La disciplina giuridica dei servizi di investimento a distanza nel

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La disciplina giuridica dei servizi di investimento a distanza nel
BRUNELLA RUSSO
LA DISCIPLINA GIURIDICA DEI SERVIZI DI INVESTIMENTO A DISTANZA
NEL CODICE DEL CONSUMO.
BREVI SPUNTI CRITICI SUL CONTENUTO NORMATIVO DELL’ART. 67- sexies.
Sommario: 1. I riferimenti normativi. – 2. Principi di armonizzazione delle regole nazionali
di protezione del consumatore. – 3. Ambito giuridico e identificazione della fattispecie. – 4.
Segue. Informazioni relative al servizio finanziario con particolare riguardo al regime dei
prezzi. – 5. Il novellato diritto di ripensamento e facoltà di recesso. – 6. Brevi note sul
collocamento a distanza delle prestazioni finanziarie concernenti i contratti d’investimento
assicurativo. – 7. Conclusioni.
1.
Un notevole impulso al processo d’integrazione del mercato europeo dei servizi
finanziari, in special modo di quelli a dettaglio, è stato dato, come più volte sottolineato1 , dalla
direttiva 2002/65/Ce che, a ben guardare, si colloca al centro di due importanti interventi normativi
della Commissione europea, in materia di «contratti a distanza» 2 e di «commercio elettronico» 3 ,
1
Per un commento alla direttiva 2002/65/Ce, rinvia agli studi condotti da M.T. PARACAMPO, La direttiva
2002/65/CE sulla commercializzazione a distanza di servizi finanziari e la tutela del consumatore, in Nuova giur. civ.
comm., 2003, II, 382 ss.; F.BRAVO, Commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, Milano,
2002; ID., La tutela del consumatore di servizi finanziari ed assicurativi, in ROSSELLO-FINOCCHIARO-TOSI (a
cura), Commercio elettronico, documento informativo e firma digitale. La nuova disciplina, Torino, 2003, 277 e ss.; D.
CERINI, La commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori:lieto fine comunitario nella direttiva
n.20002/65/Ce, in Dir.econ. e ass., 2003, 2-3, 425 e ss.; F. MASTROROSA- M.P. SERRA, La commercializzazione a
distanza di prodotti finanziari:la direttiva 23 settembre 2002 n.65 ed il decreto legislativo 19 agosto 2005 n.190, in
Dir. Internet, 2006, 1, 82 e ss.; F.COCO, La direttiva n.2002/65 sulla commercializzazione a distanza dei servizi
finanziari ai consumatori: cosa cambia nella normativa italiana, Roma, 2003, 10 e ss., soprattutto in merito ai rilievi
mossi sulla eventuale inclusione nella definizione di «servizi d’investimento» del servizio assicurativo, lamentandone,
inoltre, l’assenza di posizione da parte del legislatore.
2
Il progetto di direttiva sui contratti a distanza può trovarsi, nella sua prima stesura (Com. 92-11), in GUCE, C-156 del
23 giugno 1992, p.14. Il secondo progetto (Com. 93-396) è in GUCE, C-308 del 23 ottobre 1993. La posizione comune
del Consiglio della Comunità europea n.19 del 29 giugno 1995 è reperibile in GUCE, C-288 del 30 ottobre 1995, p.1.
Su questa base la Comunità ha poi predisposto una disciplina generale della contrattazione a distanza da parte dei
consumatori, con la direttiva per la regolamentazione dei contratti stipulati a distanza attraverso tecniche di
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non con qualche riserva, a causa dei numerosi dubbi, da più parti espressi, circa l’applicazione
delle relative norme (anche) al settore dei servizi finanziari, generati dal decreto di attuazione del
2005 4 .
La critica che a quel tempo vedeva schierata parte della dottrina specialistica 5 poggiava sul
presupposto che la specificità della categoria dei servizi finanziari, soprattutto in termini di
conseguenze per i consumatori/investitori e, specularmente, di misure intese a tutelare i soggetti in
questione, richiedeva l’attuazione di una disciplina ad hoc per la commercializzazione a distanza
dei prodotti e dei servizi finanziari, lasciando che, nel frattempo, ogni singolo Stato membro
continuasse ad imporre proprie regole di condotta, da applicare ai vari servizi d’investimento.
Da un’analisi più approfondita delle disposizioni contenute nelle norme in oggetto, è parso
che l’accostamento tra i due provvedimenti abbia evidenziato, piuttosto, il carattere complementare
della direttiva 2002/65/Ce, rispetto a quella sul commercio elettronico 6 . Dal che, non è sembrato
altrettanto pacifico – dovendo, tuttavia, esprimere, a tal proposito, qualche perplessità – poter
attribuire alla prima una caratterizzazione di legge “speciale”, rispetto alla “generalità” delle
disposizioni sul commercio on line e ciò non solo a motivo delle numerose deroghe apportate dalla
direttiva del 2002 nei vari settori regolati, tanto da ritenere che debbasi, piuttosto, parlare di
discipline autonome, coordinate tra loro solo ove «…non espressamente derogate» oppure qualora
«sono rese salve…», ma soprattutto in considerazione del fatto che l’ambito applicativo della
suddetta direttiva circoscrive i suoi effetti limitatamente alla commercializzazione a distanza di
comunicazione istantanee. Il progetto di tale direttiva, giunto alla fase della posizione comune del Consiglio aveva
comunque parziale attuazione nel nostro Paese già nell’art. 9 del d. lgs. 15 gennaio 1992 n.50, rubricante «Attuazione
della direttiva 85/577/CE per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali». Essa è stata poi attuata con la legge
n.185 del 1999. L’ ultimo atto nella materia è costituito dall’ estensione del regime in questione anche alla
commercializzazione a distanza dei servizi finanziari ai consumatori che, dopo una lunghissima gestazione, ha
raggiunto lo stadio della Posizione Comune del Consiglio (P.C. 19 dicembre 2001, n. 16, in GUCE , 5 marzo 2002, C
58, p. 32). Tali atti normativi, insieme alla direttiva sul commercio elettronico, costituiscono il quadro generale per le
osservazioni che seguono.
3
Si rimanda all’autorevole studio di A. ANTONUCCI, eEurope:la costruzione del quadro normativo, in E-commerce.
La direttiva 2000/31/Ce e il quadro normativo della rete, di A. Antonucci (a cura), Giuffrè, 2001.
Si veda, anche, per ulteriori spunti sull’argomento, D. FORMICHELLI, Commento sub art.1 d. lgs. n.185/99,
in La disciplina del commercio elettronico e delle altre forme di contrattazione a distanza, di M. ATELLI (a cura)
Giappichelli, 2001, 52 e s..
4
Tale decreto ha recepito la direttiva 2002/65/Ce relativa alla commercializzazione a distanza dei servizi finanziari ai
consumatori, modificando radicalmente la disciplina precedente risultante dagli artt.30 e 32 del T.U.f.. Tale
disposizione normativa è stata abrogata dall’art. 21, co.1, del d. lgs. n.221 del 23/10/2007.
Cfr. d. lgs. n.190 del 19/8/2005, pubblicato nella G.u. n.221 del 22/9/2005.
5
Di quest’avviso U.PLACANICA, E.Finance. Profili giuridici, Padova, 2003, 47 e ss..
6
Innanzitutto, in merito al rapporto tra la direttiva in commento e quella sul commercio elettronico, in virtù
dell’esplicito rinvio contenuto nel Considerando n. 6 della dir. 2002/65, trovano applicazione tutte le norme contenute
nella seconda disciplina. Questo significa che accanto ai principi previsti dalle nuove disposizioni si pongono quelli già
enunciati in materia di commercio elettronico, quali, ad esempio, quello sull’inoltro dell’ordine di cui all’art. 11,
laddove si prevede che il fornitore debba accusare ricevuta per via elettronica dell’ordine inviato dal destinatario del
servizio.
Per altro verso, in virtù dell’emanazione della direttiva 2002/58/CE «relativa al trattamento dei dati personali e alla
tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche», le disposizioni della disciplina sulla vendita a
distanza dei servizi finanziari, in punto di comunicazioni non sollecitate o non richieste, evidenziano una
regolamentazione maggiormente sensibile all’esigenza di tutela della vita privata dei consumatori.
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servizi finanziari ai consumatori, indipendentemente dalla circostanza che una tale tecnica si
avvalga – in modo esclusivo – di una rete elettronica 7 .
A parte ciò, anche se su quest’aspetto abbiamo avuto modo, proprio di recente, di esprimere
il nostro parere 8 , non può disconoscersi, di contro, l’innegabile vantaggio apportato dall’uso dei
circuiti telematici al mondo degli affari, tanto che ormai il trading on line risulta essere una
modalità di circolazione della ricchezza, che coinvolge un numero sempre maggiore di persone ed
una sempre più rilevante misura di capitali, a dimostrazione dell’indubbia versatilità per quel che
concerne l’offerta di un tipo molto particolare di prodotti, vale a dire gli strumenti finanziari e i
servizi di investimento.
Una diversa ampiezza, invece, va riconosciuta alla direttiva 2002/65/Ce in tema di tutela del
consumatore, con riguardo a quegli aspetti in cui il legislatore attribuisce una particolare importanza
all’informativa da rendere prima della conclusione del contratto a distanza 9 .
Anche qui sono presenti disposizioni che integrano gli specifici schemi normativi già previsti dalla
direttiva e-commerce, incentrata, com’è noto, sulla c.d. clausola del mercato interno 10 di
coordinamento delle varie discipline nazionali, con il precipuo scopo di consentire una libera
circolazione dei servizi forniti dalla società d’informazione nel mercato comunitario.
Invero, con le disposizioni contenute, successivamente, nella direttiva sulla
commercializzazione a distanza, il legislatore comunitario ha inteso esaltare lo spirito della predetta
clausola, addivenendo ad un significativo processo di armonizzazione delle regole nazionali di
protezione degli investitori e contribuendo, nel contempo, a rafforzare la fiducia dei consumatori
nella prestazione di servizi transfrontalieri 11 .
7
Sul mancato coordinamento delle due norme prese in considerazione, esprimono parere negativo, U.PLACANICA,
op.ult.cit., 54 e ss.; V. ZENO ZENCOVICH, Note critiche sulla nuova disciplina del commercio elettronico dettata dal
d.lgs. 70/03, in Dir.inf., 2003, 503 e ss.; F.RONCARATI, La direttiva 2002/65/CE concernente la commercializzazione
a distanza di servizi finanziari ai consumatori, in Banca, impresa e società, 2004, 85 e ss., la quale, in particolare,
osserva come il legislatore comunitario abbia disatteso un’aspettativa di coordinamento tra le due direttive.
8
In argomento, cfr., B.RUSSO, La tutela del consumatore nella commercializzazione a distanza di servizi finanziari,
in Studi in onore di F. CAPRIGLIONE, in corso di pubblicazione.
9
Il carattere innovativo di siffatte regole rispetto alla direttiva 97/7, sono poste in essere dal legislatore europeo,
nell’intento di assicurare la trasparenza e l’effettività dell’informazione, pure attraverso l’impiego di tecniche di
comunicazione a distanza. Egli, infatti, fissa taluni requisiti volti a garantire un livello adeguato di informazioni al
consumatore, sia prima che dopo la conclusione del contratto. Quanto a quelle preliminari la finalità è quella di
consentire al destinatario di valutare opportunamente il servizio finanziario propostogli e quindi scegliere con
cognizione di causa.
Non v’è dubbio che le regole sulla trasparenza, imponendo al soggetto predisponente, il contenuto contrattuale,
mirano ad assicurare un’informazione completa e adeguata, collocandosi, in tal modo, nell’area delle norme di tutela del
contraente debole.
10
Infatti, i principi a fondamento della clausola del mercato interno mirano a realizzare un sistema di regole e controlli
che faccia riferimento all’ordinamento del paese di stabilimento del fornitore del servizio, c.d. principio dell’home
country control.
Un notevole contributo scientifico sull’argomento viene dato da F. MAZZINI, Contratti finanziario on line e
tutela del consumatore: osservazioni sul quadro normativo comunitario, in Diritto della banca e del mercato
finanziario, vol. IV, Cedam, 2004, 547 e ss..
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Muovendo da questa impostazione, possiamo affermare, dunque, che la direttiva assolve, sia
pure sotto certi aspetti, a quella esigenza di realizzazione di un mercato unico integrato dei servizi
finanziari, i quali, a detta di molti 12 , si prestano particolarmente a tecniche di comunicazione a
distanza, in virtù della loro peculiare natura 13 , in una logica di superamento della portata normativa
della precedente direttiva del ‘97, che, come ben si ricorda, aveva reso inapplicabile – ai servizi
finanziari – la disciplina giuridica dei contratti a distanza 14 .
Altro profilo che merita di essere segnalato con riguardo all’impianto normativo della
commercializzazione a distanza, attiene, sostanzialmente, alla riqualificazione dei servizi
d’investimento, per effetto del decreto di recepimento n.190/05 15 , mediante il quale la stesa
11
Lo stretto legame che unisce la clausola in parola con il regime delle attività transfrontaliere trae origine da tutte
quelle situazioni in cui il destinatario del servizio si trovi in uno Stato membro diverso da quello del prestatore, ipotesi,
questa, comunemente ricorrente nel caso di acquisti in rete di prodotti finanziari.
Ne consegue che l’unicità della disciplina relativa al commercio on line ed il rafforzamento del grado di competitività in
ambito comunitario, consentono, ai consumatori di servizi finanziari a distanza, una più ampia possibilità di scelta di
prodotti, nonché un maggiore gradimento, da parte dei fruitori stessi, con riguardo alla prestazione di servizi
transfrontalieri, o, se si preferisce, usando la terminologia di settore, ad attività di cross border.
12
A. TORELLI, Contratti a distanza e tutela del consumatore. La nuova disciplina nella commercializzazione dei
servizi finanziari, in Nuove leggi civ. comm., 2006, 621 ss.
13
Invero, secondo la lett.a) dell’art. 2, della direttiva 2002/65/CE si intende per “contratto a distanza” «qualunque
contratto avente per oggetto servizi finanziari, concluso tra un fornitore e un consumatore nell’ambito di un sistema di
vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal fornitore che, per tale contratto, impieghi esclusivamente
una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto stesso». Mentre per “servizio
finanziario”, a norma della lett.b) dello stesso articolo, si intende «qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia,
assicurativa, servizi pensionistici individuali, di investimento o di pagamento».
Attraverso la direttiva in questione sono state istituite regole comuni sulla commercializzazione a distanza dei servizi
finanziari ai consumatori, da attuare conformemente a quelle dettate nella direttiva 2000/31/CE «relativa a taluni
aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico» e innovative in
materia di informazioni preliminari e diritto di recesso rispetto alla direttiva 97/7/CEE.
14
La direttiva 97/7/CEE recante «Disposizioni per la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza»
attuata a livello nazionale dal d. lgs. 185/99, escludeva espressamente dal proprio campo di applicazione i contratti
relativi ai servizi finanziari, nell’intento di riservare a quelli una disciplina ad hoc. Di contro, la direttiva 2002/65/Ce,
sostituisce il termine «vendita» con quello di «commercializzazione», volendo con tale dizione fare espresso riferimento
alla «vendita di prodotti finanziari» secondo la tecnica operativa a distanza.
Per eventuali maggiori approfondimenti, sull’improprietà linguistico-terminologica, utilizzata dal legislatore
con l’espressione «vendita», si evidenzia una certa critica dottrinaria. Per tutti, si rinvia a V. ZENO ZENCOVICH, La
tutela del fruitore di servizi finanziari resi attraverso reti telematiche, in Dir. dell’informazione e dell’informatica,
Giuffré, 2001, 688 e ss., il quale pone l’accento sul presupposto del trasferimento della proprietà o di altro diritto,
presente nello schema giuridico della vendita, del tutto assente, invece, nella pratica della commercializzazione a
distanza.
Opportunamente fa notare M.T. PARACAMPO, La direttiva 2002/65/Ce, op.cit., 389,
che l’espressione
commercializzazione non si esaurisce necessariamente nella conclusione di un contratto di vendita, pur presupponendo
un’attività contrattuale. L’a., inoltre, richiama quanto già affermato dalla stessa direttiva in argomento, dal momento
che l’art.2, lett.a) non fa espresso richiamo a contratti di vendita, ma a qualunque contratto ( a prescindere dalla natura o
classificazione giuridica dello stesso) concluso tra un fornitore ed un consumatore, nell’ambito di un sistema di vendita
o di prestazione di servizi a distanza.
Cfr., per gli estremi della legge, G.U.C.E. 9/10/2002, L 271, direttiva concernente la «Commercializzazione a distanza
di servizi finanziari ai consumatori» che modifica la direttiva 90/619/CEE del Consiglio, nonché le direttive 97/7/CEE
e 98/27/CEE; G.U., Suppl. ord., n.173/L del 14/11/2003.
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fattispecie ha subìto un’influenza indubbiamente notevole, anche in conseguenza del corpus di
norme inserite nella recente legislazione a tutela del risparmio investito.
Poste le linee generali, l’esame degli aspetti salienti della disciplina giuridica in oggetto, si
sposta adesso su un piano fenomenologico, volto a sottolineare l’importanza che detta analisi
ascrive alle particolari modalità tecniche di vendita che il legislatore nazionale ha previsto, in
ragione soprattutto del peculiare regime informativo – anche per l’eventuale sussistenza di
procedure extragiudiziali di reclamo e di fondi di garanzia diversi da quelli indicati dalla norme
comunitarie – e dall’obbligo, confermato dalle nuove disposizioni, per gli intermediari di avvalersi
di promotori nell’offerta fuori sede di strumenti finanziari, di servizi ed attività d’investimento e di
prodotti finanziari, nonché di servizi accessori e di fondi pensione aperti 16 , contrariamente
all’attività di promozione e di collocamento, mediante tecniche individualizzate a distanza, per i
quali non è richiesta alcuna abilitazione specifica per i dipendenti dell’intermediario.
Le motivazioni, a fronte di tale diversa applicazione della norma in questione, rispondono,
ancora una volta, all’esigenza di tutela dell’investitore con l’effetto di addivenire ad un’inevitabile
distinzione della disciplina sulle offerte fuori sede rispetto alle disposizioni previste per quelle a
distanza 17 . Si pensi, inoltre, al ruolo esercitato dalla diffusione del trading on line, cui si accennava
prima, il quale ha, certamente, introdotto sostanziali novità nel sistema di negoziazione dei prodotti
finanziari, con conseguente e necessaria rimodulazione dei livelli di protezione del consumatore.
Quanto poi alla definizione delle regole di comportamento degli intermediari, nei confronti
della clientela, va preliminarmente osservato, riproponendoci a breve di ritornare più diffusamente
sull’argomento, come, nel complesso, le attuali norme comunitarie abbiano determinato un
rafforzamento del ruolo attribuito al professionista della finanza retail, a cominciare
dall’acquisizione di informazioni più dettagliate, fino ad arrivare alla revisione periodica dei
consigli formulati e degli investimenti effettuati dal cliente. Pertanto, spetterà all’intermediario la
valutazione del modello operativo da adottare, che tenga conto delle caratteristiche della clientela e
del portafoglio di offerta, nonché della sussistenza, nella propria rete commerciale, di un adeguato
livello di professionalità.
Le suddette disposizioni, tuttavia, si prestano a qualche riflessione critica, non solo in
considerazione del fatto che, in materia di classificazione della clientela, le nuove regole introdotte
dalla Mifid, determineranno, nell’immediato futuro, un notevole ampliamento di siffatto utilizzo,
ma la mancanza dei requisiti, oggi ritenuti indispensabili ai fini della classificazione di «cliente
15
Cfr., d. lgs. n.190 del 19 agosto 2005, attuativo della direttiva 2002/65/CE relativa alla «commercializzazione a
distanza di servizi finanziari ai consumatori», in G.U. n.221 del 22 settembre 2005.
Con l’entrata in vigore del d. lgs. n.221/07 viene abrogato il d. lgs. n.190/05 recante le norme sulla
commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, le cui disposizioni sono ora inserite nel Codice del
consumo (d.lgs.206/05) nella sezione IV -bis recante il titolo «Commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai
consumatori», articoli dal 67-bis al 67- vicies bis.
16
17
Si veda, più dettagliatamente, l’art.78, co.1 e 3 del Regolamento Consob n.16190 del 29/10/2007.
L’importanza dell’argomento ed i suoi risvolti giuridici meritano di essere trattati nell’ambito di un studio più
appropriato.
Si rinvia, pertanto, ad autorevoli contributi in materia. Cfr., A. PATRONI GRIFFI, L’offerta fuori sede, in
Intermediari finanziari, mercati e società quotate, di A. Patroni Griffi – M. Sandulli – V. Santoro (a cura),
Giappichelli, 1999, 231 e ss.; R. COSTI, Il mercato mobiliare, IV ed., Giappichelli, 2006, 148 e ss.; F.ANNUNZIATA,
La disciplina del mercato mobiliare, III ed., Giappichelli, 2004, 150 e ss.; A.GENTILI, Promozione e collocamento a
distanza di servizi d’investimento e strumenti finanziari, in commentario al T.U. delle disposizioni in materia di
intermediazione finanziaria di G.Alpa – F.Capriglione (a cura), I tomo, Cedam, 1998, 338 e ss.; S.AMOROSINOC.RABITTI BEDOGNI, Manuale di Diritto dei Mercati Finanziari, Giuffrè, 2004, 140 e ss..
