gestione obbli69
gatoria
Non iscritto ad altra gestione
obbligatoria e non pensionato
Titolare di p.iva
27,72%*
Non titolare di p.iva (co.co.co,
co.co.pro, associato in partecipazione, venditore porta a porta ecc
30,72%**
Aliquote previste per i prossimi anni: *2016 ___28,72%,aliquota 2017 __29,72%; ** aliquota 2016 _31,72%, aliquota 2017__32,72%. N.B. Tali aliquote sono comprensive anche di uno 0,72% quale contributo assistenziale per il finan‐
ziamento dell’indennità di maternità e paternità, degli assegni al nucleo familiare, dell’indennità di malattia e del trattamento economico per congedo parentale. Modalità e termini di versamento Gestione separata INPS
SOGGETTO
OBBLIGATO
LAVORATORE AUTONOMO:
- SENZA CASSA
PREVIDENZIALE DI
APPARTENENZA
CO.COPRO
CO.CO.CO
VENDITORE PORTA A PORTA
LAVORATORE AUTONOMO
OCCASIONALE
ASSOCIATO IN
PARTECIPAZIONE
ONERE
CONTRIBUTIVO
VERSAMENTO
A CURA
TERMINE
DEL
Interamente a carico A cura del lavoentro il termine
del lavoratore auto- ratore autonomo
previsto per le
mediante compi- imposte sui redditi
nomo
lazione di un
con la modalità
(possibilità di maggiomod.F24 da
dell'acconto (80%) e
rare il compenso del
pagare in banca
del saldo
4%)
-2/3 a carico commitEntro il giorno 16
tente
del mese successivo
Committente
a quello di paga-1/3 a carico del premento del compenso
statore
-55% a carico
Entro il giorno 16
dell’associante
del mese successivo
Associante
a quello di paga/committente
-45% a carico
mento del compenso
dell’associato
70
3. Obbligo pagamento premi INAIL
Si tratta di un’assicurazione obbligatoria che copre i dipendenti lavoratori, ma
anche gli imprenditori.
L’obbligo per l’iscrizione all’inail è previsto per gli imprenditori individuali
artigiani oltre che per i loro dipendenti e collaboratori familiari.
Per i soci lavoratori di una srl sia commerciale che di servizi è obbligatorio iscriversi all’inail.
Anche i soci di società di persone devono iscriversi all’inail.
Il titolare di ditta individuale commerciale non è obbligato all’iscrizione
all’inail, invece è obbligatoria l’iscrizione all’inail dei suoi collaboratori familiari
I tassi applicati vengono comunicati dall’INAIL ogni anno all’impresa e dipendono dal tipo di attività esercitata e quindi dalla classe di rischio assegnata
dall’istituto Inail a seconda del tipo di attività economica.
Ad esempio un elettricista senza dipendenti potrebbe pagare all’anno poco meno di 300,00 €, mentre un estetista circa 170,00 € e un pizzaiolo verserebbe poco
più di 320,00 €. Si tratta quindi di cifre molto più basse rispetto ai contributi
INPS.
4. E il fisco? Avvertenze sui problemi fiscali nella fase di
avvio.
Quando si apre la partita IVA oltre al tipo di attività (con relativo codice Ateco)
bisogna indicare anche il regime contabile che si intende applicare.
4.1 La scelta del regime contabile
La possibilità di scelta sono 4:
 Regime dei Minimi D.L.n.98/2011 art. 27 attivabile fino al 31.12.2015
 Regime fiscale agevolato forfettario - (introdotto dall’art. 1, commi 54-89
della L. 190/2014 )
 Regime semplificato
 Regime ordinario
Quanto dura la scelta del regime fiscale:
 Il regime agevolato per i contribuenti minimi vale per il periodo di imposta in cui si è iniziato l’attività e per i quattro successivi; per i giovani
71
questo periodo può essere maggiore, ma non oltre il periodo di imposta di
compimento del trentacinquesimo anno di età:
ad esempio un
trentasettenne che ha iniziato la sua attività nel 2013 ne uscirà nel dicembre del 2017, mentre un diciottenne che inizia la propria attività
imprenditoriale nel 2015 potrà beneficiare del regime agevolato fino al
compimento del sui trentacinquesimo anno di età.
 Il regime fiscale agevolato forfetario non è soggetto a scadenza . La cessazione avviene semmai dall’esercizio successivo a quello in cui viene
meno una delle condizioni richieste per l’adesione a tale regime .
 Regime semplificato: è applicabile fin tanto che il contribuente non supera
determinati limiti quantitativi di fatturato/ ricavi che sono pari ad €
400.000 per le prestazioni di servizi e 700.000,00 per le attività di commercio e o industriali.
 Regime ordinario può durare a tempo indeterminato.
2 Regime agevolato per i contribuenti minimi
2.1 I vantaggi
Tale regime prevede una tassazione piuttosto favorevole:
 Non si applica l’IVA sulle fatture emesse e conseguentemente l’IVA sugli
acquisti diventa per l’imprenditore un maggior costo che viene ad aggiungersi al costo delle spese , ma che viene completamente dedotto dai ricavi
come costo nell’anno di pagamento; es: se il costo di una merce è pari ad
€ 500+ IVA = € 110, il contribuente si deduce come componente negativo
dai suoi ricavi 610 €
 Ai fini delle imposte si subisce una tassazione del 5% sul reddito conseguito. Si tratta di un’imposta sostitutiva che elimina e sostituisce
completamente l’IRPEF, l’addizionale regionale e comunale e l’IRAP.
 Non si è assoggettati agli studi di settore e/o parametri che sono strumenti
di quantificazione induttiva dei ricavi ai fini dell’accertamento da parte
dell’Agenzia delle entrate.
 Il reddito sul quale applicare tale imposta (5%) è costituito dalla differenza
tra l’ammontare dei ricavi percepiti e quello delle spese sostenute
nell’anno.
 I contributi previdenziali (Inps , Inpdap, Cpa ecc) si deducono dal reddito.
 Il titolare di partita IVA con il regime dei minimi è esonerato dagli obblighi di liquidazione e versamento dell’IVA e da tutti gli obblighi di
72
registrazione delle fatture emesse e di acquisto, di dichiarazione IVA annuale.
 È esonerato dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili ai fini delle imposte sul reddito
 E’ esonerato dall’emissione delle fatture con l’applicazione dell’IVA e
quindi risulta più competitivo sul mercato se i suoi clienti sono privati in
quanto eroga un servizio che costa il 22% in meno.
Il mancato rispetto dei requisiti di accesso implica la decadenza dal regime con l’applicazione della tassazione ordinaria IRPEF progressiva per
scaglioni di reddito oltre che dell’IRAP, dell’addizionale regionale e comunale e dell’IVA .
2.2 Le condizioni per usufruirne
Intanto si premette che il regime è applicabile solo a ditte individuali e a partite
IVA professionali.
Per usufruire del regime dei contribuenti minimi bisogna che tutte le seguenti
condizioni siano rispettate:
1) Nei 3 anni precedenti l’apertura della partita IVA non sia stata esercitata
un’attività d’impresa o di lavoro autonomo
2) L’attività iniziata non costituisca “mera prosecuzione” di altra attività precedentemente svolta (in forma di lavoro dipendente o autonomo)
3) Nell’anno precedente i ricavi annuali non siano superiori a € 30.000 (rapportati ad anno)
4) Non siano state effettuate vendite in paesi extra Unione Europea
5) Non avere dipendenti o lavoratori a progetto
6)Nel triennio precedente acquisti di beni strumentali, anche tramite locazione
o leasing, non superiori a € 15.000
7) Il soggetto non si avvale di regimi speciali IVA (es. agriturismo, cessione di
generi di monopolio, vendita di beni usati)
8) Il soggetto è residente in Italia
9) L’imprenditore non è associato o socio di società di persone, associazioni professionali o Srl trasparenti.
Qualora tutte queste condizioni siano rispettate, il contribuente può applicare per
l’anno in corso (2015) il nuovo regime dei minimi che, fermo restando il rispetto
dei requisiti anche negli anni successivi, ha la seguente durata:
73
• 5 anni compreso l’anno di inizio attività in generale
• per i giovani anche oltre i 5 anni, ma in ogni caso non oltre al compimento dei
35 anni di età
3. Regime forfettario
3.1 I vantaggi
 Non si applica l’IVA sulle fatture emesse e conseguentemente l’IVA sugli
acquisti diventa per l’imprenditore un maggior costo che viene ad aggiungersi al costo delle spese. Si evidenzia che i costi analitici non vengono
considerati in quanto si applica una percentuale di costi forfettaria decisa
dall’amministrazione finanziaria al fine del conteggio del reddito netto sul
quale calcolare il carico fiscale.
 Ai fini delle imposte si subisce una tassazione del 15% sul reddito imponibile, applicando però ai ricavi il coefficiente di redditività indicato
dalla Legge, diverso a seconda del codice Ateco che risulta nella visura
camerale (vedi tabella sotto riportata). Si tratta di un’imposta sostitutiva
che elimina e sostituisce completamente l’IRPEF, l’addizionale regionale e comunale e l’IRAP.
 In caso di avvio di attività è possibile usufruire di una riduzione pari ad
1/3 del reddito imponibile per tre anni su cui si applica poi la tassazione del 15% se:
o Il contribuente non ha esercitato nei 3 anni precedenti attività artistica, professionale o d’impresa (anche in forma associata o
familiare)
o L’attività non costituisce una mera prosecuzione di altra attività
svolta in precedenza in forma di lavoro autonomo o dipendente
o In caso di prosecuzione dell’attività prima esercitata da un altro
soggetto, i ricavi del periodo precedente non devono superare i limiti previsti.
 Non si è assoggettati agli studi di settore e /o parametri che sono strumenti
di quantificazione induttiva dei ricavi ai fini dell’accertamento da parte
dell’Agenzia delle entrate né alla comunicazione clienti e fornitori e black
list
 I contributi previdenziali (INPS, Inpdap, Cpa ecc) si deducono dal reddito.
74
 Il titolare di partita IVA con il regime forfettario è esonerato dagli obblighi di liquidazione e versamento dell’IVA e da tutti gli obblighi di
registrazione delle fatture emesse e di acquisto, di dichiarazione IVA annuale. Dovrà però numerare e conservare le fatture di acquisto e le
eventuali bollette doganali, nonché conservare le eventuali certificazioni di
corrispettivi ed altri documenti inerenti all’attività.
 È esonerato dagli obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili ai fini delle imposte sul reddito
 E’ esonerato dall’emissione delle fatture con l’applicazione dell’IVA e
quindi risulta più competitivo sul mercato se i suoi clienti sono privati in
quanto eroga un servizio che costa il 22% in meno salvo applicazione della
marca da bollo da € 2 in caso di fattura superiore ad € 77,47
 Non sono tenuti ad operare ritenute alla fonte, fermo restando l’obbligo
di indicare in dichiarazione dei redditi il codice fiscale del percettore delle
somme che non sono state assoggettate a ritenuta.
 Gli imprenditori potranno accedere ad un regime contributivo (contributi
INPS) agevolato che permette di non applicare il minimale contributivo
(quindi pagando in base al proprio reddito effettivo, inferiore al minimo
contributivo INPS)
3.2 Tabella di riferimento per i ricavi e la redditività
Tipo di attività
Industrie alimentari e delle bevande (cod. Ateco 10-11)
Commercio all’ingrosso e al dettaglio (cod. Ateco 45,
Soglia ricavi €
35.000
40.000
Redditività
40%
40%
30.000
40%
20.000
54%
15.000
15.000
40.000
15.000
86%
62%
40%
78%
20.000
67%
da 46.2 a 46.9, da 47.1 a 47.7; 47.9)
Commercio ambulante di alimentari e bevande
(Ateco 47.81)
Commercio ambulante di altri prodotti (cod. Ateco
47.82-47.89
Costruzioni e attività immobiliari (Ateco 41-42-43; 68)
Intermediari del commercio (Ateco 46.1)
Attività dei servizi di alloggio e ristorazione
Attività di professionisti, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari (Ateco 64-65-66;
69-70-71-72-73-74-75; 85; 86; 87; 88)
Altre attività economiche (Ateco 01-02-03; 05-06-07-0809; 12-13-14-15-16-17-18-19-20-21-22-23-24-25-26-27-28-2930-31-32-33; 35-36-37-38-39; 49-50-51-52-53; 58-59-60-61-6263; 77-78-79-80-81-82; 84; 90-91-92-93; 94-95-96-97-98-99)
75
3.3. Tabella di CONFRONTO DEI REQUISITI per accesso e mantenimento del regime dei minimi e forfettario
Condizioni di accesso in merito
attività svolta in precedenza
Divieti
Tetto annuo ricavi
Spese per il personale
Spese per gli investimenti
Base imponibile
Imposta sostitutiva
Cumulabilità con altri redditi
Durata
Fuoriuscita dal regime se si
perdono i requisiti
REGIME FORFETTARIO
Nessuna
Contemporanea partecipazione a
società o associazioni per le quali è
prevista l’imputazione degli utili ai
singoli soci
Da 15.000 a 40.000 a seconda del
codice Ateco che identifica l’attività
esercitata
Ammesse fino a 5.000 euro l’anno
Costo complessivo, al lordo degli
ammortamenti, dei beni strumentali
alla chiusura dell’esercizio non
superiore a 20.000 euro.i beni per
uso promiscuo sono contabilizzati
al 50 per cento
Calcolata su base forfettaria variabile in riferimento all’attività
esercitata da un minimo del 40% ad
un massimo del 78%. Deducibilità
piena per i contributi previdenziali
obbligatori. Imponibile ridotto di un
terzo nei primi tre anni in caso di
nuova attività mai esercitata in
precedenza
15%
Cumulabile con redditi da lavoro o
da pensione solo se il reddito da
attività autonoma è >, ovvero nel
caso in cui la somma tra le due
tipologie di reddito non superi la
soglia annuali di € 20.000
Senza limiti di tempo
L’anno successivo
REGIME DEI MINIMI
Solo nuove attività non esercitate nei tre
anni precedenti la richiesta di p.iva
Contemporanea partecipazione a società
o associazioni per le quali è prevista
l’imputazione degli utili ai singoli soci.
Vietato effettuare esportazioni
30.000
Escluse a meno che non si tratti di
lavoro accessorio pagato con voucher
Importo complessivo di € 15.000 nel
triennio solare. I beni per uso promiscuo
sono contabilizzati al 50%
Reddito al netto delle spese deducibili
inerenti l’attività esercitata. Deduzione
al 50% per le spese relative a beni di uso
promiscuo. Deducibilità piena per i
contributi previdenziali obbligatori
5%
Cumulabile con tutte le tipologie di
reddito
5 anni di base, fino ai 35 anni di età per
chi avvia l’impresa prima dei 30 anni
Nello stesso anno di imposta
La convenienza ad adottare il regime sostitutivo forfetario deve essere valutata verificando la tassazione effettiva in capo all’interessato. Infatti,
scegliendo tale regime fiscale non è possibile dedurre ad esempio gli oneri
detraibili (spese mediche, assicurazione sulla vita, spese di recupero del
patrimonio edilizio, interessi su mutuo ecc.) e quindi la nuova struttura
dell’IRPEF in vigore dal 2015 può far diminuire l’appetibilità di questo
regime contabile.
76
Commento [B1]: X Silvia Rielggere….
La scelta del regime forfettario o dei minimi è influenzata infine anche dal
possesso di eventuali altre categorie di reddito (fabbricati, quali affitti redditi diversi quali rendite di capitale e o ricevute di collaborazione
occasionale o di diritti d’autore, ecc.). che rendono più o meno conveniente
la tassazione con tali regimi.
3.4. Esempio di confronto di convenienza tra regime dei minimi, regime forfettario e regime ordinario
Ipotesi di lavoratore autonomo con fatturato annuo di 15.000 soggetto a inps tassazione separata
con € 5.000 di costi annui senza altri tipi di reddito nè con carichi di famiglia ne spese mediche
deducibili.
Ricavi/compensi al netto dell'IVA Costi deducibili al netto di IVA IVA su fatture acquisto Coefficiente di redditività previsto Reddito forfetario lordo Abbattimento per start‐up NO Imponibile contributivo Contributi previdenziali versati Reddito d'impresa, arte o professione Regime Forfetario 15.000 Regime Regime Minimi Ordinario 15.000 15.000 (5.000)
(5.000)
(1.100) 78,00% 11.700 ‐ 11.700 8.900 10.000 (3.243)
(2.467)
(2.772)
8.457 6.433 7.228 77
CALCOLO DI CONVENIENZA Reddito d'impresa, arte o professione al netto contr. Reddito da lavoro dipendente e assimilati Reddito da pensione Altri redditi (diversi, altri assimilati...) Redditi da terreni e fabbricati REDDITO COMPLESSIVO Altri oneri deducibili irpef IMPONIBILE IRPEF IMPONIBILE IMPOSTA SOSTITUTIVA IRPEF LORDA Detrazione per familiari a carico Detrazioni per tipologia di reddito Altre detrazioni IRPEF NETTA Addizionale regionale 0,90% Addizionale comunale 0,20% IMPOSTA SOSTITUTIVA IRAP 3,90% TOTALE IMPOSTE REGIME FORFETARIO 2015
REGIME DEI MINIMI
8.457 ‐ ‐ ‐ ‐ 8.457 ‐ ‐ 8.457 6.433 ‐ ‐ ‐ ‐ 6.433 ‐ ‐ 6.433 ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ 1.269 322 1.269 322 3.243 2.467 4.512 2.789 REGIME ORDINARIO 7.228 ‐ ‐ ‐ ‐ 7.228 ‐ 7.228 1.662 ‐ (1.051) ‐ 612 65 14 585 1.276 CONTRIBUTI PREVIDENZIALI (solo artig. e comm.) TOTALE IMPOSTE E CONTRIBUTI In questo caso a parità di condizioni risulta piu’ conveniente il regime dei minimi, ma si precisa
che questo esito non è sempre così. Anzi molte volte è piu’ conveniente il regime ordinario.
78
2.772 4.048 4. Contabilità semplificata
4.1 I vantaggi
Tale regime è definito “semplificato” solo dal punto di vista del minor numero di
libri contabili che debbono essere aggiornati e tenuti dal titolare di partita iva e
precisamente:
• Libro beni ammortizzabili
• Registri IVA
• Libro unico del lavoro in caso di assunzione di dipendenti
Tale regime non prevede nessuno sconto in termini di imposte che rimangono
sempre le seguenti:
- Irpef
- Irap
- Addizionale regionale
- Addizionale comunale
Inoltre saranno da pagare INAIL e INPS. L’azienda sarà soggetta agli studi di
settore.
4.2 Chi può usufruirne
Il regime della contabilità semplificata è previsto:
1. Per i titolari di partita IVA che non superano ricavi annui pari a:
€ 400.000 in caso di prestazione di servizi
€ 700.000 in caso di attività di commercio
2. Possono usufruire della contabilità semplificata sia le ditte individuali che le
società di persone che si trovano al di sotto di tali limiti.
3. Non è applicabile tale regime all’esercizio dell’attività di impresa sotto forma
di società di capitali, quindi ad es. le Srl, le SpA o le società cooperative non possono usufruirne.
5. La contabilità ordinaria
Si tratta di una categoria residuale che non ha alcun vantaggio particolare e può
essere utilizzata da tutti.
La tenuta della contabilità con il sistema ordinario è obbligatoria al superamento
della somma di € 400.000 di ricavi annui fatturati in caso di prestazione di servizi
e di € 700.000 in caso di commercio e attività industriali, ma si può scegliere tale
regime anche se non si superassero tali limiti di fatturato.
79
Il regime ordinario è inoltre obbligatorio per chi intende svolgere un’attività economica organizzata sotto forma di società di capitali (es: Srl, Spa, Scpa, Scarl o
Srl semplificate).
Chi adotta il regime ordinario deve tenere i seguenti registri:
• il libro giornale
• il libro inventari
• i registri IVA
• il registro beni ammortizzabili
• il libro unico del lavoro in caso di assunzione del personale dipendente.
Dal punto di vista del carico fiscale avremo: Irpef (se ditta individuale o società di
persone) o Ires (se società di capitali23), Irap, Addizionale regionale, Addizionale comunale.
Inoltre saranno da pagare INAIL e INPS e l’azienda sarà soggetta agli studi di
settore.
4.5.1 La tenuta della contabilità nel regime ordinario
La contabilità deve essere tenuta in partita doppia e deve rilevare in maniera sistematica tutti i fatti gestionali che determinano movimenti di denaro, insorgere di
debiti e di crediti.
La tenuta della contabilità ordinaria prevede l’impostazione di un piano dei conti
e la redazione del bilancio di fine anno composto da “Situazione Patrimoniale” e
“Conto Economico” per la determinazione del risultato di esercizio. Pur rappresentando in maniera ordinata e veritiera tutti i fatti aziendali la contabilità
ordinaria non sempre è adatta alle imprese di piccole dimensioni, in quanto la sua
tenuta richiede competenze professionali non sempre alla portata di tali imprese.
6. La prima fattura
Una volta scelto il regime contabile ed avviata l’attività comincerò ad emettere le
prime fatture.
La norma istitutiva dell’IVA definisce il momento in cui la fattura deve essere
emessa e cioè:
 nel momento in cui il lavoro o la merce è stata consegnata;
 se il contratto lo prevede al momento dell’incasso dell’eventuale acconto sul
compenso stabilito;
80

