messa a punto e validazione di un metodo di screening
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messa a punto e validazione di un metodo di screening
UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PERUGIA FACOLTÁ DI FARMACIA Corso di Laurea Specialistica in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche Dipartimento di Chimica e Tecnologia del Farmaco e Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche TESI DI LAUREA SPERIMENTALE MESSA A PUNTO E VALIDAZIONE DI UN METODO DI SCREENING IMMUNOENZIMATICO PER LA DETERMINAZIONE DI RESIDUI DI CHINOLONICI IN TESSUTI ANIMALI OPTIMIZATION AND VALIDATION OF AN IMMUNOENZYMATIC SCREENING METHOD FOR THE RESIDUES DETERMINATION OF QUINOLONES IN ANIMAL TISSUES Laureanda: Valeria Di Girolamo Relatori: Prof.ssa Luana Perioli Dott.ssa Roberta Galarini Anno Accademico 2007-2008 I-PARTE GENERALE 2 1. I CHINOLONI 1.1. Introduzione I chinoloni sono una classe di farmaci antimicrobici di origine sintetica nati in seguito alla scoperta casuale di un prodotto secondario della sintesi della clorochina (antimalarico) che possedeva una modesta attività nei confronti dei batteri Gram negativi. Il primo ad essere sintetizzato fu l’acido nalidissico che nel 1963 fu introdotto in terapia come chemioterapico delle vie urinarie. Il suo uso, tuttavia, è andato via via declinando a causa del limitato spettro d’azione e dei problemi di resistenza batterica [I]. L’acido nalidissico, oggi, non è più utilizzato in terapia ma alcune sue modifiche strutturali hanno determinato la sintesi di composti che presentano un notevole incremento dell’attività antimicrobica, un ampliamento dello spettro di azione e una riduzione dei fenomeni di resistenza acquisita, parallelamente ai minori effetti collaterali indesiderati. Si è quindi assistito alla sintesi di ben tre generazioni di chinoloni [II]. Dal punto di vista chimico, la struttura base dei chinoloni è quella di un eterociclico aromatico con anelli condensati e un gruppo chetonico in posizione 4. La maggior parte dei chinoloni presenta un solo atomo di azoto in posizione 1 (chinoline), ma alcuni possiedono due atomi di azoto in posizione 1 e 8 (naftiridine) o, ancora, tre atomi di azoto in posizione 1, 3 e 8 (piridopirimidine), come riportato in Figura 1. Inoltre va sottolineato che in posizione 3 è sempre presente il gruppo carbossilico che ha un ruolo fondamentale per le proprietà farmacologiche dei chinoloni [I, II]. 3 Figura 1- Nomenclatura dei chinoloni (da Corelli F. e Pasquini S. “Antibatterici chinolonici” http://www.farm.unisi.it/~corelli/Antibatterici _chinolonici.pdf) Tutti i chinoloni hanno in comune un identico meccanismo d’azione, caratterizzato dall’inibizione della subunità A della DNA-girasi batterica, nonché una resistenza batterica esclusivamente di tipo cromosomico e alcuni effetti indesiderati simili (fototossicità, neuro tossicità e tossicità cartilaginea) [I]. Siccome alcuni di questi farmaci sono impiegati nel settore zootecnico [I], la presenza di loro residui negli alimenti di origine animale è stata regolamentata a livello comunitario e sono stati fissati dei limiti massimi di residui (LMR) nel Regolamento 2377/90(1). Per questo motivo, infatti, la loro ricerca nei tessuti di alcune specie animali, nelle uova e nel latte è contemplata nei Piani di monitoraggio dei residui effettuati in conformità alle normative dell’Unione Europea (UE) [III]. 1 Regolamento 2377/90 del 26 giugno 1990 che definisce una procedura comunitaria per la definizione dei limiti massimi di residui di medicinali veterinari negli alimenti di origine animale (GUCE L 224/1 del 18.08.1990). 4 1.1.1. Chinoloni di prima generazione Nella maggior parte dei casi i chinoloni presentano una struttura biciclica, a eccezione della flumechina, dell’acido ossolinico e della cinossacina con struttura triciclica. L’acido nalidissico ha una struttura 1,8-naftiridinica, mentre gli altri sono derivati di naftiridine, pirido-pirimidine o cinoline (cinossacina). Oltre alla funzione chetonica in posizione 4, è sempre presente un gruppo carbossilico in 3. Sull’atomo di azoto N1 si ha molto spesso una sostituzione etilica. Sull’atomo di carbonio in posizione 7 le sostituzioni sono molteplici (metile, piperidina etc.). In Figura 2 sono riportate le strutture dei principali chinoloni appartenenti alla prima generazione. Dal punto di vista chimico, il passaggio strutturale che porta alla sintesi dei chinoloni di seconda generazione, si nota nella flumequina (sostituzione di un atomo di fluoro in posizione C6) e nell’acido pipemidico (sostituzione di un nucleo piperazinico in posizione 7) [II]. Figura 2- Chinoloni di prima generazione (da Corelli F. e Pasquini S. “Antibatterici chinolonici” http://www.farm.unisi.it/~corelli/Antibatterici _chinolonici.pdf) 5 1.1.2. Chinoloni di seconda generazione L’introduzione in posizione 6 di un atomo di fluoro e in posizione 7 di un anello piperazinico ha comportato le modifiche più significative per i chinoloni di seconda generazione, aumentandone l’attività antimicrobica, nonché lo spettro d’azione rispetto alle caratteristiche della molecola precursore, ovvero l’acido nalidissico. I principali composti appartenenti a questo gruppo sono riportati in Figura 3. Si può affermare che la norflossacina è stato il primo fluorochinolone propriamente detto, in quanto presenta non solo il fluoro in posizione 6, ma anche l’altro elemento strutturale fondamentale che è la piperazina in posizione 7. Le modifiche strutturali, inoltre, hanno contribuito a migliorare le caratteristiche farmacocinetiche, in particolare la biodisponibilità che permette, in molti casi, la somministrazione per via orale dei chinoloni di seconda generazione, nonché un aumento della capacità di diffusione tissutale complessiva. Il fluoro, infatti, potenzia l’attività contro i Gram positivi patogeni (Clostridium, Staphilococcus, Streptococcus), mentre l’anello piperazinico aumenta l’efficenza contro gli organismi Gram negativi (Escherichia coli, Pseudomonas aeruginosa, Salmonella enteritidis) [I, II]. 6 Figura 3- Chinoloni di seconda generazione (da Corelli F. e Pasquini S. “Antibatterici chinolonici” http://www.farm.unisi.it/~corelli/Antibatterici _chinolonici.pdf) 7 1.1.3. Chinoloni di terza generazione I nuovi composti di terza generazione, presentati in Figura 4, sono caratterizzati da un’aumentata complessità strutturale, che ha introdotto interessanti proprietà, quali l’attività contro i cocchi Gram positivi (in particolare S. pneumoniae) e, per alcuni, contro anaerobi e patogeni atipici. In alcuni casi la maggior potenza di azione e l’ampiezza dello spettro si coniugano con proprietà farmacocinetiche migliorate che permettono di somministrare questi farmaci una sola volta al giorno. Va sottolineato che non c’è comune accordo sulla classificazione dei chinoloni e alcuni autori suddividono le molecole in quattro generazioni [II]. Figura 4- Chinoloni di terza generazione (da Corelli F. e Pasquini S. “Antibatterici chinolonici” http://www.farm.unisi.it/~corelli/Antibatterici _chinolonici.pdf) 8 1.2. Proprietà acido-base Il gruppo carbossilico in posizione 3 conferisce ai chinoloni caratteristiche acide. I 7-piperazinilchinoloni possiedono gruppi amminici basici e quindi, in soluzione acquosa, questi mostrano tre differenti forme: cationica, zwitterionica e anionica. In Figura 5 è riportato lo schema di protonazione/deprotonazione della ciproflossacina, che si trova nella sua forma protonata in ambiente acido e in quella deprotonata in ambiente basico, mentre a pH neutro è in equilibrio con la sua forma zwitterionica dalla quale dipende la sua scarsa solubilità in acqua a pH fisiologico [II]. Figura 5- Schema di protonazione/deprotonazione della ciproflossacina (da Corelli F. e Pasquini S. “Antibatterici chinolonici” http://www.farm.unisi.it/~corelli/Antibatterici _chinolonici.pdf) 9 Diversamente, chinoloni come l’acido ossolinico, la flumechina e l’acido nalidissico possono avere solo due forme: neutra e anionica. Questi ultimi sono detti chinoloni acidi, mentre i chinoloni come la ciproflossacina, che possiedono l’anello piperazinico, sono detti anfoteri. I valori di pKa per i chinoloni acidi sono compresi nel range 6.0-6.9 mentre gli anfoteri hanno valori di pKa1 5.5-6.6 e di pKa2 7.2-8.9 [II]. 1.3. Relazione struttura-attività Lo studio delle relazioni tra struttura e attività farmacologica ha permesso di mettere in evidenza che la caratteristica indispensabile dei chinoloni, affinché si manifesti l’attività antibatterica, è la presenza del gruppo 1,4-diidro-4-piridon-3carbossilico, comune a tutti i chinoloni e, solo eccezionalmente, può essere sostituito da quello isosterico 1,4-diidro-4-piridazinon-3-carbossilico (sostituzione del CH= con –N=) [I]. Le proprietà antibatteriche dei chinoloni dipendono strettamente dalla funzione carbossilica libera in posizione 3, tanto che la sua sostituzione con un gruppo estereo, ammidico o con gruppi affini (CN, COCH3, SO2CH3) ne annulla l’attività. La presenza del gruppo chetonico in posizione 4, allo stesso modo, è indispensabile per l’inibizione della DNA-girasi. Tutti i fluorochinoloni sono caratterizzati dalla presenza di un atomo di fluoro in posizione 6 che ha portato ai miglioramenti di cui sopra. Anche i gruppi in posizione 7 influenzano significativamente l’inibizione della DNA-girasi e l’attività antibatterica. Piccoli radicali lineari, come -CH3, -Cl, -NH2, -NHCH3, hanno permesso di ottenere composti con spettro d’attività ristretto, benché più ampio di quello dell’acido nalidissico. Le sostituzioni con gruppi di maggiori dimensioni, come ad esempio gruppi piperazinici, 3-amino-pirrolidinici e 3-metilaminometil-pirrolidinici, hanno portato a composti caratterizzati da una minore potenza in vitro, ma con il vantaggio di garantire livelli plasmatici più elevati dopo somministrazione orale [I]. Il radicale piperazinico migliora, tra l’altro, l’attività anti-Pseudomonas dei fluorochinoloni. Infine l’aggiunta di atomi di Cl o F in posizione 8 non influenza negativamente l’inibizione della DNA-girasi, ma migliora la capacità del farmaco di penetrare nella cellula ed il suo assorbimento gastrointestinale [I]. 10 1.4. Meccanismo d’azione All’interno della cellula batterica si trova una grande quantità di DNA (circa 1 metro) contenuta in uno spazio ridotto (circa 1-2 micron). Per permettere che l’intero DNA sia compreso in una cellula di pochi micron di lunghezza, è necessario che il doppio filamento di DNA batterico subisca una forte compattazione, che può avvenire grazie ad un “superavvolgimento” del DNA. La formazione di un DNA tridimensionale superavvolto avviene grazie a numerose transizioni momentanee nella sua struttura, che lo portano a comprimersi e a ricostituirsi nella giusta configurazione. Sia le cellule procariote che eucariote sono dotate di due enzimi, la topoisomerasi I e la topoisomerasi II, in grado di promuovere le interruzioni nei filamenti di DNA e di cooperare, quindi, nel processo di superavvolgimento. La topoisomerasi I altera transitoriamente la topologia del DNA provocando interruzioni ed unioni su di un singolo filamento di DNA, mentre la topoisomerasi II determina interruzioni ed unioni su entrambi i filamenti della struttura a doppia elica del DNA. I batteri sono dotati di un particolare tipo di topoisomerasi II, la DNA-girasi, che introduce un superavvolgimento negativo nella molecola a doppio filamento del DNA batterico. Questo spiega la selettiva tossicità dei chinoloni nei confronti dei batteri, piuttosto che nei confronti dei mammiferi, che non possiedono questo particolare enzima. La DNA-girasi è costituita da due subunità, la A e la B, che devono agire contemporaneamente perché si realizzi il superavvolgimento. La subunità A contiene il sito di legame del DNA e sovrintende alla capacità di ricongiungere le interruzioni della doppia catena del DNA, mentre la subunità B sovrintende alla trasformazione di energia necessaria ed alla idrolisi dell’ATP tanto da essere ritenuta la reale responsabile dell’introduzione del superavvolgimento negativo nel doppio filamento di DNA. I chinoloni, e in particolare i fluorochinoloni, esercitano, quindi, la loro azione tramite il meccanismo di inibizione selettiva della DNA-giarasi, soprattutto a livello delle sue subunità. Si ritiene infatti che l’inibizione della DNA-girasi batterica sia il fondamentale meccanismo con il quale questi farmaci esercitano i loro effetti battericidi. I meccanismi molecolari che bloccano la replicazione del DNA del microrganismo non sono però ancora completamente noti. L’interruzione della sintesi di proteine batteriche e di RNA sembra essere il 11 fenomeno intracellulare indispensabile per il definitivo espletamento dell’attività battericida [I]. 1.5. Spettro antimicrobico I fluorochinoloni sono farmaci molto attivi a concentrazioni estremamente basse, rispetto ai più tradizionali antibatterici come le penicilline, le cefalosporine, le tetracicline, i macrolidi e gli inibitori dell’acido folico. La suscettibilità di un certo microrganismo ai singoli composti del gruppo può tuttavia variare in misura considerevole, pur essendo questi strutturalmente e chimicamente simili. In linea generale, i fluorochinoloni sono attivi nei confronti di bacilli e cocchi Gram negativi intestinali (E. Coli , Kelbsiella spp., Shigella spp., ecc.) e di altri Gram negativi come Salmonella spp.,Yersinia spp., Aeromonas spp., Proteus spp. e Pseudomonas aeruginosa. Sono attivi però anche nei confronti di Gram positivi come Staphilococcus aureus e Staphilococcus epidermidis, Haemophilus spp., Neisseria spp. e Campylobacter spp. e rivelano attività variabile nei confronti della maggior parte dei ceppi di streptococco, tra cui Streptococcus pyogenes, streptococchi emolitici dei gruppi B, C, F e G, Streptococcus pneumonite ed Enterococcus faecalis. Molti cocchi anaerobi, come Clostridia e Bacteroides, sono invece insensibili a questo tipo di farmaci. Nei confronti di alcuni batteri si è riscontrato anche un prolungato effetto post-antibiotico, come nel caso della norflossacina nei confronti dello Staphilococcus aureus, E. Coli, ecc [I]. 1.6. Usi terapeutici in medicina veterinaria In medicina umana i chinoloni sono impiegati principalmente per curare numerose infezioni microbiche a carico delle vie genito-urinarie e respiratorie e, grazie alle loro interessanti proprietà, il loro uso è stato largamente esteso anche alla medicina veterinaria. Trattandosi, infatti, di composti notevolmente meno tossici, ma con spettro antimicrobico simile, degli aminoglicosidi, i chinoloni stanno assumendo il ruolo di farmaci di elezione per il trattamento delle infezioni gravi da Gram negativi negli animali da allevamento, domestici e in acquacoltura. In particolare alcuni di loro come norflossacina, enroflossacina e ciproflossacina, vengono utilizzati per curare infezioni (complicate e non) delle 12 vie urinarie nel cane e nel gatto. Inoltre, i fluorochinoloni (in particolare l’enroflossacina) sembrano raggiungere anche nel tessuto prostatico concentrazioni sufficienti a curare le prostatiti batteriche [I]. Le principali applicazioni dei fluorochinoloni riguardano comunque il trattamento delle infezioni delle vie respiratorie e del tratto gastrointestinale, principalmente in animali d’allevamento. Questi infatti, in particolare la norflossacina, raggiungono, nel tessuto polmonare di molti animali, concentrazioni superiori a quelle sieriche, tali da risultare superiori alle MIC (concentrazione inibente minima) per molti patogeni. D’altra parte, la decolonizzazione selettiva dell’apparato gastrointestinale, che si verifica dopo somministrazione di chinoloni, risulta vantaggiosa per trattare le infezioni da microrganismi sensibili che qui si instaurano. L’enroflossacina è il fluorochinolone più usato nell’UE per il trattamento delle infezioni, soprattutto nell’allevamento avicolo e suinicolo [IV]. La flumechina, sembra essere il fluorochinolone principalmente utilizzato, sottoforma di pellets commestibili, nella produzione di alimenti medicati ad uso zootecnico per l’acquacoltura e per il pollame, grazie alla sua efficacia sia nella terapia che nella prevenzione di molte infezioni batteriche [IV]. Studi effettuati somministrando flumechina a galline ovaiole in una dose pari a 200 mg/L d’acqua per 5 giorni consecutivi, mostrano la presenza di residui nelle uova a partire dal secondo giorno di trattamento fino all’undicesimo giorno dopo il termine dello stesso. I residui si distribuiscono principalmente nell’albume [I]. L’acido ossolinico è stato autorizzato per il trattamento delle infezioni in pesci, bovini, suini e pollame per via orale [IV]. Può essere somministrato tramite alimenti, acqua o come compressa. Esso è velocemente assorbito in seguito a somministrazione orale, ma tale assorbimento è variabile e può dipendere dalla specie animale, dalla formulazione del farmaco, dalla dieta dell’animale e dallo stadio della malattia. Quando ai polli viene somministrato acido ossolinico per un certo periodo di tempo, alla fine del trattamento è possibile evidenziare residui di tale farmaco nel fegato, nei reni e nel muscolo. Per questo motivo le uova, insieme al tessuto muscolare e ai mangimi, sono alcune delle matrici previste per la ricerca di residui di chinolonici nei piani di monitoraggio degli alimenti di origine animale [I]. 13 1.7. Resistenza e tossicità L’unico meccanismo noto tramite il quale i batteri possono manifestare resistenza nei confronti dei chinoloni è quello di una modificazione cromosomiale, la quale può comportare alterazioni dell’enzima bersaglio (DNAgirasi), principalmente a carico della subunità A, o provocare ridotta capacità del farmaco di penetrare all’interno della cellula microbica [I]. I chinoloni penetrano nelle cellule microbiche per diffusione attraverso il doppio strato fosfolipidico e tramite le porosità dello strato più esterno dei batteri Gram negativi. Un aumento della lipofilia della membrana cellulare e della porosità può ridurre la capacità del farmaco a penetrare nella cellula e pertanto rendere la cellula stessa resistente ad esso [I]. I principali effetti tossici si manifestano quando i farmaci vengono somministrati a dosi terapeutiche in animali ancora immaturi. Tutti gli appartenenti al gruppo dei chinoloni sono in grado di provocare lesioni articolari nei giovani animali con evidenti zoppie e forti dolori dovuti alle alterazioni a carico delle cartilagini di accrescimento. Pertanto questi farmaci non possono essere somministrati a giovani animali ancora in fase di sviluppo osseo, ossia nella maggior parte dei cani sotto gli otto mesi di età, nei cavalli giovani e negli animali gravidi in genere [I]. 