LAVORAZIONI PER DEFORMAZIONE PLASTICA_sito
Transcript
LAVORAZIONI PER DEFORMAZIONE PLASTICA_sito
Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica LAVORAZIONI PER DEFORMAZIONE PLASTICA La proprietà tecnologica che devono possedere i materiali perché possano essere lavorati per deformazione plastica è la “plasticità”. La plasticità è la capacità che ha un materiale di cambiare permanentemente di forma, sotto l’effetto di forze esterne, senza rompersi. La plasticità può distinguersi in: - malleabilità, quando sotto l’azione di forze di compressione, il materiale viene ridotto in lamine; duttilità, quando sotto l’azione di forze di trazione, il materiale viene ridotto in fili piegabilità, quando sotto l’azione di forze di flessione, il materiale viene piegato senza che si verifichino in esso screpolature. Principali lavorazioni plastiche sono: - laminazione - trafilatura - estrusione - fucinatura (stampaggio) In questa categoria possono essere incluse anche alcune lavorazioni della lamiera: - piegatura - imbutitura - stampaggio Le lavorazioni plastiche dei metalli, poiché non devono determinare la rottura dei materiali ma solo la loro deformazione permanente, devono avvenire solamente mediante l’applicazione di carichi superiori a quelli di “snervamento” ed inferiori a quelli di rottura (vedi diagramma carichiallungamenti nella prova di trazione). Le lavorazioni per deformazione plastica possono essere eseguite a caldo o a freddo, a seconda delle caratteristiche del metallo ed anche della forma più o meno complicata che deve assumere il pezzo. Lavorazioni a caldo e a freddo 1) Perché una lavorazione possa dirsi effettuata “a caldo”, é necessario che avvenga al di sopra di una temperatura caratteristica del metallo detta “Temperatura di ricristallizzazione”. Temperature di ricristallizzazione per alcuni materiali Acciai ≈ 850 ° Alluminio 275 ° Rame 250 ° La “ricristallizzazione” é il processo di formazione e crescita nel metallo, mediante somministrazione di calore, di nuovi grani cristallini. Risultato della ricristallizzazione é un addolcimento della struttura cristallina del materiale. A caldo aumenta la plasticità del materiale, che acquista uno stato pastoso. Perché la lavorazione plastica sia possibile, é necessario che tale stato pastoso duri per un intervallo di tempo e di temperatura sufficientemente lungo (cioè che non si abbia rapidamente il Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 1 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica passaggio dallo stato solido allo stato liquido) durante il quale il pezzo possa essere trasferito dal forno alla macchina ed essere per esempio stampato. E’ inoltre essenziale che la massa del materiale sia omogenea, ossia i cristalli che costituiscono il materiale abbiano approssimativamente la stessa resistenza agli sforzi meccanici (per esempio la ghisa, che é costituita da cristalli duri di cementite e da cristalli teneri di ferrite, non é lavorabile plasticamente perché, quando soggetta a forze esterne di deformazione, la cementite, che é fragile, si romperebbe mentre la ferrite si deformerebbe). 2) Una lavorazione si dice “a freddo” quando avviene ad una temperatura inferiore a quella di ricristallizzazione. Fenomeno rilevante é in tal caso l’incrudimento del materiale, cioè uno sminuzzamento della struttura cristallina ed una distorsione del reticolo cristallino, che provocano un aumento della durezza e della fragilità. L’incrudimento si può eliminare con un trattamento termico di ricottura. Lavorabilità dei principali materiali per deformazione plastica (fucinabilità) L’acciaio é lavorabile plasticamente a caldo. L’aumento della percentuale di carbonio diminuisce la plasticità. L’intervallo di temperatura entro il quale può essere lavorato l’acciaio per deformazione plastica (per esempio stampaggio) é di 850 ÷ 1200 °C. Le ghise comuni non sono lavorabili per deformazione plastica perché non sono malleabili né a freddo né a caldo. Esse non presentano, inoltre, la fase di rammollimento (stato pastoso) in quanto passano rapidamente dallo stato solido allo stato liquido. Il rame é fucinabile a freddo; riscaldato diventa fragile. L’ottone, che é una lega rame-zinco, é fucinabile a freddo e a caldo solo se ha zinco inferiore al 38 %, altrimenti é fucinabile solo a caldo. Il bronzo, che é una lega rame-stagno, non é fucinabile. L’alluminio e le sue leghe sono fucinabili a freddo e a caldo. Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 2 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica Principali lavorazioni per deformazione plastica 1) Laminazione E’ un processo mediante il quale si produce l’allungamento, lo schiacciamento e la sagomatura di un blocco di metallo (massello o lingotto) fatto passare tra due rulli, detti “cilindri”, rotanti in senso contrario, aventi elevata durezza, tenacità, resistenza all’usura. Essi sono costruiti in acciaio speciale al Cr-Mn o in ghisa sferoidale. Di solito, i cilindri hanno diametro D = 400 ÷ 600 mm e lunghezza L ≤ 3,5 D. Per mezzo della laminazione (a caldo, più raramente a freddo) si trasformano i masselli metallici o lingotti prodotti dalle acciaierie in forme commerciali adatte per ulteriori lavorazioni (semilavorati) o per l’impiego diretto (es.: profilati, lamiere, barre, rotaie ferroviarie ...) - Temperature di laminazione La temperatura alla quale si può effettuare la laminazione dipende ovviamente dal materiale. Acciai da fucinatura Hanno basso tenore di carbonio. La temperatura di inizio laminazione deve essere Ti = 1250 °C circa. La temperatura dei lingotti prima dell’ultimo passaggio non deve essere inferiore Tu = 850 °C. Acciai rapidi Prima della sbozzatura, devono essere ricotti ad una temperatura TR ≥ 900 °C. La sbozzatura va eseguita alla temperatura di Ti = 1200 °C circa. I lingotti vanno poi ancora ricotti a circa 800 °C ed infine sottoposti a laminazione di finitura a Tu = 980 °C. Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 3 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica Rame Si esegue dapprima la sbozzatura a caldo a Ti = 950 °C circa (infatti il rame a T < 700 °C é fragile). Dopo la sbozzatura a caldo si asporta lo strato superficiale di ossido mediante decapaggio e poi si effettua la laminazione di finitura, a freddo. Ottone Si esegue dapprima la sbozzatura a caldo a Ti = 850 °C circa. Dopo la sbozzatura, i lingotti vengono disossidati e poi finiti a freddo. Alluminio e sue leghe La laminazione di sbozzatura viene iniziata a Ti = 460 °C circa. La laminazione di finitura si esegue a freddo. - Principio di funzionamento del laminatoio Il materiale di partenza (lingotto) viene afferrato e trascinato per attrito tra due cilindri di ugual raggio rotanti in senso opposto. Il metallo é in contatto con ciascuno cilindro lungo l’arco AB detto “angolo di contatto” o “angolo di presa”. Il corrispondente angolo al centro α è detto “angolo di contatto o di presa”: cos α = OC/OA = (OB – CB) / r = (r – Δh/2) / r = 1 - Δh/2r Analisi delle forze ed avanzamento per attrito F = massima forza deformatrice radiale esercitata da ciascun cilindro all’inizio della presa Fc = F cos α = componente di compressione Fs = F sen α = componente di stiramento Queste componenti sono variabili nell’arco di contatto : lo stiramento é massimo all’inizio, lo schiacciamento é maggiore alla fine (infatti per α = 0 si ha Fs = 0 e F = Fc). Per effetto dello stiramento e dello schiacciamento, il metallo assume una struttura stratificata nel senso della laminazione: le fibre esterne avanzano cioè con velocità maggiore delle fibre interne. Siccome l’avanzamento del massello é provocato dall’attrito che nasce nel contatto, deve risultare: Forza d’attrito Fa > Fs Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 4 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica Dalla Meccanica, la forza d’attrito è pari al prodotto della forza normale (che tiene due corpi a contatto) per il coefficiente d’attrito f: Fa = f · Fc Ricordiamo che per gli acciai f = 0,10 ÷ 0,15 in movimento; é invece f = 0,15 ÷ 0,35 al distacco. Dalla precedente: f · Fc > Fs da cui f > Fs/Fc o meglio f > tg α Cioè: perché si abbia l’avanzamento del massello per attrito, il coefficiente d’attrito f deve essere maggiore della tangente dell’angolo di contatto (di solito si assume α = 24°). Treni di laminazione In genere, per ottenere un dato profilo, occorrono diversi passaggi, coi quali ci si avvicina gradualmente alla forma definitiva. Il complesso di due o più cilindri e dell’incastellatura relativa prende il nome di “gabbia”. Più gabbie in serie con i relativi trasportatori intermedi costituiscono un “treno di laminazione”. Si distinguono varie tipologie di treni di laminazione: - - - a duo reversibile (con inversione del senso di marcia dei cilindri, é utilizzato per fabbricare blumi per profilati) a duo non reversibile (utilizzato per la fabbricazione a caldo delle lamiere, presenta raffreddamento del materiale) a doppio duo (utilizzato per laminazione a caldo dei lingotti, che é necessario sollevare per mezzo di elevatori) laminatoio duo tandem (ideale per regolarità e velocità di laminazione di grossi lingotti, é adatto per lavorazione in serie nelle acciaierie). Coefficiente di riduzione: r = H – h (cioè: spessore iniziale – spessore finale) Coefficiente di stiramento: ρ = L1 – L0 (cioè: lunghezza barra dopo il passaggio / lunghezza barra prima del passaggio) Velocità del laminatoio: V1 = ρ · V0 dove V1 è la velocità del 2° laminatoio e V0 è la velocità del 1° laminatoio In genere V = 3 ÷ 10 m/sec. Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 5 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica - Prodotti della laminazione Per mezzo della laminazione si trasformano i masselli metallici o lingotti prodotti dalle acciaierie e dalle fonderie in forme commerciali adatte per ulteriori lavorazioni o per l’impiego diretto (rotaie ferroviarie, profilati ...). Nella tabella seguente sono indicati alcuni prodotti della laminazione. Semilavorati Quadrati Blumi Billette s > 120 mm S = 50 ÷120 mm Rettangolari Bramme S > 14 400 mm2 Tondi Per profilati D > 70 mm A > 2 500 mm2 Billette rettangolari S = 1500 ÷14 400 mm2 Prodotti finiti Lamiere Sottili s < 3 Medie s < 5 Spesse s > 5 Nastri Larghi l > 600 Stretti l < 600 Barre S > 169 mm2 Profilati T;I;[;L Tonde Triangolari Quadre Rettangolari Poligonali Vergella Fili Come barre ma Ottenuti con S < 169 mm2 dalla vergella a freddo 2) Fabbricazione dei tubi Si distinguono “tubi saldati” e “tubi senza saldatura”. a) Tubi saldati I tubi saldati si ottengono partendo da un nastro di materiale metallico avente una larghezza pari allo sviluppo della circonferenza del tubo ed uno spessore uguale allo spessore della parete del tubo stesso. I bordi del nastro vengono leggermente smussati, in maniera tale da presentare una maggiore superficie di contatto al momento della saldatura. Il procedimento di fabbricazione é il seguente: - il nastro viene dapprima piegato ad U - il nastro viene poi ridotto alla forma tubolare dall’azione combinata di una serie di rulli - in alternativa, il nastro può essere ridotto alla forma tubolare passando attraverso una trafila - i due lembi, accostati lungo una generatrice, vengono uniti mediante saldatura per fusione - una serie di rulli esercitano la pressione necessaria per provocare la saldatura dei due lembi rammolliti al calor bianco. Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 6 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica I tubi costruiti con questo metodo non resistono alle forti pressioni, non si piegano facilmente a freddo e tendono ad aprirsi dove sono piegati. b) Tubi senza saldatura: procedimento Mannesmann I tubi senza saldatura sono fabbricati in un sol pezzo. Essi hanno quindi il vantaggio di resistere bene alle pressioni interne ed alle sollecitazioni esterne. I tubi prodotti senza saldatura possono avere diametri di 40 ÷ 600 [mm], spessori di 3 ÷ 20 [mm] e lunghezze superiori anche a 30 [m]. Per la costruzione dei tubi senza saldatura vengono utilizzati due rulli di un laminatoio sbozzatore “Mannesmann” ed una spina a punta ogivale. I due rulli, che hanno forma a doppio tronco di cono e che sono ad assi sghembi, aventi diametro da 30 a 800 [mm] e lunghezza da 30 a 40 [mm], ruotano nello stesso senso ed imprimono al massello, portato allo stato plastico, sia un movimento di rotazione che un movimento di avanzamento, cosicché si genera uno strappo centrale nel massello che si estende per tutta la lunghezza. In pratica, le fibre più esterne, spinte dai rulli con moto rotatorio, scorrono sulle fibre più interne, mentre al centro l’azione di scorrimento contrapposto provoca invece una lacerazione delle fibre, ché origina un vuoto. Una spina a punta ogivale si insinua nel frattempo nel vano centrale in via di formazione e vi penetra sempre più man mano che il massello avanza, allargandolo e rendendo più regolare il foro. Per condurre il tubo forato grezzo alle dimensioni ed al grado di finitura richiesti, si ricorre ad un altro laminatoio detto, per le sue modalità di lavorazione, “a passo del pellegrino”. I due cilindri che costituiscono il laminatoio “a passo del pellegrino” sono scanalati con una gola semicircolare, di profondità variabile. - - Per un certo tratto di circonferenza, i rulli consentono il passaggio senza ostacoli del forato grezzo che, infilato nella spina, viene sospinto in avanti da un meccanismo idraulico e ruotato di 90°. Il metallo viene quindi in presa con i rulli, che lo sospingono indietro, comprimendolo contemporaneamente sulla spina, stirandolo e plasmandolo ed adattandolo al diametro della spina stessa. Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 7 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica - Quando il vano dei rulli si amplia nuovamente, il grezzo compie un altro movimento in avanti, ruotando ancora di 90°. Quindi il metallo ritorna in presa con i rulli ed una nuova porzione di esso viene ridotta di diametro. E così via finché tutto il tubo non é stato portato al diametro voluto. Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 8 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica 3) Trafilatura Consiste nel ridurre la sezione di un filo, di un tubo o di una barra costringendola a passare a freddo, mediante uno sforzo di trazione, attraverso un foro (detto “trafila” o filiera) avente una sezione più piccola. I materiali utilizzati per la trafila sono la ghisa fusa in conchiglia metallica o acciai al tungsteno trattati e rettificati. A causa dell’attrito e del restringimento della sezione, il moto di traslazione degli strati esterni del metallo viene ritardato rispetto al moto degli strati interni e perciò le zone centrali avanzano con velocità maggiore rispetto alle zone periferiche. - Analisi selle forze e sollecitazione di trazione Con riferimento al disegno, si ha: a) F = reazione della trafila contro la spinta del metallo: è diretta perpendicolarmente alle superfici di contatto b) Fc = componente di compressione c) Fs = componente assiale: si oppone all’avanzamento Per effetto dello sforzo di trazione T, la zona periferica a monte della trafila risulta compressa dalle componenti assiali Fs che si oppongono allo stiramento. Indicando con C la somma delle componenti Fs, la trafilatura sarà possibile quando sia soddisfatta la relazione: T>C Per evitare che il massello si strappi, deve essere inoltre: T < (π · d2)/4 · kt dove kt é il carico di sicurezza a trazione del metallo. In particolare: kt = 60 [N/mm2] per l’acciaio dolce kt = 30 [N/mm2] per l’ottone kt = 20 [N/mm2] per il rame - Produzione di un filo in acciaio: rapporto di riduzione La produzione dei fili metallici avviene mediante macchine trafilatrici. Sul banco di esse sono fissate le filiere (F), che hanno diametro decrescente, seguite dai rulli avvolgitori (D). Un tamburo avvolgitore (H) arrotola il filo in matasse. Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 9 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica La macchina illustrata appresso riduce un tondino di Φ8 mm a filo di Φ1,4 mm, facendolo passare attraverso 9 filiere disposte in serie. Per quanto riguarda le varie riduzioni di sezione, per il calcolo della scala di trafilatura, tra i vari metodi, uno tra i più utilizzati per la precisione offerta é quello che sfrutta la relazione: d/D = √α dove: d = diametro del filo all’uscita dalla trafila D = diametro della vergella (o filo) all’ingresso nella trafila α = coefficiente che dipende dall’allungamento del filo e dalla riduzione del diametro del filo stesso. La √α rappresenta in pratica la “ragione geometrica” secondo cui variano i diametri delle varie trafile poste secondo una progressionegeometrica. Cioé: d1 = D · √α d2 = d1 · √α d3 = d2 · √α ................... Il coefficiente α può essere ricavato mediante la relazione: α=λ/β dove: β = percentuale di riduzione della sezione λ = percentuale di allungamento Esistono tabelle che permetto di ricavarsi la √α noti che siano λ e β. Prima della trafilatura é necessario effettuare: - pulizia superficialmente della barra metallica (vergella, filo ...) mediante spazzolatura meccanica o per immersione in una apposita soluzione; - lavaggio in acqua - essiccazione - fosfatazione del filo (per facilitarne lo scorrimento nella trafila) - lubrificazione Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 10 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica 4) Estrusione E’ una lavorazione plastica mediante la quale, agendo per compressione, si costringe il materiale a passare attraverso un foro a contorno più o meno regolare (matrice). L’estrusione può essere diretta, inversa o per corpi cavi. Nel caso di estrusione diretta il massello, posto all’interno di un contenitore, viene estruso tramite un mandrino compressore ed è costretto a passare attraverso una matrice che ha la forma del particolare. Il metodo è utilizzato per estrudere particolari aventi dimensioni notevoli o profili complicati. Nell’estrusione inversa, il mandrino compressore è costituito da un cilindro cavo che, agendo sulla matrice, costringe il materiale a risalire all’interno del tubo. Nel terzo caso, detto anche “estrusione dalla pastiglia”, sotto l’azione di un punzone, il metallo, posto all’interno di una matrice, viene schiacciato e, non potendosi espandere lateralmente, è costretto a risalire attorno al punzone stesso. Il metodo è utilizzato per fabbricare piccoli astucci, capsule cilindriche in lega legerra o ottone, bossoli ecc. L’estrusione può avvenire a caldo o a freddo. In quest’ultimo caso le pressioni da applicare sul massello sono notevolmente più elevate. Temperature di estrusione - Acciai legati - Rame - Ottone - Leghe di alluminio - Electron - Zinco 1300 °C 950 °C 800 °C 480 °C 380 °C 100 °C Possono essere estrusi a freddo pezzi di piccole dimensioni in alluminio, ottone, piombo, rame, stagno, zinco ed anche in acciaio dolce (C < 0,2 %) Pressioni di estrusione La pressione di estrusione a caldo può variare da 25 a 45 [daN/mm2]. A freddo, si hanno le seguenti pressione di estrusione: - Acciaio dolce - Alluminio - Ottone tenero - Rame tenero 230 [daN/mm2] 80 “ 70 “ 60 “ Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 11 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica 5) Stampaggio a caldo E’ un’operazione di formatura a caldo durante la quale il materiale viene compresso tra due utensili (stampo e controstampo) in cui é ricavata un’impronta che riproduce in negativo la forma finale del pezzo. Tecniche di stampaggio Le tecniche distinguono in: - di stampaggio si stampaggio dalla barra stampaggio a pezzi separati stampaggio da spezzoni di lamiera a) stampaggio dalla barra Il materiale di partenza è una barra laminata di lunghezza di circa 2 m e diametro fino a 50 mm. Un’estremità della barra viene prima riscaldata e poi fucinata tra stampo e controstampo. Staccato e sbavato un pezzo, si passa al successivo. Questa tecnica si utilizza per pezzi di peso tra 2 e 8 kg. b) stampaggio a pezzi separati Il materiale di partenza è costituito da pezzi troncati da barre o billette di volume pari a quello del pezzo finito maggiorato delle bave, del ritiro e del sovrametallo. Questa tecnica è utilizzata per la produzione di pezzi di forma circolare, di alberi a gomito, bielle ... c) stampaggio da spezzoni di lamiera Il materiale di partenza é ottenuto mediante tranciatura di una lamiera. Vengono prodotti così coltelli, forbici, chiavi ... Ciclo di stampaggio a caldo Con riferimento all’acciaio, si distinguono le seguenti operazioni: Operazione N° operaz. 1 Taglio 2 Riscaldamento 3 Sbozzatura Descrizione Si tagliano gli spezzoni dalla barra mediante cesoie. Si introducono gli spezzoni in un forno dove si scaldano alla temperatura di 1100 ÷ 1200 °C. Gli spezzoni caldi vengono sottoposti all’operazione di fucinatura internedia mediante attrezzi comuni od usando, secondo il quantitativo da sbozzare, delle macchine (presse) al fine di assegnare una forma approssimata. Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 12 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica 4 Stampaggio 5 Tranciatura delle bave 6 Trattamento termico 7 Sabbiatura o decapaggio 8 Coniatura 9 Controllo Il pezzo sbozzato viene immediatamente posto sopra lo stampo (piazzato sull’incudine di un maglio o di una pressa) per essere sottoposto a deformazione plastica causata dalla pressione che il controstampo riceve dalla mazza. Il materiale in eccesso viene eliminato mediante tranciatura che, per le bave sottili, può effettuarsi anche a freddo. L’operazione si realizza con uno stampo (matrice e punzone) applicabile al maglio o alla pressa. A seconda dei tipi di acciaio e delle sue caratteristiche meccaniche che si vogliono raggiungere, si può effettuare una normalizzazione o una bonifica. Col primo trattamento (che consiste in un riscaldamento a 860 ÷ 930 °C e successivo raffreddamento in aria libera) il materiale diviene omogeneo nella sua durezza in tutti i punti della massa; col secondo trattamento (che consiste in una tempra seguita da rinvenimento) il materiale acquista resistenza e tenacità. In seguito ai riscaldamenti effettuati sia nello stampaggio che per i trattamenti termici, si sono formate sulle superficie dei pezzi delle croste di ossido. Prima di effettuare le lavorazioni alle macchine utensili per asportazione di truciolo, é necessario eliminare le suddette incrostazioni. Col decapaggio la pulitura avviene chimicamente per mezzo di bagni acidi; con la sabbiatura l’eliminazione delle croste di ossido avviene meccanicamente a secco con un getto di sabbia. Quest’ultimo procedimento é più economico. Quando occorre, si perfeziona il pezzo precedentemente stampato, calibrandolo nelle misure e lisciandone le superfici. La precisione si aggira su 0,05 ÷ 0,10 mm. La coniatura si effettua a freddo e, dal momento che richiede elevate pressioni (fino a 200 daN/mm2), é possibile solo per particolari di piccole o di medie dimensioni. I pezzi devono essere alla fine essere sottoposti sia al controllo di durezza del materiale, delle varie dimensioni, tenendo conto specialmente dei sovrametalli di lavorazione. Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 13 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica - Quantità di calore occorrente per rendere plastici i materiali metallici La quantità di calore che il forno deve erogare per portare allo stato plastico il materiale, può essere determinato così: Q = Cs · M · (Tf – Ti) dove: Tf e Ti sono rispettivamente la temperatura finale e quella iniziale (per esempio 1 200 e 20 °C); M é la massa del pezzo in kg; Cs é la capacità termica massica del materiale (ex calore specifico) [cal/(kg · °C) oppure J/(kg · °C)] Esempio: Per portare 1 kg di acciaio alla temperatura Tf = 1 200 °C, supponendo la temperatura ambiente Ti = 20 °C, occorre la seguente quantità di calore: Q = 114 · 1 · 1 180 = 134 520 [cal] O meglio: Q = 480 · 1 · 1 180 = 566 400 [J] = 566,400 [kJ] - Tempo occorrente per il riscaldamento Nota che sia la quantità Q che il forno deve erogare per portare allo stato plastico il materiale, detta QF la quantità di calore erogata dal forno in un’ora ed η il rendimento termico del forno, il tempo necessario per il riscaldamento si può determinare con la seguente espressione: T = Q / (QF · η) = (Cs · M · ΔT) / (QF · η) Esempio: Si devono riscaldare, alla temperatura Tf = 1 200 °C, venti billette di acciaio del peso di 2 kg ciascuna. Si dispone di un forno che eroga 10 000 kcalorie all’ora. Si chiede quanto tempo occorra per riscaldare la carica delle billette. Si assuma come rendimento termico del forno η = 0,50 ÷ 0,70. La massa totale delle billette é M = 20 · 2 = 40 kg Il calore occorrente é Q = Cs · M · (Tf – Ti) = 114 · 40 · 1 180 = 5 380 800 [cal] = 5 380 [kcal] Il tempo necessario per il riscaldamento é: T = Q / (QF · η) = 5 380 / (10 000 * 0,7) = 0,77 ore = 46 min. - Forza e Lavoro di stampaggio La Forza occorrente per effettuare una data operazione di fucinatura, può essere calcolata mediante l’espressione: FS = p · A [N] dove: p = pressione di stampaggio in [N/mm2] A = superficie di lavoro, corrispondente alla proiezione in pianta di tutte le zone del pezzo che si trovano a contatto con lo stampo al termine della deformazione. Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 14 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica La pressione di stampaggio dipende dalla qualità del materiale da lavorare e dalla temperatura di fucinatura. Materiale da fucinare Acciaio R = 450 [N/mm2] Acciaio R = 600 [N/mm2] Ottone Rame Pressione di fucinatura in [N/mm2] alla temperatura di: 700 °C 800 °C 1 000 °C 1 200 °C 250 200 130 80 380 300 180 90 230 170 60 120 90 40 - Indicando con “s” la profondità media di stampaggio (in mm), il lavoro di stampaggio occorrente si ricava con la relazione: Lu = (FS · s)/1000 = (p · A · s)/1 000 [J] - Utensili per lo stampaggio Gli utensili per lo stampaggio sono detti “stampo” e “controstampo”. Essi sono soggetti a notevoli sollecitazioni sia meccaniche che termiche. Essi sono infatti sottoposti a forze di stampaggio capaci di produrre carichi unitari fino a 1000 ÷ 2000 [N/mm2] nel caso di stampaggio al maglio. Subiscono inoltre forti variazioni di temperatura durante il servizio (da 80 a 150 °C) a causa del contatto col materiale caldo da stampare. Tali variazioni di temperatura sono più severe nel caso di stampaggio alla pressa in quanto il contatto tra materiale e utensile dura più a lungo che nel caso di stampaggio al maglio. I materiali per utensili da stampaggio devono avere pertanto i seguenti requisiti: - elevata durezza, resilienza, resistenza meccanica - elevata resistenza all’usura - elevata refrattarietà - elevata resistenza alle variazioni di temperatura - buona lavorabilità - disponibilità ai trattamenti termici Tra i materiali per stampaggio più diffusi ricordiamo i seguenti: a) Acciaio al carbonio tipo C 50, nel caso di stampi comuni e per piccole temperature di esercizio; b) Acciaio al Ni-Cr-Mo tipo 45 Ni Cr Mo 16 6 2 per stampi medi e grandi ad elevata resistenza e per medie temperature di esercizio; c) Acciaio al W-Cr-Ni tipo X 30 W Cr Ni 9 3 2 nel caso di stampi per elevate temperature di esercizio. Le dimensioni dei blocchi contenenti gli stampi sono di circa 2,25 ÷ 2,50 volte il diametro massimo del pezzo grezzo. La cavità dello stampo deve avere la forma del pezzo ma, per tenere conto del ritiro del pezzo stesso durante il raffreddamento, deve essere leggermente superiore. In genere, nella costruzione degli stampi per gli acciai, si considera un ritiro del metallo pari all’1 %, per il rame e bronzo di 0,80 %, per ottone e leghe leggere di 0,90 %. Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 15 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica Per favorire l’estrazione dei pezzi, gli stampi devono essere provvisti di appropriati sformi o spoglie: - per le superfici esterne si assumono angoli di sformo di circa 7° - per le superfici interne, fori, scanalature, angoli di sformo di circa 10 ° Per motivi di carattere pratico (evitare di smontare la fresa) si cerca di tenere il più possibile costante i due angoli di sformatura. Lungo tutto il contorno della cavità é praticato un solco detto “canale di bava” entro il quale deborda, in forma di lamina, una piccola parte di materiale (detta “bava”), in eccesso per sicurezza. La “bava” viene dopo eliminata con una tranciatura alla pressa (pressa a sbavare, che porta un punzone ed una matrice riproducenti il contorno esatto del pezzo) o con mole abrasive. Le superfici interne dello stampo richiedono una buona levigatura per facilitare lo scorrimento del metallo e per ottenere un pezzo ben finito. Per evitare che il metallo aderisca alle superfici degli stampi e per ridurre l’usura delle superfici stesse, si ricorre ad una appropriata lubrificazione prima di introdurre il metallo. Per evitare che lo stampo si rompa quando viene messo a contatto col metallo che generalmente si trova a temperature di circa 1 000 °C, gli stampi vengono preriscaldati a circa 200 ÷ 300 °C. Quando uno stampo viene impiegato per la prima volta, é conveniente eseguire una colata in piombo per il controllo della forma e delle dimensioni. Lo stampo viene fissato alla base porta stampi tramite un incastro a coda di rondine. Lo stesso dicasi per il controstampo. Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 16 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica Progettazione dei pezzi stampati La possibilità di “ottimizzare” una lavorazione per stampaggio é strettamente legata ad una corretta progettazione del pezzo in modo che risulti facilitata l’operazione stessa di stampaggio e che vengano rispettate le esigenze connesse alle successive lavorazioni (ad esempio per asportazione di truciolo). Per una corretta progettazione dal punto di vista dello stampaggio vero e proprio, devono essere tenuti in considerazione i seguenti punti: - inclinazione dei fianchi del pezzo - arrotondamento degli spigoli vivi - spessore minimo delle nervature a) Inclinazione dei fianchi del pezzo Per facilitare l’estrazione da stampo e controstampo è bene che le superfici del pezzo siano inclinate. L’inclinazione delle superfici interne deve essere sempre maggiore di quella delle superfici esterne. Infatti l’eventualità di un calettamento tra pezzo e controstampo é assolutamente da evitare, mentre nel caso di calettamento tra pezzo e stampo inferiore si può disporre della forza esercitata dall’espulsore per liberare il pezzo. Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 17 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica L’entità dell’inclinazione dei fianchi del pezzo dipende dalla macchina impiegata per la lavorazione. Superfici interne Inclinazione α Impiego 9° Normale Macchina Magli 6° Con mandrino corto Con grosse cavità Normale Con espulsore 9° 6° 3° Presse Superfici esterne Inclinazione β Impiego 9° Con grosse nervature 6° Normale 3° 6° 3° 1° Con superfici piane Con superfici piane Normale Con espulsore Generalmente si assume α = 7° ÷ 8° e β = 5° ÷ 7°. Per comodità di fabbricazione é di solito α = β = 7°. b) Arrotondamento degli spigoli vivi Per scongiurare il pericolo di cricche é opportuno che gli spigoli del pezzo siano arrotondati. In corrispondenza degli spigoli vivi del pezzo si ha la maggiore usura e si rischia l’incrinatura dello stampo. I raggi di curvatura dovrebbero essere grandi quanto più é possibile in quanto migliorano anche il flusso del materiale all’interno di stampo e controstampo. Il valore dei raggi di curvatura dipende dalle dimensioni del pezzo. Dimensioni h1, h2 [mm] Fino a 25 Da 25 a 40 Da 40 a 63 Da 63 a 100 Da 100 a 160 Da 160 a 250 Spigoli R1 [mm] 2 3 4 6 8 10 Scanalature R2 [mm] Normali Precise 4 4 6 5 10 6 16 8 25 10 40 16 c) Spessore minimo delle nervature Lo spessore delle nervature non deve scendere al di sotto di certi valori. Spessori troppo piccoli aumentano notevolmente la resistenza al flusso del materiale e di conseguenza la forza che la pressa deve esercitare. Gli spessori minimi dipendono dall’altezza della nervatura. Altezza nervatura h [mm] Fino a 10 Da 10 a 16 Da 16 a 25 Da 25 a 40 Da 40 a 63 Da 63 a 100 Spessore minimo s [mm] 3 4 5 8 12 20 Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 18 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica d) Sovrametallo Prima di procedere allo studio ed alla costruzione di uno stampo a caldo, é indispensabile eseguire il disegno del pezzo da stampare. Il disegno del pezzo da stampare deve essere fatto in base al disegno del pezzo finito di macchina utensile in modo da poter indicare gli adeguati sovrametalli sulle superfici da lavorare, i raccordi e gli angoli di sformatura. Si é già detto dei raccordi e degli angoli di sformatura. Il sovrametallo da lasciare sulle superfici é in funzione della dimensione del pezzo. Dimensioni d [mm] Fino a 20 Da 20 a 80 Da 80 a 150 Da 150 a 250 Sovrametallo h [mm] 0,1 ÷ 1 1 ÷1,5 1,5 ÷ 2 2÷3 Macchine per lo stampaggio Lo stampaggio viene effettuato con magli e con presse. 1) Possono essere impiegati sia magli a caduta libera che magli a doppio effetto. L’azione del maglio, di durata brevissima, è risentita dal pezzo soltanto in superficie, per cui i pezzi foggiati col maglio presentano una struttura superficiale diversa da quella interna; ne consegue che il maglio non è adatto per fucinare pezzi di grosso spessore. 