ARCHEOLOGIA VIVA La biblioteca di Efeso

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ARCHEOLOGIA VIVA La biblioteca di Efeso
DALLE ORIGINI ALL’ETÀ DI SILLA
La conservazione
del patrimonio
librario è affidata
ai monasteri, dopo la
caduta dell’Impero
romano d’Occidente
A
Anche molte città delle province ebbero biblioteche pubbliche, spesso fatte allestire a
proprie spese da qualche ricco patrono.
Negli ultimi secoli dell’impero la crisi politica, economica e sociale si ripercosse pesantemente sulla vita culturale e coinvolse anche le biblioteche. Furono poi i monasteri ad accogliere e a preservare, almeno parzialmente, il patrimonio librario: essi si sostituirono,
in certa misura, alle scuole e anche alle tabernae librariae (in quanto sede di scriptoria,
cioè di laboratori di copiatura di manoscritti), divenendo nel Medioevo luoghi d’istruzione, di studio e, grazie al lavoro di trascrizione dei codici, di conservazione non solo dei
libri cristiani, ma anche di quasi tutto ciò che era allora rimasto del patrimonio letterario dell’antichità classica e che per questo tramite è pervenuto fino a noi.
ARCHEOLOGIA VIVA
La biblioteca di Efeso
immagine riproduce la
facciata monumentale
della cosiddetta biblioteca di Celso, situata a
Efeso in Asia Minore (l’attuale
Turchia). L’edificio fu fatto costruire al principio del II secolo
d.C. in onore del senatore Giulio
Celso Polemeano dai suoi eredi
e ospitava al suo interno anche il
sepolcro del dedicatario; rappresenta la biblioteca pubblica me-
L’
18
glio conservata dell’antichità. In
epoca imperiale biblioteche pubbliche sorsero in tutto l’impero,
spesso grazie alla generosità di
ricchi personaggi.
Chiunque poteva accedere ai locali di consultazione, in cui i rotoli erano sovrapposti su ripiani di
grandi armadi, e reperire, tramite l’uso di cataloghi, il volume
desiderato. Solitamente la consultazione avveniva nelle ore
mattutine per sfruttare al meglio
la luce naturale. Le opere latine
erano divise da quelle greche e
gli autori erano suddivisi tra poeti e prosatori e, poi, sulla base
dell’ordine alfabetico. Sembra
che la consultazione dei rotoli
dovesse avvenire nei locali della
biblioteca, ma non è da escludere che alcuni individui di massima fiducia potessero talora ottenere volumi “in prestito”.
PROFILO
LETTERARIO
DALLE ORIGINI ALL’ETÀ DI SILLA L’età dell’imperialismo e l’ellenizzazione della cultura romana

Il frammento più esteso deriva dalla Tarentilla (“La donna di Taranto”) e contiene la vivace descrizione di una cortigiana (personaggio ricorrente nella commedia antica).
T1
PRIMO PIANO SUL TESTO
T1
La ragazza di Taranto
(fr. 63 Traglia)
Nel seguente frammento della Tarentilla, citato da Isidoro di Siviglia (VI sec. d.C.), un personaggio non ben identificato descrive una spregiudicata giovane impegnata a civettare contemporaneamente con più ammiratori e amanti:
5
quasi pila
in coro ludens datatim dat se et communem facit:
alii adnūtat, alii adnictat; alium amat, alium tenet;
alibi manus est occupata, alii pervellit pedem;
anulum dat alii spectandum, a labris alium invŏcat;
cum alio cantat, at tamen alii suo dat digito litteras.
come se giocasse a palla in un gruppo, a turno si offre e si concede a tutti; a uno fa un cenno con il capo, a un altro ammicca; fa l’amore con uno e ne tiene stretto un altro; da una
parte è occupata la sua mano e ad un altro stuzzica il piede; a uno dà l’anello da guardare e
intanto chiama un altro a fior di labbra; con uno canta, mentre a un altro manda un messaggio con le dita.
