Gidon Kremer L`eccellenza dai classici ai nuovi maestri

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Gidon Kremer L`eccellenza dai classici ai nuovi maestri
Gidon Kremer
L’eccellenza dai classici ai nuovi maestri
Un significativo “esaurito” ha accolto martedì sera al teatro Bibiena il
violinista Gidon Kremer e la Kremerata Baltica nel primo concerto di
Tempo d'Orchestra del nuovo anno, bellissimo ed...
16 gennaio 2014
Un significativo “esaurito” ha accolto martedì sera al teatro Bibiena il violinista
Gidon Kremer e la Kremerata Baltica nel primo concerto di Tempo d'Orchestra
del nuovo anno, bellissimo ed interessante come esattamente ci si attendeva,
dal momento che questi interpreti sono tra gli assidui ospiti della stagione
mantovana e dunque già si conoscevano bene. Cosa chiedere ancora ad un
Kremer in perenne stato di grazia (l'età aumenta, ma l'impegno e il
divertimento non sembrano proprio risentirne) e ad un insieme che ne è lo
stupefacente prolungamento orchestrale? In realtà l'ammirazione si rinnova
ogni volta, così come si rinnovano i volti giovani della Kremerata Baltica, e così
come mutano i programmi, compilati con il gusto degli accostamenti arditi,
della rivelazione, della storia raccontata per frammenti tra i quali sembrano
sempre pareggiarsi i conti in una singolare osmosi di valori, idee, spunti
creativi, senza steccati eretti tra gli stili e le epoche, come se tutto avesse la
medesima dignità di esistere e di essere conosciuto, studiato, ascoltato. Ma si
tratta, a ben vedere, di una pura sollecitazione intellettuale, nella pratica messa
a confronto con una selezione meditata che poggia su una sterminata cultura,
storica e strumentale, e che dunque in fondo pone e propone dei valori ben
soppesati. In questo caso ritrovavamo l'intoccabilità dei classici (l'avvolgente
lirismo della Serenata op.48 di Ciaikovski) e la valorizzazione dell'ignoto (la
Sinfonia n.10 di Weinberg, un lavoro datato 1968 di rarissima esecuzione) fra
due pagine trascritte come il “Rondò a capriccio” di Beethoven (a firma di
Kissine: ma non ci ha convinto per l'eccessiva frantumazione del dettato) e la
“Suite Punta del Este” di Piazzolla, rivisitata con gusto sopraffino da Andrei
Pushkarev (qui impegnato al vibrafono) tra immancabili bravure strumentali.
Non si trattava di un programma “facile” ed anzi, la Sinfonia di Weinberg tra
echi espressionistici e bartókiani, tra crude e violente sonorità, non sorrideva
proprio all'ascoltatore, ma la coerenza ed il dominio strumentale, sia d'insieme
che solistici, erano le prove di un’eccellenza capace di strappare ovunque
l'applauso. Grazie Kremer. Successo vivissimo. (a.z.)

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