al ricevimento di qualsiasi somma da parte del cliente , anche a titolo di fondo
spese .
Esempio di fattura di un’impresa
Media Italia Snc di Silvia Fongaro
Via Cusano n.12
Roma
P.IVA 03730410283
fattura n.12/2015 del 15.04.2015
Egr. sig.
Milanetto Devis
Viale dell’industria n.23/b
00100 Roma
Cf.MLNDVS69E06G224U
prestazione di servizi vari
1.000,00
Iva 22% su € 1.000,00
220,00
________
Totale a pagare
1.220,00
81
Esempio di fattura emessa da un libero professionista
Silvia Fongaro
Via Cusano n.12
00100 Roma
CF: FNGSVL73T54C964K
p.iva 03730410283
fattura n.1/2015 del 14.01.2015
Spett.le
Ares srl
Viale dell’industria n.23/b
00100 Roma
p.iva 035689003
prestazione di consulenza
1.000,00
Rivalsa 4% inps
40,00
Iva 22% su € 1.040,00
228,80
Totale
1.268,80
- Ritenuta d’acconto1 del 20% su € 1.040,00 - 208,00
Netto a pagare
1.060,80
Attenzione!
Se non si usufruisce dell’ipotesi di liquidazione dell’IVA per cassa (prevista del DL
185/2008, normativa che il professionista contabile o la società di servizi contabili che
segue l’impresa potrà proporre al proprio cliente), indipendentemente dal pagamento del
corrispettivo o compenso nasce l’obbligo per il titolare di partita IVA in ogni caso di versare l’IVA secondo i termini previsti per ciascun regime contabile vigente. In pratica ci si
può trovare a dover versare l’IVA senza aver ricevuto dal cliente il controvalore della fattura e quindi di restare fuori con delle cifre consistenti.
1
Nell’esempio di fattura proposto la prestazione è stata resa da un professionista a favore di un’impresa o
comunque a favore di un altro soggetto dotato di partita IVA. Come si può notare è stata operata la ritenuta
d’imposta a titolo di acconto del 20%, si tratta di un acconto dell’iìIrpef (imposta sul reddito delle persone
fisiche) che si subisce ogni qualvolta che si emette una fattura. Tale ritenuta non si applica per le prestazioni
rese a favore di privati. La ritenuta d’acconto verrà versata dal proprio cliente mediante un modello di pagamento chiamato F24. Di tale acconto si terrà conto alla fine dell’anno nel momento di calcolo delle imposte
sul reddito prodotto.
82
7. Le imposte collegate ad un’attività d’impresa o ad una
libera professione
7.1 L’IVA
L’IVA è un’imposta generale sui consumi che colpisce solo l’incremento di valore che un bene o un servizio acquista ad ogni passaggio economico (valore
aggiunto), a partire dalla produzione fino ad arrivare al consumo finale del bene o
del servizio stesso.
Attraverso un sistema di detrazione e rivalsa, l’imposta grava completamente
sul consumatore finale mentre per il soggetto passivo d’imposta - ad esempio
l’imprenditore o il professionista - l’IVA resta neutrale.
Il soggetto passivo d’imposta, cioè colui che cede beni o servizi, può infatti detrarre l’imposta pagata sugli acquisti di beni e servizi effettuati nell’esercizio
d’impresa, arte o professione, dall’imposta addebitata (a titolo di rivalsa) agli acquirenti dei beni o dei servizi prestati.
L’IVA pertanto rappresenta un costo solamente per i soggetti che non possono
esercitare il diritto alla detrazione e quindi, in generale, per i consumatori finali.
Nell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto occorre quindi distinguere il
contribuente di fatto (il consumatore finale) che ne sopporta l’onere economico e
il contribuente di diritto (di norma un imprenditore o un professionista) su cui
gravano tutti gli obblighi del soggetto passivo d’imposta e che quindi effettuerà i
versamenti al fisco.
Esempio sull’IVA
Un commerciante acquista da un produttore merce per un valore di 1000 euro, per cui pagherà
una somma di € 1220 (1000 + 220 di IVA). Supponiamo che il commerciante lo rivenda al consumatore a € 1200 + IVA. Al momento della vendita il consumatore finale verserà al commerciante
una somma di € 1464 (1200 + 264 di IVA). La somma che il commerciante è tenuto a versare allo
Stato non è € 264, ma 264 – 220 = € 44 (IVA che il commerciante ha ricevuto dal consumatore
finale al netto di quella versata per acquistare la materia prima).
In questo senso il commerciante è soggetto passivo d’imposta e può detrarre l’imposta pagata
sugli acquisti (€ 220 di IVA pagati all’acquisto della materia prima) dall’imposta addebitata sulle
vendite (€ 264 di IVA versate dal consumatore finale al commerciante). Inoltre, il commerciante è
anche neutrale rispetto all’IVA: ha ricevuto dal consumatore finale € 264 di IVA, ne ha versato 220
al momento dell’acquisto della materia prima e altre 44 allo Stato (in totale non ha ricavato, né
perso nulla in termini di IVA).
Il consumatore finale, invece (che non rivende la merce, né ne aumenta il valore, ma semplicemente la utilizza per i suoi scopi privati), sopporta interamente il peso dell’IVA versata allo Stato,
senza poter detrarre nulla.
Le percentuali dell’IVA variano a seconda della tipologia del servizio o della vendita effettuata
si va dal 4% (per al vendita di beni di prima necessità quale alimentari, stampa ecc.) al 22% che
attualmente è l’aliquota ordinaria.
83
7.2 Le altre imposte gravanti sul reddito
L’IVA non è l’unica “tassa” da gestire quando si svolge un’attività economica. Tasse imposte
e contributi sono l’incubo del lavoratore autonomo, non soltanto per il loro peso economico, ma
anche perché la preoccupazione di sbagliare o dimenticarsi qualche adempimento distoglie
l’attenzione da quella che dovrebbe essere l’attività propria produttiva.
La contabilità dell’IVA serve anche a calcolare esattamente le imposte e i contributi dovuti dal
lavoratore autonomo/impresa che sono i seguenti:
IRPEF: imposta sul reddito delle persone fisiche, che si calcola con aliquote progressive su diversi scaglioni di reddito ovvero all’aumentare del reddito aumenta anche la percentuale di Irpef da
applicare. Con l’Irpef si paga anche l’addizionale Comunale e quella Regionale.
IRAP: imposta regionale sulle attività produttive pari al 3,9% del reddito.
IRES: l’imposta che grava sulle società di capitali.
ATTENZIONE!!!
GLI STUDI DI SETTORE
Chi apre un’attività deve anche fare i conti con la dichiarazione degli studi di settore, introdotta
nel nostro ordinamento circa 15 anni fa. Gli studi di settore consentono la determinazione dei ricavi
o dei compensi presumibilmente realizzati dagli stessi. Gli studi di settore sono stati elaborati attraverso la raccolta di dati contabili ed extracontabili relativi all’attività e al contesto economico in cui
opera l’imprenditore o il libero professionista.
Un’imprenditore può dichiarare un reddito minore rispetto al reddito che emerge dallo studio di
settore, ma ciò costituisce il presupposto per un accertamento fiscale.
Ci sono delle cause di non applicazione di tale strumento quali ad esempio il primo anno di
attività o l’ultimo anno oppure se ci si trova in condizioni di non normale svolgimento della propria
attività quale ad esempio una malattia o delle interruzioni per lavori di ristrutturazione del locale
dove si esercita la professione. Si ricorda che non sono soggetti agli studi di settore i titolari di
partita IVA in regime dei minimi o in regime forfetario.
In ogni caso i controlli da studi di settore vengono eseguiti previo contraddittorio con il contribuente
e l’ufficio non è legittimato all’emissione di un avviso di accertamento in automatico basato esclusivamente sul livello di non allineamento dei ricavi dichiarati rispetto a quelli elaborati attraverso lo
studio di settore. Il contribuente può sempre provare l’illegittimità dell’applicazione degli studi attraverso la produzione di elementi relativi alla propria specifica realtà imprenditoriale ad esempio se si
è una pizzeria per asporto si può sostenere che i ricavi sono bassi in quanto nello stesso quartiere
convivono anche altre tre negozi che vendono prodotti analoghi.
84
Il marketing:
a chi vendo?
di Cristina Mariani
1. La mia idea può stare sul mercato?
E così avete trovato un'idea per una nuova impresa che vi sembra valida. Ora
bisogna chiedersi se questa idea può stare in piedi, se il prodotto troverà clienti
disposti a spendere soldi per acquistarlo (e se sì, quanto): in altre parole, se esiste
un mercato per la vostra nuova idea imprenditoriale.
Ma cosa significa "mercato"? Quando pongo questa domanda nei miei corsi
invito sempre i partecipanti a stare molto sul concreto e a pensare al tradizionale
mercato rionale: un insieme di bancarelle (frutta e verdura, pigiami, scarpe...),
gente che passeggia, che guarda, che compra; e altra gente che sta dietro al banco
e vende.
Un mercato è un luogo (in questo caso fisico, ma può anche non esserlo) dove
c'è uno scambio di prodotti o servizi contro denaro. Gente che compra, gente
che vende, gente che guadagna.
E' indispensabile che ci sia uno scambio di denaro e che ci sia un profitto perchè un'azienda non è una Onlus ma un'entità che ha bisogno di conseguire un
utile per stare in piedi e per continuare nel tempo. Questo può sembrare scontato ma è bene ricordarlo subito perchè le teorie relative alla "mission" e alla
"vision" dell'azienda possono rischiare di far passare in secondo piano il fatto che
prima di ogni altra cosa l'obiettivo dell'impresa deve essere il profitto, altrimenti non sta in piedi, non dura e non può conseguire nessun altro risultato per
quanto nobile (come il miglioramento delle condizioni dei clienti, l'interesse degli
stakeholder come azionisti e lavoratori, oppure l'ecologia, ecc ecc).
85
Aprire una nuova impresa equivale in un certo senso a mettere una nuova bancarella nel mercato rionale. Il "mercato" è composto da tre elementi: la mia
bancarella (io, l'azienda); i clienti che, si spera, trovano il mio prodotto interessante al punto di darmi dei soldi per portarselo a casa; e i concorrenti, cioè tutti
coloro che già posseggono altre bancarelle. Probabilmente sul mercato c'è già
qualcuno che vende lo stesso prodotto o qualcosa di simile. Salvo prodotti totalmente innovativi come l'iPad (l'eccezione che conferma la regola), c'è sempre
qualcuno che già propone qualcosa di simile alla nostra soluzione o che comunque soddisfa - in un modo o nell'altro - i bisogni dei clienti. Vedremo meglio in
seguito chi sono i concorrenti e perchè è così importante conoscerli e studiarli; ma
qui mi interessa sottolineare due cose:
- chi apre un'azienda è l'ultimo arrivato sul mercato, e per quanto la sua idea
sia innovativa o geniale, dovrà vedersela con concorrenti che hanno il vantaggio
di essere arrivati prima di noi (conoscono il cliente, conoscono il mestiere, hanno
magari fidelizzato la clientela, ecc.). La novità non sempre è un vantaggio: c'è
l'inerzia, l'abitudine e in molti settori il rischio del cambiamento ("finora mi sono
trovato bene con il mio solito fornitore, perchè dovrei cambiare e magari pentirmene?");
- chi apre una nuova azienda deve essere in grado di fare ai clienti potenziali
una proposta di valore o vantaggio competitivo (spiegherò meglio in seguito
questo importantissimo concetto, per ora seguitemi nel ragionamento) ben precisa
e più forte di "stesso prodotto dei concorrenti, ma a prezzo più basso"
Capire se la nuova impresa può stare sul mercato significa innanzitutto che la
proposta di valore sia chiara, forte e ben definita; la proposta di valore è il motivo per cui il cliente dovrebbe comprare proprio da noi anzichè da un
concorrente. Per far ciò occorre innanzitutto conoscere e studiare la concorrenza e
fare la stessa cosa con la categoria (o categorie) di clienti a cui si decide di rivolgersi.
Ricordiamo che i clienti non "capitano" ma, nel definire il proprio posizionamento, ogni azienda sceglie di proporre i propri prodotti o servizi ad una
determinata categoria di clienti e spesso ha senso rivolgersi in modo prevalente
a quei clienti che apprezzano maggiormente il nostro vantaggio competitivo, la
nostra particolarità, la nostra caratteristica distintiva.
86
2. Esiste un cliente disposto a comprare il mio prodotto
o il mio servizio?
Mi capita spesso di lavorare con le Camere di commercio per seminari o consulenze rivolte ai nuovi imprenditori e in questo ambito ho constatato che quasi
sempre il processo di creazione di una nuova attività è il seguente:
prodotto -> prezzo -> cliente
Si progetta o si immagina un prodotto o un servizio, quindi si cerca di calcolarne il prezzo, infine ci si pone il problema di cercarsi dei clienti per questa
nuova azienda (dalle app per smartphone, a oggetti di bigiotteria, ai servizi turistici più disparati). Ma questo processo comporta delle insidie: non è detto che esista
davvero un cliente (e quindi un mercato) per ciò che abbiamo in mente.
Per questo ha molto più senso fare il percorso inverso: prima di tutto verificare se esiste un cliente per l'offerta che stiamo progettando, poi ipotizzare
un prezzo che quel cliente è disposto a pagare, e solo alla fine progettare un
prodotto (o definire un servizio) che abbia quelle specifiche caratteristiche (se ciò
è possibile), secondo lo schema;
Cliente -> Prezzo -> Prodotto
In ambito produttivo questo metodo si chiama "Design-to-cost", cioè il processo che richiede prima di tutto di ideare un prodotto che abbia un costo ben definito
e poi progettarlo con l'obiettivo preciso che il prodotto abbia quel costo (e quindi
quel prezzo) che quel determinato cliente (studiato, conosciuto, verificato) sia
disposto a pagare.
Altrimenti si rischia di commettere errori.
3. Cosa vuol dire marketing: le 4P
Nel rivolgersi a nuovi imprenditori la mia esperienza mi ha insegnato a fare
preliminarmente un po' di chiarezza sulle parole usate. Mi accorgo che spesso si
fa confusione tra parole come marketing, promozione, vendite, pubblicità e comunicazione. Quando chiedo in aula cosa vuol dire marketing, mi rendo conto che
si pensa che il marketing riguardi solo le attività relative alla promozione delle
vendite della propria impresa come ad esempio predisporre depliant e volantini,
progettare eventi, fare pubblicità, gestire il sito web o la pagina Facebook.
In realtà la promozione è solo una delle 4 P del marketing, che comprende anche decisioni relative al prodotto o al servizio (quale prodotto proporre, quale
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ampiezza o profondità della gamma o dell'assortimento, che livello di prodotto
offrire....), al canale di vendita (in inglese, "place") (apro un negozio, una boutique o un outlet? provo con l'ecommerce? mi avvalgo di distributori o grossisti?
oppure cerco degli agenti di vendita? o dei partner con cui allearmi?) e al prezzo,
che nella maggior parte dei settori si pensa sia definito dai costi di produzione o
imposto dal mercato; è più corretto invece (oltre che redditizio) fissare i prezzi
sulla base del valore per il cliente della nostra offerta.
In un certo senso queste 4P (prodotto, prezzo, place, promozione) devono
stare in equilibrio tra di loro; non è detto che sia possibile vendere un determinato prodotto tramite un certo canale e ad un certo prezzo, qualunque sia la
quantità di investimenti in promozione previsti (come nel caso degli accappatoi).
Molto spesso, anche nelle aziende avviate, quando c'è un problema o le cose
non vanno (oppure si fa fatica a individuare il proprio vantaggio competitivo) bisogna ritornare alle 4P e rivederle criticamente, magari cambiando una delle P.
Mi è capitato di recente con il caso di un’imprenditrice che aveva provato a
proporre un tipo di articoli molto particolari (in un materiale speciale) tramite il
canale tradizionale (punti vendita al dettaglio), ma con scarsi risultati. In questo
caso, la P del canale di vendita ("place") non era in linea con le altre tre. Le ho
quindi proposto di provare con l'ecommerce, che spesso è più adatto ai prodotti di
nicchia (una volta svolte opportune ricerche per verificare che i clienti siano pronti per questo tipo di acquisto).
Molti mi chiedono: ma perchè dovrei occuparmi di marketing? Non basta fare
