messa a punto e validazione di un metodo di screening

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messa a punto e validazione di un metodo di screening
UNIVERSITÁ DEGLI
STUDI DI PERUGIA
FACOLTÁ DI FARMACIA
Corso di Laurea Specialistica in
Chimica e Tecnologia Farmaceutiche
Dipartimento di Chimica e Tecnologia del Farmaco e
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche
TESI DI LAUREA SPERIMENTALE
MESSA A PUNTO E VALIDAZIONE DI UN METODO DI
SCREENING IMMUNOENZIMATICO PER LA
DETERMINAZIONE DI RESIDUI DI CHINOLONICI IN
TESSUTI ANIMALI
OPTIMIZATION AND VALIDATION OF AN
IMMUNOENZYMATIC SCREENING METHOD FOR THE
RESIDUES DETERMINATION OF QUINOLONES IN
ANIMAL TISSUES
Laureanda:
Valeria Di Girolamo
Relatori:
Prof.ssa Luana Perioli
Dott.ssa Roberta Galarini
Anno Accademico 2007-2008
I-PARTE GENERALE
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1. I CHINOLONI
1.1.
Introduzione
I chinoloni sono una classe di farmaci antimicrobici di origine sintetica nati in
seguito alla scoperta casuale di un prodotto secondario della sintesi della
clorochina (antimalarico) che possedeva una modesta attività nei confronti dei
batteri Gram negativi. Il primo ad essere sintetizzato fu l’acido nalidissico che
nel 1963 fu introdotto in terapia come chemioterapico delle vie urinarie. Il suo
uso, tuttavia, è andato via via declinando a causa del limitato spettro d’azione e
dei problemi di resistenza batterica [I].
L’acido nalidissico, oggi, non è più utilizzato in terapia ma alcune sue modifiche
strutturali hanno determinato la sintesi di composti che presentano un notevole
incremento dell’attività antimicrobica, un ampliamento dello spettro di azione e
una riduzione dei fenomeni di resistenza acquisita, parallelamente ai minori
effetti collaterali indesiderati. Si è quindi assistito alla sintesi di ben tre
generazioni di chinoloni [II].
Dal punto di vista chimico, la struttura base dei chinoloni è quella di un
eterociclico aromatico con anelli condensati e un gruppo chetonico in posizione
4. La maggior parte dei chinoloni presenta un solo atomo di azoto in posizione 1
(chinoline), ma alcuni possiedono due atomi di azoto in posizione 1 e 8
(naftiridine) o, ancora, tre atomi di azoto in posizione 1, 3 e 8 (piridopirimidine),
come riportato in Figura 1. Inoltre va sottolineato che in posizione 3 è sempre
presente il gruppo carbossilico che ha un ruolo fondamentale per le proprietà
farmacologiche dei chinoloni [I, II].
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Figura 1- Nomenclatura dei chinoloni
(da Corelli F. e Pasquini S. “Antibatterici chinolonici”
http://www.farm.unisi.it/~corelli/Antibatterici _chinolonici.pdf)
Tutti i chinoloni hanno in comune un identico meccanismo d’azione,
caratterizzato dall’inibizione della subunità A della DNA-girasi batterica, nonché
una resistenza batterica esclusivamente di tipo cromosomico e alcuni effetti
indesiderati simili (fototossicità, neuro tossicità e tossicità cartilaginea) [I].
Siccome alcuni di questi farmaci sono impiegati nel settore zootecnico [I], la
presenza di loro residui negli alimenti di origine animale è stata regolamentata a
livello comunitario e sono stati fissati dei limiti massimi di residui (LMR) nel
Regolamento 2377/90(1). Per questo motivo, infatti, la loro ricerca nei tessuti di
alcune specie animali, nelle uova e nel latte è contemplata nei Piani di
monitoraggio dei residui effettuati in conformità alle normative dell’Unione
Europea (UE) [III].
1
Regolamento 2377/90 del 26 giugno 1990 che definisce una procedura comunitaria per la
definizione dei limiti massimi di residui di medicinali veterinari negli alimenti di origine animale
(GUCE L 224/1 del 18.08.1990).
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1.1.1. Chinoloni di prima generazione
Nella maggior parte dei casi i chinoloni presentano una struttura biciclica, a
eccezione della flumechina, dell’acido ossolinico e della cinossacina con
struttura triciclica. L’acido nalidissico ha una struttura 1,8-naftiridinica, mentre gli
altri sono derivati di naftiridine, pirido-pirimidine o cinoline (cinossacina). Oltre
alla funzione chetonica in posizione 4, è sempre presente un gruppo
carbossilico in 3. Sull’atomo di azoto N1 si ha molto spesso una sostituzione
etilica. Sull’atomo di carbonio in posizione 7 le sostituzioni sono molteplici
(metile, piperidina etc.). In Figura 2 sono riportate le strutture dei principali
chinoloni appartenenti alla prima generazione. Dal punto di vista chimico, il
passaggio strutturale che porta alla sintesi dei chinoloni di seconda
generazione, si nota nella flumequina (sostituzione di un atomo di fluoro in
posizione C6) e nell’acido pipemidico (sostituzione di un nucleo piperazinico in
posizione 7) [II].
Figura 2- Chinoloni di prima generazione
(da Corelli F. e Pasquini S. “Antibatterici chinolonici”
http://www.farm.unisi.it/~corelli/Antibatterici _chinolonici.pdf)
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1.1.2. Chinoloni di seconda generazione
L’introduzione in posizione 6 di un atomo di fluoro e in posizione 7 di un anello
piperazinico ha comportato le modifiche più significative per i chinoloni di
seconda generazione, aumentandone l’attività antimicrobica, nonché lo spettro
d’azione rispetto alle caratteristiche della molecola precursore, ovvero l’acido
nalidissico. I principali composti appartenenti a questo gruppo sono riportati in
Figura 3. Si può affermare che la norflossacina è stato il primo fluorochinolone
propriamente detto, in quanto presenta non solo il fluoro in posizione 6, ma
anche l’altro elemento strutturale fondamentale che è la piperazina in posizione
7. Le modifiche strutturali, inoltre, hanno contribuito a migliorare le
caratteristiche farmacocinetiche, in particolare la biodisponibilità che permette,
in molti casi, la somministrazione per via orale dei chinoloni di seconda
generazione, nonché un aumento della capacità di diffusione tissutale
complessiva. Il fluoro, infatti, potenzia l’attività contro i Gram positivi patogeni
(Clostridium, Staphilococcus, Streptococcus), mentre l’anello piperazinico
aumenta l’efficenza contro gli organismi Gram negativi (Escherichia coli,
Pseudomonas aeruginosa, Salmonella enteritidis) [I, II].
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Figura 3- Chinoloni di seconda generazione
(da Corelli F. e Pasquini S. “Antibatterici chinolonici”
http://www.farm.unisi.it/~corelli/Antibatterici _chinolonici.pdf)
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1.1.3. Chinoloni di terza generazione
I nuovi composti di terza generazione, presentati in Figura 4, sono caratterizzati
da un’aumentata complessità strutturale, che ha introdotto interessanti
proprietà, quali l’attività contro i cocchi Gram positivi (in particolare S.
pneumoniae) e, per alcuni, contro anaerobi e patogeni atipici. In alcuni casi la
maggior potenza di azione e l’ampiezza dello spettro si coniugano con proprietà
farmacocinetiche migliorate che permettono di somministrare questi farmaci
una sola volta al giorno. Va sottolineato che non c’è comune accordo sulla
classificazione dei chinoloni e alcuni autori suddividono le molecole in quattro
generazioni [II].
Figura 4- Chinoloni di terza generazione
(da Corelli F. e Pasquini S. “Antibatterici chinolonici”
http://www.farm.unisi.it/~corelli/Antibatterici _chinolonici.pdf)
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1.2. Proprietà acido-base
Il gruppo carbossilico in posizione 3 conferisce ai chinoloni caratteristiche acide.
I 7-piperazinilchinoloni possiedono gruppi amminici basici e quindi, in soluzione
acquosa, questi mostrano tre differenti forme: cationica, zwitterionica e
anionica. In Figura 5 è riportato lo schema di protonazione/deprotonazione della
ciproflossacina, che si trova nella sua forma protonata in ambiente acido e in
quella deprotonata in ambiente basico, mentre a pH neutro è in equilibrio con la
sua forma zwitterionica dalla quale dipende la sua scarsa solubilità in acqua a
pH fisiologico [II].
Figura 5- Schema di protonazione/deprotonazione della ciproflossacina
(da Corelli F. e Pasquini S. “Antibatterici chinolonici”
http://www.farm.unisi.it/~corelli/Antibatterici _chinolonici.pdf)
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Diversamente, chinoloni come l’acido ossolinico, la flumechina e l’acido
nalidissico possono avere solo due forme: neutra e anionica. Questi ultimi sono
detti chinoloni acidi, mentre i chinoloni come la ciproflossacina, che possiedono
l’anello piperazinico, sono detti anfoteri. I valori di pKa per i chinoloni acidi sono
compresi nel range 6.0-6.9 mentre gli anfoteri hanno valori di pKa1 5.5-6.6 e di
pKa2 7.2-8.9 [II].
1.3. Relazione struttura-attività
Lo studio delle relazioni tra struttura e attività farmacologica ha permesso di
mettere in evidenza che la caratteristica indispensabile dei chinoloni, affinché si
manifesti l’attività antibatterica, è la presenza del gruppo 1,4-diidro-4-piridon-3carbossilico, comune a tutti i chinoloni e, solo eccezionalmente, può essere
sostituito
da
quello
isosterico
1,4-diidro-4-piridazinon-3-carbossilico
(sostituzione del CH= con –N=) [I].
Le proprietà antibatteriche dei chinoloni dipendono strettamente dalla funzione
carbossilica libera in posizione 3, tanto che la sua sostituzione con un gruppo
estereo, ammidico o con gruppi affini (CN, COCH3, SO2CH3) ne annulla
l’attività. La presenza del gruppo chetonico in posizione 4, allo stesso modo, è
indispensabile per l’inibizione della DNA-girasi.
Tutti i fluorochinoloni sono caratterizzati dalla presenza di un atomo di fluoro in
posizione 6 che ha portato ai miglioramenti di cui sopra.
Anche i gruppi in posizione 7 influenzano significativamente l’inibizione della
DNA-girasi e l’attività antibatterica. Piccoli radicali lineari, come -CH3, -Cl, -NH2,
-NHCH3, hanno permesso di ottenere composti con spettro d’attività ristretto,
benché più ampio di quello dell’acido nalidissico. Le sostituzioni con gruppi di
maggiori dimensioni, come ad esempio gruppi piperazinici, 3-amino-pirrolidinici
e 3-metilaminometil-pirrolidinici, hanno portato a composti caratterizzati da una
minore potenza in vitro, ma con il vantaggio di garantire livelli plasmatici più
elevati dopo somministrazione orale [I].
Il radicale piperazinico migliora, tra l’altro, l’attività anti-Pseudomonas dei
fluorochinoloni. Infine l’aggiunta di atomi di Cl o F in posizione 8 non influenza
negativamente l’inibizione della DNA-girasi, ma migliora la capacità del farmaco
di penetrare nella cellula ed il suo assorbimento gastrointestinale [I].
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1.4. Meccanismo d’azione
All’interno della cellula batterica si trova una grande quantità di DNA (circa 1
metro) contenuta in uno spazio ridotto (circa 1-2 micron). Per permettere che
l’intero DNA sia compreso in una cellula di pochi micron di lunghezza, è
necessario che il doppio filamento di DNA batterico subisca una forte
compattazione, che può avvenire grazie ad un “superavvolgimento” del DNA.
La formazione di un DNA tridimensionale superavvolto avviene grazie a
numerose transizioni momentanee nella sua struttura, che lo portano a
comprimersi e a ricostituirsi nella giusta configurazione. Sia le cellule procariote
che eucariote sono dotate di due enzimi, la topoisomerasi I e la topoisomerasi
II, in grado di promuovere le interruzioni nei filamenti di DNA e di cooperare,
quindi, nel processo di superavvolgimento. La topoisomerasi I altera
transitoriamente la topologia del DNA provocando interruzioni ed unioni su di un
singolo filamento di DNA, mentre la topoisomerasi II determina interruzioni ed
unioni su entrambi i filamenti della struttura a doppia elica del DNA.
I batteri sono dotati di un particolare tipo di topoisomerasi II, la DNA-girasi, che
introduce un superavvolgimento negativo nella molecola a doppio filamento del
DNA batterico. Questo spiega la selettiva tossicità dei chinoloni nei confronti dei
batteri, piuttosto che nei confronti dei mammiferi, che non possiedono questo
particolare enzima.
La DNA-girasi è costituita da due subunità, la A e la B, che devono agire
contemporaneamente perché si realizzi il superavvolgimento. La subunità A
contiene il sito di legame del DNA e sovrintende alla capacità di ricongiungere
le interruzioni della doppia catena del DNA, mentre la subunità B sovrintende
alla trasformazione di energia necessaria ed alla idrolisi dell’ATP tanto da
essere ritenuta la reale responsabile dell’introduzione del superavvolgimento
negativo nel doppio filamento di DNA.
I chinoloni, e in particolare i fluorochinoloni, esercitano, quindi, la loro azione
tramite il meccanismo di inibizione selettiva della DNA-giarasi, soprattutto a
livello delle sue subunità. Si ritiene infatti che l’inibizione della DNA-girasi
batterica sia il fondamentale meccanismo con il quale questi farmaci esercitano
i loro effetti battericidi. I meccanismi molecolari che bloccano la replicazione del
DNA del microrganismo non sono però ancora completamente noti.
L’interruzione della sintesi di proteine batteriche e di RNA sembra essere il
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fenomeno intracellulare indispensabile per il definitivo espletamento dell’attività
battericida [I].
1.5. Spettro antimicrobico
I fluorochinoloni sono farmaci molto attivi a concentrazioni estremamente
basse, rispetto ai più tradizionali antibatterici come le penicilline, le
cefalosporine, le tetracicline, i macrolidi e gli inibitori dell’acido folico. La
suscettibilità di un certo microrganismo ai singoli composti del gruppo può
tuttavia variare in misura considerevole, pur essendo questi strutturalmente e
chimicamente simili. In linea generale, i fluorochinoloni sono attivi nei confronti
di bacilli e cocchi Gram negativi intestinali (E. Coli , Kelbsiella spp., Shigella
spp., ecc.) e di altri Gram negativi come Salmonella spp.,Yersinia spp.,
Aeromonas spp., Proteus spp. e Pseudomonas aeruginosa. Sono attivi però
anche nei confronti di Gram positivi come Staphilococcus aureus e
Staphilococcus epidermidis, Haemophilus spp., Neisseria spp. e Campylobacter
spp. e rivelano attività variabile nei confronti della maggior parte dei ceppi di
streptococco, tra cui Streptococcus pyogenes, streptococchi emolitici dei gruppi
B, C, F e G, Streptococcus pneumonite ed Enterococcus faecalis. Molti cocchi
anaerobi, come Clostridia e Bacteroides, sono invece insensibili a questo tipo di
farmaci. Nei confronti di alcuni batteri si è riscontrato anche un prolungato
effetto post-antibiotico, come nel caso della norflossacina nei confronti dello
Staphilococcus aureus, E. Coli, ecc [I].
1.6. Usi terapeutici in medicina veterinaria
In medicina umana i chinoloni sono impiegati principalmente per curare
numerose infezioni microbiche a carico delle vie genito-urinarie e respiratorie e,
grazie alle loro interessanti proprietà, il loro uso è stato largamente esteso
anche alla medicina veterinaria. Trattandosi, infatti, di composti notevolmente
meno tossici, ma con spettro antimicrobico simile, degli aminoglicosidi, i
chinoloni stanno assumendo il ruolo di farmaci di elezione per il trattamento
delle infezioni gravi da Gram negativi negli animali da allevamento, domestici e
in acquacoltura. In particolare alcuni di loro come norflossacina, enroflossacina
e ciproflossacina, vengono utilizzati per curare infezioni (complicate e non) delle
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vie urinarie nel cane e nel gatto. Inoltre, i fluorochinoloni (in particolare
l’enroflossacina)
sembrano
raggiungere
anche
nel
tessuto
prostatico
concentrazioni sufficienti a curare le prostatiti batteriche [I].
Le principali applicazioni dei fluorochinoloni riguardano comunque il trattamento
delle infezioni delle vie respiratorie e del tratto gastrointestinale, principalmente
in animali d’allevamento. Questi infatti, in particolare la norflossacina,
raggiungono, nel tessuto polmonare di molti animali, concentrazioni superiori a
quelle sieriche, tali da risultare superiori alle MIC (concentrazione inibente
minima) per molti patogeni. D’altra parte, la decolonizzazione selettiva
dell’apparato gastrointestinale, che si verifica dopo somministrazione di
chinoloni, risulta vantaggiosa per trattare le infezioni da microrganismi sensibili
che qui si instaurano.
L’enroflossacina è il fluorochinolone più usato nell’UE per il trattamento delle
infezioni, soprattutto nell’allevamento avicolo e suinicolo [IV].
La flumechina, sembra essere il fluorochinolone principalmente utilizzato,
sottoforma di pellets commestibili, nella produzione di alimenti medicati ad uso
zootecnico per l’acquacoltura e per il pollame, grazie alla sua efficacia sia nella
terapia che nella prevenzione di molte infezioni batteriche [IV]. Studi effettuati
somministrando flumechina a galline ovaiole in una dose pari a 200 mg/L
d’acqua per 5 giorni consecutivi, mostrano la presenza di residui nelle uova a
partire dal secondo giorno di trattamento fino all’undicesimo giorno dopo il
termine dello stesso. I residui si distribuiscono principalmente nell’albume [I].