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professionale», comporterà che a gran parte delle imprese, alle quali il legislatore aveva
precedentemente attribuito lo status di operatore qualificato, verrà applicato lo stesso trattamento
giuridico dei «clienti al dettaglio», con la conseguenza che l’intermediario, nel momento in cui
intenderà proporre strumenti o servizi finanziari a siffatti clienti, potrà farlo solo avvalendosi di
collaboratori iscritti in un apposito albo 18 . Va tuttavia sottolineato come non tutte le interazioni, che
avvengono tra intermediario e cliente e dalle quali scaturisce la formulazione di una proposta e la
conclusione di un’operazione, rientrano nella nozione di offerta fuori sede; basti pensare, a titolo
esemplificativo, alla trasmissione dei dati, attinenti una proposta d’offerta, tramite e-mail che
certamente ne escludono il ricorso alla figura del promotore finanziario.
Non mancano le eccezioni anche per quanto attiene alla promozione ed al collocamento
delle vendite a distanza. Invero, sia pure in via generale, è lo stesso Organo di vigilanza 19 a
prevedere l’obbligatorietà del promotore in presenza di una comunicazione individualizzata ed una
interazione immediata con l’investitore, a meno che le attività di promozione e collocamento
vengano effettuate «su iniziativa dell’investitore, a condizione che tale iniziativa non sia stata
sollecitata con messaggi a lui personalmente indirizzati» 20 .
A fondamento di siffatta regolamentazione, vi è il convincimento che un elevato livello di
protezione del cliente, in questo caso del consumatore di servizi d’investimento a distanza,
dovrebbe essere assicurato da una omogeneità delle disposizioni legislative, regolamentari ed
amministrative degli Stati membri, al fine di evitare che quest’ultimi possano emanare norme più
rigide, rispetto a quelle contemplate dalla direttiva de quo. Ed invero, il 13° considerando recita
testualmente come gli ordinamenti comunitari «…non dovrebbero poter prevedere disposizioni
diverse da quelle previste dalla presente direttiva per i settori che essa armonizza, salvo
indicazione contraria espressamente menzionata nella direttiva stessa» 21 .
Un ulteriore aspetto che indubbiamente rappresenta, insieme al tema delle informazioni, un
momento di sostanziale diversità tra la direttiva 2002/65 e la disciplina generale in materia di
vendita a distanza è, senza dubbio, costituito dal livello di tutela riconosciuta al soggetto debole, in
punto di recesso. Sull’argomento, le novità più rilevanti riguardano l’innalzamento del termine per
recedere dal contratto, nonché il regime sulla decorrenza del termine 22 .
Il consumatore, infatti, dispone, a norma dell’art.67- duodecies del Codice di consumo, di un
18
A sancire la necessità del ricorso a soggetti iscritti nell’albo dei promotori finanziari è lo stesso art.31, T.U.f., il
quale ne delimita chiaramente, in ossequio al disposto di cui all’art.6 del d. lgs. n.164/07, il relativo ambito operativo
nell’«esclusivo interesse di un solo soggetto».
19
Ci si riferisce al Regolamento Consob, approvato con Delibera n.11522/98, rubricante «Regolamento concernente
la disciplina degli intermediari».
20
In merito a siffatta previsione si veda, amplius, l’art.76, co.2, del suddetto Regolamento.
21
Si riportano, a tal riguardo, le considerazioni poste in essere da F.MAZZINI, Contratti finanziari on line… op.cit.,
563 e ss., puntando l’accento sul tema dell’informativa pre-contrattuale.
Questi, infatti, fa rilevare come in attesa di un’ulteriore armonizzazione, gli Stati membri, in virtù dell’art.4,
par.2 della direttiva 2002/65/Ce, sono autorizzati a mantenere o introdurre disposizioni più rigorose laddove le stesse
siano “conformi” al diritto comunitario.
22
La sostanziale diversità consiste nel fatto che la direttiva 97/7 aggancia la decorrenza alla conclusione del contratto
ed il termine è di sette giorni (se il fornitore ha adempiuto ai propri obblighi informativi, ovvero, di tre mesi se quegli
obblighi erano rimasti inevasi), mentre l’art.6 della direttiva 2002/65, prescrive espressamente che il termine non può
decorrere qualora il fornitore sia rimasto inadempiente.
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lasso di tempo, c.d. spatium deliberandi, di quattordici giorni 23 - che decorre dalla data di
conclusione del contratto o, alternativamente, dal momento in cui riceve le condizioni contrattuali,
se ciò avviene in una fase successiva (un caso tipico è quello dell'adesione mediante telefonia) –
entro il quale esercitare, incondizionatamente (id est, in mancanza di ragioni giustificative) la
disdetta senza che ad esso venga addebitata alcuna penale.
E' interessante osservare che, qualora il fornitore sia rimasto inadempiente, rispetto alle
suddette prestazioni dovute, la decorrenza del termine prescritto è soggetta ex lege a sospensione.
Ed è questo, senza dubbio, uno degli aspetti di maggior interesse rispetto alle precedenti previsioni
normative a tutela del contraente debole, posto come, nell’intentio del legislatore, le informazioni
sono ritenute assolutamente necessarie, al fine di una valutazione consapevole del contratto e per
l'eventuale decisione di recedere dallo stesso.
Da quanto precede sembra del tutto evidente la considerazione accordata dall’ordinamento
all’osservanza delle regole di comportamento, in particolare per gli eventuali risvolti in tema di
responsabilità. Ne consegue, dunque, che l'onere della prova di aver agito con la necessaria
diligenza, con riguardo agli obblighi di informazione, nonché all’effettuazione del consenso del
consumatore circa l’esito del contratto, all'esecuzione dello stesso e alle eventuali inosservanze,
graverà sul fornitore, tant’è che sono da considerarsi vessatorie, a’ sensi del successivo art. 67viciessemel Codice del consumo, tutte le clausole, le quali prevedono una diversa disposizione.
Pertanto, ogni avvenuta irregolarità o ritardo andrà contestata tempestivamente, per raccomandata
a/r (magari di messa in mora) facendo, nel contempo, una specifica segnalazione all'Autorità di
vigilanza competente 24 .
2.
Un primo elemento, che si ricava dall’analisi sulle norme relative ai servizi
d’investimento a distanza, è la particolare importanza attribuita alla posizione soggettiva, propria
della categoria dei consumatori di servizi finanziari.
L’assunto, di per sé, non costituisce una novità di rilevo dal momento che, a partire dalla direttiva
del 2002, il legislatore europeo si è preoccupato di colmare quel vuoto normativo presente nel
settore finanziario, attraverso la messa a punto di un organico sistema di tutela del
23
La legge prevede un termine di 30 giorni, invece, per tutti i contratti di assicurazione sulla vita e per i piani
pensionistici individuali. Per le assicurazioni sulla vita, in specie, il termine decorre dal momento in cui al consumatore
è data notizia di tale conclusione.
Due annotazioni importanti vanno evidenziate in ordine all’ampiezza dell’articolo in questione. La prima è che
durante il periodo previsto per il recesso l'effetto dei contratti di investimento si sospende; inoltre se al contratto, da cui
si vuole recedere, ne è collegato un altro (sempre sottoscritto a distanza, e inerente servizi finanziari prestati dallo stesso
fornitore o da un terzo sulla base di accordi intercorrenti tra loro) tale contratto aggiuntivo si risolve automaticamente,
senza penali, al momento in cui si esercita il recesso per quello principale.
A mero titolo esemplificativo si pensi ad un conto corrente a cui sia legato un contratto relativo ad una carta di
credito o un'assicurazione r.c. auto, collegata ad un conto corrente.
24
Su questa stessa posizione si pone F.CAPRIGLIONE, Intermediari finanziari investitori mercati. Il recepimento
della MiFID. Profili sistematici, in Saggi e monografie di diritto dell’economia, di F. Capriglione (a cura), Padova,
2008, 59 e ss., per il quale l’eventuale violazione dei doveri dell’intermediario, oltre a generare eventuali obblighi
risarcitori in forza dei principi generali sull’inadempimento contrattuale, può, ove ricorrono gli estremi di gravità
postulati dall’art.1455 c.c., condurre anche alla risoluzione del contratto d’intermediazione finanziaria.
8
Brunella Russo
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risparmiatore/investitore, idoneo ad accrescere la fiducia dello stesso e conseguentemente a favorire
lo sviluppo del mercato, che né il complesso di norme sul commercio elettronico né quello sulle
vendite a distanza erano state in grado di realizzare.
In proposito, come si legge dal combinato disposto del 3° e 5° Considerando della direttiva de qua,
il duplice obiettivo perseguito a livello comunitario, attraverso l’instaurazione di un quadro
giuridico applicabile alla commercializzazione a distanza dei servizi finanziari, è stato quello di
accrescere la fiducia del consumatore nell’utilizzazione delle nuove tecniche di
commercializzazione a distanza di servizi finanziari, oltre ad assicurare la libera circolazione dei
servizi finanziari, dunque, in una parola, a garantire la funzionalità del mercato.
Sicché, l’impianto ordinatorio adottato dal recente decreto di recepimento della Mifid 25 , al
quale va ad aggiungersi, ad integrazione delle norme generali, il Regolamento attuativo della
Consob 26 , si incentrano fondamentalmente sulla figura del consumatore, nella sua qualità di
contraente debole, da cui si dipana l’intera disciplina a difesa della sua posizione contrattuale,
nell’ambito della commercializzazione a distanza dei servizi finanziari 27 .
Ora, con riguardo alle finalità precipue, non è dato riscontrare sostanziali differenziazioni con il
precedente assetto legislativo, potendosi pacificamente convenire che il regime tutorio costituisce la
chiave interpretativa delle rispettive norme in materia. Tuttavia, al fine di salvaguardare interessi
particolari del risparmiatore-investitore, la direttiva del 2002, poi trasfusa nelle successive
disposizioni correttive e modificative, ha preferito elaborare una nozione di «consumatore» non
unitaria, rispetto al carattere assoluto della definizione, presente nella direttiva del ’97 laddove
quest’ultimo veniva indicato quale persona fisica che «…agisce per fini che non rientrano nel
quadro della sua attività professionale».
A contrario, la nozione generica, o, se si vuole, generale, in quanto comprensiva di tutte
quelle presenti a livello comunitario, successivamente fornita, risponde alla volontà del legislatore
di dare vigenza al principio della c.d. «porta aperta» secondo quanto disposto nel 29°
Considerando, posto come l’ambito soggettivo di applicazione della disciplina può essere
suscettibile di cambiamento da parte dei rispettivi ordinamenti, ovvero, riportando il testo del
Considerando in parola «la presente direttiva lascia impregiudicata l’estensione, da parte degli
Stati membri…» ogni qualvolta venga emanata una disposizione più specifica, fermo restando
l’interesse primario sotteso alla direttiva stessa.
Non va tralasciato di osservare che la considerazione, accordata dal legislatore del 2002 al
fruitore di servizi finanziari, presuppone che l’ambito oggettivo della contrattazione, rectius
l’offerta, la negoziazione e la conclusione del contratto, venga delineato con esclusivo riguardo alle
tecniche di comunicazione a distanza, con l‘ausilio di “qualunque mezzo” che non comporti la
presenza fisica del fornitore e del consumatore/investitore, fino al momento della conclusione del
contratto.
25
Cfr., d. lgs. n.164/07 con il quale l’Italia ha recepito la direttiva 2004/39/Ce, poi implementata dalla direttiva
2006/73/Ce, meglio note come direttive di primo e secondo livello, riguardanti i mercati degli strumenti finanziari.
Per l’ampiezza dell’argomento trattato, si veda, ancora una volta, l’autorevole saggio di F.CAPRIGLIONE,
Intermediari finanziari investitori mercati…op.ult.cit..
26
27
Regolamento Intermediari, adottato con delibera n.16190 del 29/10/07, già citato.
E’ appena il caso di precisare come nell’ordinamento italiano tale fenomeno è regolato dall’istituto della promozione
e del collocamento a distanza di servizi di investimento e strumenti finanziari, istituto disciplinato dall’art.32 del d.lgs.
n. 58/’98 (c.d. Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria) nel cui ambito normativo è
confluito quanto in precedenza era stato dettato, in proposito, dall’art. 24 del decreto Eurosim n.415 del 23 luglio
1996. Di recente, poi la disciplina ha subito una vera e propria opera di restyling prima con le modifiche apportate al
T.U.f. e successivamente con l’attuazione del d,lgs. n.221/07, il quale ha trasportato l’istituto de quo agli artt. 67-bis e
ss. del Codice del consumo.
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A ben guardare, al di là della sostanziale coincidenza di siffatta formulazione con quella contenuta
nella direttiva 97/7/Cee, la condizione della simultanea assenza di ambedue le parti interessate al
rapporto contrattuale, che ne giustifica il ricorso a procedure di maggiore protezione della categoria
di soggetti coinvolti, non è estranea alla nostra legislazione in materia, rinvenendo già nel contesto
dell’art.32 T.U.f. un’analoga disposizione, relativamente alla tipologia di strumenti finanziari e
servizi d’investimento promossi e collocati a distanza.
Come si avrà modo di constatare in prosieguo, la rivisitazione della disciplina de qua da
parte dei recenti interventi normativi, risponde alla necessità – in una visione finalizzata al
rafforzamento delle tutele accordate – di eliminare alcune incongruenze legislative con l’apporto di
significative modifiche alle regole generali di condotta degli intermediari, finora elaborate. Si pensi,
ad esempio, ai non pochi problemi di coordinamento sottesi all’individuazione dell’ambito
soggettivo ed oggettivo di applicazione della fattispecie dell’offerta a distanza, non solo in quanto
l’estensione della norma contenuta nell’attuale Testo Unico risulta essere più ampia 28 , rispetto a
quella comunitaria, in punto di «attività d’investimento» da esercitare mediante tecniche di
comunicazione a distanza, ma, altresì, tenuto conto del fatto che il legislatore europeo non ha posto
rilievi in riferimento all’attività (meramente) pubblicitaria, sul presupposto della sua mancata
incidenza sul momento della conclusione del contratto, diversamente da quanto indicato nell’art.32
T.U.f., poi trasfuso negli artt.67-bis del Codice del consumo, laddove, invece, l’espressa esclusione
diventa requisito indispensabile ai fini della validità della norma in essa contenuta 29 .
Tuttavia, il passaggio dal provvedimento del 2005 alla novella, contenuta nell’art.32 della
disciplina speciale, ci induce ad una prima lettura critica, partendo proprio dalla figura della
controparte contrattuale del consumatore dei servizi, oggetto del contratto a distanza, la quale pone
di fronte a due ordini di problemi di natura interpretativa. Così, da quanto si evince dalla puntuale
definizione di fornitore, data dal legislatore comunitario all’art.2, lett.a), emerge come alla stessa
non può che essere attribuito un carattere perentorio, posto che la disposizione si preoccupa di non
estendere la portata della norma a tutte quelle prestazioni di servizi effettuate su base “occasionale”
(le quali invero, non presuppongono necessariamente un organizzazione, da parte del fornitore) ma,
a contrario, a quelle estrinsecabili solo attraverso un sistema commercializzato di vendita, o
mediante l’esercizio di un’attività in forma professionale.
Dunque, l’organizzazione e la professione sono stati ritenuti momenti indispensabili per la
predisposizione di un contratto di vendita o di prestazione di servizi a distanza.
Sul carattere professionale dell’attività del fornitore, per la verità, non mancano riscontri, sul
piano oggettivo, anche nella definizione della fattispecie contrattuale regolata dalle norme del
T.U.f., la quale non prescinde da un riconoscimento in tal senso, per espresso rinvio alla categoria
giuridica dei soggetti abilitati.
La questione si attesta, invece, in relazione alla posizione del promotore finanziario. C’è da
discutere, infatti, riprendendo le fila del discorso poc’anzi accennato, se il dettato del 19°
28
L’argomento è stato trattato diffusamente da F. CARBONETTI, Lo jus poenitendi nell’offerta fuori sede di prodotti
finanziari, in Banca, borsa e tit.cred., 2001, I, 775 e ss; R. SCHIAVELLI, Il contratto di collocamento, in I contratti del
mercato finanziario, di Gabrielli-Lener (a cura), Torino, 204, II, 1014, per i quali l’espressione «promozione e
collocamento» va intesa in senso alternativo, essendo sufficiente che anche solo l’attività di promozione avvenga con
tecniche di comunicazione a distanza.
29
Tale profilo è stato messo in luce da F.PARRELLA, L’offerta fuori sede e a distanza, in Manuale di diritto del
mercato finanziario, Giuffrè, 2008, 130 e ss., ove ribadisce la necessità della sussistenza dell’elemento della
“promozione” ai fini dell’applicazione della disciplina dell’offerta fuori sede e a distanza. L’a., inoltre, spiega le
ragioni per cui l’Organo di controllo tende ad allargare la nozione di promozione e a restringere quella di pubblicità alla
c.d. pubblicità istituzionale, consistente in messaggi circoscritti alla mera descrizione di un dato servizio, senza entrare
nel merito delle sue intrinseche caratteristiche.
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Considerando (nel quale è prevista la partecipazione di siffatto soggetto, in una della tappe della
vendita a distanza) possa considerarsi attuativo, pur nel silenzio della stesura definitiva della
direttiva 2002/65, oppure, se l’omesso riferimento voglia indicare, al contrario, la precisa volontà
del legislatore di escludere ogni figura diversa da quella del “fornitore contrattuale”, posto come
soltanto quest’ultimo possa ritenersi responsabile nei confronti del consumatore che effettua
acquisti di servizi finanziari mediante tecniche di comunicazione a distanza.
Tale tesi, pur avendo accolto già in passato parere favorevole da parte della dottrina 30 , la
quale aveva propeso per una lettura estensiva della norma, oggi, sembra essere stata del tutto
superata dalla disciplina contenuta nella direttiva Mifid, confermando, così, la disposizione
domestica che impone il ricorso ai promotori finanziari, quali soggetti peculiari del nostro sistema,
per l’offerta fuori sede di strumenti finanziari, con la sola eccezione di quelle attività (di
promozione e collocamento a distanza di servizi finanziari) svolte su iniziativa dell’investitore ed a
condizione che tale iniziativa non sia stata sollecitata con messaggi, a lui personalmente indirizzati.
Ed invero, nella collocazione a distanza di strumenti finanziari, l’intermediario rappresenta l’unico
interlocutore del soggetto, al quale presta il servizio; inoltre, spetterà a lui attenersi al rispetto delle
regole di comportamento e alla «completezza ed accuratezza» delle informazioni trasmesse al
consumatore.
Partendo da questo dato, dunque, appare evidente come la Mifid abbia ulteriormente affievolito il
ruolo del promotore, abrogando la norma, contenuta all’art.76, co.1, del Regolamento Intermediari
del 1998, che imponeva il ricorso a siffatto soggetto – con il compito di comunicare con il cliente –
in caso di un servizio a distanza con una «comunicazione individualizzata ed un’interazione
immediata con l’investitore» 31 . Tant’è che nell’ambito della commercializzazione a distanza di
servizi finanziari, il promotore (ovvero quella persona fisica che esercita professionalmente come
dipendente, agente o mandatario) non può essere considerato quale alter ego del fornitore (rectius,
l’intermediario che presta il servizio) posto come sia inconfutabile il ruolo, senza dubbio,
secondario che lo stesso Considerando ha voluto attribuire a questo soggetto, rispetto all’altro,
relegando la sua operatività solo a situazioni ben delimitate, di cui, tra l’altro, l’intermediario ne
risulta responsabile sulla base delle informazioni trasmesse.
Qualche nota critica merita, per completezza di trattazione, anche la questione relativa
all’oggetto del contratto.
I problemi di coordinamento con la precedente norma comunitaria, vertono principalmente sul
fronte delle esclusioni, giusta la considerazione secondo cui la dizione, adottata dal legislatore
all’art.2 della direttiva e-commerce, dedicato alle definizioni, parrebbe sollevare qualche riserva,
circa l’estensione del suo ambito regolamentare anche al campo dei servizi finanziari, intendendosi
per questo «qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, assicurativa, servizi pensionistici
individuali, di investimento o di pagamento» 32 .
30
Per tutti, da ultimo, M.T. PARACAMPO, La direttiva…, op.cit., 401, che parla di “semplificazione semantica”,
senza che per questo il legislatore comunitario abbia voluto pensare ad una eliminazione sostanziale del soggetto de
quo. Anzi, secondo l’a., nella stesura finale della direttiva, la figura dell’intermediario coinciderebbe con quella del
“fornitore contrattuale”, sul quale, però, ricade tutta la responsabilità delle azioni poste in essere dall’intermediario
stesso.
