LAVORAZIONI PER DEFORMAZIONE PLASTICA_sito

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Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica
LAVORAZIONI PER DEFORMAZIONE PLASTICA
La proprietà tecnologica che devono possedere i materiali perché possano essere lavorati per
deformazione plastica è la “plasticità”.
La plasticità è la capacità che ha un materiale di cambiare permanentemente di forma, sotto
l’effetto di forze esterne, senza rompersi.
La plasticità può distinguersi in:
-
malleabilità, quando sotto l’azione di forze di compressione, il materiale viene ridotto in
lamine;
duttilità, quando sotto l’azione di forze di trazione, il materiale viene ridotto in fili
piegabilità, quando sotto l’azione di forze di flessione, il materiale viene piegato senza che
si verifichino in esso screpolature.
Principali lavorazioni plastiche sono:
- laminazione
- trafilatura
- estrusione
- fucinatura (stampaggio)
In questa categoria possono essere incluse anche alcune lavorazioni della lamiera:
- piegatura
- imbutitura
- stampaggio
Le lavorazioni plastiche dei metalli, poiché non devono determinare la rottura dei materiali ma
solo la loro deformazione permanente, devono avvenire solamente mediante l’applicazione di
carichi superiori a quelli di “snervamento” ed inferiori a quelli di rottura (vedi diagramma carichiallungamenti nella prova di trazione).
Le lavorazioni per deformazione plastica possono essere eseguite a caldo o a freddo, a seconda
delle caratteristiche del metallo ed anche della forma più o meno complicata che deve assumere il
pezzo.
Lavorazioni a caldo e a freddo
1) Perché una lavorazione possa dirsi effettuata “a caldo”, é necessario che avvenga al di sopra
di una temperatura caratteristica del metallo detta “Temperatura di ricristallizzazione”.
Temperature di ricristallizzazione per alcuni materiali
Acciai
≈ 850 °
Alluminio
275 °
Rame
250 °
La “ricristallizzazione” é il processo di formazione e crescita nel metallo, mediante
somministrazione di calore, di nuovi grani cristallini. Risultato della ricristallizzazione é un
addolcimento della struttura cristallina del materiale.
A caldo aumenta la plasticità del materiale, che acquista uno stato pastoso.
Perché la lavorazione plastica sia possibile, é necessario che tale stato pastoso duri per un
intervallo di tempo e di temperatura sufficientemente lungo (cioè che non si abbia rapidamente il
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passaggio dallo stato solido allo stato liquido) durante il quale il pezzo possa essere trasferito dal
forno alla macchina ed essere per esempio stampato.
E’ inoltre essenziale che la massa del materiale sia omogenea, ossia i cristalli che
costituiscono il materiale abbiano approssimativamente la stessa resistenza agli sforzi meccanici
(per esempio la ghisa, che é costituita da cristalli duri di cementite e da cristalli teneri di ferrite, non
é lavorabile plasticamente perché, quando soggetta a forze esterne di deformazione, la cementite,
che é fragile, si romperebbe mentre la ferrite si deformerebbe).
2) Una lavorazione si dice “a freddo” quando avviene ad una temperatura inferiore a quella di
ricristallizzazione.
Fenomeno rilevante é in tal caso l’incrudimento del materiale, cioè uno sminuzzamento della
struttura cristallina ed una distorsione del reticolo cristallino, che provocano un aumento della
durezza e della fragilità. L’incrudimento si può eliminare con un trattamento termico di ricottura.
Lavorabilità dei principali materiali per deformazione plastica (fucinabilità)
L’acciaio é lavorabile plasticamente a caldo. L’aumento della percentuale di carbonio
diminuisce la plasticità. L’intervallo di temperatura entro il quale può essere lavorato l’acciaio per
deformazione plastica (per esempio stampaggio) é di 850 ÷ 1200 °C.
Le ghise comuni non sono lavorabili per deformazione plastica perché non sono malleabili né a
freddo né a caldo. Esse non presentano, inoltre, la fase di rammollimento (stato pastoso) in quanto
passano rapidamente dallo stato solido allo stato liquido.
Il rame é fucinabile a freddo; riscaldato diventa fragile.
L’ottone, che é una lega rame-zinco, é fucinabile a freddo e a caldo solo se ha zinco inferiore al
38 %, altrimenti é fucinabile solo a caldo.
Il bronzo, che é una lega rame-stagno, non é fucinabile.
L’alluminio e le sue leghe sono fucinabili a freddo e a caldo.
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Principali lavorazioni per deformazione plastica
1) Laminazione
E’ un processo mediante
il
quale
si
produce
l’allungamento,
lo
schiacciamento
e
la
sagomatura di un blocco di
metallo
(massello
o
lingotto) fatto passare tra
due rulli, detti “cilindri”,
rotanti in senso contrario,
aventi elevata durezza,
tenacità,
resistenza
all’usura. Essi sono costruiti
in acciaio speciale al Cr-Mn
o in ghisa sferoidale. Di
solito, i cilindri hanno
diametro D = 400 ÷ 600 mm e lunghezza L ≤ 3,5 D.
Per mezzo della laminazione (a
caldo, più raramente a freddo) si
trasformano i masselli metallici o
lingotti prodotti dalle acciaierie in
forme commerciali adatte per
ulteriori lavorazioni (semilavorati)
o per l’impiego diretto (es.:
profilati, lamiere, barre, rotaie
ferroviarie ...)
- Temperature di laminazione
La temperatura alla quale si
può effettuare la laminazione
dipende ovviamente dal materiale.
Acciai da fucinatura
Hanno
basso
tenore
di
carbonio. La temperatura di inizio
laminazione deve essere Ti = 1250
°C circa. La temperatura dei
lingotti
prima
dell’ultimo
passaggio non deve essere
inferiore Tu = 850 °C.