L’acido ossolinico è stato autorizzato per il trattamento delle infezioni in pesci,
bovini, suini e pollame per via orale [IV]. Può essere somministrato tramite
alimenti, acqua o come compressa. Esso è velocemente assorbito in seguito a
somministrazione orale, ma tale assorbimento è variabile e può dipendere dalla
specie animale, dalla formulazione del farmaco, dalla dieta dell’animale e dallo
stadio della malattia. Quando ai polli viene somministrato acido ossolinico per
un certo periodo di tempo, alla fine del trattamento è possibile evidenziare
residui di tale farmaco nel fegato, nei reni e nel muscolo. Per questo motivo le
uova, insieme al tessuto muscolare e ai mangimi, sono alcune delle matrici
previste per la ricerca di residui di chinolonici nei piani di monitoraggio degli
alimenti di origine animale [I].
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1.7. Resistenza e tossicità
L’unico meccanismo noto tramite il quale i batteri possono manifestare
resistenza nei confronti dei chinoloni è quello di una modificazione
cromosomiale, la quale può comportare alterazioni dell’enzima bersaglio (DNAgirasi), principalmente a carico della subunità A, o provocare ridotta capacità
del farmaco di penetrare all’interno della cellula microbica [I]. I chinoloni
penetrano nelle cellule microbiche per diffusione attraverso il doppio strato
fosfolipidico e tramite le porosità dello strato più esterno dei batteri Gram
negativi. Un aumento della lipofilia della membrana cellulare e della porosità
può ridurre la capacità del farmaco a penetrare nella cellula e pertanto rendere
la cellula stessa resistente ad esso [I].
I principali effetti tossici si manifestano quando i farmaci vengono somministrati
a dosi terapeutiche in animali ancora immaturi. Tutti gli appartenenti al gruppo
dei chinoloni sono in grado di provocare lesioni articolari nei giovani animali con
evidenti zoppie e forti dolori dovuti alle alterazioni a carico delle cartilagini di
accrescimento. Pertanto questi farmaci non possono essere somministrati a
giovani animali ancora in fase di sviluppo osseo, ossia nella maggior parte dei
cani sotto gli otto mesi di età, nei cavalli giovani e negli animali gravidi in genere
[I].
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2. IL CONTROLLO DEI RESIDUI NEGLI ALIMENTI DI ORIGINE
ANIMALE
2.1. Il Piano Nazionale Residui
I prodotti di origine animale, come carne, latte, uova costituiscono la parte
preponderante dell’alimentazione nei paesi industrializzati e la sempre
crescente domanda di alimenti proteici ha stimolato e condizionato lo sviluppo
della zootecnia sia attraverso la selezione genetica ed il miglioramento delle
tecniche di produzione, trasformazione e conservazione di mangimi e foraggi,
sia attraverso il ricorso alla somministrazione di sostanze diverse da quelle
alimentari, quali farmaci, additivi, ormoni, ecc. Tra queste molecole, quelle
maggiormente utilizzate per incrementare il rendimento delle produzioni
zootecniche, sono state e sono i prodotti ad azione ormonale ed antiormonale,
gli antibiotici, i β-agonisti, il cui impiego, purtroppo, non è esente da rischi
igienico-sanitari, sia sugli alimenti che sulla salute del consumatore. Una vasta
serie di molecole autorizzate (antibiotici, antielmintici, anticoccidici, etc.) sono,
inoltre, impiegate in allevamento come medicinali veterinari nella prevenzione
e nella cura delle malattie [V].
Il problema del controllo dei residui nelle derrate alimentari di origine animale
si è così intensificato con il passare del tempo, anche per l’attenzione e
l’interesse sempre maggiori che il consumatore ha rivolto a questa tematica.
D’altra parte, la preoccupazione è giustificata dal fatto che un numero
crescente di farmaci viene impiegato nelle produzioni animali e ciò,
potenzialmente, espone il consumatore all’assunzione di residui di xenobiotici,
se pur in piccole quantità, per la durata di tutta una vita. Di conseguenza negli
ultimi decenni il legislatore, sia in ambito comunitario che nazionale, si è
fortemente impegnato a emanare una serie di normative atte a migliorare gli
aspetti inerenti alla sicurezza alimentare.
Il tema dell’igiene e della sicurezza degli alimenti di origine animale, infatti, è
una fase complessa ed articolata che fa parte di un processo che inizia in
allevamento con la lotta alle malattie infettive trasmissibili tra animali, e di cui
fanno parte la lotta alle zoonosi, il controllo degli alimenti destinati agli animali,
la
vigilanza
sull’inquinamento
ambientale
di
derivazione
animale,
la
sorveglianza sul benessere e sulla sanità animale.
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Se certe sostanze possono essere assunte dagli animali in modo del tutto
involontario o accidentale (contaminanti ambientali), esistono invece, come
sopra accennato, molecole che vengono loro somministrate volontariamente.
Si tratta sia di farmaci veterinari autorizzati utilizzati a scopi terapeutici, sia di
promotori di crescita (sostanze ad azione ormonale) somministrati in modo del
tutto illecito per aumentare le rese delle produzioni di carne. Il legislatore, da
oltre quarant’anni, sta richiamando l’attenzione degli operatori sanitari su
queste problematiche legate sostanzialmente alla presenza di residui, i cui
effetti biologici sono strettamente correlati alle caratteristiche tossicologiche
del farmaco progenitore, alla sua metabolizzazione nell’organismo animale, ai
legami che i diversi metaboliti formano con le molecole biologiche e che ne
condizionano la biodisponibilità, oltre che la loro degradazione.
Nella Comunità Europea (CE) il problema dei residui delle sostanze ad azione
anabolizzante utilizzate in zootecnica venne alla ribalta nel 1981 con la
Direttiva 81/602/CEE (2,3).
A causa del problema dei residui di anabolizzanti nelle carni, con questa
Direttiva gli Stati membri decidevano di vietare la somministrazione agli
animali in allevamento di sostanze ad azione tireostatica, estrogena,
androgena e gestagena e l’immissione sul mercato di animali ai quali fossero
state somministrate dette sostanze. A seguito di questo provvedimento, la CE,
con la Direttiva 86/469/CEE(4), decise di istituire dei piani annuali di controllo
degli animali e delle carni fresche per la presenza di residui di medicinali
veterinari e di altri contaminanti, ritenuti un rischio per la salute del
consumatore, oltre che un danno per la qualità delle carni.
Fino ad allora, infatti, le modalità di controllo, la frequenza dei campionamenti e
le concentrazioni massime consentite di residui di farmaci e contaminanti
ambientali erano disciplinate in maniera profondamente eterogenea nei vari Stati
2
Per dare attuazione alle politiche in materia di sicurezza e qualità degli alimenti, la Comunità
ha adottato principalmente due tipi di strumenti normativi: i Regolamenti e le Direttive. I primi
non necessitano di normative particolari di recepimento da parte degli Stati membri, mentre le
Direttive possono contenere solo principi generali della disciplina delle materie che vanno a
regolare e sono rivolte ai singoli Stati membri, che devono attuarle con proprie leggi ordinarie.
3
Direttiva 81/602/CEE del Consiglio, del 31 luglio 1981, concernente il divieto di talune
sostanze ad azione ormonica e delle sostanze ad azione tireostatica. Recepita in Italia con il
Decreto: Decreto Ministeriale 3 novembre 1981: " Divieto di vendita di medicinali (specialità di
medicinali o galenici) per uso veterinario contenenti stilbenici o tireostatici".
4
Direttiva 86/469/CEE del 16 settembre 1986 concernente il controllo degli animali e delle
carni fresche per la presenza di residui.
16
membri. Ciò comportava, fra l’altro, notevoli ostacoli agli scambi intracomunitari
ed una distorsione delle condizioni di concorrenza tra produzioni.
Pertanto, fu necessario trovare una soluzione globale e uniforme per
l’effettuazione dei controlli all’interno della Comunità per la ricerca di residui negli
animali di allevamento, nelle carni e nei prodotti a base di carne, sia che questi
prodotti fossero destinati al mercato nazionale degli Stati membri oppure agli
scambi intracomunitari. Venne, quindi, stabilito che gli Stati membri avrebbero
dovuto elaborare un piano annuale di controllo tenendo conto della propria
specifica situazione: tale piano è effettuato ancora oggi e va sotto il nome di
Piano Nazionale Residui (PNR) [VI].
La Direttiva 86/469/CEE sanciva che i campionamenti fossero eseguiti in modo
ufficiale secondo criteri comuni per le diverse categorie di sostanze interessate e
che i campioni venissero analizzati in laboratori ufficialmente autorizzati. Ed
infine, qualora una determinazione analitica avesse rilevato la presenza di
residui di sostanze non consentite o di sostanze consentite in concentrazione
superiore al limite ammesso (campione non conforme), si imponeva l’adozione
di misure comuni intese ad accertare la causa della non conformità, a eliminare
il problema ed atte ad assicurare che i prodotti coinvolti fossero effettivamente
esclusi dal consumo.
Ciascun Paese Membro doveva quindi provvedere affinché la ricerca dei residui
negli animali, nei loro escrementi e liquidi biologici, nonché nei tessuti e nelle
carni fresche venisse eseguita conformemente alle prescrizioni dettate dalla
Direttiva 86/469/CEE. Inoltre, i singoli paesi della CE affidavano a un servizio o
organismo centrale il compito di coordinare l’esecuzione dei controlli previsti
dalla Direttiva. Tale organismo doveva coordinare le attività dei servizi regionali
effettivamente incaricati di effettuare i controlli, raccogliere i risultati e le
informazioni da trasmettere alla Commissione e infine, di primaria importanza,
elaborare annualmente i piani stessi. Per quanto riguarda l’esecuzione delle
analisi, nel nostro paese furono affidate alla rete dei Laboratori degli Istituti
Zooprofilattici Sperimentali.
L’elenco completo e la classificazione delle sostanze da ricercare era riportato
nell’Allegato I della stessa Direttiva e prevedeva categorie comuni a tutti gli stati
membri (A) e categorie specifiche (B).
L’approvazione dei singoli piani nazionali veniva decisa dalla Commissione
Europea previa verifica della loro conformità ai requisisti della Direttiva CEE
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86/469; in caso di mancata approvazione lo Stato Membro avrebbe dovuto
modificare e/o completare il piano proposto.
A partire dal 1988, quindi, l’Italia attua il proprio PNR che ha subito nel tempo
molte modifiche derivanti dalla necessità di adeguamento alle nuove
problematiche, nell’ambito dei residui, che via via si presentavano. Nel tempo
l’enorme progresso delle tecniche analitiche e i vari allarmi a livello mondiale,
nell’ambito
della
sicurezza
alimentare,
hanno
portato,
ad
esempio,
all’introduzione della ricerca di diossine, di metaboliti di nitrofuranici o di alcuni
gestageni [V]. Inoltre, nuovi settori produttivi sono stati via via coinvolti nei
campionamenti programmati tanto che i controlli che, inizialmente, riguardavano
prevalentemente
il
settore
bovino
(1988),
attualmente
prevedono
il
campionamento nei settori bovino, suino, ovi-caprino, equino, avicolo, cuniculo,
selvaggina allevata ed acquacoltura. Inoltre sono effettuati anche prelievi di
latte, miele e uova.
Nel 1997 l’Italia dovette tener conto di due fondamentali Direttive promulgate
proprio dal Consiglio d’Europa durante il 1996(5). Le due Direttive furono recepite
nell’ordinamento nazionale solo qualche anno più tardi con il Decreto Legislativo
n. 336 del 4 agosto 1999(6) e sono alla base del PNR attuale.
Tra le novità, la Direttiva 96/23/CE comportava una riclassificazione delle
sostanze da ricercare come riportato in Tabella 1. Come si può osservare, nella
Categoria A sono incluse le sostanze considerate fonte di gravi rischi per la
salute pubblica e per le quali non è, quindi, possibile fissare un LMR, mentre
nella Categoria B si collocano i farmaci veterinari con LMR (ad esempio i
chinoloni che appartengono, nello specifico, alla categoria B1) ed i contaminanti
ambientali (metalli pesanti, micotossine, pesticidi etc.).
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Direttiva 96/22/CE del 29 aprile 1996: "concernente il divieto di utilizzazione di talune sostanze
ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze beta-agoniste nelle produzioni animali e che
abroga le direttive 81/602/CEE, 88/146/CEE e 88/299/CEE".
Direttiva 96/23/CE del 29 aprile 1996: "concernente le misure di controllo su talune sostanze e
sui loro residui negli animali vivi e nei loro prodotti".
6
Decreto Legislativo n. 336 del 4 agosto 1999: "Attuazione delle direttive 96/22/CE e 96/23/CE
concernenti il divieto di utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle
sostanze β-agoniste nelle produzioni di animali e le misure di controllo su talune sostanze e sui
loro residui negli animali vivi e nei loro prodotti"
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Tabella 1- Classificazione delle sostanze da ricercare come indicato
nell’Allegato I della Direttiva 96/23/CEE [VI]
Categoria A - Sostanze ad effetto anabolizzante e sostanze non autorizzate
categoria A, 1
stibeni, loro derivati e loro sali ed esteri
categoria A, 2
agenti antitiroidei
categoria A, 3
steroidi
categoria A, 4
lattoni dell'acido resorcilico (compreso lo zeranolo)
categoria A, 5
beta-agonisti
categoria A, 6
sostanze incluse nell'allegato VI del regolamento (CEE) n.
2377/90 del Consiglio, del 26 giugno 1990
Categoria B - Farmaci veterinari( ) e contaminanti ambientali
7)
categoria B, 1
sostanze antibatteriche, compresi sulfamidici e chinoloni
categoria B, 2
altri prodotti medicinali veterinari:
B, 2a
antielmintici
B, 2b
coccidiostatici, compresi i nitroimidazoli
B, 2c
carbammati e piretroidi
B, 2d
tranquillanti
B, 2e
antinfiammatori non steroidei (AINS)
B, 2f
categoria B, 3
7
altre sostanze esercitanti un'attività
farmacologia
altre sostanze e agenti contaminanti per l'ambiente:
B, 3a
composti organoclorurati, compresi i PCB
B, 3b
composti organofosforati
B, 3c
elementi chimici
B, 3d
micotossine
B, 3e
coloranti
B, 3f
altri
Comprese le sostanze non registrate utilizzabili a fini veterinari.
19
2.2. I controlli analitici
Parallelamente all’istituzione dei Piani Nazionali, un nodo fondamentale era
quello di avere un sistema di controlli efficace. Infatti garantire l’affidabilità dei
dati non era un problema banale, data la numerosità e la disomogeneità dei
laboratori coinvolti nei vari paesi membri e la difficoltà intrinseca del settore
analitico che si occupa di determinare tracce di sostanze in matrici complesse,
quali gli alimenti di origine animale. L’UE si apprestò quindi a un’intensa
attività legislativa riguardante i criteri di qualità che dovevano adottare i
laboratori incaricati dello svolgimento delle analisi dei residui a livello
comunitario. Attraverso la Direttiva 89/397/CEE(8) si introdussero importanti
disposizioni riguardo alla necessità di un controllo pubblico dei prodotti
alimentari. La Direttiva prevedeva:
•
ampliamento del campo di azione dei controlli a tutte le fasi della
produzione, della fabbricazione, del magazzinaggio, del trasporto, della
distribuzione, dell'importazione e del commercio;
•
controllo sui prodotti alimentari anche all’esame dei sistemi di verifica
della qualità eventualmente installati dall'impresa e dei relativi risultati;
•
pubblicazione di un elenco delle autorità competenti nel settore del
controllo dei prodotti alimentari di ciascuno stato membro, in cui siano
indicati i territori di rispettiva competenza ed i laboratori abilitati ad
effetuare le analisi;
•
nomina, da parte delle suddette autorità competenti, di laboratori ufficiali
incaricati di effettuare le analisi.
Per garantire la qualità del dato analitico era necessario introdurre un sistema
di norme per i laboratori ufficiali dei vari Stati membri. Tale sistema doveva
essere basato su norme approvate e standardizzate, ed i laboratori incaricati
dovevano lavorare secondo metodi di analisi convalidati. Perciò venne
8
Direttiva 89/397/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa al controllo ufficiale dei
prodotti alimentari. Recepita con il D.Lgs. 03/03/1993 n. 123. Attuazione della Direttiva
89/397/CEE relativa al controllo ufficiale dei prodotti alimentari.
20
successivamente
emanata
la
Direttiva
93/99/CE(9)
con
la
quale
si
completavano in sostanza le disposizioni già riportate nella 89/397/CEE. Nelle
sue premesse essa ribadisce, quale preoccupazione prioritaria del Consiglio,
la necessità di introdurre un sistema di norme di qualità per i laboratori
incaricati dagli Stati membri di effettuare il controllo ufficiale delle derrate
alimentari; tale sistema doveva essere basato su norme generalmente
approvate e standardizzate. Inoltre i laboratori erano tenuti, ove possibile, a
impiegare metodi analitici convalidati. In particolare nella Direttiva si fissavano:
•
il personale delle strutture cui compete il controllo ufficiale;
•
i requisiti necessari per il funzionamento dei laboratori(10);
•
gli organismi responsabili della verifica dei laboratori;
•
i requisiti e le modalità dei sistemi di verifica dei laboratori;
•
le procedure relative al sistema di mutua assistenza amministrativa e di
scambio di
informazioni nonché alle ispezioni congiunte con gli agenti
dell'UE.
Ogni Stato membro, dal 1° novembre 1998, era in sos tanza obbligato a
prendere i provvedimenti necessari affinché:
•
i laboratori fossero conformi ai criteri generali stabiliti dalla norma
europea UNI CEI EN 45001, ovvero fossero accreditati;
•
fossero designati gli organismi responsabili della valutazione e del
riconoscimento dei laboratori preposti al controllo ufficiale. Tali
organismi dovevano soddisfare i criteri generali stabiliti dalla norma
europea UNI CEI EN 45003;
9
Direttiva 93/99/CE del Consiglio, del 29 ottobre 1993, riguardante misure supplementari in
merito al controllo ufficiale dei prodotti alimentari. Recepita con il D.Lgs.26/05/1997, n.156.