31
L’aspetto è regolato all’art.71 e ss. della delibera Consob n.11522/98. In particolare, l’art.76, co.2, sancisce che i
soggetti abilitati possono astenersi dall’utilizzare promotori finanziari ogni qualvolta l’attività di promozione e di
collocamento del prodotto avvenga su iniziativa dell’investitore (ad esempio, tramite internet, o inoltro di una e-mail ad
un «soggetto abilitato») a condizione che lo stesso investitore non sia stato sollecitato con messaggi a lui personalmente
indirizzati.
Una nota critica, circa la portata di tali regole, viene sollevata da F.ANNUNZIATA, La disciplina del mercato
mobiliare, Giappichelli, 2004, 153 e ss., per il quale risulta particolarmente controversa l’individuazione di quegli
strumenti che possono porre in essere concretamente un “comunicazione individualizzata” ed “un’interazione
immediata”.
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A tal riguardo si è, già in passato, osservato, da parte di autorevole dottrina in argomento 33 ,
che il dubbio di un eventuale limite all’applicabilità del provvedimento, al commercio on line di
prodotti bancari, finanziari o assicurativi, è confutato dalla chiara volontà del nostro legislatore di
rendere ancor più incisive le misure tese ad introdurre una maggiore protezione, a favore dei
consumatori. Non a caso, dunque, questi ha posto accanto a dette norme, recepite nel nostro
ordinamento con d. lgs. n.70/2003, anche quelle previste dalle specifiche discipline interne di
settore (si pensi, non solo alle norme del T.U.b. e quelle sull’intermediazione finanziaria, ma anche
al Codice delle assicurazioni) con un’inevitabile duplicazione di regole, di cui non facilmente ne è
dato stabilire la priorità.
Tralasciando solo per un momento di trarre le dovute conclusioni, occorre fissare un primo
passaggio inconfutabile nell’archètipo della disciplina de qua. Ne consegue, pertanto, come l’area,
entro la quale vengono compresi i servizi finanziari, che secondo la direttiva 2002/65/Ce sono
«suscettibili di essere forniti distanza» risulterebbe essere parte integrante (e non limitativa) delle
disposizioni della direttiva 2000/31/Ce sulla quale inciderebbe, peraltro, anche l’eccessiva
ingerenza del richiamo alla disciplina nazionale, emanata soprattutto dalle autorità di vigilanza
preposte.
In altri termini, non si può fare a meno di notare, come un siffatto approccio metodologico, lungi
dal dare una precisa connotazione al concetto di «servizi finanziari» serva soltanto ad evidenziare
la palese sovrapposizione delle discipline, che, a ben guardare, risulterebbero peraltro
sostanzialmente equivalenti tra loro.
3.
Si è più volte ricordato come la trasposizione dei principi comunitari – soprattutto
quelli contenuti nella Mifid – nel nostro ordinamento giuridico abbia costituito un passaggio
delicato, destinato ad influenzare l’organizzazione, il modus operandi, ed ancor di più, le regole di
condotta e la responsabilità degli intermediari nei confronti della clientela. Non si è mancato di
sottolineare, inoltre, in riferimento alle stesse norme, l’incisività del loro impatto sull’esercizio
dell’attività d’intermediazione, da cui ne è conseguita la centralità dell’impianto ordinamentale del
T.U. sulla finanza, ai fini della sistemazione della complessa disciplina dei mercati e dei servizi
finanziari.
In verità, per quanto riguarda, invece, la disciplina della commercializzazione a distanza di
servizi finanziari, nonostante vada riconosciuto alle leggi di recepimento un notevole sforzo
organizzativo, in relazione alla frammentazione ed all’esiguità delle fonti normative in subiecta
materia, tuttavia le recenti disposizioni, contenute sia nel decreto del 2005 che in quello del 2007 34
32
Sul punto, V. ZENO ZENCOVICH, La nuova disciplina del commercio elettronico alla luce del d.lgs.
70/03:questioni generali ed ambito di applicazione, in E. Tosi (a cura di) Commercio elettronico e servizi della società
di informazione, Milano, 2003, 69 e ss., secondo cui la scelta dell’approccio “soggettivo”, in base al quale far rinvenire
la nozione di «servizio finanziario» porterebbe ad includere, in siffatta nozione, anche i pagamenti mediante carte di
debito/credito e le assicurazioni riguardanti la responsabilità civile, per i quali l’a. esclude tassativamente il carattere
«finanziario».
33
La questione è stata affrontata in modo esaustivo, ancora una volta, nello studio condotto da V. ZENO
ZENCOVICH, La nuova disciplina del commercio elettronico… op.ult.cit., 35 e ss..
34
In riferimento alla tipologia giuridica delle offerte a distanza, il legislatore italiano, in ossequio alle disposizioni di
carattere comunitario, apporta significative modifiche al complessivo quadro normativo, intervenendo in subiecta
materia al fine di eliminare alcune incongruenze derivanti dal mancato coordinamento tra il T.U.f. ed il d.lgs.
n.190/2005.
12
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non si sono dimostrate idonee ad apprestare un assetto organico della materia, laddove emergeva la
necessità di ricercare un appropriato sistema di regole a tutela del consumatore, le quali
opportunamente sembrassero richiamare il tema delle garanzie nella disciplina della vendita di beni
di consumo. Inoltre, non pare che sia stata accolta dal legislatore l’esigenza di dare rilievo non solo
e non tanto al profilo oggettivo della disciplina (la cui trasversalità della nozione di «servizio
finanziario» ben si presta ad esser ricompresa nei diversi corpi normativi di settore) quanto a quello
soggettivo, ovvero, legato allo status di risparmiatore-investitore, in vista di quegli obiettivi di
trasparenza delle condizioni contrattuali, nonché d’informativa (precontrattuale) nei rapporti tra le
parti, che, nella fattispecie, sono posti in essere attraverso il ricorso a tecniche di comunicazione a
distanza, peraltro già riconosciute dal precedente Codice di consumo del 2005, agli artt.50 e ss. 35 .
L’accostamento sistematico della disciplina sulla commercializzazione a distanza dei servizi
finanziari ai consumatori nel contesto delle norme del Codice del consumo, si poggia
sostanzialmente sull’analogia dell’ambito oggettivo di applicazione. E di ciò, si ha contezza
prendendo le mosse dal tenore letterale del novellato art.67-ter, co.1, lett.b) del Codice de quo, il
quale fornisce una definizione di servizio finanziario piuttosto ampia, la cui vigenza, tuttavia, viene
circoscritta dal legislatore nelle ipotesi previste dalla sezione IV-bis. Con la riformulazione del
Codice, ad opera delle recenti novità legislative, si addiviene, dunque, in linea di massima, a
quell’esigenza, poc’anzi evidenziata, e, tuttavia, in parte disattesa, di una maggiore organicità della
normativa primaria e secondaria in tema di offerta a distanza, attraverso la creazione di norme di
rinvio o di raccordo con disposizioni collocate nei diversi ambiti disciplinari di settore, anche se,
per taluni aspetti, non sembrano mancare alcuni problemi di coordinamento.
E’ di tutto rilievo, infatti, come la nozione di servizio finanziario non sembri subire
apprezzabili modifiche, poiché il richiamo a «qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, di
pagamento, d’investimento, di assicurazione o di previdenza individuale» di cui all’art. 67-ter, co.1,
lett.b) del Codice del consumo, non concorre a determinare un ampliamento della definizione di
servizio finanziario, né, tanto meno, si presta a diversa valutazione l’accostamento all’art. 1, co.5,
d.lgs. n. 58/98, contenente la definizione di «servizio e attività di investimento» 36 , sul fondamento
Cfr., d.lgs 19 agosto 2005, n. 190, il quale ha recepito la direttiva 2002/65/CE relativa alla
«commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori», modificando radicalmente la disciplina
precedente risultante dagli artt. 30 e32 T.U.f..
35
Per maggiori riferimenti, si rinvia al d.lgs. n. 206/05 recante le disposizioni del Codice di consumo, a norma
dell’art.7 della legge n.229 del 26/7/03, pubblicato nella G.U., Suppl. Ord., n.235 dell’8/10/05.
Di recente, il d.lgs 221/2007 rubricante «Disposizioni correttive ed integrative del Codice del consumo» in G.U. del
29/11/07, ha abrogato il d.lgs 190/2005 ed ha trasposto la relativa disciplina agli artt. 67-bis e ss del Codice del
consumo. Inoltre, il d.lgs, 17 settembre 2007, n. 164, con il quale è stata recepita la Direttiva Mifid 2004/39/CE ed il
Regolamento attuativo della Consob (adottato con delibera n.16190 del 29/10/2007) hanno apportato ulteriori e
significative modifiche alle regole generali di condotta degli intermediari.
Il decreto legislativo n. 221 del 23 ottobre 2007 nell’apportare le modifiche al Codice del 2005, ha, inoltre, recepito le
direttive 2002/65, in materia di commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, e 2005/29, in
materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti fra professionisti e consumatori.
36
Per «servizi e attività di investimento» si intendono, allorquando abbiano per oggetto strumenti finanziari: a)
negoziazione per conto proprio; b) esecuzione di ordini per conto dei clienti; c) sottoscrizione e/o collocamento con
assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente; c-bis) collocamento senza
assunzione a fermo né assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente; d) gestione di portafogli; e) ricezione e
trasmissione di ordini; f) consulenza in materia di investimenti; g) gestione di sistemi multilaterali di negoziazione.
Cosi, art. 1, comma 5, del d.lgs. n. 58 del 1998, rubricante « Testo unico delle disposizioni in materia
d’intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n.52», pubblicato nella G.U.
n.71 del 26/3/98, Suppl. Ord..
13
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indefettibile che la nozione di servizio finanziario integra quella di servizio d’investimento, poiché
in essa vanno compresi, ad esempio, anche i servizi di natura bancaria e creditizia.
Una diversa valutazione, invece, va fatta con riguardo all’ambito soggettivo di applicazione
della norma. Qui, l’impossibilità di sovrapporre la disciplina consumeristica alle disposizioni
normative contenute nel T.U.f. e nel Regolamento Intermediari, la si ravvisa, nella scelta del
legislatore di utilizzare, nel contesto della nuova sezione IV-bis, l’espressione «consumatore» in
senso generico ritenendo che, per esso, debba intendersi, a’ sensi dell’art.3, co.1, lett.a) del Codice
de quo, quella «persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale,
commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta».
Siffatta enunciazione di principio mette, a nostro avviso, in risalto un duplice campo di
approfondimento.
Invero, la limitazione della nozione di consumatore, alle sole persone fisiche, non parrebbe del tutto
condivisibile, qualora si considerino le forme di tutela. Ci si chiede, infatti, se il soggetto da
garantire debba essere, come pare dal contesto normativo per queste predisposto, il solo
consumatore – secondo il modello tracciato dalla giurisprudenza 37 - o anche l’imprenditore 38 .
Ora, fermo restando che, sulla scorta di quanto appena detto, la finalità precipua, sottesa a
siffatta disciplina, risulta essere quella di rafforzare la tutela degli investitori – che proprio in
quest’ambito potrebbero essere indotti ad acquisire prodotti e servizi finanziari con modalità che
precludono la presenza fisica dell’intermediario (o di un suo incaricato) nell’ipotesi di soli strumenti
informatici o di comunicazione a distanza – e sottolineando, inoltre, come il Regolamento della
Consob richiami, anche per le offerte a distanza, a’ sensi dell’art.81, co.1, le disposizioni previste,
in via generale, circa i doveri di condotta (rendendoli applicabili per tutti i clienti non professionali,
37
In tal modo, Cassazione del 25 luglio 2001, n. 10127, pubblicato in Giur. it., 2002, 543 con nota di P.FIORIO,
Professionista e consumatore un discriminane formalista?; ed ancora, Corte Giustizia CE, 22 novembre 2001, cause C541/99 e 542/99, ibidem.
La Corte ha respinto l’incostituzionalità dell’art. 1469 c.c., nella parte in cui vengono esclusi – dalla nozione di
consumatore – i professionisti ed i piccoli imprenditori, rilevando che la preferenza nell'accordare una particolare
protezione a coloro che agiscono in modo occasionale, saltuario e non professionale si dimostra ragionevole in quanto
la finalità dell'art. 1469 bis comma 2 c.c., sarebbe quella di tutelare i soggetti che, secondo l' «id quod plerumque
accidit» sono presumibilmente privi della necessaria competenza a negoziare; situazione non ravvisabile per quelle
categorie di soggetti (professionisti, piccoli imprenditori, artigiani) che, proprio per l'attività abitualmente svolta, hanno
cognizioni idonee per contrattare su di un piano di parità.
Per una maggiore comprensione dell’argomento, anche per quanto attiene i profili costituzionali, si rinvia alla
sentenza della Corte Costituzionale del 22 novembre 2002, n. 469, in Foro it., con note di PALMIERI, Consumatori,
clausole abusive e imperativo di razionalità della legge: il diritto privato europeo conquista la Corte Costituzionale,
ivi, 337 e di PLAIA, Nozione di consumatore, dinamismo concorrenziale e integrazione comunitaria del parametro di
costituzionalità, ivi, 340.
38
In merito alla decisione, ultima citata, del 22/11/02, assunta dalla Corte Costituzionale che respinge la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1469-bis, co.2, c.c., molto critica si è mostrata la dottrina in argomento.
Nello specifico, si veda, R.CALVO, I contratti del consumatore, in Tratt. Dir. Comm., di F. Galgano (a cura), Padova,
2005, 76 e ss.., laddove con riferimento alla sentenza in oggetto, rileva l'irrazionalità di ogni tentativo volto a
giustificare la disparità di trattamento fra contraenti uniti da una simile posizione di debolezza (o faiblesse économique)
in ragione delle loro diverse condizioni giuridiche o intellettuali.
L’a. continua sottolineando come il pericolo di abuso della libertà contrattuale non dipende dall'evenienza che l'aderente
agisca in qualità di imprenditore o di consumatore finale, essendo viceversa legato al presupposto che la controparte, la
quale si avvalga del potere di determinare unilateralmente il contenuto del regolamento negoziale, disconosca qualsiasi
margine di trattativa individuale.
Dello stesso avviso, anche M.BIN, Clausole vessatorie, una svolta storica (ma si attuano così le direttive
comunitarie?), in Contratto e impresa. Europa, 1996, 437, il quale denuncia il sospetto di illegittimità costituzionale
conseguente alla discriminazione tra consumatori ed imprenditori contraenti deboli; L. BIGLIAZZI GERI, Art. 1469bis,
in Commentario al capo XIV-bis del codice civile: dei contratti del consumatore, di C.M..Bianca e F.D.Busnelli (a cura)
Padova, 1999, 85; V.BUONOCORE, Contratti del consumatore e contratti d' impresa, in Riv. Dir civ., 1995, 1 ss..
14
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ovvero, per quelli al dettaglio) appare del tutto immotivata una presunta esclusione dall’iniziativa
contrattuale, allorquando il consumatore agisca in qualità di imprenditore.
L’asimmetria normativa tra le due figure giuridiche, si palesa, in tutta evidenza, nella diversa
prospettazione dei precetti contenuti sia agli artt.67-bis e ss. del Codice del consumo (i quali
circoscrivono l’ambito giuridico ai soli consumatori, secondo la suaccennata accezione, impedendo,
di fatto, l’applicazione delle disposizioni generali, contenute nel T.U.f., in materia di tutela
informativa del cliente) nonché in quelli presenti nel provvedimento della Consob 16190/07, i
quali, nel regolamentare i contratti a distanza, classificano l’imprenditore come cliente al dettaglio
con conseguente limite dell’assoggettabilità alla sola normativa prevista dall’autorità di controllo in
questione, lasciando fuori dall’alveo disciplinare la categoria dei consumatori.
Il criterio ora esposto di sperequazione dei livelli di tutela tra i soggetti, se, sotto certi aspetti,
incontrerebbe qualche ostacolo ove si tenesse a mente il principio di irrinunciabilità dei diritti
sanciti in favore dei fruitori di «servizi finanziari», di contro, appare esser motivo di ulteriori
riflessioni in relazione alla scarsa propensione, finora dimostrata, del legislatore primario di
accordare una protezione diretta nei confronti degli investitori, e ciò preliminarmente ove si
consideri che la prospettiva di base di tutto l’impianto normativo del T.U.f. è rivolto alla tutela degli
interessi pubblici sottesi dalle regole, nonostante che la salvaguardia degli interessi degli investitori
costituisca una delle finalità precipue dell’azione di vigilanza sul sistema finanziario.
Pertanto, indipendentemente da ulteriori riflessioni, basta soltanto evidenziare, ai fini che
qui interessano, come la cerchia dei soggetti, a tutela dei quali è stata dettata la disciplina
dell’offerta di servizi finanziari mediante tecniche di comunicazione a distanza, andrebbe, in via di
principio, svincolata dall’esercizio di un’attività professionale da parte del cliente, ponendosi,
pertanto, al di là dell’appartenenza a categorie sociali protette.
Diverso, invece, risulta l’indirizzo del legislatore, allorché ha disposto nel contesto dell’art.26, co.6,
Regolamento Intermediari, che «non costituiscono promozione e collocamento mediante tecniche di
comunicazione a distanza le attività svolte nei confronti dei clienti professionali di cui all’art.26,
lett.d)». Pertanto, questo specifico divieto impone all’operatore finanziario di attribuire esclusivo
rilievo alla valutazione del grado di competenza, in materia di investimenti, di esperienza e di
corretta valutazione dei rischi assunti dal cliente, quali caratteristiche che, se presenti, precludono il
rinvio a tale modalità tecnica 39 .
Bisogna comunque rilevare, per inciso, che le linee di intervento introdotte dalla Mifid, in
materia di classificazione della clientela, hanno determinato un superamento delle restrizioni sopra
evidenziate, per cui avverrà che nei confronti di molte imprese, le quali rispondo ai requisiti
richiesti dal Regolamento Intermediari40 , sarà applicato lo stesso trattamento giuridico dei «clienti
al dettaglio», vanificando la suddetta esclusione.
39
Come chiaramente specificato dallo stesso regolamento Consob 16190/07, l’intermediario deve farsi carico di
valutare la posizione patrimoniale del cliente ed il suo grado di conoscibilità del rischio che l’operazione finanziaria può
determinare.
Al fine di evitare incertezze interpretative, invero, l’Allegato n.3 del Regolamento Consob n.16190 prevede
che l’intermediario debba verificare la presenza di almeno due dei tre seguenti criteri: (i) il cliente deve aver effettuato
operazioni di dimensioni significative sul mercato in questione con una frequenza media di 10 operazioni al trimestre
nei quattro trimestri precedenti; (ii) il valore del portafoglio di strumenti finanziari del cliente, inclusi i depositi in
contante e gli strumenti finanziari, deve superare 500.000 EUR; (iii) il cliente deve lavorare o aver lavorato nel settore
finanziario per almeno un anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza delle operazioni o dei
servizi.
40
A sancire siffatto disposto è ancora l’Allegato n.3 del Regolamento Consob, il quale si riferisce a tutte quelle
imprese che si trovano al di sotto delle soglie dimensionali ivi previste.
Inoltre, secondo uno studio condotto dalla Confindustria, è emerso che tali imprese costituiscono circa il 98,2% del
totale presente sul mercato.
15
Brunella Russo
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A parte queste considerazioni, possiamo conclusivamente affermare che la qualifica
dell’investitore, da tutelare, costituisce il discrimen tra i due corpi normativi, come confermato dal
fatto che, con il provvedimento della Consob, le norme specifiche, intese a disciplinare i contratti a
distanza, continuano a trovare applicazione nei confronti dei clienti al dettaglio e non già dei
consumatori, in un’ottica di protezione diametralmente opposta rispetto a quella contenuta nel
Codice di consumo. Del resto, la caratteristica dei predetti contratti, fondata sull’elemento
dell’“esclusività” delle tecniche di comunicazione a distanza, rappresenta la chiave di lettura delle
relative norme, dal momento che il Codice, in analogia a quanto già contenuto all’art.32 T.U.f., e
nel Regolamento Intermediari, individua il tratto distintivo della disciplina nella mancata
compresenza del fornitore e del consumatore. Siffatta esclusività, poi, come si evince dal 15°
Considerando della direttiva 2002/65/Ce 41 , riguarda sia la fase della negoziazione che quella
attinente la conclusione del contratto, ritenendo, pertanto, che non sono soggette alle regole, di cui
agli artt.67-bis e ss., le attività promozionali quando il contratto sia concluso inter presentes.
Ne deriva conseguentemente che nell’ipotesi di attività contrattuali, effettuati in presenza delle
parti, si dovrebbe, in linea di principio, escludere la natura di contratto a distanza. Tuttavia, al
riguardo è stata suggerita, da parte di certa letteratura 42 , un’interpretazione non eccessivamente
rigida, in base alla quale è possibile ritenere che l’incontro – avente carattere occasionale e
allorquando non consente di chiarire tutti gli aspetti del rapporto in questione – possa essere,
considerato non sufficiente a far venir meno la natura “a distanza” dell’operazione e la relativa
protezione di cui godono i soggetti. In altri termini, è proprio la particolare modalità, id est, la
tecnica (di comunicazione a distanza) impiegata che attribuisce maggiore enfasi alla sussistenza di
una tutela rafforzata, indipendentemente, a nostro avviso, dal fatto che l’aderente agisca in qualità
di imprenditore (oggi anch’esso cliente al dettaglio) o di consumatore.