Acciai rapidi
Prima della sbozzatura, devono essere ricotti ad una temperatura TR ≥ 900 °C. La sbozzatura va
eseguita alla temperatura di Ti = 1200 °C circa. I lingotti vanno poi ancora ricotti a circa 800 °C ed
infine sottoposti a laminazione di finitura a Tu = 980 °C.
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Rame
Si esegue dapprima la sbozzatura a caldo a Ti = 950 °C circa (infatti il rame a T < 700 °C é
fragile). Dopo la sbozzatura a caldo si asporta lo strato superficiale di ossido mediante decapaggio e
poi si effettua la laminazione di finitura, a freddo.
Ottone
Si esegue dapprima la sbozzatura a caldo a Ti = 850 °C circa. Dopo la sbozzatura, i lingotti
vengono disossidati e poi finiti a freddo.
Alluminio e sue leghe
La laminazione di sbozzatura viene iniziata a Ti = 460 °C circa. La laminazione di finitura si
esegue a freddo.
- Principio di funzionamento del laminatoio
Il materiale di partenza (lingotto)
viene afferrato e trascinato per attrito tra
due cilindri di ugual raggio rotanti in
senso opposto.
Il metallo é in contatto con ciascuno
cilindro lungo l’arco AB detto “angolo
di contatto” o “angolo di presa”.
Il corrispondente angolo al centro α è
detto “angolo di contatto o di presa”:
cos α = OC/OA = (OB – CB) / r
= (r – Δh/2) / r = 1 - Δh/2r
Analisi delle forze ed avanzamento per attrito
F = massima forza deformatrice radiale
esercitata da ciascun cilindro all’inizio della
presa
Fc = F cos α = componente di compressione
Fs = F sen α = componente di stiramento
Queste componenti sono variabili
nell’arco di contatto : lo stiramento é
massimo all’inizio, lo schiacciamento é
maggiore alla fine (infatti per α = 0 si ha Fs =
0 e F = Fc).
Per effetto dello stiramento e dello
schiacciamento, il metallo assume una
struttura stratificata nel senso della
laminazione: le fibre esterne avanzano cioè con velocità maggiore delle fibre interne.
Siccome l’avanzamento del massello é provocato dall’attrito che nasce nel contatto, deve
risultare:
Forza d’attrito Fa > Fs
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Dalla Meccanica, la forza d’attrito è pari al prodotto della forza normale (che tiene due corpi a
contatto) per il coefficiente d’attrito f:
Fa = f · Fc
Ricordiamo che per gli acciai f = 0,10 ÷ 0,15 in movimento; é invece f = 0,15 ÷ 0,35 al distacco.
Dalla precedente: f · Fc > Fs da cui f > Fs/Fc o meglio f > tg α
Cioè: perché si abbia l’avanzamento del massello per attrito, il coefficiente d’attrito f deve
essere maggiore della tangente dell’angolo di contatto (di solito si assume α = 24°).
Treni di laminazione
In genere, per ottenere un dato profilo, occorrono diversi passaggi, coi quali ci si avvicina
gradualmente alla forma definitiva.
Il complesso di due o più cilindri e dell’incastellatura relativa prende il nome di “gabbia”.
Più gabbie in serie con i relativi trasportatori intermedi costituiscono un “treno di laminazione”.
Si distinguono varie tipologie di treni di laminazione:
-
-
-
a duo reversibile (con inversione del senso di marcia dei cilindri, é utilizzato per fabbricare
blumi per profilati)
a duo non reversibile (utilizzato per
la fabbricazione a caldo delle
lamiere, presenta raffreddamento
del materiale)
a doppio duo (utilizzato per
laminazione a caldo dei lingotti,
che é necessario sollevare per
mezzo di elevatori)
laminatoio duo tandem (ideale per
regolarità e velocità di laminazione
di grossi lingotti, é adatto per
lavorazione
in
serie
nelle
acciaierie).
Coefficiente di riduzione:
r = H – h (cioè: spessore iniziale – spessore finale)
Coefficiente di stiramento:
ρ = L1 – L0
(cioè: lunghezza barra dopo il passaggio / lunghezza barra prima del passaggio)
Velocità del laminatoio:
V1 = ρ · V0
dove V1 è la velocità del 2° laminatoio e V0 è la velocità del 1° laminatoio
In genere V = 3 ÷ 10 m/sec.
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- Prodotti della laminazione
Per mezzo della laminazione si trasformano i masselli metallici o lingotti prodotti dalle
acciaierie e dalle fonderie in forme commerciali adatte per ulteriori lavorazioni o per l’impiego
diretto (rotaie ferroviarie, profilati ...).
Nella tabella seguente sono indicati alcuni prodotti della laminazione.
Semilavorati
Quadrati
Blumi
Billette
s > 120 mm
S = 50 ÷120
mm
Rettangolari
Bramme
S > 14 400
mm2
Tondi
Per profilati
D > 70 mm
A > 2 500 mm2
Billette rettangolari
S = 1500 ÷14 400
mm2
Prodotti finiti
Lamiere
Sottili s < 3
Medie s < 5
Spesse s > 5
Nastri
Larghi l > 600
Stretti l < 600
Barre
S > 169 mm2
Profilati
T;I;[;L
Tonde
Triangolari
Quadre
Rettangolari
Poligonali
Vergella
Fili
Come barre ma
Ottenuti
con S < 169 mm2 dalla
vergella a
freddo
2) Fabbricazione dei tubi
Si distinguono “tubi saldati” e “tubi senza saldatura”.
a) Tubi saldati
I tubi saldati si ottengono partendo da un nastro di materiale metallico avente una larghezza pari
allo sviluppo della circonferenza del tubo ed uno spessore uguale allo spessore della parete del tubo
stesso.
I bordi del nastro vengono leggermente smussati, in maniera tale da presentare una maggiore
superficie di contatto al momento della saldatura.
