DDL delega riforma confidi_Considerazioni Confidi Rating Italia_23

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DDL delega riforma confidi_Considerazioni Confidi Rating Italia_23
23/06/2016
Delega al Governo per la
riforma del sistema dei
confidi
Alcune considerazioni Confidi Rating Italia aderente a “Rete Confidi
Italia”
Autore: Confidi Rating Italia
Autore: Confidi Rating Italia
Delega al Governo per la riforma del
sistema dei confidi
Alcune considerazioni Confidi Rating Italia aderente a “Rete Confidi Italia”
La proposta di legge 3209, approvata in prima lettura al Senato (S. 1259), reca una delega al Governo
per la riforma del sistema dei confidi, al fine di favorire l’accesso al credito per le piccole e medie
imprese (PMI) e per i liberi professionisti. La delega si propone di realizzare tale obiettivo tramite la
valorizzazione del ruolo dei confidi, la semplificazione degli adempimenti e il contenimento dei costi a
loro carico.
Analoga delega al Governo è contenuta nella proposta di legge 1730, di contenuto molto simile.
Il 7 aprile scorso la VI Commissione (Finanze) ha avviato l’esame in sede referente delle due proposte di
legge.
La Commissione ha inoltre avviato e concluso un ciclo di audizioni informali, nell'ambito del quale
ha svolto l'audizione di rappresentanti di Assoconfidi Italia, di Confprofessioni, di Rete Imprese Italia e
Unioncamere. Il provvedimento è avviato, quindi, in assenza di emendamenti alla fase conclusiva di
discussione in Assemblea.
È possibile in generale esprimere il più ampio apprezzamento della volontà del decisore pubblico di
realizzare un processo di riforma del sistema tendente a valorizzare i profili di trasparenza,
efficienza, armonizzazione.
Partendo da una sintetica analisi del contesto di riferimento, dell’esperienza maturata dal sistema dei
confidi e dell’innovazione già in atto al suo interno è, altresì, possibile formulare alcune utili linee di
indirizzo atte ad orientare più efficacemente l’intervento del Legislatore.
Il difficile contesto di riferimento
Il quadro generale in cui i confidi sono stati chiamati ad operare in questi ultimi anni riflette, come noto,
una situazione economico e finanziaria particolarmente problematica.
Dal lato del credito la crisi economica si è espressa soprattutto attraverso l’aumento, in maniera
sensibile, del tasso di ingresso a sofferenza delle imprese che non sono state in grado di ripagare i
debiti contratti.
L’impatto delle sofferenze ha avuto un peso molto più elevato nel nostro Paese rispetto ai principali paesi
europei.
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Autore: Confidi Rating Italia
Da questo grafico (tratto dal Paper della Commissione Europea “Non performing Loans in the Bancking
Union: stocktaking and challenges” del 18 marzo 2016) si rileva chiaramente come i livelli di sofferenza
in Italia siano molto al di sopra di quelli registrati in paesi come Francia, Germania, Spagna. I dati
accomunano il nostro Paese a Ungheria e Romania. (Fabio Bolognini, Perché tante sofferenze su
imprese in Italia? Linkerblog, 21 marzo 2016)
Peraltro dalla stessa pubblicazione è dato rilevare come anche la velocità di crescita delle sofferenze
risulti essere fortemente marcata per le Banche italiane (passando in pochi anni da un 4,97% del 2008
ad un 16,1% del giugno 2015) mostrando quindi una maggiore rapidità di accumulazione di queste
partite rispetto a quanto avvenuto nel resto d’Europa.
Dai dati richiamati è possibile trarre due prime fondamentali conclusioni:
• Le imprese italiane hanno mostrato una maggiore vulnerabilità alla crisi economica e
finanziaria dovuta a deficit endogeni e strutturali (sottocapitalizzazione, eccessiva dipendenza da
indebitamento, competenze non adeguate, tecnologie obsolete, ecc…)
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Autore: Confidi Rating Italia
• Il sistema bancario italiano non è stato in grado di prevedere le ricadute che la crisi avrebbe avuto
sulle imprese concedendo credito sulla base di criteri di valutazione rivelatisi inadeguati
(evidentemente poco orientati alla valutazione della capacità prospettica di quelle imprese di
ripianare i propri debiti).
Ma quanto pesano esattamente i crediti in sofferenza? risponde il MEF su dati Banca D’Italia:
Fonte: Banca d’Italia, Note di stabilità finanziaria e vigilanza - Aprile 2016
A dicembre 2015 i crediti deteriorati, al lordo delle corrispondenti rettifiche di valore, ammontavano
a circa 360 miliardi, il 18,1% del totale dei crediti verso clientela. Le sofferenze (la categoria
“peggiore” delle esposizioni deteriorate)1 ammontavano a 210 miliardi (10,6% dei crediti complessivi).
Il dato purtroppo è destinato a crescere ove si considerino le previsioni e stime Abi/Cerved dei tassi di
ingresso in sofferenza:
1I crediti deteriorati sono composti da posizioni con diverso grado di recuperabilità. Nei casi in cui è
prevedibile che le difficoltà del debitore siano transitorie, la banca apporta rettifiche di valore
contenute.
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Autore: Confidi Rating Italia
Pur a voler considerare le ottimistiche stime di riduzione dei tassi di ingresso in sofferenza delle imprese
sul biennio in corso 2016-2017 va in ogni caso rimarcato come gli attuali volumi siano comunque
destinati ad accogliere il flusso delle nuove sofferenze attese per oltre 40 miliardi di euro. Sul
dato peseranno inevitabilmente le moratorie sui crediti accordate negli ultimi anni che rappresentano
un fenomeno ancora latente nei Bilanci delle Banche (con il risultato di aver spostato in avanti nel tempo
gli effetti della crisi di liquidità in cui versano le imprese)2.
Come noto l’esponenziale impennata delle sofferenze, in questi anni di crisi, ha portato con sé una
drastica contrazione del credito. Negli ultimi 4 anni il numero delle imprese affidate è diminuito di quasi
1/5 e il valore degli impieghi negli ultimi cinque anni si è ridotto di 90 miliardi.