Tuttavia, a confermare le perplessità sopraccennate, emergono anche alcune incongruenze
terminologiche, derivanti dal mancato coordinamento tra l’art.32 T.U.f. e le norme contenute nel
Codice del consumo, in merito alla definizione della fattispecie in oggetto.
La nuova sezione IV-bis del Codice de quo pone in essere una disciplina della
«commercializzazione a distanza», senza fornire una specifica definizione della stessa 43 , mentre
prevede quella di «contratto a distanza» e per di più, sulla base di due distinte definizioni.
Invero, sia l’art.67-ter, co.1, lett.a) che il precedente art.50, co.1, lett.a) del Codice, danno
una duplice nozione di contratto a distanza, di cui, la prima, dettata nel contesto del servizi
finanziari e, l’altra, di carattere generale. Dal tenore letterale di ambedue le norme, emerge con
chiarezza come l’elemento dell’”organizzazione” costituisca la linea di demarcazione tra le
disposizioni in questione. Cosicché l’art. 67-ter, pur richiamando, in via generale, quanto sancito
dal legislatore all’art.50, rimane, tuttavia, applicabile ai soli contratti a distanza, aventi ad oggetto
servizi finanziari, fattispecie, questa non contemplabile, invece, dall’articolo ultimo citato.
La necessaria sussistenza di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza
“organizzato”, apre scenari interpretativi che non eliminano le lamentate incongruenze delle
41
Il 15° Considerando della direttiva in oggetto, prevede che i contratti a distanza sono «quelli in cui l’offerta, la
negoziazione e la conclusione sono effettuate a distanza».
42
Ulteriori considerazioni emergono dalla studio di G. ARTALE, Commento al d.lgs. n. 190/2005, in AA.VV., Codice
del consumo, di V. Cuffaro (a cura), Milano, 2006, 838 s.
43
Sull’argomento, più diffusamente, F.MASTROROSA - M.P.SERRA, La commercializzazione a distanza di prodotti
finanziari…op.cit., 84. Secondo gli a., il termine “commercializzazione” è un’espressione non diffusa nella terminologia
classica del diritto civile italiano, in alternativa si sarebbe potuto usare il termine “vendita”. Si è, tuttavia, ritenuta tale
espressione inadeguata rispetto ai servizi, per i quali è più appropriato parlare di “erogazione” o di “prestazione”
piuttosto che di “vendita”, termine che, invece, si attaglia meglio alla cessione di beni.
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disposizioni normative in questione. Anzi, la mancanza, nell’art. 67-ter, co.1, lett.a), di una
definizione di “sistema organizzato” per la commercializzazione a distanza potrebbe comportare
non facili problemi di differenziazione tra prestazione organizzata e quella occasionale 44 .
Con riguardo, invece, alla sfera di applicazione del T.U.f. e del Regolamento Intermediari,
indubbiamente più ampia rispetto alla precedente, è indubbio come l’espressione «promozione e
collocamento» debba essere intesa, nel contesto delle norme di carattere speciale, in senso
alternativo, addivenendo alla stesse conclusioni di quanti 45 ritengano sia sufficiente che anche solo
l’attività di promozione avvenga con tecniche di comunicazione distanza.
Analoghe questioni interpretative vengono sollevate in merito alle espressioni «accordo
iniziale di servizio» e «operazioni successive della stessa natura» 46 contenute all’art. 67-bis, co.2,
Codice del consumo, eccezion fatta per la fattispecie di cui all’art.67-duodecies, co. 2 47 , laddove il
legislatore non sembra essersi preoccupato di dare una definizione esaustiva, lasciando, nel silenzio
della norma, che alle stesse vengano attribuite ora la caratterizzazione di contratti, cui seguono
operazioni di natura esecutiva (si pensi alla gestione di portafogli) 48 ora la tipologia di contratti
44
Bisogna tuttavia rilevare che il testo del 18° Considerando della direttiva n. 65 del 2002 fa riferimento a una
occasionalità “stretta”. Letteralmente, suddetto Considerando sancisce il principio secondo cui «riferendosi a un
sistema di prestazioni di servizi organizzato dal fornitore di servizi finanziari, la presente direttiva mira a escludere dal
proprio campo di applicazione le prestazioni di servizi effettuate su base strettamente occasionale e al di fuori di una
struttura commerciale avente l’obiettivo di concludere contratti a distanza». Da questo dato testuale, si può ricavare
agevolmente che anche un minimo di organizzazione è sufficiente ad elevare il fornitore a soggetto al quale va applicata
la direttiva. Un’interpretazione del genere ha lo scopo precipuo di dare una maggiore tutela alla categoria dei
consumatori.
45
A tale riguardo, si vedano F. CARBONETTI, Lo ius poenitendi… op.cit., 777 e ss; R.SCHIAVELLI, Il contratto
di collocamento, op.cit., 1016 e ss., per i quali, analogamente a quanto affermato con riferimento alla disciplina
contenuta all’art.30 del T.U.f., ritengono che l’ambito applicativo della norma in questione risulti esser più ampio, in
quanto l’art. 32 demanda alla Consob la facoltà di disciplinare la promozione e il collocamento mediante tecniche di
comunicazione a distanza di servizi, attività di investimento e prodotti finanziari.
46
Una ricostruzione della tematica in argomento viene data da F. BRAVO, La posizione comune, cit., 61, il quale
sottolinea che l’unico riferimento normativo all’accordo iniziale di servizio è rintracciabile nel novero del 17°
Considerando della Direttiva con il quale il legislatore comunitario ha fornito una casistica esemplificativa e non
esaustiva, da cui si può ricavare solo una definizione generale ed astratta.
L’a., inoltre, precisa che per «accordo iniziale di servizio» si può intendere ad esempio l’apertura di un conto bancario,
l’acquisizione di una carta di credito, la conclusione di un contratto di gestione di portafogli, mentre per «operazioni
successive», l’alimentazione di un conto bancario o il prelievo dallo stesso, i pagamenti con carta di credito, le
transazione dell’ambito di un contratto di gestione del portafoglio (…). La sottoscrizione di nuove quote dello stesso
fondo di investimento collettivo viene considerata una delle operazioni successive della stessa natura.
Si può, pertanto, dedurre come proprio con riguardo ai servizi di investimento, il Considerando in oggetto faccia
riferimento solo a due fattispecie contrattuali, individuabili nel contratto di gestione di portafogli di investimento –
inquadrato nei contratti iniziali di servizio – e nella sottoscrizione di quote dello stesso fondo di investimento, a sua
volta considerata come un’operazione successiva della stessa natura.
47
L’applicabilità degli artt. 67-bis e ss. – ai prodotti assicurativi finanziari ed ai piani pensionistici individuali – è
desumibile sulla scorta del secondo comma dell’art. 67-duodecies, in tema di diritto di recesso. In tale contesto, si
prevede, infatti, un termine di 30 giorni in luogo di quello di 14 giorni previsto per tutti gli altri servizi finanziari.
Pertanto, l’intero decreto potrà essere applicato ad ogni singola sottoscrizione di polizze assicurative di natura
finanziaria e di piani pensionistici individuali, posto come non è ravvisabile in essi un accordo iniziale di servizio, a cui
farebbe seguito successive operazioni della medesima natura.
48
Segnatamente alla gestione di portafogli di investimento pare tuttavia necessario osservare come, ad eccezione dei
casi di gestione con preventivo assenso, dopo la conclusione del contratto l’investitore non deve più impartire ordini o
istruzioni in quanto l’attività gestoria è effettuata in maniera autonoma e discrezionale dall’intermediario.
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normativi 49 , ovvero quegli accordi che, senza incidere sulla sfera patrimoniale dei contraenti,
dettano una regolamentazione dei successivi rapporti (contratti di conto corrente bancario, di
deposito e amministrazione titoli ed il contratto di negoziazione previsto dall’art. 23 T.U.f.).
Stessi rilievi, inoltre, vanno sollevati con riferimento ai servizi di negoziazione, ricezione e
trasmissione ordini, che, a’ sensi dell’art. 23 t.u.f., richiedono la sottoscrizione di un contratto
quadro. In tal caso, la questione viene affrontata sotto una duplice angolazione, posto come se, per
un verso, devesi riconoscere che anche nella fattispecie in oggetto sussiste un contratto normativo, il
quale può valere come accordo iniziale di servizio, occorre, tuttavia, sottolineare, di contro, che
l’acquisto di differenti strumenti finanziari non è del tutto dissimile dall’investimento in quote di
diversi fondi comuni di investimento, esplicitamente esentati da ulteriori obblighi informativi,
secondo il Considerando della Direttiva 50 .
A tal proposito, la dottrina 51 ha fatto notare che, in entrambe le situazioni, l’investitore può
esporsi a rischi difficilmente preventivabili prima della conclusione del contratto iniziale.
Tuttavia, a noi pare che, dal tenore letterale dell’art. 67-bis, non vi siano i presupposti per
l’applicazione della disciplina della commercializzazione a distanza ad ogni singolo ordine,
ritenendo, piuttosto, che esso sancisca, in modo netto, la doverosità dell’informativa al cliente ed il
diritto di recesso soltanto nell’ipotesi giuridica della conclusione del contratto quadro.
L’evidente contrasto delle norme citate, pur lasciando spazio ad ulteriori riflessioni critiche,
che rinviamo ad una sede più appropriata, non inficia, tuttavia, la sussistenza di un comune
denominatore, che resta pur sempre la definizione di «tecniche di comunicazione a distanza» a
meno che non si voglia sottolineare l’assenza di un’espressa esclusione della pubblicità, una
circostanza, questa, che costituisce comunque un aspetto irrilevante, in considerazione del fatto che
la mera attività pubblicitaria, come abbiamo già visto, non può comportare la conclusione di un
contratto a distanza, di converso, necessario per l’applicazione degli artt. 67-bis e ss del Codice del
consumo 52 .
49
In particolare, sull’argomento, A. TORELLI, op.cit., 632; ed ancora F.BRAVO, op.ult.cit., 62 e ss..
50
Per P.FIORIO, op.cit., 20 (segnatamente alla nota 61) le motivazioni che hanno portato il nostro legislatore, nonché
quello comunitario ad esonerare l’intermediario da ulteriori obblighi informativi, risiedono nell’espressa menzione del
contratto di gestione e della sottoscrizione di quote dello stesso fondo comune di investimento. Secondo la tesi dell’a.,
la ratio di un siffatto esonero è deducibile sulla base della circostanza secondo cui, in entrambe le situazioni, il
consumatore –al momento dell’instaurazione del rapporto –riceve il contratto scritto ed il prospetto informativo, nei
quali sono contenute le informazioni necessarie e sufficienti per l’esecuzione del contratto o per la sottoscrizione di
ulteriori quote del fondo inizialmente sottoscritto.
51
In dottrina, sul punto, cfr., F. CARBONETTI, Lo jus poenitendi …, op. cit., 786, il quale, in passato, in riferimento
anche alla comunicazione Consob del 20/2/1997, n.97001614, aveva escluso la sospensione dell’efficacia del contratto
relativo alla sottoscrizione delle quote dello stesso fondo d’investimento.
Sembrerebbe, tuttavia, che dal tenore letterale del 17° Considerando della Direttiva, le operazioni della stessa natura
siano adesso solo quelle con le quali si realizzi un incremento delle quote dello stesso fondo acquistato in precedenza, e
non invece le operazioni di switch tra fondi comuni, o comparti di SICAV, oggetto di un’offerta globale,
contrassegnata dalla presenza di un unico prospetto informativo.
52
Tra le tecniche di comunicazione a distanza rientrano pertanto i colloqui telefonici, lo scambio di corrispondenza, il
fax, l’e-mail e l’utilizzo dei siti internet point and click. E’ ovvio che tali tecniche di comunicazione debbono consentire
la promozione o la conclusione di contratti di investimento e non già realizzare una mera comunicazione pubblicitaria
che non comporti un contatto diretto tra l’intermediario e l’investitore. Sul punto, cfr., D. LUCARINI ORTOLANI,
L’internet nell’intermediazione finanziaria, in Dir. dell’informazione e dell’informatica, Giuffrè 2003, 25 e ss..
Circa la distinzione tra contratti telematici conclusi mediante lo scambio di posta elettronica e contratti
conclusi mediante accesso diretto al sito, sul quale può essere impartito l’ordine d’acquisto (c.d. point and click) si
veda, più in dettaglio, R.TORINO, Contratti finanziari conclusi tramite internet, in I contratti del mercato
finanziario,di Gabrielli - Lener (a cura) Torino, 2004, I, 479 ss.
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A questo punto possiamo tentare di trarre alcune considerazioni.
Le norme che, fino ad ora, sono state esaminate, nello sforzo di dare una giusta collocazione al
fenomeno delle offerte a distanza, hanno evidenziato la centralità della posizione giuridica del
consumatore e dei suoi diritti fondamentali, per i quali è sembrata, fin dalle prime battute,
ragionevole ritenere una loro integrale ascrivibilità nel contesto disciplinare del novellato Codice di
consumo.
Invero, la rispondenza dei dettami contenuti nel decreto, alla specificità della fattispecie fin
qui esaminata, è emersa con riguardo soprattutto al contenuto delle norme, ivi raccolte, che sono
state coordinate tra loro, aggiornate e modificate, proprio al fine di attribuire maggiore enfasi alla
posizione giuridica di quest’ultimo soggetto nell’ambito dell’ordinamento, ripercorrendo le fasi del
rapporto di consumo, instauratosi tra l’intermediario, da un lato, ed il cliente, dall’altro.
Posto siffatto assunto, non ci sembra, infatti, in base all’analisi fin qui condotta delle
disposizioni contenute nel T.U.f., e relativo Regolamento, nonché nel recente Codice de quo, di
trovarci di fronte ad una dualistica contrapposizione tra i contesti normativi messi a raffronto, ma
piuttosto in un ambito di valutazione che si proietta nella direzione della “sfumatura” tra contenuti
giuridici, anche provenienti da ulteriori provvedimenti in materia, che vanno a fondersi nel tessuto
connettivo del Codice di consumo, in ragione della contiguità di tutti quegli elementi, presenti in
ogni singola legge, e su cui si è avuto modo di soffermarci, solo in apparenza tra di loro diversi.
Invero, la congerie di norme, alcune di esse emanate in modo frettoloso e senza un disegno
unitario, hanno sollevato, fino ad oggi, una serie di difficoltà interpretative sull’effettiva tutela, non
consentendo, di conseguenza, al consumatore, di comprendere al meglio la portata giuridica dei suoi
diritti. Una particolare conferma si rinviene nella diversa disciplina del termine per l’esercizio del
recesso, prevista per i contratti conclusi fuori dei locali commerciali e per quelli a distanza,
attualmente ridisegnata, con maggiore puntualità, nel corpo normativo del Codice di consumo 53 .
Va, peraltro, aggiunto che la redazione del Codice è stata anche l’occasione per apportare
alcune modifiche ed aggiunte, nonché per confermare alcuni precetti di cui era stata ipotizzata, non
solo dalla dottrina ma anche dal legislatore, in riferimento alla disciplina consumeristica del 2005,
l’auspicata modifica.
Si comprende, allora, come l’esigenza del riordino della materia non fosse altrimenti
procrastinabile e non solo per le ovvie ma essenziali considerazioni anzi svolte, quanto e soprattutto
per la necessità di armonizzare la nostra legislazione con quella europea, laddove, da tempo, si era
affermata l’esigenza di un coordinamento sistematico delle regole, concernenti i rapporti con i
consumatori.
4.
Nelle operazioni di acquisizione di prodotti/servizi finanziari a distanza uno dei
momenti centrali, intorno al quale ruota l’intera disciplina, è dato proprio dalla dicotomia tra
l’offerta posta in essere dall’intermediario e quanto il potenziale acquirente è disposto a pagare.
Tale differenziale può essere riconducibile a diverse e variegate cause che, a volte, si
sovrappongono tra di loro, ma che partono da un unico comune denominatore, ovvero, l’aspettativa
di guadagno, quale risultato di un investimento più conveniente, in termini di rapporto
qualità/prezzo.
53
Vale la pena evidenziare, in merito a questo specifico aspetto, come la soluzione codicistica, adottata dal legislatore,
abbia avuto il pregio di riprendere puntualmente la disciplina vigente, lasciando che le disposizioni sparse in diversi
provvedimenti, alcuni addirittura di rango inferiore, fossero riprese nella loro originaria formulazione.
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Infatti, il prezzo di una vendita a distanza può agevolmente definirsi la combinazione di un
ampio ventaglio di elementi come la categoria del prodotto/servizio immesso sul mercato, le attese
dell’acquirente, la forza contrattuale e le abilità negoziali dell’intermediario o dei suoi promotori,
ma, più in generale, il divario tra domanda ed offerta, è riconducibile ad una differente percezione
del valore economico della transazione.
Le difficoltà derivanti da queste asimmetrie valutative, spesso causa del cattivo esito delle
trattative, e, come sovente è accaduto, con risultati di vere e proprie frodi ai danni del consumatore,
hanno rappresentato il punto di maggiore impatto nell’ambito delle norme del riformulato Codice
del consumo, laddove il legislatore ha avuto cura di realizzare – sia attraverso la disciplina
dell’informativa precontrattuale, che mediante l’esercizio del diritto di recesso – uno schema
normativo, col fine di tutelare il consumatore da qualsiasi situazione atta a condizionare la sua
libertà di scelta.
In quest’ordine di idee rientrano le disposizioni previste dall’art.67-sexies, lett.a) il cui scopo
precipuo è, senza dubbio, quello di mettere il consumatore nelle condizioni di conoscere gli
elementi essenziali, che caratterizzano il servizio finanziario da acquistare, fornendo una
descrizione delle principali caratteristiche dello stesso.
I significativi adempimenti imposti dall’articolo in questione, in realtà, risultano di portata meno
ampia rispetto a quella già presente sia nell’alveo disciplinare del T.U.f., riconducibile ai generali
doveri di condotta degli intermediari, che nel contesto del Regolamento n.16190/2007 emanato
dall’autorità di controllo, segnatamente all’art.81, in tema di prestazione di servizi a distanza.
Ci pare di capire, allora, come il contenuto dell’art.67-sexies si inserisca in un filone di
provvedimenti a tutela del consumatore, già in parte consolidato, di modo che la disciplina dettata
in materia di servizi finanziari, erogati attraverso tecniche di commercializzazione a distanza,
diviene puntuale e sufficientemente completa solo per quegli aspetti più squisitamente tecnici,
lasciando che i precetti sugli obblighi informativi, ancorché presenti nelle disposizioni dell’intera
sez. IV-bis del Codice del consumo, siano sostanzialmente assorbiti da quelli più specifici e
dettagliati, contemplati nei diversi segmenti normativi summenzionati. Naturalmente,
l’imprescindibilità del necessario coordinamento, tra le norme in oggetto, porterebbe, parimenti, a
ritenere che l’applicazione dell’art.67-sexies andrebbe a colmare quella lacuna contenutistica,
presente sia nel T.U.f. che nella norma d’attuazione.
A titolo meramente esemplificativo, si pensi alle specifiche informazioni riguardanti i costi
complessivi del servizio, di cui all’art. 67-sexies, lett.b) e g) che si sovrappongono a quelle previste
all’art.32, co.1, del Regolamento de quo, in merito al corrispettivo totale che il cliente deve pagare,
con un’inevitabile ampliamento della previsione normativa anche ai costi aggiuntivi, connessi
all’utilizzazione della tecnica di comunicazione a distanza, ove questi vengano addebitati.
Un’analoga considerazione va fatta anche con riguardo alle caratteristiche ed ai rischi legati al
servizio finanziario. Anche qui, come nelle precedenti lettere dell’art.67 –sexies, si riscontra una
certa omogeneità disciplinare in punto di informazioni sugli strumenti finanziari e di descrizione di
tutte le caratteristiche del prodotto, lasciando alle disposizioni, contenute nel Regolamento, il
compito di dettagliare ulteriormente le informazioni dovute.
Non si può fare a meno di notare come il prezzo totale che il consumatore dovrà
corrispondere al fornitore per il servizio finanziario offerto, compresi tutti i relativi oneri,
commissioni e spese e tutte le imposte versate tramite il fornitore o, se non è possibile indicare il
prezzo esatto, la base di calcolo del prezzo (che consenta al consumatore di effettuare le opportune
verifiche) costituisca uno degli elementi fondamentali delle sue decisioni.
Si tratta, com’è evidente, di misure che mirano a dare al consumatore una rappresentazione la più
veritiera possibile circa le caratteristiche pecuniarie del servizio, imponendo, a tal fine, che la base
di calcolo debba essere presentata e strutturata in modo tale da poter consentire, senza particolari
difficoltà, ad un destinatario medio di determinare l’esatto ammontare del prezzo totale dovuto.