un buon prodotto e offrire prezzi convenienti? No, signori, soprattutto di questi
tempi di concorrenza aumentata, di prodotti importanti, di eccesso di offerta, e di
crisi economica, un buon prodotto a un buon prezzo non basta.
Alla fine la vendita si verifica, e i ricavi vengono generati, solo se il cliente è
disposto a pagare il prezzo richiesto a fronte del valore percepito della nostra offertta, una volta paragonata con quella dei concorrenti; dunque la gestione
aziendale prima o poi incontra il marketing per forza. Il cliente compra solo se è
convinto che il paragone tra noi e la concorrenza sia a nostro favore, e ogni
cliente fa una valutazione diversa e un ragionamento (si presume) particolare.
Di questo si occupa il marketing.
Quindi è buona cosa che anche chi in azienda crea il prodotto, gestisce i conti
e definisce i prezzi si intenda, almeno un po', anche di materie che non lo riguardano direttamente come marketing e commerciale. E' anche bene che chi si
occupa di vendite e marketing conosca almeno i principi base di contabilità e
in particolare i concetti di margine di contribuzione e di contabilità dei costi.
Per questo è auspicabile che a livello aziendale i due "mondi" (quello della conta88
bilità e quello delle vendite) si "parlino" ma per capirsi devono acquisire un "linguaggio comune". Molto del mio lavoro in azienda si riferisce proprio a questo.
4. Le "nuove" 4P: SAVE
Le 4 P del marketing (concetto spiegato per la prima volta da Kotler) restano
sempre valide per tutte le aziende di tutte le dimensioni e in tutti i paesi del mondo, dall'artigiano alla multinazionale, dall'India alla Val Brembana.
In questi ultimi anni, però, si è evidenziata una "evoluzione" di questo principio base del marketing.
"Rethinking the 4 P's" è un articolo pubblicato sulla Harvard Business Review
di gennaio-febbraio 2013 (pag. 26).
Gli autori sostengono che le tradizionali 4P del marketing possono essere ripensate, nel nuovo scenario competitivo, secondo l'acronimo SAVE: soluzioni,
accesso, valore, educazione. Questo risultato è emerso da una ricerca condotta per
5 anni su oltre 500 managers e clienti di aziende di vari settori in diversi paesi del
mondo in ambito B2B.
Vediamo meglio cosa si intende per SAVE:
 Soluzioni, non solo prodotti: definire l'offerta non tramite caratteristiche tecniche del prodotto ("features") ma attraverso i bisogni soddisfatti
del cliente e i benefici procurati. L'attenzione in questo modo viene spostata dal prodotto al cliente, dall'ingegnere al customer care officer.
 Accesso: non solo canale. I canali ormai sono integrati (ecommerce,
outlet, grossisti, dettaglio) e anzichè individuare uno o più canali occorre
considerare la somma e anche sovrapposizione di più canali, a partire dal
processo di acquisto del cliente. Ancora una volta, spostare l'attenzione dal
noi ai voi, dal come "noi" vendiamo a come "voi" (clienti) volete comprare.
 Valore, più che prezzo. Argomento di cui mi occupo spesso avendo
scritto un libro sul Pricing. Definire i prezzi sulla base del valore (della
nostra offerta) al cliente presuppone di conoscere bene il cliente e capire
quali sono le componenti di valore per lui/lei. Per esempio, al cliente non
importa (e non è disposto a pagare) il meccanismo antieffrazione incorporato in una finestra se abita al 20° piano.
 Educazione, oltre la tradizionale promozione. Non sempre i clienti
apprezzano forme tradizionali di pubblicità, di cui si fidano sempre meno,
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ma hanno comunque bisogno di informazioni per essere guidati nella scelta. Per questo prima di comprare si informano, cercano referenze su
Google, controllano TripAdvisor. L'accesso alle informazioni (affidabili o
meno) non è mai stato così facile, alla portata di qualche clic sul tablet. Di
qui l'importanza di "educare" i clienti non solo tramite la pubblicità o la
comunicazione commerciale tradizionale (depliant, pubblicità, sito web)
ma anche grazie a seminari, webinar, white paper, tutti strumenti di comunicazione informativo o formativi e non solo commerciali. Vi dico però per
per esperienza che è difficile far capire questa cosa agli imprenditori
("perchè dovrei spiegare al cliente i criteri per scegliere?"), ma quando la
capiscono e la mettono in pratica ottengono dei vantaggi competitivi spettacolari.
Il cliente al centro. Vi anticipo un tema che mi sta molto a cuore, e che spesso
equivale al vero vantaggio competitivo: il miglioramento della customer care,
anche nel B2B, o della customer experience (shopping experience nel retail).
E' il tema del futuro, su cui si giocherà la vera battaglia competitiva dei prossimi
anni, in un mondo in cui la crisi non demorde, i soldi sono sempre meno e i concorrenti sono sempre più aggressivi e disperati.
Per fare questo occorre però, anche per le aziende già avviate, ripensare tutta
l'azienda per orientarla al cliente, partendo da marketing e vendite, ma rivedendo anche tutti i processi che in vario modo toccano il cliente (logistica,
fatturazione, ecc.); e dando se necessario la giusta formazione a tutte le persone
che si interfacciano con il cliente. Persone e processi: le due gambe della customer care, come vedremo meglio in seguito.
Per un nuovo imprenditore, dare alla customer care la giusta importanza
può significare partire con il piede giusto, mentre per le aziende avviate il riorientamento dell'azienda verso il cliente può essere un processo che richiede
tempo, energie, a volte anche denaro e non sempre è facile, perchè la tendenza
naturale (salvo casi di imprenditori illuminati) è "si è sempre fatto così".
5. Che cosa offro ai miei clienti: prodotto/servizio e servizi accessori
Ora cominciamo a esaminare una delle tre parti del marketing: la nostra offerta. Uso il termine offerta e non prodotto o servizio proprio perchè è un termine più
ampio e comprende non solo il prodotto di per sè, ma anche tutte quelle componenti che io chiamo "nascoste" del prodotto o servizio che sono ad esso collegate
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e che può darsi costituiscano un elemento importante della nostra offerta, a volte
anche il più importante di tutti. Possono essere detti anche servizi accessori.
Questa è una esercitazione che propongo spesso nei corsi, e che ripropongo anche a voi.
CHE COSA OFFRO AI MIEI CLIENTI?
Prodotto o servizio
principale
Componenti "nascoste"
Alcuni esempi:
 Prodotto principale: compattatori di rifiuti.
Componenti "nascoste": rete di assistenza, garanzia di 5 anni, possibilità
di noleggio, consegna in 15 giorni, ampia gamma di prodotti disponibili a
magazzino.
 Prodotto principale: cataloghi e stampati (tipografia).
Componenti "nascoste": garanzia di corrispondenza perfetta tra file e
carta grazie al fotografo interno, vantaggio di avere un interlocutore unico
anzichè una pluralità di professionisti diversi (fotografo, sala di posa, tipografia), accessori post stampa, pdf gratis, invio dell'esecutivo con sistemi
di file sharing.
 Prodotto principale: abbonamento periodico in palestra.
Componenti "nascoste": ampio e comodo parcheggio, servizio di
babysitter, possibilità di prenotare lo spazio nei corsi di fitness.
 Prodotto principale: software.
Componenti "nascoste": assistenza telefonica fino a 10 ore compresa nel
prezzo, facilità di accesso, nessuna competenza informatica richiesta per l'uso.
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In pratica, provate a pensare a tutti gli elementi che il cliente potrebbe considerare mentre è in fase di scelta, a tutto ciò che potreste dire per cercare di
convincere qualcuno a comprare il vostro prodotto.
6. Chi sono i miei concorrenti?
Nella mia esperienza vedo che spesso chi apre una nuova impresa è preso dal
"fuoco sacro" dell'entusiasmo e si dimentica che nell'affacciarsi sul mercato, molto probabilmente, si trova un mercato già occupato da altri e a volte molto
affollato.
Non possiamo dunque trascurare, nella fase che precede l'avvio dell'azienda, un
esame realistico, anzi, implacabile, dei concorrenti ai quali dovremmo (non dimentichiamolo) sottrarre clienti e che non saranno molto felici di vederci arrivare.
Di loro dobbiamo sapere "vita morte e miracoli"; dobbiamo svolgere un'indagine accurata e precisa, con tutti i mezzi possibili (sempre se leciti) per conoscerli
nei minimi dettagli e in tutti i particolari.
Dobbiamo essere coscienti che, se da un lato noi avremo il vantaggio della novità, i concorrenti avranno il vantaggio della storicità, della fiducia, della
conoscenza con il cliente. Dunque in un certo senso la nuova azienda parte con
l'handicap; per questo non bisogna trascurare la fase della ricerca competitiva o
ricerca di mercato (anche fai-da-te).
Ma chi sono i nostri concorrenti? Quando faccio questa domanda in aula ottengo risposte diverse dai partecipanti.
Le più frequenti: i concorrenti sono
• tutti coloro che propongono il nostro stesso prodotto o servizio;
• tutti coloro che fanno quello che facciamo noi;
• coloro che si rivolgono agli stessi nostri clienti;
• oppure una combinazione delle risposte.
Ma la risposta corretta è un po' più ampia. I concorrenti sono tutti coloro a
cui i clienti potrebbero rivolgersi per soddifare il loro bisogno.
Se consideriamo il ristorante, i concorrenti potrebbero essere altri ristoranti, ma
anche gli agriturismi circostanti e le aziende di catering (bisogno del cliente: organizzare una cena per 20 persone).
Per il negozio di materassi, i concorrenti sono altri negozi ma anche i grandi
magazzini e le aziende che operano tramite televendite.
Nei settori industriali o manifatturieri, quasi sempre le aziende che incontro (piccole e medie imprese) hanno due categorie di concorrenti principali: i
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leader di mercato in alto, le microimprese e gli artigiani in basso, oppure (secondo i casi) i prodotti di importazione.
Attenzione però, andiamo un po' più nel profondo: i nostri concorrenti sono
tutti coloro che, in un dato mercato potrebbero soddisfare lo stesso bisogno
del cliente e che competono per i suoi soldi.
Spieghiamo meglio cosa significa in un dato mercato; se mi rivolgo a clienti
italiani, i miei concorrenti sono tutte le aziende da cui i clienti italiani potrebbero
comprare. Se invece mi rivolgo ad aziende clienti ubicate in Russia, i miei concorrenti sono le aziende presenti sul mercato russo e anche tutte le aziende mondiali
che esportano in Russia, o in generale tutti coloro da cui i clienti russi potrebbero
comprare il mio prodotto.
E' in base al cliente che si definisce la categoria dei propri concorrenti,
non solamente in funzione del prodotto o servizio che si fornisce.
Una volta individuate le varie categorie di concorrenti è indispensabile riflettere sulle loro caratteristiche e sui punti di forza e di debolezza nei loro confronti.
Nei miei corsi propongo ai partecipanti, come esercitazione, di compilare una tabella come questa.
I NOSTRI CONCORRENTI (esempio caso tipografia)
CATEGORIA
CARATTERISTICH
E
esempio:
Aziende web come Pixart
Aziende grandi ed efficienti
che vendono tramite
internet e consegnano
tramite corriere
Agenzia di pubblicità
NOSTRI PUNTI
DI DEBOLEZZA
NOSTRI PUNTI DI
FORZA
rispetto a loro siamo
meno..
non possiamo...
rispetto a loro siamo più..
possiamo...
Meno visibilità online,
prezzo più elevato
Rapporto personale con il
cliente, consegna a domicilio anche in tempi molto
brevi, qualità superiore
grazie a macchinari più
sofisticati
Forniamo solo prodotti
stampati (gamma più
ristretta)
Se il cliente ha bisogno
di più servizi deve coordinare più fornitori
Prezzo più conveniente (no
intermediari), esperienza
diretta nella stampa (l'agenzia non produce nulla)
Una volta compilata la tabella, sarà più facile riflettere sul nostro vantaggio
competitivo, cioè su ciò che ci distingue da ogni categoria di concorrenti, come ad
esempio (caso impresa di pulizie):
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CATEGORIA
CARATTERISTICHE
SCEGLIERE NOI PER
AZIENDE FAMILIARI
Piccole aziende locali, con
pochi dipendenti, base di
clienti limitata
GROSSISTI DI SERVIZI
Grandi aziende, a volte internazionali, che offrono una
vasta gamma di servizi, che
spesso subappaltano ad altre
aziende
- La garanzia che il personale sia
regolarmente assunto: nessun
rischio penale o giuslavoristico
- La gamma di servizi offerti (non
solo pulizie, ma anche...
- La capillarità sul territorio
- La trasparenza del contratto
- Il rapporto diretto con chi materialmente esegue il servizio, senza
catene di subappalto
- Vero che lavorando con un grossista hai un interlocutore unico, ma
hai anche un maggior rischio e
minor controllo
- Le tre certificazioni
UNI EN ISO 9001:2008 (certificazione qualità)
UNI EN ISO 9001:14001 (certificazione ambientale)
OHSAS 18001:2007 (certificazione
sicurezza)
Medie aziende a carattere
locale
ALTRE AZIENDE
PARAGONABILI ALLA
NOSTRA PER
STRUTTURA E
DIMENSIONI
- La formazione ai dipendenti (sicurezza, ecc.)
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7. Conosco i clienti (potenziali)?
Se voglio convincere il cliente a comprare, è meglio conoscerlo il più possibile,
sapere che cosa valuta, che cosa apprezza, con che criterio compie le sue scelte;
quali sono le caratteristiche che preferisce e i benefici che si aspetta dal mio prodotto e dalla mia offerta.
Il bravo imprenditore sa distinguere bene tra le caratteristiche di un prodotto o
servizio e i benefici che il cliente si attende da esso.
Una frase famosa dice che chi compra un trapano non compra solo un utensile
ma soprattutto il buco che con esso può fare.
Esempio; un bar. Caratteristiche: un locale, tavolini, una buona gamma di caffè, panini, ecc. Il cliente però non compra (solo) tutto questo ma anche: cinque
minuti di relax, la possibilità di fare una sosta, e (cosa molto spesso trascurata) un
bagno pulito dove soddisfare dei bisogni molto basilari.
Studiare il cliente inoltre consente di individuare le varie categorie di clienti,
base per la cosiddetta segmentazione della clientela.
Ma come conoscere meglio il cliente? In termini di marketing, definire le caratteristiche del cliente e studiarlo significa profilare il cliente.
Per profilare il cliente si intende darne una descrizione sia a livello di azienda (sono un produttore di cablaggi elettrici e mi rivolgo ad aziende clienti nei
settori automotive, impiantistico e delle macchine utensili: dunque devo dare una
descrizione accurata di ogni categoria di azienda cliente a cui vorrei vendere i
miei prodotti), sia a livello di persona con cui avrò delle trattative o che in qualunque modo può influenzare l'acquisto. Per capire con quante e quali persone
avrò a che fare è bene esaminare con cura il processo di acquisto tramite il quale si passa dalla percezione del bisogno alla vendita (e anche al post vendita). Per
esempio, in molte aziende chi stende l'ordine e tratta il prezzo è il responsabile
dell'ufficio acquisti, ma spesso chi materialmente decide è qualcun altro, per esempio il responsabile dell'ufficio tecnico, della produzione o dei servizi generali.
Per attivare iniziative di marketing efficaci è dunque indispensabile studiare e profilare tutte le persone coinvolte nel processo di acquisto: sia i
responsabili decisionali che gli influenzatori di acquisto.
Un metodo utile è quello per stendere il profilo del cliente-tipo è quello della
cosiddetta “Buyer Persona” o personificazione, come proposto dall’esperta americana Adele Revella che lo propone come strumento di base per ogni attività di
marketing e di comunicazione.
L'obiettivo è cercare di conoscere bene le caratteristiche del cliente-tipo, i
suoi problemi, dubbi e necessità, ma anche le sue abitudini, il modo di pensare, la
formazione, il livello culturale, per adeguare ad esso i contenuti e la forma della