Attuazione della Direttiva 93/99/CE concernente misure supplementari in merito al controllo
ufficiale dei prodotti alimentari.
Sia la Direttiva 89/397/CEE che la 93/99/CE sono state abrogate con effetto dal 1° gennaio
2006 dall’articolo 61 del Regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla
normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli
animali (GU L 165 del 30.4.2004).
10
I laboratori adibiti al controllo ufficiale sono quelli precisati all’articolo 7 della 89/397/CEE.
21
•
la valutazione dei laboratori di prova doveva avvenire applicando i
requisiti stabiliti dalla norma UNI CEI EN 45002.
In Italia, nel novembre 1998, solo alcune strutture operavano in conformità alla
norma EN 45001 o erano in attesa di ricevere gli audit (verifiche ispettive) da
parte dell’unico organismo operante sul territorio nazionale in conformità alla
UNI CEI EN 45003: il SINAL (Sistema Nazionale per l’Accreditamento dei
Laboratori di prova).
Nel frattempo la Direttiva 96/23/CE cercò di migliorare l'efficacia dei piani di
sorveglianza messi in opera ogni anno degli Stati membri, assicurare la
comparabilità dei risultati ottenuti ed armonizzare le modalità di applicazione
per il campionamento.
A tal fine, venne emanata la Decisione 98/179/CE(11) la quale, all’articolo 1,
stabiliva
che
le
analisi
dei
campioni
dovevano
essere
effettuate
esclusivamente presso laboratori per il controllo ufficiale dei residui riconosciuti
dall'autorità competente, ribadendo la necessità di assicurare la qualità e la
comparabilità dei risultati analitici. I laboratori autorizzati erano, quindi, tenuti a
partecipare a un programma esterno, riconosciuto sul piano internazionale, di
valutazione qualitativa e di accreditamento. Tale obiettivo doveva essere
conseguito attraverso l’accreditamento (da ottenersi prima del 1° gennaio
2002) e la partecipazione degli stessi a circuiti interlaboratorio (proficiency
testing schemes), organizzati dai Laboratori Nazionali di Riferimento (LNR) o
dai Laboratori Comunitari di Riferimento (LCR) [VII].
Con la Decisione 98/179/CE si richiedeva dunque che, a partire dal 2002, i
laboratori per il controllo ufficiale dovessero essere accreditati secondo la UNI
CEI EN ISO/IEC 17025 [VIII] che, dal 2000, ha sostituito la EN 45001.
Parallelamente allo svilupparsi dei Sistemi di Qualità, la UE emanava
provvedimenti più specifici atti a garantire il rispetto di alcuni requisiti minimi.
Infatti, la norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 è di tipo orizzontale e, quindi
piuttosto generica, non essendo indirizzata ad un settore analitico in
particolare. Da questa considerazione, si sviluppa dunque un punto
fondamentale della strategia dell’UE, che richiede ai propri laboratori ufficiali
11
98/179/CE: Decisione della Commissione del 23 febbraio 1998 recante modalità
d'applicazione per il prelievo ufficiale di campioni al fine della sorveglianza su talune sostanze
e sui loro residui negli animali vivi e nei prodotti di origine animale.
22
ulteriori requisiti di qualità, considerando l’ambito analitico nei quali questi
operano, ovvero la ricerca di sostanze in tracce (residui).
Prima del 1993, i criteri analitici da applicare ai metodi di riferimento erano
riportati nella Decisione 89/610/CEE(12).
Dal 1993 entrarono poi in vigore la Decisione 93/256/CE(13) e la Decisione
93/257/CE(13).
Nelle previsioni, queste due Decisioni avrebbero dovuto essere riviste entro il
1996. Quindi, nel 1995, la Commissione Europea, in collaborazione con i
quattro laboratori di riferimento comunitari, dava inizio a un lavoro di revisione
tecnico-legislativo delle Decisioni 93/256/CE e 93/257/CE, proprio con il
compito di superare i limiti evidenziati dalla normativa vigente, soprattutto alla
luce dei progressi più recenti della chimica analitica. A causa della natura
complessa dell’opera di revisione e delle istanze di partecipazione dei
laboratori nazionali di riferimento, nel 1998 la Commissione designava un
gruppo di lavoro ad hoc con il compito di delineare e revisionare i criteri relativi
alla validazione dei metodi e all’interpretazione dei risultati. Questa attività
portò finalmente alla pubblicazione nel 2002 della Decisione 2002/657/CE(14).
La 2002/657/CE abroga sia la Decisione 93/256/CEE che la 93/257/CEE e,
all’articolo 5, ribadisce che: “Gli Stati membri garantiscono la qualità dei
risultati delle analisi dei campioni prelevati a norma della Direttiva 96/23/CE, in
particolare attraverso la sorveglianza delle analisi e/o la calibrazione dei
risultati in ossequio al capitolo 5.9 della ISO 17025” [VIII].
La 2002/657/CE [VI,IX] si configura come un provvedimento completo e
complesso, che ha dato adito ad alcune critiche e a diverse interpretazioni, ma
che, comunque, rappresenta ormai un punto di riferimento sia per i laboratori
ufficiali che non, all’interno dell’UE e anche al di fuori dei suoi confini. Infatti,
12
89/610/CEE: Decisione della Commissione, del 14 novembre 1989, che stabilisce i metodi
di riferimento e la lista dei laboratori nazionali da impiegare per la ricerca dei residui.
13
93/256/CE: Decisione della Commissione, del 14 aprile 1993, che stabilisce i metodi da
impiegare per la ricerca dei residui di sostanze ad azione ormonica e di sostanze ad azione
tireostatica.
93/257/CE: Decisione della Commissione, del 15 aprile 1993, che stabilisce i metodi di
riferimento e l'elenco dei laboratori di riferimento nazionali per la ricerca dei residui.
14
2002/657/CE: Decisione della Commissione, del 12 agosto 2002, che attua la Direttiva
96/23/CE del Consiglio relativa al rendimento dei metodi analitici e all'interpretazione dei
risultati (GUCE L221/8 del 17.08.2002). Precedentemente, con il nome di SANCO/1085/2000,
era stata diffusa una bozza di revisione della Decisione 93/256/CE.
23
oltre a indicare i parametri di prestazione che devono essere determinati e i
loro limiti di accettabilità, essa descrive anche il piano sperimentale per
ottenerli. Indica, inoltre, i criteri da seguire nell’interpretazione dei risultati,
modulando le prescrizioni anche in funzione della categoria delle sostanze
analizzate (sostanze vietate appartenenti alla categoria A o permesse della
categoria B).
La Decisione supera, inoltre, la precedente distinzione tra i metodi di routine e
di riferimento, distinzione riportata nella stessa Direttiva 96/23/CE (art. 15),
lasciando solo la differenziazione tra metodi di screening e di conferma [X].
In particolare, i metodi di screening sono usati per determinare la presenza di
un analita o di una classe di analiti al di sopra o al di sotto del livello di
interesse (LMR, presenza, etc..). Sono caratterizzati dalla capacità di
analizzare un gran numero di campioni allo scopo di individuare quelli sospetti
da processare, successivamente, con un metodo di conferma. Sono, quindi,
sostanzialmente concepiti per evitare campioni falsi negativi (falsi conformi).
I metodi di conferma, invece, devono fornire informazioni definitive per
l’identificazione, e, se necessario, per il dosaggio dell’analita al livello
d’interesse. Proprio per garantire questo, al contrario dello screening per cui
non esistono prescrizioni particolari, la Decisione stabilisce che, per un esame
di conferma, possano essere utilizzate solo tecniche strumentali con requisiti
ben precisi.
Con il provvedimento di cui sopra, l’obiettivo della Commissione è stato quello
di garantire l’adozione di procedure analitiche con performances prestabilite.
La filosofia perseguita dall’UE si configura, quindi, come molto flessibile dal
punto di vista delle scelte di ciascun laboratorio, ma estremamente rigida sui
criteri minimi di qualità da rispettare affinché un metodo di prova sia da
considerarsi adeguato allo scopo. Tutto ciò si è reso necessario poiché, d’altra
parte,
l’utilizzo
di
metodi
standardizzati
ufficialmente
riconosciuti
(di
riferimento), che costituirebbe già di per sé una garanzia di confrontabilità del
dato analitico, si era dimostrata una strada inadatta proprio in virtù del
continuo progresso tecnico-scientifico di questo particolare settore della
chimica analitica. Inoltre questa strategia permette una maggiore flessibilità
rispetto alle varie allerte, che via via possono presentarsi anche su
analiti/matrici inusuali. Anche se molta strada rimane ancora da percorrere,
24
anche nell’armonizzazione e semplificazione delle norme che fissano requisiti
tecnici riguardanti gli obblighi dei laboratori, l’impegnativa strategia comunitaria
ha comunque fatto registrare imponenti miglioramenti. A dimostrazione di ciò,
un esempio per tutti è rappresentato dall’abbassamento dei livelli medi di
controllo per le sostanze vietate di oltre un ordine di grandezza dall’istituzione
dei piani nazionali dal 1988 a oggi.
3. I METODI ANALITICI DI SCREENING
3.1. Introduzione
La normativa europea vigente, riguardo alle performances dei metodi analitici
per la ricerca di residui negli animali vivi e nei loro prodotti (Decisione
2002/657/CE), prevede espressamente l’utilizzo di metodi di screening. Tale
eventualità non è obbligatoria, ma riguarda una scelta del laboratorio.
Tecnicamente i metodi di conferma, generalmente più sofisticati e costosi,
possono essere utilizzati anche come primo approccio analitico e, nel caso in
cui non siano disponibili adeguati metodi di screening, questo avviene
sistematicamente. Tuttavia, quando è possibile, per il laboratorio e anche per il
cliente, è estremamente conveniente avere a disposizione screening che
permettano di ottenere una maggiore produttività, costi più contenuti e, non
ultimo, tempi di risposta brevi.
Sostanzialmente il flusso dei campioni può essere riassunto come in Figura 6,
dove per conventional analytical process si intende il metodo di conferma
attuato prevalentemente con tecniche cromatografiche (HPLC o GC). Il ruolo
del metodo di screening è quindi quello di selezionare, tra la massa dei
campioni in arrivo, quelli sospetti, che poi verranno rianalizzati con una idonea
procedura di conferma.
25
Figura 6- Flusso dei campioni in laboratorio: metodi di screening e di
conferma
Per i metodi di conferma, la Decisione 657 prevede l’utilizzo solo di certe
tecniche analitiche strumentali elencate nella Tabella 1 della stessa Decisione:
tali tecniche sono in grado di fornire adeguate garanzie di riconoscimento
strutturale delle molecole da determinare. Per lo screening, invece, non è
prevista alcuna restrizione da questo punto di vista, ma sono altresì richieste
determinate performances metodologiche che, come è ovvio, per lo screening
sono meno severe che per la conferma, come si evince dalla Tabella 2
seguente (Tabella 9 della Decisione 2002/657/CE) [VI, IX].
Tabella 2- Classificazione di metodi analitici in base alle caratteristiche di
rendimento che devono essere determinate
Limite di
rilevazione
CCβ
Limite di
decisione
CCα
Esattezza/
Recupero
Precisione
Selettività/
Specificità
Applicabilità/
Robustezza/
Stabilità
S
+
−
−
−
+
+
C
+
+
−
−
+
+
S
+
−
−
+
+
+
C
+
+
+
+
+
+
Metodi
qualitativi
Metodi
quantitativi
S = metodi di screening; C = metodi di conferma; + = la determinazione è obbligatoria
26
Infatti generalmente lo screening è un test a risposta binaria (negativo/sospetto)
che, quindi, non presenta le problematiche legate ad un esito quantitativo, quale
quello ottenuto con i metodi di conferma.
Riguardo ai parametri riportati in Tabella 2, essi devono essere determinati
durante lo studio di validazione. La validazione di un metodo è la “conferma
attraverso l’esame e l’apporto di evidenza oggettiva che i requisiti particolari per
l’utilizzazione prevista siano soddisfatti”. Le definizioni dei parametri di
performances importanti per un metodo di screening qualitativo sono riportati di
seguito [VI].
.
•
Limite di decisione (CCα = Critical Concentration α): il limite al quale
e oltre il quale è possibile concludere con una probabilità di errore pari
ad α
che un campione è non conforme. L’errore α rappresenta la
probabilità che il campione sottoposto ad analisi sia conforme, sebbene
sia stata ottenuta una misura non conforme (decisione di falsa non
conformità o falsa positiva).
•
Capacità di rilevazione (CCβ = Critical Concentration β): il CCβ è il
contenuto più piccolo della sostanza che è possibile rilevare, identificare
e/o quantificare in un campione con la probabilità di un errore β. L’errore
β rappresenta la probabilità che il campione sottoposto ad analisi sia
effettivamente non conforme, sebbene sia stata ottenuta una misura
conforme (decisione di falsa conformità o falsa negativa). Questo
parametro è fondamentale per i metodi di screening in quanto, se una
decisione falsa positiva comporta un’analisi “inutile” di un campione con
metodo di conferma, diversamente una decisione falsa negativa ha come
ripercussione la commercializzazione di prodotti contaminati. La
massima percentuale di errore beta che viene ammessa dalla Decisione
2002/657/CE è il 5%. Per metodi qualitativi, la verifica di tale percentuale
può essere effettuata sulla base dei risultati ottenuti dall’analisi di almeno
venti bianchi-campione fortificati ad un livello pari o superiore al limite di
decisione.
•
Robustezza: è la capacità posseduta da un metodo di non essere
influenzato significativamente, in termini di risultati finali, da variazioni
deliberate introdotte nelle sue fasi di effettuazione. Questo parametro
27
serve a qualificare l’affidabilità di una procedura durante il suo utilizzo
routinario o la possibilità di riprodurre il metodo analitico in differenti
laboratori e in tempi diversi, senza una differenza significativa nei
risultati. Sperimentalmente la valutazione della robustezza può essere
ottimizzata mediante l’utilizzo di tecniche di disegno sperimentale, come
suggerito dalla stessa Decisione 2002/657/CE (schema di Youden).
•
Specificità: è l’abilità di un metodo di rilevare solo quello che intende
rilevare, ovvero la sua capacità di non risentire della presenza di
interferenti o di altri componenti diversi dagli analiti in esame. Per lo
screening è importante nel determinare la percentuale di campioni falsi
positivi, che, se presenti in misura elevata, vanificano l’utilità dello
screening stesso, costringendo a rianalizzare i campioni sospetti con il
metodo di conferma.
E’ importante sottolineare che, rispetto ai tradizionali parametri “limite di
rilevazione” (LOD) e “limite di quantificazione” (LOQ), la Decisione 657
introduce il CCα e il CCβ, limiti definiti in funzione, rispettivamente, della
probabilità di decisione falsa positiva e negativa. Ciò comporta che, allorquando
si trattino sostanze con un LMR fissato, tali concentrazioni sono determinate a
partire dal LMR e non sulla presenza/assenza dell’analita e quindi non hanno
niente a che vedere con la sensibilità del metodo.
Tra le tecniche di screening più utilizzate, soprattutto nel settore della ricerca di
sostanze ad azione anabolizzante (estrogeni, androgeni, beta-agonisti etc..) ci
sono i metodi immunoenzimatici e, in particolare, l’ELISA.
Scopo di questo lavoro di tesi è stato lo sviluppo della procedura di
preparazione del campione e la validazione, secondo i criteri prescritti dalla
2002/657/CE, di un metodo di screening ELISA per la determinazione di residui
di chinolonici nel tessuto muscolare. Fino ad oggi la ricerca di questa
importante classe di antibiotici prevista dal PNR è stata prevalentemente
effettuata mediante l’utilizzo diretto dello stesso metodo di conferma in HPLC
con rilevazione in fluorescenza. La disponibilità di una procedura di screening
adatta allo scopo offre, quindi, interessanti prospettive nella riduzione dei tempi
di risposta e dei costi analitici.
28
3.2. I test immunoenzimatici ELISA
ELISA è l’acronimo dell’espressione Enzyme Linked Immunosorbent Assay, un
metodo di analisi immunologica usato per rilevare l’eventuale presenza di un
dato antigene in un campione, oppure per misurare la concentrazione di
anticorpi nel plasma sanguigno, come ad esempio nei test per l’AIDS. Il termine
ELISA sta a significare che il dosaggio unisce la specificità della reazione
antigene-anticorpo (reazione immunologica) con la sensibilità di un semplice
dosaggio spettrofotometrico di un enzima. Nell’ambito dei vari metodi
immunoenzimatici, la denominazione ELISA si riferisce esclusivamente ai
sistemi in fase eterogenea, sistemi in cui anticorpi o antigeni sono adsorbiti o
legati ad un substrato solido [XI].
L’Antigene è una molecola che può legarsi ad una specifica immunoglobulina,
grazie ad una struttura specifica detta epitopo. Una singola molecola di
antigene può contenere diversi epitopi riconosciuti da anticorpi differenti.
L’anticorpo (o immunoglobulina) è una glicoproteina del siero con una
peculiare struttura quaternaria che le conferisce una forma a “Y”. Sono costituiti
da una regione costante, comune a tutte le immunoglobuline appartenenti allo
stesso isotipo e una regione variabile che contiene invece il sito di
combinazione con l’antigene e che è quindi variabile a seconda della specificità
dell’anticorpo per un dato antigene. Nell’ambito del sistema immunitario gli
anticorpi hanno la funzione di neutralizzare corpi estranei come virus e batteri,
riconoscendo ogni antigene legato al corpo come un estraneo [XII].
L’ELISA ha una elevata selettività nei confronti degli analiti da determinare.