Il procedimento di fabbricazione é il seguente:
- il nastro viene dapprima piegato ad U
- il nastro viene poi ridotto alla forma tubolare dall’azione combinata di una serie di rulli
- in alternativa, il nastro può essere ridotto alla forma tubolare passando attraverso una trafila
- i due lembi, accostati lungo una generatrice, vengono uniti mediante saldatura per fusione
- una serie di rulli esercitano la pressione necessaria per provocare la saldatura dei due lembi
rammolliti al calor bianco.
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I tubi costruiti con questo metodo non resistono alle forti pressioni, non si piegano facilmente a
freddo e tendono ad aprirsi dove sono piegati.
b) Tubi senza saldatura: procedimento Mannesmann
I tubi senza saldatura sono fabbricati in un sol pezzo. Essi hanno quindi il vantaggio di resistere
bene alle pressioni interne ed alle sollecitazioni esterne.
I tubi prodotti senza saldatura possono avere diametri di 40 ÷ 600 [mm], spessori di 3 ÷ 20
[mm] e lunghezze superiori anche a 30 [m].
Per la costruzione dei tubi
senza saldatura vengono utilizzati
due rulli di un laminatoio
sbozzatore “Mannesmann” ed una
spina a punta ogivale.
I due rulli, che hanno forma a
doppio tronco di cono e che sono
ad assi sghembi, aventi diametro
da 30 a 800 [mm] e lunghezza da
30 a 40 [mm], ruotano nello stesso
senso ed imprimono al massello,
portato allo stato plastico, sia un movimento di rotazione che un movimento di avanzamento,
cosicché si genera uno strappo centrale nel massello che si estende per tutta la lunghezza. In pratica,
le fibre più esterne, spinte dai rulli con moto rotatorio, scorrono sulle fibre più interne, mentre al
centro l’azione di scorrimento contrapposto provoca invece una lacerazione delle fibre, ché origina
un vuoto.
Una spina a punta ogivale si insinua nel frattempo nel vano centrale in via di formazione e vi
penetra sempre più man mano che il massello avanza, allargandolo e rendendo più regolare il foro.
Per condurre il tubo forato grezzo alle dimensioni ed al grado di finitura richiesti, si ricorre ad
un altro laminatoio detto, per le sue modalità di lavorazione, “a passo del pellegrino”.
I due cilindri che costituiscono il laminatoio “a passo del pellegrino” sono scanalati con una
gola semicircolare, di profondità variabile.
-
-
Per un certo tratto di circonferenza, i rulli consentono il passaggio senza ostacoli del forato
grezzo che, infilato nella spina, viene sospinto in avanti da un meccanismo idraulico e
ruotato di 90°.
Il metallo viene quindi in presa con i rulli, che lo sospingono indietro, comprimendolo
contemporaneamente sulla spina, stirandolo e plasmandolo ed adattandolo al diametro della
spina stessa.
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-
Quando il vano dei rulli si amplia nuovamente, il grezzo compie un altro movimento in
avanti, ruotando ancora di 90°. Quindi il metallo ritorna in presa con i rulli ed una nuova
porzione di esso viene ridotta di diametro. E così via finché tutto il tubo non é stato portato
al diametro voluto.
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3) Trafilatura
Consiste nel ridurre la sezione di un filo, di un tubo o di una barra
costringendola a passare a freddo, mediante uno sforzo di trazione,
attraverso un foro (detto “trafila” o filiera) avente una sezione più
piccola.
I materiali utilizzati per la trafila sono la ghisa fusa in conchiglia
metallica o acciai al tungsteno trattati e rettificati.
A causa dell’attrito e del restringimento della sezione, il moto di
traslazione degli strati esterni del metallo viene ritardato rispetto al
moto degli strati interni e perciò le zone centrali avanzano con velocità
maggiore rispetto alle zone periferiche.
- Analisi selle forze e sollecitazione di trazione
Con riferimento al disegno, si ha:
a) F = reazione della trafila contro la spinta del
metallo: è diretta perpendicolarmente alle
superfici di contatto
b) Fc = componente di compressione
c) Fs = componente assiale: si oppone
all’avanzamento
Per effetto dello sforzo di trazione T, la zona
periferica a monte della trafila risulta compressa
dalle componenti assiali Fs che si oppongono allo
stiramento.
Indicando con C la somma
delle componenti Fs, la trafilatura
sarà possibile quando sia
soddisfatta la relazione:
T>C
Per evitare che il massello si
strappi, deve essere inoltre:
T < (π · d2)/4 · kt
dove kt é il carico di sicurezza a trazione del metallo. In particolare:
kt = 60 [N/mm2] per l’acciaio dolce
kt = 30 [N/mm2] per l’ottone
kt = 20 [N/mm2] per il rame
- Produzione di un filo in acciaio: rapporto di riduzione
La produzione dei fili metallici avviene mediante macchine trafilatrici. Sul banco di esse sono
fissate le filiere (F), che hanno diametro decrescente, seguite dai rulli avvolgitori (D). Un tamburo
avvolgitore (H) arrotola il filo in matasse.
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La macchina illustrata appresso riduce un tondino di Φ8 mm a filo di Φ1,4 mm, facendolo
passare attraverso 9 filiere disposte in serie.
Per quanto riguarda le varie riduzioni di sezione, per il calcolo della scala di trafilatura, tra i vari
metodi, uno tra i più utilizzati per la precisione offerta é quello che sfrutta la relazione:
d/D = √α
dove:
d = diametro del filo all’uscita dalla trafila
D = diametro della vergella (o filo) all’ingresso nella trafila
α = coefficiente che dipende dall’allungamento del filo e dalla riduzione del diametro del filo
stesso.
La √α rappresenta in pratica la “ragione geometrica” secondo cui variano i diametri delle varie
trafile poste secondo una progressionegeometrica.
Cioé:
d1 = D · √α
d2 = d1 · √α
d3 = d2 · √α
...................
Il coefficiente α può essere ricavato mediante la relazione:
α=λ/β
dove:
β = percentuale di riduzione della sezione
λ = percentuale di allungamento
Esistono tabelle che permetto di ricavarsi la √α noti che siano λ e β.