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comunicazione e trasmettere il valore della nostra offerta nel modo migliore. Per
chi sa l'inglese, via Internet si può scaricare il Buyer Persona Manifesto di A.
Revello.
Ecco ad esempio alcune domande a cui rispondere nello stendere il profilo della Buyer Persona:
• Quanti anni ha?
• Quali sono le sue abitudini? Legge i giornali nazionali o locali?
Guarda la TV? Usa i social network? Se sì, quali? Ha lo smartphone o
l’iPad? Usa Internet?
• Quali sono le sue preoccupazioni in azienda? Ha potere decisionale
o è un influenzatore d’acquisto?
• Quali sono i suoi svaghi e interessi?
• Che cosa apprezza o lo preoccupa nel valutare il mio servizio?
• Da quali concorrenti già compra?
• E’ un innovatore o un conservatore?
• Da chi si lascia influenzare?
• A quali caratteristiche o benefici della mia offerta è maggiormente
attento? e così via.
Ad esempio, un’azienda che produce tubi e materiale idraulico ha due tipologie di clienti: Mario l’elettricista, che ha un diploma tecnico, non ha lo
smartphone, e pratica un lavoro manuale e Edoardo responsabile ufficio acquisti
di una multinazionale, che è laureato, ha lo smartphone, usa regolarmente Internet
e parla inglese; si può capire immediatamente che queste due Buyer Persona sono
molto diverse e che probabilmente è saggio ed efficace comunicare in modo diverso con loro.
Con Mario l'idraulico sono efficaci messaggi semplici, schematici, sintetici,
preferibilmente in forma cartacea; Edoardo probabilmente apprezza cataloghi elaborati e complessi con tabelle tecniche, applicazioni per iPad e l'accesso a una
parte del sito (accessibile via password, la cosiddetta extranet) dove può trovare i
listini e le schede tecniche. Mario invece predilige i listini stampati tradizionali e
la possibilità di telefonare in azienda e parlare con un'addetto alle vendite.
Conoscere e studiare le Buyer Persona rende molto più efficace tutta la comunicazione aziendale e aiuta a prendere decisioni di marketing concrete e coerenti.
E' bene dare un nome proprio (e se possibile anche un'immagine, una foto sia pure
di esempio) alla nostra Buyer Persona proprio per abituarci a toglierla dall'astratto
e a calarla nel concreto.
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Ecco degli esempi pratici di Buyer Persona individuati dai partecipanti ad alcuni miei recenti corsi.
 Settore serramenti: Maria la casalinga, Alessandra la casalinga giovane,
Piercarlo l'architetto, Mario l'amministratore di condominio, Salvatore
l'imprenditore edile
 Settore brioche e prodotti da forno: Sandrino il barista, Alfredo il panettiere,
Ernesto il distributore.
 Settore traduzioni: Alessia la redattrice, John il responsabile marketing, Fabio il piccolo imprenditore.
Sono banalità? Archetipi? Luoghi comuni? Forse, ma se ci servono a trovare le
parole giuste e il modo migliore per comunicare con ogni categoria di cliente, ben
vengano.
I partecipanti ai miei corsi la trovano un'esercitazione molto utile. Alcuni dopo
averla svolta si rendono conto che il linguaggio adoperato fino ad ora non va bene, o che c'è un mezzo migliore per comunicare con il proprio mercato (Sandrino
il barista ascolta la radio, dunque perfetto uno spot radiofonico...Piercarlo l'architetto ha l'iPhone e se gli offriamo un'applicazione sarà contento...alla signora
Maria invece meglio mandare un venditore alla mano e cordiale).
Per volare alto bisogna stare terra terra...vicini al cliente, per conoscerlo meglio
con umiltà e immediatezza.
Alla fine ogni trattativa e ogni decisione di acquisto è compiuta non da
un'ufficio o da un'entità astratta ma da una persona.
Questo è molto evidente a chi si rivolge ai consumatori, ma anche nelle più
grandi multinazionali ogni ordine di acquisto viene firmato da una persona (magari il capo di un ufficio di migliaia di persone, ma pur sempre un essere umano). Il
marketing è molto vicino alla psicologia e per vendere di più bisogna "entrare
nella testa del cliente" e metterci nei suoi panni.
Per questo va bene la scienza manageriale ma serve anche l'arte della vendita e
un po' di psicologia.
8. Perchè un cliente dovrebbe scegliere proprio la mia offerta? Il vantaggio competitivo
Se vogliamo dunque che i clienti notino il nostro messaggio in mezzo agli altri,
lo ascoltino, lo capiscano (cosa non così ovvia) e decidano di acquistare da noi,
dobbiamo rispondere a questa domanda: qual è la nostra unique selling proposi97
tion? Se vogliamo essere in grado di spiegarlo agli altri, questo concetto deve essere ben chiaro a noi per primi.
Il termine unique selling proposition (proposta unica di vendita) è stato coniato da Rosser Reeves nel 1961 per descrivere il vantaggio principale di un
prodotto rispetto alla concorrenza.
Attenzione: "proposta" unica, non "caratteristica". Non è necessario che siamo
gli unici ad avere una determinata caratteristica, ma dobbiamo essere gli unici a
proporla. Pensiamo al caso dell'acqua Lete, quella della famosa pubblicità con la
particella solitaria che fa "Yu-huu, c'è nessuno qui?": sono molte le acque povere
di sodio, ma solo Lete ha deciso di proporre ai clienti questa caratteristica.
Esaminiamo ora il vantaggio o beneficio della nostra offerta: esso deve essere
importante e apprezzabile da parte del cliente. Se il nostro prodotto è particolare o
addirittura unico, ma procura al cliente un vantaggio poco rilevante, la unique
selling proposition potrebbe risultare debole, non abbastanza efficace per convincerlo a comprare. Se io sono l'unico traduttore in Italia dall'azerbaigiano, ma a
nessuno interessano le traduzioni da questa lingua, la mia unique selling proposition non è abbastanza forte. E' chiaro dunqe che una unique selling proposition
efficace deve contenere entrambi questi elementi:
 una proposta unica (rispetto ai concorrenti);
 un beneficio rilevante (per il cliente).
Un modo pratico per capire qual è la unique selling proposition è rispondere a
questa domanda: se dovessimo riassumere in una sola frase i motivi per cui il cliente dovrebbe comprare da noi, cosa diremmo?
Dire "siamo bravi", "siamo creativi","la nostra qualità è elevata", "siamo puntuali nelle consegne", ecc. non basta più: con l'aumento della concorrenza e
l'abbondanza di alternative disponibili oggi tutte queste caratteristiche si danno
per scontate perchè sono indispensabili per stare sul mercato. Occorre quindi porre l'attenzione su qualcosa d'altro per motivare i clienti a comprare da noi.
L'idea di fondo è questa: se il nostro prodotto non è diverso dagli altri non c'è
ragione per il cliente di scegliere il nostro, a parte il prezzo. Se vogliamo dunque
spostare l'attenzione del cliente dallo spinoso argomento del prezzo, dobbiamo
assolutamente capire qual è la nostra unique selling proposition, ed è opportuno
che questa sia più chiara e semplice possibile: in tal modo essa sarà più facile da
trasmettere e da comunicare.
Il vantaggio competitivo può essere espresso anche in una serie di puntielenco (non più di 7 perchè la mente umana può valutare al massimo 7 elementi in
un elenco, dall'ottavo in poi comincia a confondersi).
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Esempi di vantaggio competitivo:
A) Artigiano settore legno, cliente privato
Scegli noi perchè:
1) Estetica; non solo mobili. porte, finestre, arredi, parquet tutto perfettamente
coordinato
2) Comodità: one-stop-shopping, unico interlocutore per diverse forniture di casa,
compresi gli allacciamenti (su piazza). Non dovrai coordinare più artigiani
3) Durata: i nostri mobili durano nel tempo e dunque non dovrai sostituirli. Dunque se consideri il costo per anno di vita del mobile, questo è inferiore all'offerta
della grande distribuzione.
4) Artigianalità: ogni pezzo è unico e su misura
5) Green: il legno è materiale completamente riciclabile
B) Azienda impianti rilevazione incendi, cliente hotel
1) progettiamo, installiamo, certifichiamo, manuteniamo l'impianto
2) siamo esperti della normativa
3) garantiamo tempestivo aggiornamento tecnico e normativo
4) forniamo supporto documentale completo/archiviazione
C) Azienda allestimento stand, cliente produttore di mobili
1. Progettiamo, installiamo e vi diamo il benvenuto di persona nello stand
2. Trasportiamo il vostro materiale
3. Vi assistiamo nella burocrazia della fiera
4. Facciamo il progetto gratuito
5. Noleggio frigo, macchina caffè
Per riassumere il vantaggio competitivo deve essere:
•Pratico e concreto
•Specifico, non generico e vago
•Realistico: Non esagerato, roboante, “superman”
•Limitato (massimo 7 elementi)
•Definito in funzione della concorrenza
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•Può essere diverso per le diverse categorie di clienti
9. Come fare una mini ricerca competitiva prima di aprire
una nuova attività
Il nuovo imprenditore spesso non ha le risorse per fare una vera e propria ricerca di mercato, ma può sempre svolgere delle indagini fai-da-te che sono di fatto
mini-ricerche ma se ben fatte molto efficaci. Ricordate che fare un po' di ricerca
prima di partire è sempre meglio che non farne per niente. La mancanza di
risorse (soldi e tempo) non deve essere un alibi, le informazioni (sia pur approssimative) possono essere ricercate e forse anche trovate.
In questo paragrafo esaminiamo alcuni spunti e cose pratiche da fare per la ricerca competitiva e di mercato e la verifica della fattibilità della nostra idea
imprenditoriale.
 stendere un elenco di aziende che già soddisfano il bisogno del cliente; es
voglio aprire una ludoteca. Quante altre ludoteche esistono nella mia zona? e asili, scuole di musica, sport e arti varie?
 svolgere un sondaggio; es. sono a Pavia e voglio aprire un laboratorio
artigianale per produrre la pasta di zucchero (decorazione per torte tipica
siciliana); non so se vendere ai panettieri o alle pasticcerie. Prendo l'elenco telefonico e chiamo 40 panettieri e pasticcerie e faccio tre domande
(fate torte? le decorate? vi interessa la pasta di zucchero?). Mi faccio così
un'idea di quale categoria di clienti potenziali è quella più interessata alla
mia offerta
 attivare un alert di Google. Chi ha un account Gmail ha già un Google
account. Chi non ce l'ha lo può aprire gratuitamente. Una volta attivato il
Google account, basta andare su www.google.com/alerts e inserire le
chiavi di ricerca che ci interessano. Dopo di che Google ci manderà una
mail tutte le volte che sul web comparirà quella parola chiave
 visitare la Camera di Commercio locale o l'associazione di categoria di
riferimento, che spesso danno informazioni preziose anche di natura statistica
 leggere i periodici di categoria del settore in cui intendiamo lavorare
 database
di
dati
e
statistiche:
www.infoimprese.it,
www.registroimprese.it, www.zanran.com
 visitare le fiere di settore (se ce ne sono) sia per informarsi su prodotti che
per parlare con i venditori e "annusare l'aria".
100
Buona fortuna con la vostra nuova impresa, per ulteriori spunti e informazioni potete consultare i miei blog:
www.cristinamariani.it (Marketing Low Cost)
www.pricingforprofit.it
www.customer-experience.it
101
APPENDICE
Esempi pratici: interviste con esperti di settore
(il bar/ristorante/, il negozio al dettaglio di abbigliamento, l’agenzia organizzazione eventi, l’impresa
artigiana, l’attività di autoriparazione, la pizzeria/gastronomia per asporto, la produzione di complementi d’arredo, la start up innovativa nel biomedicale)
Questi esempi sono frutto di interviste ad esperti di associazioni di categoria e
sono utili per orientarsi meglio su affitti di locali, su cessioni di azienda, sui trucchi del mestiere, ecc.
Il bar o il ristorante1: punti di attenzione
Che capacità devo avere?
Conoscenze tecniche e conoscenza dei prodotti, la passione per quel tipo di lavoro, avere delle nozioni di tipo
bancario in caso di finanziamenti, avere le capacità caratteriali necessarie per avere rapporti con il pubblico,
aver fatto i conti giusti, aver seguito la formazione necessaria, aver eseguito un’indagine di mercato e valutato la
collocazione giusta. Quindi a parte le conoscenze tecniche e capacità di rapporti con il pubblico, servono
capacità imprenditoriali e, oltre al “fiuto” per gli affari, anche la capacità di prendere decisioni, di imporsi sui
fornitori, di trattare con i dipendenti e con i clienti, anche in caso di problemi di sicurezza (ad es. gestione ubriachi).
Mi offrono un affitto d’azienda: a che cosa devo far attenzione?
L’affitto d’azienda non ha una sua propria legge, si applicano solo alcuni articoli del Codice Civile (dall’art. 1615
al 1654 che regolamenta la locazione di immobili e l’art. 2561 che parla di usufrutto di azienda) e spesso si
trasforma in una giungla. Serve perciò un contratto molto lungo e preciso che preveda tutti i casi possibili14.
Un vantaggio: non si subentra, con l’affitto, alle posizioni debitorie o ai problemi fiscali di chi mi affitta l’aziendabar (come invece succederebbe con una cessione di azienda).
Attenzione però: sempre utile fare la ricerca di mercato (controllare quanti sono veramente i clienti giornalieri) e
sempre necessario controllare che le licenze/autorizzazioni siano in regola, quale sia la qualità e vetustà delle
attrezzature e verificare bene l’inventario.
L’affitto di azienda ingloberà sia l’affitto dei muri (che potrà essere quindi in sublocazione) che le attrezzature.
Importante: da studi effettuati il prezzo giusto di un affitto di azienda del settore pubblici esercizi non
dovrebbe mai superare il 20% del volume di affari (senza IVA)!
E’ consigliabile l’affitto d’azienda? Si, perché servono meno soldi per cominciare, però rischio di dover versare
una cauzione piuttosto alta (di solito 6 mesi o una fideiussione bancaria). L’affitto di azienda ingloberà sia
l’affitto dei muri (che potrà essere quindi in sublocazione) che le attrezzature.
Durata del contratto: in media dura 2 anni, però ci sono anche contratti più lunghi, a volte ci sono diritti di opzione o prelazione e possibilità di prolungamento.
E se volessi comprare un bar già avviato?
La vendita di azienda è una questione un po’ delicata. Chi compra dovrebbe avere il fiuto di capire se l’azienda
è in fase di declino o di crescita (se è in crescita ovviamente si pagherà qualcosa di più).
Da valutare se l’azienda può essere potenziata e capire perché viene ceduta: è l’azienda che non va o non va la
gestione? Sono infatti da comprare le aziende con problemi gestionali e non intrinseci all’azienda. Un bar mal
gestito, cambiando gestione potrebbe aumentare molto i ricavi.
Quanto potrebbe costare? Se è in crescita si può pagare qualcosa in più, se è in declino costerà di meno. Il
prezzo di queste aziende è crollato di circa il 50% dal 2008 in poi.
Il valore varia molto da zona a zona e dal volume d’affari. Potrebbe essere ad es. il 50% del volume d’affari di
un anno, ma non è solo il volume d’affari annuale che dà il valore al bar/pubblico esercizio. Incidono lo stato
dell’attrezzatura e degli arredi, la location, i costi, il canone di locazione dell’immobile.
In un centro storico dove le licenze sono contingentate, un bar ben avviato può essere venduto anche a cifre
elevate (l’incasso di un anno), in quanto è presente un alto valore legato all’autorizzazione amministrativa.
Un bar di periferia in una città non grande può avere dei prezzi oscillanti intorno ai 70.000,00 euro.
Un punto di attenzione: nella cessione di azienda bisogna porre attenzione ai debiti del cedente, effettuando un’analisi approfondita. Da notare che spesso le vendite avvengono con accollo di debiti anziché con
pagamento diretto al venditore.
E se affitto dei locali non prima adibiti a bar/ristorante?
1
Queste informazioni sono frutto di un’intervista gentilmente concessa nel 2013 da Angelo Luni, allora direttore e da
Filippo Bernardi, funzionario, dell’Appe (Associazione pubblici esercizi) di Padova.
102
Dovrò fare attenzione a:

Destinazione d’uso dei locali (che sia commerciale, per un pubblico esercizio e non ad esempio ad uso
garage o abitazione)

Agibilità dei locali (Comune)

Adempimenti igienico sanitari (farò fare un visita preventiva all’Asl di competenza, consegnando un progetto dettagliato di un geometra o di un architetto iscritto all’albo, l’ASL mi darà un parere preventivo scritto).
Ovviamente successivamente dovrò chiedere la “registrazione” igienico sanitaria definitiva, ma in ogni caso sarò sicuro di prendere in affitto i locali adatti.

Impianti a norma (elettrico, idraulico, gas)

Costo dell’affitto che non dovrebbe superare il 12-13% dei ricavi. Negli ultimi 4 anni gli affitti degli immobili
di questo tipo si sono abbassati del 30/40%.
Quale è il livello di ricavi che mi permetterà di avere un utile?

La barriera è almeno 400 € al giorno, 120.000-150.000 €/anno IVA esclusa, ma ovviamente questi importi
dovranno essere molto maggiori se i costi fossero a loro volta più alti.
Un punto di attenzione: nessun bar, nessun ristorante può essere gestito da una persona sola. Quindi dovrò o
avere uno o più soci o familiari collaboratori o avere dei dipendenti e di questo dovrò tener conto nel business
plan.
Qual è il segreto di un bar di successo?

Sicuramente la location è importante, ma la prima cosa è l’igiene e pulizia dei locali (la gente preferisce un
locale lindo con un caffè medio ad un locale sporco con un caffè eccezionale). Importantissima
l’accoglienza e l’ospitalità che va praticata ad ogni cliente, la passione e la competenza/preparazione professionale dell’imprenditore e la sua capacità di apportare delle innovazioni.
A cosa dovrei fare attenzione nell’assumere un dipendente?