L’anticorpo, infatti, è in grado di riconoscere specificamente l’antigene che ha
portato alla sua formazione. La costante di affinità per la formazione dei
complessi antigene-anticorpo è estremamente elevata e, benché la reazione sia
di tipo reversibile, l’equilibrio è di gran lunga spostato verso la formazione dei
complessi antigene-anticorpo. La tecnica si basa sul fatto che, con adatti
procedimenti, è possibile coniugare gli anticorpi di un siero con alcuni enzimi
(perossidasi, fosfatasi alcalina, beta-galattosidasi) senza alterarne la capacità di
combinazione con gli antigeni corrispondenti. Gli enzimi utilizzati sono in grado
di catalizzare una reazione su un idoneo substrato (ad esempio la
tetrametilbenzidina) con la formazione di un prodotto terminale colorato che
permette così di evidenziare la quantità di antigene presente.
29
Nei formati commerciali le reazioni vengono, di norma, eseguite all’interno di
pozzetti di polivinile o polistirene (micropiastre da 12 strip da 8 pozzetti
ciascuna per un totale di 96 pozzetti) su cui sono adesi, a seconda dei casi, gli
anticorpi specifici per l’antigene di interesse o l’antigene stesso. All’interno dei
pozzetti vengono incubati i campioni da analizzare (plasma, siero, omogenati
tissutali, latte etc.) e gli opportuni reagenti intervallati da lavaggi atti a rimuovere
i reagenti in eccesso. Per ultimo si aggiunge il substrato che dà origine al
prodotto colorato. La positività è valutata analizzando la comparsa o meno del
colore, in seguito alla reazione catalizzata dall’enzima sul substrato. La tecnica
immunoenzimatica può essere impiegata per la ricerca sia di antigeni che
anticorpi e si presta a numerose variazioni per altrettante applicazioni diverse. I
test ELISA possono essere, infatti, di tipo competitivo o non competitivo
(sandwich) (Figura 7).
30
Figura 7- Rappresentazione schematica di un saggio ELISA tipo sandwich
(non competitivo) e competitivo diretto
I saggi tipo sandwich sono generalmente utilizzati per la ricerca di molecole ad
alto peso molecolare, come ad esempio, le proteine. Quando invece gli antigeni
sono molecole a basso peso molecolare, come nel caso della ricerca di residui
di farmaci o ormoni, i saggi sono sempre di tipo competitivo e possono essere a
loro volta ulteriormente classificati in diretti e indiretti. Per i test competitivi,
maggiore è la concentrazione di antigene, minore sarà il numero di
immunocomplessi
rilevabili
per
cui,
contrariamente
a
quanto
avviene
generalmente in chimica analitica, esiste una proporzionalità inversa tra il
segnale registrato (assorbanza) e concentrazione.
ELISA competitivo di tipo diretto [XI]
L’anticorpo specifico per l’analita è adsorbito sulla superficie dei pozzetti della
micropiastra. Il campione in esame, nel quale si deve determinare la presenza
dell’analita (antigene libero), e una quantità prefissata di coniugato (antigene
legato all’enzima) vengono depositati nei vari pozzetti. Durante la fase di
incubazione,
l’antigene
coniugato
compete
con
l’antigene
libero,
eventualmente presente nel campione, per i siti di legame degli anticorpi adesi
nei pozzetti. Quindi, il materiale non reagito viene rimosso grazie ad opportuni
lavaggi e la quantità di analita coniugato, legata dagli anticorpi immobilizzati, è
quantificata mediante l’aggiunta di un substrato che forma un prodotto
colorato. La reazione viene arrestata mediante l’aggiunta di una soluzione
acida (stop solution) e la lettura spettrofotometrica è effettuata a 450 nm
(giallo).
ELISA competitivo di tipo indiretto [XX]
In questo caso è l’analita (antigene, X), generalmente legato ad una proteina
carrier come l’albumina di siero bovino, ad essere adsorbito sulla superficie dei
pozzetti. Il campione viene addizionato nei pozzetti e successivamente si
aggiunge una quantità prefissata di anticorpo specifico per l’analita. Durante la
fase di incubazione, gli anticorpi in soluzione si ripartiscono tra l’analita libero
(X), eventualmente presente nel campione in analisi, e l’analita immobilizzato
sulla superficie solida del pozzetto. Tutto ciò che non ha reagito durante
l’incubazione viene successivamente rimosso mediante lavaggi e la quantità di
anticorpo legato all’analita specifico nel pozzetto viene quantificata mediante
aggiunta di un secondo anticorpo enzima-coniugato che si lega al primo. In
31
seguito ad una seconda fase di incubazione e ai lavaggi, si aggiunge il
substrato, si arresta la reazione e si procede alla lettura. Anche in questo caso,
la quantità di colore sviluppatosi risulterà inversamente proporzionale alla
quantità di analita libero nel campione.
Sempre nei saggi competitivi di tipo indiretto, in alcuni casi, nella superficie dei
pozzetti sono adesi, invece che gli antigeni, degli anticorpi in grado di legare
anticorpi anti-antigene (X). Durante l’esecuzione del test, si aggiunge la
soluzione contenente gli anticorpi anti-antigene che si legano agli anticorpi
adesi. Con l’aggiunta simultanea del coniugato e del campione (in cui può
essere eventualmente presente l’analita libero (X) si origina la reazione di
competizione per i siti anticorpali già vista sopra. Lo schema di questo tipo di
saggio è riportato in Figura 8. Si procede infine ai lavaggi e all’aggiunta del
substrato. La reazione viene arrestata mediante una soluzione acida (stop
solution), che muta il colore da blu a giallo e la lettura spettrofotometrica è
effettuata a 450 nm.
Figura 9- Schema di un saggio competitivo indiretto
32
4. BIBLIOGRAFIA
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and development of resistance. Survey of Ophthalmology, 49, 573-578,
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evoluzione., Webzine di Sanità Pubblica Veterinaria, 38, 2006.
www.spvet.it.
[VI].
Decisione 2002/657/CE: Decisione della Commissione del 12 agosto
2002 che attua la direttiva 96/23/CE del Consiglio relativa al rendimento
dei metodi analitici e all’interpretazione dei risultati. G.U.C.E. L 221/8,
2002.
[VII]. Caroli S. La rete dei laboratori comunitari e nazionali di riferimento per i
residui. Annuali Istituto Superiore di Sanità, 38 (1), 69-76, 2002.
[VIII]. UNI CEI EN ISO/IEC 17025 Requisiti generali per la competenza dei
laboratori di prova e di taratura. UNI-CEI, Milano (Italy), 2000.
33
[IX].
SANCO/2004/2726 rev2. Guidelines for implementation of Decision
2002/657/EC. European Commission – Health and Consumer Protection
Directorate-General.
[X].
Gowik
P.
Criteria
and
Requirements
of
Commission
Decision
2002/657/EC. Advancement in Analytical Techniques, 1, 383-405, 2003.
[XI]. O’Keeffe M. Residue analysis in food. Principles and applications. 1a ed.,
Harwood
Academic
Publishers,
O’Keeffe
M.,
Amsterdam
(The
Netherlands), 2000.
[XII].
Kelner R., Mermet J.-M., Otto M., Widmer H.M. Analytical Chemistry. 1a
ed., WILEY- VCH, Kelner R., Mermet J.-M., Otto M., Weinheim
(Germany), 1998.
34
II - PARTE SPERIMENTALE
35
1. Introduzione
Durante le prove di validazione del metodo si sono effettuati esperimenti
utilizzando due differenti procedure di trattamento del campione, di seguito
denominate con A e B. Quindi, nella prima parte dello studio di
ottimizzazione/validazione, sono state eseguite prove ripetute in parallelo su
bianchi-campione e fortificati appartenenti a varie specie animali per verificare
le performances ottenute con i due diversi protocolli. Il metodo A è più semplice
e veloce ed è, tranne per alcune piccole modifiche, sostanzialmente quello
suggerito dal produttore dei test ELISA adottati [I, II], mentre il metodo B è più
lungo e complesso, ma ha il vantaggio di portare a estratti più concentrati e con
meno interferenti [III, IV]. Questo primo gruppo di esperimenti è stato pianificato
per decidere quale fosse il trattamento più adeguato da adottare.
Nella seconda parte dello studio di validazione, si è invece utilizzato il solo
protocollo B ritenuto, in base all’analisi dei dati ottenuti nella prima parte, più
efficace; quindi, si è completata l’indagine sulle caratteristiche di performances
del metodo, utilizzando la procedura più complessa. Tale procedura prevede
un’estrazione, una successiva purificazione in fase liquida (sgrassaggio) e una
in fase solida. Le due parti dello studio di validazione sono schematizzate in
Figura 1 della pagina seguente.
Gli esperimenti sono stati effettuati presso il Laboratorio Residui dell’Istituto
Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche, ad eccezione delle
prove eseguite con la procedura di preparazione del campione A, effettuate
presso il Laboratorio di Chimica dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale
dell’Abruzzo e del Molise.
36
STUDIO DI VALIDAZIONE/OTTIMIZZAZIONE
I PARTE
(SPECIFICITA'/ERRORE BETA)
-BIANCHI-CAMPIONE
-FORTIFICATI
(acido ossolinico/flumechina)
-BIANCHI-CAMPIONE
-FORTIFICATI
(acido ossolinico/flumechina)
ESTRATTO PURIFICATO
CON
METODO A
ESTRATTO PURIFICATO
CON
METODO B
TEST ELISA
TEST ELISA
50 µL in doppio
50 µL in doppio
50 µL in doppio
50 µL in doppio
FLUOROCHINOLONI (EIA)
(Generic test)
FLUMECHINA (EIA)
FLUOROCHINOLONI (EIA)
(Generic test)
FLUMECHINA (EIA)
STUDIO DI VALIDAZIONE
ESTRATTO PURIFICATO
II PARTE
CON
METODO B
SPECIFICITA'
ERRORE BETA
ROBUSTEZZA
-FORTIFICATI
(farmaci non chinoloni)
-FORTIFICATI
(diflossacina-saraflossacina)
FORTIFICATI
(acido ossolinico/flumechina)
TEST ELISA
TEST ELISA
TEST ELISA
50 µL in doppio
50 µL in doppio
50 µL in doppio
50 µL in doppio
50 µL in doppio
FLUOROCHINOLONI (EIA)
(Generic test)
FLUMECHINA (EIA)
FLUOROCHINOLONI (EIA)
(Generic test)
FLUOROCHINOLONI (EIA)
(Generic test)
FLUMECHINA (EIA)
Figura 1- Schema del piano di validazione/ottimizzazione
Di seguito sono riportrati entrambi i metodi di trattamento del campione, nonché
le istruzioni per l’esecuzione dei due saggi ELISA.
37
2.
Metodo A: preparazione del campione secondo le
indicazioni riportate dal produttore dei kit ELISA con
piccole modifiche
2.1. Reagenti:
•
Acqua ultrapura per HPLC
•
Metanolo per HPLC
•
Normal esano
•
Sample dilution buffer: Pesare 0.97 g di Na2HPO4 · H2O, 0.18 g di KH2PO4,
8.94 g di NaCl in un matraccio da 1 L e portare a volume con H2O
ultrapura per HPLC. Portare a pH=7.4 (7.3-7.5)
2.2. Materiali di riferimento (standard analitici)
•
Standard di acido ossolinico (OXO): Sigma-Aldrich, cod. 00877
•
Standard di flumechina (FLU): Sigma-Aldrich, cod. 45735
•
Standard di diflossacina (DIF): Sigma-Aldrich, cod. 33984
•
Standard di marboflossacina (MAR): Sigma-Aldrich, cod. 34039
2.2.1. Soluzioni Madre dei Materiali di Riferimento
Le soluzioni madre sono conservate a +4°C per tre m esi
•
Soluzione Madre di acido ossolinico 0.1 mg/mL in
0.01 M di sodio
idrossido
•
Soluzione Madre di flumechina 0.1 mg/mL in 0.01 M di sodio idrossido
•
Soluzione Madre di diflossacina 0.1 mg/mL in 0.01 M di sodio idrossido
•
Soluzione Madre di marboflossacina 0.1 mg/mL in 0.01 M di acido nitrico
Per ciascuna soluzione pesare circa 10 mg di standard in un matraccio tarato
da 100 mL e portare a volume.
38
2.2.2. Soluzione Intermedia dei Materiali di Riferimento
Soluzione intermedia dei Materiali di Riferimento (analiti) a 10 µg/mL
La soluzione intermedia è conservata a +4°C per una settimana
Introdurre, mediante pipetta in vetro in un matraccio tarato da 10 mL 1 mL di
ciascuna soluzione madre a 100 µg/mL e portare a volume con Metanolo per
HPLC.
2.2.3. Soluzione di Lavoro dei Materiali di Riferimento
Soluzione di Lavoro dei Materiali di Riferimento a 1 µg/mL
Con una pipetta da 2 mL prelevare 1 mL della soluzione intermedia a 10 µg/mL
(2.2.2.) degli analiti (flumechina e acido ossolinico) e portare a volume con
Metanolo per HPLC in matraccio tarato da 10 mL.
NB: Le soluzioni di lavoro è preparata di fresco al momento dell’uso.
2.3. Materiali
•
Cilindri in vetro
•
Imbuti di vetro
•
Matracci in vetro
•
Pipette tarate in vetro
•
Provette in plastica da centrifuga tipo Falcon da 15 e 50 mL
•
Puntali per micropipette
•
Siringhe tipo Hamilton
•
Kit immunoenzimatico: Fluoroquinolones EIA (Euro-Diagnostica cod. ED
21) e Flumequine EIA (Euro-Diagnostica cod. ED 22)
2.4. Apparecchiatura
•
Agitatore meccanico: (IKA, KS 501 digital)
•
Bilancia analitica 0.00001 g: (Mettler Toledo, XS 105 DU)
39
•
Bilancia tecnica, sensibilità 0.01 g: (Ohaus Corporation, Ohaus Explorer)
•
Centrifuga: (Hettich Rotina, 46 R)
•
Evaporatore a flusso d’azoto: (BUCHI, 461 Buchi)
•
Frigorifero (4°C ± 2°C): (Angelantoni Industrie Spa, FCL 400/2 TS)
•
Lettore di micropiastre ELISA: (Bio-Rad, 550)
•
Ultraturrax: (Janke & Kunkel IKA-LABORTECHNIK, T 25)
•
Vortex: (Barloworld Scientific, Vortex Stuart SAS)
2.5. Estrazione
•
Pesare circa 1 g (± 0.1 g) di tessuto muscolare precedentemente
omogenato con ultraturrax in falcon di plastica da 50 mL
•
Aggiungere 3 mL di soluzione di estrazione (MeOH/Sample dilution buffer
80/20 v/v)
•
Vortexare per alcuni secondi
•
Porre su agitatore meccanico per 15 minuti
•
Centrifugare per 10 minuti a 4000 rpm
•
Prelevare 2 mL di surnatante
•
Portare a secco sotto flusso d’azoto a 50°C
•
Riprendere il residuo con 1 mL di MeOH/sample dilution buffer 8/92 v/v
•
Sgrassare con 1 mL di normal esano
•
Centrifugare brevemente e scartare lo strato superiore
•
Prelevare 50 µL e diluire con 250 µL di MeOH/sample dilution buffer 8/92
v/v
e
dispensare
sul
kit
della
Flumechina
(par.
4.
Reazione
immunoenzimatica (analisi ELISA)
•
Prelevare altri 50 µL e diluire con 450 µL di MeOH/sample dilution buffer
8/92 v/v e dispensare sul kit dei Fluorochinoloni (par. 4. Reazione
immunoenzimatica (analisi ELISA)
40
3.
Metodo B: preparazione del campione con estrazione e
purificazione SPE
3.1. Reagenti
•
Acido fosforico 0.025 M a pH=3: Prelevare con pipetta di vetro da 2 mL 1.7
mL di acido ortofosforico 85%, porlo in un matraccio tarato da 1 L, portare
a volume con acqua per HPLC. Miscelare accuratamente e portare a pH 3
con NaOH 10 M.
•
Acqua ultrapura per HPLC
•
Ammoniaca concentrata al 30%
•
Normal esano
•
Idrossido di sodio 0.01 M
•
Metanolo per HPLC
•
Miscela di estrazione: Pesare 1 g di di acido metafosforico e introdurlo in
matraccio tarato da 100 mL. Solubilizzare e quindi portare a volume con
acqua. Prelevare 60 mL della precedente soluzione di MPA 1% (p/v) e
portare a volume con metanolo in matraccio tarato da 100 mL
•
Sample dilution buffer: Pesare 0.97 g di Na2HPO4 · H2O, 0.18 g di KH2PO4,
8.94 g di NaCl in un matraccio da 1 L e portare a volume con H2O
ultrapura per HPLC. Portare a pH=7.4 (7.3-7.5).
3.2. Materiali di riferimento (standard analitici)
•
Standard di acido ossolinico (OXO): Sigma-Aldrich, cod. 00877
•
Standard di flumechina (FLU): Sigma-Aldrich, cod. 45735
•
Standard di diflossacina (DIF): Sigma-Aldrich, cod. 33984
•
Standard di marboflossacina (MAR): Sigma-Aldrich, cod. 34039
•
Standard di saraflossacina (SAR): Sigma-Aldrich, cod. 33497
3.2.1. Soluzioni Madre dei Materiali di Riferimento
Le soluzioni madre sono conservate a +4°C per tre m esi
41
•
Soluzione Madre di acido ossolinico 0.1 mg/mL in
0.01 M di sodio
idrossido
•
Soluzione Madre di flumechina 0.1 mg/mL in 0.01 M di sodio idrossido
•
Soluzione Madre di diflossacina 0.1 mg/mL in 0.01 M di sodio idrossido
•
Soluzione Madre di marboflossacina 0.1 mg/mL in 0.01 M di acido nitrico
•
Soluzione Madre di saraflossacina 0.1 mg/mL in 0.01 M di acido nitrico
Per ciascuna soluzione pesare circa 10 mg di standard in un matraccio tarato
da 100 mL e portare a volume.