2) Con la pressa, invece, la deformazione viene trasmessa a tutta la massa metallica e perciò si possono fucinare pezzi di notevole spessore. Le presse per stampaggio devono quindi essere adatte a sopportare i notevolissimi carichi che si generano durante le lavorazioni. Pertanto vengono sempre realizzate in acciaio. Generalmente per lo stampaggio vengono impiegate le presse meccaniche. Le presse sono sempre utilizzate nel caso di stampaggio di metalli e leghe leggere che non possono essere lavorati al maglio a causa delle troppo elevate velocità di deformazione che questi materiali non possono sopportare senza rompersi. Caratteristiche dei pezzi stampati: fibrosità La fucinatura, rispetto alle altre lavorazioni, mantiene le migliori caratteristiche di resistenza meccanica del materiale lavorato. Ciò dipende essenzialmente dalla fibrosità dei metalli, che conferisce loro una notevole tenacità. Nei pezzi fucinati le fibre si deformano e tendono a seguire la forma del pezzo. Le fibre non risultano interrotte e questo rende il pezzo più resistente. Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 19 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica MACCHINE PER LE LAVORAZIONI PLASTICHE MAGLI - Principio di funzionamento del maglio La mazza, sollevata ad una altezza appropriata, ricade sul massello da fucinare, che è appoggiato sull’incudine, e lo deforma plasticamente. La deformazione plastica del materiale è ottenuta a spese dell’energia cinetica posseduta dalla mazza al momento dell’urto. Cioè: l’energia d’urto posseduta dalla mazza si trasforma in lavoro di deformazione del pezzo. A sua volta, il lavoro di deformazione, poiché provoca variazioni nella struttura cristallina del metallo, genera una certa quantità di calore che ritarda il raffreddamento naturale del pezzo. L’energia cinetica al momento dell’urto é: E = ½ · m · v2 dove m = massa della mazza v = velocità della mazza al momento dell’urto Poiché tale energia è acquistata a spese dell’energia potenziale posseduta dalla mazza all’inizio della caduta, si ha: ½ · m · v2 = m · g · h dove g = accelerazione di gravità = 9,81 m/s2 h = altezza iniziale della mazza La mazza è sollevata all’altezza h da un organo motore. In genere h = 1 ÷ 4 [m]. In genere, il peso dell’incudine è 20 volte il peso della mazza. Classificazione dei magli I magli sono generalmente classificati in base al tipo di funzionamento e in base al tipo di incastellatura. 1) In base al tipo di funzionamento a) Magli ad incudine Le forze di lavoro sono esercitate da una mazza battente sul pezzo che è poggiato su una incudine. Si distinguono: - Magli a caduta libera Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 20 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica La mazza cade sul pezzo per sola gravità. Il principio di funzionamento é quello prima descritto. Il lavoro ideale di deformazione é: Li = m · g · h = (m · v2)/2 Il lavoro effettivo é: Le = Li · ηcolpo con ηcolpo = 0,3 ÷ 0,6 La potenza necessaria per sollevare la mazza é: P = Li · ncolpi/ ηmaglio con ηmaglio = 0,3 ÷ 0,7 Non tutta l’energia disponibile viene utilizzata per deformare il pezzo, poiché l’incudine ne assorbe una parte. Il lavoro assorbito dall’incudine è Li = Le ∙ mm /mi dove mm = massa della mazza e mi = massa dell’incudine. - Magli ad accelerazione addizionale Alla forza di gravità viene aggiunta una spinta, che può essere esercitata da una molla (o balestra), da vapore o da aria compressa. In questi ultimi due casi i magli sono detti “a doppio effetto”. A lato è lo schema di un maglio ad aria compressa. In un cilindro operatore (1) scorre lo stantuffo portamazza (4) alla cui estremità è appunto la mazza (6). Uno stantuffo compressore (3) è azionato da un sistema biella-manovella. Il cilindro operatore (1) è in comunicazione col cilindro dello stantuffo compressore attraverso una valvola di regolazione (2). Il movimento di discesa dello stantuffo compressore (3) provoca una depressione nel cilindro operatore (1) e perciò la mazza (6) viene sollevata; quando lo stantuffo (3) invece risale, l’aria compressa nel cilindro operatore spinge in basso la mazza. Agendo opportunamente sulla valvola (2) si può inserire o escludere la cameretta di regolazione (5): quando la cameretta è esclusa si ha la massima compressione dell’aria nel cilindro (1) e perciò il maglio fornisce la massima potenza; quando la cameretta viene totalmente inserita, la potenza del maglio è minima. Il lavoro effettivo, nel caso di magli a doppio effetto, é: Le = m · g · h + p · Apistone · h = h · (m · g + p · Apistone) dove p = pressione del fluido = 0,6 ÷ 0,7 [N/mm2] La velocità finale della mazza è di circa 8 [m/s] Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 21 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica b) Magli a contraccolpo Sono dotati di due mazze battenti portate ad urtare l’una contro l’altra. Si distinguono: - Magli ad azionamento meccanico Le mazze vengono messe in moto mediante un sistema di leve. Il lavoro di deformazione é: L = [(m1 + m2)/2] · v2 con v = 8 ÷ 10 [m/s] - Magli ad azionamento idraulico - Magli ad azionamento pneumatico La mazza (5) e l’incudine (7) sono collegati mediante nastri di acciaio (4) avvolti sui rulli (3) in modo tale che la discesa della mazza provochi la salita dell’incudine. La mazza è azionata dal vapore o dall’aria compressa agente su uno stantuffo (1) interno al cilindro (2). L’incudine (o mazza inferiore), che è l’elemento condotto, ha un peso leggermente superiore a quello della mazza in modo da tenere allontanate le due mazze quando il maglio è fermo. Le due mazze scorrono sulle guide (6). 