ANALISI DEL TESTO T 1
(fr. 63 Traglia)
Uno stile arcaico: il parallelismo
e le figure di suono
S t i l i s t i c a m e nte il passo è co s t r u i to, come t a nti testi
della letteratura arcaica, sul parallelismo e più precisamente su strutture binarie, rilevate dalle figure di
suono. Troviamo ben dodici forme verbali, disposte
due per ogni verso (con l’eccezione del v. 3,che ne co mprende quat t ro);il legame sintattico è sempre asindetico (mancano cioè congiunzioni coord i n a nti) ecce t to
che all’inizio (d at se et communem facit) e alla fine
(l’ultimo membro è legato al pre ce d e nte dalle co ngiunzioni avversative at tamen). L’anafo ra di alius (con
poliptòto e sostituito all’inizio del v. 4 dell’avverbio
alibi) lega tra loro tutti i membri salvo i primi due; per
ev i t a re la monotonia il poeta ha int ro d o t to una variatio ai vv. 5 e 6, posponendo la forma di alius ad altre
parole.
96
La ricca e dive rt e nte rassegna delle più svariate forme di provocazione erotica è resa ancor più vivace
dalle figure di suono che si aggiungono all’a n a fo ra
(cifra stilistica fo n d a m e ntale del passo) : l’a l l i t t e razione con figura etimologica datatim dat se (d at at i m
è termine t e c n i co del gioco della palla: cfr. P l a u to,
C u rc u l i o, 296: ludunt d at at i m, “si lanciano la palla
l’uno con l’al_tro”); la forte allitterazione (con omeot e l e u to)a d nutat, a d ni ctat ( e nt rambi i verbi sono freq u e nt ativi; il primo significa “fa re segni con il capo”,
il secondo “fa re segni con gli occhi, ammiccare”); i
nessi allittera nti pervellit pedem e dat di g i t o (d a re
digito littera s,“tracc i a re lettere con il dito ”, può riferirsi a un linguaggio gestuale oppure a segni t ra cc i ati sulla t avo l a , d u ra nte il banchetto) . Si noti in part ico l a re , al v. 3, la successione di ben sette termini consecutivi allittera nti in /a/.
M A P PA D I S I N T E S I U N I TÀ 5
PLAUTO
P L A U TO
(pochi anni prima del 250 a.C. - 184 a.C.)
scrive e rappresenta le sue commedie a
partire dagli anni della seconda guerra punica
(218-202 a.C.)
21 commedie “varroniane”,
alcune delle quali lacunose
trame derivate da modelli greci
della commedia nuova
■ intrecci complicati ma ripetitivi, con
situazioni e personaggi convenzionali
(vecchio, giovane innamorato, cortigiana,
servo, lenone, moglie bisbetica)
■ frequente rottura dell’illusione scenica
attraverso appelli al pubblico, riflessioni sul
teatro, riferimenti romani in commedie di
ambientazione greca
■ rovesciamento burlesco della realtà senza
fini politici
■ uso del sermo familiaris come punto di
partenza per creare una lingua “artefatta”,
ricca di figure retoriche, neologismi e giochi
di parole
■
rispetto ai modelli greci:
adattamento ai gusti del
pubblico romano
■ contaminatio
■ ampio spazio dato a musica
e canto
■ poco interesse per la
coerenza della trama
■ predilezione per gli effetti
comici, anche bassi
■
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commedie del servus callidus
(protagonista è il servo)
commedie di carattere,
della beffa e degli equivoci
Pseudŏlus, Bacchı̆des,
Mostellaria, Miles gloriosus
Aulularia, Cası̆na,
Menaechmi, Amphitrŭo
UNITÀ 3 La poesia neoterica e Catullo
ANALISI GUIDATA
T 39
PERCORSI
TESTUALI
(carme 76)
Comprensione complessiva
● Il carme,che per la sua estensione è conside-
rato una breve elegia, è costituito da due parti, un soliloquio e un dialogo.
1. Individua le due sequenze e,se ti pare opportuno,opera ulteriori suddivisioni interne; infine sintetizza il loro
contenuto e assegna a ciascuna un titolo.
Catullo ripercorre in una sorta di esame di
coscienza il suo passato e la sua condotta di
vita.
2. Quali meriti attribuisce a se stesso?
● Il nome di Lesbia non compare mai, tuttavia
la sua presenza aleggia per tutto il carme, ora
più velatamente ora più esplicitamente.