Fabio Bolognini, “3 modi diversi di vedere il credito alle imprese”, Linkerblog, 21 ottobre 2015
Sulla base dell’andamento 2014 ad esempio è possibile rilevare come circa 1/3 degli incagli si
trasformi in sofferenza.
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Autore: Confidi Rating Italia
Il grafico che segue è utile a rappresentare una istantanea della distanza tra domanda ed offerta di
credito che permane ancora molto ampia. 3
Dato il quadro sopra tracciato le implicazioni che i fattori sin qui considerati comporteranno per il futuro
appaiono in parte scontate.
Dal lato dell’offerta è ormai già ben evidente la tendenza del mercato: il credito è sempre più mirato e
selettivo e tale da tenere fuori quelle imprese con rating cattivo. Se devono impiegare liquidità le Banche
prediligono prestare ad aziende che reputano al di sopra di ogni sospetto (rischio di sofferenza) al
contempo togliendo liquidità alle aziende più deboli.
Il recente Rapporto Cerved PMI 2015, verificato il grado “strutturale” di solidità desumibile dai bilanci
(ovvero testatone l’equilibrio e la capacità di generare flussi di cassa sufficienti a rimborsare i debiti
contratti) racconta quale sia lo stato di salute delle pmi italiane (raggruppando gli score economico
finanziari in tre aree di rischio: solvibilità, vulnerabilità e rischio).
Fabio Bolognini, “Per Confindustria banche incolpevoli, colpa della crisi”, Linkerblog 20 febbraio
2016.
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Autore: Confidi Rating Italia
Il rapporto mostra dunque come (benché il dato sia in miglioramento) solo il 46,3% delle pmi italiane
sia classificato solvibile. Il che conduce a ritenere verosimilmente come la restante parte sia destinata
a rimanere fuori dal circuito del credito per le ragioni già illustrate.
Ove, poi, si consideri che il 95% delle pmi italiane si finanzia tramite banca (una cifra doppia
rispetto ai concorrenti del nord Europa) si comprende come a una buona metà del comparto verrà a
mancare il principale canale di finanziamento.
L’esperienza maturata dai Confidi
Circa un terzo delle sofferenze generate nel 2014 deriva da prestiti concessi alle pmi4. Il tasso di
ingresso a sofferenza delle imprese più piccole è triplicato (passando da valori vicini al 2% del periodo
ante crisi a oltre il 6% stimato per il 2017, dopo aver raggiunto un picco dell’8% nel 2013).
Si è notevolmente ampliato, inoltre, il differenziale di tassi per dimensione di imprese. Se prima della
crisi il differenziale si attestava su valori inferiori all’1%, nella fase più acuta le differenze aumentano in
modo consistente, con un divario di quasi cinque punti percentuali tra microimprese e grandi società
evidenziando una netta e chiara correlazione tra dimensione e rischiosità.
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Fonte: Rapporto CERVED PMI 2015
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Autore: Confidi Rating Italia
6,3%
4,3%
2,7%
L’impatto della crisi è stato quindi maggiore sulle imprese di più ridotte dimensioni le quali
rappresentano il naturale bacino dei Confidi. Ragione per cui per tali organismi gli effetti degli
sfavorevoli andamenti congiunturali sono stati ancor più negativi che non per il sistema bancario nel
suo complesso.
Anche il sistema delle garanzie non è quindi scevro da criticità che hanno impattato sugli organismi di
garanzia in maniera più o meno marcata. Di seguito gli aggregati più significativi del comparto:
La struttura del mercato dei confidi
Unità e milioni di euro
2012
Confidi iscritti all’albo (numero)
- di cui sottoposti a vigilanza Banca D’Italia
Valore Totale delle garanzie rilasciate
- di cui concesse da confidi vigilati B.I.
2013
2014
642
58
617
60
530
62
21.895
15.175
22.200
16.093
21.120
15.509
Fonte: Banca d’Italia, L’economia delle regioni italiane nel 2014 (n. 21 giugno 2015) e nel 2013 (n.23 novembre
2013)
I confidi vigilati da Banca d’Italia benché in numero nettamente inferiore rispetto a quello dei confidi
“minori” hanno un volume di attività che pesa per oltre il 70% sul complesso delle garanzie rilasciate
dall’intero sistema.
Prestiti garantiti dai Confidi alle imprese con meno di 20 addetti
Milioni di euro e percentuali
2009
Prestiti garantiti dai Confidi
Prestiti non garantiti dai Confidi
Incidenza % dei prestiti garantiti dai
confidi sul totale
Incidenza delle sofferenze sui prestiti
garantiti da confidi
Incidenza delle sofferenze sui prestiti
non garantiti da confidi
13,20%
2010
2011
22.113
182.062
2012
20.067
179.167
2013
19.139
171.409
2014
17.827
166.565
10,83%
10,07%
10,04%
9,67%
9,3%
12,4%
16,2%
21,3%
16,6%
18,4%
20,9%
23,2%
Fonte: Banca d’Italia, L’economia delle regioni italiane nel 2014 (n. 21 giugno 2015) e nel 2013 (n.23 novembre
2013)
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Autore: Confidi Rating Italia
Anche questi dati presentano alcune evidenze. Il valore dei prestiti garantiti dai confidi mostra una
costante flessione sugli ultimi anni. Tale trend, tuttavia, non è esclusivamente ascrivibile alla generale
contrazione del credito bancario. A decrescere non sono solo i volumi. La percentuale di incidenza
dei prestiti garantiti (sul totale dei prestiti) è infatti progressivamente diminuita (passando dal
13,20% del 2009 al 9,67% del 2014) palesando una graduale disintermediazione del sistema
dei confidi ad opera delle Banche.
Fenomeno su cui ha notevolmente pesato il crescente ricorso delle Banche alla garanzia diretta del
Fondo Centrale di Garanzia (dato il minor assorbimento patrimoniale da questo assicurato5 a differenza
del sistema dei confidi per il quale, in seguito al dawngrading dell’Italia, è risultata annullata la
ponderazione attenuata che i confidi vigilati avrebbero potuto dare al sistema creditizio).
I dati sotto riportati danno una buona rappresentazione della portata di tale disintermediazione.