2) In base al tipo di incastellatura a) Magli ad un montante b) Magli a due montanti Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 22 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica PRESSE Il modo di agire delle presse è diverso da quello dei magli, infatti, mentre il maglio agisce per urto, la pressa agisce esercitando una compressione continua e progressiva. La deformazione viene trasmessa a tutta la massa metallica e perciò si possono fucinare pezzi di spessore notevole. Classificazione delle presse 1) In base al tipo di azionamento Le presse vengono comunemente suddivise in due grandi categorie: presse meccaniche e presse idrauliche. a) Presse meccaniche La trasmissione del movimento e dello sforzo avviene meccanicamente. Si distinguono: - Presse a vite (o a bilanciere) Sono impiegate per piccoli lavori di stampaggio, di tranciatura e di imbutitura. Principio di funzionamento La puleggia (1), azionata da un motore elettrico, pone in rotazione un albero su cui sono calettati due dischi di frizione (2) che hanno ugual diametro e che comprendono tra loro un disco-volano (4). Quest’ultimo è calettato all’estremità superiore di una robusta vite a tre principi (5) che gira in una madrevite interna alla traversa fissa della pressa. Lo spostamento di un manicotto (3) per mezzo di una leva di manovra (9), porta a contatto del volano l’uno o l’altro dei dischi di frizione, cosicché si ottiene la rotazione della vita in un senso o nell’altro e, quindi, l’abbassamento o il sollevamento della slitta (6), che porta il punzone o stampo (7) agente sulla matrice o controstampo (8). La capacità di lavoro è data dall’energia cinetica di rotazione immagazzinata nel volano: L = (I · ω2)/2 [N · m] dove ω = (2 · π · n)/60 = velocità angolare del volano in rad/s I = (mv · r2)/2 = Momento d’inerzia del volano rispetto all’asse di rotazione in kg · m2 Il volano ha massa mv e raggio r. La forza di compressione risulta: F = L/corsa di lavoro La potenza di azionamento é: P = (2 · L)/(tcorsa · ηpressa) La velocità d’impatto dello slittone risulta: v = (passo vite · nvolano)/60 m/s Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 23 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica - Presse eccentriche Sono impiegate per lavori di stampaggio, di tranciatura e di imbutitura poco profonda (quando a semplice effetto). Per imbutiture profonde si impiegano presse a doppio effetto (provviste cioè di un dispositivo premilamiera). Principio di funzionamento Il pignone (3), azionato da un motore elettrico attraverso un conveniente riduttore, mette in movimento il volano dentato (1). Attraverso l’eccentrico (2) e la biella (4), il moto circolare del volano é trasformato in moto alternativo e trasmesso alla slitta-traversa mobile (5). Il punzone (6) effettua così il movimento rispetto alla matrice (7). La corsa della pressa, cioè la distanza percorsa dallo slittone in una direzione durante una rotazione dell’albero, è data da: H=2· e dove e = eccentricità tra perno eccentrico ed albero. La forza applicata allo slittone di una pressa eccentrica varia continuamente durante la corsa, a seconda della posizione dell’eccentrico. La forza massima si ottiene in prossimità del punto morto inferiore (PMI). La capacità di lavoro della pressa é: L = (I · ω2)/2 [N · m] b) Presse idrauliche Sono impiegate per lavori di stampaggio e di imbutitura profonda. La forza di compressione é fornita da un fluido in pressione (acqua, olio ...). La pressione dell’olio é di 10 ÷ 80 [MPa] = 100 ÷ 800 [bar]. Il funzionamento delle presse idrauliche é basato sul principio del “torchio idraulico” o di Pascal. Applicando una forza F1 sullo stantuffo di sezione S1, il liquido viene sottoposto ad una pressione p = F1 / S1; questa pressione, agendo sullo stantuffo di sezione S2, origina una forza F2 maggiore. Infatti: p = F1 / S1 = F2 / S2 da cui: F2 = (F1 / S1) · S2 Ne consegue che, facendo S1 molto piccolo ed S2 molto grande, si possono ottenere forze F2 rilevanti. Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 24 Classe 3^ - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Lavorazioni per deformazione plastica Esempio: S1 = 1 [cm2] S2 = 100 [cm2] F1 = 10 [N] Si ha: F2 = (F1 / S1) · S2 = (10 / 1) · 100 = 1 000 [N] Principio di funzionamento In una robusta incastellatura sono sistemati il cilindro di compressione ed il cilindro di sollevamento. Una valvola (3) permette di inviare il liquido sottopressione, fornito da una pompa e proveniente dalla condotta (1), nell’uno o nell’altro cilindro situati nella traversa fissa (4), dove agiscono lo stantuffo di sollevamento (2) e lo stantuffo di compressione (5). Questi determinano lo spostamento della traversa mobile portamazza (6) sulle aste di guida (7) ottenendo così la corsa di sollevamento della mazza o quella di lavoro. La potenza di azionamento é: P = (portata pompa · pfluido) / (60 · npompa · npressa) La forza esercitata risulta: F = pfluido) · Apistone - Fattrito pistone-cilindro 2) In base al tipo di incastellatura Presse a 1, 2, 3 montanti 3) In base al numero degli effetti a) Presse a semplice effetto b) Presse a doppio effetto Uno slittone per la lavorazione vera e propria, l’altro è premilamiera per bloccare il pezzo. c) Presse a triplo effetto Oltre ai due suddetti, vi è un terzo slittone inferiore che si muove verso l’alto per effettuare una formatura addizionale. 4) In base alla forza massima a) Presse leggere (Forze ≤ 1 000 kN) b) Presse medie (1 000 < F ≤ 4 000 kN) c) Presse pesanti (F > 4 000 kN) Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc. e prod. - Appunti dalle lezioni del prof. Di Cara Nicola - ITIS “Galilei” - Conegliano Pag. 25