14 2. IL CONTROLLO DEI RESIDUI NEGLI ALIMENTI DI ORIGINE ANIMALE 2.1. Il Piano Nazionale Residui I prodotti di origine animale, come carne, latte, uova costituiscono la parte preponderante dell’alimentazione nei paesi industrializzati e la sempre crescente domanda di alimenti proteici ha stimolato e condizionato lo sviluppo della zootecnia sia attraverso la selezione genetica ed il miglioramento delle tecniche di produzione, trasformazione e conservazione di mangimi e foraggi, sia attraverso il ricorso alla somministrazione di sostanze diverse da quelle alimentari, quali farmaci, additivi, ormoni, ecc. Tra queste molecole, quelle maggiormente utilizzate per incrementare il rendimento delle produzioni zootecniche, sono state e sono i prodotti ad azione ormonale ed antiormonale, gli antibiotici, i β-agonisti, il cui impiego, purtroppo, non è esente da rischi igienico-sanitari, sia sugli alimenti che sulla salute del consumatore. Una vasta serie di molecole autorizzate (antibiotici, antielmintici, anticoccidici, etc.) sono, inoltre, impiegate in allevamento come medicinali veterinari nella prevenzione e nella cura delle malattie [V]. Il problema del controllo dei residui nelle derrate alimentari di origine animale si è così intensificato con il passare del tempo, anche per l’attenzione e l’interesse sempre maggiori che il consumatore ha rivolto a questa tematica. D’altra parte, la preoccupazione è giustificata dal fatto che un numero crescente di farmaci viene impiegato nelle produzioni animali e ciò, potenzialmente, espone il consumatore all’assunzione di residui di xenobiotici, se pur in piccole quantità, per la durata di tutta una vita. Di conseguenza negli ultimi decenni il legislatore, sia in ambito comunitario che nazionale, si è fortemente impegnato a emanare una serie di normative atte a migliorare gli aspetti inerenti alla sicurezza alimentare. Il tema dell’igiene e della sicurezza degli alimenti di origine animale, infatti, è una fase complessa ed articolata che fa parte di un processo che inizia in allevamento con la lotta alle malattie infettive trasmissibili tra animali, e di cui fanno parte la lotta alle zoonosi, il controllo degli alimenti destinati agli animali, la vigilanza sull’inquinamento ambientale di derivazione animale, la sorveglianza sul benessere e sulla sanità animale. 15 Se certe sostanze possono essere assunte dagli animali in modo del tutto involontario o accidentale (contaminanti ambientali), esistono invece, come sopra accennato, molecole che vengono loro somministrate volontariamente. Si tratta sia di farmaci veterinari autorizzati utilizzati a scopi terapeutici, sia di promotori di crescita (sostanze ad azione ormonale) somministrati in modo del tutto illecito per aumentare le rese delle produzioni di carne. Il legislatore, da oltre quarant’anni, sta richiamando l’attenzione degli operatori sanitari su queste problematiche legate sostanzialmente alla presenza di residui, i cui effetti biologici sono strettamente correlati alle caratteristiche tossicologiche del farmaco progenitore, alla sua metabolizzazione nell’organismo animale, ai legami che i diversi metaboliti formano con le molecole biologiche e che ne condizionano la biodisponibilità, oltre che la loro degradazione. Nella Comunità Europea (CE) il problema dei residui delle sostanze ad azione anabolizzante utilizzate in zootecnica venne alla ribalta nel 1981 con la Direttiva 81/602/CEE (2,3). A causa del problema dei residui di anabolizzanti nelle carni, con questa Direttiva gli Stati membri decidevano di vietare la somministrazione agli animali in allevamento di sostanze ad azione tireostatica, estrogena, androgena e gestagena e l’immissione sul mercato di animali ai quali fossero state somministrate dette sostanze. A seguito di questo provvedimento, la CE, con la Direttiva 86/469/CEE(4), decise di istituire dei piani annuali di controllo degli animali e delle carni fresche per la presenza di residui di medicinali veterinari e di altri contaminanti, ritenuti un rischio per la salute del consumatore, oltre che un danno per la qualità delle carni. Fino ad allora, infatti, le modalità di controllo, la frequenza dei campionamenti e le concentrazioni massime consentite di residui di farmaci e contaminanti ambientali erano disciplinate in maniera profondamente eterogenea nei vari Stati 2 Per dare attuazione alle politiche in materia di sicurezza e qualità degli alimenti, la Comunità ha adottato principalmente due tipi di strumenti normativi: i Regolamenti e le Direttive. I primi non necessitano di normative particolari di recepimento da parte degli Stati membri, mentre le Direttive possono contenere solo principi generali della disciplina delle materie che vanno a regolare e sono rivolte ai singoli Stati membri, che devono attuarle con proprie leggi ordinarie. 3 Direttiva 81/602/CEE del Consiglio, del 31 luglio 1981, concernente il divieto di talune sostanze ad azione ormonica e delle sostanze ad azione tireostatica. Recepita in Italia con il Decreto: Decreto Ministeriale 3 novembre 1981: " Divieto di vendita di medicinali (specialità di medicinali o galenici) per uso veterinario contenenti stilbenici o tireostatici". 4 Direttiva 86/469/CEE del 16 settembre 1986 concernente il controllo degli animali e delle carni fresche per la presenza di residui. 16 membri. Ciò comportava, fra l’altro, notevoli ostacoli agli scambi intracomunitari ed una distorsione delle condizioni di concorrenza tra produzioni. Pertanto, fu necessario trovare una soluzione globale e uniforme per l’effettuazione dei controlli all’interno della Comunità per la ricerca di residui negli animali di allevamento, nelle carni e nei prodotti a base di carne, sia che questi prodotti fossero destinati al mercato nazionale degli Stati membri oppure agli scambi intracomunitari. Venne, quindi, stabilito che gli Stati membri avrebbero dovuto elaborare un piano annuale di controllo tenendo conto della propria specifica situazione: tale piano è effettuato ancora oggi e va sotto il nome di Piano Nazionale Residui (PNR) [VI]. La Direttiva 86/469/CEE sanciva che i campionamenti fossero eseguiti in modo ufficiale secondo criteri comuni per le diverse categorie di sostanze interessate e che i campioni venissero analizzati in laboratori ufficialmente autorizzati. Ed infine, qualora una determinazione analitica avesse rilevato la presenza di residui di sostanze non consentite o di sostanze consentite in concentrazione superiore al limite ammesso (campione non conforme), si imponeva l’adozione di misure comuni intese ad accertare la causa della non conformità, a eliminare il problema ed atte ad assicurare che i prodotti coinvolti fossero effettivamente esclusi dal consumo. Ciascun Paese Membro doveva quindi provvedere affinché la ricerca dei residui negli animali, nei loro escrementi e liquidi biologici, nonché nei tessuti e nelle carni fresche venisse eseguita conformemente alle prescrizioni dettate dalla Direttiva 86/469/CEE. Inoltre, i singoli paesi della CE affidavano a un servizio o organismo centrale il compito di coordinare l’esecuzione dei controlli previsti dalla Direttiva. Tale organismo doveva coordinare le attività dei servizi regionali effettivamente incaricati di effettuare i controlli, raccogliere i risultati e le informazioni da trasmettere alla Commissione e infine, di primaria importanza, elaborare annualmente i piani stessi. Per quanto riguarda l’esecuzione delle analisi, nel nostro paese furono affidate alla rete dei Laboratori degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali. L’elenco completo e la classificazione delle sostanze da ricercare era riportato nell’Allegato I della stessa Direttiva e prevedeva categorie comuni a tutti gli stati membri (A) e categorie specifiche (B). L’approvazione dei singoli piani nazionali veniva decisa dalla Commissione Europea previa verifica della loro conformità ai requisisti della Direttiva CEE 17 86/469; in caso di mancata approvazione lo Stato Membro avrebbe dovuto modificare e/o completare il piano proposto. A partire dal 1988, quindi, l’Italia attua il proprio PNR che ha subito nel tempo molte modifiche derivanti dalla necessità di adeguamento alle nuove problematiche, nell’ambito dei residui, che via via si presentavano. Nel tempo l’enorme progresso delle tecniche analitiche e i vari allarmi a livello mondiale, nell’ambito della sicurezza alimentare, hanno portato, ad esempio, all’introduzione della ricerca di diossine, di metaboliti di nitrofuranici o di alcuni gestageni [V]. Inoltre, nuovi settori produttivi sono stati via via coinvolti nei campionamenti programmati tanto che i controlli che, inizialmente, riguardavano prevalentemente il settore bovino (1988), attualmente prevedono il campionamento nei settori bovino, suino, ovi-caprino, equino, avicolo, cuniculo, selvaggina allevata ed acquacoltura. Inoltre sono effettuati anche prelievi di latte, miele e uova. Nel 1997 l’Italia dovette tener conto di due fondamentali Direttive promulgate proprio dal Consiglio d’Europa durante il 1996(5). Le due Direttive furono recepite nell’ordinamento nazionale solo qualche anno più tardi con il Decreto Legislativo n. 336 del 4 agosto 1999(6) e sono alla base del PNR attuale. Tra le novità, la Direttiva 96/23/CE comportava una riclassificazione delle sostanze da ricercare come riportato in Tabella 1. Come si può osservare, nella Categoria A sono incluse le sostanze considerate fonte di gravi rischi per la salute pubblica e per le quali non è, quindi, possibile fissare un LMR, mentre nella Categoria B si collocano i farmaci veterinari con LMR (ad esempio i chinoloni che appartengono, nello specifico, alla categoria B1) ed i contaminanti ambientali (metalli pesanti, micotossine, pesticidi etc.). 5 Direttiva 96/22/CE del 29 aprile 1996: "concernente il divieto di utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze beta-agoniste nelle produzioni animali e che abroga le direttive 81/602/CEE, 88/146/CEE e 88/299/CEE". Direttiva 96/23/CE del 29 aprile 1996: "concernente le misure di controllo su talune sostanze e sui loro residui negli animali vivi e nei loro prodotti". 6 Decreto Legislativo n. 336 del 4 agosto 1999: "Attuazione delle direttive 96/22/CE e 96/23/CE concernenti il divieto di utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze β-agoniste nelle produzioni di animali e le misure di controllo su talune sostanze e sui loro residui negli animali vivi e nei loro prodotti" 18 Tabella 1- Classificazione delle sostanze da ricercare come indicato nell’Allegato I della Direttiva 96/23/CEE [VI] Categoria A - Sostanze ad effetto anabolizzante e sostanze non autorizzate categoria A, 1 stibeni, loro derivati e loro sali ed esteri categoria A, 2 agenti antitiroidei categoria A, 3 steroidi categoria A, 4 lattoni dell'acido resorcilico (compreso lo zeranolo) categoria A, 5 beta-agonisti categoria A, 6 sostanze incluse nell'allegato VI del regolamento (CEE) n. 2377/90 del Consiglio, del 26 giugno 1990 Categoria B - Farmaci veterinari( ) e contaminanti ambientali 7) categoria B, 1 sostanze antibatteriche, compresi sulfamidici e chinoloni categoria B, 2 altri prodotti medicinali veterinari: B, 2a antielmintici B, 2b coccidiostatici, compresi i nitroimidazoli B, 2c carbammati e piretroidi B, 2d tranquillanti B, 2e antinfiammatori non steroidei (AINS) B, 2f categoria B, 3 7 altre sostanze esercitanti un'attività farmacologia altre sostanze e agenti contaminanti per l'ambiente: B, 3a composti organoclorurati, compresi i PCB B, 3b composti organofosforati B, 3c elementi chimici B, 3d micotossine B, 3e coloranti B, 3f altri Comprese le sostanze non registrate utilizzabili a fini veterinari. 19 2.2. I controlli analitici Parallelamente all’istituzione dei Piani Nazionali, un nodo fondamentale era quello di avere un sistema di controlli efficace. Infatti garantire l’affidabilità dei dati non era un problema banale, data la numerosità e la disomogeneità dei laboratori coinvolti nei vari paesi membri e la difficoltà intrinseca del settore analitico che si occupa di determinare tracce di sostanze in matrici complesse, quali gli alimenti di origine animale. L’UE si apprestò quindi a un’intensa attività legislativa riguardante i criteri di qualità che dovevano adottare i laboratori incaricati dello svolgimento delle analisi dei residui a livello comunitario. Attraverso la Direttiva 89/397/CEE(8) si introdussero importanti disposizioni riguardo alla necessità di un controllo pubblico dei prodotti alimentari. La Direttiva prevedeva: • ampliamento del campo di azione dei controlli a tutte le fasi della produzione, della fabbricazione, del magazzinaggio, del trasporto, della distribuzione, dell'importazione e del commercio; • controllo sui prodotti alimentari anche all’esame dei sistemi di verifica della qualità eventualmente installati dall'impresa e dei relativi risultati; • pubblicazione di un elenco delle autorità competenti nel settore del controllo dei prodotti alimentari di ciascuno stato membro, in cui siano indicati i territori di rispettiva competenza ed i laboratori abilitati ad effetuare le analisi; • nomina, da parte delle suddette autorità competenti, di laboratori ufficiali incaricati di effettuare le analisi. Per garantire la qualità del dato analitico era necessario introdurre un sistema di norme per i laboratori ufficiali dei vari Stati membri. Tale sistema doveva essere basato su norme approvate e standardizzate, ed i laboratori incaricati dovevano lavorare secondo metodi di analisi convalidati. Perciò venne 8 Direttiva 89/397/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa al controllo ufficiale dei prodotti alimentari. Recepita con il D.Lgs. 03/03/1993 n. 123. Attuazione della Direttiva 89/397/CEE relativa al controllo ufficiale dei prodotti alimentari. 20 successivamente emanata la Direttiva 93/99/CE(9) con la quale si completavano in sostanza le disposizioni già riportate nella 89/397/CEE. Nelle sue premesse essa ribadisce, quale preoccupazione prioritaria del Consiglio, la necessità di introdurre un sistema di norme di qualità per i laboratori incaricati dagli Stati membri di effettuare il controllo ufficiale delle derrate alimentari; tale sistema doveva essere basato su norme generalmente approvate e standardizzate. Inoltre i laboratori erano tenuti, ove possibile, a impiegare metodi analitici convalidati. In particolare nella Direttiva si fissavano: • il personale delle strutture cui compete il controllo ufficiale; • i requisiti necessari per il funzionamento dei laboratori(10); • gli organismi responsabili della verifica dei laboratori; • i requisiti e le modalità dei sistemi di verifica dei laboratori; • le procedure relative al sistema di mutua assistenza amministrativa e di scambio di informazioni nonché alle ispezioni congiunte con gli agenti dell'UE. Ogni Stato membro, dal 1° novembre 1998, era in sos tanza obbligato a prendere i provvedimenti necessari affinché: • i laboratori fossero conformi ai criteri generali stabiliti dalla norma europea UNI CEI EN 45001, ovvero fossero accreditati; • fossero designati gli organismi responsabili della valutazione e del riconoscimento dei laboratori preposti al controllo ufficiale. Tali organismi dovevano soddisfare i criteri generali stabiliti dalla norma europea UNI CEI EN 45003; 9 Direttiva 93/99/CE del Consiglio, del 29 ottobre 1993, riguardante misure supplementari in merito al controllo ufficiale dei prodotti alimentari. Recepita con il D.Lgs.26/05/1997, n.156. Attuazione della Direttiva 93/99/CE concernente misure supplementari in merito al controllo ufficiale dei prodotti alimentari. Sia la Direttiva 89/397/CEE che la 93/99/CE sono state abrogate con effetto dal 1° gennaio 2006 dall’articolo 61 del Regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (GU L 165 del 30.4.2004). 10 I laboratori adibiti al controllo ufficiale sono quelli precisati all’articolo 7 della 89/397/CEE. 21 • la valutazione dei laboratori di prova doveva avvenire applicando i requisiti stabiliti dalla norma UNI CEI EN 45002. In Italia, nel novembre 1998, solo alcune strutture operavano in conformità alla norma EN 45001 o erano in attesa di ricevere gli audit (verifiche ispettive) da parte dell’unico organismo operante sul territorio nazionale in conformità alla UNI CEI EN 45003: il SINAL (Sistema Nazionale per l’Accreditamento dei Laboratori di prova). Nel frattempo la Direttiva 96/23/CE cercò di migliorare l'efficacia dei piani di sorveglianza messi in opera ogni anno degli Stati membri, assicurare la comparabilità dei risultati ottenuti ed armonizzare le modalità di applicazione per il campionamento. A tal fine, venne emanata la Decisione 98/179/CE(11) la quale, all’articolo 1, stabiliva che le analisi dei campioni dovevano essere effettuate esclusivamente presso laboratori per il controllo ufficiale dei residui riconosciuti dall'autorità competente, ribadendo la necessità di assicurare la qualità e la comparabilità dei risultati analitici. I laboratori autorizzati erano, quindi, tenuti a partecipare a un programma esterno, riconosciuto sul piano internazionale, di valutazione qualitativa e di accreditamento. Tale obiettivo doveva essere conseguito attraverso l’accreditamento (da ottenersi prima del 1° gennaio 2002) e la partecipazione degli stessi a circuiti interlaboratorio (proficiency testing schemes), organizzati dai Laboratori Nazionali di Riferimento (LNR) o dai Laboratori Comunitari di Riferimento (LCR) [VII]. Con la Decisione 98/179/CE si richiedeva dunque che, a partire dal 2002, i laboratori per il controllo ufficiale dovessero essere accreditati secondo la UNI CEI EN ISO/IEC 17025 [VIII] che, dal 2000, ha sostituito la EN 45001. Parallelamente allo svilupparsi dei Sistemi di Qualità, la UE emanava provvedimenti più specifici atti a garantire il rispetto di alcuni requisiti minimi. Infatti, la norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 è di tipo orizzontale e, quindi piuttosto generica, non essendo indirizzata ad un settore analitico in particolare. Da questa considerazione, si sviluppa dunque un punto fondamentale della strategia dell’UE, che richiede ai propri laboratori ufficiali 11 98/179/CE: Decisione della Commissione del 23 febbraio 1998 recante modalità d'applicazione per il prelievo ufficiale di campioni al fine della sorveglianza su talune sostanze e sui loro residui negli animali vivi e nei prodotti di origine animale. 