Fonte: FEDART FIDI Il quadro di riferimento normativo e l’evoluzione del sistema, Leonardo Nafissi, 5 maggio
2016
Tornando ai dati Banca d’Italia: l’incidenza delle sofferenze sui prestiti garantiti è più che
raddoppiata dal 2011 al 2014 mostrando una crescita molto più accentuata rispetto all’incidenza che
le sofferenze hanno avuto sui prestiti non garantiti. Il differenziale fra i due valori si è nettamente
assottigliato (passando da 7,3 punti percentuali a 1,9).
L’intervento del Fondo è assistito dalla garanzia di ultima istanza dello Stato, che comporta
l’“attenuazione del rischio di credito” sulle garanzie dirette e sulle controgaranzie a prima richiesta,
azzerando l’assorbimento di capitale per i soggetti finanziatori sulla quota di finanziamento garantita.
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Autore: Confidi Rating Italia
Il dato rivela come la qualità dei portafogli dei Confidi sia notevolmente peggiorata negli anni
considerati. Effetto, probabilmente, del progressivo riversamento sui confidi dei crediti deteriorati
operato dalle Banche (riversamento che, come visto, ha in parallelo coinvolto anche il Fondo Centrale
di Garanzia operando una distorsione all’interno del settore delle garanzie e, soprattutto, un forte
assorbimento di risorse pubbliche in maniera non sempre coerente con le finalità ad esse assegnate).
Viene fuori pertanto un quadro del sistema della garanzia sostanzialmente affetto da minori flussi di
garanzie (che hanno fatto diminuire gli stock) e da maggiori sofferenze.
Tali elementi, va detto, in alcuni casi rischiano di minare la stabilità di questi organismi. Alcuni studi
mostrano, infatti, come anche i confidi siano affetti da alcune criticità. In particolare con riguardo ai
Confidi vigilati Cerved ha sviluppato, nell’ambito del progetto SIRC, un modello specifico per la
valutazione del loro merito creditizio prendendo ad esame una pluralità di fattori quali: il contesto
generale e specifico di riferimento, le caratteristiche dei confidi (dimensione, anni di attività, struttura
organizzativa, ecc.), lo score statistico calcolato sui bilanci, la rischiosità del portafoglio e solidità
patrimoniale, l’esistenza di elementi specifici di rischio (es. provvedimenti/sanzioni della Banca d’Italia,
procedimenti penali a carico degli amministratori ecc.).
L’analisi condotta6 evidenzia una situazione non del tutto positiva, circa un terzo dei Confidi si
colloca, infatti, nell’area di rischio.
Distribuzione delle valutazioni del merito creditizio dei Confidi per classe e area di
rischio
Fonte: Valutazioni SIRC Cerved al 31/12/2015
“Lo stato di salute dei Confidi vigilati: alcune evidenze dalle valutazioni Cerved”, Studio inserito
nella Collana Spazio Confidi della Rivista Diritto Bancario, aprile 2016
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Solo l’11,1% dei confidi, invece, si colloca nell’area di solvibilità.
I dati, peraltro, non evidenziano miglioramenti se rapportati a quelli dell’anno precedente:
Distribuzione delle valutazioni del merito creditizio dei Confidi per classe e area di
rischio: confronto 2014-2015
Fonte: valutazioni SIRC Cerved al 31/12/2015 ed al 31/12/2004
Aumenta, quindi, l’area di rischio per effetto del passaggio dall’area di vulnerabilità.
A pesare maggiormente in negativo sulla valutazione sono la rischiosità del contesto di riferimento e,
soprattutto, la qualità del portafoglio (considerata negativamente per oltre il 36% dei confidi). Ben
24 Confidi (su 63) presentano una percentuale di sofferenze su garanzie superiori al 20% (solo 13 Confidi
sono al di sotto del 10%).
Ugualmente non positiva è la valutazione sull’incidenza degli incagli e delle partite deteriorate sulle
garanzie.
Incidenza percentuale degli incagli e delle perdite deteriorate sulle garanzie (Bilanci
2014, numero di Confidi)
Solo 16 Confidi hanno valori
contenuti, inferiori al 5% mentre
ben 18 Confidi presentano valori
superiori al 10% che potrebbero
tradursi, in prospettiva, in un
rilevante flusso aggiuntivo di
sofferenze.
Si ricorda, peraltro, il peso che su
queste ultime eserciteranno le
moratorie concesse sui crediti.
Fonte: Bilanci Confidi al 31/12/2014
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Autore: Confidi Rating Italia
Lo studio in parola analizza altresì alcuni indicatori economici rivelando come per 40 Confidi i costi
operativi sono superiore ai margini da commissione che non sono quindi sufficienti a coprire
l’operatività ordinaria.
L’analisi operata porta con sé delle implicazioni:
1.
L’elemento dimensionale dei confidi non è condizione di qualità degli stessi: il grado di
rischio o di solvibilità non è collegato in ragione di proporzionalità alle dimensioni delle
strutture di garanzia;
2. Se circa un terzo dei confidi analizzati si colloca nell’area di rischio, la presenza di sofferenze
ancora latenti nei bilanci dei confidi vigilati (data l’alta percentuale di incagli e delle perdite
deteriorate in corso) lascia stimare un innalzamento ulteriore del numero di organismi a rischio
con inevitabili ripercussioni negative sulla capacità di questi ultimi di proseguire efficacemente
nell’attività e di veicolare nuovo credito alle pmi associate.
Che le elevate dimensioni operative dei Confidi non siano sinonimo di qualità lo dimostra anche la
circostanza che vede, tra i 63 confidi già vigilati da Banca d’Italia solo 36 presentare domanda di
iscrizione al nuovo Albo ex art. 106 del TUB (d. lgs. n. 385/93). Si stima che parte di tali domande non
saranno accolte.
Occorre in definitiva riflettere sul fatto che il modello storico con cui i confidi hanno operato sino ad
oggi è, per tutta la serie di motivi illustrati, un modello in difficoltà. Un cambio di passo è certamente
necessario consci del fatto che la volontà dei confidi è quella di farsi interpreti del
cambiamento piuttosto che subirlo.