4. In quali versi e in quali espressioni è possibile cogliere il riferimento alla donna amata?
●
3. Sulla base di quale concezione religiosa fonda la sua
richiesta agli dèi?
5. Con quali tratti è descritta? Qual è la colpa che il poeta le attribuisce?
Analisi del testo
● Il pensiero del poeta è affidato ora ad ampi
periodi articolati ipotatticamente, ora a una
più fluida e paratattica successione di domande e di esortazioni.
6. Quale rapporto c’è tra l’andamento sintattico e il contenuto espresso?
● Nei vv. 13-16 Catullo esprime con profonda
intensità l’ostinata lotta di chi vuole liberarsi
da una passione che causa dolore e tormento.
7. Attraverso quali figure retoriche il poeta rende a livello formale la necessità e la difficoltà del suo sforzo?
● Il carme è caratterizzato dalla presenza del
9. Sottolinea tutti i termini appartenenti al campo semantico religioso e indica con quale significato sono usati dal poeta.
linguaggio sacrale della preghiera.
8. Con quali termini è connotato il sentimento d’amore?
Perché?
Approfondimento
● Nel carme 76 il poeta instaura un colloquio
con se stesso: le sue parole attestano una dolorosa scissione interiore tra l’esigenza riflessiva e l’impulso emotivo.
10. In quali altri componimenti catulliani a te noti è presente uno sdoppiamento tra ragione e sentimento? Quali analogie e differenze cogli?
●
A Lesbia sono dedicati carmi di amore appassionato, tradito, riconciliato e nuovamente
tradito.
11. A quale “periodo” della relazione tra Catullo e Lesbia
appartiene il carme 76? Conosci altri testi che si possono
collocare nella medesima fase?
● La concezione dell’amore come malattia,che
12. Confronta il sonetto LXII (Padre del ciel, dopo i perduti
giorni) di Francesco Petrarca con il carme 76 di Catullo.
Che cosa accomuna i due testi e che cosa li differenzia?
causa angoscia e sofferenza, ritorna in scrittori latini successivi,come Virgilio,passando senza soluzione di continuità anche nella letteratura italiana.
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PERCORSI
TESTUALI
L’ETÀ DI CESARE
UN TEMA PER TRADURRE
UN PROCESSO DI NATURA POLITICA:
IL CASO VERRE
Le Verrine costituiscono uno degli esempi più interessanti dell’eloquenza di Cicerone, in
un processo di natura politica in cui l’autore ebbe il ruolo di accusatore. L’imputato, Gaio
Verre, un potente politico, rispondeva delle malversazioni compiute durante il suo governatorato in Sicilia. La causa fu discussa a Roma nel 70 a.C. dinanzi al tribunale per le
concussioni (de pecuniis repetundis).
Cicerone portò avanti una battaglia in difesa della legalità e dell’onestà, in un processo
che avrebbe rappresentato per lui un’importante tappa nella carriera politica e che avrebbe scosso gli equilibri interni alla classe dirigente, favorendo il ceto equestre e la fazione
dei populares a danno del Senato e degli optimates (il cui prestigio, giunto al culmine con
Silla, una volta scomparso il dittatore, appariva in declino).
Proponiamo qui alcuni passi che illustrano la strategia comunicativa attuata dall’oratore contro un potente politico supportato da un illustre avvocato, tenendo presente che le
Verrine non sono soltanto un capolavoro di oratoria, ma anche un complesso e interessante documento storico, usato dagli studiosi del mondo romano per la ricostruzione del
diritto, della politica, della società, dell’economia del I secolo a.C.
IL CLIMA POLITICO IN CUI IL PROCESSO SI SVOLSE
Gli abusi di potere dei politici romani rappresentavano una prassi nella gestione delle
province, affidata tradizionalmente all’aristocrazia senatoria, dalle cui file provenivano i
governatori.
Le quaestiones perpetuae (“tribunali
permanenti”) de repetundis svolgevano una fondamentale funzione di controllo sulla loro azione, ma i senatori,
favoriti da Silla, avevano avuto a lungo
il pieno controllo di questi tribunali e
ne avevano approfittato per proteggere la loro casta, concedendo spesso
l’assoluzione a uomini avidi e corrotti.