Prima della trafilatura é necessario effettuare:
- pulizia superficialmente della barra metallica (vergella, filo ...) mediante spazzolatura
meccanica o per immersione in una apposita soluzione;
- lavaggio in acqua
- essiccazione
- fosfatazione del filo (per facilitarne lo scorrimento nella trafila)
- lubrificazione
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4) Estrusione
E’ una lavorazione plastica mediante la quale, agendo per
compressione, si costringe il materiale a passare attraverso un foro a
contorno più o meno regolare (matrice).
L’estrusione può essere diretta, inversa o per corpi cavi.
Nel caso di estrusione diretta il massello, posto all’interno di un
contenitore, viene estruso tramite un mandrino compressore ed è
costretto a passare attraverso una matrice che ha la forma del
particolare. Il metodo è utilizzato per estrudere particolari aventi
dimensioni notevoli o profili complicati.
Nell’estrusione inversa, il mandrino compressore è costituito da
un cilindro cavo che, agendo sulla matrice, costringe il materiale a
risalire all’interno del tubo.
Nel terzo caso, detto anche “estrusione dalla pastiglia”, sotto
l’azione di un punzone, il metallo, posto all’interno di una matrice,
viene schiacciato e, non potendosi espandere lateralmente, è costretto
a risalire attorno al punzone stesso. Il metodo è utilizzato per
fabbricare piccoli astucci, capsule cilindriche in lega legerra o ottone,
bossoli ecc.
L’estrusione può avvenire a caldo o a freddo. In quest’ultimo caso
le pressioni da applicare sul massello sono notevolmente più elevate.
Temperature di estrusione
- Acciai legati
- Rame
- Ottone
- Leghe di alluminio
- Electron
- Zinco
1300 °C
950 °C
800 °C
480 °C
380 °C
100 °C
Possono essere estrusi a freddo pezzi di piccole dimensioni in alluminio, ottone, piombo, rame,
stagno, zinco ed anche in acciaio dolce (C < 0,2 %)
Pressioni di estrusione
La pressione di estrusione a caldo può variare da 25 a 45 [daN/mm2].
A freddo, si hanno le seguenti pressione di estrusione:
- Acciaio dolce
- Alluminio
- Ottone tenero
- Rame tenero
230 [daN/mm2]
80
“
70
“
60
“
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5) Stampaggio a caldo
E’ un’operazione di formatura a
caldo durante la quale il materiale viene
compresso tra due utensili (stampo e
controstampo) in cui é ricavata
un’impronta che riproduce in negativo la
forma finale del pezzo.
Tecniche di stampaggio
Le tecniche
distinguono in:
-
di
stampaggio
si
stampaggio dalla barra
stampaggio a pezzi separati
stampaggio da spezzoni di lamiera
a) stampaggio dalla barra
Il materiale di partenza è una barra laminata di lunghezza di circa 2 m e diametro fino a 50 mm.
Un’estremità della barra viene prima riscaldata e poi fucinata tra stampo e controstampo.
Staccato e sbavato un pezzo, si passa al successivo.
Questa tecnica si utilizza per pezzi di peso tra 2 e 8 kg.
b) stampaggio a pezzi separati
Il materiale di partenza è costituito da pezzi troncati da barre o billette di volume pari a quello
del pezzo finito maggiorato delle bave, del ritiro e del sovrametallo.
Questa tecnica è utilizzata per la produzione di pezzi di forma circolare, di alberi a gomito,
bielle ...
c) stampaggio da spezzoni di lamiera
Il materiale di partenza é ottenuto mediante tranciatura di una lamiera.
Vengono prodotti così coltelli, forbici, chiavi ...
Ciclo di stampaggio a caldo
Con riferimento all’acciaio, si distinguono le seguenti operazioni:
Operazione
N° operaz.
1
Taglio
2
Riscaldamento
3
Sbozzatura
Descrizione
Si tagliano gli spezzoni dalla barra mediante cesoie.
Si introducono gli spezzoni in un forno dove si
scaldano alla temperatura di 1100 ÷ 1200 °C.
Gli spezzoni caldi vengono sottoposti all’operazione
di fucinatura internedia mediante attrezzi comuni od
usando, secondo il quantitativo da sbozzare, delle
macchine (presse) al fine di assegnare una forma
approssimata.
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Stampaggio
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Tranciatura delle bave
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Trattamento termico
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Sabbiatura o decapaggio
8
Coniatura
9
Controllo
Il pezzo sbozzato viene immediatamente posto sopra
lo stampo (piazzato sull’incudine di un maglio o di
una pressa) per essere sottoposto a deformazione
plastica causata dalla pressione che il controstampo
riceve dalla mazza.
Il materiale in eccesso viene eliminato mediante
tranciatura che, per le bave sottili, può effettuarsi
anche a freddo. L’operazione si realizza con uno
stampo (matrice e punzone) applicabile al maglio o
alla pressa.
A seconda dei tipi di acciaio e delle sue
caratteristiche meccaniche che si vogliono
raggiungere, si può effettuare una normalizzazione o
una bonifica. Col primo trattamento (che consiste in
un riscaldamento a 860 ÷ 930 °C e successivo
raffreddamento in aria libera) il materiale diviene
omogeneo nella sua durezza in tutti i punti della
massa; col secondo trattamento (che consiste in una
tempra seguita da rinvenimento) il materiale acquista
resistenza e tenacità.
In seguito ai riscaldamenti effettuati sia nello
stampaggio che per i trattamenti termici, si sono
formate sulle superficie dei pezzi delle croste di
ossido. Prima di effettuare le lavorazioni alle
macchine utensili per asportazione di truciolo, é
necessario eliminare le suddette incrostazioni.
Col decapaggio la pulitura avviene chimicamente per
mezzo di bagni acidi; con la sabbiatura l’eliminazione
delle croste di ossido avviene meccanicamente a
secco con un getto di sabbia. Quest’ultimo
procedimento é più economico.