Il legislatore, inoltre, a rafforzamento di siffatto obiettivo, pone in aggiunta l’ulteriore
obbligo, di cui alla lett.c), di predisporre « …se del caso, …un avviso indicante che il servizio
20
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finanziario è in rapporto con strumenti che implicano particolari rischi dovuti a loro specifiche
caratteristiche o alle operazioni da effettuare, o il cui prezzo dipenda dalle fluttuazioni dei mercati
finanziari su cui il fornitore non esercita alcuna influenza, e che i risultati ottenuti in passato non
costituiscono elementi indicativi riguardo ai risultati futuri».
La rilevanza del rischio, nella dinamiche delle vendite a distanza, è, dunque, legata alle
esigenze di tutela del consumatore, dando a questi, attraverso l’informazione, la possibilità di
comparazione delle varie offerte e di scelta di quella più adeguata ai propri bisogni. E’ anche vero
che non tutti i servizi finanziari comportano lo stesso livello di rischio ma, nella fattispecie dei
servizi di investimento, si rende ancor più necessario dare avviso dell’eventuale rapporto con
strumenti, che implicano rischi dovuti a loro caratteristiche o alle operazioni da effettuare, oppure
nei casi in cui il prezzo sia legato alla fluttuazione dei mercati finanziari54 .
L’esperienza italiana dell’ultimo decennio ha messo in evidenza come sia importante, per il
consumatore, essere informato sui rischi derivanti dal servizio finanziario che acquista. Non è
remota, infatti, la circostanza secondo cui l’intermediario potrebbe ritenere opportuno tacere su tale
evenienza, al fine di vendere più facilmente il suo prodotto e di trarne il relativo guadagno 55 ,
determinando, in tal modo, un comportamento scorretto e indicativo di un indebito sfruttamento
delle asimmetrie informative a suo esclusivo vantaggio.
I motivi di siffatto atteggiamento omissivo, circa gli obblighi di informativa sui rischi,
rispondono, indubbiamente, alle stesse logiche impiegate, dal venditore-professionista, con
riguardo al messaggio pubblicitario ingannevole 56 . In entrambi i casi, una distorta rappresentazione
del servizio/prodotto, in questo caso finanziario, potrebbe verosimilmente cagionare un errore in
capo al consumatore, il quale stipula così un contratto che, altrimenti, non avrebbe concluso57 .
A formare il prezzo totale contribuisce anche l’eventuale sussistenza di altre imposte e costi
non versati tramite il fornitore, o non fatturati da quest’ultimo, sulla base di quanto disposto all’art.
67-sexies lett. d) del Codice del consumo. Infatti, quest’ultima disposizione interagisce quale fattore
integrativo di produzione dei prezzi, poiché potrebbe accadere o che le imposte ed i costi siano
pagati direttamente dal fornitore e, pertanto, debbono essere ricompresi nel prezzo totale, o,
viceversa, può capitare che vi siano imposte e costi non pagati direttamente dallo stesso, e che,
54
Uno degli obblighi violati più frequentemente è quello di comunicare al cliente tutti i rischi che il compimento
dell’operazione comporta.
Su questo particolare aspetto della responsabilità di banche e intermediari finanziari numerosi sono gli interventi
dottrinali. Per tutti, si veda lo studio condotto da F. SARTORI, Le regole di condotta degli intermediari finanziari,
Milano, 2004.
Un’importante pronuncia della Cassazione, a tal riguardo, è costituita dalla sentenza del 19 dicembre 2007, n. 26725, in
I Contratti, 2008, 221 ss., con nota di V. Sangiovanni. Un ulteriore commento di questa sentenza è fornita anche da F.
SARTORI, La (ri)vincita dei rimedi risarcitori, note critiche a Cassazione (S.u.) 19 dicembre 2007, n. 26725, in
www.dirittobancario.it.
55
Sul punto, R. VIGO, La reticenza dell’intermediario nei contratti relativi alla prestazione dei servizi d’investimento,
in Banca borsa tit. cred., 2005, I, 665 ss., il quale si sofferma sulle cause della possibile reticenza dell’intermediario nel
contesto dei servizi d’investimento.
56
A tal fine, va evidenziato come il Codice del consumo si occupi di possibili omissioni ingannevoli anche in altre
parti della disciplina. Il riferimento è alla Sezione I, rubricante pratiche commerciali ingannevoli, il cui art. 22, co.1,
cita testualmente «è considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di
tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette
informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole
di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di
natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso»
Per ulteriori dettagli, cfr., gli artt. 18-27 del Codice del consumo, così come sono stati sostituiti in seguito
all’entrata in vigore dei D. Lgs. nn. 145 e 146 del 2007, emanati in attuazione dell’art.14 della direttiva 2005/29/Ce, la
quale, a sua volta, modifica la direttiva 84/450/Cee sulla pubblicità ingannevole.
21
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dunque, vanno a ricadere sul contraente debole, condizione per cui il legislatore ha ritenuto, a buon
diritto, di imporre all’intermediario che siffatta circostanza venga resa nota al consumatore.
A fronte della complessità di siffatte disposizioni, in tema di conoscibilità dei costi,
complessivamente intesi, legati alle operazioni di acquisto di strumenti e/o servizi finanziari,
mediante tecniche di comunicazione a distanza, la disciplina consumeristica ha avuto cura di
prevedere l’eventuale periodo di validità delle informazioni, di cui si dovrà farsi carico
l’intermediario, nei confronti del cliente.
La ratio della norma è di facile intuizione, dal momento che – nel riconoscimento della
temporaneità delle notizie fornite – si è voluto arginare l’eventualità che il fornitore possa, dopo un
certo periodo di tempo, affermare che la dichiarazioni precedentemente rilasciate debbano ritenersi
superate.
A questo punto è opportuno trarre le fila del discorso fin qui affrontato in ordine al livello
d’incidenza dei costi, legati alle operazioni finanziarie a distanza, sulle scelte poste in essere dal
cliente investitore.
Non vi è dubbio che l’articolata disciplina, contenuta nei vari commi dell’art.67-sexies in questione,
introduce, per gli aspetti ivi regolamentati, un significativo rilievo al diritto dei consumatori.
Questa, se, per un verso, è riconducibile a regole di carattere generale, tese a conferire un certo
grado di trasparenza dell’informativa sui prezzi, per altro, pone le basi di una compiuta
specificazione delle modalità di pagamento, in relazione alla categoria dei contratti a distanza, che
solo in parte trovano spazio nell’ambito delle lett.f) e g) dell’articolo de quo 58 .
E’ appena il caso di precisare come nei contratti a distanza il pagamento dei servizi forniti
presenta caratteristiche del tutto diverse, rispetto al perfezionamento del contratto d’acquisto di
servizi finanziari, in cui le parti sono coinvolte fisicamente.
Va da sé che il contenuto di fondo dell’intera disciplina delle vendite a distanza, consiste
nell’obbligo di fornire al consumatore tutte quelle informazioni, in maniera completa ed in via
anticipata, di ogni costo che dovrà affrontare, allo scopo di evitare situazioni pregiudizievoli per i
propri interessi.
Pertanto, accanto alle disposizioni di ordine generico, relative alle modalità di pagamento e di
esecuzione, il legislatore ha avuto cura di puntualizzare la natura degli strumenti necessari per
adempiere agli impegni pecuniari, quali carta di credito, di debito o con altri mezzi di pagamento59 .
Tale scelta non risulta essere casuale, bensì in linea con l’esigenza di un’attenta valutazione delle
potenzialità competitive dei diversi veicoli di scambio commerciale in uso per il trasferimento di
masse monetarie 60 , come nei casi di consumo transfrontaliero in ambito europeo, quando cioè ci si
trova ad acquistare beni e/o servizi finanziari da un operatore di un altro Stato membro 61 .
58
Cfr., art. 67-sexies lett. f) del Codice del consumo, laddove le informazioni relative al servizio finanziario
riguardano anche «le modalità di pagamento e di esecuzione, nonché le caratteristiche essenziali delle condizioni di
sicurezza delle operazioni di pagamento da effettuarsi nell’ambito dei contratti a distanza».
59
Nello specifico, l’art. . 67-quater decies, co. 1 del Codice del consumo sancisce che «il consumatore può effettuare il
pagamento con carte di credito, di debito o con altri strumenti di pagamento, ove ciò sia previsto tra le modalità di
pagamento, che gli sono comunicate, ai sensi dell’art. 67- sexies, comma 1, lett. f)».
E’ bene sottolineare che, nonostante la norma non specifichi chiaramente la natura degli «…altri strumenti di
pagamento…» non sembra erroneo estendere la stessa anche ai pagamenti effettuati tramite, ad esempio, i c.d. assegni
digitali o la c.d. moneta elettronica (e-cash).
60
Precise disposizioni sono state emanate dal legislatore per la sicurezza dei mezzi di pagamento, non solo prevedendo
che i pagamenti vengano effettuati nei tempi e modi previsti dal contratto, ma, nell’ipotesi in cui venga concordato una
modalità – mediante l’utilizzo di carte di credito o di debito – l’ente che gestisce tale strumento dovrà, in tal caso,
provvedere a riaccreditare gli importi non autorizzati o per i quali il consumatore dimostri l'eccedenza rispetto a quanto
pattuito col fornitore del servizio oppure l'esecuzione fraudolenta sia da parte del fornitore che di terzi.
In ogni caso l'onere della prova, riguardo la regolarità degli addebiti, spetta al gestore della carta.
22
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In presenza del crescente ruolo dell’impiego degli strumenti di pagamento nelle attività
negoziali a distanza, il legislatore italiano non sembra, però, nel contesto generale della disciplina
consumeristica, aver tenuto in debita considerazione i possibili profili di insicurezza, sottesi
all’utilizzo di siffatti sistemi operativi, specie nell’ambito delle contrattazioni per via telematica, si
pensi, ad esempio, all’impiego della firma digitale e della crittografia62 , laddove si è preferito
rinviare a quanto disposto dall’art.146 T.U.f., con particolare riguardo alle esigenze di integrità,
autenticità e tracciabilità delle operazioni 63 .
Dunque, sarebbe stato auspicabile che il legislatore nazionale avesse assunto, nella formulazione
delle norme presenti nella sezione IV-bis, dedicata alla commercializzazione a distanza di servizi
finanziari, una posizione più conforme ai dettami comunitari, assicurando un livello di protezione
del consumatore più elevato, rispetto a quello previsto all’art.56 del Codice stesso.
Più ampia, invece, appare l’efficacia dei rimedi approntati dall’art.67-quaterdecies a salvaguardia
del contraente, che effettua i pagamenti mediante carta, non solo nei casi di accreditamento di
somme eccedenti il prezzo di acquisto convenuto con il fornitore, o, comunque non autorizzati dal
consumatore stesso (art. 67-quaterdecies, co.2) ed in quelli di riaccreditamento, o di restituzione di
somme, a causa dell’uso fraudolento della propria carta (da parte del fornitore o di un terzo), ma a
condizione che questi si faccia carico di darne prova.
Ora, superando le varie questioni, connesse all’assolvimento dell’onere probatorio, da parte
del consumatore 64 , vale solo la pena sottolineare, per economicità di trattazione, che l’occasione
offerta dalla riformulazione del Codice di consumo del 2007 ha trovato, ancora una volta, il nostro
legislatore inadempiente di fronte ai più precisi obblighi di tutela imposti dal diritto comunitario.
Né, a nostro avviso, appare sufficiente, in questo senso, la portata del successivo disposto del co.3,
laddove, nel prevedere che «…è in capo all’ente che emette o fornisce lo strumento di pagamento,
l’onere di provare che la transazione di pagamento è stata autorizzata, accuratamente registrata e
contabilizzata e che la medesima non è stata alterata da guasto tecnico o da altra carenza», il
legislatore appare non discostarsi, più di tanto da quanto, a suo tempo, già regolamentato con
decreto legislativo n.82/05 (e successive modifiche ed integrazioni) 65 relativamente al valore
probatorio della firma elettronica e dei documenti elettronici 66 .
61
Nonostante questa non sia la sede più appropriata per affrontare ai problemi legati al consumo transfrontaliero,
occorre, per chiarezza di esposizione, fare un breve cenno al network composto dai vari organismi di risoluzione
extragiudiziale delle controversie presenti a livello europeo. La FIN-Net (Rete Europea di centri specializzati) si
occupa, infatti, del trattamento delle liti transfrontaliere, collegati, soprattutto, all’acquisto di servizi finanziari a
distanza ed online.
In Italia, siffatta rete comprende l’Ombudsman Bancario (competente per tutte le controversie con la quasi totalità degli
istituti di credito di qualunque tipo, operanti in Italia e riguardanti tutti i prodotti e servizi bancari e finanziari offerti
dalle banche aderenti al sistema) e l'ISVAP (organo preposto alla gestione dei reclami che riguardano tutte le imprese
d'assicurazione operanti in Italia, allorquando il rischio è ubicato in Italia; tutti i prodotti assicurativi e tutti gli
intermediari assicurativi).
Per ulteriori spunti riflessivi, si rinvia ai contributi di G. CARRIERO, Crisi del processo civile e giustizia
stragiudiziale: l’ombudsman bancario, in Foro it., 2000, V, 249; F. GIORGIANNI – C.M. TARDIVO, Diritto
Bancario, Giuffrè, 2006, 271 e ss.; A. ANTONUCCI, Diritto delle banche, Giuffrè, 2006, 313 e ss..
62
E’ da segnalare, a tal proposito, due importanti raccomandazioni comunitarie inerenti le transazioni effettuate
mediante strumenti di pagamenti elettronici ed, in particolare, la relazione tra emittente e titolare.
Cfr., sul punto, Raccomandazione 87/598/CEE della Commissione Europea dell’8/12/87 e la Raccomandazione
88/590/CEE della Commissione Europea del 17/11/1988.
63
Ad analoghe finalità giunge il legislatore attraverso l’emanazione della legge n.166 del 17/8/2005 che rubrica
«Istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi sulle carte di pagamento», pubblicato nella G.U. n.194 del
22/8/2005.
64
Numerosi risultano gli scritti in materia. Per tutti, si vedano, G. DE CRISTOFARO, Il “codice del consumo”:
un’occasione perduta?, in SI, 2005, 1147 e ss.; M.RUVOLO, I contratti a distanza, in I contratti dei consumatori di F.
Caringela – G. De Marzo (a cura), Utet, 2007, 316 e ss..
23
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Nel contesto della commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori vi è
poi un ulteriore cautela a difesa dell’acquirente, individuabile nel contenuto normativo dell’art. 67novies il quale impone di dare informazioni, rectius comunicazioni, sul contratto a distanza
mediante telefonia vocale 67 .
Tralasciando l’esame delle disposizioni, presenti nei successivi commi, la prima
osservazione da fare, in merito alla ratio di siffatto articolo, è che la legge prevede la necessità del
consenso della controparte, quale condizione imprescindibile. Visto sotto questo profilo, dunque, il
consumatore, conosciuto il fine commerciale dell’offerta via cavo, potrà porre fine alla telefonata,
qualora non si ritenga interessato alla continuazione del colloquio. Ancora una volta, le condizioni e
le informazioni, provenienti dal fornitore consentono al consumatore di assumere una decisione
appropriata, potendo contare non tanto su un livello minimo, bensì su un quantitativo massimo
d’informazioni, che devono essere fornite.
La disciplina disposta dagli artt.67-sexies e ss. del Codice, per quel che attiene il regime dei
prezzi nelle operazioni finanziarie a distanza, si completa avendo riguardo ad una particolare
modalità operativa, che, in presenza di determinate condizioni, come vedremo, può essere richiesta
dal fornitore, connotando siffatto esercizio in termini di novità, rispetto alla pregressa legislazione
in materia.
Ci si riferisce, invero, alla previsione dei presupposti in presenza dei quali il consumatore è
tenuto a pagare l’importo del servizio finanziario, effettivamente prestato, laddove il contratto abbia
avuto esecuzione immediata prima dell’esercizio dello ius poenitendi da parte del consumatore. In
questa specifica situazione, il legislatore si preoccupa di far coesistere l’esigenza di tutelare le parti,
che non riguarda, a ben vedere, solo quella più debole, nel rapporto contrattuale, dal momento che
alla stessa è dato di recedere senza penali né obbligo di motivazione, ma, sub conditione (ovvero, a
condizione che il fornitore dia prova dell’avvenuto adempimento degli obblighi informativi) anche
nei confronti del fornitore, nella misura del quantum allo stesso spettante, proporzionalmente
calcolato in rapporto all’importanza del servizio, in parte già reso, rispetto all’insieme delle
prestazioni .
Tuttavia, la doverosità del corrispettivo – per il servizio finanziario reso in medio tempore –
non sminuisce la portata del regime di cautele, a favore del consumatore-investitore, poiché, si
sottolinea ancora una volta, l’eventualità del pagamento di tale importo non può prescindere
dall’ulteriore condizione che il fornitore giustifichi l’avvenuto adempimento del dovere
d’informativa precontrattuale e sempre a patto che l’esecuzione del contratto, prima dello scadere
65
Si veda, più specificatamente, il d. lgs. n.82 del 7/3/2005, pubblicato nella G.U. n.12 del 16/3/2005, Suppl. Ord.,
rubricante «Codice dell’amministrazione digitale».
66
Su questo specifico argomento, la dottrina ha sollevato qualche dubbio in merito alla possibilità di far conciliare
l’onere, da parte dell’istituto di emissione della carta di pagamento, della prova che si è dato avvio ad un accurato
controllo di tutti gli aspetti tecnici, inerenti la transazione di pagamento, con l’ulteriore possibilità – previa
dimostrazione da parte del consumatore della sussistenza di eccedenze o di uso fraudolento della carta – per l’ente
stesso di rivalersi sul fornitore delle somme riaccreditate al consumatore.
A queste conclusioni giunge U. PLACANICA, La commercializzazione a distanza dei servizi finanziari alla luce del d.
lgs. 190/2005 e della legge 262/2005, in Interesse pubblico e controllo della finanza innovativa, di C. Rossano-D.
Siclari (a cura), Università degli Sudi di Roma “la Sapienza” – Dipartimento di Diritto dell’Economia, Cedam, 2006,
495 e ss..
67
A norma dell’art. 67- novies, co.1, lett. b) del Codice del consumo, il fornitore deve comunicare «…previo consenso
del consumatore, solo le informazioni seguenti: 1) l’identità della persona in contatto con il consumatore e il suo
rapporto con il fornitore; 2) una descrizione delle principali caratteristiche del servizio finanziario; 3) il prezzo totale
che il consumatore dovrà corrispondere al fornitore per il servizio finanziario, comprese tutte le imposte versate
tramite il fornitore o, se non è possibile indicare il prezzo esatto, la base di calcolo del prezzo, che consenta al
consumatore di verificare quest’ultimo; 4) l’indicazione dell’eventuale esistenza di altre imposte e/o costi non versati
tramite il fornitore o non fatturati da quest’ultimo; 5) l’esistenza o la mancanza del diritto di recesso conformemente
all’art. 67 duodecies e, se tale diritto esiste, la durata e le modalità di esercizio, comprese le informazioni relative
all’importo che il consumatore può essere tenuto a versare ai sensi dell’art. 67 terdecies, comma 1».
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del termine per l’esecuzione del diritto di recesso, sia imputabile ad esplicita richiesta del
consumatore.
5.
Nel contesto della commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai
consumatori, un interesse particolare suscita l’art.67-septies del Codice del consumo in materia
d’informazioni, il quale impone di dare informazioni sul contratto a distanza con particolare
riguardo all’«esistenza o la mancanza del diritto di recesso conformemente all’art. 67 duodecies e,
se tale diritto esiste, la durata e le modalità d’esercizio, comprese le informazioni relative
all’importo che il consumatore può essere tenuto a versare ai sensi dell’art. 67 terdecies, comma 1,
nonché alle conseguenze derivanti dal mancato esercizio di tale diritto» 68 .
Siamo di fronte ad un aspetto che indubbiamente rappresenta, insieme al tema delle
informazioni, un punto caratterizzante, ai fini della valutazione del livello di tutela riconosciuto al
consumatore dall’attuale disciplina del consumo 69 , in quanto per i «contratti» e per le «proposte
68
La stessa norma, al successivo comma 5, prevede le ipotesi in cui il consumatore è privo del diritto di recesso. In
altre parole, qualora il fornitore sia rimasto inadempiente rispetto ai suoi obblighi informativi, il termine – entro il quale
esercitare il diritto di recesso – non può decorrere, fermo restando l’obbligo, da parte del fornitore, di rendere nota
siffatta circostanza.
Questo è senz’altro un aspetto di maggiore interesse rispetto alle precedenti previsioni normative a tutela del contraente
debole, poiché le informazioni sono ritenute indispensabili per una valutazione consapevole del contratto e per
l’eventuale decisione di recedere da esso.