Prima di tutto devo assumere in base alle mie esigenze e quindi all’esperienza e professionalità di cui ho
bisogno e/o al tipo di locale che gestisco (ad esempio una paninoteca con clientela giovane avrà bisogno
di camerieri che possano relazionarsi bene con quella classe di età).

Importantissimo è che il collaboratore sia onesto e dotato di buona volontà.

Con un consulente del lavoro sceglierò poi il contratto di lavoro più adatto e cercherò di creare anche una
via d’uscita in caso che la persona non corrisponda alle aspettative iniziali o che le cose non funzionino.

Importantissimo avere delle informazioni e sapere chi è, proprio per evitare sorprese.
Attenzione a scadenze e burocrazia!

Sarà indispensabile avere il supporto di un’Associazione di categoria o di un commercialista, oltre che di
un consulente del lavoro. Infatti:

Tra i tanti adempimenti ora si è aggiunto ad esempio per le società e imprese con dipendenti, l’obbligo di
dotarsi di un documento di valutazione rischi (DVR) se si ha anche un solo dipendente! Sono esenti le sole
ditte individuali con solo familiari collaboratori.

Di adempimenti fiscali e non, ce ne sono moltissimi ed è praticamente impossibile cavarsela da soli, anche
in relazione al tempo che richiedono.
103
Il negozio al dettaglio di abbigliamento: punti di attenzione 2
Che capacità servono per aprire un negozio al dettaglio di abbigliamento?
E’ importante sapersi relazionare con il cliente, quindi avere attitudine ai contatti interpersonali e avere pazienza, presentarsi bene, cioè essere noi stessi una persona curata nel vestire.
Per fare la differenza rispetto alla grande distribuzione ai centri commerciali l’unico modo è di fornire un servizio
migliore che solo un piccolo negozio può dare.
E’ altrettanto essenziale sapere come curare le vetrine e gli scaffali e quindi presentare il prodotto, ma anche
saper scegliere il prodotto da vendere, conoscerlo bene e quindi saper consigliare il cliente.
Per migliorare le proprie chance di successo è fondamentale aver preparato un business plan e aver seguito un
corso per l’avvio d’impresa.
Nel caso di vendita di azienda o di ramo di azienda a cosa dovrei fare attenzione?
Nel caso di vendita di azienda o di ramo d’azienda serve sicuramente fare un’analisi relativa all’incidenza dei
principali costi fissi rispetto ai ricavi, con particolare attenzione al costo del lavoro per il personale dipendente,
all’eventuale costo del canone di locazione e ai costi sostenuti per le utenze. E’ inoltre importante stabilire il
valore effettivo delle attrezzature e del magazzino che vengono ceduti. Ad esempio se fossero presenti in magazzino capi invendibili questo sarebbe un grosso problema.
Relativamente ad un costo equo, la valutazione varia molto a seconda della posizione fisica del negozio, cioè
se ci si trova su una via di grande passaggio oppure no.
Si può andare da un minimo di 30.000 € in su, ma alcune attività in settori diversi dall’abbigliamento quali ad
esempio le tabaccherie possono andare dai 100.000 ai 200.000 €, mentre le edicole vanno in genere abbinate
ad altre attività (ad es. alla vendita anche di cartoleria) per essere remunerative.
Se volessi partire ex novo, senza acquisto di azienda?
In effetti è più frequente partire ex novo senza acquisto di azienda.
Nei casi si voglia attrezzare un locale ad es. di 20 mq. il costo potrebbe essere di 10.000-15.000 €, ma se ci si
serve di un interior designer si può spendere molto di più. Ovviamente i costi aumentano se il locale è più grande.
Affitto dei locali: a cosa dovrei fare attenzione?
Importante è avere un contratto regolare, di 6 anni + 6, come prevede la normativa (clausole diverse sono in
ogni caso nulle) e cercare di fare in modo che non ci siano clausole vessatorie a carico del conduttore. Ad esempio non dovrebbero essere a carico del conduttore i lavori straordinari di manutenzione (impianti, o vetrine o
bagni).
Il canone deve essere congruo ed equo rispetto alla location e rispetto alla metratura ed al momento economico.
Ci sono delle quotazioni medie di mercato che si possono consultare sul sito dell’Agenzia delle Entrate
www.agenziaentrate.gov.it, icona sul lato destro “Osservatorio Immobiliare” oppure link in alto documentazione,
poi link osservatorio mercato immobiliare, banche dati, quotazioni immobiliari).
Facendo riferimento ad una città di provincia del Nord Italia (ad es. Padova) per la zona centro storico si va da
un costo minimo di locazione di 11,5 € mq fino ad un massimo di 25 €/mq al mese in stato conservativo normale, mentre se lo stato di conservazione fosse ottimo la banca dati riporta valori da 24,5 a 36 € mq. Invece a
Milano, in zona centrale (Scala, San Babila) i costi sono più alti: da 41 a 60€ al mq se lo stato di conservazione
è normale, ma per locali in ottimo stato si va dagli 81 ai 120 € al mq.
Però i locatori spesso chiedono di più rispetto alle medie ed in alcune collocazioni alcuni proprietari chiedono
anche 100 € al mq anche in città di provincia! Ovviamente è difficile che qualcuno accetti tali condizioni e così
spesso i locali commerciali restano vuoti per anni.
Zone semicentrali o periferiche di città di provincia presentano spesso costi medi minori da un minimo di 7 ad
un massimo di 12 € al mq, però le richieste a volte anche in queste zone sono più elevate di circa il 30% rispetto
ai livelli medi.
N.B.: Se ho canone di locazione di 1.000€ dovrei arrivare almeno a 5.000 € mensili di incassi, cioè il canone di affitto non dovrebbe mai superare il 20% dei ricavi. Se ci sono dipendenti i ricavi dovrebbero essere
ancora maggiori.
E il franchising?
1. Dovrei fare attenzione che la casa madre franchisor rispetti le vigenti normative (del 2004) sul franchising e
che sia dotata di un proprio regolamento. Deve trattarsi di una casa seria. Quindi è utile fare un’analisi
dell’azienda di franchisor, anche semplicemente consultando con attenzione il sito web dove si possono
2
Queste informazioni sono frutto di un’intervista a due funzionari dell’Associazione Ascom di Padova, Davide Barollo ed
Enrico Rizzante.
104
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7.
già verificare condizioni e prezzi. Se prezzi e condizioni non fossero riportati sul sito web del franchisor,
questo dovrebbe metterci in allarme.
La durata del contratto deve essere sufficientemente lunga, ricalcando quello di affitto dei locali.
Attenzione alle clausole come il divieto di cessione del punto vendita, o al diritto di prelazione riconosciuto
al franchisor in caso di vendita.
Attenzione all’importo della quota di ingresso (“fee”) e ai servizi che comprende. Franchising famosi hanno
quote di ingresso che comprendono la formazione, il marchio, la campagna pubblicitaria, il software per la
gestione negozio, spesso è compreso anche l’arredamento del negozio.
Attenzione alle royalties che sono il corrispettivo che si paga al franchisor in percentuale sui ricavi del
negozio (ad es. il 5%). Se si deve versare 30.000 € di fee d’ingresso e le royalties richieste sono al 5%, il
franchisor guadagna troppo. Il franchisor ha già infatti il vantaggio di vendere la merce al franchisee. Un
fee d’ingresso di 15.000 € è invece considerato normale e congruo se ho royalties del 5%.
Da valutare anche se ci sono altri negozi con lo stesso franchisor in zona o se c’è una ampia zona di esclusiva.
Nota Bene: in un negozio normale rientro dell’investimento in genere in 2 anni, se ho un negozio in franchising di un brand molto noto si potrebbe rientrare anche in un solo anno.
Quale è il livello di ricavi che mi permette un utile?
Questo livello dipende dalle spese. I ricavi dovrebbero essere dal 20% al 50% superiori ai costi. Però se la
remunerazione degli imprenditori fosse già compresa nelle spese, l’utile potrebbe essere anche molto minore,
senza inficiare la capacità di sopravvivenza dell’impresa.
Quali sono le problematiche maggiori nella gestione di un negozio?
Far entrare la gente! Quindi trovare clienti. E poi mantenere la clientela e quindi fidelizzarla.
Importanti anche i rapporti con i fornitori, la gestione del personale ed il controllo del magazzino, evitando di
riempirlo troppo.
Quale è il segreto/i segreti di un negozio di successo, tenuto conto anche della concorrenza della grande
distribuzione?
La costante formazione del titolare, la voglia di mettersi in gioco senza fermarsi, ma evolvere. Pertanto importanti sono i social network (perché ormai la gente usa questi network), l’e-commerce. Il sistema di vendita è
totalmente cambiato.
Un esempio. C’era un pescivendolo. Però gli aprono davanti un grande supermercato che vende anche il pesce.
Lui allora vende su ordinazione e fa arrivare il pesce che i clienti gli ordinano.
Il supermercato questo non lo fa e il pescivendolo riesce a sopravvivere.
Anche un negozio di abbigliamento può utilizzare tecniche simili. Può ad esempio inviare Sms ai clienti quando
arriva la collezione nuova. Ad esempio se so che dei clienti prendono sempre le magliette tipo polo, quando mi
arrivano, avverto quei clienti.
A cosa dovrei fare attenzione nell’assumere un dipendente di un negozio di abbigliamento?
Devo innanzitutto fare attenzione al costo del lavoro: si tratta di circa 2.500 €/mese per un dipendente che prende di netto 1.000 € circa.
Nell’assumerlo dovrei fare attenzione alle sue capacità di vendita, cioè alle attitudini alla vendita e
all’esperienza, alla cura dell’aspetto e alla voglia di lavorare. Se ho clienti esteri, dovrei fare attenzione alle
capacità linguistiche. Importanti i contatti con i colleghi negozianti per avere delle referenze, riuscendo così a
capire se in altri negozi ci sono stati dei problemi con quella persona.
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Agenzia organizzazione di eventi3
1. Che capacità servono per aprire un’agenzia organizzazione di eventi?
E’ un’attività che non ha bisogno, da punto di vista legale, di requisiti professionali particolari per poter aprire.
Per gli adempimenti burocratici basterà una Scia in Comune con allegato un tariffario e un registro delle operazioni.
Le capacità personali sono soprattutto capacità di relazione interpersonale, compresa la capacità di stabilire
contatti professionali, ma anche di problem solving (per trovare soluzioni diverse a quelle non sempre soddisfabili dei clienti e per gestire emergenze e fatti inaspettati).
Importante la conoscenza del territorio dove si opera oltre alla flessibilità dell’orario lavorativo.
2. Aspetti legali
La contrattualistica con fornitori e clienti è un aspetto importante da valutare prima di cominciare l’attività.
Importante sarebbe rivolgersi ad un legale che conosca le problematiche specifiche di quel tipo di attività (come
ad esempio un professionista dell’ufficio legale di un’Associazione di Categoria.)
3. Affitto dei locali
E’ un’attività che parte molto in piccolo, in genere apre come ditta individuale o società di persone.
Spesso non si utilizza una vera sede, ma si lavora anche da casa o in situazione di mobilità. Pertanto spesso la
sede non è un problema ed è consigliabile evitare – soprattutto all’inizio - il costo fisso costituito dalle spese
rappresentate da un canone di locazione per una sede.
4. Ed il franchising? A che cosa porre attenzione in un contratto di franchising?
E’ essenziale fare molta attenzione all’esperienza effettiva del franchisor (numero di anni di attività gestita direttamente o indirettamente).
Inoltre il franchisor deve dimostrare che il suo franchising funziona (quante agenzie sono aperte in Italia, che
livello di redditività conseguono, ecc.).
Dovrò porre attenzione:

all’ammontare della fee d’ingresso (Attenzione alle truffe! Ti fanno pagare fee d’ingresso senza darti
niente in cambio)

al contratto che viene proposto (il contratto è trasparente? contiene indicazioni chiare ad es sulla rescissione del contratto? meglio sempre utilizzare un contratto tipo)