3.2.2. Soluzione Intermedia dei Materiali di Riferimento
Soluzione intermedia dei Materiali di Riferimento (analiti) a 10 µg/mL
La soluzione intermedia è conservata a +4°C per una settimana
Introdurre, mediante pipetta in vetro in un matraccio tarato da 10mL 1 mL di
ciascuna soluzione madre a 100 µg/mL e portare a volume con Metanolo per
HPLC.
3.2.3. Soluzione di Lavoro dei Materiali di Riferimento
Soluzione di Lavoro dei Materiali di Riferimento a 0.1 µg/mL
Con una siringa tipo Hamilton prelevare 100 µL della soluzione intermedia a 10
µg/mL (3.2.2.) degli analiti (flumechina e acido ossolinico) e portare a volume
con Metanolo per HPLC in matraccio tarato da 10 mL.
NB: Le soluzioni di lavoro è preparata di fresco al momento dell’uso.
3.3. Materiali
•
Colonnine SPE OASIS HLB Waters (30 mg/1 mL)
•
Cilindri in vetro
•
Filtri idrofili per siringa da 17 mm 0.45 µm
•
Imbuti di vetro
42
•
Matracci in vetro
•
Pipette tarate in vetro
•
Provette in plastica da centrifuga tipo Falcon da 15 e 50 mL
•
Puntali per micropipette
•
Reservoir, adattatore e rubinetti per SPE
•
Siringhe tipo Hamilton
•
Kit immunoenzimatico: Fluoroquinolones EIA (Euro-Diagnostica cod. ED
21) e Flumequine EIA (Euro-Diagnostica cod. ED 22)
3.4. Apparecchiatura
•
Agitatore meccanico: (IKA, KS 501 digital)
•
Bagnomaria termostatato: (Heto, HMT 200)
•
Bilancia analitica 0.00001 g: (Mettler Toledo, XS 105 DU)
•
Bilancia tecnica, sensibilità 0.01 g: (Ohaus Corporation, Ohaus Explorer)
•
Centrifuga: (Hettich Rotina, 46 R)
•
Evaporatore a flusso d’azoto: (BUCHI, 461 Buchi)
•
Frigorifero (4°C ± 2°C): (Angelantoni Industrie Spa, FCL 400/2 TS)
•
Lettore di micropiastre ELISA: (Bio-Rad, 550)
•
Ultraturrax: (Janke & Kunkel IKA-LABORTECHNIK, T 25)
•
Vortex: (Barloworld Scientific, Vortex Stuart SAS)
3.5. Estrazione
•
Pesare circa 1 g (± 0.1 g) di tessuto muscolare precedentemente
omogenato con ultraturrax in falcon di plastica da 50 mL
•
Aggiungere 4 mL di soluzione di estrazione (soluzione di MPA allo 0.6% in
MeOH/acqua 40/60)
•
Vortexare per circa 30 secondi
•
Porre su agitatore meccanico per 10 minuti
•
Immergere le provette in bagnomaria per 30 minuti a 45°-50°C per favorire
la precipitazione proteica
•
Lasciare raffreddare e centrifugare per 10 minuti a 4000 rpm
•
Filtrare il surnatante mediante filtri per siringa da 17 mm 0.45 µm
43
•
Ripetere l’estrazione, come sopra, con ulteriori 4 mL di soluzione di
estrazione (soluzione di MPA allo 0.6% in MeOH/acqua 40/60)
•
Unire gli estratti
•
Vortexare per rimescolare gli estratti
•
Prelevare la metà dell’estratto complessivo (circa 4 mL)
•
Ridurre sotto flusso d’azoto a 40-50°C il volume de ll’estratto fino a circa 2
mL per garantire la completa eliminazione del metanolo. La fase di
evaporazione del metanolo è critica, poiché la sua incompleta eliminazione
porta ad una perdita degli analiti durante la purificazione SPE
•
Alla fine del processo di evaporazione diluire gli estratti con 4 mL di
soluzione acquosa di MPA all’1%
•
E’ possibile lasciare i campioni in frigo a +4°C pe r una notte prima di
procedere allo sgrassaggio
•
Sgrassare con 3 mL di normal esano
•
Vortexare per qualche secondo, centrifugare brevemente, prelevare e
buttare lo strato superiore
•
E’ possibile lasciare i campioni in frigo a +4°C pe r una notte prima di
procedere alla purificazione.
3.6. Purificazione SPE
•
Posizionare la colonnina OASIS in stazione da vuoto
•
Attivare la colonnina con 1 mL di metanolo e seccare, con 1 mL di acqua e
seccare
•
Caricare quantitativamente l’estratto diluito
•
Scartare l’eluato avendo cura di non far seccare la colonnina
•
Lavare la colonnina con 2 mL di acido fosforico 0.025 M (pH=3)/Metanolo
95:5 v/v
•
Lavare con 2 mL di acqua
•
Far asciugare la colonnina sotto flusso d’aria per circa 15 minuti
•
Eluire i chinolonici con 2 mL di Metanolo/NH3 95:5 v/v in provetta di
plastica da 15 mL
•
E’ possibile lasciare i campioni in frigo per una notte a +4°C prima di
procedere
all’analisi ELISA
44
•
Portare a secco sotto flusso di azoto a 50°C
•
Riprendere il residuo con 2 mL di Sample diluition buffer diluito
•
Vortexare per alcuni minuti
•
Seminare 50 µL dei campioni in doppio su ciascuno dei due kit (par. 4.
Reazione immunoenzimatica o analisi ELISA)
4. Reazione immunoenzimatica (analisi ELISA)
4.1. Operazioni preliminari
•
Estrarre i kit dal frigorifero almeno un’ora prima dell’esecuzione dei saggi
e porli a temperatura ambiente
All’apertura dei kit effettuare le seguenti operazioni valide per entrambe i kit:
•
Ricostituire il coniugato liofilizzato (CAP-HRPO) con 4 mL di tampone di
ricostituzione (dilution buffer). Agitare bene e conservare al buio
•
Ricostituire l’anticorpo liofilizzato (antibody) con 4 mL di tampone di
ricostituzione (dilution buffer). Agitare bene e conservare al buio
•
Diluire il tampone di lavaggio (rinsing buffer) con acqua secondo le
indicazioni riportate nel libretto di istruzioni allegato al kit in uso (2 mL di
rinsing buffer concentrato con 38 mL d’acqua). Per ogni strip sono
necessari circa 40 mL di tampone di lavaggio diluito. Conservarlo in una
spruzzetta
•
Prelevare il numero di pozzetti necessari alla esecuzione del saggio
considerando una semina in doppio sia degli standard che dei campioni, e
riporre immediatamente la piastra in frigorifero.
4.2. Esecuzione del saggio
•
Seminare in doppio 100 µL di standard di Flumechina o Norflossacina a 0
ng/mL (bianco)
•
Seminare in doppio 50 µL di standard di Flumechina o Norflossacina a 0
ng/mL (segnale massimo B0)
45
•
Seminare in doppio 50 µL di standard di Flumechina a 1 ng/mL o
Norflossacina a 1.25 ng/mL forniti dai kit (standard obbligatori)
•
Qualora si voglia controllare l’intera curva di taratura, seminare in doppio
50 µL anche degli altri standard di Flumechina o Norflossacina forniti dai
kit, rispettivamente nel range tra 0.1 e 50 ng/mL e nel range tra 0.313 e 10
ng/mL (standard facoltativi)
•
Seminare in doppio 50 µL di ciascun campione
•
Aggiungere 25 µL del coniugato (CAP-HPRO) a tutti i pozzetti, tranne a
quelli del bianco
•
Aggiungere 25 µL dell’anticorpo diluito (Anti-CAP), a tutti i pozzetti, tranne
quelli del bianco
•
Agitare leggermente la micropiastra con un movimento rotatorio per alcuni
secondi
•
Incubare per 1 ora a temperatura di refrigerazione (4 ± 2°C), al buio
•
Scaricare il contenuto dei pozzetti e lavare per 3 volte con il tampone di
lavaggio, eliminando ogni volta i residui capovolgendo energicamente la
piastra su carta assorbente e avendo cura di eliminare completamente il
tampone
•
Procedere immediatamente con l’aggiunta di 100 µL di substrato, a tutti i
pozzetti e agitare
•
Incubare per 30 minuti a temperatura ambiente (25 ± 2°C)
•
Aggiungere 100 µL di soluzione d’arresto (stop solution), a tutte le cuvette
•
Leggere immediatamente i valori di assorbanza (OD) a 450 nm.
5. Elaborazione dei dati
Alla media delle assorbanze (optical density, OD) registrate o per un campione
o per uno standard è sottratta la media delle assorbanze del bianco: si ottiene
così una quantità indicata con “B”. Analogamente, alla media delle assorbanze
registrate per il segnale massimo (standard zero) è sottratta la media delle
assorbanze del bianco: si ottiene così una quantità indicata con “B0”.
Quindi si procede ad effettuare il rapporto tra B e B0 moltiplicando per 100:
46
ODs tandard/ campione− ODbianco
B
⋅ 100
%=
B0
ODsegnale massimo− ODbianco
6. Studio di validazione
Il piano sperimentale dello studio di validazione è stato approntato in conformità
ai criteri della Decisione della Commissione 2002/657/CE per metodi di
screening qualitativi. Lo schema completo utilizzato durante lo studio è riportato
in Tabella 1.
Tabella 1- Livelli di fortificazione utilizzati nello studio di validazione del
muscolo in funzione dei parametri determinati
Parametro
N° di
esperimenti
Trattamento
FLUMEQUINE
ELISA
FLU
(µg/kg)
GENERIC
FLUOROQUINOLONES ELISA
OXO
DIF
SARA
(µg/kg)
(µg/kg)
(µg/kg)
I PARTE
a
20
A
0
0
0
0
specificità
a
21
B
0
0
0
0
CCß
20
A
200
50
0
0
CCß
21
B
10
10
0
0
specificità
II PARTE
Parametro
b
N° di
esperimenti
FLUMEQUINE
ELISA
Trattamento
GENERIC
FLUOROQUINOLONES ELISA
FLU
(µg/kg)
OXO
(µg/kg)
DIF
(µg/kg)
SARA
(µg/kg)
specificità
6
B
0
0
0
0
CCß
20
B
10
0
25
0
robustezza
8
B
10
10
0
0
Errore β
10
B
0
0
0
10
c
a
Prove di specificità effettuate su bianchi-campione per la verifica dell’influenza delle sostanze
b
endogene; Prove di specificità effettuate fortificando sei bianchi-campione con sei farmaci
veterinari diversi dai chinolonici (sulfadimetossina, ossitetraciclina, nicarbazina, robenidina,
c
dimetridazolo e cloramfenicolo); Prove aggiuntive effettuate su un numero limitato di campioni
inferiore a quello minimo richiesto (20).
47
6.1. Curve in tampone
Come ogni sistema di rilevazione strumentale, anche la tecnica ELISA prevede
l’allestimento di curve di taratura. Preliminarmente sono quindi stati seminati,
per entrambi i kit, i sei standard forniti dal produttore, al fine di verificare le
performances
dei
due
prodotti.
Per
quanto
riguarda
il
kit
Generic
fluoroquinolones, gli standard forniti sono di norflossacina alle concentrazioni
progressive di 0.313, 0.625, 1.25, 2.5, 5 e 10 ng/mL, mentre per il kit
Flumequine gli standard sono di flumechina alle concentrazioni 0.1, 0.5, 1.5, 10
e 50 ng/mL.
6.2. Prima parte dello studio di validazione
La
prima
parte
dello
studio
di
validazione/ottimizzazione,
come
precedentemente accennato, è stata condotta in parallelo testando entrambe le
procedure di preparazione del campione (A e B), al fine di valutare quale
trattamento del campione sia adatto allo scopo di utilizzo del metodo.
6.2.1. Specificità (bianchi-campione)
Sono stati analizzati almeno venti bianchi-campione di tessuto muscolare
rappresentativi delle specie prelevate durante il controllo ufficiale (polli, suini,
bovini, ovi-caprini, pesci). Lo scopo è quello di valutare l’influenza di possibili
interferenze endogene naturalmente presenti in matrice (falsi positivi).
6.2.2. Verifica della percentuale di errore beta (acido ossolinico e
flumechina)
Almeno venti bianchi-campione sono stati fortificati a livelli di concentrazione
appropriati simultaneamente con flumechina e acido ossolinico. La fortificazione
è avvenuta in parallelo all’esperimento di specificità (6.2.1.). Durante le prove
preliminari, per il kit Generic fluoroquinolones, la scelta della molecola di
chinolone da utilizzare per la verifica delle performances e il relativo livello di
fortificazione sono stati individuati considerando la cross-reattività dell’anticorpo
(Tabella 2), l’LMR fissato a livello comunitario e, non ultima, la procedura di
48
preparazione del campione (A o B).
Tabella 2- Cross-reattività Kit Generic fluoroquinolones
(Eurodiagnostica)
Molecola
Cross-reattività
Acido ossolinico
57
Ciproflossacina
124
Danoflossacina
89
Diflossacina
1
Enroflossacina
92
Marboflossacina
16
Saraflossacina
4
Norflossacinab
100
Si è così deciso di additivare con acido ossolinico a 50 e 10 µg/kg
rispettivamente per il trattamento A e B, tenendo conto del diverso grado di
concentrazione dei due protocolli. Quindi si è considerato che tutte le molecole
con cross-reattività superiore a quella dell’acido ossolinico (57%), ovvero
enroflossacina, ciproflossacina, danoflossacina e norflossacina siano rilevabili a
livelli uguali o inferiori a quelli di additivazione dell’acido ossolinico. Questa
assunzione è stata poi verificata sperimentalmente nella seconda parte dello
studio di validazione.
In questo tipo di validazione non si determina il valore di concentrazione esatto
corrispondente alla capacità di rilevazione (CCβ), ovvero il livello a cui si
registra una percentuale di falsi negativi pari al 5%, ma più semplicemente si
valuta se, alle concentrazioni di interesse, i requisiti della Decisione
2002/657/CE sulla percentuale di errore beta siano soddisfatti (≤5%). Ad ogni
seduta è stato seminato un solo standard in tampone a concentrazione
intermedia tra quelli forniti dal produttore per controllare le performances del kit
commerciale.
Nel caso della procedura A, la fortificazione di flumechina a 200 ppb è stata
effettuata aggiungendo a ciascun campione 20 µL di una soluzione di lavoro a
10 µg/mL, mentre per l’acido ossolinico a 50 ppb, si sono aggiunti 50 µL di una
soluzione di lavoro a 1 µg/mL. Per la procedura B, invece, le due fortificazioni a
10 ppb sono state effettuate aggiungendo a ciascun campione 100 µL di
49
ciascuna soluzione di lavoro dei singoli analiti, alla concentrazione di
0.1
µg/mL. Dopo aver effettuato le aggiunte, si lascia equilibrare il campione per
almeno 30 minuti.
6.3. Seconda parte dello studio di validazione
La seconda parte dello studio di validazione è stata condotta utilizzando la sola
procedura di preparazione del campione B.
6.3.1. Specificità (campioni fortificati con farmaci veterinari diversi dai
chinoloni)
Secondo quanto indicato dalla Decisione 2002/657/CE, sono stati utilizzati due
approcci per verificare la specificità: uno per le sostanze endogene (prima parte
dello studio) e l’altro per composti esogeni (farmaci veterinari non appartenenti
alla classe dei chinoloni).
Utilizzando il metodo di preparazione del campione B, è stata eseguita l’analisi
di una serie di bianchi-campione additivati con farmaci veterinari (antibiotici e
coccidiostatici) utilizzati legalmente o illegalmente in allevamento e che
potrebbero, quindi, potenzialmente essere presenti nelle matrici di interesse. Lo
scopo è quello di verificare potenziali interferenze con i risultati del metodo (falsi
positivi o negativi). Le sostanze e i livelli di additivazione approntati per questa
prova di specificità sono riportati in Tabella 3. Per le varie classi (sulfamidici,
tetracicline etc..), il farmaco scelto per la fortificazione è quello che, sulla base
delle positività nel territorio, è stato più frequentemente riscontrato.
Tabella 3- Molecole e livelli di fortificazione adottati nelle prove di
specificità
Molecola
Sulfadimetossina
Ossitetraciclina
Nicarbazina
Livello di
fortificazione
(µg/kg)
100
100
200
Cloramfenicolo
Dimetridazolo
Robenidina
10
10
10
Nota
Corrispondente all’LMR
Corrispondente all’LMR
Corrispondente
all’LMRa
Sostanza vietata
Sostanza vietata
Sostanza vietata
a
La nicarbazina ha un LMR pari a 200 µg/kg fissato dalla FAO/WHO nel muscolo e nel fegato.
50
6.3.2. Verifica
saraflossacina)
della
percentuale
di
errore
beta
(diflossacina
e
A completamento dello studio, per ampliare la gamma delle molecole
determinabili ai livelli di interesse con un LMR, è stato condotto un set di
esperimenti preliminari, fortificando un tessuto muscolare in doppio a 10 ppb
con le seguenti molecole: ciproflossacina, norflossacina, enroflossacina,
danoflossacina,
saraflossacina
acido
e
ossolinico,
difloflossacina.
lomeflossacina,
Le fortificazioni sono
marboflossacina,
state effettuate
aggiungendo, a ciascun campione, 100 µL di ciascuna soluzione di lavoro dei
singoli analiti alla concentrazione di
0.1 µg/mL. Dopo aver effettuato le
aggiunte, si lascia equilibrare il campione per almeno 30 minuti.