L’evoluzione, compresa quella del modello di business, è un moto già in corso. Il D.M. n. 53/2015, il
D.M. 228/15 e le più recenti Disposizioni in consultazione di Banca d’Italia sul “Bilancio degli
Intermediari non IFRS” portano avanti l’azione di riforma del TUB (rinnovato col D. Lgs. 141/10)
rappresentando le premesse normative di una nuova epoca dei confidi volta a promuovere principi di
efficienza e trasparenza pienamente condivisi e ancor più validamente perseguibili con l’adozione di
innovativi modelli di Reti di Confidi.
Considerazioni sul progetto di legge delega al Governo per la
riforma del sistema dei Confidi
Ribadendo la piena condivisione degli obiettivi perseguiti con la proposta di legge, approvata in
prima lettura al Senato, ed attualmente all’esame della VI Commissione, declinabili in:
• Trasparenza
• Efficienza
• Armonizzazione
dell’intero sistema della garanzia, anche allorquando il conseguimento di questi ultimi passi attraverso
un complesso e oneroso processo di adeguamento e riorganizzazione interna dei Confidi – nella chiara
consapevolezza che ciò rappresenta un passaggio obbligato ai fini della valorizzazione del loro ruolo
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Autore: Confidi Rating Italia
all’interno di un contesto ormai profondamente mutuato – si riafferma l’assoluta non condivisione
su:
• l’introduzione di una soglia dimensionale minima dei Confidi
• l’omologazione dei confidi agli intermediari finanziari senza le stesse opportunità.
In questa ottica si intende svolgere qualche utile e più puntuale riflessione sulla proposta di legge in
esame al fine di offrire al decisore pubblico nuovi spunti.
La patrimonializzazione dei confidi (Art. 1, comma 1 lettere a) e b) della proposta
di legge)
L’esperienza di questi ultimi anni di crisi ha ampiamente mostrato come il credito concesso alle imprese
(ancorché razionato) non sia stato in grado di portare il PIL in crescita. Gli impieghi realizzati dal sistema
bancario, quindi, non hanno finanziato lo sviluppo economico del Paese. La stessa considerazione è
mutuabile per il sistema della garanzie che, come mostrano i trend sopra esaminati, non è stato in grado
di assicurare maggior credito alle pmi e, soprattutto, credito finalizzato allo sviluppo. Gli interventi di
sostegno pubblico al comparto evidentemente non sempre hanno prodotto i risultati sperati (sarebbe
interessante misurare le numerosissime forme di aiuto elargite quanti benefici abbiano realmente
prodotto al sistema economico tenuto anche conto della mole di escussioni subite dal Fondo di Garanzia
Centrale).
Occorre a questo punto evitare di replicare gli errori del passato. Il rafforzamento patrimoniale del
sistema dei confidi, certamente utile misura per valorizzare l’azione di sostegno alle pmi, non può che
passare attraverso una “selezione mirata” degli operatori, evitando ricadute su quella parte di confidi
che sono stati gestiti in maniera da esporre i rispettivi organismi a significativi rischi o all’incapacità di
far fronte agli impegni assunti.
Allorquando i bilanci dei confidi riflettono per mille ragioni una situazione non buona – che non dà cioè
garanzia di solvibilità – occorre prenderne atto ed agire di conseguenza al fine di evitare il
consumo di capitali che potrebbero essere investiti con maggiore profitto.
Possibili forme di aiuto devono cioè essere rivolte a finanziare lo “sviluppo” delle imprese evitando
il rischio che siano, invece, disperse nella copertura di costi di struttura eccessivi o assorbite
esclusivamente da finalità di ripianamento di situazioni di default pregresse (che, come detto,
rappresentano fenomeni non ancora smaltiti dal sistema Confidi con il rischio, in taluni casi, di drenare
ricchezza che non produrrebbe sviluppo).
La piena applicazione della riforma prevista dal TUB che investe anche i Confidi minori (con la
costituzione e avvio dell’Organismo ex art. 112-bis e la concreta adozione dei nuovi schemi di bilancio
standardizzati che favoriscono l’accountability dei Confidi) consentirà finalmente di misurare, e
confrontare fra loro, in maniera trasparente ed efficace, le perfomance di tutti gli organismi di garanzia
potendo validamente orientare le scelte degli enti pubblici e privati che intendano contribuire alla
patrimonializzazione dei Confidi.
Fino ad allora, tuttavia, occorre comunque pensare ad un sistema provvisorio di contribuzione in grado
di evitare i paventati rischi.
Allo scopo appare particolarmente valida la previsione di misure di agevolazione volte (ad es. nei
prossimi tre anni) alla costituzione di Fondi Rischi Accentrati (costituiti inizialmente presso un
Istituto bancario tesoriere selezionato in esito ad apposito bando di gara pubblica) sui quali i singoli
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Autore: Confidi Rating Italia
Confidi, con modalità di accesso “a sportello”, possano disporre il rilascio di garanzie in favore delle pmi
partecipando al rischio, in quota parte, attraverso una forma di contribuzione (privata) con
versamento di mezzi finanziari propri.
Alla scadenza del periodo transitorio le risorse effettivamente impegnate da ciascun confidi
potrebbero quindi essere da questi definitivamente patrimonializzate. Potrebbero, altresì, introdursi
meccanismi di premialità in rapporto alla capacità di ciascun organismo di attivare un effetto leva in
termine di moltiplicatore sui finanziamenti garantiti.
Un sistema di contribuzione così congeniato reca il vantaggio di operare una “naturale” selezione a valle
dei Confidi potendo veicolare le risorse pubbliche verso quegli organismi che dispongono già di quote
libere di patrimonio da poter impiegare nell’ottenimento di “nuovo” credito alle pmi7 potenziandone la
portata. Ciò assicurerebbe, in altri termini, la patrimonializzazione (prospettica) dei Confidi “solvibili”
e probabilmente più virtuosi, caratterizzati da un miglior rapporto Garanzie/Patrimonio.
In questo ambito la posizione di quanti ritengono necessaria una revisione del valore minimo di
capitale sociale e patrimonio fissato dalla Legge Quadro dei Confidi, oltre che l’introduzione di un
numero minimo di imprese associate, va fortemente avversata.
