COMUNICATO STAMPA 18 2015 carmela e paolino

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COMUNICATO STAMPA 18 2015 carmela e paolino
C O M U N E
DI
I G L E S I A S
Sindaco Emilio Agostino Gariazzo
Centro Direzionale di Via Isonzo
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Iglesias, 7 febbraio 2015
18/2015
COMUNICATO STAMPA
“Carmela e Paolino – varietà sopraffino” in scena all'Electra
Sbarca ad Iglesias – sotto le insegne del CeDAC - “Carmela e Paolino - varietà sopraffino” di José
Sanchis Sinisterra, nella mise en scène di Pupi e Fresedde – Teatro di Rifredi / Teatro Stabile
d'Innovazione, con traduzione, adattamento e regia di Angelo Savelli: l'avvincente pièce incentrata sul
rapporto tra arte e vita, e sugli orrori della dittatura – e interpretata da Edy Angelillo e Gennaro
Cannavacciuolo - sarà in scena domenica 8 febbraio alle 18.30 al Teatro Electra di Iglesias per il
secondo appuntamento con la Stagione di Prosa 2014-15.
La versione italiana di “¡Ay Carmela!” - testo cult del grande drammaturgo spagnolo, da cui Carlos
Saura ha tratto l'omonimo film con una splendida Carmen Maura – è ambientata nell'Italia del 1944,
durante il secondo conflitto mondiale, in uno sperduto paesino del Centro-Sud, posto sotto occupazione
dalle armate tedesche; dal villaggio spagnolo di Belchite, simbolo della crudeltà della guerra civile
spagnola (le cui rovine sono considerate oggi un monumento nazionale, testimonianza di una pagina
tragica della storia iberica) la vicenda si trasferisce nella Penisola, conservando il suo significato
emblematico di manifesto in difesa della libertà e dei diritti dei popoli.
Lo spettacolo firmato Pupi e Fresedde – Teatro di Rifredi / Teatro Stabile d'Innovazione, vede in scena
Edy Angiolillo, eclettica attrice e cantante veneziana, volto noto del grande e del piccolo schermo,
attualmente dedita soprattutto al teatro e Gennaro Cannavacciuolo, geniale fantasista, che ha saputo
far rivivere i fasti del teatro d'arte varia nato a Napoli a fine Ottocento, su imitazione del café-chantant
francese e dello spirito della Belle Epoque.
Raffinato gioco metateatrale per i due artisti, che interpretano due sconosciuti attori di varietà costretti,
per il divertimento degli ufficiali nazisti, ad allietare le ultime ore dei condannati a morte con canzonette
e monologhi del loro repertorio: “Carmela e Paolino - varietà sopraffino” trasferisce in un paesino
dell'Italia del Centro Sud sotto l'occupazione tedesca, nel 1944, in pieno secondo conflitto mondiale, la
vicenda originariamente immaginata da Sinisterra nel 1938 a Belchite, villaggio simbolo della
distruzione portata dalla guerra civile spagnola (le cui rovine sono considerate alla stregua di un
monumento nazionale, in ricordo di una delle pagine più tragiche della storia recente del paese iberico).
La verità sugli orrori della guerra – e sulla dittatura – viene svelata attraverso un episodio emblematico,
ancorché inventato, almeno in parte, in cui emerge il senso sociale e politico dell'arte, e il ruolo e la
condizione degli artisti, costretti sotto un regime autoritario a scendere a patti con il potere ovvero a
prendere posizione contro le ingiustizie, in un difficile equilibrio in cui la libertà di espressione, e perfino
la possibilità di raccontare il presente, vengono soffocate dal peso della censura. La dialettica fra l'arte –
e in particolare il teatro, come rappresentazione della realtà e dell'umano – e il potere, è stata
complessa e articolata fin dalle origini della tragedia e della commedia nell'antica Grecia: l'oligarchia
dominante – fossero arconti o principi, come nell'Italia fra Umanesimo e Rinascimento, imperatori
romani o sovrani d'Inghilterra, Francia e Spagna, fino al Novecento con l'avvento dei fascismi – ha
sempre cercato di imporre confini, evitare le critiche e vietare la satira, cercando semmai di ampliare il
consenso promuovendo forme di intrattenimento più innocue – ancorché feroci come i ludi circensi - e
meno capaci di risvegliare le coscienze.
“Carmela e Paolino - varietà sopraffino” suggerisce un viaggio nella memoria, e nella storia (del
Belpaese e dell'Europa) rievocando lo stile e l'eleganza di quegli spettacoli d'arte varia in cui fecero il
loro debutto in palcoscenico artisti come Raffaele Viviani e Nino Taranto, Ettore Petrolini, il principe della
risata Antonio De Curtis in arte Totò, l'attrice e futura (anti)diva Anna Magnani, Erminio Macario, Gil e
Cioffi, il trio Lescano, Renato Rascel e tanti altri. Una forma di divertimento popolare in cui l'ironia, e
quindi la satira, sia pure tra le righe, mascherata d'ingenuità, faceva la sua comparsa beffarda a
schernire e mettere alla berlina vizi e vezzi del potere: l'allegria e una certa malizia attiravano un
pubblico variegato, che ritrovava sulla scena, narrati con brio, frammenti della propria vita, riferimenti
velati alla realtà, note dissonanti e spunti critici pur dietro la maschera di una schietta comicità, di un
carattere brillante e perfino spensierato o di un sottile umorismo. Si possono soffocare le parole,
spegnere (perfino nel sangue) il dissenso, ma non impedire alla gente (e in particolare agli intellettuali e
agli artisti, siano essi attori e drammaturghi, poeti e scrittori, architetti e pittori) di pensare: la fortunata
pièce di Sinisterra affronta il tema scottante della libertà di parola e di pensiero, e dei diritti fondamentali
dei popoli. L'instaurazione del regime militare in Spagna, come l'avvento del fascismo in Italia, costruito
intorno al mito dell'uomo forte al potere, quasi una forma di risposta reazionaria al diffondersi dei
movimenti operai e solidaristici, e alle rivolte contadine, ha avuto come inevitabile effetto collaterale
l'inasprirsi della censura contro le voci fuori dal coro, rispetto alla propaganda, le menti avverse alla
politica governativa, o anche solo lontane dall'idea di un'apologia del potere.
La Stagione di Prosa 2014-15 al Teatro Electra di Iglesias proseguirà mercoledì 25 marzo alle 20.30
con “La vita è un viaggio”, inedita pièce – scritta e interpretata dal giornalista e scrittore Beppe
Severgnini, editorialista del Corriere della Sera e opinionista cult, in scena con l'attrice Marta Isabella
Rizi e la cantante musicista Elisabetta Spada per la regia di Francesco Brandi. Infine - martedì 21
aprile alle 20.30 – spazio all'originale “Apocalisse” del Teatro dell'Archivolto, dai racconti di Niccolò
Ammaniti (con il contributo di Antonio Manzini) con la regia di Giorgio Gallione: sotto i riflettori Ugo
Dighero, convincente e coinvolgente interprete delle avventure di un personaggio, vittima di uno strano
morbo che contiene in sé (almeno a suo modo di vedere) il germe della futura catastrofe, della fine
dell'umanità.
CONTATTI: per l'Ufficio Stampa del CeDAC/ Sardegna:
Anna Brotzu - cell. 328.6923069 - [email protected]