22 ulteriori requisiti di qualità, considerando l’ambito analitico nei quali questi operano, ovvero la ricerca di sostanze in tracce (residui). Prima del 1993, i criteri analitici da applicare ai metodi di riferimento erano riportati nella Decisione 89/610/CEE(12). Dal 1993 entrarono poi in vigore la Decisione 93/256/CE(13) e la Decisione 93/257/CE(13). Nelle previsioni, queste due Decisioni avrebbero dovuto essere riviste entro il 1996. Quindi, nel 1995, la Commissione Europea, in collaborazione con i quattro laboratori di riferimento comunitari, dava inizio a un lavoro di revisione tecnico-legislativo delle Decisioni 93/256/CE e 93/257/CE, proprio con il compito di superare i limiti evidenziati dalla normativa vigente, soprattutto alla luce dei progressi più recenti della chimica analitica. A causa della natura complessa dell’opera di revisione e delle istanze di partecipazione dei laboratori nazionali di riferimento, nel 1998 la Commissione designava un gruppo di lavoro ad hoc con il compito di delineare e revisionare i criteri relativi alla validazione dei metodi e all’interpretazione dei risultati. Questa attività portò finalmente alla pubblicazione nel 2002 della Decisione 2002/657/CE(14). La 2002/657/CE abroga sia la Decisione 93/256/CEE che la 93/257/CEE e, all’articolo 5, ribadisce che: “Gli Stati membri garantiscono la qualità dei risultati delle analisi dei campioni prelevati a norma della Direttiva 96/23/CE, in particolare attraverso la sorveglianza delle analisi e/o la calibrazione dei risultati in ossequio al capitolo 5.9 della ISO 17025” [VIII]. La 2002/657/CE [VI,IX] si configura come un provvedimento completo e complesso, che ha dato adito ad alcune critiche e a diverse interpretazioni, ma che, comunque, rappresenta ormai un punto di riferimento sia per i laboratori ufficiali che non, all’interno dell’UE e anche al di fuori dei suoi confini. Infatti, 12 89/610/CEE: Decisione della Commissione, del 14 novembre 1989, che stabilisce i metodi di riferimento e la lista dei laboratori nazionali da impiegare per la ricerca dei residui. 13 93/256/CE: Decisione della Commissione, del 14 aprile 1993, che stabilisce i metodi da impiegare per la ricerca dei residui di sostanze ad azione ormonica e di sostanze ad azione tireostatica. 93/257/CE: Decisione della Commissione, del 15 aprile 1993, che stabilisce i metodi di riferimento e l'elenco dei laboratori di riferimento nazionali per la ricerca dei residui. 14 2002/657/CE: Decisione della Commissione, del 12 agosto 2002, che attua la Direttiva 96/23/CE del Consiglio relativa al rendimento dei metodi analitici e all'interpretazione dei risultati (GUCE L221/8 del 17.08.2002). Precedentemente, con il nome di SANCO/1085/2000, era stata diffusa una bozza di revisione della Decisione 93/256/CE. 23 oltre a indicare i parametri di prestazione che devono essere determinati e i loro limiti di accettabilità, essa descrive anche il piano sperimentale per ottenerli. Indica, inoltre, i criteri da seguire nell’interpretazione dei risultati, modulando le prescrizioni anche in funzione della categoria delle sostanze analizzate (sostanze vietate appartenenti alla categoria A o permesse della categoria B). La Decisione supera, inoltre, la precedente distinzione tra i metodi di routine e di riferimento, distinzione riportata nella stessa Direttiva 96/23/CE (art. 15), lasciando solo la differenziazione tra metodi di screening e di conferma [X]. In particolare, i metodi di screening sono usati per determinare la presenza di un analita o di una classe di analiti al di sopra o al di sotto del livello di interesse (LMR, presenza, etc..). Sono caratterizzati dalla capacità di analizzare un gran numero di campioni allo scopo di individuare quelli sospetti da processare, successivamente, con un metodo di conferma. Sono, quindi, sostanzialmente concepiti per evitare campioni falsi negativi (falsi conformi). I metodi di conferma, invece, devono fornire informazioni definitive per l’identificazione, e, se necessario, per il dosaggio dell’analita al livello d’interesse. Proprio per garantire questo, al contrario dello screening per cui non esistono prescrizioni particolari, la Decisione stabilisce che, per un esame di conferma, possano essere utilizzate solo tecniche strumentali con requisiti ben precisi. Con il provvedimento di cui sopra, l’obiettivo della Commissione è stato quello di garantire l’adozione di procedure analitiche con performances prestabilite. La filosofia perseguita dall’UE si configura, quindi, come molto flessibile dal punto di vista delle scelte di ciascun laboratorio, ma estremamente rigida sui criteri minimi di qualità da rispettare affinché un metodo di prova sia da considerarsi adeguato allo scopo. Tutto ciò si è reso necessario poiché, d’altra parte, l’utilizzo di metodi standardizzati ufficialmente riconosciuti (di riferimento), che costituirebbe già di per sé una garanzia di confrontabilità del dato analitico, si era dimostrata una strada inadatta proprio in virtù del continuo progresso tecnico-scientifico di questo particolare settore della chimica analitica. Inoltre questa strategia permette una maggiore flessibilità rispetto alle varie allerte, che via via possono presentarsi anche su analiti/matrici inusuali. Anche se molta strada rimane ancora da percorrere, 24 anche nell’armonizzazione e semplificazione delle norme che fissano requisiti tecnici riguardanti gli obblighi dei laboratori, l’impegnativa strategia comunitaria ha comunque fatto registrare imponenti miglioramenti. A dimostrazione di ciò, un esempio per tutti è rappresentato dall’abbassamento dei livelli medi di controllo per le sostanze vietate di oltre un ordine di grandezza dall’istituzione dei piani nazionali dal 1988 a oggi. 3. I METODI ANALITICI DI SCREENING 3.1. Introduzione La normativa europea vigente, riguardo alle performances dei metodi analitici per la ricerca di residui negli animali vivi e nei loro prodotti (Decisione 2002/657/CE), prevede espressamente l’utilizzo di metodi di screening. Tale eventualità non è obbligatoria, ma riguarda una scelta del laboratorio. Tecnicamente i metodi di conferma, generalmente più sofisticati e costosi, possono essere utilizzati anche come primo approccio analitico e, nel caso in cui non siano disponibili adeguati metodi di screening, questo avviene sistematicamente. Tuttavia, quando è possibile, per il laboratorio e anche per il cliente, è estremamente conveniente avere a disposizione screening che permettano di ottenere una maggiore produttività, costi più contenuti e, non ultimo, tempi di risposta brevi. Sostanzialmente il flusso dei campioni può essere riassunto come in Figura 6, dove per conventional analytical process si intende il metodo di conferma attuato prevalentemente con tecniche cromatografiche (HPLC o GC). Il ruolo del metodo di screening è quindi quello di selezionare, tra la massa dei campioni in arrivo, quelli sospetti, che poi verranno rianalizzati con una idonea procedura di conferma. 25 Figura 6- Flusso dei campioni in laboratorio: metodi di screening e di conferma Per i metodi di conferma, la Decisione 657 prevede l’utilizzo solo di certe tecniche analitiche strumentali elencate nella Tabella 1 della stessa Decisione: tali tecniche sono in grado di fornire adeguate garanzie di riconoscimento strutturale delle molecole da determinare. Per lo screening, invece, non è prevista alcuna restrizione da questo punto di vista, ma sono altresì richieste determinate performances metodologiche che, come è ovvio, per lo screening sono meno severe che per la conferma, come si evince dalla Tabella 2 seguente (Tabella 9 della Decisione 2002/657/CE) [VI, IX]. Tabella 2- Classificazione di metodi analitici in base alle caratteristiche di rendimento che devono essere determinate Limite di rilevazione CCβ Limite di decisione CCα Esattezza/ Recupero Precisione Selettività/ Specificità Applicabilità/ Robustezza/ Stabilità S + − − − + + C + + − − + + S + − − + + + C + + + + + + Metodi qualitativi Metodi quantitativi S = metodi di screening; C = metodi di conferma; + = la determinazione è obbligatoria 26 Infatti generalmente lo screening è un test a risposta binaria (negativo/sospetto) che, quindi, non presenta le problematiche legate ad un esito quantitativo, quale quello ottenuto con i metodi di conferma. Riguardo ai parametri riportati in Tabella 2, essi devono essere determinati durante lo studio di validazione. La validazione di un metodo è la “conferma attraverso l’esame e l’apporto di evidenza oggettiva che i requisiti particolari per l’utilizzazione prevista siano soddisfatti”. Le definizioni dei parametri di performances importanti per un metodo di screening qualitativo sono riportati di seguito [VI]. . • Limite di decisione (CCα = Critical Concentration α): il limite al quale e oltre il quale è possibile concludere con una probabilità di errore pari ad α che un campione è non conforme. L’errore α rappresenta la probabilità che il campione sottoposto ad analisi sia conforme, sebbene sia stata ottenuta una misura non conforme (decisione di falsa non conformità o falsa positiva). • Capacità di rilevazione (CCβ = Critical Concentration β): il CCβ è il contenuto più piccolo della sostanza che è possibile rilevare, identificare e/o quantificare in un campione con la probabilità di un errore β. L’errore β rappresenta la probabilità che il campione sottoposto ad analisi sia effettivamente non conforme, sebbene sia stata ottenuta una misura conforme (decisione di falsa conformità o falsa negativa). Questo parametro è fondamentale per i metodi di screening in quanto, se una decisione falsa positiva comporta un’analisi “inutile” di un campione con metodo di conferma, diversamente una decisione falsa negativa ha come ripercussione la commercializzazione di prodotti contaminati. La massima percentuale di errore beta che viene ammessa dalla Decisione 2002/657/CE è il 5%. Per metodi qualitativi, la verifica di tale percentuale può essere effettuata sulla base dei risultati ottenuti dall’analisi di almeno venti bianchi-campione fortificati ad un livello pari o superiore al limite di decisione. • Robustezza: è la capacità posseduta da un metodo di non essere influenzato significativamente, in termini di risultati finali, da variazioni deliberate introdotte nelle sue fasi di effettuazione. Questo parametro 27 serve a qualificare l’affidabilità di una procedura durante il suo utilizzo routinario o la possibilità di riprodurre il metodo analitico in differenti laboratori e in tempi diversi, senza una differenza significativa nei risultati. Sperimentalmente la valutazione della robustezza può essere ottimizzata mediante l’utilizzo di tecniche di disegno sperimentale, come suggerito dalla stessa Decisione 2002/657/CE (schema di Youden). • Specificità: è l’abilità di un metodo di rilevare solo quello che intende rilevare, ovvero la sua capacità di non risentire della presenza di interferenti o di altri componenti diversi dagli analiti in esame. Per lo screening è importante nel determinare la percentuale di campioni falsi positivi, che, se presenti in misura elevata, vanificano l’utilità dello screening stesso, costringendo a rianalizzare i campioni sospetti con il metodo di conferma. E’ importante sottolineare che, rispetto ai tradizionali parametri “limite di rilevazione” (LOD) e “limite di quantificazione” (LOQ), la Decisione 657 introduce il CCα e il CCβ, limiti definiti in funzione, rispettivamente, della probabilità di decisione falsa positiva e negativa. Ciò comporta che, allorquando si trattino sostanze con un LMR fissato, tali concentrazioni sono determinate a partire dal LMR e non sulla presenza/assenza dell’analita e quindi non hanno niente a che vedere con la sensibilità del metodo. Tra le tecniche di screening più utilizzate, soprattutto nel settore della ricerca di sostanze ad azione anabolizzante (estrogeni, androgeni, beta-agonisti etc..) ci sono i metodi immunoenzimatici e, in particolare, l’ELISA. Scopo di questo lavoro di tesi è stato lo sviluppo della procedura di preparazione del campione e la validazione, secondo i criteri prescritti dalla 2002/657/CE, di un metodo di screening ELISA per la determinazione di residui di chinolonici nel tessuto muscolare. Fino ad oggi la ricerca di questa importante classe di antibiotici prevista dal PNR è stata prevalentemente effettuata mediante l’utilizzo diretto dello stesso metodo di conferma in HPLC con rilevazione in fluorescenza. La disponibilità di una procedura di screening adatta allo scopo offre, quindi, interessanti prospettive nella riduzione dei tempi di risposta e dei costi analitici. 28 3.2. I test immunoenzimatici ELISA ELISA è l’acronimo dell’espressione Enzyme Linked Immunosorbent Assay, un metodo di analisi immunologica usato per rilevare l’eventuale presenza di un dato antigene in un campione, oppure per misurare la concentrazione di anticorpi nel plasma sanguigno, come ad esempio nei test per l’AIDS. Il termine ELISA sta a significare che il dosaggio unisce la specificità della reazione antigene-anticorpo (reazione immunologica) con la sensibilità di un semplice dosaggio spettrofotometrico di un enzima. Nell’ambito dei vari metodi immunoenzimatici, la denominazione ELISA si riferisce esclusivamente ai sistemi in fase eterogenea, sistemi in cui anticorpi o antigeni sono adsorbiti o legati ad un substrato solido [XI]. L’Antigene è una molecola che può legarsi ad una specifica immunoglobulina, grazie ad una struttura specifica detta epitopo. Una singola molecola di antigene può contenere diversi epitopi riconosciuti da anticorpi differenti. L’anticorpo (o immunoglobulina) è una glicoproteina del siero con una peculiare struttura quaternaria che le conferisce una forma a “Y”. Sono costituiti da una regione costante, comune a tutte le immunoglobuline appartenenti allo stesso isotipo e una regione variabile che contiene invece il sito di combinazione con l’antigene e che è quindi variabile a seconda della specificità dell’anticorpo per un dato antigene. Nell’ambito del sistema immunitario gli anticorpi hanno la funzione di neutralizzare corpi estranei come virus e batteri, riconoscendo ogni antigene legato al corpo come un estraneo [XII]. L’ELISA ha una elevata selettività nei confronti degli analiti da determinare. L’anticorpo, infatti, è in grado di riconoscere specificamente l’antigene che ha portato alla sua formazione. La costante di affinità per la formazione dei complessi antigene-anticorpo è estremamente elevata e, benché la reazione sia di tipo reversibile, l’equilibrio è di gran lunga spostato verso la formazione dei complessi antigene-anticorpo. La tecnica si basa sul fatto che, con adatti procedimenti, è possibile coniugare gli anticorpi di un siero con alcuni enzimi (perossidasi, fosfatasi alcalina, beta-galattosidasi) senza alterarne la capacità di combinazione con gli antigeni corrispondenti. Gli enzimi utilizzati sono in grado di catalizzare una reazione su un idoneo substrato (ad esempio la tetrametilbenzidina) con la formazione di un prodotto terminale colorato che permette così di evidenziare la quantità di antigene presente. 29 Nei formati commerciali le reazioni vengono, di norma, eseguite all’interno di pozzetti di polivinile o polistirene (micropiastre da 12 strip da 8 pozzetti ciascuna per un totale di 96 pozzetti) su cui sono adesi, a seconda dei casi, gli anticorpi specifici per l’antigene di interesse o l’antigene stesso. All’interno dei pozzetti vengono incubati i campioni da analizzare (plasma, siero, omogenati tissutali, latte etc.) e gli opportuni reagenti intervallati da lavaggi atti a rimuovere i reagenti in eccesso. Per ultimo si aggiunge il substrato che dà origine al prodotto colorato. La positività è valutata analizzando la comparsa o meno del colore, in seguito alla reazione catalizzata dall’enzima sul substrato. La tecnica immunoenzimatica può essere impiegata per la ricerca sia di antigeni che anticorpi e si presta a numerose variazioni per altrettante applicazioni diverse. I test ELISA possono essere, infatti, di tipo competitivo o non competitivo (sandwich) (Figura 7). 30 Figura 7- Rappresentazione schematica di un saggio ELISA tipo sandwich (non competitivo) e competitivo diretto I saggi tipo sandwich sono generalmente utilizzati per la ricerca di molecole ad alto peso molecolare, come ad esempio, le proteine. Quando invece gli antigeni sono molecole a basso peso molecolare, come nel caso della ricerca di residui di farmaci o ormoni, i saggi sono sempre di tipo competitivo e possono essere a loro volta ulteriormente classificati in diretti e indiretti. Per i test competitivi, maggiore è la concentrazione di antigene, minore sarà il numero di immunocomplessi rilevabili per cui, contrariamente a quanto avviene generalmente in chimica analitica, esiste una proporzionalità inversa tra il segnale registrato (assorbanza) e concentrazione. ELISA competitivo di tipo diretto [XI] L’anticorpo specifico per l’analita è adsorbito sulla superficie dei pozzetti della micropiastra. Il campione in esame, nel quale si deve determinare la presenza dell’analita (antigene libero), e una quantità prefissata di coniugato (antigene legato all’enzima) vengono depositati nei vari pozzetti. Durante la fase di incubazione, l’antigene coniugato compete con l’antigene libero, eventualmente presente nel campione, per i siti di legame degli anticorpi adesi nei pozzetti. Quindi, il materiale non reagito viene rimosso grazie ad opportuni lavaggi e la quantità di analita coniugato, legata dagli anticorpi immobilizzati, è quantificata mediante l’aggiunta di un substrato che forma un prodotto colorato. La reazione viene arrestata mediante l’aggiunta di una soluzione acida (stop solution) e la lettura spettrofotometrica è effettuata a 450 nm (giallo). ELISA competitivo di tipo indiretto [XX] In questo caso è l’analita (antigene, X), generalmente legato ad una proteina carrier come l’albumina di siero bovino, ad essere adsorbito sulla superficie dei pozzetti. Il campione viene addizionato nei pozzetti e successivamente si aggiunge una quantità prefissata di anticorpo specifico per l’analita. Durante la fase di incubazione, gli anticorpi in soluzione si ripartiscono tra l’analita libero (X), eventualmente presente nel campione in analisi, e l’analita immobilizzato sulla superficie solida del pozzetto. Tutto ciò che non ha reagito durante l’incubazione viene successivamente rimosso mediante lavaggi e la quantità di anticorpo legato all’analita specifico nel pozzetto viene quantificata mediante aggiunta di un secondo anticorpo enzima-coniugato che si lega al primo. In 31 seguito ad una seconda fase di incubazione e ai lavaggi, si aggiunge il substrato, si arresta la reazione e si procede alla lettura. Anche in questo caso, la quantità di colore sviluppatosi risulterà inversamente proporzionale alla quantità di analita libero nel campione. Sempre nei saggi competitivi di tipo indiretto, in alcuni casi, nella superficie dei pozzetti sono adesi, invece che gli antigeni, degli anticorpi in grado di legare anticorpi anti-antigene (X). Durante l’esecuzione del test, si aggiunge la soluzione contenente gli anticorpi anti-antigene che si legano agli anticorpi adesi. Con l’aggiunta simultanea del coniugato e del campione (in cui può essere eventualmente presente l’analita libero (X) si origina la reazione di competizione per i siti anticorpali già vista sopra. Lo schema di questo tipo di saggio è riportato in Figura 8. Si procede infine ai lavaggi e all’aggiunta del substrato. La reazione viene arrestata mediante una soluzione acida (stop solution), che muta il colore da blu a giallo e la lettura spettrofotometrica è effettuata a 450 nm. Figura 9- Schema di un saggio competitivo indiretto 32 4. BIBLIOGRAFIA [I]. Adams H. R. Farmacologia e terapeutica veterinaria. 