La “coppia killer” dell`ospedale di Saronno non può

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La “coppia killer” dell`ospedale di Saronno non può
La “coppia killer” dell’ospedale di Saronno non può
essere licenziata
In base al contratto del comparto sanitario, il medico e l’infermiera non possono essere licenziati fino alla
sentenza di Cassazione. Ora sono sospesi dal lavoro e percepiscono metà dello stipendio, ma per assurdo
potrebbero anche tornare in servizio. Lo spiega Luca Failla, avvocato del lavoro
di Lidia Baratta
20 Dicembre Dic 2016 1000 20 dicembre 2016 20 Dicembre 2016 - 10:00
Leonardo Cazzaniga e Laura Taroni, gli amanti dipinti dai giornali come il “dottor morte” e
l’“infermiera killer” dell’ospedale di Saronno, sospettati di essere i responsabili di diversi
omicidi in corsia, non potranno essere licenziati, anche a fronte di prove evidenti. Anzi,
dopo aver letto tutti le intercettazioni sulla somministrazione ai pazienti di farmaci oltre le dosi
consigliate, potremmo rivederli in camice, di nuovo in servizio, di nuovo in corsia. Non è uno
scherzo né un errore giudiziario. Ma «una conseguenza dell’applicazione del contratto collettivo
del lavoro sanitario che in virtù della presunzione di innocenza “blocca” anche il
licenziamento», denuncia Luca Failla, avvocato esperto di diritto del lavoro, socio dello studio
LabLaw. «Lo stesso contratto che stabilisce che in questo momento, nonostante i due amanti
siano in custodia cautelare, sospesi dal lavoro, percepiscano comunque la metà dello
stipendio».
Il contratto nazionale del comparto sanità, come molti altri contratti collettivi, prevede che il
dipendente oggetto di indagine e di restrizione della libertà personale in via cautelare non possa
essere licenziato fino all’eventuale condanna definitiva in Cassazione. L’unica misura possibile
per il datore di lavoro, in questo caso l’ospedale, è quella della sospensione dal lavoro finché
dura la custodia cautelare. Ma versando nel frattempo la metà della retribuzione. Se la
custodia cautelare dovesse cessare, poi, l’azienda sanitaria può revocare o prolungare la
sospensione per tutta la durata del procedimento. Con l’ipotesi che Leonardo Cazzaniga e Laura
Taroni (o anche di solo uno dei due) potrebbero chiedere e ottenere da un Giudice del lavoro di
rientrare in servizio in veste di medico o infermiera.
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Luca Failla
«Il caso di Saronno è la punta dell’iceberg di una stortura che deve essere risolta, in cui i
contratti collettivi tutelano in modo più stringente i lavoratori che sono coinvolti in
procedimenti penali rispetto a quelli che non lo sono e che invece possono essere
legittimamente licenziamenti. Così si finisce per tutelare di più i dipendenti che si sono
macchiati di fatti più gravi», spiega Failla. Per capire meglio basta fare un esempio: se in
un’azienda scoppia una rissa, il datore di lavoro può licenziare l’aggressore; ma se parte la
denuncia, l’aggressore non può essere licenziato. «Una volta avviato il procedimento penale
scatta la presunzione di innocenza prevista dalla Costituzione. Ma un conto è il procedimento
penale, un altro la valutazione della condotta del dipendente dal punto di vista lavoristico», dice
l’avvocato.
Il licenziamento del medico e dell’infermiera di Saronno, o del personale
sanitario che magari ha chiuso un occhio su quello che accadeva in corsia, non
potrà quindi avvenire fino alla sentenza di Cassazione. Nel frattempo, per
assurdo, potremmo rivederli di nuovo in camice, di nuovo in corsia
Il licenziamento del medico e dell’infermiera di Saronno, o del personale sanitario che magari
ha chiuso un occhio su quello che accadeva in corsia, non potrà quindi avvenire fino alla
sentenza di Cassazione. E considerati i tempi biblici della nostra giustizia penale, bisognerà
aspettare almeno dieci anni.
La situazione, fanno notare da LabLaw, diventerebbe ancora più paradossale nel caso in cui ci
fosse un patteggiamento, che non costituisce vera e propria sentenza di condanna. «Accade
sempre che, a seguito del patteggiamento», spiega Failla, «il Giudice del lavoro valuti la
sentenza in modo neutro, come elemento a favore dell’innocenza del lavoratore». Che quindi
non può essere licenziato.
certo, quello di Saronno è un caso limite che ha fatto scalpore. Con molta probabilità la custodia
cautelare non verrà sospesa, visto che c’è il pericolo di reiterare il reato. E anche se non
potranno essere licenziati, almeno per il momento il “dottor morte” e l’“infermiera killer”
potrebbero non tornare in servizio. Ma negli annali del diritto del lavoro ci sono anche casi
eclatanti di dipendenti che facevano il palo nelle rapine o altri che spacciavano droga in
carcere e, dopo il patteggiamento, il datore di lavoro è stato costretto a reintegrarli. «Le
organizzazioni sindacali hanno una grossa responsabilità in questo», dice Failla. «L’eccesso di
garantismo è stato trasformato in una stortura che tutela a prescindere i lavoratori anche quando
sono platealmente coinvolti in vicende che giustificherebbero il licenziamento in tronco».