Quando
occorre,
si
perfeziona il
pezzo
precedentemente stampato, calibrandolo nelle misure
e lisciandone le superfici. La precisione si aggira su
0,05 ÷ 0,10 mm.
La coniatura si effettua a freddo e, dal momento che
richiede elevate pressioni (fino a 200 daN/mm2), é
possibile solo per particolari di piccole o di medie
dimensioni.
I pezzi devono essere alla fine essere sottoposti sia al
controllo di durezza del materiale, delle varie
dimensioni, tenendo conto specialmente dei
sovrametalli di lavorazione.
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- Quantità di calore occorrente per rendere plastici i materiali metallici
La quantità di calore che il forno deve erogare per portare allo stato plastico il materiale, può
essere determinato così:
Q = Cs · M · (Tf – Ti)
dove:
Tf e Ti sono rispettivamente la temperatura finale e quella iniziale (per esempio 1 200 e 20 °C);
M é la massa del pezzo in kg;
Cs é la capacità termica massica del materiale (ex calore specifico) [cal/(kg · °C) oppure J/(kg · °C)]
Esempio: Per portare 1 kg di acciaio alla temperatura Tf = 1 200 °C, supponendo la temperatura
ambiente Ti = 20 °C, occorre la seguente quantità di calore:
Q = 114 · 1 · 1 180 = 134 520 [cal]
O meglio: Q = 480 · 1 · 1 180 = 566 400 [J] = 566,400 [kJ]
- Tempo occorrente per il riscaldamento
Nota che sia la quantità Q che il forno deve erogare per portare allo stato plastico il materiale,
detta QF la quantità di calore erogata dal forno in un’ora ed η il rendimento termico del forno, il
tempo necessario per il riscaldamento si può determinare con la seguente espressione:
T = Q / (QF · η) = (Cs · M · ΔT) / (QF · η)
Esempio: Si devono riscaldare, alla temperatura Tf = 1 200 °C, venti billette di acciaio del peso di 2
kg ciascuna. Si dispone di un forno che eroga 10 000 kcalorie all’ora. Si chiede quanto tempo
occorra per riscaldare la carica delle billette. Si assuma come rendimento termico del forno η = 0,50
÷ 0,70.
La massa totale delle billette é M = 20 · 2 = 40 kg
Il calore occorrente é Q = Cs · M · (Tf – Ti) = 114 · 40 · 1 180 = 5 380 800 [cal] = 5 380 [kcal]
Il tempo necessario per il riscaldamento é:
T = Q / (QF · η) = 5 380 / (10 000 * 0,7) = 0,77 ore = 46 min.
- Forza e Lavoro di stampaggio
La Forza occorrente per effettuare una data operazione di fucinatura, può essere calcolata
mediante l’espressione:
FS = p · A [N]
dove:
p = pressione di stampaggio in [N/mm2]
A = superficie di lavoro, corrispondente alla proiezione in pianta di tutte le zone del pezzo che si
trovano a contatto con lo stampo al termine della deformazione.
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La pressione di stampaggio dipende dalla qualità del materiale da lavorare e dalla temperatura di
fucinatura.
Materiale da fucinare
Acciaio R = 450 [N/mm2]
Acciaio R = 600 [N/mm2]
Ottone
Rame
Pressione di fucinatura in [N/mm2] alla temperatura di:
700 °C
800 °C
1 000 °C
1 200 °C
250
200
130
80
380
300
180
90
230
170
60
120
90
40
-
Indicando con “s” la profondità media di stampaggio (in mm), il lavoro di stampaggio
occorrente si ricava con la relazione:
Lu = (FS · s)/1000 = (p · A · s)/1 000 [J]
- Utensili per lo stampaggio
Gli utensili per lo stampaggio sono detti “stampo” e “controstampo”. Essi sono soggetti a
notevoli sollecitazioni sia meccaniche che termiche.
Essi sono infatti sottoposti a forze di stampaggio capaci di produrre carichi unitari fino a 1000 ÷
2000 [N/mm2] nel caso di stampaggio al maglio.
Subiscono inoltre forti variazioni di temperatura durante il servizio (da 80 a 150 °C) a causa del
contatto col materiale caldo da stampare. Tali variazioni di temperatura sono più severe nel caso di
stampaggio alla pressa in quanto il contatto tra materiale e utensile dura più a lungo che nel caso di
stampaggio al maglio.
I materiali per utensili da stampaggio devono avere pertanto i seguenti requisiti:
- elevata durezza, resilienza, resistenza meccanica
- elevata resistenza all’usura
- elevata refrattarietà
- elevata resistenza alle variazioni di temperatura
- buona lavorabilità
- disponibilità ai trattamenti termici
Tra i materiali per stampaggio più diffusi ricordiamo i seguenti:
a) Acciaio al carbonio tipo C 50, nel caso di stampi comuni e per piccole temperature di
esercizio;
b) Acciaio al Ni-Cr-Mo tipo 45 Ni Cr Mo 16 6 2 per stampi medi e grandi ad elevata resistenza
e per medie temperature di esercizio;
c) Acciaio al W-Cr-Ni tipo X 30 W Cr Ni 9 3 2 nel caso di stampi per elevate temperature di
esercizio.
Le dimensioni dei blocchi contenenti gli stampi sono di circa 2,25 ÷ 2,50 volte il diametro
massimo del pezzo grezzo.
La cavità dello stampo deve avere la forma del pezzo ma, per tenere conto del ritiro del pezzo
stesso durante il raffreddamento, deve essere leggermente superiore. In genere, nella costruzione
degli stampi per gli acciai, si considera un ritiro del metallo pari all’1 %, per il rame e bronzo di
0,80 %, per ottone e leghe leggere di 0,90 %.