2a ed. E.M.S.I., Beretta C., Roma (Italy), 1999. [II]. Blondeau J. M. Fluoroquinolones: mechanism of action, classification and development of resistance. Survey of Ophthalmology, 49, 573-578, 2004. [III]. 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Introduzione Durante le prove di validazione del metodo si sono effettuati esperimenti utilizzando due differenti procedure di trattamento del campione, di seguito denominate con A e B. Quindi, nella prima parte dello studio di ottimizzazione/validazione, sono state eseguite prove ripetute in parallelo su bianchi-campione e fortificati appartenenti a varie specie animali per verificare le performances ottenute con i due diversi protocolli. Il metodo A è più semplice e veloce ed è, tranne per alcune piccole modifiche, sostanzialmente quello suggerito dal produttore dei test ELISA adottati [I, II], mentre il metodo B è più lungo e complesso, ma ha il vantaggio di portare a estratti più concentrati e con meno interferenti [III, IV]. Questo primo gruppo di esperimenti è stato pianificato per decidere quale fosse il trattamento più adeguato da adottare. Nella seconda parte dello studio di validazione, si è invece utilizzato il solo protocollo B ritenuto, in base all’analisi dei dati ottenuti nella prima parte, più efficace; quindi, si è completata l’indagine sulle caratteristiche di performances del metodo, utilizzando la procedura più complessa. Tale procedura prevede un’estrazione, una successiva purificazione in fase liquida (sgrassaggio) e una in fase solida. Le due parti dello studio di validazione sono schematizzate in Figura 1 della pagina seguente. Gli esperimenti sono stati effettuati presso il Laboratorio Residui dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche, ad eccezione delle prove eseguite con la procedura di preparazione del campione A, effettuate presso il Laboratorio di Chimica dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise. 36 STUDIO DI VALIDAZIONE/OTTIMIZZAZIONE I PARTE (SPECIFICITA'/ERRORE BETA) -BIANCHI-CAMPIONE -FORTIFICATI (acido ossolinico/flumechina) -BIANCHI-CAMPIONE -FORTIFICATI (acido ossolinico/flumechina) ESTRATTO PURIFICATO CON METODO A ESTRATTO PURIFICATO CON METODO B TEST ELISA TEST ELISA 50 µL in doppio 50 µL in doppio 50 µL in doppio 50 µL in doppio FLUOROCHINOLONI (EIA) (Generic test) FLUMECHINA (EIA) FLUOROCHINOLONI (EIA) (Generic test) FLUMECHINA (EIA) STUDIO DI VALIDAZIONE ESTRATTO PURIFICATO II PARTE CON METODO B SPECIFICITA' ERRORE BETA ROBUSTEZZA -FORTIFICATI (farmaci non chinoloni) -FORTIFICATI (diflossacina-saraflossacina) FORTIFICATI (acido ossolinico/flumechina) TEST ELISA TEST ELISA TEST ELISA 50 µL in doppio 50 µL in doppio 50 µL in doppio 50 µL in doppio 50 µL in doppio FLUOROCHINOLONI (EIA) (Generic test) FLUMECHINA (EIA) FLUOROCHINOLONI (EIA) (Generic test) FLUOROCHINOLONI (EIA) (Generic test) FLUMECHINA (EIA) Figura 1- Schema del piano di validazione/ottimizzazione Di seguito sono riportrati entrambi i metodi di trattamento del campione, nonché le istruzioni per l’esecuzione dei due saggi ELISA. 37 2. Metodo A: preparazione del campione secondo le indicazioni riportate dal produttore dei kit ELISA con piccole modifiche 2.1. Reagenti: • Acqua ultrapura per HPLC • Metanolo per HPLC • Normal esano • Sample dilution buffer: Pesare 0.97 g di Na2HPO4 · H2O, 0.18 g di KH2PO4, 8.94 g di NaCl in un matraccio da 1 L e portare a volume con H2O ultrapura per HPLC. Portare a pH=7.4 (7.3-7.5) 2.2. Materiali di riferimento (standard analitici) • Standard di acido ossolinico (OXO): Sigma-Aldrich, cod. 00877 • Standard di flumechina (FLU): Sigma-Aldrich, cod. 45735 • Standard di diflossacina (DIF): Sigma-Aldrich, cod. 33984 • Standard di marboflossacina (MAR): Sigma-Aldrich, cod. 34039 2.2.1. Soluzioni Madre dei Materiali di Riferimento Le soluzioni madre sono conservate a +4°C per tre m esi • Soluzione Madre di acido ossolinico 0.1 mg/mL in 0.01 M di sodio idrossido • Soluzione Madre di flumechina 0.1 mg/mL in 0.01 M di sodio idrossido • Soluzione Madre di diflossacina 0.1 mg/mL in 0.01 M di sodio idrossido • Soluzione Madre di marboflossacina 0.1 mg/mL in 0.01 M di acido nitrico Per ciascuna soluzione pesare circa 10 mg di standard in un matraccio tarato da 100 mL e portare a volume. 38 2.2.2. Soluzione Intermedia dei Materiali di Riferimento Soluzione intermedia dei Materiali di Riferimento (analiti) a 10 µg/mL La soluzione intermedia è conservata a +4°C per una settimana Introdurre, mediante pipetta in vetro in un matraccio tarato da 10 mL 1 mL di ciascuna soluzione madre a 100 µg/mL e portare a volume con Metanolo per HPLC. 2.2.3. Soluzione di Lavoro dei Materiali di Riferimento Soluzione di Lavoro dei Materiali di Riferimento a 1 µg/mL Con una pipetta da 2 mL prelevare 1 mL della soluzione intermedia a 10 µg/mL (2.2.2.) degli analiti (flumechina e acido ossolinico) e portare a volume con Metanolo per HPLC in matraccio tarato da 10 mL. NB: Le soluzioni di lavoro è preparata di fresco al momento dell’uso. 2.3. Materiali • Cilindri in vetro • Imbuti di vetro • Matracci in vetro • Pipette tarate in vetro • Provette in plastica da centrifuga tipo Falcon da 15 e 50 mL • Puntali per micropipette • Siringhe tipo Hamilton • Kit immunoenzimatico: Fluoroquinolones EIA (Euro-Diagnostica cod. ED 21) e Flumequine EIA (Euro-Diagnostica cod. ED 22) 2.4. Apparecchiatura • Agitatore meccanico: (IKA, KS 501 digital) • Bilancia analitica 0.00001 g: (Mettler Toledo, XS 105 DU) 39 • Bilancia tecnica, sensibilità 0.01 g: (Ohaus Corporation, Ohaus Explorer) • Centrifuga: (Hettich Rotina, 46 R) • Evaporatore a flusso d’azoto: (BUCHI, 461 Buchi) • Frigorifero (4°C ± 2°C): (Angelantoni Industrie Spa, FCL 400/2 TS) • Lettore di micropiastre ELISA: (Bio-Rad, 550) • Ultraturrax: (Janke & Kunkel IKA-LABORTECHNIK, T 25) • Vortex: (Barloworld Scientific, Vortex Stuart SAS) 2.5. Estrazione • Pesare circa 1 g (± 0.1 g) di tessuto muscolare precedentemente omogenato con ultraturrax in falcon di plastica da 50 mL • Aggiungere 3 mL di soluzione di estrazione (MeOH/Sample dilution buffer 80/20 v/v) • Vortexare per alcuni secondi • Porre su agitatore meccanico per 15 minuti • Centrifugare per 10 minuti a 4000 rpm • Prelevare 2 mL di surnatante • Portare a secco sotto flusso d’azoto a 50°C • Riprendere il residuo con 1 mL di MeOH/sample dilution buffer 8/92 v/v • Sgrassare con 1 mL di normal esano • Centrifugare brevemente e scartare lo strato superiore • Prelevare 50 µL e diluire con 250 µL di MeOH/sample dilution buffer 8/92 v/v e dispensare sul kit della Flumechina (par. 4. Reazione immunoenzimatica (analisi ELISA) • Prelevare altri 50 µL e diluire con 450 µL di MeOH/sample dilution buffer 8/92 v/v e dispensare sul kit dei Fluorochinoloni (par. 4. Reazione immunoenzimatica (analisi ELISA) 40 3. Metodo B: preparazione del campione con estrazione e purificazione SPE 3.1. Reagenti • Acido fosforico 0.025 M a pH=3: Prelevare con pipetta di vetro da 2 mL 1.7 mL di acido ortofosforico 85%, porlo in un matraccio tarato da 1 L, portare a volume con acqua per HPLC. Miscelare accuratamente e portare a pH 3 con NaOH 10 M. • Acqua ultrapura per HPLC • Ammoniaca concentrata al 30% • Normal esano • Idrossido di sodio 0.01 M • Metanolo per HPLC • Miscela di estrazione: Pesare 1 g di di acido metafosforico e introdurlo in matraccio tarato da 100 mL. Solubilizzare e quindi portare a volume con acqua. Prelevare 60 mL della precedente soluzione di MPA 1% (p/v) e portare a volume con metanolo in matraccio tarato da 100 mL • Sample dilution buffer: Pesare 0.97 g di Na2HPO4 · H2O, 0.18 g di KH2PO4, 8.94 g di NaCl in un matraccio da 1 L e portare a volume con H2O ultrapura per HPLC. Portare a pH=7.4 (7.3-7.5). 3.2. Materiali di riferimento (standard analitici) • Standard di acido ossolinico (OXO): Sigma-Aldrich, cod. 00877 • Standard di flumechina (FLU): Sigma-Aldrich, cod. 45735 • Standard di diflossacina (DIF): Sigma-Aldrich, cod. 33984 • Standard di marboflossacina (MAR): Sigma-Aldrich, cod. 34039 • Standard di saraflossacina (SAR): Sigma-Aldrich, cod. 33497 3.2.1. Soluzioni Madre dei Materiali di Riferimento Le soluzioni madre sono conservate a +4°C per tre m esi 41 • Soluzione Madre di acido ossolinico 0.1 mg/mL in 0.01 M di sodio idrossido • Soluzione Madre di flumechina 0.1 mg/mL in 0.01 M di sodio idrossido • Soluzione Madre di diflossacina 0.1 mg/mL in 0.01 M di sodio idrossido • Soluzione Madre di marboflossacina 0.1 mg/mL in 0.01 M di acido nitrico • Soluzione Madre di saraflossacina 0.1 mg/mL in 0.01 M di acido nitrico Per ciascuna soluzione pesare circa 10 mg di standard in un matraccio tarato da 100 mL e portare a volume. 3.2.2. Soluzione Intermedia dei Materiali di Riferimento Soluzione intermedia dei Materiali di Riferimento (analiti) a 10 µg/mL La soluzione intermedia è conservata a +4°C per una settimana Introdurre, mediante pipetta in vetro in un matraccio tarato da 10mL 1 mL di ciascuna soluzione madre a 100 µg/mL e portare a volume con Metanolo per HPLC. 3.2.3. Soluzione di Lavoro dei Materiali di Riferimento Soluzione di Lavoro dei Materiali di Riferimento a 0.1 µg/mL Con una siringa tipo Hamilton prelevare 100 µL della soluzione intermedia a 10 µg/mL (3.2.2.) degli analiti (flumechina e acido ossolinico) e portare a volume con Metanolo per HPLC in matraccio tarato da 10 mL. NB: Le soluzioni di lavoro è preparata di fresco al momento dell’uso. 3.3. Materiali • Colonnine SPE OASIS HLB Waters (30 mg/1 mL) • Cilindri in vetro • Filtri idrofili per siringa da 17 mm 0.45 µm • Imbuti di vetro 42 • Matracci in vetro • Pipette tarate in vetro • Provette in plastica da centrifuga tipo Falcon da 15 e 50 mL • Puntali per micropipette • Reservoir, adattatore e rubinetti per SPE • Siringhe tipo Hamilton • Kit immunoenzimatico: Fluoroquinolones EIA (Euro-Diagnostica cod. ED 21) e Flumequine EIA (Euro-Diagnostica cod. ED 22) 3.4. Apparecchiatura • Agitatore meccanico: (IKA, KS 501 digital) • Bagnomaria termostatato: (Heto, HMT 200) • Bilancia analitica 0.00001 g: (Mettler Toledo, XS 105 DU) • Bilancia tecnica, sensibilità 0.01 g: (Ohaus Corporation, Ohaus Explorer) • Centrifuga: (Hettich Rotina, 46 R) • Evaporatore a flusso d’azoto: (BUCHI, 461 Buchi) • Frigorifero (4°C ± 2°C): (Angelantoni Industrie Spa, FCL 400/2 TS) • Lettore di micropiastre ELISA: (Bio-Rad, 550) • Ultraturrax: (Janke & Kunkel IKA-LABORTECHNIK, T 25) • Vortex: (Barloworld Scientific, Vortex Stuart SAS) 3.5. Estrazione • Pesare circa 1 g (± 0.1 g) di tessuto muscolare precedentemente omogenato con ultraturrax in falcon di plastica da 50 mL • Aggiungere 4 mL di soluzione di estrazione (soluzione di MPA allo 0.6% in MeOH/acqua 40/60) • Vortexare per circa 30 secondi • Porre su agitatore meccanico per 10 minuti • Immergere le provette in bagnomaria per 30 minuti a 45°-50°C per favorire la precipitazione proteica • Lasciare raffreddare e centrifugare per 10 minuti a 4000 rpm • Filtrare il surnatante mediante filtri per siringa da 17 mm 0.45 µm 43 • Ripetere l’estrazione, come sopra, con ulteriori 4 mL di soluzione di estrazione (soluzione di MPA allo 0.6% in MeOH/acqua 40/60) • Unire gli estratti • Vortexare per rimescolare gli estratti • Prelevare la metà dell’estratto complessivo (circa 4 mL) • Ridurre sotto flusso d’azoto a 40-50°C il volume de ll’estratto fino a circa 2 mL per garantire la completa eliminazione del metanolo. La fase di evaporazione del metanolo è critica, poiché la sua incompleta eliminazione porta ad una perdita degli analiti durante la purificazione SPE • Alla fine del processo di evaporazione diluire gli estratti con 4 mL di soluzione acquosa di MPA all’1% • E’ possibile lasciare i campioni in frigo a +4°C pe r una notte prima di procedere allo sgrassaggio • Sgrassare con 3 mL di normal esano • Vortexare per qualche secondo, centrifugare brevemente, prelevare e buttare lo strato superiore • E’ possibile lasciare i campioni in frigo a +4°C pe r una notte prima di procedere alla purificazione. 3.6. Purificazione SPE • Posizionare la colonnina OASIS in stazione da vuoto • Attivare la colonnina con 1 mL di metanolo e seccare, con 1 mL di acqua e seccare • Caricare quantitativamente l’estratto diluito • Scartare l’eluato avendo cura di non far seccare la colonnina • Lavare la colonnina con 2 mL di acido fosforico 0.025 M (pH=3)/Metanolo 95:5 v/v • Lavare con 2 mL di acqua • Far asciugare la colonnina sotto flusso d’aria per circa 15 minuti • Eluire i chinolonici con 2 mL di Metanolo/NH3 95:5 v/v in provetta di plastica da 15 mL • E’ possibile lasciare i campioni in frigo per una notte a +4°C prima di procedere all’analisi ELISA 44 • Portare a secco sotto flusso di azoto a 50°C • Riprendere il residuo con 2 mL di Sample diluition buffer diluito • Vortexare per alcuni minuti • Seminare 50 µL dei campioni in doppio su ciascuno dei due kit (par. 4. Reazione immunoenzimatica o analisi ELISA) 4. Reazione immunoenzimatica (analisi ELISA) 4.1. Operazioni preliminari • Estrarre i kit dal frigorifero almeno un’ora prima dell’esecuzione dei saggi e porli a temperatura ambiente All’apertura dei kit effettuare le seguenti operazioni valide per entrambe i kit: • Ricostituire il coniugato liofilizzato (CAP-HRPO) con 4 mL di tampone di ricostituzione (dilution buffer). Agitare bene e conservare al buio • Ricostituire l’anticorpo liofilizzato (antibody) con 4 mL di tampone di ricostituzione (dilution buffer). Agitare bene e conservare al buio • Diluire il tampone di lavaggio (rinsing buffer) con acqua secondo le indicazioni riportate nel libretto di istruzioni allegato al kit in uso (2 mL di rinsing buffer concentrato con 38 mL d’acqua). Per ogni strip sono necessari circa 40 mL di tampone di lavaggio diluito. Conservarlo in una spruzzetta • Prelevare il numero di pozzetti necessari alla esecuzione del saggio considerando una semina in doppio sia degli standard che dei campioni, e riporre immediatamente la piastra in frigorifero. 4.2. Esecuzione del saggio • Seminare in doppio 100 µL di standard di Flumechina o Norflossacina a 0 ng/mL (bianco) • Seminare in doppio 50 µL di standard di Flumechina o Norflossacina a 0 ng/mL (segnale massimo B0) 45 • Seminare in doppio 50 µL di standard di Flumechina a 1 ng/mL o Norflossacina a 1.25 ng/mL forniti dai kit (standard obbligatori) • Qualora si voglia controllare l’intera curva di taratura, seminare in doppio 50 µL anche degli altri standard di Flumechina o Norflossacina forniti dai kit, rispettivamente nel range tra 0.1 e 50 ng/mL e nel range tra 0.313 e 10 ng/mL (standard facoltativi) • Seminare in doppio 50 µL di ciascun campione • Aggiungere 25 µL del coniugato (CAP-HPRO) a tutti i pozzetti, tranne a quelli del bianco • Aggiungere 25 µL dell’anticorpo diluito (Anti-CAP), a tutti i pozzetti, tranne quelli del bianco • Agitare leggermente la micropiastra con un movimento rotatorio per alcuni secondi • Incubare per 1 ora a temperatura di refrigerazione (4 ± 2°C), al buio • Scaricare il contenuto dei pozzetti e lavare per 3 volte con il tampone di lavaggio, eliminando ogni volta i residui capovolgendo energicamente la piastra su carta assorbente e avendo cura di eliminare completamente il tampone • Procedere immediatamente con l’aggiunta di 100 µL di substrato, a tutti i pozzetti e agitare • Incubare per 30 minuti a temperatura ambiente (25 ± 2°C) • Aggiungere 100 µL di soluzione d’arresto (stop solution), a tutte le cuvette • Leggere immediatamente i valori di assorbanza (OD) a 450 nm. 5. Elaborazione dei dati Alla media delle assorbanze (optical density, OD) registrate o per un campione o per uno standard è sottratta la media delle assorbanze del bianco: si ottiene così una quantità indicata con “B”. Analogamente, alla media delle assorbanze registrate per il segnale massimo (standard zero) è sottratta la media delle assorbanze del bianco: si ottiene così una quantità indicata con “B0”. Quindi si procede ad effettuare il rapporto tra B e B0 moltiplicando per 100: 46 ODs tandard/ campione− ODbianco B ⋅ 100 %= B0 ODsegnale massimo− ODbianco 6. Studio di validazione Il piano sperimentale dello studio di validazione è stato approntato in conformità ai criteri della Decisione della Commissione 2002/657/CE per metodi di screening qualitativi. Lo schema completo utilizzato durante lo studio è riportato in Tabella 1. Tabella 1- Livelli di fortificazione utilizzati nello studio di validazione del muscolo in funzione dei parametri determinati Parametro N° di esperimenti Trattamento FLUMEQUINE ELISA FLU (µg/kg) GENERIC FLUOROQUINOLONES ELISA OXO DIF SARA (µg/kg) (µg/kg) (µg/kg) I PARTE a 20 A 0 0 0 0 specificità a 21 B 0 0 0 0 CCß 20 A 200 50 0 0 CCß 21 B 10 10 0 0 specificità II PARTE Parametro b N° di esperimenti FLUMEQUINE ELISA Trattamento GENERIC FLUOROQUINOLONES ELISA FLU (µg/kg) OXO (µg/kg) DIF (µg/kg) SARA (µg/kg) specificità 6 B 0 0 0 0 CCß 20 B 10 0 25 0 robustezza 8 B 10 10 0 0 Errore β 10 B 0 0 0 10 c a Prove di specificità effettuate su bianchi-campione per la verifica dell’influenza delle sostanze b endogene; Prove di specificità effettuate fortificando sei bianchi-campione con sei farmaci veterinari diversi dai chinolonici (sulfadimetossina, ossitetraciclina, nicarbazina, robenidina, c dimetridazolo e cloramfenicolo); Prove aggiuntive effettuate su un numero limitato di campioni inferiore a quello minimo richiesto (20). 47 6.1. Curve in tampone Come ogni sistema di rilevazione strumentale, anche la tecnica ELISA prevede l’allestimento di curve di taratura. Preliminarmente sono quindi stati seminati, per entrambi i kit, i sei standard forniti dal produttore, al fine di verificare le performances dei due prodotti. Per quanto riguarda il kit Generic fluoroquinolones, gli standard forniti sono di norflossacina alle concentrazioni progressive di 0.313, 0.625, 1.25, 2.5, 5 e 10 ng/mL, mentre per il kit Flumequine gli standard sono di flumechina alle concentrazioni 0.1, 0.5, 1.5, 10 e 50 ng/mL. 6.2. Prima parte dello studio di validazione La prima parte dello studio di validazione/ottimizzazione, come precedentemente accennato, è stata condotta in parallelo testando entrambe le procedure di preparazione del campione (A e B), al fine di valutare quale trattamento del campione sia adatto allo scopo di utilizzo del metodo. 6.2.1. Specificità (bianchi-campione) Sono stati analizzati almeno venti bianchi-campione di tessuto muscolare rappresentativi delle specie prelevate durante il controllo ufficiale (polli, suini, bovini, ovi-caprini, pesci). Lo scopo è quello di valutare l’influenza di possibili interferenze endogene naturalmente presenti in matrice (falsi positivi). 