Si è già mostrato infatti come i parametri dimensionali non siano di per sé espressivi della solidità di un
dato Confidi. Dimensioni maggiori non assicurano affatto la qualità dei Confidi risultando a volte vero
l’esatto contrario (si ricorda come quasi un terzo dei confidi vigilati è stato giudicato “a rischio” da
Cerved). Discriminare questi organismi in funzione del numero di iscritti o del capitale
sociale/patrimonio – che già la Legge Quadro ha provveduto a fissare ad una soglia minima – appare
dunque del tutto privo di senso e forse più rispondente a sterili esigenze di tutela e conservazione di
stabili privilegi non più giustificati dal momento storico che stiamo vivendo.
Sul punto è d’uopo altresì ricordare come anche l’Antitrust abbia recentemente sanzionato forme di
sostegno destinate esclusivamente ai Confidi vigilati (quindi discriminatorie sulle dimensioni).
Non vi è, pertanto, alcuna valida ragione di opportunità che possa giustificare la spinta, fuori dal
mercato, di organismi che si presentano “solvibili”, ben equilibrati e con patrimoni “da spendere” in
ragione esclusivamente delle loro ridotte dimensioni (probabilmente semplicemente espressione delle
specificità del settore o dell’area geografica in cui essi operano).
Allo stesso tempo, si fa osservare, come l’elevazione delle soglie minime dimensionali rappresenterebbe
una ingiustificata barriera all’ingresso che verrebbe ad essere imposta sul mercato alla creazione di
nuovi organismi di garanzia. La proposta di legge in esame, approvata dal Senato, ha invece già
inteso salvaguardare questi ultimi attraverso l’espresso divieto, contemplato all’art. comma1 lettera b),
di previsione di vincoli territoriali che possano pregiudicare l’accesso alla contribuzione di enti pubblici
7
Inteso nell’accezione di “credito non destinato al ripianamento di passività pregresse”.
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Autore: Confidi Rating Italia
dei confidi nuovi. Principio che giudichiamo pienamente condivisibile ritenendo inadeguato soffocare
la naturale spinta del mercato alla nascita di nuovi Confidi8.
Il discrimine fra Confidi meritevoli di sostegno in termine di patrimonializzazione e quelli non meritevoli
non può che essere operato in rapporto a caratteristiche quali il loro grado di solidità patrimoniale,
solvibilità, equilibrio economico, professionalità, efficacia degli interventi avendo anche riguardo al
fenomeno delle Reti di Confidi.
Il riordino della filiera della garanzia (art. 1 comma 1 lettera c) della proposta di
legge)
Le esigenze di razionalizzazione della filiera della garanzia ne suggeriscono una revisione nell’obiettivo
di massimizzare l’efficacia dell’impiego delle risorse pubbliche favorendo, al contempo, un rapporto
sinergico in particolare tra i confidi ed il Fondo Centrale di Garanzia.
Si è già visto quanto negli ultimi anni il ricorso alla garanzia diretta di quest’ultimo da parte del sistema
bancario sia stata causa di disintermediazione dei Confidi (discriminati da uno svantaggio competitivo
causato dall’avere una copertura a garanzia sui finanziamenti pari al 64% contro l’80% fruibile dalle
anche in garanzia diretta). È allo stato in corso, a cura del Ministero dello Sviluppo Economico, una
revisione delle modalità di accesso alla garanzia del Fondo basata sull’adozione di un modello di rating
che modulerà la percentuale di copertura in garanzia in funzione della diversa rischiosità associata a
ciascuna impresa ammissibile. L’innovazione rifletterà certamente un primo probabile
ridimensionamento dell’accesso da parte delle Banche. Circostanza che dovrebbe riportare in posizione
di centralità i Confidi.
Sulla via della valorizzazione delle relazioni sinergiche all’interno del sistema garanzia si giudica
certamente con favore l’opportunità di riservare un diverso canale di accesso alla Controgaranzia
dei Confidi (che manterrebbe immutata l’odierna copertura loro offerta dal Fondo Centrale) ritenendo
tuttavia opportuno l’introduzione di misure aggiuntive volte ad incentivare direttamente le imprese
all’adozione di una politica di miglioramento prospettico del proprio rating mediante l’aiuto fattivo che
i Confidi possono loro offrire in termini consulenziali e di professionalità.
A tale scopo il risparmio di risorse pubbliche che probabilmente si realizzerà per effetto delle mutate
condizioni di accesso al Fondo Centrale (in termini di minor assorbimento del Fondo per
diversificazione della percentuale di copertura a garanzia dei finanziamenti assistititi), o parte di esso,
potrebbe essere impiegato per l’introduzione di un fattore di premialità a vantaggio delle imprese
più virtuose. Tale potrebbe essere ad esempio un contributo agli interessi, da riconoscersi alle
imprese con rating migliori tra quelle che accedono alla controgaranzia del Fondo Centrale, da gestirsi
8 Spesso l’evidenza empirica ci ha mostrato casi di start-up che, connotate da un forte carattere di
innovazione a differenza delle imprese operanti da lunga data sul mercato, nel giro di breve termine
diventano esempi di strabiliante successo.
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Autore: Confidi Rating Italia
attraverso gli stessi Confidi che hanno offerto loro garanzia. Una simile tipologia di sostegno è di doppio
stimolo:
• Per le imprese che ricevono materialmente un beneficio tangibile in vista del quale risultano
spronate a migliorare i propri parametri aziendali attraverso il ricorso alla consulenza specialistica
(della cui valenza strategica si dirà ampiamente al paragrafo che segue);
• Per i Confidi invogliati ad accrescere ed affinare le proprie professionalità, al servizio degli
associati, al fine di ottenere un vantaggio competitivo sul mercato spendibile in termini di aiuto
pubblico veicolato alle imprese.