Sulla base dei risultati ottenuti dalle fortificazioni in doppio a 10 ppb,
successivamente, si sono effettuate prove aggiuntive ripetute in diversi
campioni di tessuto muscolare appartenenti a varie specie animali, fortificati a
25 ppb (aggiungendo 25 µL di una soluzione di lavoro alla concentrazione di 1
µg/mL) e 10 ppb (aggiungendo 100 µL di una soluzione di lavoro alla
concentrazione di 0.1 µg/mL) rispettivamente con diflossacina (n=20) e
saraflossacina (n=11), al fine di verificare il tasso di falsi negativi.
51
6.3.3. Robustezza
La robustezza è stata testata in un tessuto muscolare di pollo, introducendo
piccoli e deliberati cambiamenti relativamente a sei variabili (fattori) ritenute
potenzialmente critiche (Tabella 4).
Tabella 4- Variabili e livelli testati durante l’esperimento di robustezza
condotto in muscolo di pollo secondo lo schema sperimentale di Youden
Variabile selezionata
Esperimento N°
4
5
6
7
8
a
a
a
A
b
B
B
b
B
C
c
C
c
C
C
D
d
d
d
d
D
D
E
e
E
e
e
E
e
E
temperatura della prima
incubazione del saggio
ELISA
F
f
f
F
F
f
f
F
Variabile fittizia
G
g
g
G
g
G
G
G
Risultato ottenuto
S
T
U
V
W
X
Y
Z
MeOH della miscela di
estrazione
Temperatura del
bagnomaria
Marca della colonnina
SPE
pH del tampone fosfato
(lavaggio SPE)
pH del Sample dilution
buffer
Variabile selezionata
MeOH della miscela di
estrazione
Temperatura del
bagnomaria
Marca della colonnina
SPE
pH del tampone fosfato
(lavaggio SPE)
pH del Sample dilution
buffer
temperatura della prima
incubazione del saggio
ELISA
1
2
3
A
A
A
A
B
B
b
C
c
D
Unità di misura Abbreviazione
Livello alto
Livello Basso
%
A, a
41.5
38.5
°C
B, b
50
40
-
C, c
OASIS
(Waters)
Strata-X
(Phenomenex)
-
D, d
3.1
2.9
-
E, e
7.5
7.3
°C
F, f
6
2
I risultati di ciascun esperimento sono indicati come S-Z. I fattori selezionati
coinvolgono sia la parte di preparazione del campione, che quella di esecuzione
del saggio ELISA. Gli esperimenti sono stati condotti applicando lo schema
52
sperimentale proposto da Youden e riportato anche dalla Decisione
2002/657/CE. Si tratta di un disegno sperimentale di tipo fattoriale frazionato,
che permette di valutare simultaneamente l’effetto di un massimo di sette fattori
con otto esperimenti [V]. Nel nostro caso, gli esperimenti sono stati effettuati in
otto aliquote di muscolo di pollo, fortificate simultaneamente alle stesse
concentrazioni utilizzate nelle prove per la valutazione dell’errore beta, vale a
dire: OXO a 10 µg/kg e FLU a 10 µg/kg.
Per i fattori di tipo quantitativo, la lettera maiuscola corrisponde generalmente
ad un esperimento in cui quella variabile è mantenuta al livello “alto”, viceversa
per la lettera minuscola(7). Così nell’esperimento N°1 tutte le variabili
selezionate sono al livello alto, ovvero la prova viene condotta utilizzando una
% del 41.5 di MeOH nella miscela di estrazione, una temperatura del
bagnomaria pari a 50 °C e così via. Per le variabil i di tipo qualitativo, come, ad
esempio, la marca della colonnina per la purificazione in fase solida (SPE), la
lettera maiuscola è generalmente assegnata al valore nominale. Le condizioni
complete di ciascun esperimento sono riportate in Tabella 5.
Tabella 5- Valori delle variabili nell’esperimento di robustezza
Variabile selezionata
Esperimento N°
4
5
6
7
8
38.5
38.5
38.5
38.5
40
50
50
40
40
W
P
W
P
W
P
3.1
2.9
2.9
2.9
2.9
3.1
3.1
7.5
7.3
7.5
7.3
7.3
7.5
7.3
7.5
temperatura della prima
incubazione del saggio
ELISA (°C)
6
2
2
6
6
2
2
6
Variabile fittizia
-
-
-
-
-
-
-
-
Risultato ottenuto
S
T
U
V
W
X
Y
Z
MeOH della miscela di
estrazione (%)
Temperatura del
bagnomaria (°C)
Marca della colonnina
a
SPE
pH del tampone fosfato
(lavaggio SPE)
pH del Sample dilution
buffer
1
2
3
41.5
41.5
41.5
41.5
50
50
40
W
P
3.1
a
W=Waters, P=Pheomenex
7
Lo schema di Youden prevede due livelli diversi per una variabile, ma uno dei due livelli può
anche corrispondere con il valore normalmente usato (non variato) nella procedura, il cosiddetto
valore nominale.
53
7. BIBLIOGRAFIA
[I].
Fluoroquinolones EIA (Generic test). A microtitre plate based competitive
enzyme immunoassay (EIA) for screening and quantitative analysis of a
broad range of fluoroquinolones in various matrices. Euro-Diagnostica
5101FLUQG1p[9]08.06. Euro-Diagnostica, Arnhem (The Netherlands).
http://www.eurodiagnostica.com.
[II]. Flumequine EIA. A microtitre plate based competitive enzyme immunoassay
(EIA) for screening and quantitative analysis of flumequine (FLUM) in
various
matrices.
Euro-Diagnostica
5101FLUM1p[2]08.05.
Euro-
Diagnostica, Arnhem (The Netherlands). http://www.eurodiagnostica.com.
[III]. Horie M., Saito K., Nose N. and Nakazawa H. Simultaneous determination
of nalidixic acid, oxolinic acid and piromidic acid in fish by highperformance liquid chromatography with fluorescence and UV detection.
Journal of Cromatography, 402, 301-308, 1987.
[IV]. Horie M., Saito K., Hoshino Y. and Nose N. Simultaneous determination of
benofloxacin, danofloxacin, enrofloxacin and ofloxacin in chicken tissues
by high-performance liquid chromatography. Journal of Cromatography B,
653, 69-76, 1994.
[V]. Vander Heyden Y., Nijhuis A., Smeyers-Verbeke J., Vandeginste B.G.M.
and Massart D.L. Guidance for Robustness/Ruggedness Tests in Method
Validation. 2006. www.vicim.com/guideline_ruggedness.pdf.
54
III: RISULTATI E DISCUSSIONE
55
1. Introduzione
L’UE, per avere una maggiore flessibilità nella propria azione di controllo della
presenza di residui di farmaci veterinari negli alimenti di origine animale, non
impone ai propri laboratori metodi ufficiali di riferimento messi a punto, validati e
codificati da un organismo internazionalmente riconosciuto, ma piuttosto, è
fondamentale che i suddetti metodi rispondano ai criteri prescritti dalla
Decisione 2002/657/CE o da provvedimenti analoghi, tali da poter essere
utilizzati nei piani di controllo ufficiale. Questo tipo di strategia è comunemente
chiamata criteria approach o performance based approach e si contrappone al
traditional approach in cui il metodo da impiegare è quello di riferimento. I
vantaggi dell’uno e dell’altro approccio sono riassunti in Tabella 1.
Tabella 1- Confronto tra approcci nella scelta dei metodi analitici
da utilizzarsi nel controllo ufficiale
Approccio
Criteria approach
Traditional approach
Vantaggi
1) Grande flessibilità e libertà
di scelta per l’analista
2) Rapidità
di
intervento
anche
per
problemi
analitici
“nuovi”
non
precedentemente affontati
(allerte)
3) Di
frequente
sono
disponibili più metodi con
performance
adeguate
rispetto alle esigenze del
controllo ufficiale
1) L’utilizzo
dello
stesso
metodo codificato da parte di
tutti i
laboratori è una
garanzia per quanto riguarda
la confrontabilità dei risultati
2) Ogni singolo laboratorio
effettua un numero di
esperimenti di validazione
ridotti
Svantaggi
1) L’utilizzo
di
metodi
differenti da parte di
ciascun laboratorio porta a
maggiori rischi per quanto
riguarda la confrontabilità
dei risultati
2) Ogni singolo laboratorio
deve
effettuare
una
validazione completa del
metodo “interno”
1) L’analista non ha libera
scelta e, in alcuni casi,
potrebbe essere obbligato
ad utilizzare un metodo
inappropriato
2) Da un punto di vista
amministrativo è lungo e
complesso cambiare un
metodo
qualora
risulti
inadeguato
o
con
caratteristiche inferiori ad un
altro
L’uso del criteria approach è stata una scelta obbligata poiché, se all’inizio degli
anni novanta l’UE aveva provato a pubblicare una serie di metodi di riferimento
per il controllo dei residui di sostanze ad azione anabolizzante e di medicinali
56
veterinari negli animali vivi e nei loro prodotti, ben presto questa strategia fu
rivista in quanto, le procedure di riferimento, risultarono uno strumento
inadeguato in questo settore analitico. Quindi, lasciando libera scelta ai propri
laboratori rispetto ai metodi utilizzabili (di screening o di conferma), fu
necessario minimizzare i rischi legati ad una scarsa qualità del dato analitico.
Ciò fu realizzato imponendo restrittive performances minime ai metodi stessi.
La Decisione 2002/657/CE, che ha come campo di applicazione i metodi per la
determinazione dei residui di sostanze ad azione anabolizzante e di medicinali
veterinari negli alimenti di origine animale, è uno dei provvedimenti
fondamentali che norma le caratteristiche di performance. Lo scopo di questi
provvedimenti atti ad integrare il prerequisito dell’accreditamento dei laboratori
ufficiali in accordo con la norma ISO 17025, è quello di garantire la qualità dei
risultati mediante l’impiego di metodi validati e l’utilizzo di procedure ben
descritte e definite, sia per l’esecuzione dei metodi di prova che per il controllo
di qualità. Affinché i risultati delle misurazioni possano essere accettati come
validi dalle parti interessate, infatti, le misurazioni analitiche devono essere
affidabili e, l’affidabilità valutata su basi rigorose, senza le quali non sarebbe
attuabile il mutuo riconoscimento di risultati e tarature a livello internazionale.
Premesso ciò, gli step che un analista deve affrontare nell’implementazione di
un nuovo metodo in laboratorio sono schematizzati in Figura 1 (pagina
seguente) e riassunti qui di seguito:
1.ottimizzazione
2.validazione
3.utilizzo in routine.
Ottimizzazione e validazione sono due momenti strettamente interconnessi,
poiché è solo durante serie di prove ripetute che si possono valutare in
profondità le caratteristiche di performances della procedura che si sta
cercando di ottimizzare e se questa sia effettivamente adeguata allo scopo (fit
for purpose). I parametri stabiliti durante lo studio di validazione, vengono
utilizzati come criteri di accettabilità per il controllo di qualità (CQ), attuato nella
terza fase. Poiché il campo di applicazione dei metodi per la ricerca di residui di
farmaci veterinari è particolarmente complesso, è fondamentale che anche
nella terza fase, in cui la procedura è tenuta sotto controllo statistico mediante il
57
CQ, si attui un feed back periodico tra i dati collezionati in routine e la verifica
delle performances stabilite in validazione.
OTTIMIZZAZIONE
VALIDAZIONE
IL METODO
E'
"FIT FOR PURPOSE"?
SI'
UTILIZZO
NELLE ANALISI
DI ROUTINE
NO
REVISIONE
DEL
METODO
CQ
Figura 1- Rappresentazione schematica delle fasi di implementazione
di un nuovo metodo analitico
Ancor prima dell’ottimizzazione, come è ovvio, è necessario individuare il
metodo candidato. Tale scelta è effettuata in base all’esperienza dell’analista, a
quella di altri laboratori collegati, all’applicabilità e a quant’altro possa aiutare
per una corretta individuazione. Poiché, generalmente, un metodo è composto
da una fase di trattamento del campione (estrazione e purificazione) e da una
fase di determinazione (tecnica analitica) bisogna selezionare entrambe.
1.1. Scelta della tecnica analitica
La tecnica ELISA è sembrata l’unica a poter garantire il raggiungimento
dell’obiettivo prefissato, ovvero la rilevazione delle principali molecole
appartenenti alla classe dei chinoloni ai livelli di interesse nelle matrici previste
per il controllo ufficiale (muscolo, uova e latte). L’ELISA è fra l’altro una delle
tecniche più utilizzate nello screening.
58
E’ opportuno focalizzare che, in questi casi, la definizione stessa dell’obiettivo
non è immediata (matrici, molecole e concentrazioni di interesse), poiché
devono essere considerati simultaneamente molteplici requisiti e fattori (Figura
2).
OBIETTIVO
DEL
METODO
SCREENING
MATRICI
PIANI
DI
CONTROLLO
(MUSCOLO/UOVA/LATTE)
MOLECOLE
MOLECOLE CON
LMR FISSATO
(Regolamento 2377/90)
ALTRE MOLECOLE
DEL GRUPPO SENZA LMR
LIVELLI
DI
INTERESSE
CA 0.5 LMR
(Regolamento 2377/90)
LIVELLI
PIU' BASSI POSSIBILE
PER LE MOLECOLE
SENZA LMR
Figura 2- Schema per la definizione degli obiettivi di un metodo di
screening multiresiduale
Per quanto riguarda le matrici, è sufficiente consultare i piani di controllo ed in
particolare il PNR che prevede, per i chinoloni, campionamenti di tessuto
muscolare, uova e latte. Tali matrici sono scelte dal Ministero della Salute sulla
base della loro effettiva efficacia per il controllo dei residui di questa classe di
farmaci.
Passando ai livelli (concentrazioni) di interesse, i limiti massimi di residui
fissati nelle diverse matrici sono riportati in Tabella 2. Secondo i requisiti
comunitari, allorquando è stato stabilito un certo LMR su una data matrice, un
metodo di screening deve essere in grado di rilevare concentrazioni di farmaco
pari a circa 0.5 LMR o inferiori. Ciò significa che per le molecole con LMR più
alti, i limiti di rilevazione della procedura possono essere più elevati e viceversa.
Laddove non è invece fissato alcun LMR, come nelle uova, il metodo deve
raggiungere i livelli più bassi possibile. Sebbene questo lavoro abbia coinvolto
solo la matrice “muscolo”, la messa a punto del metodo avrebbe dovuto
59
considerare la possibilità di analizzare anche le altre matrici coinvolte nel PNR,
in modo che il metodo potesse essere valido come screening di tutti i campioni
ufficiali prelevati per la ricerca di chinoloni.
Tabella 2- Limiti massimi di residui dei chinoloni nelle varie matrici di
origine animalea
Sostanza
Acido ossolinico
Danoflossacina
Diflossacina
Enroflossacina
(Enroflossacina+
Ciproflossacina)
Flumechina
Marboflossacina
Saraflossacina
a
Specie animale
Pollame
Bovini
Suini
Ovini/caprini
Pollame
Bovini
Suini
Ovini/caprini
Pollame
Bovini
Suini
Ovini/caprini
LMR
(µg/kg)
nel
muscolo
100
100
100
100
200
200
200
200
300
400
400
400
Pollame
Bovini
Suini
Ovini/caprini
Ovini/caprini
Pollame
Bovini
Suini
Ovini/caprini
Pollame
Bovini
Suini
Ovini/caprini
Pollame
Bovini
Suini
Ovini/caprini
Salmonidi
100
100
100
100
400
200
200
200
150
150
10b
30c
b
LMR
(µg/kg)
nel latte
LMR
(µg/kg)
nelle
uova
-
-
30
-
-
-
100
-
50
-
75
-
-
-
c
Regolamento 2377/90; pelle e grasso; pelle e muscolo.
Infine, per quanto riguarda le molecole, per i chinoloni non compresi nella
tabella 2, bisogna tener conto eventualmente delle sostanze che, pur senza
LMR, potrebbero avere un uso non autorizzato in allevamento come, ad
60
esempio, la norflossacina. Queste molecole non regolate dovrebbero essere, di
conseguenza, rilevate al livello più basso possibile in tutte le matrici.
La situazione si complica se si pensa al fatto che, per il muscolo, in alcuni casi,
il LMR è diverso a seconda della specie animale (diflossacina e flumechina).
Consultando il PNR italiano, relativo all’anno 2008 [I], si verifica che i prelievi di
campioni di muscolo per la ricerca di chinoloni sono ripartiti come segue
(Tabella 3):
Tabella 3- Ripartizione dei prelievi a livello nazionale prevista per la
determinazione di chinolonici nella matrice “muscolo” nel PNR 2008
Specie animale
Categoria
*
Bovini
Suini
Antibiotici
Chinolonici
previsto
vitelli
210
vitelloni
220
vacche
210
suini da ingrasso
300
ovi-caprini
100
*
equini
70
polli
200
tacchini
200
galline
100
Antibiotici
Equini
Antibiotici
Conigli
N° campioni
*
Ovini e Caprini
Volatili da cortile
Categoria animale
Chinolonici
altro
30
*
conigli
20
*
volatili
10
trote
15
eurialine
15
Antibiotici
Selvaggina allevata
Antibiotici
Acquacoltura
Chinolonici
*Nella richiesta di analisi per antibiotici il laboratorio deve analizzare le tre classi:
chinoloni, penicilline e tetracicline
Come si può osservare, le specie aviari sono quelle maggiormente campionate
specificamente per chinoloni in quanto, tale classe di antibiotici è molto
utilizzata in questo settore della zootecnia. Da un punto di vista analitico, quindi,
è il LMR del pollame che viene eventualmente considerato come principale. Ciò
può essere importante nel caso della flumechina in cui il LMR nel pollame è piu
alto (400 µg/kg), rispetto a quello stabilito nel muscolo di altre specie pari a 200
µg/kg.