6.2.2. Verifica della percentuale di errore beta (acido ossolinico e flumechina) Almeno venti bianchi-campione sono stati fortificati a livelli di concentrazione appropriati simultaneamente con flumechina e acido ossolinico. La fortificazione è avvenuta in parallelo all’esperimento di specificità (6.2.1.). Durante le prove preliminari, per il kit Generic fluoroquinolones, la scelta della molecola di chinolone da utilizzare per la verifica delle performances e il relativo livello di fortificazione sono stati individuati considerando la cross-reattività dell’anticorpo (Tabella 2), l’LMR fissato a livello comunitario e, non ultima, la procedura di 48 preparazione del campione (A o B). Tabella 2- Cross-reattività Kit Generic fluoroquinolones (Eurodiagnostica) Molecola Cross-reattività Acido ossolinico 57 Ciproflossacina 124 Danoflossacina 89 Diflossacina 1 Enroflossacina 92 Marboflossacina 16 Saraflossacina 4 Norflossacinab 100 Si è così deciso di additivare con acido ossolinico a 50 e 10 µg/kg rispettivamente per il trattamento A e B, tenendo conto del diverso grado di concentrazione dei due protocolli. Quindi si è considerato che tutte le molecole con cross-reattività superiore a quella dell’acido ossolinico (57%), ovvero enroflossacina, ciproflossacina, danoflossacina e norflossacina siano rilevabili a livelli uguali o inferiori a quelli di additivazione dell’acido ossolinico. Questa assunzione è stata poi verificata sperimentalmente nella seconda parte dello studio di validazione. In questo tipo di validazione non si determina il valore di concentrazione esatto corrispondente alla capacità di rilevazione (CCβ), ovvero il livello a cui si registra una percentuale di falsi negativi pari al 5%, ma più semplicemente si valuta se, alle concentrazioni di interesse, i requisiti della Decisione 2002/657/CE sulla percentuale di errore beta siano soddisfatti (≤5%). Ad ogni seduta è stato seminato un solo standard in tampone a concentrazione intermedia tra quelli forniti dal produttore per controllare le performances del kit commerciale. Nel caso della procedura A, la fortificazione di flumechina a 200 ppb è stata effettuata aggiungendo a ciascun campione 20 µL di una soluzione di lavoro a 10 µg/mL, mentre per l’acido ossolinico a 50 ppb, si sono aggiunti 50 µL di una soluzione di lavoro a 1 µg/mL. Per la procedura B, invece, le due fortificazioni a 10 ppb sono state effettuate aggiungendo a ciascun campione 100 µL di 49 ciascuna soluzione di lavoro dei singoli analiti, alla concentrazione di 0.1 µg/mL. Dopo aver effettuato le aggiunte, si lascia equilibrare il campione per almeno 30 minuti. 6.3. Seconda parte dello studio di validazione La seconda parte dello studio di validazione è stata condotta utilizzando la sola procedura di preparazione del campione B. 6.3.1. Specificità (campioni fortificati con farmaci veterinari diversi dai chinoloni) Secondo quanto indicato dalla Decisione 2002/657/CE, sono stati utilizzati due approcci per verificare la specificità: uno per le sostanze endogene (prima parte dello studio) e l’altro per composti esogeni (farmaci veterinari non appartenenti alla classe dei chinoloni). Utilizzando il metodo di preparazione del campione B, è stata eseguita l’analisi di una serie di bianchi-campione additivati con farmaci veterinari (antibiotici e coccidiostatici) utilizzati legalmente o illegalmente in allevamento e che potrebbero, quindi, potenzialmente essere presenti nelle matrici di interesse. Lo scopo è quello di verificare potenziali interferenze con i risultati del metodo (falsi positivi o negativi). Le sostanze e i livelli di additivazione approntati per questa prova di specificità sono riportati in Tabella 3. Per le varie classi (sulfamidici, tetracicline etc..), il farmaco scelto per la fortificazione è quello che, sulla base delle positività nel territorio, è stato più frequentemente riscontrato. Tabella 3- Molecole e livelli di fortificazione adottati nelle prove di specificità Molecola Sulfadimetossina Ossitetraciclina Nicarbazina Livello di fortificazione (µg/kg) 100 100 200 Cloramfenicolo Dimetridazolo Robenidina 10 10 10 Nota Corrispondente all’LMR Corrispondente all’LMR Corrispondente all’LMRa Sostanza vietata Sostanza vietata Sostanza vietata a La nicarbazina ha un LMR pari a 200 µg/kg fissato dalla FAO/WHO nel muscolo e nel fegato. 50 6.3.2. Verifica saraflossacina) della percentuale di errore beta (diflossacina e A completamento dello studio, per ampliare la gamma delle molecole determinabili ai livelli di interesse con un LMR, è stato condotto un set di esperimenti preliminari, fortificando un tessuto muscolare in doppio a 10 ppb con le seguenti molecole: ciproflossacina, norflossacina, enroflossacina, danoflossacina, saraflossacina acido e ossolinico, difloflossacina. lomeflossacina, Le fortificazioni sono marboflossacina, state effettuate aggiungendo, a ciascun campione, 100 µL di ciascuna soluzione di lavoro dei singoli analiti alla concentrazione di 0.1 µg/mL. Dopo aver effettuato le aggiunte, si lascia equilibrare il campione per almeno 30 minuti. Sulla base dei risultati ottenuti dalle fortificazioni in doppio a 10 ppb, successivamente, si sono effettuate prove aggiuntive ripetute in diversi campioni di tessuto muscolare appartenenti a varie specie animali, fortificati a 25 ppb (aggiungendo 25 µL di una soluzione di lavoro alla concentrazione di 1 µg/mL) e 10 ppb (aggiungendo 100 µL di una soluzione di lavoro alla concentrazione di 0.1 µg/mL) rispettivamente con diflossacina (n=20) e saraflossacina (n=11), al fine di verificare il tasso di falsi negativi. 51 6.3.3. Robustezza La robustezza è stata testata in un tessuto muscolare di pollo, introducendo piccoli e deliberati cambiamenti relativamente a sei variabili (fattori) ritenute potenzialmente critiche (Tabella 4). Tabella 4- Variabili e livelli testati durante l’esperimento di robustezza condotto in muscolo di pollo secondo lo schema sperimentale di Youden Variabile selezionata Esperimento N° 4 5 6 7 8 a a a A b B B b B C c C c C C D d d d d D D E e E e e E e E temperatura della prima incubazione del saggio ELISA F f f F F f f F Variabile fittizia G g g G g G G G Risultato ottenuto S T U V W X Y Z MeOH della miscela di estrazione Temperatura del bagnomaria Marca della colonnina SPE pH del tampone fosfato (lavaggio SPE) pH del Sample dilution buffer Variabile selezionata MeOH della miscela di estrazione Temperatura del bagnomaria Marca della colonnina SPE pH del tampone fosfato (lavaggio SPE) pH del Sample dilution buffer temperatura della prima incubazione del saggio ELISA 1 2 3 A A A A B B b C c D Unità di misura Abbreviazione Livello alto Livello Basso % A, a 41.5 38.5 °C B, b 50 40 - C, c OASIS (Waters) Strata-X (Phenomenex) - D, d 3.1 2.9 - E, e 7.5 7.3 °C F, f 6 2 I risultati di ciascun esperimento sono indicati come S-Z. I fattori selezionati coinvolgono sia la parte di preparazione del campione, che quella di esecuzione del saggio ELISA. Gli esperimenti sono stati condotti applicando lo schema 52 sperimentale proposto da Youden e riportato anche dalla Decisione 2002/657/CE. Si tratta di un disegno sperimentale di tipo fattoriale frazionato, che permette di valutare simultaneamente l’effetto di un massimo di sette fattori con otto esperimenti [V]. Nel nostro caso, gli esperimenti sono stati effettuati in otto aliquote di muscolo di pollo, fortificate simultaneamente alle stesse concentrazioni utilizzate nelle prove per la valutazione dell’errore beta, vale a dire: OXO a 10 µg/kg e FLU a 10 µg/kg. Per i fattori di tipo quantitativo, la lettera maiuscola corrisponde generalmente ad un esperimento in cui quella variabile è mantenuta al livello “alto”, viceversa per la lettera minuscola(7). Così nell’esperimento N°1 tutte le variabili selezionate sono al livello alto, ovvero la prova viene condotta utilizzando una % del 41.5 di MeOH nella miscela di estrazione, una temperatura del bagnomaria pari a 50 °C e così via. Per le variabil i di tipo qualitativo, come, ad esempio, la marca della colonnina per la purificazione in fase solida (SPE), la lettera maiuscola è generalmente assegnata al valore nominale. Le condizioni complete di ciascun esperimento sono riportate in Tabella 5. Tabella 5- Valori delle variabili nell’esperimento di robustezza Variabile selezionata Esperimento N° 4 5 6 7 8 38.5 38.5 38.5 38.5 40 50 50 40 40 W P W P W P 3.1 2.9 2.9 2.9 2.9 3.1 3.1 7.5 7.3 7.5 7.3 7.3 7.5 7.3 7.5 temperatura della prima incubazione del saggio ELISA (°C) 6 2 2 6 6 2 2 6 Variabile fittizia - - - - - - - - Risultato ottenuto S T U V W X Y Z MeOH della miscela di estrazione (%) Temperatura del bagnomaria (°C) Marca della colonnina a SPE pH del tampone fosfato (lavaggio SPE) pH del Sample dilution buffer 1 2 3 41.5 41.5 41.5 41.5 50 50 40 W P 3.1 a W=Waters, P=Pheomenex 7 Lo schema di Youden prevede due livelli diversi per una variabile, ma uno dei due livelli può anche corrispondere con il valore normalmente usato (non variato) nella procedura, il cosiddetto valore nominale. 53 7. BIBLIOGRAFIA [I]. Fluoroquinolones EIA (Generic test). A microtitre plate based competitive enzyme immunoassay (EIA) for screening and quantitative analysis of a broad range of fluoroquinolones in various matrices. Euro-Diagnostica 5101FLUQG1p[9]08.06. Euro-Diagnostica, Arnhem (The Netherlands). http://www.eurodiagnostica.com. [II]. Flumequine EIA. A microtitre plate based competitive enzyme immunoassay (EIA) for screening and quantitative analysis of flumequine (FLUM) in various matrices. Euro-Diagnostica 5101FLUM1p[2]08.05. Euro- Diagnostica, Arnhem (The Netherlands). http://www.eurodiagnostica.com. [III]. Horie M., Saito K., Nose N. and Nakazawa H. Simultaneous determination of nalidixic acid, oxolinic acid and piromidic acid in fish by highperformance liquid chromatography with fluorescence and UV detection. Journal of Cromatography, 402, 301-308, 1987. [IV]. Horie M., Saito K., Hoshino Y. and Nose N. Simultaneous determination of benofloxacin, danofloxacin, enrofloxacin and ofloxacin in chicken tissues by high-performance liquid chromatography. Journal of Cromatography B, 653, 69-76, 1994. [V]. Vander Heyden Y., Nijhuis A., Smeyers-Verbeke J., Vandeginste B.G.M. and Massart D.L. Guidance for Robustness/Ruggedness Tests in Method Validation. 2006. www.vicim.com/guideline_ruggedness.pdf. 54 III: RISULTATI E DISCUSSIONE 55 1. Introduzione L’UE, per avere una maggiore flessibilità nella propria azione di controllo della presenza di residui di farmaci veterinari negli alimenti di origine animale, non impone ai propri laboratori metodi ufficiali di riferimento messi a punto, validati e codificati da un organismo internazionalmente riconosciuto, ma piuttosto, è fondamentale che i suddetti metodi rispondano ai criteri prescritti dalla Decisione 2002/657/CE o da provvedimenti analoghi, tali da poter essere utilizzati nei piani di controllo ufficiale. Questo tipo di strategia è comunemente chiamata criteria approach o performance based approach e si contrappone al traditional approach in cui il metodo da impiegare è quello di riferimento. I vantaggi dell’uno e dell’altro approccio sono riassunti in Tabella 1. Tabella 1- Confronto tra approcci nella scelta dei metodi analitici da utilizzarsi nel controllo ufficiale Approccio Criteria approach Traditional approach Vantaggi 1) Grande flessibilità e libertà di scelta per l’analista 2) Rapidità di intervento anche per problemi analitici “nuovi” non precedentemente affontati (allerte) 3) Di frequente sono disponibili più metodi con performance adeguate rispetto alle esigenze del controllo ufficiale 1) L’utilizzo dello stesso metodo codificato da parte di tutti i laboratori è una garanzia per quanto riguarda la confrontabilità dei risultati 2) Ogni singolo laboratorio effettua un numero di esperimenti di validazione ridotti Svantaggi 1) L’utilizzo di metodi differenti da parte di ciascun laboratorio porta a maggiori rischi per quanto riguarda la confrontabilità dei risultati 2) Ogni singolo laboratorio deve effettuare una validazione completa del metodo “interno” 1) L’analista non ha libera scelta e, in alcuni casi, potrebbe essere obbligato ad utilizzare un metodo inappropriato 2) Da un punto di vista amministrativo è lungo e complesso cambiare un metodo qualora risulti inadeguato o con caratteristiche inferiori ad un altro L’uso del criteria approach è stata una scelta obbligata poiché, se all’inizio degli anni novanta l’UE aveva provato a pubblicare una serie di metodi di riferimento per il controllo dei residui di sostanze ad azione anabolizzante e di medicinali 56 veterinari negli animali vivi e nei loro prodotti, ben presto questa strategia fu rivista in quanto, le procedure di riferimento, risultarono uno strumento inadeguato in questo settore analitico. Quindi, lasciando libera scelta ai propri laboratori rispetto ai metodi utilizzabili (di screening o di conferma), fu necessario minimizzare i rischi legati ad una scarsa qualità del dato analitico. Ciò fu realizzato imponendo restrittive performances minime ai metodi stessi. La Decisione 2002/657/CE, che ha come campo di applicazione i metodi per la determinazione dei residui di sostanze ad azione anabolizzante e di medicinali veterinari negli alimenti di origine animale, è uno dei provvedimenti fondamentali che norma le caratteristiche di performance. Lo scopo di questi provvedimenti atti ad integrare il prerequisito dell’accreditamento dei laboratori ufficiali in accordo con la norma ISO 17025, è quello di garantire la qualità dei risultati mediante l’impiego di metodi validati e l’utilizzo di procedure ben descritte e definite, sia per l’esecuzione dei metodi di prova che per il controllo di qualità. Affinché i risultati delle misurazioni possano essere accettati come validi dalle parti interessate, infatti, le misurazioni analitiche devono essere affidabili e, l’affidabilità valutata su basi rigorose, senza le quali non sarebbe attuabile il mutuo riconoscimento di risultati e tarature a livello internazionale. Premesso ciò, gli step che un analista deve affrontare nell’implementazione di un nuovo metodo in laboratorio sono schematizzati in Figura 1 (pagina seguente) e riassunti qui di seguito: 1.ottimizzazione 2.validazione 3.utilizzo in routine. Ottimizzazione e validazione sono due momenti strettamente interconnessi, poiché è solo durante serie di prove ripetute che si possono valutare in profondità le caratteristiche di performances della procedura che si sta cercando di ottimizzare e se questa sia effettivamente adeguata allo scopo (fit for purpose). I parametri stabiliti durante lo studio di validazione, vengono utilizzati come criteri di accettabilità per il controllo di qualità (CQ), attuato nella terza fase. Poiché il campo di applicazione dei metodi per la ricerca di residui di farmaci veterinari è particolarmente complesso, è fondamentale che anche nella terza fase, in cui la procedura è tenuta sotto controllo statistico mediante il 57 CQ, si attui un feed back periodico tra i dati collezionati in routine e la verifica delle performances stabilite in validazione. OTTIMIZZAZIONE VALIDAZIONE IL METODO E' "FIT FOR PURPOSE"? SI' UTILIZZO NELLE ANALISI DI ROUTINE NO REVISIONE DEL METODO CQ Figura 1- Rappresentazione schematica delle fasi di implementazione di un nuovo metodo analitico Ancor prima dell’ottimizzazione, come è ovvio, è necessario individuare il metodo candidato. Tale scelta è effettuata in base all’esperienza dell’analista, a quella di altri laboratori collegati, all’applicabilità e a quant’altro possa aiutare per una corretta individuazione. Poiché, generalmente, un metodo è composto da una fase di trattamento del campione (estrazione e purificazione) e da una fase di determinazione (tecnica analitica) bisogna selezionare entrambe. 1.1. Scelta della tecnica analitica La tecnica ELISA è sembrata l’unica a poter garantire il raggiungimento dell’obiettivo prefissato, ovvero la rilevazione delle principali molecole appartenenti alla classe dei chinoloni ai livelli di interesse nelle matrici previste per il controllo ufficiale (muscolo, uova e latte). L’ELISA è fra l’altro una delle tecniche più utilizzate nello screening. 58 E’ opportuno focalizzare che, in questi casi, la definizione stessa dell’obiettivo non è immediata (matrici, molecole e concentrazioni di interesse), poiché devono essere considerati simultaneamente molteplici requisiti e fattori (Figura 2). OBIETTIVO DEL METODO SCREENING MATRICI PIANI DI CONTROLLO (MUSCOLO/UOVA/LATTE) MOLECOLE MOLECOLE CON LMR FISSATO (Regolamento 2377/90) ALTRE MOLECOLE DEL GRUPPO SENZA LMR LIVELLI DI INTERESSE CA 0.5 LMR (Regolamento 2377/90) LIVELLI PIU' BASSI POSSIBILE PER LE MOLECOLE SENZA LMR Figura 2- Schema per la definizione degli obiettivi di un metodo di screening multiresiduale Per quanto riguarda le matrici, è sufficiente consultare i piani di controllo ed in particolare il PNR che prevede, per i chinoloni, campionamenti di tessuto muscolare, uova e latte. Tali matrici sono scelte dal Ministero della Salute sulla base della loro effettiva efficacia per il controllo dei residui di questa classe di farmaci. Passando ai livelli (concentrazioni) di interesse, i limiti massimi di residui fissati nelle diverse matrici sono riportati in Tabella 2. Secondo i requisiti comunitari, allorquando è stato stabilito un certo LMR su una data matrice, un metodo di screening deve essere in grado di rilevare concentrazioni di farmaco pari a circa 0.5 LMR o inferiori. Ciò significa che per le molecole con LMR più alti, i limiti di rilevazione della procedura possono essere più elevati e viceversa. Laddove non è invece fissato alcun LMR, come nelle uova, il metodo deve raggiungere i livelli più bassi possibile. Sebbene questo lavoro abbia coinvolto solo la matrice “muscolo”, la messa a punto del metodo avrebbe dovuto 59 considerare la possibilità di analizzare anche le altre matrici coinvolte nel PNR, in modo che il metodo potesse essere valido come screening di tutti i campioni ufficiali prelevati per la ricerca di chinoloni. Tabella 2- Limiti massimi di residui dei chinoloni nelle varie matrici di origine animalea Sostanza Acido ossolinico Danoflossacina Diflossacina Enroflossacina (Enroflossacina+ Ciproflossacina) Flumechina Marboflossacina Saraflossacina a Specie animale Pollame Bovini Suini Ovini/caprini Pollame Bovini Suini Ovini/caprini Pollame Bovini Suini Ovini/caprini LMR (µg/kg) nel muscolo 100 100 100 100 200 200 200 200 300 400 400 400 Pollame Bovini Suini Ovini/caprini Ovini/caprini Pollame Bovini Suini Ovini/caprini Pollame Bovini Suini Ovini/caprini Pollame Bovini Suini Ovini/caprini Salmonidi 100 100 100 100 400 200 200 200 150 150 10b 30c b LMR (µg/kg) nel latte LMR (µg/kg) nelle uova - - 30 - - - 100 - 50 - 75 - - - c Regolamento 2377/90; pelle e grasso; pelle e muscolo. Infine, per quanto riguarda le molecole, per i chinoloni non compresi nella tabella 2, bisogna tener conto eventualmente delle sostanze che, pur senza LMR, potrebbero avere un uso non autorizzato in allevamento come, ad 60 esempio, la norflossacina. Queste molecole non regolate dovrebbero essere, di conseguenza, rilevate al livello più basso possibile in tutte le matrici. La situazione si complica se si pensa al fatto che, per il muscolo, in alcuni casi, il LMR è diverso a seconda della specie animale (diflossacina e