Alternativamente, qualora l’ipotesi prospettata non fosse di semplice realizzazione, è possibile
raggiungere i medesimi risultati semplicemente riservando l’accesso alla controgaranzia del Fondo
Centrale alle imprese che usufruiscono, durante il periodo di rimborso del prestito, di uno o più servizi
consulenziali resi dai Confidi richiedenti l’intervento al fine di migliorarne, nel tempo, il rating. Ciò
analogamente a quanto già previsto all’interno della regolamentazione disciplinante la concessione di
operazioni di microcredito.
Paradossalmente incentivando un sistema virtuoso di questo tipo è possibile affermare che le forme di
patrimonializzazione sui confidi sarebbero addirittura superflue.
Sperimentare un simile tipo di rapporto sinergico tra Fondo Centrale di Garanzia e Confidi avrebbe,
inoltre, l’ulteriore merito di prevenire un altro sfavorevole effetto prodotto dalla disintermediazione di
questi ultimi: l’applicazione di tassi di interessi liberi da parte delle Banche.
Riassegnando un ruolo di centralità ai Confidi (attraverso la valorizzazione delle controgaranzia del
Fondo Centrale) le imprese si avvantaggiano della funzione di filtro che i Confidi svolgono nella misura
in cui questi concordano preventivamente in convenzione i tassi ad esse applicabili dalle banche partner
(si potrebbe, ad esempio, immaginare di calibrare, con accordi contrattuali ad hoc, i tassi applicabili alle
imprese in funzione delle classi di rating assegnate dal Fondo Centrale di Garanzia. Ciò fermo restando
la tipologia di metodo di valutazione adottato internamente o meno dalle Banche e gli effetti che esso
produce sugli assorbimenti patrimoniali).
Potenziamento servizi e sviluppo strumenti innovativi (art. 1 comma 1 lettera d)
della proposta di legge)
Analizzando il contesto di riferimento e l’esperienza avuta dai confidi in questi ultimi anni di crisi si è
chiaramente mostrato come:
• Il credito alle pmi si sia considerevolmente contratto,
• La ragione principale di tale contrattura è da rinvenire negli elevati tassi di sofferenza fatti registrare
dalle imprese (specie medio-piccole),
• L’impatto (ancora in divenire) sui patrimoni delle banche della grossa mole di sofferenze
conseguenti alla crisi è tale da compromettere inevitabilmente le capacità prospettiche del sistema
di concedere nuovo credito alle imprese, cui si aggiunge il progressivo dichiarato abbandono da
parte delle banche del segmento del credito di piccolo importo in quanto giudicato non più
conveniente sotto il profilo economico e reddituale.
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Autore: Confidi Rating Italia
Le dinamiche economiche e le nuove regole del mercato finanziario hanno dunque profondamente ed
irreversibilmente mutato il rapporto tra banche e imprese. Se queste sono le premesse è inevitabile
giungere al alcune considerazioni di fondo.
Se, da un lato, è impossibile agire sulle banche affinché riducano la severità crescente con cui
continueranno a valutare il merito di credito delle imprese, non altrettanto impossibile è impattare sul
vero anello debole della catena: cioè le imprese. Occorre infatti prendere consapevolezza del fatto che
la vera fragilità del sistema è proprio nelle imprese.
È, perciò, necessario un radicale cambio di mentalità, in primis in seno allo stesso sistema dei Confidi i
quali devono imparare che non è più possibile sostenere le imprese con la filosofia del “medico pietoso
che fa le piaghe verminose”. Del medico, cioè, che per risparmiare sofferenze al proprio paziente non
adotta le cure necessarie alla sua guarigione.
Il credito erogato in questi ultimi anni che, come già osservato, non è servito a finanziare lo sviluppo
economico del Paese, probabilmente ha operato proprio con questa erronea filosofia palesando la scarsa
attitudine (delle banche ma anche degli stessi Confidi) a prevedere le capacità prospettiche di
rimborso delle imprese affidate. Occorre perciò smetterla di incoraggiare la pigrizia delle imprese
stimolandone, invece, l’innovazione.
Tutti gli operatori, compreso il soggetto pubblico, devono quindi aprirsi a questa nuova consapevolezza:
non è più sostenibile veicolare credito “a pioggia” sulle imprese senza tener conto delle loro future
capacità di far fronte agli impegni assunti in quanto interventi finanziari realizzati su imprese
gravemente squilibrate non soltanto non sono risolutivi del problema ma, addirittura, ne aggravano
la portata amplificandone le ricadute in termini sia economici che sociali (dato il frequente
coinvolgimento di garanzie personali e/o reali dei familiari del piccolo imprenditore finanziato).
Il primo passo da affrontare, perciò, è nella riqualificazione delle piccole e medie imprese.
La realtà mostra come le pmi non predispongono linee guida contro i rischi verso i quali risultano essere
pericolosamente impreparate.9 Con la crisi molte aziende si sono ritrovate in difficoltà proprio per
difetto di capacità previsionali, le competenze dei Confidi possono, in questo ambito risultare
funzionali alla loro “immunizzazione”. Per questo però occorre rimuovere i limiti fortemente
astringenti che ne circoscrivono l’attività alla sola prestazione di garanzia.
«Le pmi italiane sono per loro natura rapidissime a cambiare pelle, adattarsi, reagire ed infilarsi in
ogni nicchia quando se ne presenta l’occasione. Sono spesso più creative di fronte alle situazioni
negative, hanno un management agile, in grado di modificare la visione nel breve e medio periodo».
Tuttavia scontano un limite che può essere letale: «Spesso si fidano troppo della propria capacità di
reazione, dell’intuito; non si fermano a creare schemi d’azione predefiniti o a domandarsi quali asset
chiave dovrebbero meglio preservare. Lavorano bene nell’emergenza ma contano troppo sul fatto di
saper reagire improvvisando». Lucio Silvio Casati (country head risk engineering di Zurich Italia)
9
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Autore: Confidi Rating Italia
Ipotesi di intervento dovrebbero, pertanto, favorire l’innovazione del ruolo che i Confidi sono chiamati
a svolgere in termini di contributo alla riqualificazione delle imprese. Contributo che può essere
assicurato mediante l’erogazione di servizi di assistenza e consulenza finanziaria e direzionale
da offrire alle imprese. Ciò nel primario obiettivo di assegnare ai Confidi il compito di promuovere la
divulgazione di una adeguata cultura d’impresa che favorisca l’adozione di stili direzionali non più
improvvisati.