al fatto che mi venga garantita un’esclusiva territoriale (cioè che non sia possibile per un’altro franchisee
iniziare l’attività nella stessa zona)
Importante anche il tipo di know how che mi darà il franchisor (sono previsti corsi di formazione e aggiornamento? Verrà fornita assistenza tecnica-commerciale?), oltre agli aspetti di marketing c’è un’immagine coordinata
già sviluppata? viene garantita una certa visibilità grazie ad azioni pubblicitarie periodiche? il franchisor ha una
sufficiente presenza web?,.
Informazioni molto utili sono reperibili sul sito della Federazione Italiana Franchising di Confesercenti:
www.fif-franchising.it. Riferimenti di legge: n.129 del 2004
Consiglio importante: Facciamo vedere il contratto di franchising ad un esperto, preferibilmente ad
un’Associazione di categoria del settore commercio che ha dei propri legali interni esperti di questi tipi di attività.
5. Quali sono le problematiche maggiori nella gestione di questo tipo di attività?
La problematica maggiore quella della conoscenza dei migliori fornitori che possono garantire la soddisfazione
dei clienti.
Ad es. per i matrimoni dovrei avere a disposizione almeno 5 o 6 aziende di catering con offerte diverse ma di
sicura qualità.
In caso dei convegni delle hostess professionali e che si presentino bene è sicuramente importante.
Quindi la scelta dei collaboratori anche se temporanei, è importante, perché sono l’immagine, anzi l’azienda
stessa
6. Quale è il segreto/i segreti di un’attività di successo, tenuto conto anche della concorrenza?
La capacità di creare una rete di relazioni interpersonali è sicuramente il “segreto” per avere successo.
Da sottolineare però che se il proprio target di clientela comprende anche Enti pubblici, tutti i preventivi e le
asseegnazioni avverranno tramite il Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione (MEPA) e lì conterà la
capacità informatica di utilizzare lo strumento in modo corretto che non il rapporto interpersonale con gli impiegati dell’Ente.
7. A cosa dovrei fare attenzione nello scegliere un collaboratore?
Il collaboratore dovrà avere capacità di relazionarsi con i partecipanti all’evento, avere doti psicologiche che lo
mettano in grado di capire i desideri del cliente, trasformandoli in qualcosa di fattibile, dovrà avere la capacità di
rappresentare la vision aziendale, quindi dovrà porsi in modo tale da essere coerente con l’offerta aziendale.
3
Intervista con Mauro Cinefra, funzionario di Confesercenti
106
Aprire un’impresa artigiana4
1. Capacità che servono per aprire un attività artigianale
L’imprenditore artigiano svolge in maniera prevalente, continuativa, professionale, un’attività di produzione di
beni o prestazione di servizi, per la quale assume la diretta responsabilità degli oneri e rischi, rispettando i
limiti dimensionali previsti dalla legge quadro. E’ necessaria la maggiore età, la cittadinanza italiana, comunitaria o il possesso di regolare permesso di soggiorno e, per alcuni tipi di attività, il possesso di requisiti tecnicoprofessionali previsti dalle leggi statali (acconciatori, estetisti, impiantisti, autoriparatori, pulitintolavanderie,
panifici, imprese di pulizie, facchinaggio etc.).
2. Aspetti legali: si usa l’affitto di azienda nel settore a cosa fare attenzione per evitare problemi; quali
possono essere considerati costi eccessivi rispetto ai ricavi possibili? Quale è il prezzo giusto? E’ consigliabile l’affitto d’azienda? Oppure è meglio attrezzare una location ex novo?
L’affitto di azienda è lo strumento da consigliare quando non si vuole ricorrere alle tradizionali operazioni straordinarie “più invasive” (come la cessione di azienda).
Accanto allo scopo classico di consentire al “concedente” di assicurarsi un rendimento periodico, sotto forma di
canone di affitto, per l’esercizio della sua impresa da parte di un soggetto terzo “affittuario”, il quale si assume la
responsabilità dell’esercizio di un’attività economica senza però dover effettuare un investimento iniziale, l’affitto
di azienda permette anche il conseguimento di ulteriori fini, come ad esempio la gestione di una crisi, il passaggio generazionale, l’affitto infragruppo, senza il necessario e definitivo trasferimento del complesso aziendale.
Nel contratto di affitto di azienda è necessario inserire delle specifiche clausole al fine di prevenire contestazioni
tra le parti, sia durante l’affitto che alla fine del contratto. La regola vuole che sia l’affittuario a dover mantenere
“la struttura aziendale”, conservando l’efficienza dell’organizzazione, degli impianti e le normali dotazioni delle
scorte. A questa regola è possibile derogare prevedendo che sia il concedente a dover assicurare il mantenimento dell’efficienza e dell’organizzazione degli impianti.
La questione riveste particolare importanza sia sotto il profilo civilistico che fiscale in quanto ha delle ricadute
sulla deducibilità dell’ammortamento dei cespiti, e sulla realizzazione di sopravvenienze a fine contratto, oltre
che sulla determinazione del canone di affitto (prevedere che sia il concedente a dover mantenere
l’organizzazione e l’efficienza degli impianti comporterà sicuramente un aumento del canone di affitto che includa la quota idealmente imputabile al logorio fisico ed economico dei beni).
Nell’affitto di azienda il rischio dell’impresa viene trasferito in capo all’affittuario il quale si attende la remunerazione della propria attività imprenditoriale (che non può essere assorbita da un canone troppo elevato), mentre
al concedente spetta la remunerazione del puro investimento privo di rischio (un certo rischio permane, tuttavia,
in capo al concedente in relazione alla eventuale riduzione del valore di avviamento e delle aspettative reddituali
riconducibili ad una diversa gestione).
Il canone di affitto è definito in via automa dalle parti, sulla base dell’applicazione dei metodi per la stima del
valore delle aziende, cui fa seguito la contrattazione per la ripartizione fra le parti dei fattori e dei rischi di rispettiva competenza.
3. Vendita di azienda. a cosa fare attenzione per evitare problemi; quali possono essere considerati costi
eccessivi rispetto ai ricavi possibili? Quale è il prezzo giusto? E’ consigliabile l’acquisto di un’azienda
già esistente d’azienda? Oppure è meglio attrezzare una location ex novo?
Una delle prime domande che si pone l’aspirante imprenditore è proprio questa: acquistare un’azienda o costituirne una nuova? Dipende da tanti fattori.
Acquistare un’azienda ha il vantaggio che essendo già avviata ed inserita nel mercato, dispone di dati storici sui
quali è più agevole effettuare previsioni attendibili circa la capacità di produrre reddito (è quindi possibile stabilire in breve tempo il grado di rischio e di convenienza dell’investimento).
Creare un’azienda ex novo ha il vantaggio di stanziare un minor investimento iniziale, in quanto non ci sono
avviamenti da pagare, tuttavia bisognerà farsi conoscere per acquisire il mercato.
Nella cessione d’azienda il soggetto acquirente deve prestare particolare attenzione alle responsabilità che
derivano dall’acquisto, in tema di debiti. Il trasferimento dei debiti non è automatico, tuttavia qualora risultino dai
libri contabili obbligatori (libro giornale) l’acquirente ha, anche se non risultano compresi nell’azienda acquistata,
una responsabilità in solido con il cedente per gli stessi (salvo poi la possibilità di rivalsa verso il venditore). Se,
invece, il venditore, si avvale della contabilità semplificata, non sorge alcuna responsabilità in capo
all’acquirente, per il pagamento dei debiti non compresi nell’azienda acquistata.
L’acquirente ha altresì una responsabilità tributaria, in quanto è responsabile in solido (fatto salvo il beneficio
della preventiva escussione del cedente ed entro il limiti del valore dell’azienda, per il pagamento delle imposte
e sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti. Gli
uffici finanziari sono tenuti a rilasciare, su richiesta dell’interessato, un certificato sull’esistenza di contestazioni
in corso e di quelle già definitive per le quali i debiti non sono stati soddisfatti.. il certificato, se negativo, ha
pieno effetto liberatorio dell’acquirente.
Per quanto riguarda la stima dell’azienda patrimonio e reddito sono gli strumenti necessari per lo studio della
redditività dell’azienda; per redditività non si intende il risultato di esercizio ma il confronto tra il risultato di esercizio e le risorse utilizzate dall’azienda per conseguirlo.
4
Intervista concessa da Matteo Rettore, direttore CNA Padova
107
La valutazione è influenzata anche da altri fattori esterni: la dipendenza dell’azienda dalla persona che cede; le
dimensioni dell’azienda e l’autonomia dell’organizzazione interna, la concorrenza, la situazione finanziaria e
familiare del cedente, la propensione al rischio dell’acquirente subentrante.
4. Quale è il livello di ricavi che mi permette un utile?
E’ necessario analizzare il cosiddetto “punto di equilibrio” (break even point): l’idea alla base del punto di equilibrio è che esiste un livello di produzione e di vendita (dei beni o dei servizi dell’impresa) in corrispondenza del
quale il reddito è uguale a zero perché i ricavi totali sono pari ai costi totale.
Un obiettivo fondamentale della gestione dell’impresa è abbassare questo punto di equilibrio e allargare il più
possibile l’area di attività sovrastante, in cui i ricavi superano i costi.
Per questo motivo bisogna conoscere la struttura dei costi perché aiuta non solo alla formazione del prezzo di
vendita ma anche a sapere se l’impresa producendo a quel dato livello di costi può ottenere un reddito positivo
e qual è la quantità di servizi che deve produrre e vendere affinché ciò avvenga.
Dati, quindi certi obiettivi di produzione e di fatturato, e considerata la loro distribuzione nei mesi e nelle settimane dell’anno di riferimento, con l’analisi del punto di equilibrio l’impresa può determinare quante unità di
produzione e di vendita saranno necessario per coprire tutti i costi sino a quel momento sostenuti e anche il
periodo dell’anno in cui ciò avverrà.
Per quanto concerne i costi occorre fare un ulteriore distinguo tra:
-costi variabili (costi che aumentano o diminuiscono al variare della produzione dei beni o servizi; si pensi alla
materia prima necessaria per la fabbricazione di un prodotto);
-costi fissi (costi che non aumentano né diminuiscono al variare della produzione; si pensi all’affitto o altre spese
generali).
Produzione di complementi d’arredo 5
1. Che capacità servono per aprire questo tipo di impresa?
Servono sia capacità tecniche che commerciali.
Relativamente a quelle tecniche, questo tipo di impresa viene avviata da imprenditori che hanno sviluppato
prodotti innovativi nel settore. Spesso si tratta di persone che operano da almeno 5/10 anni nel settore e che
hanno idee su come innovare il prodotto.
Il nuovo imprenditore deve essere in grado di:
- interpretare le necessità dei consumatori dei complementi di arredo;
- capire le necessità commerciali del settore;
- conoscere i materiali e la normativa tecnica necessari per la realizzazione del prodotto.
N.B. La realizzazione di prototipi viene in genere commissionata dal neo imprenditore a laboratori di artigiani.
Doti commerciali:
- conoscenza del settore dell’arredamento, dei leader di mercato, della sua segmentazione, della distribuzione
commerciale e della struttura degli operatori di tale mercato: grossisti, reti di agenti, rivenditori.
- conoscenza delle politiche commerciali adottate dai suddetti operatori e dalle tecniche di vendita tipiche dei
complementi di arredo.
2. Aspetti legali: tutela di brevetto e marchio
Nel settore dell’arredamento e dei complementi di arredo di design è fondamentale la tutela della proprietà
intellettuale. In questo il neo imprenditore incontra notevoli difficoltà, soprattutto per i costi necessari per registrare il brevetto.
Le scelte da effettuare sono diverse:
- Sviluppo del marchio commerciale e sua registrazione
- Istruzione della pratica per la registrazione del brevetto
- Scelta dell’ambito territoriale (nazionale, europeo, mondiale) di tutela del marchio e dei brevetti.
3. Collaborazione con altre imprese
Lo sviluppo di un nuovo prodotto o l’innovazione di prodotti esistenti spesso sono realizzati attraverso la collaborazione con aziende aziende esistenti che dispongono di attrezzature tecniche sufficienti per la fase di
sviluppo la cui produzione industriale verrà affidata successivamente a imprese che realizzano tali complementi
e poi li commercializzano per conto dell’imprenditore che li ha sviluppati.
In caso il nuovo imprenditore volesse acquisire un’azienda esistente per destinarla alla fase di implementazione
del nuovo prodotto è necessario fare attenzione al costo del lavoro: tali aziende sono caratterizzate da una
struttura del personale esile, composta da personale tecnico molto qualificato, da ingegneri e architetti giovani
che viaggiano frequentemente con lo scopo di intercettare le mode e le idee del momento e di riportarle su
prodotti, oltre che analizzare i prodotti della concorrenza.
Non è necessario quindi acquisire imprese con una struttura produttiva importante: tali costi pregiudicherebbero
il risultato finale. La piccola impresa deve concentrarsi sullo sviluppo del prodotto e non sulla sua realizzazione
finale. Importante stabilire il reale valore dell’impresa da acquisire (qui è necessario l’aiuto di esperti di auditing).
5
Intervista a Matteo Riva, Impresa Futura, Confapi Padova
108
Altrettanto essenziale capire se le conoscenze tecniche e di design del personale dell’azienda da acquisire
sono quelle essenziali per il buon esito dell’operazione.
Attualmente il mercato delle piccole imprese in crisi offre interessanti opportunità di acquisizione che possono
accorciare i tempi nell’implementazione di un lay out produttivo e tecnologico per lo sviluppo dell’innovazione di
prodotto nel settore dei complementi di arredo.
4. Quali sono le problematiche relative ad autorizzazioni (arpav, asl, ispettorato del lavoro, spisal).
Nelle attività di design e sviluppo tecnologico non sono fondamentali particolari autorizzazioni, se non quelle
normalmente richieste per l’avvio dell’attività d’impresa con dipendenti. Tuttavia, l’utilizzo di alcuni materiali nella
fase di realizzazione dei prototipi e di alcune tipologie di macchinari (seghe, pialle e macchinari automatici per la
lavorazione del legno) impongono una attenta valutazione dei rischi nell’ambito dell’attività produttiva.
La successiva fase di produzione industriale del prodotto realizzato sarà demandata a imprese di più grandi
dimensioni a cui commissionare la produzione di massa del prototipo.
In questa situazione è molto importante la scelta del partner produttivo e le certificazioni di qualità del processo
produttivo (ISO) possono costituire un interessante requisito tecnico sinonimo di qualità e affidabilità.
5. Scelta della sede
La sede dell’attività in questione non riveste una chiave strategica per il successo del business, almeno nella
prima fase.
Se l’immobile viene preso in affitto è necessario verificare che il contratto di locazione venga registrato presso
l’Agenzia delle Entrate e che disponga dei requisiti tecnici necessari per lo svolgimento delle attività alle quali
deve essere adibito. Inoltre, è necessario verificare tutti gli impianti tecnici necessari ad attività produttive.
6. La formalizzazione dell’idea di business in un business plan
Come prima cosa è necessario effettuare una verifica sulla realtà finanziaria che tale attività comporta. Indispensabile quindi l’assistenza di un professionista che accompagni il neo imprenditore nella fase di start up.
Strumenti molto importanti sono i budget ed i cash flow finanziari e la loro periodica revisione.
7. Quali sono le problematiche maggiori nella gestione di questo tipo di attività imprenditoriale?
Le maggiori problematiche nella gestione di tale attività risiedono nella scelta dimensionale. La filiera produttiva
che va dalla fase del design alla fase realizzativa è molto lunga. Il neo imprenditore deve capire quale sia il