61
Passando alla scelta del kit commerciale ELISA più adeguato, a seguito di
un’indagine condotta per i più importanti produttori, erano disponibili quattro
diversi prodotti con le cross-reattività riportate in Tabella 4 [II-IV].
Tabella 4- Cross-reattività riportate per tre diversi kit commerciali di tipo
competitivo
Cross-reattività (%)
Eurodiagnos
Randox
tica
(Irlanda)
(Olanda)a
57
-
Molecola
CER
(Belgio)
Ridascreen
(Germania)
Acido ossolinico
3
Ciproflossacina
17
124
166
100
Danoflossacina
88
89
324
80-85
Diflossacina
64
1
65
-
Enroflossacina
66
92
300
100
Flumechina
4
100a
-
7
Marboflossacina
45
16
43
5
Saraflossacina
100
4
59
-
Norflossacinab
105
100
100
12-15
5
a
Eurodiagnostica produce due diversi kit: uno generico per fluorchinoloni (5101FLUQG1) che
però ha una cross-reattività dichiarata per la flumechina del 2% ed un altro specifico per
b
flumechina (5101FLUM1); Molecola senza LMR ma la cui determinazione può essere
importante.
Si scartano sia il kit Randox che quello Ridascreen. Il primo
non dichiara
alcuna cross-reattività né per la flumechina, né per l’acido ossolinico, due
molecole la cui rilevazione non può essere tralasciata, in quanto hanno un LMR
fissato e un documentato utilizzo nel territorio. Il secondo, invece, ha crossreattità non dichiarate o trascurabili (<10%) per l’acido ossolinico, la
diflossacina, la flumechina, la marboflossacina e la saraflossacina. Infatti il kit
Ridascreen
è
denominato
“Enro/Cipro”,
in
quanto
finalizzato
quasi
esclusivamente alla rilevazione di queste due molecole. Confrontando il
prodotto CER e Eurodiagnostica, l’anticorpo CER offre cross-reattività migliori
per saraflossacina, marboflossacina e diflossacina, con percentuali trascurabili
per flumechina e acido ossolinico. Viceversa, la ditta olandese è favorita per
flumechina, enroflossacina, ciproflossacina e acido ossolinico, con percentuali
basse per diflossacina e saraflossacina (<10%). In Italia, nell’ultimo triennio
durante i controlli ufficiali (PNR e extra PNR), sono state riscontrate positività
62
per ciproflossacina, enroflossacina, flumechina e marboflossacina e, quindi, si
preferisce optare per i due prodotti Eurodiagnostica da utilizzare in parallelo.
Questa scelta sembra in grado di offrire le maggiori garanzie rispetto
all’obiettivo prefissato ma, d’altro canto, comporta maggiori costi poiché è
necessario l’acquisto di due kit invece di uno.
1.2. Scelta della procedura di preparazione del campione (estrazione e
purificazione)
Rispetto alla procedura di purificazione, sebbene da un lato i metodi di
screening per loro natura dovrebbero essere veloci e a basso costo, dall’altro è
difficile raggiungere l’obiettivo della multiresidualità in matrici complesse
utilizzando tecniche non-cromatografiche senza porre una certa attenzione alla
preparazione del campione. Infatti, uno dei problemi principali nell’utilizzo
routinario degli screening ELISA è quello della percentuale di errore alfa (falsi
positivi). La deposizione nei pozzetti della micropiastra di campioni non
sufficientemente purificati porta, di frequente, a interazioni aspecifiche degli
anticorpi con i componenti della matrice, i cosiddetti interferenti. Ciò provoca un
abbassamento del rapporto B/B0 e il campione viene, di conseguenza, giudicato
sospetto e inviato all’analisi con metodo di conferma. La percentuale di errore
alfa, come abbiamo visto, non è uno dei parametri di performances che la
Decisione 2002/657/CE giudica critico per un metodo di screening (non
obbligatorio) e questo perché, il suo impatto è tutto all’interno della gestione di
laboratorio. Tuttavia, una percentuale di errore alfa troppo elevata (>10%), fa sì
che il test di screening perda la sua funzione che è principalmente quella di
ridurre tempi e costi. Inoltre, la messa a punto di una procedura di estrazione e
clean up più sofisticati, permettono di aumentare la concentrazione dell’estratto
finale, che ha come conseguenza la possibilità di rilevare livelli di
concentrazione minori e quindi di aumentare anche la gamma delle molecole di
chinoloni determinate.
Quindi, ai fini dell’ottimizzazione, si è deciso di condurre la prima parte dello
studio di validazione (specificità e verifica della percentuali di falsi negativi) in
doppio considerando, sia la procedura suggerita dal produttore dei kit ELISA
Eurodiagnostica (A), sia una procedura più complessa messa a punto in
proprio, adattando il protocollo di preparazione del campione utilizzato
correntemente dal laboratorio per il metodo di conferma in HPLC (B).
63
La procedura A utilizzata in questo lavoro di tesi non è esattamente la stessa
riportata nei due libretti di istruzione allegati ai kit; infatti, poiché i due protocolli
suggeriti erano leggermente diversi, si è modificato il fattore di diluizione del
metodo riportato per il kit Generic Fluoroquinolones che, fra l’altro, prevede
uno step di sgrassaggio, in modo da poter seminare lo stesso estratto in
parallelo su entrambi i kit.
La procedura B è stata ottimizzata, apportando alcune modifiche al metodo di
preparazione del campione adottato per la conferma in cromatografia liquida
con rilevazione in fluorescenza (HPLC-FLUO). Tale metodo era stato
originariamente sviluppato a partire dai lavori di Horie et al. (1987, 1994), già
citati nella Parte Sperimentale, apportando alcune modifiche sulla base
dell’esperienza maturata, delle caratteristiche dei chinoloni e di altri metodi
pubblicati successivamente, anche dallo stesso laboratorio [V-IX]. Gli ulteriori
aggiustamenti effettuati per l’applicazione in ELISA, non hanno praticamente
alterato il trattamento utilizzato per l’analisi HPLC, ma hanno riguardato
unicamente uno scale-down del protocollo, in modo da diminuirne tempi e
costi. In generale, infatti, gli screening ELISA vengono applicati a minori
quantità di matrice (1-3 g), rispetto ai metodi tradizionali, in quanto il sistema di
rilevazione è molto sensibile. Le fasi salienti del trattamento del campione sono
riportate nello schema di Figura 3. Invece dei 5 g processati con il metodo di
conferma, si parte da 1 grammo di tessuto muscolare che viene estratto con 8
mL complessivi di soluzione di estrazione (acido metafosforico all’1%/metanolo
6/4 v/v). In questo modo i tempi di evaporazione del metanolo (concentrazione
dell’estratto),
contenuto
nella
miscela
acquosa
di
estrazione
sono
drasticamente abbattuti. Questo rappresenta, infatti, uno degli step più lunghi
del metodo di conferma in cui il volume dell’estratto è di circa 40 mL. Il
metanolo deve essere rimosso quanto più possibile, poiché una presenza al di
sopra del 7-8% provocherebbe la mancata ritenzione degli analiti sulla fase
fissa della cartuccia OASIS HLB (bassi recuperi). I chinolonici sono
generalmente solubili in solventi organici polari, in miscele idro-organiche
acidificate o in soluzioni acquose basiche, mentre non sono solubili in solventi
apolari, quali l’esano o il toluene. Questa proprietà viene sfruttata, oltre che,
come abbiamo visto in fase di estrazione, per la successiva purificazione
liquido-liquido (LLE). Infatti l’estratto riconcentrato viene dibattuto con n-esano
per eliminare i componenti lipidici contenuti nella matrice.
64
OMOGENEIZZAZIONE
DEL
CAMPIONE
PESATA
(1 grammo)
ESTRAZIONE
(2 x 4 mL della miscela di estrazione)
CONCENTRAZIONE
DELL'ESTRATTO
PURIFICAZIONE LLE
(sgrassaggio con esano)
PURIFICAZIONE SPE
(Colonnine Oasis HLB 30 mg/1 mL)
EVAPORAZIONE
SAGGIO ELISA
Figura 3- Fasi salienti del trattamento del campione
Quindi si procede all’estrazione in fase solida (SPE) utilizzando una cartuccia
tipo OASIS HLB. Questo tipo di purificazione, sfrutta l’affinità di una fase
adsorbente (fase fissa) per alcune sostanze presenti nel campione che possono
essere, o gli analiti di interesse (purificazione di tipo ritensivo), o gli interferenti
di matrice che si desiderano eliminare (purificazione di tipo non-ritensivo) [X].
I principali meccanismi di purificazione includono l’utilizzo di adsorbenti polari
(in fase diretta), apolari (SPE in fase inversa), a “scambio ionico” e a “fase
mista”, a seconda dei gruppi funzionali presenti. La scelta del materiale
adsorbente rende, quindi, possibile mettere a punto procedure di preparazione
del campione in base alle necessità, tenendo conto, sia delle caratteristiche
65
chimico-fisiche degli analiti che delle matrici in cui questi devono essere
determinati.
Il tipo di SPE praticata in questo lavoro è di tipo ritensivo (Figura 4) a fase
inversa con adsorbente polimerico (OASIS HLB). La prima fase della
purificazione è sempre rappresentata dal condizionamento della colonna con
opportuni solventi, al fine di bagnare la fase fissa e solvatarne i gruppi
funzionali. Dopo il caricamento del campione, gli analiti sono trattenuti dalla
fase fissa, al contrario della maggior parte degli interferenti di matrice. Si
eseguono, poi, dei lavaggi con solventi a polarità cresente, atti ad allontanare il
più possibile gli interferenti rimasti in colonna, senza “staccare”, però, gli analiti
che sono poi eluiti con solventi o miscele in grado di romperne i legami con
l’adsorbente.
Figura 4- Stadi di una purificazione SPE di tipo ritensivo
Considerando la minore quantità di campione processata rispetto al metodo di
conferma, la cartuccia SPE utilizzata ha una quantità di fase solida più bassa
(30 mg vs 60 mg). Ciò consente di diminuire i volumi dei solventi utilizzati per
la purificazione e, conseguentemente, anche i tempi di evaporazione
dell’eluato. Infine, l’estratto è risolubilizzato nel Sample dilution buffer per la
successiva esecuzione del test ELISA con semina in doppio in parallelo su
entrambi i kit.
66
2. Risultati delle prove di validazione
2.1. Curve in tampone
All’inizio dello studio si sono seminate le curve in tampone fornite con i due kit
Eurodiagnostica. Va precisato che, durante le prove e in routine, le curve non
vengono sistematicamente acquisite (si controlla un solo punto della curva),
poiché non ritenute necessarie ai fini dell’esecuzione del metodo qualitativo.
Preliminarmente, le curve in tampone vengono seminate per confrontarle con
quelle riportate dalla ditta produttrice Eurodiagnostica (Tabella 5 e Figure 5 e 6).
Tabella 5- Curve in tampone per i due saggi ELISA Eurodiagnostica
Generic fluoroquinolones
Standard
(ng/mL)
a
% B/B0
Flumequine
standard
(ng/mL)
% B/B0
0.313
69.2
0.1
86.4
0.625
57.8
0.5
59.0
1.25
38.4
1
40.8
2.5
27.2
5
22.6
5
17.0
10
17.3
10
11.0
50
13.0
a
Gli standard forniti sono di norflossacina.
67
CURVA IN TAMPONE
(GENERIC FLUOROQUINOLONES )
60,0
50,0
40,0
30,0
20,0
B/B0
80,0
70,0
10,0
0,0
0,1
1
10
Concentrazione (ng/mL)
a)
0,01
0,1
1
10
100,0
90,0
80,0
70,0
60,0
50,0
40,0
30,0
20,0
10,0
0,0
100
B/B0
CURVA IN TAMPONE
(FLUMEQUINE )
Concentrazione (ng/mL)
b)
Figura 5- Curve in tampone acquisite in laboratorio: a) curva per
norflossacina e b) per flumechina
68
a)
b)
Figura 6- Curve in tampone riportate da Eurodiagnostica: a) curva
acquisita in laboratorio per norflossacina e b) per flumechina
Come si può vedere le curve dichiarate sono in linea con quelle acquisite.
69
2.2. Prima parte studio di validazione
2.2.1. Specificità e verifica della percentuale di errore beta (acido
ossolinico/flumechina)
Tabella 6- Metodo A: risultati delle prove su bianchi-campione e relativi
fortificati (acido ossolinico e flumechina)
CAMPIONE N°
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
MEDIA
DS
a
GENERIC
FLUOROQUINOLONES
BianchiFortificatia
Campione
(B/B0, %)
(B/B0, %)
99.4
48.6
101.1
64.3
86.5
55.9
90.6
54.7
104.3
65.1
92.9
52.9
89.3
61.5
89.5
54.3
104.9
58.2
101.9
61.4
100.6
58.1
93.6
60.3
105.1
58.7
92.3
55.0
97.9
54.7
76.4
40.5
91.3
54.7
97.2
55.3
88.0
53.2
93.2
58.7
95
56
7.3
5.5
Livello di fortificazione: acido ossolinico 50 µg/kg;
µg/kg.
b
FLUMEQUINE
Fortificatib
Bianchi(B/B0, %)
Campione
(B/B0, %)
74.9
33.5
72.0
33.2
64.1
36.5
68.1
41.4
58.5
35.1
96.4
42.8
74.2
34.8
76.0
30.5
76.8
33.1
65.5
45.6
71.9
37.9
77.4
35.4
69.8
41.6
67.6
33.5
73.9
38.7
64.3
35.3
63.1
39.0
68.7
32.9
69.7
33.6
78.5
38.5
72
37
7.9
3.9
Livello di fortificazione: flumechina 200
70
Tabella 7- Metodo B: risultati delle prove su bianchi-campione e relativi
fortificati (acido ossolinico e flumechina)
CAMPIONE N°
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
MEDIA
SD
a
GENERIC
FLUOROQUINOLONES
BianchiFortificatia
(B/B0, %)
Campione
(B/B0, %)
93.0
39.6
94.2
38.8
90.3
32.4
77.4
43.3
69.0
34.7
71.6
35.5
87.2
36.7
96.3
42.8
95.1
44.4
100
47.0
87.9
38.8
96.5
49.7
93.7
42.5
97.7
45.8
89.0
39.4
92.1
39.0
98.4
47.3
94.2
40.1
94.6
41.9
72.4
38.4
99.0
44.4
90.0
41.1
9.4
4.4
Livello di fortificazione: acido ossolinico 10 µg/kg;
µg/kg.
b
FLUMEQUINE
Fortificatib
BianchiCampione
(B/B0, %)
(B/B0, %)
73.8
22.4
46.1
17.9
72.2
19.8
60.0
27.5
55.7
27.3
52.2
24.0
71.0
23.1
75.8
28.0
70.7
25.6
75.8
27.8
72.1
23.4
80.4
33.0
69.2
26.2
75.6
26.9
77.2
27.6
78.9
27.6
82.4
22.0
86.6
15.8
76.7
24.6
78.8
26.7
83.9
27.2
72.1
25.0
10.5
3.9
Livello di fortificazione: flumechina 10
71
2.3. Seconda parte studio di validazione
2.3.1. Specificità e verifica della percentuale di errore beta (diflossacina e
saraflossacina)
Tabella 8- Prove preliminari di verifica della risposta per un muscolo
fortificato in doppio a 10 µg/kg con diverse molecole di chinoloni (metodo
B)
Molecola
Kit Generic Fluoroquinolones
B/B0 (%)
Fortificato a 10
Cross-reattività
µg/kg
dichiarata (%)
Ciproflossacina
34.8
124
Norflossacina
35.1
100
Enroflossacina
33.2
92
Danoflossacina
30.6
89
Acido Ossolinico
41.2
57
Lomeflossacina
39.4
40
Marboflossacina
52.7
16
Saraflossacina
59.4
4
Difloflossacina
58.1
1
72
Tabella 9- Metodo B: risultati delle prove aggiuntive di fortificazione a 25
µg/kg di diflossacina (Generic Fluoroquinolones EIA)
CAMPIONE N°
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
MEDIA
SD
GENERIC
FLUOROQUINOLONES
Fortificati a 25 µg/kg
(B/B0, %)
53.90
50.56
44.96
47.58
53.33
51.20
52.57
46.99
49.74
68.78
68.46
67.99
64.03
68.01
63.72
68.23
64.25
64.31
59.01
65.42
58.7
8.5
73
Tabella 10- Metodo B: risultati delle prove aggiuntive di fortificazione a 10
µg/kg di saraflossacina (Generic Fluoroquinolones EIA)
CAMPIONE N°
GENERIC
FLUOROQUINOLONES
Fortificati a 10 µg/kg
(B/B0, %)
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
MEDIA
SD
60.2
52.4
62.9
62.1
62.1
60.5
63.7
61.3
59.9
66.6
64.7
61.5
3.6
2.3.2. Robustezza
In Tabella 11 sono riportati i valori dei segnali registrati (B/B0, %) per ciascuno
degli otto esperimenti letti, per ognuno dei due kit Eurodiagnostica.
Tabella 11- Test di robustezza: risultati degli otto esperimenti
Kit ELISA
GENERIC
FLUOROQUINOLONES
(B/B0, %)
FLUMEQUINE
(B/B0, %)
Risultato ottenuto
Esperimento N°
4
5
6
1
2
3
7
8
42.0
43.6
40.7
42.3
43.9
44.7
46.0
42.7
26.3
28.1
27.9
26.8
27.9
30.8
28.9
29.6
S
T
U
V
W
X
Y
Z
74
2.4.
Elaborazione dei dati
2.4.1. Specificità e percentuale di errore beta
Sebbene non incluso tra i parametri obbligatori richiesti dalla CD 2002/657/CE
per i metodi di screening qualitativi, per tecniche non cromatografiche, come
l’ELISA, appare comunque necessario stabilire un limite di decisione (o il
segnale ad esso corrispondente, Sccα). Infatti, senza stabilire la concentrazione
pari a Sccα, non è possibile procedere al calcolo della percentuale di falsi
negativi (errore beta) sui dati relativi ai campioni fortificati.