Tuttavia, dopo la morte di Silla nel
78 a.C., si ebbe una fase di “moralizzazione” della politica: da una parte,
Scena di amministrazione della giustizia,
particolare di una miniatura da un manoscritto
del XIV sec. del Codice di Giustiniano.
256
PERCORSI
TESTUALI
L’ETÀ DI CESARE
damnatus, pecuniae magnitudine sua spe et praedicatione absolutus. Huic ego
causae, iudices, cum summa voluntate et expectatione populi Romani, actor
accessi, non ut augerem invidiam ordinis, sed ut infamiae communi succurrerem.
Adduxi enim hominem in quo reconciliare existimationem iudiciorum amissam, redire in gratiam cum populo Romano, satis facere exteris nationibus,
possetis; depeculatorem aerari, vexatorem Asiae atque Pamphyliae, praedonem
iuris urbani, labem atque perniciem provinciae Siciliae. (3) De quo si vos vere
ac religiose iudicaveritis, auctoritas ea, quae in vobis remanere debet, haerebit;
sin istius ingentes divitiae iudiciorum religionem veritatemque perfregerint,
ego hoc tam adsequar, ut iudicium potius rei publicae quam aut reus iudicibus
aut accusator reo defuisse videatur.
niae magnitudine sono due ablativi di causa. – Huic … succurrerem: Cicerone, consapevole dalla gravità della situazione in cui si trova la classe senatoria, ha accettato l’accusa (huic
… causae … actor accessi) proprio per fornire un aiuto ai senatori (ut infamiae communi succurrerem). La principale huic
ego (= ego huic, anastrofe) … actor accessi regge le due finali
introdotte da ut: non ut augerem, sed ut … succurerem. Ordinis è un genitivo oggettivo; infamiae communi è il dativo retto da succurro. Si osservi il chiasmo non ut augerem invidiam
ordinis / sed ut infamiae communi succurrerem. – Adduxi …
Siciliae: la condanna di Verre consentirà ai senatori di ottenere ben tre risultati in un solo colpo: recuperare la credibilità dei tribunali, riconquistare la simpatia del popolo, dare
soddisfazione ai popoli stranieri. Dal punto di vista sintattico il periodo è formato dalla principale adduxi enim hominem, che regge una relativa con sfumatura consecutiva, in
quo … possetis; da possetis dipendono i tre infiniti reconciliare, redire e satis facere. Depeculatorem … vexatorem … praedonem … labem atque perniciem (“totale rovina”, endiadi)
sono tutte apposizioni di hominem, retto da adduxi; disposte
in forma di climax, richiamano le tappe della carriera politi-
ca di Verre: la questura in Gallia nell’84 a.C., la legatio in Cilicia nell’80-79 a.C., la pretura urbana nel 74 a.C., il governatorato della Sicilia dal 73 al 71 a.C.
3. De quo … haerebit: Cicerone prospetta che cosa accadrà in caso di condanna dell’imputato e in caso invece di
assoluzione. Si … iudicaveritis è protasi di un periodo ipotetico della realtà con il futuro anteriore, la cui protasi è auctoritas ea … haerebit; quae … debet è una relativa. De quo è un
nesso relativo ed equivale a et de eo: nella traduzione va inserito all’interno della protasi. – sin … videatur: ecco ora la seconda alternativa: in caso di assoluzione sarà evidente non
l’innocenza di Verre ma piuttosto la corruzione del tribunale. Sin istius (ha valore dispregiativo) ingentes divitiae … perfregerint è la protasi di un altro periodo ipotetico della realtà, la cui apodosi è ego … adsequar; ut … videatur è la
completiva che spiega il contenuto di hoc. Si costruisca l’ultima parte del periodo: ut videatur iudicium defuisse rei publicae (dativo) potius quam aut reus (defuisse) iudicibus aut
accusator (defuisse) reo. Dal punto di vista stilistico i due accusativi religionem veritatemque riprendono il vere ac religiose della frase precedente.