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Per favorire l’estrazione dei pezzi, gli stampi devono essere provvisti di appropriati sformi o
spoglie:
- per le superfici esterne si assumono angoli di sformo di circa 7°
- per le superfici interne, fori, scanalature, angoli di sformo di circa 10 °
Per motivi di carattere pratico (evitare di smontare la fresa) si cerca di tenere il più possibile
costante i due angoli di sformatura.
Lungo tutto il contorno della cavità é praticato un solco detto “canale di bava” entro il quale
deborda, in forma di lamina, una piccola parte di materiale (detta “bava”), in eccesso per sicurezza.
La “bava” viene dopo eliminata con una tranciatura alla pressa (pressa a sbavare, che porta un
punzone ed una matrice riproducenti il contorno esatto del pezzo) o con mole abrasive.
Le superfici interne dello stampo richiedono una buona levigatura per facilitare lo scorrimento
del metallo e per ottenere un pezzo ben finito.
Per evitare che il metallo aderisca alle superfici degli stampi e per ridurre l’usura delle superfici
stesse, si ricorre ad una appropriata lubrificazione prima di introdurre il metallo.
Per evitare che lo stampo si rompa quando viene messo a contatto col metallo che generalmente
si trova a temperature di circa 1 000 °C, gli stampi vengono preriscaldati a circa 200 ÷ 300 °C.
Quando uno stampo viene impiegato per la prima volta, é conveniente eseguire una colata in
piombo per il controllo della forma e delle dimensioni.
Lo stampo viene fissato alla base porta stampi tramite un incastro a coda di rondine. Lo stesso
dicasi per il controstampo.
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Progettazione dei pezzi stampati
La possibilità di “ottimizzare” una lavorazione per stampaggio é strettamente legata ad una
corretta progettazione del pezzo in modo che risulti facilitata l’operazione stessa di stampaggio e
che vengano rispettate le esigenze connesse alle successive lavorazioni (ad esempio per
asportazione di truciolo).
Per una corretta progettazione dal punto di vista dello stampaggio vero e proprio, devono essere
tenuti in considerazione i seguenti punti:
- inclinazione dei fianchi del pezzo
- arrotondamento degli spigoli vivi
- spessore minimo delle nervature
a) Inclinazione dei fianchi del pezzo
Per facilitare l’estrazione da stampo e controstampo è bene che le superfici del pezzo siano
inclinate.
L’inclinazione delle superfici interne deve essere sempre maggiore di quella delle superfici
esterne. Infatti l’eventualità di un calettamento tra pezzo e controstampo é assolutamente da evitare,
mentre nel caso di calettamento tra pezzo e stampo inferiore si può disporre della forza esercitata
dall’espulsore per liberare il pezzo.
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L’entità dell’inclinazione dei fianchi del pezzo dipende dalla macchina impiegata per la
lavorazione.
Superfici interne
Inclinazione α
Impiego
9°
Normale
Macchina
Magli
6°
Con mandrino
corto
Con grosse cavità
Normale
Con espulsore
9°
6°
3°
Presse
Superfici esterne
Inclinazione β
Impiego
9°
Con grosse
nervature
6°
Normale
3°
6°
3°
1°
Con superfici piane
Con superfici piane
Normale
Con espulsore
Generalmente si assume α = 7° ÷ 8° e β = 5° ÷ 7°. Per comodità di fabbricazione é di solito α =
β = 7°.
b) Arrotondamento degli spigoli vivi
Per scongiurare il pericolo di cricche é opportuno che gli spigoli del pezzo siano arrotondati.
In corrispondenza degli spigoli vivi del pezzo si ha la maggiore usura e si rischia l’incrinatura
dello stampo.
I raggi di curvatura dovrebbero essere grandi quanto più é possibile in quanto migliorano anche
il flusso del materiale all’interno di stampo e controstampo.
Il valore dei raggi di curvatura dipende dalle dimensioni del pezzo.
Dimensioni h1, h2 [mm]
Fino a 25
Da 25 a 40
Da 40 a 63
Da 63 a 100
Da 100 a 160
Da 160 a 250
Spigoli R1 [mm]
2
3
4
6
8
10
Scanalature R2 [mm]
Normali
Precise
4
4
6
5
10
6
16
8
25
10
40
16
c) Spessore minimo delle nervature
Lo spessore delle nervature non deve scendere al di sotto di certi valori. Spessori troppo piccoli
aumentano notevolmente la resistenza al flusso del materiale e di conseguenza la forza che la pressa
deve esercitare.
Gli spessori minimi dipendono dall’altezza della nervatura.
Altezza nervatura h [mm]
Fino a 10
Da 10 a 16
Da 16 a 25
Da 25 a 40
Da 40 a 63
Da 63 a 100
Spessore minimo s [mm]
3
4
5
8
12
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d) Sovrametallo
Prima di procedere allo studio ed alla costruzione di uno stampo a caldo, é indispensabile
eseguire il disegno del pezzo da stampare.
Il disegno del pezzo da stampare deve essere fatto in base al disegno del pezzo finito di
macchina utensile in modo da poter indicare gli adeguati sovrametalli sulle superfici da lavorare, i
raccordi e gli angoli di sformatura.
Si é già detto dei raccordi e degli angoli di sformatura.
Il sovrametallo da lasciare sulle superfici é in funzione della dimensione del pezzo.
Dimensioni d [mm]
Fino a 20
Da 20 a 80
Da 80 a 150
Da 150 a 250
Sovrametallo h [mm]
0,1 ÷ 1
1 ÷1,5
1,5 ÷ 2
2÷3
Macchine per lo stampaggio
Lo stampaggio viene effettuato con magli e con presse.
1) Possono essere impiegati sia magli a caduta libera che magli a doppio effetto.
L’azione del maglio, di durata brevissima, è risentita dal pezzo soltanto in superficie, per cui
i pezzi foggiati col maglio presentano una struttura superficiale diversa da quella interna; ne
consegue che il maglio non è adatto per fucinare pezzi di grosso spessore.