La conoscenza delle imprese e soprattutto la disponibilità di adeguate competenze rendono, infatti, i
Confidi soggetti particolarmente funzionali a rendere questo tipo di supporto alle imprese che vanno
rese consapevoli che il bilancio (e soprattutto i dati che esso esprime) non può più limitarsi a riportare
informazioni assolutamente insufficienti e prive di significato (perché sterilmente calibrate su contenuti
minimi di legge) e soprattutto a rappresentare situazioni negative e squilibrate dell’azienda. I bilanci
nebulosi, infatti, sono inservibili per chi deve prendere decisioni di credito (sia esso una Banca o un
fornitore).
La trasparenza, tuttavia, e quindi la capacità di comunicare validamente con i propri stakeholders, è solo
il primo passo. La vera sfida che i Confidi sono chiamati ad affrontare è quella di riuscire, con la
consulenza continuativa, ad assicurare un supporto regolare alla pianificazione finanziaria, al
controllo di gestione e direzionale al fine di perseguire obiettivi di stabile equilibrio
economico, patrimoniale e finanziario, con lo stimolo a produrre autofinanziamento che è il
vero elemento cruciale per la sostenibilità dell’indebitamento aziendale.
La revisione dell’attività consentita ai Confidi nel senso di un suo generale ampliamento, come sopra
descritto è dunque, come detto, funzionale a riportare l’impresa, in via prospettica, sul circuito del
credito per il quale, come ricordato, il driver per la sua erogazione è (e rimarrà) il “rischio”.
Ciò, tuttavia, non deve distogliere l’attenzione dal fatto che in questo particolare momento storico è più
che mai essenziale cercare di sviluppare dei canali di finanziamento alternativi. Canali che si
sono strutturati e che stanno crescendo lentamente ai quali gli operatori guardano con fiducia e che
possono rappresentare, in prospettiva, un valido antidoto al credit crunch. L’ “ecosistema”
complementare ai canali di finanziamento bancario assume oggi svariate forme (specie nel comparto
fintech) quali: il social lendig, le piattaforme di crowdfunding, i circuiti di moneta complementare, ecc.
Questa spinta innovativa che opera all’interno del mercato non può essere ignorata dal sistema delle
garanzie. Ecco perché una revisione dell’attività consentita ai Confidi, nel senso di un suo ampliamento,
si rivela, anche in riferimento a questi nuovi filoni di interventi, assolutamente necessaria e obbligata.
Di fronte ad un sistema bancario che ha progressivamente disintermediato i Confidi e ridotto i propri
impieghi sulle imprese diviene quanto mai strategico favorire la riduzione della eccessiva dipendenza di
queste ultime dal circuito bancario prevenendo le criticità ricollegate alla scarsa disponibilità prospettica
di credito.
Proprio in questa direzione, dell’ampliamento delle fonti di finanziamento e delle possibilità di reperire
credito, è qui avanzata una proposta di complessiva revisione della normativa di settore che contempli
un funzionale arricchimento delle attività riservate ai Confidi (vigilati e minori) secondo le seguenti
direttrici.
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Autore: Confidi Rating Italia
PER I CONFIDI VIGILATI
PER I CONFIDI MINORI
FINALITA’ PERSEGUITA
FINALITA’ PERSEGUITA
Incrementare le possibilità per le pmi di
ottenere credito
Incrementare le possibilità per le pmi di
ottenere credito
Eliminare limitazioni di attività
(ingiustificate in quanto trattasi di soggetti
sottoposti alla vigilanza Banca D’Italia con
conseguenti oneri economici paritetici agli
Intermediari Finanziari ma attualmente
privi delle medesime opportunità di
business)
Promuovere la riqualificazione delle pmi e
il miglioramento del rating
PRINCIPI DI REVISIONE
PRINCIPI DI REVISIONE
Eliminazione del carattere “residuale”
dell’attività di erogazione di piccolo credito
diretto e delle connesse limitazioni stabilite
da Banca d’Italia
Rimozione del carattere di “esclusività”
dell’attività di garanzia collettiva dei fidi e
introduzione (in aggiunta alle attività già
consentite) di:
Armonizzare le normative vigenti per le
attività dei Confidi
•
Prestazione dei servizi di consulenza e
di pianificazione finanziaria e
direzionale
−
−
In via autonoma rispetto alla garanzia
In via obbligatoria in ipotesi di
prestazione di garanzia
•
Attività finalizzata al reperimento per le
pmi di ogni forma di credito disponibile
sul mercato anche senza la prestazione
di garanzia
•
Erogazione di piccolo credito a
condizione che siano accompagnati
dalla prestazione di sevizi di consulenza
•
Estensione della garanzia del Fondo ex
Lg. 108/96, art. 15 ad Intermediari
Finanziari e ad ogni altro soggetto
operante nel settore finanziario (ivi
compresi i Confidi vigilati da Banca
d’Italia)
PER LE RETI DI CONFIDI
FINALITA’ PERSEGUITA
Incentivo alla creazione di reti di confidi per migliorarne l’efficienza, promuoverne lo sviluppo
armonico, favorirne l’innovazione
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Autore: Confidi Rating Italia
PRINCIPI DI REVISIONE
Ampliamento della gamma di attività riservate ai Confidi che aderiscono ad una Rete con
l’introduzione di
•
Gestione di fondi pubblici di agevolazione da parte di tutti i Confidi aderenti alla Rete
(quindi anche dei “minori”)
•
Finanziamenti tra Confidi aderenti alla stessa Rete
In particolare le delineate ipotesi di intervento sulla regolamentazione delle Reti di Confidi si
inseriscono in un quadro di opportunità di sostegno ed incentivo a forme di aggregazione fra gli
organismi di garanzia. Esse assumono infatti una valenza particolare nel perseguire esigenze di
qualificazione e rafforzamento del sistema dei Confidi promuovendo una serie di vantaggi tra cui:
ottimizzazione dell’attività, condivisione delle best practice, affinamento e omogeneizzazione delle
procedure istruttorie, miglioramento della capacità negoziale verso i partner, coordinamento delle
professionalità per la ricerca e definizione di nuovi prodotti e processi innovativi ed infine, ma non in
ultimo, riallocazione più efficiente di fondi infragruppo.