PASSATO E PRESENTE
La corruzione ieri e oggi: un problema “culturale”
Più volte nelle Verrine Cicerone sottolinea la gravità del reato di Verre e di una sua eventuale assoluzione: le malversazioni di molti governatori e i frequenti processi “truccati” minano seriamente
la credibilità del Senato, esponendolo alle critiche degli avversari politici (i populares), e dello Stato romano in generale, che ha perso sempre più autorevolezza presso le popolazioni suddite e
alleate.
Alcune considerazioni dell’oratore possono apparire drammaticamente attuali: ancora oggi i
danni della corruzione si fanno sentire sotto l’aspetto sia propriamente economico sia culturale,
nella “percezione” che i cittadini hanno dei meccanismi che regolano l’economia e il mondo del
lavoro.
262
UNITÀ 4 Cicerone
PERCORSI
TESTUALI
Si propone qui, a questo proposito, la lettura di due documenti. Il primo è un articolo di Fulvio
Milone che riporta una relazione del procuratore generale della Corte dei Conti, un organo preposto alla vigilanza «sulla corretta gestione delle risorse pubbliche, sul rispetto degli equilibri finanziari complessivi, sulla regolarità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa». Secondo
l’autore, le “tangenti” (le somme di denaro richieste da pubblici funzionari in cambio di favori)
non solo sottraggono allo Stato ingenti risorse economiche, ma producono anche un danno “non
monetizzabile”: quello all’immagine della pubblica amministrazione, con la conseguente perdita
della fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Su una diffusa cultura della corruzione si sofferma in modo particolare lo scrittore Roberto Saviano. L’autore del noto best-seller Gomorra (un’indagine sui loschi affari e sulle attività criminose della camorra) sottolinea l’importanza dell’individuazione delle responsabilità di politici, magistrati, imprenditori coinvolti in alcune recenti inchieste condotte in Campania e in altre regioni,
ma soprattutto constata con amarezza la cinica rassegnazione di tanti cittadini, che considerano
“normali” l’uso del potere a fini personali, il voto di scambio e la ricerca della raccomandazione
per ottenere un posto di lavoro.
Fondamentale diventa, quindi, una battaglia che è prima di tutto culturale: Saviano ritiene che la
lotta alla criminalità si giochi innanzi tutto sul piano dei valori condivisi, a partire da quello della legalità, che deve essere coltivato da tutti i cittadini, a prescindere dalla provenienza geografica,
dallo status sociale o dall’ideologia politica che si professa.
La relazione del procuratore:
ogni anno un enorme salasso per gli Italiani onesti
Corruzione ed evasione ci costano 160 miliardi.
La Corte dei Conti: quei soldi rilancerebbero l’economia
ROMA
essanta miliardi, due o tre manovre finanziarie di quelle toste.
A tanto ammonta il danno economico provocato dalla corruzione
nella pubblica amministrazione:
«Una tassa immorale e occulta pagata con i soldi prelevati dalle tasche dei
cittadini», come la definisce il procuratore generale della Corte dei Conti
Furio Pasqualucci, che ha presentato
ieri il rendiconto generale dello Stato
per l’esercizio 2008. Non basta. A
quella cifra record la magistratura
contabile ne aggiunge un’altra non
meno allarmante: 100 miliardi l’anno
sottratti all’erario con l’evasione fisca-
S
le. In tutto fanno 160 miliardi che, se
recuperati, consentirebbero sicuramente di far ripartire la nostra economia. L’Italia «tangentista», dunque,
non conosce crisi. Fa soldi a palate, ma
non si limita a provocare enormi danni economici: «Altre e maggiori conseguenze – aggiunge infatti il pg1 –
vengono prodotte dalla corruzione
serpeggiante nella pubblica amministrazione sul piano della sua immagine, della moralità e della fiducia che
costituiscono un ulteriore costo non
monetizzabile per la collettività». In
altri termini, il malcostume «rischia,
soprattutto nell’Italia Meridionale, di
ostacolare gli investimenti esteri, di
distruggere la fiducia nelle istituzioni e di togliere la speranza nel futuro
a generazioni di giovani, ai cittadini,
alle imprese». Per la Corte dei Conti,
contro questo fenomeno «rilevante e
gravido di conseguenze in tempo di
crisi […] va posta in essere una decisa
opera di contrasto». La magistratura
contabile, però, rileva «l’insufficienza
dell’azione repressiva in quanto questa costituisce un mero deterrente
contro la corruzione già scoperta,
mentre è sul piano organizzativo che
occorre insistere agendo sui comportamenti, sulle procedure e sulla trasparenza dell’attività amministrativa