Per una maggiore comprensione dei casi di inapplicabilità, si veda l’art. 67-septies, co.5, del Codice del consumo, in
base al quale il diritto di recesso non si applica:
a) ai servizi finanziari, diversi dal servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento se gli
investimenti non sono stati già avviati, il cui prezzo dipende da fluttuazioni del mercato finanziario che il fornitore non
e' in grado di controllare e che possono aver luogo durante il periodo di recesso, quali ad esempio i servizi riguardanti:
1. operazioni di cambio; 2. strumenti del mercato monetario; 3. valori mobiliari; 4. quote di un organismo di
investimento collettivo; 5. contratti a termine fermo (futures) su strumenti finanziari, compresi gli strumenti equivalenti
che si regolano in contanti; 6. contratti a termine su tassi di interesse (FRA); 7. contratti swaps su tassi d'interesse, su
valute o contratti di scambio connessi ad azioni o a indici azionari (equity swaps); 8. opzioni per acquistare o vendere
qualsiasi strumento previsto dalla presente lettera, compresi gli strumenti equivalenti che si regolano in contanti. Sono
comprese in particolare in questa categoria le opzioni su valute e su tassi d'interesse;
b) alle polizze di assicurazione viaggio e bagagli o alle analoghe polizze assicurative a breve termine di durata inferiore
a un mese;
c) ai contratti interamente eseguiti da entrambe le parti su esplicita richiesta scritta del consumatore prima che
quest'ultimo eserciti il suo diritto di recesso, nonché ai contratti di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile
per i danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, per i quali si sia verificato l'evento assicurato;
d) alle dichiarazioni dei consumatori rilasciate dinanzi ad un pubblico ufficiale a condizione che il pubblico ufficiale
confermi che al consumatore sono garantiti i diritti di cui all'articolo 67-undecies, comma 1.
In tutti questi casi il consumatore quindi non potrà esercitarlo, restando in questo caso vincolato al contratto una volta
che questo si sia validamente concluso.
Queste situazioni vengono comunemente ricondotte nell'ambito delle ipotesi di "esclusione necessaria", ovvero sono
casi in cui l'esercizio del recesso non è ragionevolmente praticabile.
La normativa 2002/65/Ce, inoltre, dispone che gli Stati Membri possono prevedere (facoltativamente,
disponendolo nella relativa legge nazionale di attuazione della direttiva) che il diritto di recesso non venga applicato: a)
ai crediti diretti a permettere di acquistare o mantenere diritti di proprietà su terreni o edifici; b) ai crediti garantiti da
ipoteca su beni immobili o da diritti su beni immobili; c) ad altri casi specifici in cui il consumatore abbia fatto ricorso a
dichiarazione resa dinanzi a pubblico ufficiale, al fine della stipula contrattuale.
69
Utili sono anche le informazioni relative a durata e modalità di esercizio di tale diritto.
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contrattuali» a distanza, ossia negoziati fuori dai locali commerciali, il consumatore-investitore ha
diritto di recedere, potendosi, così, liberare dal vincolo contrattuale precedentemente pattuito.
Siffatta affermazione, trae conforto nella tendenza, di parte della dottrina 70 , ad individuare,
nei due momenti considerati, un rapporto di causa ed effetto, per cui l’informazione si fonderebbe al
diritto di recesso sul dato inconfutabile che il lasso di tempo accordato al consumatore per poter
valutare opportunamente il servizio finanziario proposto (venendo, in tal modo, a colmare il
mancato riscontro all’atto della conclusione del contratto) diverrebbe presupposto necessario per il
buon funzionamento del mercato, il quale poggia, a sua volta, su di una adeguata protezione del
consumatore.
Ben evidenti appaiono, pertanto, i caratteri del nuovo diritto di recesso, improntato, come è
facile intuire, a criteri di «gratuità» e «discrezionalità» 71 del suo esercizio da parte del consumatore
ed al contestuale divieto, in capo al fornitore, di subordinare l’utilizzazione di tale diritto al
pagamento di eventuali somme di denaro o ad altra penalità, in modo da indurre il consumatore a
rinunciare ad uno strumento, legislativamente previsto, per una sua maggiore tutela.
Da detti criteri scaturisce, quale necessaria conseguenza, l’impegno al pagamento, da parte
del cliente, solo in presenza di determinate condizioni strettamente dipendenti tra loro, id est,
allorquando l’importo sia proporzionale all’importanza del servizio reso e non assuma i caratteri di
una penale 72 ; ed ancora ove il fornitore dia prova dell’avvenuto adempimento degli obblighi
informativi, tenendo, peraltro, conto che l’esecuzione immediata del contratto può avvenire
esclusivamente su esplicita richiesta del consumatore.
A ogni buon conto, il nostro legislatore, ha imposto il principio della spedizione, in luogo di quello
della ricezione, essendo sufficiente l'invio, nei termini della comunicazione, affinché il consumatore
Con riferimento alla durata, si potrà – ad esempio –prevedere un lasso di tempo superiore a 14 giorni, diversamente da
quanto fissato, come minimo, dall’art.67-duodecies, co. 1, Codice del consumo. Occorre far notare, tuttavia, che nella
prassi è peraltro improbabile che il fornitore sia disponibile a concedere un vantaggio del genere al consumatore.
70
In tal senso, si vedano le considerazioni di P.MARTINELLO-M.CESTA, Verso una direttiva europea sui contratti a
distanza tra fornitori e consumatori in materia di servizi finanziari, in Conratto e impresa/Europa, 1998, 532 e
ss.;C.COMPORTI, L’offerta fuori sede di strumenti finanziari nel diritto comunitario:situazione attuale e prospettive
di riforma in Dir.banc., 2003, I, 52 e ss.
La considerazione del suddetto rapporto come di «mezzo a fine» è avanzata da F.RONCARATI, La direttiva
2002/65/Ce…op.cit., 87 e ss. al quale si rinvia amplius.
71
Si raffronti, al riguardo, la norma contenuta all’art 67-duodecies rubricante «diritto di recesso», il cui comma 1
dispone che si può «…recedere dal contratto senza penali e senza dover indicare il motivo», enunciando come il
recesso in esame, prescinda da qualsiasi presupposto giustificativo da parte del consumatore-investitore.
72
Tale importo non può essere di entità tale da costituire una penale e va calcolato in modo proporzionale
considerando il periodo di validità del contratto ed il tipo di prestazioni previste. Il pagamento di tale somma è, peraltro,
condizionato dalla prova che il consumatore sia stato informato sul prezzo del servizio e dal fatto che la prestazione sia
partita subito (prima che decorresse il termine di recesso) su richiesta del consumatore.
Resta fermo, dunque, il principio, secondo il quale non è dovuto alcun importo, in tutti i casi in cui il fornitore abbia
dato avvio all'esecuzione del contratto prima della scadenza del termine di recesso e senza preciso consenso del
consumatore.
Per i contratti di r.c.auto, per esempio, può essere trattenuta la quota di premio relativa al periodo in cui il contratto è
stato valido.
Entro 15 giorni dal ricevimento della raccomandata di recesso il fornitore deve restituire tutti gli importi riscossi e non
dovuti. Il consumatore, da parte sua, deve restituire i beni che eventualmente avesse già ricevuto, nonché gli importi
che avesse già incassato, entro 15 giorni dalla comunicazione di recesso. Non è prevista la restituzione di eventuali
indennizzi (riferiti al verificarsi dell'evento assicurato) già percepiti nel frattempo. Sono esclusi i contratti r.c.auto, per i
quali il manifestarsi dell'evento preclude la possibilità di recedere.
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possa unilateralmente svincolarsi senza pagare alcuna penale e senza la necessità di addurre motivi
giustificativi dal vincolo contrattuale, accogliendo, dunque, anche in questo caso, la finalità di una
più attenta considerazione del contraente debole.
Un’osservazione che indubbiamente va fatta – prima di entrare nel vivo della nuova
normativa sul diritto di recesso, regolata dal d.lgs. n.164/2007 – prevede due ordini di fattori, di cui
l’uno è che, indubbiamente, nella fattispecie de quo il legislatore ha predisposto un corpus di norme
contenenti obblighi più incisivi rispetto a quelli presenti nel Regolamento Consob, l’altro, che
costituisce la novità più significativa, è l’inapplicabilità della legge speciale per quanto riguarda,
appunto, il complesso normativo attinente il diritto di recesso.
La necessità di addivenire ad un siffatto cambiamento trae le sue radici, ancora una volta,
dall’inadeguato coordinamento delle norme citate che ha determinato una situazione giuridica
disarmonica, dal punto di vista degli strumenti di tutela da adottare nei confronti del consumatore.
Per cui, fino all’entrata in vigore nel nostro ordinamento del provvedimento del 2007, mentre il
diritto di recesso previsto dal d.lgs 190/2005 era applicabile solo nei confronti dei consumatori, gli
artt. 30 e 32 T.U.f. continuavano a disciplinare la promozione ed il collocamento a distanza dei
servizi di investimento per tutti gli altri investitori non qualificati, e quindi ad esempio per le
persone giuridiche escluse dalla definizione di consumatore.
Per la verità, la disciplina del recesso unilaterale non è nuova nel nostro ordinamento
civilistico, anzi il legislatore ha avuto sempre cura di prevedere alcune ipotesi, che consentono al
consumatore di poter esercitare siffatto diritto 73 , ciò nonostante la normativa, dettata nell’ambito
della disciplina consumeristica, si differenzia nettamente da tutte le ipotesi di recesso legale, sul
presupposto che l’esercizio del diritto non risulta essere subordinato alla sussistenza di una giusta
causa, né impone, a chi vuole recedere, l’onere di un preavviso o la corresponsione di un’indennità,
a favore della parte che subisce il recesso.
Va peraltro considerato, che una tale differenziazione di presupposti è determinata dalla
natura stessa dell’operazione, la quale proprio perché posta in essere a fronte di una sollecitazione
svolta secondo particolari modalità, ovvero nei casi in cui l’investitore risulta vincolato in relazione
a determinati contratti a distanza, il conseguente maggiore bisogno di garantire il contraente,
legislativamente considerato più debole, attribuirebbe al soggetto in specie, la possibilità, per così
dire, di “pentirsi” del contratto e di liberarsi dal vincolo assunto. In buona sostanza, il consumatore
sarebbe in grado, nel contesto disciplinare del novellato Codice del consumo, di poter esercitare un
73
Per una riflessione circa la disciplina del recesso unilaterale, predisposta dal legislatore nell’ambito del Codice civile,
si veda, amplius, art. 1569 c.c. «Contratto a tempo indeterminato»; art. 1574 « Locazione senza determinazione di
tempo»; artt. 1616, 1627 e 1630 c.c., per la disciplina dell’affitto; artt. 1660, 1671 e 1674 c.c. nell’ipotesi giuridica
dell’appalto; art.1734 c.c. «Revoca della commissione»; art. 1738 c.c. in caso di revoca della spedizione; art. 1771 c.c
«Richiesta di restituzione e obbligo di ritirare la cosa»; artt. 1809-1810 c.c. per il comodato, ed art. 1833 c.c. «Recesso
dal contratto» per il conto corrente.
Con specifico riferimento al mercato finanziario, la disciplina sul diritto di recesso del consumatore prende le
mosse già dalla legge n.216 del 1978 con la quale veniva, per la prima volta, introdotto un diritto dell’acquirente di
valori mobiliari distribuiti “porta a porta” di sciogliersi dal contratto stipulato, comunicando la sua volontà nel termine
di tre giorni. L’interpretazione di tale legge ha dato origine, nel passato, ad un ampio dibattito dottrinale ove, in un
primo momento, è prevalsa l’opinione secondo la quale detta facoltà assumeva tutte le caratteristiche di una forma
particolare di revoca della proposta. Siffatta tendenza è stata successivamente superata a seguito dell’ avvento, in
attuazione della direttiva 85/577/CEE, della disciplina delle vendite fuori dei locali dell’impresa, decretando il diritto, in
capo al consumatore, di recedere da un contratto già stipulato (salvo alcune particolari ipotesi in cui la detta facoltà
andava esercitata prima della definitiva stipula).
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diritto di ripensamento, attraverso cui esprimere una nuova e diversa valutazione dell’interesse
iniziale che lo aveva mosso a stipulare il contratto74 .
Questa diversa attenzione per il soggetto debole, nell’ambito della contrattazione, ha portato
il legislatore, com’è noto, a prevedere un innalzamento del termine per recedere dal contatto (o
dalla proposta sottoscritta) 75 a cui si è aggiunta, a latere, un’ulteriore disposizione, riguardante i
casi in cui il contratto può essere risolto prima della scadenza – anche unilateralmente 76 - corredata
dall’indicazione di eventuali sanzioni penali, contrattualmente stabilite, tese ad evitare effetti
negativi nei confronti del consumatore. In verità, trattasi di ipotesi distinte da quella del recesso, che
trova una più adeguata collocazione nel novero dell’art. 67 –duodecies, co.1 del Codice del
consumo.
Qualche dubbio di ordine sistematico va espresso circa la previsione normativa di un recesso
esercitatile alternativamente nei confronti di un contratto, nonché verso una proposta contrattuale.
La singolarità di una tale imprecisione tecnica non deve, tuttavia, stupire poiché l’analisi
delle norme, dedicate al recesso in esame, evidenzia, con chiarezza, i punti di contatto sia con
quanto disposto dal legislatore comunitario al primo Considerando della direttiva 85/577/Cee,
allorquando si riferisce espressamente «a contratto e a impegno unilaterale», che con la stessa
previsione dell’art.30, co. 6, del T.U.f., in cui si attribuisce a una parte il diritto di recedere non solo
dal contratto concluso, ma anche dalla proposta sottoscritta.
Ove si tenga conto di ciò, allora, l’esplicitazione di un siffatto recesso risulta non coincidente con
l’analogo diritto, sancito nella codicistica civile, sul presupposto che esso venga esercitato
esclusivamente in presenza di un contratto, che possa definirsi giuridicamente concluso. Non a caso,
le disposizioni rinvenibili nella parte dedicata alla disciplina dei singoli tipi legali e più
specificatamente in tema di disposizioni generali del contratto, art. 1373 c.c., predispongono
tassativamente che la facoltà di recedere dal contratto può essere esercitata «…finché il contratto
non abbia avuto un principio di esecutività», chiarendo, peraltro, che in caso di ripensamento,
avente ad oggetto una proposta, debba piuttosto parlarsi di revoca, così come si evince dal tenore
letterale dell’art.1328 c.c., per cui, anche in questo caso, la proposta può essere revocata «…finché il
contratto non sia concluso».
Nell’ambito delle norme di diritto finanziario, il legislatore, prevedendo, invece, la facoltà di
recesso sia nell’ipotesi giuridica del «contratto» quanto della «proposta contrattuale», ha inteso
sottolineare come il diritto di pentirsi costituisca una prerogativa del contraente c.d. “debole”.
Infatti, esso è esercitatile ogni qualvolta la sua volontà risulti alterata nel processo di formazione del
74
La questione è stata affrontata in dottrina da V. ZENO ZENCOVICH, La direttiva sui servizi finanziari a distanza
resi al risparmiatore, in Nuova giur.civ.comm., 2002, II, 517 e ss., il quale sottolinea come grazie a questo diritto, il
soggetto «si pente di essere entrato nel contratto e torna subito, o quasi subito, indietro»
75
Ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, punto 3, lett.d) della direttiva 2002/65/Ce, così come disposto anche nel comma
6 dell’art.11 del d. lgs. di attuazione n.190/2005, di recente modificato dal d.lgs. n. 221/07 del 23/10/07, il consumatore
il quale, a seguito di una più ponderata riflessione sull'affare concluso a distanza, intenda recedere dal contratto, ha
l‘obbligo di inviare una comunicazione contenente questa sua volontà entro i termini di scadenza fissati (14 o 30 giorni
di calendario). Il termine si considera rispettato qualora siffatta comunicazione (che deve costituire un mezzo di prova
in conformità alla legislazione nazionale, e sempre che sia effettuata per iscritto o mediante altro supporto durevole
disponibile e accessibile al destinatario) sia inviata anteriormente alla scadenza del termine.
A tal riguardo, corre l’obbligo di precisare come l'invio di una semplice e-mail, in difetto di firma digitale autenticata,
possa non essere considerato valido. Pertanto, sarà necessario, ai fini del rispetto dei termini di legge, la coesistenza
dell’utilizzo della firma digitale (ovvero della firma elettronica avanzata, che certifica l'identità del mittente, come
indicato dalla dir. 1999/93/Ce), e della procedura di validazione temporale (quella che certifica la data di invio)
divenute ormai operative anche nel nostro ordinamento giuridico nelle ipotesi di contrattazioni eseguite per via
telematica.
76
A norma della lett.c) dell’art.67 -septies del Codice del consumo, le informazioni sul contratto a distanza riguardano
anche «le informazioni relative agli eventuali diritti delle parti, secondo i termini del contratto a distanza, di mettere
fine allo stesso prima della scadenza o unilateralmente, comprese le penali eventualmente stabilite dal contratto in tali
casi».
28
Brunella Russo
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contratto, o della proposta, senza tralasciare la circostanza secondo la quale sovente le clausole
contrattuali – predisposte dal venditore – si esprimono in termini tecnici non facilmente
comprensibili, precludendo, di fatto, la piena comprensione delle conseguenze, dovute alla
sottoscrizione, da parte del consumatore-investitore.
Sotto quest’aspetto, a fortiori, la previsione di un recesso, riferito alle «proposte» di
contratto, risponde all’esigenza di contrastare una prassi, oramai largamente diffusa nella pratica,
volta a far assumere al consumatore il ruolo di proponente, nei cui confronti viene fatta
sottoscrivere una proposta contrattuale, spesso definita irrevocabile e munita della clausola «salvo
approvazione della cosa», in base alla quale l’imprenditore potrà poi vagliare l’opportunità di
addivenire alla conclusione di un contratto, essendo fino a quel momento non ancora vincolato.
Una disciplina specifica è altresì prevista in tema di modalità di esercizio del diritto di
recesso. Le novità riguardano i termini e le forme della comunicazione, adeguati al particolare
contesto delle transazioni on line nel settore dei servizi finanziari 77 .
Sostanzialmente, siffatta disciplina rispecchierebbe, sotto il profilo pratico, l’intento del
legislatore di dare un’adeguata tutela del consumatore, non sufficientemente riconosciuta dall’art.
67- duodecies, il quale si limita a regolamentare in maniera astratta il diritto di recesso.
Il carattere di concretezza di tale diritto viene desunto, pertanto, dal combinato disposto con
l’art.67- septies, lett.d) che statuisce, invece, l’obbligo di informare il consumatore circa le
istruzioni pratiche per l’esercizio del diritto di recesso, specificando le modalità con cui dev’essere
esercitato e garantendo, nel contempo, la possibilità di utilizzare lo strumento della lettera
raccomandata 78 .
77
La norma impone alla controparte l’obbligo di informare per iscritto il contraente debole circa l’esistenza del diritto
di recesso, al fine di garantirgli la possibilità del suo esercizio. Nell’ipotesi in cui l’operatore finanziario ometta di
fornire al consumatore l’informazione sul diritto di recesso, oppure fornisca un’informazione errata o incompleta, è
previsto un prolungamento del termine (per esercitare il recesso da parte del consumatore) da dieci giorni lavorativi a
sessanta o novanta giorni decorrenti dalla data di stipulazione del contratto, se questo ha ad oggetto servizi, ovvero dalla
data di ricevimento del prodotto, negli altri casi.
78
La comunicazione di recesso, analogamente a quanto previsto dalla disciplina dei contratti a distanza e a differenza
di quella formulata per i contratti negoziati, posti in essere fuori dai locali commerciali, deve essere inviata mediante
lettera raccomandata con avviso di ricevimento (sebbene sia comunque possibile provare l’avvenuto esercizio del
recesso con modalità diverse dalla produzione dell’avviso di ricevimento). Il termine si considera rispettato con la
consegna all’ufficio postale entro dieci giorni lavorativi (ovvero entro quello più ampio eventualmente stabilito dalle
parti.
La comunicazione può essere inviata, diversamente dalle previdenti disposizioni legislative, anche mediante
telegramma, telex, fax e posta elettronica, spediti entro il termine previsto, purché successivamente confermata con
lettera raccomandata con avviso di ricevimento spedita entro le quarantotto ore successive.
Cfr., art.67- septies, lett.d) del Codice del consumo, secondo cui «le istruzioni pratiche per l’esercizio del
diritto di recesso, comprendenti tra l’altro il mezzo, inclusa in ogni caso la lettera raccomandata con avviso di
ricevimento, e l’indirizzo a cui deve essere inviata la comunicazione di recesso».
Si rinvengono, poi, nell’ambito normativo dell’art. 67 –septies tre lettere dedicate ai profili internazionali della materia.
In merito al contratto a distanza bisogna anche indicare, a’ sensi della lett.e) «lo Stato membro o gli Stati membri sulla
cui legislazione il fornitore si basa per instaurare rapporti con il consumatore prima della conclusione del contratto a
distanza». Inoltre, va indicata «qualsiasi clausola contrattuale sulla legislazione applicabile al contratto a distanza e
sul foro competente» così come statuisce la successiva lett.f). La specificazione della «la lingua o le lingue in cui sono
comunicate le condizioni contrattuali e le informazioni preliminari di cui al presente articolo, nonché la lingua o le
lingue in cui il fornitore, con l’accordo del consumatore, si impegna a comunicare per la durata del contratto a
distanza» sono oggetto, infine, della disposizione contenuta all’art.67- septies, lett.g) del Codice de quo.
