Leggi l`articolo completo

Transcript

Leggi l`articolo completo
Domenica
14/8/2016
L’intreccio rischioso
tra casa, capannone
e banca locale
di Aldo Bonomi
Non sono rimasto indifferente
all’editoriale di Ernesto Galli della
Loggia, che, a proposito del
fallimento delle banche locali,
domenica 7 sul Corriere, scrivendo
di “quei notabili tra soldi e potere”
svela che cosa “veramente é l’Italia
dei tanti esaltati territori”. Lungi da
me il difendere l’indifendibile. Per
di più di fronte ad una visione
storica che ha sempre posto come
questione l’incompiuta empatia tra
statualità e territorio nel farsi e
sentirsi nazione. Tracce di un
pensiero leopardiano che scriveva
di
un’Italia
in
divenire,
sociologicamente segnata dalla
faglia tra una società stretta ed una
società larga. Tematiche del saggio
di Giulio Bollati sul carattere degli
italiani spaccato da sempre tra un
primo ed un secondo popolo. Il che
rimanda, sia ai limiti di una kultur di
un primo popolo incapace di una
visione da statualità egemone, che
alla civilizzazione disordinata e
localistica di un secondo popolo del
contado.
L’editoriale
scava
impietosamente nella civilizzazione
incompiuta dei territori, nella
microfisica dei poteri dei notabili
locali. Da capitalismo relazionale,
da società chiusa. Non a caso anni
fa con De Rita, disvelatore di questo
gene egoista e con Cacciari, allora
impegnato con il partito dei sindaci,
a proposito di deficit dell’élites
locali ci interrogammo sul “Che fine
ha fatto la borghesia”. Occorre
scavare nel perché la coscienza dei
luoghi, evocata da Giacomo
Beccattini, non ha prodotto una
coscienza delle élites locali oltre il
notabilato, adeguata ai tempi. Se
partiamo dalla società stretta e
dalla società larga di Leopardi, non
v’è dubbio che sovrapponendo la
mappa della mezzadria del secondo
popolo all’Italia dei distretti,
avremo la geografia del capitalismo
di territorio con tanto di banche
locali in sofferenza, nel centro e nel
nord del Paese (altra è la mappa del
latifondo che rimanda al sud con
tanto di baroni e cafoni). Ben colse
questa simbiosi di territorio un altro
marchigiano, Giorgio Fuà, che
scriveva
del
metalmezzadro
sincretica figura di produttorelavoratore ed auspicava uno
sviluppo senza fratture. Il tutto
avvenne, a proposito di statualità e
territorio, ovattato in un non detto,
in un patto non scritto. Da una
parte lo Stato e i partiti di massa ed
alcuni di micro élites in rapporto
con la grande impresa (FIAT),
nell’IRI e nelle grandi banche
d’interesse nazionale, e dall’altra, in
una specie di compromesso storico
di territorio, che coinvolgeva anche
il PCI, lo sviluppo locale, i distretti,
le Camere di Commercio, dopo
sarebbero arrivate le Regioni.
Siamo cresciuti così in forma duale
formando a proposito di classi
sociali, l’invaso dei ceti medi
studiati da Sylos Labini. Oscillando
non solo tra kultur e civilizzazione,
tra statualità ed autonomie locali
nella governance, ma anche
schizofrenici
nelle
tematiche
economiche tra grande impresa e
grandi banche e piccolo è bello e
banca locale. Il patto non scritto
non ha poi retto la sua scrittura
federalista, trasformandosi in un
sindacalismo di territorio nella
devolution abborracciata verso le
Regioni del Titolo V e nel venire
avanti di un leghismo con velleità
da secessione e di un berlusconismo
da individualismo proprietario con il
motto: crescete, arricchitevi e
moltiplicatevi. Beccattini colloca
nella lunga deriva della storia lo
sviluppo locale dei distretti,
sostenendo che fare impresa è un
progetto di vita che rimanda alle
virtù civiche (Putnam) di cui Galli
della Loggia denuncia la scomparsa
nel notabilato che ha come
progetto solo “arricchirsi per
arricchirsi sempre di più”. Che, sarà
bene ricordare, è la variante
provinciale e meno british delle
stock option, dei banchieri di Wall
Street e della City. Il fallimento e la
crisi delle banche locali svela la fine
di un ciclo. L’esaurirsi del vitalismo
del fare impresa all’ombra del
campanile più che a quello della
storia. Partendo dal sottoscala della
cascina collegandosi con il sindaco
imprenditore per fare il capannone,
in simbiosi con la banca locale si
diventa notabile in Camera di
Commercio ed infine si entra nel
Consiglio della Banca. In un
intreccio da localismo metodologico
a reti corte nel circuito ossessivo del
“casannone”, la casa, il capannone
e la banca locale con le sue adunate
di capitalisti molecolari-azionisti.
L’antropologia del capannone non
basta più e non ha retto il salto
d’epoca, occorreva alzare lo
sguardo. Passare dai distretti alle
piattaforme
produttive
per
produrre e per competere, creando
aggregazioni di banche e di
imprese, filiere in grado di
confrontarsi con la discontinuità
della globalizzazione. Per fortuna
non è andata solo così. In questo
humus di territorio hanno messo
radici medie imprese che sono
l’ossatura resiliente del nostro
capitalismo, con i piedi nel
territorio e la testa nel mondo.
Tracce di un’élite produttiva che si
occupa di industria 4.0, di reti
lunghe di export, e forse proprio
per questo, non si è fatta
neoborghesia nei territori del
notabilato. Si vedrà. Quel che so è
che la soluzione non può essere
solo la desertificazione del locale,
del territorio, ove a breve
precipiteranno
le
sofferenze
bancarie simulate nei falsi bilanci,
ma reali per il secondo popolo dei
capannoni e dei mutui per le villette
a schiera. La soluzione non è la
semplice disintermediazione di ciò
che sta in mezzo tra flussi e luoghi e
tra statualità e territori. Concordo
con Galli della Loggia che chiude il
suo editoriale auspicando un di più
di politica con una visione di “fini
collettivi e più alti” da patriottismo
dolce direi e da statualità operosa.
Ma per far questo occorrono
nervature degli interessi e delle
passioni che rimandano alla crisi
delle forze sociali e dei partiti che
attraversa territorio e statualità. E’
la
questione.
Perché
la
desertificazione
del
territorio
produce rancori e populismi. Che se
non scomposti e ricomposti nella
politica, senza scomodare la Brexit
o la provincia americana che vota
Trump, ci basta l’Italietta, produce il
territorio come enclave. Per questo
mi pare utile continuare a
raccontare i microcosmi del
territorio.
[email protected]