per prevenire la possibilità che si rea-
1. L’abbreviazione sta per “procuratore generale”.
263
PERCORSI
TESTUALI
L’ETÀ DI CESARE
S LO STILE DI CICERONE
T 74 La patria si rivolge a Catilina (I Catilinaria, 17-18)
All’interno della vastissima produzione ciceroniana, proponiamo come esempio dello stile multiforme dell’autore un passo delle orazioni, tratto dalla I Catilinaria.
La presenza di Catilina a Roma non è più tollerata né dai concittadini né dal Senato, da quando i
suoi progetti eversivi sono stati smascherati. Per conferire maggior forza ed enfasi alle proprie parole, Cicerone immagina che la patria stessa compaia di fronte a Catilina per rammentargli i suoi
misfatti e incitarlo a lasciare per sempre la città.
Iperbato
(17) […] Si te parentes timerent atque odissent tui neque eos ratione
ulla placare posses, ut opinor, ab eorum oculis aliquo concederes.
Prosopopea
Nunc te patria, quae communis est omnium nostrum parens, odit
ac metuit, et iamdiu nihil te iudicat nisi de parricidio suo cogitare;
Omeoteleuto
huius tu neque auctoritatem verebere nec iudicium sequere nec vim
Parallelismo
pertimesces? (18) Quae tecum, Catilina, sic agit et quodam modo
Ossimoro
tacita loquitur: «Nullum iam aliquot annis facinus exstitit nisi per te,
Anafora
nullum flagitium sine te; tibi uni multorum civium neces, tibi vexa-
Chiasmo
tio direptioque sociorum impunita fuit ac libera; tu non solum ad
Anafora +
poliptoto
Omeoteleuto
neglegendas leges et quaestiones, verum etiam ad evertendas perfrin-
Climax +
omeoteleuto
gendasque valuisti. Superiora illa, quamquam ferenda non fuerunt,
Poliptoto
Epifora
tamen, ut potui, tuli; nunc vero me totam esse in metu propter
Allitterazione
unum te, quicquid increpuerit, Catilinam timeri, nullum videri contra me consilium iniri posse, quod a tuo scelere abhorreat, non est
Omeoteleuto
(17) […] Se i tuoi genitori provassero per te timore e odio e tu non riuscissi a trovare il modo di rabbonirli, ti allontaneresti, immagino, dalla loro vista andandotene in un luogo qualunque. Ora è la
patria, la madre comune di tutti noi, che ti odia e ti teme, ed è già un pezzo che, a suo avviso, tu non
pensi ad altro che ad assassinare proprio lei che è tua madre: e della patria tu non rispetterai l’autorità, non ti piegherai al giudizio che ha di te, non paventerai la forza? (18) Ed essa, Catilina, si rivolge a te e oserei dire che nel suo silenzio pronuncia queste parole: «Da diversi anni ormai non s’è
verificata nessuna azione delittuosa né infamante se non per opera tua; a te solo è stato possibile, liberamente e impunemente, assassinare tanti concittadini, sottoporre a vessazioni e razzie i nostri
alleati; tu sei stato capace non solo di non tenere in nessun conto né leggi né giustizia, ma pure di
sovvertirle e distruggerle. Ora, i tuoi misfatti precedenti, per quanto assolutamente insopportabili, pure li ho sopportati così come ho potuto; ma che adesso io debba vivere tutta quanta nel terrore solo per causa tua, che ad ogni stormir di foglia si debba temer Catilina, che evidentemente non
sia possibile ordire nessuna trama ai miei danni che sia indipendente dalla tua delittuosa attività,
320
UNITÀ 4 Cicerone
ferendum. Quam ob rem discede atque hunc mihi timorem eripe; si
est verus, ne opprimar, sin falsus, ut tandem aliquando timere desi-
PERCORSI
TESTUALI
Struttura
simmetrica
nam.
questo è assolutamente insopportabile. Vattene dunque e liberami da questo timore: per non soccombere, se è fondato; per cessare una buona volta per tutte di temere, se è privo di qualunque fondamento.