flumechina). Consultando il PNR italiano, relativo all’anno 2008 [I], si verifica che i prelievi di campioni di muscolo per la ricerca di chinoloni sono ripartiti come segue (Tabella 3): Tabella 3- Ripartizione dei prelievi a livello nazionale prevista per la determinazione di chinolonici nella matrice “muscolo” nel PNR 2008 Specie animale Categoria * Bovini Suini Antibiotici Chinolonici previsto vitelli 210 vitelloni 220 vacche 210 suini da ingrasso 300 ovi-caprini 100 * equini 70 polli 200 tacchini 200 galline 100 Antibiotici Equini Antibiotici Conigli N° campioni * Ovini e Caprini Volatili da cortile Categoria animale Chinolonici altro 30 * conigli 20 * volatili 10 trote 15 eurialine 15 Antibiotici Selvaggina allevata Antibiotici Acquacoltura Chinolonici *Nella richiesta di analisi per antibiotici il laboratorio deve analizzare le tre classi: chinoloni, penicilline e tetracicline Come si può osservare, le specie aviari sono quelle maggiormente campionate specificamente per chinoloni in quanto, tale classe di antibiotici è molto utilizzata in questo settore della zootecnia. Da un punto di vista analitico, quindi, è il LMR del pollame che viene eventualmente considerato come principale. Ciò può essere importante nel caso della flumechina in cui il LMR nel pollame è piu alto (400 µg/kg), rispetto a quello stabilito nel muscolo di altre specie pari a 200 µg/kg. 61 Passando alla scelta del kit commerciale ELISA più adeguato, a seguito di un’indagine condotta per i più importanti produttori, erano disponibili quattro diversi prodotti con le cross-reattività riportate in Tabella 4 [II-IV]. Tabella 4- Cross-reattività riportate per tre diversi kit commerciali di tipo competitivo Cross-reattività (%) Eurodiagnos Randox tica (Irlanda) (Olanda)a 57 - Molecola CER (Belgio) Ridascreen (Germania) Acido ossolinico 3 Ciproflossacina 17 124 166 100 Danoflossacina 88 89 324 80-85 Diflossacina 64 1 65 - Enroflossacina 66 92 300 100 Flumechina 4 100a - 7 Marboflossacina 45 16 43 5 Saraflossacina 100 4 59 - Norflossacinab 105 100 100 12-15 5 a Eurodiagnostica produce due diversi kit: uno generico per fluorchinoloni (5101FLUQG1) che però ha una cross-reattività dichiarata per la flumechina del 2% ed un altro specifico per b flumechina (5101FLUM1); Molecola senza LMR ma la cui determinazione può essere importante. Si scartano sia il kit Randox che quello Ridascreen. Il primo non dichiara alcuna cross-reattività né per la flumechina, né per l’acido ossolinico, due molecole la cui rilevazione non può essere tralasciata, in quanto hanno un LMR fissato e un documentato utilizzo nel territorio. Il secondo, invece, ha crossreattità non dichiarate o trascurabili (<10%) per l’acido ossolinico, la diflossacina, la flumechina, la marboflossacina e la saraflossacina. Infatti il kit Ridascreen è denominato “Enro/Cipro”, in quanto finalizzato quasi esclusivamente alla rilevazione di queste due molecole. Confrontando il prodotto CER e Eurodiagnostica, l’anticorpo CER offre cross-reattività migliori per saraflossacina, marboflossacina e diflossacina, con percentuali trascurabili per flumechina e acido ossolinico. Viceversa, la ditta olandese è favorita per flumechina, enroflossacina, ciproflossacina e acido ossolinico, con percentuali basse per diflossacina e saraflossacina (<10%). In Italia, nell’ultimo triennio durante i controlli ufficiali (PNR e extra PNR), sono state riscontrate positività 62 per ciproflossacina, enroflossacina, flumechina e marboflossacina e, quindi, si preferisce optare per i due prodotti Eurodiagnostica da utilizzare in parallelo. Questa scelta sembra in grado di offrire le maggiori garanzie rispetto all’obiettivo prefissato ma, d’altro canto, comporta maggiori costi poiché è necessario l’acquisto di due kit invece di uno. 1.2. Scelta della procedura di preparazione del campione (estrazione e purificazione) Rispetto alla procedura di purificazione, sebbene da un lato i metodi di screening per loro natura dovrebbero essere veloci e a basso costo, dall’altro è difficile raggiungere l’obiettivo della multiresidualità in matrici complesse utilizzando tecniche non-cromatografiche senza porre una certa attenzione alla preparazione del campione. Infatti, uno dei problemi principali nell’utilizzo routinario degli screening ELISA è quello della percentuale di errore alfa (falsi positivi). La deposizione nei pozzetti della micropiastra di campioni non sufficientemente purificati porta, di frequente, a interazioni aspecifiche degli anticorpi con i componenti della matrice, i cosiddetti interferenti. Ciò provoca un abbassamento del rapporto B/B0 e il campione viene, di conseguenza, giudicato sospetto e inviato all’analisi con metodo di conferma. La percentuale di errore alfa, come abbiamo visto, non è uno dei parametri di performances che la Decisione 2002/657/CE giudica critico per un metodo di screening (non obbligatorio) e questo perché, il suo impatto è tutto all’interno della gestione di laboratorio. Tuttavia, una percentuale di errore alfa troppo elevata (>10%), fa sì che il test di screening perda la sua funzione che è principalmente quella di ridurre tempi e costi. Inoltre, la messa a punto di una procedura di estrazione e clean up più sofisticati, permettono di aumentare la concentrazione dell’estratto finale, che ha come conseguenza la possibilità di rilevare livelli di concentrazione minori e quindi di aumentare anche la gamma delle molecole di chinoloni determinate. Quindi, ai fini dell’ottimizzazione, si è deciso di condurre la prima parte dello studio di validazione (specificità e verifica della percentuali di falsi negativi) in doppio considerando, sia la procedura suggerita dal produttore dei kit ELISA Eurodiagnostica (A), sia una procedura più complessa messa a punto in proprio, adattando il protocollo di preparazione del campione utilizzato correntemente dal laboratorio per il metodo di conferma in HPLC (B). 63 La procedura A utilizzata in questo lavoro di tesi non è esattamente la stessa riportata nei due libretti di istruzione allegati ai kit; infatti, poiché i due protocolli suggeriti erano leggermente diversi, si è modificato il fattore di diluizione del metodo riportato per il kit Generic Fluoroquinolones che, fra l’altro, prevede uno step di sgrassaggio, in modo da poter seminare lo stesso estratto in parallelo su entrambi i kit. La procedura B è stata ottimizzata, apportando alcune modifiche al metodo di preparazione del campione adottato per la conferma in cromatografia liquida con rilevazione in fluorescenza (HPLC-FLUO). Tale metodo era stato originariamente sviluppato a partire dai lavori di Horie et al. (1987, 1994), già citati nella Parte Sperimentale, apportando alcune modifiche sulla base dell’esperienza maturata, delle caratteristiche dei chinoloni e di altri metodi pubblicati successivamente, anche dallo stesso laboratorio [V-IX]. Gli ulteriori aggiustamenti effettuati per l’applicazione in ELISA, non hanno praticamente alterato il trattamento utilizzato per l’analisi HPLC, ma hanno riguardato unicamente uno scale-down del protocollo, in modo da diminuirne tempi e costi. In generale, infatti, gli screening ELISA vengono applicati a minori quantità di matrice (1-3 g), rispetto ai metodi tradizionali, in quanto il sistema di rilevazione è molto sensibile. Le fasi salienti del trattamento del campione sono riportate nello schema di Figura 3. Invece dei 5 g processati con il metodo di conferma, si parte da 1 grammo di tessuto muscolare che viene estratto con 8 mL complessivi di soluzione di estrazione (acido metafosforico all’1%/metanolo 6/4 v/v). In questo modo i tempi di evaporazione del metanolo (concentrazione dell’estratto), contenuto nella miscela acquosa di estrazione sono drasticamente abbattuti. Questo rappresenta, infatti, uno degli step più lunghi del metodo di conferma in cui il volume dell’estratto è di circa 40 mL. Il metanolo deve essere rimosso quanto più possibile, poiché una presenza al di sopra del 7-8% provocherebbe la mancata ritenzione degli analiti sulla fase fissa della cartuccia OASIS HLB (bassi recuperi). I chinolonici sono generalmente solubili in solventi organici polari, in miscele idro-organiche acidificate o in soluzioni acquose basiche, mentre non sono solubili in solventi apolari, quali l’esano o il toluene. Questa proprietà viene sfruttata, oltre che, come abbiamo visto in fase di estrazione, per la successiva purificazione liquido-liquido (LLE). Infatti l’estratto riconcentrato viene dibattuto con n-esano per eliminare i componenti lipidici contenuti nella matrice. 64 OMOGENEIZZAZIONE DEL CAMPIONE PESATA (1 grammo) ESTRAZIONE (2 x 4 mL della miscela di estrazione) CONCENTRAZIONE DELL'ESTRATTO PURIFICAZIONE LLE (sgrassaggio con esano) PURIFICAZIONE SPE (Colonnine Oasis HLB 30 mg/1 mL) EVAPORAZIONE SAGGIO ELISA Figura 3- Fasi salienti del trattamento del campione Quindi si procede all’estrazione in fase solida (SPE) utilizzando una cartuccia tipo OASIS HLB. Questo tipo di purificazione, sfrutta l’affinità di una fase adsorbente (fase fissa) per alcune sostanze presenti nel campione che possono essere, o gli analiti di interesse (purificazione di tipo ritensivo), o gli interferenti di matrice che si desiderano eliminare (purificazione di tipo non-ritensivo) [X]. I principali meccanismi di purificazione includono l’utilizzo di adsorbenti polari (in fase diretta), apolari (SPE in fase inversa), a “scambio ionico” e a “fase mista”, a seconda dei gruppi funzionali presenti. La scelta del materiale adsorbente rende, quindi, possibile mettere a punto procedure di preparazione del campione in base alle necessità, tenendo conto, sia delle caratteristiche 65 chimico-fisiche degli analiti che delle matrici in cui questi devono essere determinati. Il tipo di SPE praticata in questo lavoro è di tipo ritensivo (Figura 4) a fase inversa con adsorbente polimerico (OASIS HLB). La prima fase della purificazione è sempre rappresentata dal condizionamento della colonna con opportuni solventi, al fine di bagnare la fase fissa e solvatarne i gruppi funzionali. Dopo il caricamento del campione, gli analiti sono trattenuti dalla fase fissa, al contrario della maggior parte degli interferenti di matrice. Si eseguono, poi, dei lavaggi con solventi a polarità cresente, atti ad allontanare il più possibile gli interferenti rimasti in colonna, senza “staccare”, però, gli analiti che sono poi eluiti con solventi o miscele in grado di romperne i legami con l’adsorbente. Figura 4- Stadi di una purificazione SPE di tipo ritensivo Considerando la minore quantità di campione processata rispetto al metodo di conferma, la cartuccia SPE utilizzata ha una quantità di fase solida più bassa (30 mg vs 60 mg). Ciò consente di diminuire i volumi dei solventi utilizzati per la purificazione e, conseguentemente, anche i tempi di evaporazione dell’eluato. Infine, l’estratto è risolubilizzato nel Sample dilution buffer per la successiva esecuzione del test ELISA con semina in doppio in parallelo su entrambi i kit. 66 2. Risultati delle prove di validazione 2.1. Curve in tampone All’inizio dello studio si sono seminate le curve in tampone fornite con i due kit Eurodiagnostica. Va precisato che, durante le prove e in routine, le curve non vengono sistematicamente acquisite (si controlla un solo punto della curva), poiché non ritenute necessarie ai fini dell’esecuzione del metodo qualitativo. Preliminarmente, le curve in tampone vengono seminate per confrontarle con quelle riportate dalla ditta produttrice Eurodiagnostica (Tabella 5 e Figure 5 e 6). Tabella 5- Curve in tampone per i due saggi ELISA Eurodiagnostica Generic fluoroquinolones Standard (ng/mL) a % B/B0 Flumequine standard (ng/mL) % B/B0 0.313 69.2 0.1 86.4 0.625 57.8 0.5 59.0 1.25 38.4 1 40.8 2.5 27.2 5 22.6 5 17.0 10 17.3 10 11.0 50 13.0 a Gli standard forniti sono di norflossacina. 67 CURVA IN TAMPONE (GENERIC FLUOROQUINOLONES ) 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 B/B0 80,0 70,0 10,0 0,0 0,1 1 10 Concentrazione (ng/mL) a) 0,01 0,1 1 10 100,0 90,0 80,0 70,0 60,0 50,0 40,0 30,0 20,0 10,0 0,0 100 B/B0 CURVA IN TAMPONE (FLUMEQUINE ) Concentrazione (ng/mL) b) Figura 5- Curve in tampone acquisite in laboratorio: a) curva per norflossacina e b) per flumechina 68 a) b) Figura 6- Curve in tampone riportate da Eurodiagnostica: a) curva acquisita in laboratorio per norflossacina e b) per flumechina Come si può vedere le curve dichiarate sono in linea con quelle acquisite. 69 2.2. Prima parte studio di validazione 2.2.1. Specificità e verifica della percentuale di errore beta (acido ossolinico/flumechina) Tabella 6- Metodo A: risultati delle prove su bianchi-campione e relativi fortificati (acido ossolinico e flumechina) CAMPIONE N° 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 MEDIA DS a GENERIC FLUOROQUINOLONES BianchiFortificatia Campione (B/B0, %) (B/B0, %) 99.4 48.6 101.1 64.3 86.5 55.9 90.6 54.7 104.3 65.1 92.9 52.9 89.3 61.5 89.5 54.3 104.9 58.2 101.9 61.4 100.6 58.1 93.6 60.3 105.1 58.7 92.3 55.0 97.9 54.7 76.4 40.5 91.3 54.7 97.2 55.3 88.0 53.2 93.2 58.7 95 56 7.3 5.5 Livello di fortificazione: acido ossolinico 50 µg/kg; µg/kg. b FLUMEQUINE Fortificatib Bianchi(B/B0, %) Campione (B/B0, %) 74.9 33.5 72.0 33.2 64.1 36.5 68.1 41.4 58.5 35.1 96.4 42.8 74.2 34.8 76.0 30.5 76.8 33.1 65.5 45.6 71.9 37.9 77.4 35.4 69.8 41.6 67.6 33.5 73.9 38.7 64.3 35.3 63.1 39.0 68.7 32.9 69.7 33.6 78.5 38.5 72 37 7.9 3.9 Livello di fortificazione: flumechina 200 70 Tabella 7- Metodo B: risultati delle prove su bianchi-campione e relativi fortificati (acido ossolinico e flumechina) CAMPIONE N° 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 MEDIA SD a GENERIC FLUOROQUINOLONES BianchiFortificatia (B/B0, %) Campione (B/B0, %) 93.0 39.6 94.2 38.8 90.3 32.4 77.4 43.3 69.0 34.7 71.6 35.5 87.2 36.7 96.3 42.8 95.1 44.4 100 47.0 87.9 38.8 96.5 49.7 93.7 42.5 97.7 45.8 89.0 39.4 92.1 39.0 98.4 47.3 94.2 40.1 94.6 41.9 72.4 38.4 99.0 44.4 90.0 41.1 9.4 4.4 Livello di fortificazione: acido ossolinico 10 µg/kg; µg/kg. b FLUMEQUINE Fortificatib BianchiCampione (B/B0, %) (B/B0, %) 73.8 22.4 46.1 17.9 72.2 19.8 60.0 27.5 55.7 27.3 52.2 24.0 71.0 23.1 75.8 28.0 70.7 25.6 75.8 27.8 72.1 23.4 80.4 33.0 69.2 26.2 75.6 26.9 77.2 27.6 78.9 27.6 82.4 22.0 86.6 15.8 76.7 24.6 78.8 26.7 83.9 27.2 72.1 25.0 10.5 3.9 Livello di fortificazione: flumechina 10 71 2.3. Seconda parte studio di validazione 2.3.1. Specificità e verifica della percentuale di errore beta (diflossacina e saraflossacina) Tabella 8- Prove preliminari di verifica della risposta per un muscolo fortificato in doppio a 10 µg/kg con diverse molecole di chinoloni (metodo B) Molecola Kit Generic Fluoroquinolones B/B0 (%) Fortificato a 10 Cross-reattività µg/kg dichiarata (%) Ciproflossacina 34.8 124 Norflossacina 35.1 100 Enroflossacina 33.2 92 Danoflossacina 30.6 89 Acido Ossolinico 41.2 57 Lomeflossacina 39.4 40 Marboflossacina 52.7 16 Saraflossacina 59.4 4 Difloflossacina 58.1 1 72 Tabella 9- Metodo B: risultati delle prove aggiuntive di fortificazione a 25 µg/kg di diflossacina (Generic Fluoroquinolones EIA) CAMPIONE N° 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 MEDIA SD GENERIC FLUOROQUINOLONES Fortificati a 25 µg/kg (B/B0, %) 53.90 50.56 44.96 47.58 53.33 51.20 52.57 46.99 49.74 68.78 68.46 67.99 64.03 68.01 63.72 68.23 64.25 64.31 59.01 65.42 58.7 8.5 73 Tabella 10- Metodo B: risultati delle prove aggiuntive di fortificazione a 10 µg/kg di saraflossacina (Generic Fluoroquinolones EIA) CAMPIONE N° GENERIC FLUOROQUINOLONES Fortificati a 10 µg/kg (B/B0, %) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 MEDIA SD 60.2 52.4 62.9 62.1 62.1 60.5 63.7 61.3 59.9 66.6 64.7 61.5 3.6 2.3.2. Robustezza In Tabella 11 sono riportati i valori dei segnali registrati (B/B0, %) per ciascuno degli otto esperimenti letti, per ognuno dei due kit Eurodiagnostica. Tabella 11- Test di robustezza: risultati degli otto esperimenti Kit ELISA GENERIC FLUOROQUINOLONES (B/B0, %) FLUMEQUINE (B/B0, %) Risultato ottenuto Esperimento N° 4 5 6 1 2 3 7 8 42.0 43.6 40.7 42.3 43.9 44.7 46.0 42.7 26.3 28.1 27.9 26.8 27.9 30.8 28.9 29.6 S T U V W X Y Z 74 2.4. Elaborazione dei dati 2.4.1. Specificità e percentuale di errore beta Sebbene non incluso tra i parametri obbligatori richiesti dalla CD 2002/657/CE per i metodi di screening qualitativi, per tecniche non cromatografiche, come l’ELISA, appare comunque necessario stabilire un limite di decisione (o il segnale ad esso corrispondente, Sccα). Infatti, senza stabilire la concentrazione pari a Sccα, non è possibile procedere al calcolo della percentuale di falsi negativi (errore beta) sui dati relativi ai campioni fortificati. In questo lavoro di tesi, ritenendo un passaggio inutile passare dal campo dei segnali (B/B0) a quello delle concentrazioni, visto lo scopo prettamente qualitativo del metodo di screening, si è calcolato il segnale corrispondente al limite di decisione utilizzando la seguente formula: S CCα = S 0 − 2.33 ⋅ s s0 (1) dove So è la media dei segnali (B/B0 %) dei bianchi-campione, 2.33 è una costante moltiplicativa (k) e sS0 è la deviazione standard (o scarto tipo) dei segnali degli stessi bianchi-campione. Quindi, Sccα è il parametro chiave per la valutazione del tasso di falsi negativi (errore beta): verificando i segnali letti per i campioni fortificati al livello di interesse, i risultati falsi negativi saranno quelli con un rapporto B/B0 % maggiore di Sccα. Infatti, per saggi ELISA di tipo competitivo la concentrazione e il segnale sono inversamente proporzionali. La scelta della costante moltiplicativa k ha un preciso significato, non sempre correttamente interpretato, visto che in letteratura si trovano applicate costanti diverse (2, 2.33 e 3). Essa è infatti collegata alla distribuzione t di Student, ad una coda e il suo valore determina la percentuale di errore alfa (falsi positivi) che si intende accettare, tenendo conto dei gradi di libertà del sistema [II]. Infatti se, ad esempio, si sono effettuate 20 prove (19 gradi di libertà), l’utilizzo di un k=2 comporta un errore alfa pari a circa il 3.0%, uguale al 1.5 % se si è utilizza k=2.33 e 0.35% con un k=3. Utilizzando, dunque, un valore di k crescente, diminuisce la percentuale accettata di errore “falso positivo”. Tornando alla valutazione della percentuale di errore beta, essa viene effettuata 75 analizzando i risultati dei muscoli fortificati secondo lo schema riportato in Figura 6. ANALISI DEI CAMPIONI FORTIFICATI ELABORAZIONE DATI (B/B0) B/B0>Sccalfa B/B0<=Sccalfa FALSO NEGATIVO POSITIVO Figura 6- Schema per la valutazione della percentuale di falsi negativi Quindi, se, ad esempio, tra i venti segnali dei fortificati, uno risultasse superiore al segnale corrispondente al limite di decisione, quel campione verrà giudicato come falso negativo e il tasso di errore beta pari al 5% (1/20). Come già precisato, in questo studio di validazione non interessa determinare il valore di concentrazione corrispondente alla capacità di rilevazione (CCβ), ovvero la concentrazione a cui si raggiunge una percentuale di falsi negativi esattamente pari al 5%. Quello che è necessario stabilire, infatti, è se alle concentrazioni di interesse i requisiti sulla percentuale di errore beta siano soddisfatti (≤5%). Dall’elaborazione dei dati riportati nelle Tabelle 6,7, 9 e 10 si ottiene quanto riportato nella Tabella 12. 