2) Con la pressa, invece, la deformazione viene trasmessa a tutta la massa metallica e perciò si
possono fucinare pezzi di notevole spessore.
Le presse per stampaggio devono quindi essere adatte a sopportare i notevolissimi carichi
che si generano durante le lavorazioni. Pertanto vengono sempre realizzate in acciaio.
Generalmente per lo stampaggio vengono impiegate le presse meccaniche.
Le presse sono sempre utilizzate nel caso di stampaggio di metalli e leghe leggere che non
possono essere lavorati al maglio a causa delle troppo elevate velocità di deformazione che
questi materiali non possono sopportare senza rompersi.
Caratteristiche dei pezzi stampati: fibrosità
La fucinatura, rispetto alle altre lavorazioni, mantiene le
migliori caratteristiche di resistenza meccanica del materiale
lavorato. Ciò dipende essenzialmente dalla fibrosità dei metalli,
che conferisce loro una notevole tenacità.
Nei pezzi fucinati le fibre si deformano e tendono a seguire la
forma del pezzo. Le fibre non risultano interrotte e questo rende
il pezzo più resistente.
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MACCHINE PER LE LAVORAZIONI PLASTICHE
MAGLI
-
Principio di funzionamento del maglio
La mazza, sollevata ad una altezza appropriata,
ricade sul massello da fucinare, che è appoggiato
sull’incudine, e lo deforma plasticamente.
La deformazione plastica del materiale è ottenuta a
spese dell’energia cinetica posseduta dalla mazza al
momento dell’urto.
Cioè: l’energia d’urto posseduta dalla mazza si
trasforma in lavoro di deformazione del pezzo.
A sua volta, il lavoro di deformazione, poiché
provoca variazioni nella struttura cristallina del metallo,
genera una certa quantità di calore che ritarda il
raffreddamento naturale del pezzo.
L’energia cinetica al momento dell’urto é:
E = ½ · m · v2
dove m = massa della mazza
v = velocità della mazza al momento dell’urto
Poiché tale energia è acquistata a spese dell’energia potenziale posseduta dalla mazza all’inizio
della caduta, si ha:
½ · m · v2 = m · g · h
dove g = accelerazione di gravità = 9,81 m/s2
h = altezza iniziale della mazza
La mazza è sollevata all’altezza h da un organo motore. In genere h = 1 ÷ 4 [m].
In genere, il peso dell’incudine è 20 volte il peso della mazza.
Classificazione dei magli
I magli sono generalmente classificati in base al tipo di funzionamento e in base al tipo di
incastellatura.
1) In base al tipo di funzionamento
a) Magli ad incudine
Le forze di lavoro sono esercitate da una mazza battente sul pezzo
che è poggiato su una incudine.
Si distinguono:
-
Magli a caduta libera
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La mazza cade sul pezzo per sola gravità. Il principio di funzionamento é quello prima descritto.
Il lavoro ideale di deformazione é:
Li = m · g · h = (m · v2)/2
Il lavoro effettivo é:
Le = Li · ηcolpo con ηcolpo = 0,3 ÷ 0,6
La potenza necessaria per sollevare la mazza é:
P = Li · ncolpi/ ηmaglio con ηmaglio = 0,3 ÷ 0,7
Non tutta l’energia disponibile viene utilizzata per deformare il pezzo, poiché l’incudine ne
assorbe una parte. Il lavoro assorbito dall’incudine è
Li = Le ∙ mm /mi
dove mm = massa della mazza e mi = massa dell’incudine.
-
Magli ad accelerazione addizionale
Alla forza di gravità viene aggiunta una spinta, che può essere esercitata da una molla (o
balestra), da vapore o da aria compressa. In questi ultimi due casi i magli sono detti “a doppio
effetto”.
A lato è lo schema di un maglio ad aria compressa.
In un cilindro operatore (1) scorre lo stantuffo portamazza (4) alla cui estremità è appunto la mazza (6).
Uno stantuffo compressore (3) è azionato da un
sistema biella-manovella.
Il cilindro operatore (1) è in comunicazione col
cilindro dello stantuffo compressore attraverso una
valvola di regolazione (2).
Il movimento di discesa dello stantuffo compressore
(3) provoca una depressione nel cilindro operatore
(1) e perciò la mazza (6) viene sollevata; quando lo
stantuffo (3) invece risale, l’aria compressa nel
cilindro operatore spinge in basso la mazza.
Agendo opportunamente sulla valvola (2) si può
inserire o escludere la cameretta di regolazione (5):
quando la cameretta è esclusa si ha la massima
compressione dell’aria nel cilindro (1) e perciò il
maglio fornisce la massima potenza; quando la cameretta viene totalmente inserita, la potenza
del maglio è minima.
Il lavoro effettivo, nel caso di magli a doppio effetto, é:
Le = m · g · h + p · Apistone · h = h · (m · g + p · Apistone)
dove p = pressione del fluido = 0,6 ÷ 0,7 [N/mm2]
La velocità finale della mazza è di circa 8 [m/s]
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b) Magli a contraccolpo
Sono dotati di due mazze battenti portate ad urtare l’una contro l’altra.
Si distinguono:
-
Magli ad azionamento meccanico
Le mazze vengono messe in moto mediante un sistema di leve.
Il lavoro di deformazione é:
L = [(m1 + m2)/2] · v2
con v = 8 ÷ 10 [m/s]
-
Magli ad azionamento idraulico
-
Magli ad azionamento pneumatico
La mazza (5) e l’incudine (7) sono collegati mediante nastri di
acciaio (4) avvolti sui rulli (3) in modo tale che la discesa della
mazza provochi la salita dell’incudine. La mazza è azionata dal
vapore o dall’aria compressa agente su uno stantuffo (1) interno
al cilindro (2).
L’incudine (o mazza inferiore), che è l’elemento condotto, ha un
peso leggermente superiore a quello della mazza in modo da
tenere allontanate le due mazze quando il maglio è fermo. Le
due mazze scorrono sulle guide (6).