Occorre ricordare come la legislazione applicabile costituisce una circostanza di grande rilevanza per il consumatore,
soprattutto ai fini dei rapporti intercorrenti fra le parti. Di converso, il foro competente assume importanza in caso di
controversie fra i contraenti. Nell’ipotesi, poi, in cui il fornitore sia straniero, occorrerà una specificazione in merito
alla lingua di comunicazione, che può essere diversa dall’italiano, a condizione, però, che vi sia il consenso del
consumatore.
29
Brunella Russo
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Una peculiarità che è dato constatare, sul piano fattuale, in relazione alla riformulata
disciplina del recesso, è costituita proprio dalla possibilità, per le parti, di essere liberate dalle
rispettive obbligazioni - derivanti dal contratto o dalla proposta contrattuale - dal momento in cui il
fornitore riceve la comunicazione di esercizio del diritto di recesso, permanendo quale unica
obbligazione, in capo al consumatore, quella di restituire al fornitore il bene eventualmente
ricevuto 79 .
Dall’analisi dell’articolo in questione si ricava, pertanto, che sino al momento in cui il recesso può
essere esercitato, al consumatore è consentito di usare il bene ricevuto, con l’unico limite, quale
condizione per l’esercizio del diritto del recesso, della «sostanziale integrità» o del «normale stato
di conservazione» del bene 80 .
Un’ulteriore annotazione a margine va fatta in merito all’obiettivo di tutelare pienamente il
contraente debole, perseguito dal legislatore comunitario. I Considerando n.27 e 28 della direttiva
2002/65/Ce prevedono rispettivamente che «per tutelare i consumatori occorre prevedere
procedure appropriate ed efficaci di reclamo e di ricorso negli Stati membri onde disciplinare le
eventuali controversie tra fornitori e consumatori utilizzando, se del caso, le procedure esistenti» e,
pertanto, in aggiunta «gli Stati membri dovrebbero incitare gli organismi pubblici o privati preposti
alla composizione stragiudiziale delle controversie a cooperare nella risoluzione delle controversie
transfrontaliere…»
Entrambi i principi sono stati accolti nel nostro ordinamento, tant’è che il legislatore ha predisposto
un intero articolo dedicato alle informazioni relative al ricorso. In particolare, l’art.67- octies del
Codice del consumo prevede che «le informazioni relative al ricorso riguardano l’esistenza o la
mancanza di procedure extragiudiziali di reclamo e di ricorso accessibili al consumatore che è
parte del contratto a distanza e, ove tali procedura esistano, le modalità che consentono al
consumatore di avvalersene».
E’ di tutto rilievo, in questo caso, l’importanza dell’informazione, da parte del fornitore, ritenuta
idonea a creare una reale opportunità per il consumatore nel poter esercitare reclami o ricorsi,
qualora ne conosca la loro esistenza.
Anche la cooperazione tra Stati assume un ruolo di rilievo nel caso di procedure extragiudiziali.
Ciò, in particolare, potrebbe mirare a consentire al consumatore di sottoporre agli organi
extragiudiziali - stabiliti nello Stato membro in cui risiede - i reclami relativi ai fornitori residenti
altrove, garantendo, in tal modo, una soluzione veloce e poco costosa nel caso di controversie a
carattere internazionale 81 .
79
La restituzione deve avvenire in ogni caso in un lasso di tempo non inferiore a dieci giorni lavorativi dalla ricezione
del bene da parte del consumatore; mentre le spese di restituzione del bene sono a carico del consumatore solo se questo
risulta espressamente stabilito nel contratto.
In caso di mancata o ritarda restituzione della merce il consumatore è in mora senza necessità di intimazione ex
art.1219, co. 2, n. 3, del c.c., con la conseguenza che qualora sia scaduto il termine, il consumatore si fa carico del
rischio per la sopravvenuta impossibilità, oltre all’obbligo di risarcire al fornitore gli eventuali danni subiti.
80
Le due espressioni utilizzate del legislatore per indicare lo stato della merce da restituire (nel caso in cui il
consumatore receda dal contratto) non sembrano escludere la possibilità di utilizzo dei beni in possesso del
consumatore.
Nel caso in cui, durante la pendenza del termine utile per l’esercizio del recesso, vi sia stato invio di merce, il soggetto
che esercita il diritto in esame è tenuto al rimborso delle spese di restituzione del bene al mittente, ma ciò solo qualora
tale rimborso sia stato espressamente previsto dal contratto.
81
L’istituzione della rete FIN-Net rappresenta un’ulteriore modalità attraverso cui il consumatore può avvalersi di tali
rimedi, offrendo un’ulteriore assistenza ai consumatori che si avvalgono di servizi transfrontalieri.
30
Brunella Russo
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6.
Nel quadro giuridico, preordinato alla tutela del consumatore, un ruolo
preponderante viene riservato al collocamento a distanza di prodotti assicurativi a caratterizzazione
finanziaria.
Non a caso, uno degli impatti più significativi della direttiva Mifid sul nostro ordinamento è stato
proprio quello di apportare sostanziali modifiche alla regolamentazione in tema d’offerta dei
contratti d’assicurazione, aventi natura finanziaria, sopperendo, in tal modo, all’assenza di
indicazioni, a livello comunitario, in subiecta materia.
Occorre ricordare che la disciplina della vendita a distanza, nel settore assicurativo, risulta
differenziata in ragione del ruolo economico, ovvero, della qualifica del contraente. In questa
prospettiva, il legislatore comunitario è intervenuto, integrando quanto già disposto in materia dalle
disposizioni nazionali, attraverso la messa a punto di un complesso normativo idoneo a garantire un
livello adeguato di tutela del consumatore dei prodotti specificati.
Ciò, presuppone, pertanto, che i principi generali, rinvenibili sulla base dell’art.121 del Codice delle
assicurazioni, laddove si fa riferimento all’informazione da fornire, in sede di conclusione di
contratti tra assenti, a cui vanno aggiunte, le modalità della presa di contatto e di negoziato, così
come indicate agli artt.183, 120 e 121 del suddetto codice, trovino un’ulteriore integrazione, nel
contesto delle disposizioni del d.lgs. n.190/05, di recente abrogato, di attuazione della direttiva
2002/65/CE, relativa alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari di matrice
assicurativa.
Non si può fare meno di notare, in altri termini, come la ratio del cambiamento in atto, il
cui quadro normativo risulta delineato dalla legge sul risparmio 82 , sia stata quella di portare a
termine una politica di omogeneizzazione delle regole di trasparenza informativa e di correttezza
dei comportamenti, nell’attività di commercializzazione di polizze assicurative 83 .
L’acclarata necessità di armonizzare la complessa regolamentazione, sottesa alla disciplina
delle vendite a distanza di servizi finanziari e assicurativi, ha posto in primo piano l’incidenza delle
funzioni di vigilanza sugli intermediari di prodotti ”fungibili” tra cui, a fortiori, quelli emessi dalle
compagnie di assicurazione, attribuendo maggiore enfasi all’esercizio dei poteri di controllo
affidati alla Consob. Invero, per effetto della disciplina vigente, l’ampliamento alla distribuzione di
prodotti finanziari assicurativi delle regole di condotta, già disciplinanti la prestazione di servizi
d’investimento, si è tradotta in un conseguente allargamento dei compiti assegnati all’organo de
quo, il quale ha esteso i suoi poteri di vigilanza regolamentare, informativa ed ispettiva, oltre che
sui soggetti abilitati anche sulle imprese di assicurazione, in relazione a detti prodotti.
Un primo passo nella direzione suindicata, può essere rinvenuto nelle modifiche apportate al
Regolamento Emittenti 84 , attraverso cui la Consob ha posto le basi per un’armonizzazione delle
82
Tale quadro normativo è stato determinato dalla legge 28/12/05, n.262 (c.d. Legge sul Risparmio) e dal successivo
d. lgs. n.303 del 29/12/2006 a cui è stato demandato il compito di trasferire alla Consob la vigilanza circa i principi
fissati dalle fonti normative primarie in tema di trasparenza e correttezza degli operatori finanziari.
83
Sull’esercizio dell’attività distributiva di polizze assicurative si rinvia alle regole disciplinari vigenti, che vengono ad
essere applicate, alternativamente, a seconda delle caratteristiche “non finanziarie” o “finanziarie” del prodotto
assicurativo. Si vedano, a tal riguardo, le norme contenute nel d. lgs. n.209 del 7/9/2005, meglio noto come Codice
delle Assicurazioni, e nella regolamentazione ISVAP, in particolare, la Circolare 551/D dell’1/3/2005.
Per la disciplina sottesa ai servizi finanziari, cfr., T.U.f. (d. lgs. n.58 del 24/2/98) e, nello specifico, Regolamento
Intermediari, adottato con delibera Consob dell’1/7/98 e successive modifiche ed integrazioni.
84
Si veda, più specificatamente, Regolamento Emittenti (delibera Consob n.11971 del 14/5/99) modificato con
delibera del 3 maggio 2007 n.15915.
31
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norme, in materia di sollecitazione anche ai prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione,
che comunque, allo stato, possono essere offerti soltanto previa pubblicazione di un prospetto
informativo, predisposto secondo gli schemi stabiliti dallo stesso organo di controllo.
Sulla modalità e sull’intensità della riconduzione alle norme di trasparenza e correttezza dei
prodotti finanziari, emessi dalle imprese di assicurazione ha inciso profondamente, da ultimo, anche
il novellato Regolamento Intermediari, per effetto del quale viene meno il rinvio per relationem
alla disciplina dettata per la prestazione dei servizi d’investimento, fino ad ora adottato per i
prodotti finanziari assicurativi.
Come è dato constatare, dal tenore letterale dell’art.83, del Libro VI, del Nuovo Regolamento
Intermediari, la definizione dei prodotti finanziari, tra l’altro del tutto analoga a quella presente nel
T.U.F. (art.1, co.1, lett. w-bis), circoscrive – con evidente esclusione delle forme pensionistiche
individuali – l’ambito applicativo della disposizione in oggetto ai soli contratti di assicurazione
sulla vita, le cui prestazioni principali, come si è già avuto modo di evidenziare, sono direttamente
collegate al valore di quote di Oicr o di fondi interni, ovvero, a indici o ad altri valori di riferimento
o alle operazioni di capitalizzazione. A ciò va aggiunto, peraltro, che con riguardo ai soggetti
abilitati all’intermediazione di siffatti prodotti, la tendenza del legislatore, in tema di esclusioni, è
stata quella di eliminare dal novero delle categorie ritenute idonee a distribuire prodotti finanziari,
emessi da imprese di assicurazione, le Sgr e le Sicav, favorendo, di converso, quei soggetti per i
quali non è stata data una precisa autorizzazione alla prestazione dei servizi d’investimento 85 .
Particolare rilievo, nella commercializzazione delle polizze assicurative, da parte dei
soggetti abilitati all’intermediazione, assume l’applicazione di criteri, individuati tramite il rinvio
alle disposizioni del suddetto Regolamento Intermediari, anche nel caso in cui l’attività di
distribuzione di prodotti finanziari assicurativi si realizzi mediante tecniche di comunicazione a
distanza. Si tratta, nello specifico, di procedimenti riferibili, in difetto di contrarie previsioni
contenute nelle direttive comunitarie in materia 86 , al modello disciplinare del collocamento di Oicr,
da parte di intermediari distributori, secondo le previsioni dell’art.1, co.5, lett.f) del T.U. sulla
finanza, nonché alle valutazioni di adeguatezza, nell’ipotesi in cui venga fornita anche un’attività di
consulenza, sulla base di quanto disposto agli artt.39-42 del novellato Regolamento Intermediari.
L’attuale disciplina in materia d’offerta di contratti di assicurazione aventi natura
finanziaria, attraverso il riferimento espresso alle predette disposizioni normative, segna, dunque,
un cambiamento di rotta.
Cosicché, è di tutto rilievo constatare come la valutazione dell’organo di controllo preposto, in
riferimento alla prestazione di servizi assicurativi, costituisce la causa determinante per l’attuazione
di una regolamentazione “a strati”, posta in essere mediante disposizioni di rinvio, i cui contenuti
palesano il chiaro intento del legislatore nazionale di dare coerenza complessiva, nell’interesse degli
investitori e degli operatori, agli orientamenti sottesi alle scelte già operate in tal senso a livello
nazionale, con conseguente caratterizzazione, come è noto, sia dei prodotti finanziari (il riferimento
è alle polizze ed alle operazioni dei rami vita III e V, di cui all’art.2 del Codice delle assicurazioni)
che dei soggetti abilitati all’intermediazioni assicurativa.
Si tratta, invero, di forme di vigilanza la cui valenza è riferibile alle procedure di
compliance, di audit interno, di trattamento dei reclami e di gestione dei conflitti d’interesse, di
conservazione delle registrazione, nonché a quelle per la percezione o corresponsione di incentivi 87 ,
85
Lo stesso Codice delle Assicurazioni include, nella definizione dei soggetti abilitati all’intermediazione assicurativa,
i soli soggetti di cui all’art.1, co.1, lett.r) del T.U.f. , che figurano anche nell’elenco dei soggetti iscrivibili nella sezione
D de registro degli Intermediari assicurativi, ex art.109 del Codice delle Assicurazioni. Si tratta delle Sim e delle
imprese d’investimento comunitarie, delle banche italiane e comunitarie, degli intermediari finanziari e della società
Poste Italiane – Divisione Servizi di Banco Posta, anche quando siffatti soggetti operano attraverso promotori finanziari,
dipendenti, collaboratori e o altri incaricati.
86
Il riferimento è alla direttiva 2002/92/Ce sugli intermediari assicurativi.
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che vanno ad estendersi su ogni aspetto della gestione aziendale, con una forza di penetrazione tale
da assumere, a pieno titolo, la connotazione di interventi impositivi volti a promuovere ed a
orientare lo svolgimento dell’attività di produzione e distribuzione di prodotti assicurativi a
parametri di corretta e trasparente prestazione dei servizi e delle attività di investimento.
Con riguardo alla distribuzione, peraltro già oggetto di previsioni da parte del Regolamento
Intermediari ex art.28, l’incisività della nuova regolamentazione si ispira a linee d’intervento
particolarmente efficaci (in tema di tutela) che vanno dall’applicazione di precise regole
sull’informativa, da rendere alla clientela, secondo canoni di chiarezza e correttezza,
normativamente predisposti, ivi comprese quelle pubblicitarie e promozionali, a tutta una serie di
notizie dettagliate circa le relative procedure, anche di controllo interno, gli obblighi di attestazione
di informazione e registrazione propri dei servizi d’investimento ed accessori 88 , che consentono
all’investitore di effettuare scelte oculate, sul tipo d’investimento assicurativo e sui rischi ad esso
connessi.
Un orientamento in questo senso risulta rinvenibile proprio nel novero della norma de qua, il
cui contenuto lascerebbe intendere, con estrema chiarezza, come i canoni di comportamento
debbano essere applicati in maniera uniforme, indifferentemente dal prodotto commercializzato,
con lo scopo precipuo di garantire ai clienti uniformità di trattamento, soprattutto nell’ipotesi in cui
l’attività di distribuzione di prodotti finanziari, emessi da banche e da imprese di assicurazione,
cc.dd. intermediari polifunzionali 89 , sia associata ad un servizio di collocamento di strumenti
finanziari e/o alla consulenza in materia di investimenti.
In altri termini, l’intermediario polifunzionale, a fronte della diversificazione degli
investimenti da parte della clientela, dovrà applicare le regole di condotta, in modo coordinato,
ponendo attenzione nel valutare la variegata gamma di prodotti e/o servizi da offrire ed il
correlativo comportamento da porre in essere, nei confronti degli stessi.
A mero titolo esemplificativo, si dovrà ritenere che l’intermediario in questione effettuerà la
valutazione di appropriatezza (sulla base di criteri e strumenti analoghi) e nel caso di collocamento
di Oicr e nell’ipotesi, che più ci interessa, di commercializzazione di prodotti assicurativi finanziari,
lasciando allo stesso operatore la possibilità di elevare il livello di tutela per l’investitore.
Invero, come evidenziato dalla stessa Consob nel documento di consultazione, l’intermediario potrà
applicare, per quelle tipologie per le quali è previsto l’esame di appropriatezza, determinati principi
di condotta più stringenti, in relazione ai servizi a più alto valore aggiunto, quali la consulenza e la
gestione individuale.
Il punto di novità applicabile, sulla base del già citato Regolamento, resta, tuttavia, la
disciplina dell’informativa. Un siffatto convincimento, peraltro, trova un ulteriore referente logico
nello stesso dettato normativo in questione, allorquando, a’ sensi dell’art.85, si conferma che i
soggetti abilitati all’intermediazione assicurativa debbono fornire, ai contraenti, notizie corrette ed
esaurienti 90 , oltre al rispetto dell’obbligo di dare, prima della sottoscrizione della proposta o del
87
Per una maggiore comprensione della portata delle procedure in oggetto, si veda, amplius, art.85 del Nuovo
Regolamento Intermediari che contiene anche un rinvio alle materie del regolamento emanato dalla Consob,
congiuntamente all’operato di Bankitalia , in forza del nuovo art.6, c.2-bis del T.U.f., introdotto dal d. lgs. n.164 del
17/9/2007.
88
In particolare, vedasi Regolamento Emittenti artt.27-35. Va anche osservato che l’art.36 pone in essere tutta una
serie di informazioni riguardanti il supporto duraturo e mediante l’utilizzo di un sito Internet, nonché il successivo
art.37 sulla disciplina dei contratti, il quale predispone, anche per il servizio di collocamento di polizze assicurative
finanziarie, l’obbligatorietà del contratto redatto in forma scritta.
89
Al riguardo, va analizzata la norma contenuta nell’art.88 del Nuovo Regolamento Intermediari , la quale sancisce che
l’intermediario consideri unitariamente il rapporto con il risparmiatore/investitore «al fine di adempiere in modo
uniforme e coordinato alle regole di condotta applicabili».
90
Circa la modalità di trasmissione dell’informativa, l’art.85 del Regolamento Intermediari prevede che essa avvenga
per mezzo di supporto cartaceo o di altro supporto duraturo, disponibile ed accessibile per il contraente. Inoltre, l’art.13,
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documento contrattuale, una serie di informazioni sulla natura della consulenza da essi stessi
prestata, da cui discende il correlativo impegno a rispettare le istruzioni, impartite dalle imprese di
assicurazione, per le quali operano 91 . Analoghe considerazioni emergono, poi, dalla lettura del
successivo art.87 del Regolamento Intermediari, per effetto del quale il legislatore opera un
ampliamento delle norme sulle modalità dell’informativa nei confronti, altresì, delle imprese di
assicurazione, dovendosi, pertanto, anch’esse dotare di idonee procedure per garantire il rispetto dei
criteri di comportamento, previsti dall’Organo di vigilanza del settore, anche nel caso in cui operano
per il tramite di reti distributive.
7.
L’articolata disamina, attraverso cui è stata resa possibile l’analisi di alcuni aspetti
rilevanti della disciplina della commercializzazione a distanza, non può prescindere da poche e
brevi osservazioni conclusive.
Nel corso del 2007, a due anni dalla sua approvazione, il Codice del consumo è stato
oggetto di determinati ed importanti interventi normativi; dapprima il recepimento della direttiva
2005/29/Ce, in materia di pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori (ad opera del d.lg.
n. 146 del 2 agosto 2007) in seguito l’attuazione delle disposizioni correttive ed integrative a norma
dell’art. 7 della legge 28 luglio 2003, n. 229 (d.lg. n. 221 del 23 ottobre 2007) per mezzo del quale
si è provveduto anche a far rifluire all’interno del Codice di consumo la disciplina riguardante la
«Commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori» dettata, in precedenza dal
d.lg. n. 190 del 19 agosto 2005, attuativa della Direttiva 2002/65/Ce.
Con questi poderosi interventi, per la prima volta, il testo normativo viene modificato ed
integrato sia per dimensioni, tant’è che gli articoli del predetto Codice passano dagli originari 146
agli attuali 170, che per contenuti.
In particolare, gli studi condotti sulla regolamentazione in materia di pratiche commerciali hanno
ampiamente dimostrato l’influenza a tutto tondo di tale disciplina sul grado di tutela riconosciuto ai
consumatori, non solo in quanto mirante a contrastare, in modo trasversale, le condotte scorrette
adottate dai soggetti professionali (si pensi, ad esempio nella pubblicità e nella promozione dei
prodotti, nonché al momento della vendita) ma, a fortiori, ponendo rimedio ad alcuni errori
materiali di corsivo e precisando il significato di talune norme, in un lasso di tempo piuttosto ridotto
dall’emanazione del codice di riassetto.
Nello specifico, come è emerso dalle pagine precedenti, un momento indubbiamente più
interessante e gravido di conseguenze, sulle regole in tema di salvaguardia, è stato rappresentato
dalla predisposizione, nel novellato Codice, di più precisi obblighi d’informativa, da applicare
nell’ambito dei contratti stipulati per la vendita a distanza dei servizi finanziari e assicurativi.
E’ parso, fin dalla prime battute, come il rafforzamento delle norme sull’informativa
precontrattuale sia stato perseguito, dal nostro legislatore nazionale, mediante la convergenza di
co.2 della citata direttiva 202/92/CEE sancisce che la stessa può essere anche anticipata verbalmente, ove sia necessaria
una copertura immediata del rischio o qualora lo richieda il contraente.