76 Tabella 12- Segnali corrispondenti al limite di decisione e percentuale di falsi negativi e di falsi positivia nel muscolo (procedure A e B) GENERIC FLUOROQUINOLONES FLUMEQUINE Procedura A Procedura B Procedura A Procedura B Sccα (B/B0, %)b % errore beta (prove acido ossolinico/flumechina) % errore alfa (prove acido ossolinico/flumechina) % errore beta prove diflossacina % errore beta prove saraflossacinac 78 71 53 51 0 0 0 0 5 0 0 5 - 0 - - - 0 - - a la percentuale di falsi negativi/positivi è stata valutata utilizzando come valore soglia il Sccα b relativo. Per il metodo A, il segnale corrispondente al limite di decisione (Sccα) è quello ottenuto elaborando i segnali dei 20 bianchi-campione analizzati durante le prove di fortificazione con OXO/FLU; per il metodo B, invece, avendo a disposizione molti più dati acquisiti durante le successive prove di validazione, Sccα corrisponde all’elaborazione di oltre 60 bianchi-campione. c Per la saraflossacina il numero di prove eseguite per la valutazione della percentuale di falsi negativi è inferiore a quello minimo previsto (venti). 77 Graficamente è possibile visualizzare immediatamente i falsi positivi (Figure 710). GENERIC FLUOROQUINOLONES ELISA 120,0 B/B0 (%) 100,0 80,0 60,0 40,0 20,0 0,0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 prova n° Bianchi-campione Fortificati Segnale al limite di decisione Figura 7- Bianchi-campione e fortificati a 50 µg/kg con OXO (procedura di preparazione del campione A) GENERIC FLUOROQUINOLONES ELISA 120,0 B/B0 (%) 100,0 80,0 60,0 40,0 20,0 0,0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 prova n° Bianchi-campione Fortificati Segnale al limite di decisione Figura 8- Bianchi-campione e fortificati a 10 µg/kg con OXO (procedura di preparazione del campione B) 78 FLUMEQUINE ELISA 120,0 100,0 B/B0 (%) 80,0 60,0 40,0 20,0 0,0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 prova n° Bianchi-campione Fortificati Segnale al limite di decisione Figura 9- Bianchi-campioni e fortificati a 200 µg/kg con FLU (procedura di preparazione del campione A) FLUMEQUINE ELISA 100,0 B/B0 (%) 80,0 60,0 40,0 20,0 0,0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 prova n° Bianchi-campione Fortificati Segnale al limite di decisione Figura 10- Bianchi-campioni e fortificati a 10 µg/kg con FLU (procedura di preparazione del campione B) 79 Come si evince dalla Tabella 12, sia l’utilizzo della procedura A che B permette di avere una % di falsi negativi adeguata ai sensi della Decisione 2002/657/CE e, anche il tasso di falsi positivi è ritenuto accettabile per un metodo di screening (specificità). Quindi, tenendo conto di tempi e costi, sarebbe la procedura A quella individuata per la realizzazione del metodo di screening. Tuttavia considerando che: 1) nello studio di validazione condotto in parallelo sulle procedure A e B, tenendo conto dei livelli di fortificazione, la procedura B dimostra sicuramente di avere migliori (inferiori) CCβ; 2) il metodo deve poter essere esteso anche agli altri alimenti previsti dai piani di campionamento ufficiali (uova e latte) e soprattutto per le uova, i livelli di interesse dovrebbero essere i più bassi possibili per le molecole di chinolonici più importanti (inferiori a 20-30 µg/kg), in linea con i limiti del metodo di conferma cromatografico. Dati non riportati in questo lavoro di tesi, indicano che, fortificando a 10 µg/kg con acido ossolinico (Generic Fluoroquinolones) e a 10 µg/kg con flumechina (Flumequine) campioni di uova e purificando con la procedura A, la percentuale di errori falsi negativi è superiore a quanto prescritto dalla normativa comunitaria (massimo 5%). Questo perché, considerando gli alimenti di origine animale, la matrice uova è tra le più problematiche in quanto, l’alto tasso di proteine e grassi richiede generalmente processi di purificazione più lunghi; 3) il punto debole del kit Eurodiagnostica Generic Fluoroquinolones era rappresentato, sulla carta, dalla possibilità di rilevazione della saraflossacina e diflossacina, due molecole la cui determinazione non può essere ignorata. Gli esperimenti preliminari, svolti nella seconda parte dello studio di validazione e pianificati per indagare la capacità di rilevazione complessiva per i vari chinoloni, fortificando a 10 ppb in doppio un tessuto muscolare (Tabella 8), dimostravano che anche i campioni “drogati” con queste due molecole con bassa cross-reattività, erano classificati come “sospetti” (segnale inferiore a Sccα stabilito per il kit Generic Fluoroquinolones). Successivamente, le prove aggiuntive eseguite su un numero maggiore di campioni fortificati a 10 e 25 ppb, rispettivamente, con saraflossacina e diflossacina (Tabelle 9 e 10), confermavano su base statistica questa osservazione. Si conclude, quindi, che il metodo ELISA applicato ad un campione di tessuto muscolare trattato con estrazione, sgrassaggio LLE e 80 purificazione SPE, sorprendentemente, riesce a rilevare anche questi due chinoloni alle concentrazioni di interesse. Non si prevede di poter ottenere lo stesso risultato con il metodo A. Sulla base di quanto detto sopra, rispetto alle molecole e ai livelli di interesse, è quindi la procedura B a fornire maggiori garanzie rispetto all’obiettivo prefissato per tutte le matrici da analizzare. Infatti, tenendo conto che si desidera utilizzare il test ELISA per rilevare un numero considerevole di chinoloni a livelli di tracce in matrici complesse, un trattamento del campione più sofisticato risulta necessario. Riassumendo, in Tabella 13 sono riportate le capacità di rilevazione stimate, in base agli esperimenti condotti: Tabella 13- Capacità di rilevazione delle molecole di chinoloni nel tessuto muscolare (metodo B) CCβ β (µg/kg) <10 a ≈ 25 ≈ 10 Chinolonea ciproflossacina, norflossacina, enroflossacina, danoflossacina, acido ossolinico, enossacina, flumechina, marboflossacina diflossacina saraflossacina Le molecole in grassetto sono quelle con un LMR fissato nel muscolo di almeno una specie animale. Come si può osservare, per diflossacina e saraflossacina le concentrazioni di fortificazione indagate, pur dando luogo ad una percentuale di falsi negativi in linea con quanto richiesto dalla normativa, risultano al limite della capacità di rilevazione del metodo. Infatti, osservando i dati acquisiti nelle prove aggiuntive della seconda parte dello studio di validazione (Tabelle 9 e 10), i segnali dei fortificati per questi due farmaci sono molto vicini a quelli del segnale al limite di decisione pari al 71%, ma restano comunque inferiori. Inoltre, vale la pena notare che, in Tabella 9, le prove da 1 a 9 presentano mediamente segnali inferiori rispetto a quelle da 10 a 20. Ciò corrisponde a esperimenti effettuati in due giornate differenti con due diversi lotti del kit Generic Fluoroquinolones, dimostrando che a questi livelli estremi, variabilità nella produzione del kit utilizzato risultano critiche. 81 Infine, le prove di specificità (solo metodo B), effettuate fortificando una serie di tessuti muscolari con molecole di farmaci veterinari diversi dai chinolonici (sulfadimetossina, ossitetraciclina, nicarbazina, cloramfenicolo, dimetridazolo e robenidina), hanno dimostrato che queste sostanze non interferiscono significativamente con i risultati del metodo. Infatti, i campioni fortificati con tali farmaci, fornivano segnali sempre superiori a quello corrispondente al limite di decisione, sia per il kit Generic fluoroquinolones (71%) che per il kit Flumequine (51%). 2.4.2. Robustezza L'idea che sottende all’utilizzo dello schema di Youden per lo studio della robustezza di un metodo analitico, è quella di non effettuare un cambiamento alla volta, ma di introdurre più variazioni contemporaneamente. L’utilizzo di questo schema fattoriale frazionato non è obbligatorio, ma permette di ottimizzare il numero degli esperimenti, riducendolo al minimo. Se le lettere A, B, C, D, E, F, G indicano uno dei due livelli individuati per i sette fattori (variabili) che potrebbero potenzialmente influenzare i risultati di una prova analitica e i valori alternativi indicati dalle lettere minuscole corrispondenti (a, b, c, d, e, f, g), allora sono possibili 27 (=128) diverse combinazioni. Tuttavia è possibile scegliere un sottoinsieme di otto combinazioni, eseguendo di conseguenza solo otto esperimenti progettati, variando tra i due livelli (maiscolo/minuscolo) le sette variabili. Lo schema può essere attuato a condizione però che le interazioni tra i fattori siano trascurabili. L’effetto di una certa variabile è calcolato sottraendo dalla media dei risultati con la variabile al “livello alto” la media dei risultati con la variabile al “livello basso”. Per ogni variabile, la differenza calcolata è indicata con Di. Ad esempio, volendo calcolare l’effetto della variabile 1 (A/a: nel nostro caso la percentuale di metanolo nella miscela di estrazione), esso sarà dato dalla differenza in valore assoluto fra la media dei 4 risultati delle prove in cui questa variabile è al livello “A” (S, T, U, V) e la media dei 4 risultati con la variabile al livello “a” (W, X, Y, Z). Quindi: DA = A − a = (S + T + U + V) (W + X + Y + Z) − 4 4 82 Analogamente si procede per calcolare gli altri sei effetti da DB a DG : DB = B − b = (S + T + W + X) (U + V + Y + Z) − 4 4 DC = C − c = (S + U + W + Y) (T + V + X + Z) − 4 4 DD = D − d = (S + T + Y + Z) (U + V + W + X) − 4 4 DE = E − e = (S + U + X + Z) (T + V + W + Y) − 4 4 DF = F − f = (S + V + W + Z) (T + U + X + Y) − 4 4 DG = G − g = (S + V + X + Y) (T + U + W + Z) − 4 4 Dalla valutazione delle differenze così ottenute, è subito possibile individuare i fattori che potrebbero essere più critici. Si calcola, quindi, lo scarto tipo delle differenze Di (SDi) mediante la formula: D2 S Di = 2 ⋅ ∑ i 7 Se SDi risulta essere significativamente maggiore della deviazione standard sR (ottenuta in condizioni di riproducibilità intralaboratorio per il metodo effettuato in condizioni nominali, ovvero senza deliberate variazioni), si deduce che, l’insieme dei fattori scelti ha un effetto sul risultato analitico, quindi almeno uno dei fattori è critico. Affinché il test di robustezza sia efficace nel dimostrare effettivamente la capacità del metodo di “resistere” a piccole variazioni, è importante che le variabili e i loro intervalli di variazione siano scelti adeguatamente. A volte, infatti, per i fattori quantitativi si esagera il range “alto”/”basso”. In questo studio, i due livelli di variabili sono stati individuati seguendo quanto consigliato da Vander Heyden e coll. Il range di variazione di un certo fattore è stato calcolato, quindi, a partire dall’incertezza associata al fattore stesso, moltiplicandola poi 83 per una costante pari a 5. In questo modo si è individuata una variazione significativa e al contempo compatibile con quella osservabile in routine. Le differenze (valori assoluti) per ciascuno dei sei fattori individuati, sono riportate in Tabella 14. Tabella 14- Test di robustezza: differenze calcolate per ciascuno dei sei fattori Fattore % MeOH nella miscela di estrazione Temperatura del bagnomaria Marca della colonnina SPE pH del tampone fosfato (lavaggio SPE) pH del Sample dilution buffer Temperatura della I incubazione saggio ELISA Variabile fittizia a Differenza (Di) DA (B/B0, %) Saggio ELISA Generic Fluoroquinolones Flumequine 2.2 2.0 DB (B/B0, %) 0.63 0.02 DC (B/B0, %) 0.16 1.1 DD (B/B0, %) 0.69 0.13 DE (B/B0, %) 1.4 0.73 DF (B/B0, %) 1.0 1.3 DG (B/B0, %) SDi (B/B0, %) sRa (B/B0, %) 1.0 1.7 2.3 0.18 1.5 1.1 Scarto tipo ottenuto in condizioni di riprodubibilità intralaboratorio analizzando lo stesso muscolo di pollo per 8 volte in condizioni nominali. Confrontando lo scarto tipo delle differenze (SDi) e la deviazione standard ottenuta in condizioni nominali (sR), si conclude che il metodo è robusto. Infatti, sebbene per il kit flumechina risulti: SDi > sR, effettuando un F-test la differenza non è significativa, quindi, le variazioni non provocano effetti sui risultati di entrambe i test ELISA. 3. Utilizzo in routine e procedure di controllo di qualità Terminate la prima fase (ottimizzazione) e la seconda (validazione), il metodo può essere finalmente inserito tra quelli utilizzati nelle analisi di routine. Lo scopo del controllo di qualità (CQ) è, in linea generale, quello di documentare la variabilità nel tempo delle osservazioni di determinate grandezze [XII]. Attuato su scala sistematica all’“interno” del laboratorio (ICQ), il 84 CQ comprende i sistemi ed i metodi adottati al fine di individuare tempestivamente un qualunque evento che pregiudichi l’accuratezza (esattezza e precisione) del metodo analitico, correntemente utilizzato, rispetto a ciascun analita d’interesse. Il controllo di qualità “esterno” (ECQ), d’altra parte, si concretizza principalmente mediante la partecipazione del laboratorio a Studi Collaborativi (ring test), in cui si confrontano le prestazioni di laboratori diversi. L’adozione di procedure di CQ nel laboratorio consente, pertanto, di monitorare i risultati prodotti nell’attività analitica di routine del laboratorio, garantendo che essi siano sotto controllo statistico e quindi affidabili nel tempo. 3.1. Il controllo di qualità interno (ICQ) Il ICQ è un aspetto fondamentale per i laboratori accreditati, regolato da procedure specifiche. Esso è a sua volta connesso alla fase di validazione in quanto, permette di valutare in modo esaustivo la robustezza del metodo nel tempo, registrando le prestazioni della procedura per i vari operatori, strumenti e per una gamma molto più rappresentativa di matrici reali. Questi aspetti, infatti, non possono essere inclusi nell’esperimento di robustezza (schema di Youden) in quanto valutabili solo durante un lungo periodo di tempo. Gli elementi fondanti del ICQ sono rappresentati dai campioni per il CQ e dalle carte di controllo. I campioni di controllo includono: 1) bianchi reagenti sono campioni costituiti dall’insieme dei reagenti sottoposti all'intero processo analitico (a partire dall'estrazione) nelle stesse condizioni e con gli stessi materiali impiegati per l'analisi dei campioni reali, in assenza della matrice oggetto di esame; 2) bianchi campione sono campioni ottenuti dall’applicazione del processo analitico su una matrice in cui l’analita è assente; 3) campioni di controllo a concentrazione nota di analita sono campioni ottenuti dall’applicazione del processo analitico su una matrice in cui è contenuto l’analita in concentrazione nota. Questi ultimi possono comprendere, in particolare: 85 • materiale di riferimento non certificato, rappresentato da una matrice a composizione molto simile alla matrice d’interesse, in cui l’analita è presente in concentrazione nota, mediante determinazione con un metodo validato, ma senza la relativa stima dell’incertezza ad un livello di confidenza indicato; • matrice addizionata (campione addizionato o arricchito o fortificato), sono campioni ottenuti dall’applicazione del processo analitico ad una matrice identica a quella oggetto di analisi, ma priva dell’analita di interesse (bianco campione), alla quale viene addizionato in laboratorio l’analita di interesse in concentrazione nota, generalmente prossima al valore del parametro imposto per legge. Il ricorso alla matrice addizionata si giustifica nel caso di difficoltà di reperimento o di esiguità dei quantitativi del materiale di riferimento non certificato; • campioni di laboratorio a concentrazione nota di analita, sono campioni conservati da precedenti analisi effettuate in laboratorio contenenti l’analita in concentrazione nota; • materiali di riferimento certificati, sono campioni contenenti l’analita in concentrazione nota e certificata da organismi internazionali (NIST, BCR etc). Le carte di controllo (CC) sono grafici bidimensionali in cui, sull’asse delle ordinate sono riportati i risultati delle misure consecutive generate da una certa procedura analitica applicata ad un campione di controllo a concentrazione nota di analita, mentre sull’asse delle ascisse vengono riportati i tempi in cui le misure sono state effettuate, oppure il numero ordinale del campione di controllo esaminato. Generalmente, i dati ottenuti durante la validazione servono anche per definire gli intervalli di accettabilità rispetto ai parametri monitorati dalla CC. Questo è un aspetto particolarmente delicato, poiché intervalli mal stabiliti portano a CC scarsamente efficaci. In Figura 11 sono rappresentate schematicamente le relazioni tra la direzione del laboratorio, gli elementi per l’ICQ e la robustezza del metodo [XIII]. 86 FORMAZIONE DEL PERSONALE QUALITA' DEI CAMPIONI DI CONTROLLO TARATURA DEGLI STRUMENTI BILANCIO QUALITA'/COSTI DIREZIONE DEL LABORATORIO ROBUSTEZZA PROGRAMMA ICQ TARATURE NUMERO DI CAMPIONI CONTROLLO NEGATIVO CONTROLLO POSITIVO CARTE DI CONTROLLO N° DI LIVELLI DI CONCENTRAZIONE Figura 11- Relazioni tra la direzione del laboratorio, gli elementi per l’ICQ e la robustezza Se per i metodi quantitativi esiste una vasta letteratura per la costruzione di CC, per quelli qualitativi si hanno a disposizione pochi esempi. Infatti, nel nostro caso, il parametro di interesse non è certo l’accuratezza (precisione ed esattezza), ma piuttosto, nel complesso, la capacità di rilevazione del metodo di prova che deve rimanere costante e in linea con quanto osservato nelle fasi di ottimizzazione/validazione. Questo comporta, ad esempio, che il campione di controllo positivo contenga l’analita o gli analiti alle concentrazioni più basse possibili, mentre quando si deve monitorare l’accuratezza di un metodo di conferma quantitativo, in genere, si lavora a livelli superiori. Dovendo, quindi, costruire una CC per uno screening qualitativo immunoenzimatico, i parametri da monitorare sono sicuramente la percentuale di errore beta e la specificità (errore alfa). Inoltre, entrambe le “parti” del metodo, ovvero la procedura di preparazione del campione e il sistema di rilevazione (“strumento”), devono essere tenute sotto osservazione (Tabella 15). 