segmento di tale filiera che deve essere coperto dalla sua impresa con lo scopo di massimizzare il rapporto fra
profitto e investimento. Coprire una parte della filiera troppo lunga potrebbe significare anche il default del business pure in presenza di un prodotto ottimo e di successo.
8. Quale è il segreto/i segreti di un’impresa di successo in questo settore?
I segreti di un’impresa di successo nel settore dei complementi di arredo sono molteplici:
- Prodotto di design ben accettato dal mercato;
- Prodotto di qualità sia in termini di materiali che di fattura;
- Prodotto con ottima marginalità alla portata di domanda di mercato sia in termini di prezzo che di utilizzo negli
ambienti domestici e di lavoro;
- Accordi commerciali con partner di fiducia che partecipano attivamente alla fase di concepimento del complemento di arredo e alla fase dell’industrializzazione;
- Prodotto che mantenga il proprio valore materiale e concettuale nel tempo;
- Ottimizzazione della dimensione imprenditoriale da sviluppare.
Attività di autoriparazione6
1. Che capacità servono per aprire un’officina di autoriparazione?
Servono prima di tutto dei requisiti professionali (laurea in materia tecnica o il diploma di scuola superiore
tecnico; possono essere sufficienti degli attestati tecnici, accompagnati da un anno di attività presso un’azienda
di autoriparazione oppure anche la sola esperienza professionale per 3 anni negli ultimi 5 con un livello almeno
di operaio qualificato presso un’officina di autoriparazione).
Le capacità personali: la persona deve aver avuto un’esperienza sufficiente per riuscire a risolvere i problemi
tecnici che si presentano nel lavoro dell’autoriparatore.
Inoltre sono importanti la precisione, la capacità di approfondimento tecnico, la conoscenza dell’utilizzo pratico
dell’attrezzatura, sia tradizionale che più evoluta.
2. In caso di vendita di azienda, a cosa dovrò fare attenzione per evitare problemi?
Devo analizzare l’aspetto fiscale con un esperto ad esempio di un’associazione di categoria del settore, per
analizzare gli ultimi 3 anni delle dichiarazioni dei redditi. Serve anche analizzare il valore dell’attrezzatura ed il
pacchetto clienti. Questo per capire se il prezzo è giustificato oppure no.
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Intervista concessa da Michele Fradellin, Responsabile Ufficio Start-Up – Upa Servizi – società di servizi dell’Unione
Provinciale Artigiani di Padova
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3. E’ consigliabile l’acquisto di un’azienda già esistente?
Comprare un’azienda esistente può essere un’ottima scelta, ma bisogna verificare se l’azienda è ben avviata e
la clientela è già fidelizzata (ad es. se un imprenditore va in pensione e cede l’attività che andava bene). Quindi
è bene conoscere al meglio l’azienda prima di firmare il contratto, verificando anche che le attrezzature cedute
che siano a norma. Anche su quest’ultimo particolare l’affiancamento di un’Associazione artigiana è utilissimo
per verificare le attrezzature tramite la documentazione che il cedente deve consegnare.
4. Dovendo affittare dei locali, a cosa dovrò fare attenzione?
Bisogna accordarsi con il proprietario perchè i costi di affitto impattano fortemente sui conti aziendali. Fino a
600-800 € al mese il costo è da considerare normale. Meglio in ogni caso rimanere al di sotto del 15% dei ricavi.
La destinazione d’uso deve essere di tipo artigianale: tali attività non possono essere svolte presso il garage di
casa...
Non serve però nessun tipo di autorizzazione dal punto di vista Comune e Asl. Solo se vendo pezzi di ricambio
che non vengono utilizzati dall’officina per le riparazioni, dovrei dichiarare al comune che una parte dei locali è
destinata alla vendita al dettaglio.
5. Che problematiche presentato i rifiuti prodotti?
Oli, gomme e pezzi vecchi delle auto sono rifiuti speciali. Bisogna prestare attenzione alla normativa al riguardo
ed informarsi per evitare sanzioni. E’ consigliabile farsi assistere da un’Associazione di Categoria).
6. Come riesco ad ottenere utili? Dipende molto dai costi. L’attività prevede molte ore di lavoro, quindi tutto
dipende molto dal costo orario della manodopera. Un minimo di business plan deve essere predisposto insieme con un’associazione di categoria o con la Camera di Commercio o con un commercialista. I costi fissi come
l’affitto posso incidere in modo molto negativo.
7. Quale è il segreto/i segreti per avere successo, tenuto conto anche della concorrenza?
L’attenzione al cliente e la professionalità che dimostro nell’interagire con lui/lei sono molto importanti per avere
successo e mantenere la clientela. Ad esempio se c’è stato un errore in un lavoro fatto, è meglio riconoscerlo e
risarcire il cliente, magari con una copertura assicurativa.
Oggi è diventata fondamentale la gestione del cliente: ricordargli la scadenza della revisione, la necessità di
alcune manutenzioni, ecc,. ma anche la cortesia nell’accoglienza. Inoltre è molto utile perdere un po’ di tempo
a dare delle spiegazioni tecniche sul lavoro eseguito, facendo anche vedere il pezzo rotto. In questo modo si
valorizza il lavoro stesso e si fa capire la professionalità dell’officina.
8. A cosa dovrei fare attenzione nell’assumere un dipendente?
Il dipendente diventa un elemento fondamentale in un’azienda di autoriparazione. Deve aver seguito
un’istruzione tecnica adeguata oppure avere passione per il settore e predisposizione per gli aspetti tecnici.
Deve voler imparare, essere responsabile e preciso. Non può dimenticarsi di montare pezzi o montarli male...
Attività di Pizzeria, Gastronomia e Rosticceria da asporto7
1. Che capacità servono per aprire questo tipo di attività?
L’attività viene considerata artigianale se il titolare o i titolari svolgeranno attività diretta di produzione. L’impresa
artigiana può essere considerata costituita ed esercita anche in forma di società di persone o di capitali a condizione che la maggioranza dei soci svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo
produttivo e che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale.
2. Dovendo affittare dei locali, a cosa dovrò fare attenzione? Come eviterò sorprese? Quale è il costo
massimo sopportabile dell’affitto rispetto ai ricavi?
E’ indispensabile provvedere ad un’analisi del territorio, verificando se ci sono altre Gastronomie, Pizzerie da
asporto, come lavorano, che territorio coprono. Pertanto più che alle dimensioni del locale, l’attenzione deve
essere posta sulla selezione accurata della zona. La scelta migliore consiste sicuramente nel predisporre zone
centrali, preferibilmente caratterizzate dalla presenza di piccole e medie realtà aziendali ovvero di uffici e locali
commerciali. Se si procede ad affittare un locale bisogna controllare che sia a norma per adibire una parte dei
locali a cucina, a dispensa e a bancone vendita con le norma sanitarie ed amministrative. E’ indispensabile
predisporre un piano finanziario di costi per verificare la possibilità di gestione amministrativa di un possibile
affitto.
3. Come riesco ad ottenere utili?
A quanto pare il rendimento economico, se si seguono le prime indicazioni, potrebbe valere l’investimento iniziale, l’importante è organizzare in modo corretto le mosse principali che precedono il lancio della nuova attività.
Se si predispongono dei budget (analisi economiche costi e benefici) se si analizza correttamente i pezzi di
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Intervista concessa da Alessia Ebano, Responsabile Rapporti con gli Associati, Artigianato Padovano.
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vendita ed i costi di gestione l’attività nei tempi e nei modi corretti produrrà utili, come per tutte le attività non si
può pretendere utili economici sin dal primo anno, dipende sempre da che capitale si ha all’inizio e come viene
investito.
4. Quale è il segreto/i segreti per avere successo, tenuto conto anche della concorrenza?
La Gastronomia e Rosticceria o la Pizzeria al Taglio sono attività molto particolari, che nascono dall’intento di
proporre sul mercato i tipici piatti culinari, elaborandoli così come tradizione comanda ma vendendoli come
semplice cibo da asporto. Dal pollo al forno, alle patate, dalle pizze alle crocchette, fino ad arrivare alla tipica
cucina locale, tutto rigorosamente confezionato per l’asporto. Il segreto che segna il successo di questa particolare attività, sospesa a mezz’aria tra tradizione e innovazione, è rappresentata dalla possibilità di rispondere in
modo pronto ed efficiente alle esigenze del consumatore della zona scelta che gravita attorno alla attività artigiana.
5. A cosa dovrei fare attenzione nell’assumere un dipendente?
All’esperienza di lavoro, o nello sfruttare le Leggi attuali con l’apprendistato qualificante decidendo di utilizzare
la possibilità di forgiare un dipendente sulle caratteristiche dell’imprenditore, utilizzando la possibilità che nel
periodo di apprendistato avrai la possibilità di effettuare congiuntamente un’esperienza lavorativa di professionalità e di conoscenza sul campo del lavoro.
La start up innovativa nel biomedicale8
1. Quali sono le capacità che servono per avviare un’impresa nel biomedicale?
Il team che avvia l’attività (infatti serve un team e non un singolo imprenditore), ha bisogno di 3 capacità:
- capacità tecniche: sapere che cosa si vuole proporre, quindi essere medici o tecnici del settore, ricercatori;
- capacità commerciale: nel team deve esserci qualcuno che sappia vedere la potenzialità economica e sappia
proporla al mercato. Quindi servono capacità sociali ed un network di conoscenze;
- capacità d’impresa, cioè la capacità dell’imprenditore che:
- sappia costruire una struttura ed un modello di business,
- sfruttando le capacità tecniche e commerciali, sappia creare un’impresa che generi crescita e fatturato.
E’ difficile che tutte queste capacità siano concentrate in un’unica persona.
2. C’è la necessità di un proprio business model oltre che di un business plan?
Sì, è indispensabile. Il business model è un modo sintetico per avere una visione complessiva dell’azienda e del
proprio business. Qualunque progetto d’impresa è costituito da molti ingranaggi e tasselli che devono incastrarsi
con precisione uno sull’altro per far funzionare il motore del business.
Prima di partire l’imprenditore deve farsi un’idea molto chiara di tutti gli aspetti del proprio progetto d’impresa, tra
cui prima di tutto la unique selling proposition, cioè la proposta di valore che offre al proprio cliente. Dovrà avere
le idee molto chiare su chi è il proprio cliente, che cosa desidera e che problema vuole risolvere e quanto è
disposto a pagare.
Una volta capito il cliente dovrò capire come contattarlo cioè quali sono i migliori canali e quale tipo di relazione
quel cliente desidera.
Dal punto di vista produttivo un elemento importante da capire è che cosa è meglio realizzare internamente
all’azienda e che cosa delegare a dei partner. Una volta capiti tutti questi elementi, bisogna capire quali sono le
risolse necessarie per realizzare la proposta di valore e come faccio a far arrivare di valore ai miei segmenti di
mercato.
Poi dovrò capire quali flussi di ricavi posso generare con questo meccanismo. Avere una visione precisa su
tutti questi apetti è fondamentale per un imprenditore che voglia iniziare la sua attività.
3. Cosa si può dire su brevetti, vincoli legali, problematiche relative ad autorizzazioni?
La protezione con brevetto è un fattore cruciale per tutelarsi dalla concorrenza.
I vincoli legali in questo settore sono enormi. Il consiglio è di non fare da sè, ma di appoggiarsi alla propria
associazione di categoria e a professionisti esterni. Solo quando l’azienda è grande potrà seguire questi argomenti da sola.
4. Cosa è importante sapere sull’affitto dei locali?
I locali non sono è un fattore rilevante, le necessità variano molto con il tipo di attività. Importante è dove dal
punto di vista geografico basare l’azienda.
Un’azienda biomedicale dovrebbe essere vicino ad una città universitaria famosa nel campo medico. Il fatto di
avere un’università che genera talenti vicini nel proprio settore è molto importante. Una seconda possibilità di
localizzare l’azienda vicino al proprio mercato.
5. Come recupero i capitali necessari?
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Intervista concessa da Amir Baldissera, consigliere delegato del Gruppo Giovani Imprenditori di Padova di Confindustria,
con delega alle start up d’impresa e Ceo Experenti Inc., oltre che docente di Gestione d’Impresa all’Università di Padova.
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Nel settore biomedicale i capitali richiesti sono ingenti, si tratta di apparecchiature che hanno alti costi di ricerca
e che possono portare a ritorni non prima di 5-7 anni. Come fa un imprenditore a sopravvivire per 5 anni senza
guadagnare? Una possibilità è quella di cercare degli investitori che credano nella sua idea e che in cambi di
equity (cioè di una partecipazione societaria) siano disposti ad investire capitali nell’azienda.
Se l’impresa è ancora un’idea a livello prototipale ci si può rivolgere agli incubatori. Se il progetto è più maturo
(esiste un business plan, se esiste già una proof of concept e il prodotto ha già superato los tadio di prototipo) ci
si può rivolgere alle Associazioni di business Angels. Sono gruppi di investitori privati che utilizzano i propri
capitali per sostenere l’avvio di un’impresa.
Se invece il progetto è ancora più maturo (se il prodotto ha dimostrato una capacità di traction sul mercato) ci si
può rivolgere ai fondi di venture capital.
6. A cosa dovrei fare attenzione nell’assumere un dipendente o scegliere un collaboratore temporaneo?
Spesso si sopravvaluta l’importanza delle skill tecniche, mentre è spesso più importante avere collaboratori che
sposino l’idea d’impresa, che siano coerenti con la visione dell’impresa ed il carattere/valori dell’azienda.
Le skill tecniche possono essere acquisite/affinate nel corso del tempo tramite corsi di formazione, mentre una
condivisione di valori e di motivazioni o c’è o non c’è.
Una distonia tra i valori del dipendente rispetto a quelli dell’impresa porta prima o poi ad una rottura.
7. Quale è il segreto/i segreti di un’impresa di successo in questo settore?
Per una start up l’1% è l’idea e il 99% è il sudore. (Edison 1% inspiration, 99% perspiration).
terci tanta passione e divertirsi.
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Il segreto è met-
(Retro copertina)
Gli autori
Liana Benedetti ha condotto i suoi studi sia negli Stati Uniti che in Italia. Ha lavorato prima in aziende private e poi nel mondo delle Camere di Commercio. Dal 2005 si è occupata di servizi alle
imprese nella fase di start up e del microcredito per l’avvio d’impresa di Padova e Rovigo. E’ docente in corsi, seminari e convegni e ha scritto numerose pubblicazioni tra cui “Posti esauriti” e
“Incassi sicuri”.
Silvia Fongaro, dottore commercialista in Padova, è anche revisore dei conti in varie società. Ha
lunga esperienza nel seguire le piccole imprese nella fase di start up
Cristina Mariani, consulente aziendale, si è laureata in Economia presso l’Università Bocconi di
Milano, ha lavorato in società di consulenza internazionali e ha gestito per 15 anni la piccola impresa da lei fondata. Autrice – tra l’altro - di “Marketing low cost”, Comunicazione low cost”, “Pricing”,
“Preventivi efficaci”
Alejandro Palladino, ha studiato finanza ed economia in Argentina ed in Inghilterra. Dopo
un’esperienza di 14 anni nel mondo bancario in Sudamerica, si è trasferito in Europa dove è
consulente e collaboratore di diverse aziende nel campo del commercio internazionale (ricerca di
mercato, pagamenti internazionali, logistica, fiere internazionali nei Paesi arabi, Cina e Sudest
asiatico, Inghilterra, Svizzera, America latina e Russia). E’ anche docente di vari istituti di formazione sul business plan, sull’analisi di bilancio, analisi finanziaria e dei costi, amministrazione e
controllo di gestione, oltre che sul commercio internazionale.