In siffatte ipotesi, la direttiva prevede l’obbligo del soggetto abilitato all’intermediazione assicurativa di fornire
l’informativa su supporto cartaceo, o altro supporto duraturo, subito dopo la conclusione del contratto e, comunque, non
oltre i due giorni lavorativi successivi.
Così, anche Regolamento ISVAP n.5 del 16/10/2006, laddove, segnatamente all’art.51, co.2, se ne ribadisce la
perentorietà del termine.
91
Questa disposizione è stata mutuata, in parte, dall’art.47, co.1, lett.b) del Regolamento Isvap n.5 del 16/10/2006.
34
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diverse tecniche di tutela, ritenendo opportuno, ad ogni buon conto, di non rinunciare alla
sperimentata soluzione (già adottata in altri campi del diritto) della specificazione del contenuto
degli obblighi d’informazione, proprio allo scopo di consentire al contraente più debole l’accesso a
quelle notizie che costituiscono un necessario presupposto per un’esauriente rappresentazione
dell’affare e per una consapevole valutazione della sua convenienza economica.
Si ricordi, ancora una volta, l’ampia disciplina di settore, recante puntuali indicazioni in
merito ai dati ed agli elementi del rapporto contrattuale, che l’intermediario è tenuto a comunicare
al cliente, tra cui emerge l’art. 3 del d. lgs. n. 185/’99 sulla contrattazione a distanza, nel quale si
palesano, in modo evidente, i primi segnali di scollamento rispetto all’architettura normativa
contenuta nel d. lgs. n. 50/1992 in punto di contratti conclusi fuori dai locali commerciali, ove
l’obbligo di informazione, espressamente disciplinato, riguardava esclusivamente il diritto di
recesso. Inoltre, l’art. 3 della direttiva 2002/65/Ce, in tema di commercializzazione a distanza di
servizi finanziari ai consumatori, risulta essere un fondamentale pilastro, da cui scaturisce l’attuale
disciplina ed alla quale si affianca la complessa legislazione del commercio elettronico (d. lgs. n.
70/03) venendo così a determinare un importante salto di qualità nell’evoluzione della normativa in
oggetto. L’informazione, infatti, si estende, come sottolineato da autorevole dottrina 92 , ben al di là
dei dati utili, al fine di definire i termini oggettivi e soggettivi dell’affare, con il precipuo scopo di
ricomprendere le modalità tecniche di un corretto impiego del mezzo utilizzato per la conclusione,
a distanza, del contratto.
A fronte di una realtà ordinamentale del genere hanno fatto seguito ulteriori soluzioni, che il
legislatore ha adottato per eliminare, o quantomeno ridurre, quell’asimmetria informativa in cui,
con tutta evidenza, si è ravvisato il maggiore ostacolo al raggiungimento di un assetto negoziale
equilibrato, tant’è che la circostanza, secondo la quale le informazioni debbano essere fornite per
iscritto, costituisce un preciso segnale di questa nuova tendenza.
La traditio da parte dell’intermediario al consumatore-investitore dell’informativa precontrattuale,
su supporto cartaceo o su alto supporto durevole di tutte le condizioni contrattuali nonché delle
informazioni preliminari, consente indubbiamente, a quest’ultimo, una percezione più efficace degli
elementi comunicati, favorendo, in tal modo, una meditata valutazione dei dati rilevanti, id est, la
c.d. prestazione di un consenso consapevole, ai fini della stipula del contratto di acquisto di beni e/o
servizi finanziari.
Ed è proprio in riferimento a siffatto aspetto che può certamente attribuirsi al legislatore del
2005 (d.lgs. n.190/05 di attuazione della direttiva 2002/65/Ce) un notevole grado di originalità,
rispetto alle disposizioni normative in atto. E’ sembrato, infatti emergere con forza la volontà dello
stesso nel sostituire il concetto tradizionale di informazione in termini di facere, con uno che lo
raffiguri in termini di traditio. In altre parole, nel prevedere la necessaria incorporazione
dell’informativa in un documento, il legislatore non solo fa preciso riferimento a tale forma
contrattuale, ma introduce, per la prima volta, una chiara definizione di “supporto durevole”
attribuendogli una valenza di strumento, in grado di dare al consumatore la possibilità «di
memorizzare informazioni a lui personalmente dirette in modo che possano essere agevolmente
recuperate durante un periodo di tempo adeguato, ai fini cui sono destinate le informazioni stesse,e
che consenta la riproduzione immutata delle informazioni memorizzate» come, peraltro, si evince
dallo stesso tenore letterale dell’art.3 del d. lgs. n.190/05.
Ai fini della cennata necessità, si è inteso attribuire allo stesso consumatore-investitore la
scelta del tipo di supporto da utilizzare, richiamando, a tale scopo, quanto già precisato dalla
direttiva 2002/65/Ce, allorquando si chiarisce che possono essere considerati supporti durevoli i
92
G. GRISI, Lo «ius poenitendi» tra tutela del consumatore e razionalità del mercato, in Riv. crit. dir. priv., 2001, p.
587 ss..
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CD-Rom, i DVD ed i disco fisso del computer del cliente, che tiene in memoria i messaggi di posta
elettronica.
Risulta, dunque, evidente come la finalità legislativa sia stata quella di eliminare, il più
possibile, gli ambiti di discrezionalità dell’intermediario nella scelta dello strumento da utilizzare
per la trasmissione delle informazioni precontrattuali, arginando il rischio conseguente che vengano
scelti mezzi di difficile utilizzazione, potenzialmente capaci di pregiudicare la chiara intelligibilità
dei dati comunicati, come è già accaduto con riferimento ai siti internet, nel momento in cui gli
stessi non siano in grado di rispettare i criteri che definiscono il concetto di supporto durevole.
A noi pare, tuttavia, che la forma scritta delle informazioni, ritenute necessarie, a’ sensi
dell’art.4 della legge n. 129/2004 93 , non costituisce, di per sé un documento di natura negoziale,
posto come la portata dell’obbligo, ivi contenuto, mancherebbe di una precisa caratterizzazione
dispositiva. Va, però, sottolineato, per completezza, che in ordine al carattere dell’informazione
precontrattuale, così come già si è avuto modo di verificare, il regolamento negoziale può, in
qualche modo, essere integrato attraverso l’insieme degli elementi, presenti negli allegati al
prospetto informativo, poiché, nel complesso, essi consentono la formulazione di un giudizio, circa
l’esistenza di un fatto.
Ne consegue che il requisito di forma, imposto dall’articolo in questione, può essere
adempiuto anche da un documento elettronico privo di firma digitale, e più in generale, da
qualunque mezzo materiale dotato di efficacia rappresentativa di atti o fatti, purché risponda alla
definizione, accolta dalla nostra dottrina, secondo la quale siffatto documento deve possedere tutte
le caratteristiche di uno «strumento che consente la formulazione di un giudizio circa l’esistenza di
un fatto, nonché la possibilità di sussumere il fatto sotto una specie normativa» 94 .
Uno dei rischi che è sembrato, in un primo momento, profilarsi nell’ambito di una completa
discrezionalità, da parte dell’intermediario, nella scelta dello strumento da utilizzare per la
trasmissione delle informazioni precontrattuali, è costituito proprio dall’eventuale inadeguatezza
del mezzo scelto, tale da pregiudicare la chiara intelligibilità dei dati comunicati.
In presenza di ciò, il legislatore ha circoscritto l’ampio spettro di operatività della regola generale di
condotta, contenuta all’art. 6 della succitata legge, predisponendo un regime sanzionatorio, contro
eventuali scelte dell’operatore che abbia, quod effectum, lo scopo di garantire la chiara
rappresentazione dai dati oggetto dell’informativa.
Un’ulteriore perplessità è stata sollevata, da parte di una certa letteratura specialistica, anche
in riferimento alla necessità di corredare il documento informativo di una serie di allegati,
tassativamente menzionati nel contesto dell’art. 4 citato. E’ sembrato che la dizione utilizzata dal
legislatore, nell’ambito di siffatta disposizione normativa, voglia costituire l’espressione della
necessità di mantenere ben distinti gli strumenti utilizzati per la trasmissione delle informazioni, la
cui conoscenza risulta necessaria ed opportuna, per la stipula del contratto da parte del cliente 95 .
93
Cfr., Legge n.129 del 6/5/2004 recante «Norme per la disciplina dell’affiliazione commerciale», pubblicato nella
G.U. n.120 del 24/5/2004.
94
Sulla natura di entità fisica da attribuire al documento informatico quale, si veda, amplius, R. CLARIZIA,
Informatica e conclusione del contratto, Milano, 1985, p. 105. L’a., prende le distanze da quanti hanno auspicato, in
passato, l’intervento del legislatore per una normativa giuridica unitaria, in ordine ai trasferimenti elettronici di fondi,
ritenendo, di converso, idonea la disciplina applicabile agli stessi, soprattutto in merito a quella contenuta nei contratti
stipulati tra banche e clienti.
95
In questo senso si sono espressi, S. PATTI, voce Documento, in Dig. civ., VII, p. 1; F. CARNELUTTI, voce
Documento (teoria moderna), in Noviss .dig. it., VI, Torino, 1960, p. 85 ss., ed, ancora, F. DI GIOVANNI, Le regole di
trasparenza nei contratti dei consumatori, Torino, 1998, passim, i quali, sostanzialmente concordano nel ritenere che
l’interpretazione data alla norma in commento presuppone che ciascuno degli elementi prescritti dovrebbe prevedere la
redazione di un documento diverso.
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Tuttavia, non pare che il legislatore abbia manifestato particolare attenzione ai problemi
interpretativi che il contenuto della norma avrebbe potuto porre in essere, né è parso che lo stesso
abbia chiarito, in modo esaustivo, la sua reale portata pratica, sul presupposto della scarsa incidenza
giuridica dello strumento, soprattutto quando, come nella fattispecie in oggetto, il riferimento
all’allegato altro non è che un documento che deve necessariamente accompagnarsi ad un altro
documento 96 .
Comunque, al di là delle paventate perplessità, la previsione della redazione di un documento
diverso, per ciascuno degli elementi prescritti, agevolerebbe il contraente debole nella verifica della
completezza e dell’esattezza dei dati comunicati, rendendo altresì la prova di eventuali omissioni, in
sede giudiziale, sicuramente più agevole.
Ove si accetti la fondatezza della tesi esposta, risulterà indubbiamente più chiara la volontà
manifestata dal legislatore di non soffermarsi in un’analitica disciplina del contenuto
dell’informazione precontrattuale, ma di utilizzare una tecnica sicuramente innovativa, rispetto al
passato, che incide sulla struttura di tale informazione, attraverso prescrizioni formali più congrue,
ai fini della tutela del consumatore-investitore 97 .
Sempre in tema di informativa precontrattuale, si è avuto modo di evidenziare, inoltre, il
contenuto dell'articolo 152, inserito nel Titolo VIII del Codice delle assicurazioni, dedicato
sostanzialmente al recepimento della direttiva 2002/92/Ce del 9 dicembre 2002,
sull'intermediazione assicurativa.
L'articolo 152, intitolato «Informazione precontrattuale in caso di vendita a distanza» al primo
comma dispone che in caso di vendita a distanza, l'intermediario renda noto al contraente un nucleo
di informazioni essenziali 98 , mentre al co. 2 stabilisce il principio secondo cui «in ogni
caso,l'informazione è fornita al contraente a norma del comma 1 subito dopo la conclusione del
contratto di assicurazione ».
Dal combinato disposto dei due commi emerge come la lettura di tali disposizioni lasci,
intendere che le informazioni elencate nel comma 1 – relative non solo all'intermediario ma anche
alle condizioni contrattuali ed economiche dei prodotti collocati attraverso vendita a distanza –
potrebbero essere rese note, integralmente, solo dopo la conclusione del contratto, in una
prospettiva del tutto diversa rispetto al contenuto normativo della direttiva oggetto di recepimento,
A noi pare che la correttezza di tale interpretazione trova un suo referente logico nell’ultima parte della disposizione
oggetto di analisi, allorquando si sancisce che “gli allegati” – per i quali sussistono obiettive e specifiche esigenze di
riservatezza – non devono essere acclusi con la precisazione che, in tal caso, “gli allegati omessi” devono essere citati
nel contratto.
96
Unica eccezione – almeno con riferimento alle normative civilistiche più recenti – sembra essere l’art. 2, comma 5,
legge n. 192/1998, dove è previsto che nel contratto di subfornitura debbano essere indicati «i requisiti specifici del
bene o del servizio richiesti dal committente … anche attraverso il richiamo a normative tecniche che, quando non
siano di uso comune per il subfornitore o non siano oggetto di norme di legge o regolamentari, debbono essere allegate
in copia».
97
Un esempio, in tal senso, viene dato dal provvedimento della Banca d’Italia, emanato in attuazione della delibera
CICR del 4 marzo 2003, ove l’obiettivo della trasparenza delle operazioni e dei servizi finanziari è perseguito anche
attraverso un’articolata regolamentazione dei modi in cui deve essere resa l’informazione precontrattuale.
Così, il par. 3.1 descrive la struttura dei fogli informativi che l’intermediario deve mettere a disposizioni dei clienti,
intendendo che essi debbano articolarsi in distinte sezioni (informazioni sull’intermediario, caratteristiche e rischi tipici
dell’operazione o del servizio, condizioni economiche, ecc.). Analogamente, il par. 2 disciplina dettagliatamente la
veste grafica e la struttura dell’avviso sui diritti e gli strumenti di tutela di cui dispone il consumatore.
Cfr., Provvedimento della Banca d’Italia del 25/7/2003 rubricante «Disposizioni in materia di trasparenza
delle operazioni e dei servizi finanziari».
98
Si tratta di: a) l'identità dell'intermediario e il fine della chiamata; b) l'identità della persona in contatto con il
contraente ed il suo rapporto con l'intermediario assicurativo; c) una descrizione delle principali caratteristiche del
servizio o prodotto offerto; d) il prezzo totale, comprese le imposte, che il contraente dovrà corrispondere.
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cui il legislatore nazionale sembra essersi ispirato, allorché, nel caso di vendita a distanza,
l'informativa, che va fornita al consumatore in via preliminare, sia poi resa, dopo la conclusione del
contratto, anche su supporto cartaceo o comunque durevole.
L’osservazione sembra assumere ulteriore significato, ove traslata in materia di commercio
a distanza di servizi finanziari ai consumatori, sull’inciso, peraltro, che la direttiva
sull'intermediazione assicurativa contiene un espresso richiamo alla direttiva 2002/65/Ce, nella
parte in cui richiede esplicitamente che tutte le suddette informazioni siano comunicate prima della
sottoscrizione del contratto. Tale aspetto, che interessa la generalità dei prodotti assicurativi,
acquista un rilievo particolare per le polizze dell'assicurazione auto, le quali, secondo una prassi
oramai consolidata, vengono collocate attraverso la vendita diretta, mediante telefono o internet.
La polizza assicurativa, infatti, è un prodotto particolarmente complesso, la cui natura rende
inevitabile che il consumatore effettui le sue decisioni di acquisto in condizioni di incertezza che, a
fortiori, risultano ulteriormente acuite nel caso di polizze dell'assicurazione vita a carattere
finanziario, allorquando l'impresa, diversamente da quanto si verifica per i prodotti assicurativi
tradizionali, trasferisce, in tutto o in parte, il rischio finanziario sul contraente.
A motivo di ciò, il consumatore dovrebbe poter agevolmente conoscere, oltre al rischio che
grava sul proprio investimento, anche tutte le altre variabili che guidano il processo di scelta,
rispetto alla generalità dei servizi finanziari, con particolare riferimento al rendimento effettivo, al
netto dei costi sostenuti. Di contro, una diversa impostazione della questione, genererebbe un
contesto di scarsa trasparenza, rendendo, di conseguenza, eccessivamente onerosa, per il
consumatore, l'attività di ricerca del prodotto maggiormente rispondente alle proprie esigenze.
Posta la fondatezza di tale assunto, abbiamo ritenuto opportuno esprimere il nostro auspicio
di una più adeguata riformulazione dell'articolo 152 del Codice delle assicurazioni, per gli aspetti
qui sottolineati, esplicitando che l'informativa al consumatore deve comunque essere resa
integralmente, prima della conclusione del contratto.
Il rafforzamento della normativa vigente, in materia di trasparenza ed informativa
contrattuale, anche per il settore assicurativo, porrebbe le basi per un concreto raccordo con quanto
previsto per i servizi offerti da soggetti diversi dalle imprese di assicurazione - banche, intermediari
finanziari, fondi pensione - nei limiti in cui esista un certo grado di sostituibilità per i consumatori
tra detti servizi e quelli assicurativi, che mirano a soddisfare anche esigenze di tipo finanziario e
previdenziale.
Un’ultima nota, per concludere, va segnalata in merito alla prestazione del consenso, da
parte del consumatore, alla conclusione del contrato.
Solo per inciso, va, ancora una volta, ricordato come il principio del «prezzo giusto» (il quale trova
una più ampia collocazione nella regola generale della best execution, imposta dalla Mifid) ha
aperto notevoli scenari operativi per gli intermediari, pur sollevando qualche perplessità, in ordine
alla conseguente frammentazione degli scambi e alle già evidenziate asimmetrie applicative. In
considerazione di ciò, la disciplina europea ha imposto, a quest’ultimi, di adottare tutte le misure
ragionevoli e di mettere in atto meccanismi efficienti, capaci di realizzare un ordine nel miglior
modo possibile con riguardo a diversi fattori, quali, appunto, il prezzo totale, comprensivo dei
relativi costi aggiuntivi, senza tuttavia trascurare ogni altra «considerazione pertinente» che possa
influire sulla qualità di un investimento, soprattutto azionario, da parte del cliente. Si pensi, ad
esempio, all’incidenza delle fluttuazioni del mercato finanziario sul regime dei prezzi e sue
inevitabili ricadute sulle operazioni di compravendita.
Così, nel caso di commercializzazione di servizi finanziari, il “migliore corrispettivo totale”
è affidato all’efficacia delle informazioni, cui l’investitore può accedere prima e dopo la
negoziazione (c.d. pre-trade e post-trade trasparency) al fine di poter individuare, per ciascuno
strumento, la transazione più vantaggiosa, in base ai prezzi disponibili sulle varie piattaforme di
negoziazione.
Ci è sembrato opportuno, pertanto, nel quadro delle predette cautele accordate al consumatore di
servizi finanziari, prestare particolare attenzione anche a quegli aspetti inerenti l’indicazione del
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prezzo totale (comprensivo dell’insieme delle spese e delle imposte versate, cui si addebita
l’ulteriore costo specifico relativo all’utilizzazione della tecnica di comunicazione a distanza) che il
consumatore è obbligato a corrispondere, in cui spicca, per importanza, il ruolo attribuito
all’informativa sui rischi, in conseguenza delle ripercussioni che un’omessa trasmissione, da parte
dell’intermediario, può generare sulla decisione del consumatore.
Ora, al di là del fatto che il rimedio ipotizzato del legislatore è stato quello di prevedere la
nullità del contratto 99 , a’ sensi dell’art.67-septiesdecies, co.4, ove la violazione di siffatti obblighi
alteri «significativamente la rappresentazione delle sue caratteristiche», resta da valutare se
l’impianto delle disposizioni presenti agli artt. 67-sexies e ss., già esaminate nelle pagine precedenti,
abbiamo effettivamente soddisfatto quelle esigenze di protezione, di cui si è fatto carico l’intero
Codice del consumo, avuto riguardo anche alle specifiche informazioni sulle caratteristiche
pecuniarie del servizio finanziario acquistato, mediante la tecnica della comunicazione a distanza.
E, in questo senso, ci siamo sforzati di dimostrare che non pare sussistano dubbi nel ritenere come,
a nostro sommesso avviso, la conoscibilità dei prezzi legati alle operazioni finanziarie a distanza
confermi, in senso rafforzativo, l’obiettivo di costruire un sistema di regole chiare ed accessibili a
tutti, in cui il consumatore-investitore assume un ruolo centrale, quale controparte consapevole delle
proprie scelte d’investimento.
99
L’intera disciplina è contenuta all’art. 67-septiesdecies del Codice del consumo. In particolare, il co.4 sancisce che la
nullità deve essere fatta valere dal consumatore e rilevata d’ufficio dal giudice, obbligando le parti alla restituzione di
quanto eventualmente percepito. Il consumatore, inoltre, è libero di agire per il risarcimento dei danni.
Sono nulle anche tutte le eventuali clausole contrattuali che privassero il consumatore dei diritti sanciti dalla legge.
Per eventuali spunti dottrinali, si veda, amplius, M. ROMA, Vendita a distanza di servizi finanziari, regime
sanzionatorio, in Diritto ed econ. dell’Assic., di A.D.Candian – S. Paci (a cura) Giuffrè, II, 2006, 465 e ss.; M.
TICOZZI, Violazione di obblighi informativi e sanzioni: un problema non solo degli intermediari finanziari, in I
Contratti, 2007, 363 ss..
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