87 Tabella 15- Parametri per la costruzione della CC per uno screening immunoenzimatico Fase Trattamento del campione Strumentale Parametro Campione di controllo Errore alfa Bianco campione (controllo negativo) Matrice addizionata (controllo positivo) Errore beta Segnale massimo (B0) Segnale del bianco Segnale di uno standard Forniti con il kit Si è quindi preparato un campione pilota di muscolo di pollo esente dagli analiti, precedentemente testato con metodo di conferma. Durante ciascuna seduta analitica l’operatore provvede ad analizzare, oltre ai campioni di routine, il campione pilota tal quale (controllo negativo) e lo stesso, fortificato simultaneamente con OXO e FLU a 10 µg/kg (controllo positivo). Le concentrazioni di fortificazione corrispondono a quelle della validazione e garantiscono che, per molti chinolonici, il metodo funzioni correttamente a livelli ben inferiori a quelli di interesse. Per la parte strumentale (esecuzione del test ELISA), i parametri sotto monitoraggio nella CC sono il segnale massimo (B0), il segnale del bianco (B) e uno standard intermedio in tampone scelto a metà curva (1.25 ng/mL per il kit Generic Fluoroquinolones e 1 ng/mL per il kit Flumequine). I limiti di accettabilità per queste tre grandezze sono stati costruiti, basandosi sulle specifiche del produttore e sull’elaborazione dei dati acquisiti, durante le sedute analitiche effettuate nella fase di ottimizzazione e validazione. Per il segnale dello standard di riferimento (B/B0, %) viene fornito un range di accettabilità basato sulla media ± 3 deviazioni standard, mentre sia per l’assorbanza del segnale massimo che per quella del bianco, si fornisce semplicemente un valore soglia (inferiore per il segnale massimo e superiore per il bianco). Inoltre, il lettore di micropiastre, è sottoposto alle procedure di taratura previste dal Sistema Qualità per tutti gli strumenti di misura e prova. Un esempio di modulo per la costruzione delle CC con i limiti di accettabilità per i due kit è riportato in Figura 12. L’utilizzo del foglio elettronico permette, oltre alla costruzione dei grafici, la possibilità di inserire formattazioni condizionali in grado di segnalare in automatico la presenza di campioni fuori controllo. 88 ISTITUTO ZOOPROFILATTICO SPERIMENTALE DELL'UMBRIA E DELLE MARCHE MODULO QUALITA' CONTROLLO DI QUALITA' DEI METODI DI PROVA MOD.Q.043 Rev. 0 / Pag. 1 di 2 SCHEDA DELLA CARTA DI CONTROLLO / CONTROLLO SEDUTA ANALITICA CARTA DI CONTROLLO METODI QUALITATIVI Metodo di prova: PRT.PGRES.XXX Sigla: campione pilota Matrice: muscolo di pollo Analita aggiunto Acido ossolinico Livello di aggiunta (ppb) 10 Soluzione utilizzata 0.1 µg/mL Volume aggiunta 100 µL Conc std controllo 1.25 ELISA (ng/mL) Analita aggiunto Flumechina Livello di aggiunta (ppb) 10 Soluzione utilizzata 0.1 µg/mL Volume aggiunta 100 µL Conc std controllo 1 ELISA (ng/mL) GENERIC FLUOROQUINOLONES ELISA Parametri Segnale Standard LD massimo controllo (B/B0, %) (B0) (B/B0) Bianco (B) FLUMEQUINE ELISA LD Segnale Bianco Standard (B/B0, %) massimo controllo (B/B0) (B) (B0) + 3 DS 71 1000 48.5 44 51 1000 58.9 43 + 2 DS 71 1000 46.4 44 51 1000 55.3 43 + 1 DS 71 1000 44.2 44 51 1000 51.6 43 riferimento 71 1000 42.0 44 51 1000 48.0 43 - 1 DS 71 1000 39.8 44 51 1000 44.4 43 - 2 DS 71 1000 37.6 44 51 1000 40.7 43 - 3 DS 71 1000 35.5 44 51 1000 37.1 43 DS 0 0 2.2 0 0 0 3.6 0 Media/Valore di Figura 12- Modulo per la costruzione della carta di controllo (Microsoft Excel) 89 Nelle Figure 13 e 14 sono riportate le CC per il campione negativo e positivo (kit Generic fluoroquinolones) che mostrano l’andamento delle prime sei sedute analitiche effettuate con campioni di routine. La linea centrale parallela all’asse delle ascisse corrisponde al segnale del limite di decisione (SCCα = 71%) e delimita la zona superiore dei segnali in cui deve cadere il controllo negativo e quella inferiore che compete al positivo. Nel caso in cui si verificassero delle inversioni, la seduta analitica viene vanificata e, se necessario, ripetuta. Andamento dei segnali del campione di controllo negativo (Generic Fluoroquinolones ) 120 110 100 93,24 90 86,1 80 84,99 84,37 84,58 82,18 B/B0 70 60 50 40 30 20 10 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 Sedute analitica N° Figura 13- Carta di controllo per il campione di controllo negativo 90 Andamento dei segnali del campione di controllo positivo (Generic Fluoroquinolones ) 100,00 90,00 80,00 70,00 66,58 B/B0 60,00 52,53 50,00 47,27 48,53 40,04 40,00 36,13 30,00 20,00 10,00 0,00 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 Seduta analitica N° Figura 14- Carta di controllo per il campione di controllo positivo (10 ppb OXO) 3.2. Il controllo di qualità esterno (ECQ) Il ECQ si attua mediante la partecipazione a circuiti interlaboratorio, che rappresentano uno strumento indispensabile per la valutazione esterna nell’affidabilità dei risultati analitici e per il miglioramento delle prestazioni di un laboratorio. La partecipazione ai circuiti interlaboratorio è una modalità indicata della norma ISO 17025/2005. Tali circuiti si possono utilizzare per molteplici scopi: per la validazione dei metodi di prova, per l’assicurazione della qualità dei dati e per la valutazione della competenza del personale. La partecipazione a programmi collaborativi agevola, inoltre, l’individuazione di eventuali problemi di tipo analitico, difficilmente evidenziabili con le prove intralaboratorio, stimolando il miglioramento continuo delle prestazioni. Nei campioni inviati ai laboratori partecipanti, la presenza dell’analita/i è generalmente incurred, ovvero naturale. Ciò è importante in quanto, la validazione effettuata, come nel nostro caso, prevalentemente mediante matrici artificialmente fortificate in laboratorio, non garantisce le prestazioni del metodo 91 per campioni in cui le sostanze da ricercare siano invece naturalmente presenti e che, quindi, hanno subito i processi metabolici dell’animale a cui sono state somministrate. D’altra parte l’ECQ, non potendo essere attuato in maniera sistematica per disponibiltà e costi, non può assolutamente sostitutire le procedure di ICQ che garantiscono, piuttosto, l’affidabilità dei risultati giorno per giorno. Nella Tabella 16 sono riportati gli esiti della partecipazione a due circuiti interlaboratorio organizzati dal FAPAS durante il 2008, sia con il metodo di screening oggetto di questo lavoro di tesi, che con quello di conferma in uso da tempo presso il laboratorio. Il FAPAS® è parte del Central Science Laboratory, agenzia esecutiva del Dipartimento Governativo Inglese per gli alimenti e gli Affari Rurali (Defra) ed è uno dei più importanti riferimenti mondiali nel settore dei circuiti interlaboratorio. Inoltre, allo scopo si verificare gli esiti dello screening in muscoli naturalmente contaminati con altre molecole di chinoloni, sono stati testati anche due diversi materiali di riferimento acquistati sempre dal FAPAS® (T0282 e T0289). I risultati sono descritti ancora in Tabella 16. Tabella 16- Risultati ottenuti nei ring test organizzati dal FAPAS in tessuto muscolare con metodo di screening e di conferma (anno 2008) Codice circuito/ma teriale FAPAS 02106 Specie pollo Risultati test di screening GENERIC FLUMEQUINE FLUOROQUINOLONES (B/B0, %) (B/B0, %) 4.4* 61 Risultati test di conferma (HPLC-FLUO) Valori assegnati QN µg/kg µg/kg OXO 220 222 MAR 241 211 OXO 295 286 01417 pesce 5.4* 13* FLU 96 91 T0282 pesce 9.4* 64 OXO - 109 ENRO - 73 SARA - 123 T0289 pollo 14* 64 *Risultati con un segnale inferiore a quello di Sccα (rispettivamente 71% e 51% per il kit Generic Fluoroquinolones e Flumequine) e quindi giudicati come appartenenti a campioni sospetti (da inviare alla conferma). 92 Come si può osservare, i segnali individuati come limite di decisione (SCCα) nella fase di validazione del metodo ELISA classificano nel modo atteso tutti e quattro i campioni FAPAS come “sospetti non conformi” (*) per il kit Generic Fluoroquinolones. Invece, per il kit Flumequine, solo il campione di muscolo di pesce 01417 viene letto come “sospetto” (*). Questo risultato è corretto, essendo, in effetti, presente solo in questo materiale la flumechina, a cui risponde l’anticorpo del kit in questione. Si ha, quindi, conferma sia della validità della procedura messa a punto, che dei parametri stimati durante la validazione (limiti di decisione) anche in campioni naturalmente contaminati. Infine, nelle Figure 15 e 16 sono riportati i tracciati cromatografici HPLC, rispettivamente, della soluzione degli undici standard di chinoloni analizzati con il metodo di conferma (IS: standard interno=lomeflossacina) e del campione FAPAS 01417. Figura 15- Cromatogramma HPLC-FLUO degli 11 chinoloni analizzati a 1 µg/mL (0.25 µg/mL danoflossacina) 93 Figura 16- Cromatogramma HPLC-FLUO del campione di muscolo di pesce 01417 analizzato per il circuito FAPAS 4. Conclusioni Considerando tutte le prove effettuate, si osserva che il “punto debole” del metodo ELISA utilizzato in modo multiresiduale, è rappresentato dalla variabilità dell’anticorpo del kit Generic Fluoroquinolones. Infatti, piccole differenze inter-lotto nella produzione dei kit da parte di Eurodiagnostica, trascurabili a livelli di concentrazione più elevati, diventano crtiche quando il metodo è spinto all’estremo. Ciò è dimostrato dalle prove aggiuntive, in particolare fortificando a 25 ppb con diflossacina. Per monitorare questo aspetto, durante le procedure di ICQ, per il futuro è opportuno inserire, invece di un solo campione di controllo positivo, come fatto finora, due campioni addizionati: uno con fortificazione a 10 ppb con OXO e l’altro con 25 ppb di DIF. Infatti, se per uno screening qualitativo, i parametri precisione e esattezza non rivestono un grande interesse, l’attenzione deve essere soprattutto rivolta al fatto che la capacità di rilevazione si mantenga costante o, almeno, entro i limiti stabiliti durante la validazione del metodo. Questo soprattutto, quando il metodo immunoenzimatico è utilizzato in modo assolutamente multiresiduale, come in questo caso. La possibilità di rilevare sia 94 la saraflossacina, che la diflossacina a concentrazioni così basse, induce a pensare che il pattern delle cross-reattività dell’anticorpo del kit Generic Fluoroquinolones sia, in realtà, più favorevole di quanto dichiarato dallo stesso produttore. Ciò è stato osservato, fra l’altro, anche da altri autori che hanno testato lo stesso kit nel miele [XIV]. Sebbene il metodo presentato sia piuttosto complesso per essere uno screening, risulta sicuramente adatto allo scopo ed è stato successivamente sviluppato con successo anche nelle altre matrici di interesse (latte, uova e mangimi). Infine, l’utilità per il laboratorio dell’utilizzo di un metodo ELISA per la determinazione di chinolonici, è rappresentata dal fatto di aver pressoché raddoppiato la produttività settimanale del laboratorio, passando da circa 20 campioni/operatore analizzabili in HPLC ai 40 del metodo in ELISA . 95 5. BIBLIOGRAFIA [I]. Ministero della Salute, Direzione Generale Alimenti e Nutrizione Piano Nazionale Residui. Programma svolto ai sensi del Decreto Legislativo del 4 agosto 1999 n°336, Norma di Recepimento delle Dir ettive comunitarie 96/22/CE e 96/23/CE, 2008. [II]. Huet A.C., Charlier C., Tittlemier S.A., Singh G., Benrejeb S., Delahaut P. Simultaneous Determination of (Fluoro)quinolone Antibiotics in Kidney, Marine Products, Eggs and Muscle by Enzyme-Linked Immunosorbent Assay (ELISA). Journal Agricoltural Food Chemistry, 54, 2822-2827, 2006. [III]. Quinolones ELISA kit. Clinical diagnostic solutions Randox, Dublin (Ireland). Nota tecnica da http://www.randox.com. [IV]. RIDASCREEN Enro/Cipro. Enzyme immunoassay for the quantitative analysis of enrofloxacin and ciprofloxacin. R-Biopharm, Dormstadt (Germany). Nota tecnica da http://www.r-biopharm.com. [V]. Carlucci G. Analysis of fluoroquinolones in biological fluids by high- performance liquid chromatography. Journal of Chromatography A, 812, 343-367, 1998. [VI]. N.A. Botsoglou, D.J. Fletouris. Drug residues in foods. Pharmacology, Food Safety, and Analysis. 1a ed., Marcel Dekker, Inc., Fennema O. R., Karel M., Sanderson G. W., Walstra P., Whitaker J. R., New York (USA), 2001. [VII]. Hernandez-Arteseros J.A., Barbosa J., Compano R. Analysis of quinolone residues in edible animal products Journal of Chromatography A, 945, 124, 2002. 96 [VIII]. Pecorelli I., Galarini R., Bibi R., Floridi Al., Casciarri E., Floridi A. Simultaneous determination of 13 quinolones from feeds using accelerated solvent extraction and liquid chromatography. Analytica Chimica Acta 483, 81-89, 2003. [IX]. Andreu V., Blasco C., Pico Y. Analytical strategies to determine quinolone residues in food and the environment. Trends in Analytical Chemistry, 26, 534-556, 2007. [X]. Thurmans E. M., Mills M. S. Solid-Phase Extraction. Principles and Practice.1a ed., John Wiley and Sons, INC, Winefordner J. D., New York (USA), 1998. [XI]. Falasca S., Fioroni L., Gili M., Stella C., Buratti R., Galarini R. Validazione di un test di screening per la determinazione di trenbolone in urina: confronto tra metodi di purificazione. VIII Congresso Nazionale S.I.Di.L.V, Perugina (Italy), 9-10 novembre 2006. [XII]. Funk W., Dammann V., Donnevert G. Quality Assurance in Analytical Chemistry. 2a ed., WILEY-VCH, Funk W., Dammann V., Donnevert G., Weinheim (Germany), 2007. [XIII]. Egea González F. J., Hernandez Torres M. E., Garrido Frenich A., Martinez Vidal J. L., Garcia Campana A. M. Internal quality-control and laboratory-management tools for enhancing the stability of results in pesticide multi-residue analytical methods. Trends in Analytical Chemistry, 23, 361-450, 2004. [XIV]. Savoy Perroud M. C., Graveleau L., Diserens J. M. Validation of an ELISA test kit for the determination of fluoroquinolone residues in honey. Euro Residue VI. Conference on Residues of Veterinary Drugs in Food. Egmond aan Zee, (The Netherlands), 19-21 May, 2008. 97 RINGRAZIAMENTI Per cominciare, un grazie speciale va ai miei genitori, che mi hanno dato la possibilità di vivere questa esperienza, che hanno sempre creduto in me e nelle mie capacità. È grazie a loro, ai loro discorsi e ai loro sorrisi che non mi sono mai persa d’animo e che sono arrivata fin qui, senza neanche accorgermene. Grazie, ai genitori dei miei genitori, che con abbracci, parole, e “un po’ de santo” mi hanno dato la forza di andare avanti, superando i momenti più brutti. Ringrazio le mie amiche e colleghe di corso, Marti e Manu, con le quali ho condiviso tanti bei momenti e tante soddisfazioni; aiutandoci a vicenda, rendendo piacevole anche la preparazione dell’esame più assurdo. Grazie ai miei amici “paesani”, che con qualche pazza serata mi hanno tirato su il morale, nei casi di “paranoie da esame”. Ringrazio la Prof.ssa Luana Perioli, presente e disponibile in qualsiasi momento, fonte di idee e conforto. Ringrazio il Dott. Giampiero Scortichini e la Dott.ssa Loredana Annunziata dell’ Istituto Zoorofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, che mi hanno gentilmente fornito dati importanti per lo svolgimento di parte del lavoro di tesi. Ringrazio l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche, nella veste del suo Commissario Straordinario, il Dott. Guido Petracca, che mi ha dato la possibilità di svolgere gli esperimenti nei laboratori di tale Istituto. Grazie, agli “zii della chimica”: in primis Roberta Buratti, mio tutor, confidente ed amica, se non compagna di merende; Gloria Tovo, la “mami” della situazione; Simone Moretti e “il computer sa cosa dire”; Domenico Boccia dj e la sua musica; Elisa Cristofani e Sabrina Alunni e le cene orientali; Alviero Bossi e le chiacchiere ……e il resto della truppa ovviamente. Tutti mi hanno fatto sentire a mio agio dal primo momento, mi hanno accolta con piacere e calore, aiutata e consigliata. Un grazie colorato va anche alla Dott.ssa Laura Fioroni, che mi ha rassicurata ed aiutata in molte occasioni. 98 Un ringraziamento sincero va alla Dott.ssa Roberta Galarini, che mi ha sopportata per ben 12 mesi, senza stancarsi mai, sempre presente nel mio lavoro dal primo giorno che ho messo piede in laboratorio e, forse anche da prima! Con calma e pazienza è stata un’ottima insegnante, di vita e di crescita professionale, sempre disponibile e fonte di consigli preziosi. Infine, un grazie particolare va alla bella persona che ho conosciuto non molto tempo fa, che con il suo calore ed il suo essere speciale mi ha sostenuta e rassicurata in ogni momento. 99 INDICE I- PARTE GENERALE 1 1. I Chinoloni 2 1.1. Introduzione 2 1.1.1. Chinoloni di prima generazione 4 1.1.2. Chinoloni di seconda generazione 5 1.1.3. Chinoloni di terza generazione 7 1.2. Proprietà acido-base 8 1.3. Relazione struttura-attività 9 1.4. Meccanismo d’azione 10 1.5. Spettro antimicrobico 11 1.6. Usi terapeutici in medicina veterinaria 11 1.7. Resistenza e tossicità 13 2. Il controllo dei residui negli alimenti di origine animale 14 2.1. Il Piano nazionale Residui (PNR) 14 2.2. I controlli analitici 19 3. I metodi analitici di screening 24 3.1. Introduzione 24 3.2. I test immunoenzimatici ELISA 29 4. Bibliografia 32 100 II- PARTE SPERIMENTALE 34 1. Introduzione 35 2. Metodo A: preparazione del campione secondo le indicazioni riportate dal produttore dei kit ELISA con piccole modifiche 37 2.1. Reagenti 37 2.2. Materiali di riferimento (standard analitici) 37 2.2.1. Soluzioni Madre dei Materiali di Riferimento 37 2.2.2. Soluzione Intermedia dei Materiali di Riferimento 38 2.2.3. Soluzione di Lavoro dei Materiali di Riferimento 38 2.3. Materiali 38 2.4. Apparecchiatura 38 2.5. Estrazione 39 3. Metodo B: preparazione del campione con estrazione e purificazione SPE 40 3.1. Reagenti 40 3.2. Materiali di riferimento (standard analitici) 40 3.2.1. Soluzioni Madre dei Materiali di Riferimento 40 3.2.2. Soluzione Intermedia dei Materiali di Riferimento 41 3.2.3. Soluzione di Lavoro dei Materiali di Riferimento 41 3.3. Materiali 41 3.4. Apparecchiatura 42 3.5. Estrazione 42 3.6. Purificazione SPE 43 101 4. Reazione immunoenzimatica (analisi ELISA) 44 4.1. Operazioni preliminari 44 4.2. Esecuzione del saggio 44 5. Elaborazione dei dati 45 6. Studio di validazione 46 6.1. Curve in tampone 47 6.2. Prima parte dello studio di validazione 47 6.2.1. Specificità (bianchi-campione) 47 6.2.2. Verifica della percentuale di errore beta (acido ossolinico e flumechina) 47 6.3. Seconda parte dello studio di validazione 6.3.1. 6.3.2. 6.3.3. 49 Specificità (campioni fortificati con farmaci veterinari diversi dai chinoloni 49 Verifica della percentuale di errore beta (diflossacina e saraflossacina) 50 Robustezza 51 7. Bibliografia 53 III- RISULTATI E DISCUSSIONE 54 1. Introduzione 55 1.1. Scelta della tecnica analitica 57 1.2. Scelta della procedura di preparazione del campione (estrazione e purificazione) 62 2. Risultatai delle prove di validazione 66 2.1. Curve in tampone 66 2.2. Prima parte dello studio di validazione 69 102 2.2.1. 2.3. Seconda parte dello studio di validazione 2.3.1. 2.3.2. 2.4. 3. Specificità e verifica della percentuale di errore beta (acido ossolinico/flumechina) 69 71 Specificità e verifica della percentuale di errore beta (diflossacina/saraflossacina) 71 Robustezza 73 Elaborazione dei dati 74 2.4.1. Specificità e percentuale di errore beta 74 2.4.2. Robustezza 81 Utilizzo in routine e procedure di controllo di qualità 83 3.1. Il controllo di qualità interno (ICQ) 84 3.2. Il controllo di qualità esterno (ECQ) 90 4. Conclusioni 93 5. Bibliografia 95 Ringraziamenti 97 103 104 105