(trad. G. Bellardi)
ANALISI DEL TESTO
T 74
(I Catilinaria, 17-18)
La prosopopea della patria e il tema della
paura L’accorata esortazione rivolta a Catilina
perché abbandoni Roma acquista solennità e incisività grazie alla personificazione della patria e all’associazione patria-genitore con cui Cicerone introduce la prosopopea:poiché la patria è communis
… omnium nostrum parens, Catilina non dovrebbe
esitare ad andarsene, esattamente come farebbe
se si accorgesse di essere oggetto di timore e di
odio per i suoi genitori. Fin dall’esordio è posto in risalto il tema della paura, che percorre l’intero brano (metus, metuo, timor, timeo, pertimesco) e ritorna nella frase finale tandem aliquando timere
desinam.
La concinnitas Il passo offre diversi esempi della
struttura armonica ed equilibrata tipica del periodare ciceroniano, pur essendo organizzato in periodi piuttosto brevi. L’interrogativa retorica che
chiude il paragrafo 17 è articolata in tre cola paralleli: i verbi al futuro semplice sono coordinati dal
polisindeto negativo neque … nec … nec e preceduti dai rispettivi complementi oggetto; la loro successione culmina nel verbo pertimesco, intensivo
di timeo e formato con il prefisso per- che ne rafforza il significato. Un analogo ritmo ternario ritorna
nei tre gerundivi neglegendas … evertendas perfringendas, retti da valuisti, in omeoteleuto e disposti
in climax ascendente (paragrafo 18).
Esemplare risulta poi il parallelismo tra i due cola
Nullum … facinus … nisi per te / nullum flagitium
sine te (pararagrafo 18), abbinato ad altri artifici
retorici: l’anafora nullum … nullum, l’epifora associata al poliptoto per te … sine te, l’assonanza nisi …
sine e il gioco fonico e semantico tra i due sostantivi facinus … flagitium.
Anche il breve periodo con cui si conclude la prosopopea della patria è caratterizzato dalla ricerca del-
la simmetria: ai due imperativi iniziali discede ed
eripe fanno seguito due brevissime protasi si … verus e sin falsus da cui dipendono due proposizioni finali, l’una negativa, ne opprimar, l’altra positiva, ut
… desinam.
L’uso dell’iperbole e dell’anafora L’oratore dà
prova di ardore argomentativo accentuando iperbolicamente la pericolosità di Catilina e attribuendogli la colpa di tutti i crimini compiuti a
Roma negli ultimi anni. L’attenzione sulla sua responsabilità individuale è continuamente richiamata dall’incalzante ritmo dell’anafora o del poliptoto del pronome e dell’aggettivo di 2a persona:
per te … sine te … tibi uni … tibi … tu … propter unum
te … a tuo scelere.
Le figure di suono e di significato Un abbondante impiego di figure retoriche concorre al raggiungimento della concinnitas e del páthos:l’ampio
iperbato parentes … tui; l’ossimoro tacita loquitur,
con cui è introdotto il discorso della patria; il poliptoto ferenda … tuli … ferendum,che sottolinea la necessità di smettere di tollerare ciò che fino a quel
momento è stato pazientemente sopportato;le antitesi uni multorum, me totam … unum te, verus …
falsus; gli omeoteleuti verebere … sequere, vexatio
direptio e timeri … videri,il chiasmo con variatio (genitivo genitivo nominativo / nominativo nominativo genitivo) multorum civium neces / vexatio direptioque sociorum. Anche il timbro fonico delle parole
è oggetto di particolare attenzione, come dimostrano le allitterazioni ferenda, fuerunt, tamen, ut
potui, tuli e totam esse in metu propter unum te.
Molto efficace risulta anche la disposizione in chiasmo semantico dei due concetti chiave di timore e
avversione nelle espressioni timerent atque odissent / odit ac metuit.
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