In questa ottica si ritiene quanto mai proficuo introdurre forme di incentivo, quale quelle sopra elencate,
con funzione di stimolo alle aggregazioni fra Confidi che, si auspica, possano avere maggiori possibilità
di evoluzione verso un modello in cui il Confidi baricentro diventi vera e propria Banca delle PMI con i
Confidi minori che fungano da sportelli territoriali.
Nella stessa logica di potenziamento del ruolo dei confidi e di sviluppo di strumenti innovativi va
ricondotta, infine, la proposta sopra avanzata di revisione dei principi di intervento che regolano il
funzionamento del Fondo di Garanzia costituito ai sensi della Lg. 108/96. Nella primaria esigenza
di massimizzare l’efficacia degli strumenti esistenti (oltre che di quelli di nuova emanazione),
considerata la portata dell’evoluzione, anche normativa, intervenuta nel comparto finanziario in questi
anni intercorsi dall’emanazione della normativa di riferimento sino ad oggi, è quanto mai opportuno un
adeguamento della stessa allo scopo di consentire l’intervento del Fondo ex Lg. 108/96 per il rilascio di
garanzie, non soltanto a favore delle Banche, ma anche a favore degli altri intermediari finanziari
e soggetti operanti nel mercato del credito purché sottoposti a forme di vigilanza delle autorità di
settore.
Valutazione degli impatti della garanzia sui sistemi economici (art. 1 comma 1
lettera l) della proposta di legge)
In relazione a questo specifico punto del disegno di legge delega si concorda pienamente sull’opportunità
e necessità di misurare l’impatto che la garanzia produce sul sistema economico. Verifica che andrebbe,
però, condotta dando ulteriore evidenza della parte di garanzie riconducibili alla contribuzione privata
(dei Confidi) e di quella, invece, di origine pubblica.
È fondamentale, tuttavia, al fine di pervenire ad una misurazione efficace sviluppare modelli e
metodologie di analisi che siano in grado di attingere validamente a tutte le informazioni (quanto più
complete possibili) di sistema per la quantificazione di quella parte di garanzie originate dalle più varie
forme di contribuzione pubblica che si riscontrano sui territori ed in ambito nazionale (ivi compresa
quella non poco rilevante che passa per il Fondo Centrale di Garanzia).
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Autore: Confidi Rating Italia
L’impiego di modelli econometrici è certamente auspicabile e utili nella misura, tuttavia, in cui sia
assicurata la precisione e completezza delle rilevazioni, punto di partenza imprescindibile per addivenire
a risultati attendibili. Certamente si reputa che le Camere di Commercio, attraverso Unioncamere,
possano avere un ruolo primario nella costruzione dei modelli di calcolo.
Certi si è, comunque, che l’utilizzo di un valido sistema di misurazione oltre che a dare conto della
ricaduta che la garanzia ha sul territorio ha una valenza ancor più strategica nella misura in cui è atto ad
orientare le scelte di politica economica statali e regionali in quanto facilita la selezione degli
operatori più virtuosi ovvero quelli che, a parità di risorse ricevute sono in grado di massimizzare la
ricaduta positiva sulle imprese.
CONCLUSIONE
Ampiamente positiva appare la volontà del legislatore di avviare una riforma strutturata ed omogenea
del sistema dei Confidi.
Affinché essa possa essere validamente formulata non è possibile prescindere dal considerare le
particolari caratteristiche del contesto economico di riferimento.
In diretta conseguenza dei fenomeni collegati al manifestarsi del deteriorato il credito è stato
sensibilmente contratto per le piccole e medie imprese e la situazione non è destinata a cambiare
nell’immediato futuro. La grossa mole di sofferenze che il sistema bancario ancora non riesce a smaltire
e che incombe latente anche sui Confidi obbliga il decisore pubblico a rivedere i principi di riordino del
sistema in una logica che miri a rafforzare i Confidi più solidi.
Il processo normativo che ha portato all’evoluzione dei Confidi vigilati da Banca d’Italia, prima, e dei
Confidi minori, ancora in itinere, sebbene oneroso, assicura ormai tutti gli strumenti per una proficua
comparazione e misurazione dell’efficienza e efficacia di tutti gli organismi grandi e piccoli.
La migliore certificazione degli operatori che ne consegue deve, allora divenire il fondamentale
discrimine nell’orientare le politiche di intervento pubblico nella misura in cui se ne voglia massimizzare
l’efficacia.
Valgono, cioè, per i Confidi le medesime considerazioni formulabili per le imprese, il loro potenziamento
può essere giudicato proficuo solo nella misura in cui siano valorizzati i Confidi meritevoli, ovvero capaci
di stare sul mercato. Tutto questo, però, non ha nulla a che vedere con le dimensioni più o meno ampie
di ciascun organismo. Se così non fosse non avrebbe avuto alcun senso l’istituzione di un Organismo per
la tenuta dell’elenco dei Confidi minori e i conseguenti oneri a questi imposti in termini di adozione di
un bilancio standardizzato praticamente riproduzione di quello degli Intermediari Finanziari.
Al contrario l’applicazione dei principi di trasparenza, armonizzazione ed efficienza (si ribadisce,
ampiamente condivisi) rappresenta esattamente il naturale presupposto alla volontà di valutare il
merito dei Confidi (ovvero la loro capacità di operare in condizioni di piena sostenibilità sul piano
economico e patrimoniale) permettendone la comparazione anche tra strutture di dimensioni molto
differenti tra loro.
Ciò posto si ritiene che una ipotesi di riassetto del sistema della garanzia deve operare nell’ottica della
costruzione di un modello che stimoli all’innovazione dei servizi (non è più pensabile proteggere il
mercato dei confidi sull’impianto tradizionale), in specie volti alla progressiva (ri)qualificazione delle
imprese assistite, all’apertura dell’attività esercitabile verso nuove fonti di credito in recepimento
delle spinte che naturalmente provengono dal mercato.
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