2) In base al tipo di incastellatura
a) Magli ad un montante
b) Magli a due montanti
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PRESSE
Il modo di agire delle presse è diverso da quello dei magli, infatti, mentre il maglio agisce per
urto, la pressa agisce esercitando una compressione continua e progressiva. La deformazione viene
trasmessa a tutta la massa metallica e perciò si possono fucinare pezzi di spessore notevole.
Classificazione delle presse
1) In base al tipo di azionamento
Le presse vengono comunemente suddivise in due grandi categorie: presse meccaniche e presse
idrauliche.
a) Presse meccaniche
La trasmissione del movimento e dello sforzo avviene meccanicamente.
Si distinguono:
-
Presse a vite (o a bilanciere)
Sono impiegate per piccoli lavori di stampaggio,
di tranciatura e di imbutitura.
Principio di funzionamento
La puleggia (1), azionata da un motore elettrico,
pone in rotazione un albero su cui sono calettati due
dischi di frizione (2) che hanno ugual diametro e che
comprendono tra loro un disco-volano (4).
Quest’ultimo è calettato all’estremità superiore di una
robusta vite a tre principi (5) che gira in una
madrevite interna alla traversa fissa della pressa.
Lo spostamento di un manicotto (3) per mezzo di
una leva di manovra (9), porta a contatto del volano
l’uno o l’altro dei dischi di frizione, cosicché si
ottiene la rotazione della vita in un senso o nell’altro
e, quindi, l’abbassamento o il sollevamento della
slitta (6), che porta il punzone o stampo (7) agente
sulla matrice o controstampo (8).
La capacità di lavoro è data dall’energia cinetica
di rotazione immagazzinata nel volano:
L = (I · ω2)/2
[N · m]
dove ω = (2 · π · n)/60 = velocità angolare del volano in rad/s
I = (mv · r2)/2 = Momento d’inerzia del volano rispetto all’asse di rotazione in kg · m2
Il volano ha massa mv e raggio r.
La forza di compressione risulta: F = L/corsa di lavoro
La potenza di azionamento é: P = (2 · L)/(tcorsa · ηpressa)
La velocità d’impatto dello slittone risulta: v = (passo vite · nvolano)/60 m/s
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-
Presse eccentriche
Sono impiegate per lavori di stampaggio, di tranciatura e di imbutitura poco profonda (quando a
semplice effetto). Per imbutiture profonde si impiegano presse a doppio effetto (provviste cioè di un
dispositivo premilamiera).
Principio di funzionamento
Il pignone (3), azionato da un motore elettrico
attraverso un conveniente riduttore, mette in movimento
il volano dentato (1). Attraverso l’eccentrico (2) e la
biella (4), il moto circolare del volano é trasformato in
moto alternativo e trasmesso alla slitta-traversa mobile
(5). Il punzone (6) effettua così il movimento rispetto
alla matrice (7).
La corsa della pressa, cioè la distanza percorsa dallo
slittone in una direzione durante una rotazione
dell’albero, è data da:
H=2· e
dove e = eccentricità tra perno eccentrico ed albero.
La forza applicata allo slittone di una pressa
eccentrica varia continuamente durante la corsa, a
seconda della posizione dell’eccentrico. La forza
massima si ottiene in prossimità del punto morto
inferiore (PMI).
La capacità di lavoro della pressa é:
L = (I · ω2)/2
[N · m]
b) Presse idrauliche
Sono impiegate per lavori di stampaggio e di imbutitura profonda.
La forza di compressione é fornita da un fluido in pressione (acqua, olio ...).
La pressione dell’olio é di 10 ÷ 80 [MPa] = 100 ÷ 800 [bar].
Il funzionamento delle presse idrauliche é basato
sul principio del “torchio idraulico” o di Pascal.
Applicando una forza F1 sullo stantuffo di sezione
S1, il liquido viene sottoposto ad una pressione p = F1
/ S1; questa pressione, agendo sullo stantuffo di
sezione S2, origina una forza F2 maggiore. Infatti:
p = F1 / S1 = F2 / S2
da cui:
F2 = (F1 / S1) · S2
Ne consegue che, facendo S1 molto piccolo ed S2 molto grande, si possono ottenere forze F2
rilevanti.
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Esempio: S1 = 1 [cm2]
S2 = 100 [cm2]
F1 = 10 [N]
Si ha:
F2 = (F1 / S1) · S2 = (10 / 1) · 100 = 1 000 [N]
Principio di funzionamento
In una robusta incastellatura sono sistemati il
cilindro di compressione ed il cilindro di
sollevamento.
Una valvola (3) permette di inviare il liquido
sottopressione, fornito da una pompa e proveniente
dalla condotta (1), nell’uno o nell’altro cilindro situati
nella traversa fissa (4), dove agiscono lo stantuffo di
sollevamento (2) e lo stantuffo di compressione (5).
Questi determinano lo spostamento della traversa
mobile portamazza (6) sulle aste di guida (7)
ottenendo così la corsa di sollevamento della mazza o
quella di lavoro.
La potenza di azionamento é:
P = (portata pompa · pfluido) / (60 · npompa · npressa)
La forza esercitata risulta:
F = pfluido) · Apistone - Fattrito pistone-cilindro
2) In base al tipo di incastellatura
Presse a 1, 2, 3 montanti
3) In base al numero degli effetti
a) Presse a semplice effetto
b) Presse a doppio effetto
Uno slittone per la lavorazione vera e propria, l’altro è premilamiera per bloccare il pezzo.
c) Presse a triplo effetto
Oltre ai due suddetti, vi è un terzo slittone inferiore che si muove verso l’alto per effettuare una
formatura addizionale.
4) In base alla forza massima
a) Presse leggere (Forze ≤ 1 000 kN)
b) Presse medie (1 000 < F ≤ 4 000 kN)
c) Presse pesanti (F > 4 000 kN)
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