In questo lavoro di tesi, ritenendo un passaggio inutile passare dal campo dei
segnali (B/B0) a quello delle concentrazioni, visto lo scopo prettamente
qualitativo del metodo di screening, si è calcolato il segnale corrispondente al
limite di decisione utilizzando la seguente formula:
S CCα = S 0 − 2.33 ⋅ s s0
(1)
dove So è la media dei segnali (B/B0 %) dei bianchi-campione, 2.33 è una
costante moltiplicativa (k) e sS0 è la deviazione standard (o scarto tipo) dei
segnali degli stessi bianchi-campione. Quindi, Sccα è il parametro chiave per la
valutazione del tasso di falsi negativi (errore beta): verificando i segnali letti per i
campioni fortificati al livello di interesse, i risultati falsi negativi saranno quelli
con un rapporto B/B0 % maggiore di Sccα. Infatti, per saggi ELISA di tipo
competitivo la concentrazione e il segnale sono inversamente proporzionali.
La scelta della costante moltiplicativa k ha un preciso significato, non sempre
correttamente interpretato, visto che in letteratura si trovano applicate costanti
diverse (2, 2.33 e 3). Essa è infatti collegata alla distribuzione t di Student, ad
una coda e il suo valore determina la percentuale di errore alfa (falsi positivi)
che si intende accettare, tenendo conto dei gradi di libertà del sistema [II].
Infatti se, ad esempio, si sono effettuate 20 prove (19 gradi di libertà), l’utilizzo
di un k=2 comporta un errore alfa pari a circa il 3.0%, uguale al 1.5 % se si è
utilizza k=2.33 e 0.35% con un k=3. Utilizzando, dunque, un valore di k
crescente, diminuisce la percentuale accettata di errore “falso positivo”.
Tornando alla valutazione della percentuale di errore beta, essa viene effettuata
75
analizzando i risultati dei muscoli fortificati secondo lo schema riportato in
Figura 6.
ANALISI
DEI
CAMPIONI FORTIFICATI
ELABORAZIONE
DATI
(B/B0)
B/B0>Sccalfa
B/B0<=Sccalfa
FALSO NEGATIVO
POSITIVO
Figura 6- Schema per la valutazione della percentuale di falsi negativi
Quindi, se, ad esempio, tra i venti segnali dei fortificati, uno risultasse superiore
al segnale corrispondente al limite di decisione, quel campione verrà giudicato
come falso negativo e il tasso di errore beta pari al 5% (1/20). Come già
precisato, in questo studio di validazione non interessa determinare il valore di
concentrazione corrispondente alla capacità di rilevazione (CCβ), ovvero la
concentrazione a cui si raggiunge una percentuale di falsi negativi esattamente
pari al 5%. Quello che è necessario stabilire, infatti, è se alle concentrazioni di
interesse i requisiti sulla percentuale di errore beta siano soddisfatti (≤5%).
Dall’elaborazione dei dati riportati nelle Tabelle 6,7, 9 e 10 si ottiene quanto
riportato nella Tabella 12.
76
Tabella 12- Segnali corrispondenti al limite di decisione e percentuale di
falsi negativi e di falsi positivia nel muscolo (procedure A e B)
GENERIC
FLUOROQUINOLONES
FLUMEQUINE
Procedura A Procedura B Procedura A Procedura B
Sccα (B/B0, %)b
% errore beta
(prove acido
ossolinico/flumechina)
% errore alfa
(prove acido
ossolinico/flumechina)
% errore beta
prove diflossacina
% errore beta
prove saraflossacinac
78
71
53
51
0
0
0
0
5
0
0
5
-
0
-
-
-
0
-
-
a
la percentuale di falsi negativi/positivi è stata valutata utilizzando come valore soglia il Sccα
b
relativo. Per il metodo A, il segnale corrispondente al limite di decisione (Sccα) è quello ottenuto
elaborando i segnali dei 20 bianchi-campione analizzati durante le prove di fortificazione con
OXO/FLU; per il metodo B, invece, avendo a disposizione molti più dati acquisiti durante le
successive prove di validazione, Sccα corrisponde all’elaborazione di oltre 60 bianchi-campione.
c
Per la saraflossacina il numero di prove eseguite per la valutazione della percentuale di falsi
negativi è inferiore a quello minimo previsto (venti).
77
Graficamente è possibile visualizzare immediatamente i falsi positivi (Figure 710).
GENERIC FLUOROQUINOLONES ELISA
120,0
B/B0 (%)
100,0
80,0
60,0
40,0
20,0
0,0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20
prova n°
Bianchi-campione
Fortificati
Segnale al limite di decisione
Figura 7- Bianchi-campione e fortificati a 50 µg/kg con OXO
(procedura di preparazione del campione A)
GENERIC FLUOROQUINOLONES ELISA
120,0
B/B0 (%)
100,0
80,0
60,0
40,0
20,0
0,0
1
2
3
4
5
6
7
8
9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21
prova n°
Bianchi-campione
Fortificati
Segnale al limite di decisione
Figura 8- Bianchi-campione e fortificati a 10 µg/kg con OXO
(procedura di preparazione del campione B)
78
FLUMEQUINE ELISA
120,0
100,0
B/B0 (%)
80,0
60,0
40,0
20,0
0,0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20
prova n°
Bianchi-campione
Fortificati
Segnale al limite di decisione
Figura 9- Bianchi-campioni e fortificati a 200 µg/kg con FLU
(procedura di preparazione del campione A)
FLUMEQUINE ELISA
100,0
B/B0 (%)
80,0
60,0
40,0
20,0
0,0
1
2
3
4
5
6
7
8
9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21
prova n°
Bianchi-campione
Fortificati
Segnale al limite di decisione
Figura 10- Bianchi-campioni e fortificati a 10 µg/kg con FLU
(procedura di preparazione del campione B)
79
Come si evince dalla Tabella 12, sia l’utilizzo della procedura A che B permette
di avere una % di falsi negativi adeguata ai sensi della Decisione 2002/657/CE
e, anche il tasso di falsi positivi è ritenuto accettabile per un metodo di
screening (specificità).
Quindi, tenendo conto di tempi e costi, sarebbe la
procedura A quella individuata per la realizzazione del metodo di screening.
Tuttavia considerando che:
1) nello studio di validazione condotto in parallelo sulle procedure A e B,
tenendo conto dei livelli di fortificazione, la procedura B dimostra
sicuramente di avere migliori (inferiori) CCβ;
2) il metodo deve poter essere esteso anche agli altri alimenti previsti dai piani
di campionamento ufficiali (uova e latte) e soprattutto per le uova, i livelli di
interesse dovrebbero essere i più bassi possibili per le molecole di
chinolonici più importanti (inferiori a 20-30 µg/kg), in linea con i limiti del
metodo di conferma cromatografico. Dati non riportati in questo lavoro di
tesi, indicano che, fortificando a 10 µg/kg con acido ossolinico (Generic
Fluoroquinolones) e a 10 µg/kg con flumechina (Flumequine) campioni di
uova e purificando con la procedura A, la percentuale di errori falsi negativi
è superiore a quanto prescritto dalla normativa comunitaria (massimo 5%).
Questo perché, considerando gli alimenti di origine animale, la matrice uova
è tra le più problematiche in quanto, l’alto tasso di proteine e grassi richiede
generalmente processi di purificazione più lunghi;
3) il punto debole del kit Eurodiagnostica Generic Fluoroquinolones era
rappresentato, sulla carta, dalla possibilità di rilevazione della saraflossacina
e diflossacina, due molecole la cui determinazione non può essere ignorata.
Gli esperimenti preliminari, svolti nella seconda parte dello studio di
validazione e pianificati per indagare la capacità di rilevazione complessiva
per i vari chinoloni, fortificando a 10 ppb in doppio un tessuto muscolare
(Tabella 8), dimostravano che anche i campioni “drogati” con queste due
molecole con bassa cross-reattività, erano classificati come “sospetti”
(segnale inferiore a Sccα stabilito per il kit Generic Fluoroquinolones).
Successivamente, le prove aggiuntive eseguite su un numero maggiore di
campioni fortificati a 10 e 25 ppb, rispettivamente, con saraflossacina e
diflossacina (Tabelle 9 e 10), confermavano su base statistica questa
osservazione. Si conclude, quindi, che il metodo ELISA applicato ad un
campione di tessuto muscolare trattato con estrazione, sgrassaggio LLE e
80
purificazione SPE, sorprendentemente, riesce a rilevare anche questi due
chinoloni alle concentrazioni di interesse. Non si prevede di poter ottenere lo
stesso risultato con il metodo A.
Sulla base di quanto detto sopra, rispetto alle molecole e ai livelli di interesse, è
quindi la procedura B a fornire maggiori garanzie rispetto all’obiettivo prefissato
per tutte le matrici da analizzare. Infatti, tenendo conto che si desidera utilizzare
il test ELISA per rilevare un numero considerevole di chinoloni a livelli di tracce
in matrici complesse, un trattamento del campione più sofisticato risulta
necessario.
Riassumendo, in Tabella 13 sono riportate le capacità di rilevazione stimate, in
base agli esperimenti condotti:
Tabella 13- Capacità di rilevazione delle molecole di chinoloni nel tessuto
muscolare (metodo B)
CCβ
β
(µg/kg)
<10
a
≈ 25
≈ 10
Chinolonea
ciproflossacina, norflossacina,
enroflossacina, danoflossacina, acido
ossolinico, enossacina, flumechina,
marboflossacina
diflossacina
saraflossacina
Le molecole in grassetto sono quelle con un LMR fissato nel muscolo di almeno una
specie animale.
Come si può osservare, per diflossacina e saraflossacina le concentrazioni di
fortificazione indagate, pur dando luogo ad una percentuale di falsi negativi in
linea con quanto richiesto dalla normativa, risultano al limite della capacità di
rilevazione del metodo. Infatti, osservando i dati acquisiti nelle prove aggiuntive
della seconda parte dello studio di validazione (Tabelle 9 e 10), i segnali dei
fortificati per questi due farmaci sono molto vicini a quelli del segnale al limite di
decisione pari al 71%, ma restano comunque inferiori. Inoltre, vale la pena
notare che, in Tabella 9, le prove da 1 a 9 presentano mediamente segnali
inferiori rispetto a quelle da 10 a 20. Ciò corrisponde a esperimenti effettuati in
due giornate differenti con due diversi lotti del kit Generic Fluoroquinolones,
dimostrando che a questi livelli estremi, variabilità nella produzione del kit
utilizzato risultano critiche.
81
Infine, le prove di specificità (solo metodo B), effettuate fortificando una serie di
tessuti muscolari con molecole di farmaci veterinari diversi dai chinolonici
(sulfadimetossina, ossitetraciclina, nicarbazina, cloramfenicolo, dimetridazolo e
robenidina), hanno dimostrato che queste sostanze non interferiscono
significativamente con i risultati del metodo. Infatti, i campioni fortificati con tali
farmaci, fornivano segnali sempre superiori a quello corrispondente al limite di
decisione, sia per il kit Generic fluoroquinolones (71%) che per il kit Flumequine
(51%).
2.4.2. Robustezza
L'idea che sottende all’utilizzo dello schema di Youden per lo studio della
robustezza di un metodo analitico, è quella di non effettuare un cambiamento
alla volta, ma di introdurre più variazioni contemporaneamente. L’utilizzo di
questo schema fattoriale frazionato non è obbligatorio, ma permette di
ottimizzare il numero degli esperimenti, riducendolo al minimo.
Se le lettere A, B, C, D, E, F, G indicano uno dei due livelli individuati per i sette
fattori (variabili) che potrebbero potenzialmente influenzare i risultati di una
prova analitica e i valori alternativi indicati dalle lettere minuscole corrispondenti
(a, b, c, d, e, f, g), allora sono possibili 27 (=128) diverse combinazioni. Tuttavia
è possibile scegliere un sottoinsieme di otto combinazioni, eseguendo di
conseguenza solo otto esperimenti progettati, variando tra i due livelli
(maiscolo/minuscolo) le sette variabili. Lo schema può essere attuato a
condizione però che le interazioni tra i fattori siano trascurabili.
L’effetto di una certa variabile è calcolato sottraendo dalla media dei risultati
con la variabile al “livello alto” la media dei risultati con la variabile al “livello
basso”. Per ogni variabile, la differenza calcolata è indicata con Di. Ad esempio,
volendo calcolare l’effetto della variabile 1 (A/a: nel nostro caso la percentuale
di metanolo nella miscela di estrazione), esso sarà dato dalla differenza in
valore assoluto fra la media dei 4 risultati delle prove in cui questa variabile è al
livello “A” (S, T, U, V) e la media dei 4 risultati con la variabile al livello “a” (W,
X, Y, Z). Quindi:
DA = A − a =
(S + T + U + V) (W + X + Y + Z)
−
4
4
82
Analogamente si procede per calcolare gli altri sei effetti da DB a DG :
DB = B − b =
(S + T + W + X) (U + V + Y + Z)
−
4
4
DC = C − c =
(S + U + W + Y) (T + V + X + Z)
−
4
4
DD = D − d =
(S + T + Y + Z) (U + V + W + X)
−
4
4
DE = E − e =
(S + U + X + Z) (T + V + W + Y)
−
4
4
DF = F − f =
(S + V + W + Z) (T + U + X + Y)
−
4
4
DG = G − g =
(S + V + X + Y) (T + U + W + Z)
−
4
4
Dalla valutazione delle differenze così ottenute, è subito possibile individuare i
fattori che potrebbero essere più critici. Si calcola, quindi, lo scarto tipo delle
differenze Di (SDi) mediante la formula:
 D2 
S Di = 2 ⋅ ∑  i 
 7 
Se SDi risulta essere significativamente maggiore della deviazione standard sR
(ottenuta in condizioni di riproducibilità intralaboratorio per il metodo effettuato
in condizioni nominali, ovvero senza deliberate variazioni), si deduce che,
l’insieme dei fattori scelti ha un effetto sul risultato analitico, quindi almeno uno
dei fattori è critico.
Affinché il test di robustezza sia efficace nel dimostrare effettivamente la
capacità del metodo di “resistere” a piccole variazioni, è importante che le
variabili e i loro intervalli di variazione siano scelti adeguatamente. A volte,
infatti, per i fattori quantitativi si esagera il range “alto”/”basso”. In questo studio,
i due livelli di variabili sono stati individuati seguendo quanto consigliato da
Vander Heyden e coll. Il range di variazione di un certo fattore è stato calcolato,
quindi, a partire dall’incertezza associata al fattore stesso, moltiplicandola poi
83
per una costante pari a 5. In questo modo si è individuata una variazione
significativa e al contempo compatibile con quella osservabile in routine.
Le differenze (valori assoluti) per ciascuno dei sei fattori individuati, sono
riportate in Tabella 14.
Tabella 14- Test di robustezza: differenze calcolate per ciascuno dei sei
fattori
Fattore
% MeOH nella miscela
di estrazione
Temperatura del
bagnomaria
Marca della colonnina
SPE
pH del tampone fosfato
(lavaggio SPE)
pH del Sample dilution
buffer
Temperatura della I
incubazione saggio
ELISA
Variabile fittizia
a
Differenza
(Di)
DA (B/B0, %)
Saggio ELISA
Generic
Fluoroquinolones
Flumequine
2.2
2.0
DB (B/B0, %)
0.63
0.02
DC (B/B0, %)
0.16
1.1
DD (B/B0, %)
0.69
0.13
DE (B/B0, %)
1.4
0.73
DF (B/B0, %)
1.0
1.3
DG (B/B0, %)
SDi (B/B0, %)
sRa (B/B0, %)
1.0
1.7
2.3
0.18
1.5
1.1
Scarto tipo ottenuto in condizioni di riprodubibilità intralaboratorio analizzando lo stesso
muscolo di pollo per 8 volte in condizioni nominali.
Confrontando lo scarto tipo delle differenze (SDi) e la deviazione standard
ottenuta in condizioni nominali (sR), si conclude che il metodo è robusto. Infatti,
sebbene per il kit flumechina risulti: SDi > sR, effettuando un F-test la differenza
non è significativa, quindi, le variazioni non provocano effetti sui risultati di
entrambe i test ELISA.
3. Utilizzo in routine e procedure di controllo di qualità
Terminate la prima fase (ottimizzazione) e la seconda (validazione), il metodo
può essere finalmente inserito tra quelli utilizzati nelle analisi di routine.
Lo scopo del controllo di qualità (CQ) è, in linea generale, quello di
documentare la variabilità nel tempo delle osservazioni di determinate
grandezze [XII]. Attuato su scala sistematica all’“interno” del laboratorio (ICQ), il
84
CQ comprende i sistemi ed i metodi adottati al fine di individuare
tempestivamente un qualunque evento che pregiudichi l’accuratezza (esattezza
e precisione) del metodo analitico, correntemente utilizzato, rispetto a ciascun
analita d’interesse. Il controllo di qualità “esterno” (ECQ), d’altra parte, si
concretizza principalmente mediante la partecipazione del laboratorio a Studi
Collaborativi (ring test), in cui si confrontano le prestazioni di laboratori diversi.
L’adozione di procedure di CQ nel laboratorio consente, pertanto, di monitorare
i risultati prodotti nell’attività analitica di routine del laboratorio, garantendo che
essi siano sotto controllo statistico e quindi affidabili nel tempo.
3.1. Il controllo di qualità interno (ICQ)
Il ICQ è un aspetto fondamentale per i laboratori accreditati, regolato da
procedure specifiche. Esso è a sua volta connesso alla fase di validazione in
quanto, permette di valutare in modo esaustivo la robustezza del metodo nel
tempo, registrando le prestazioni della procedura per i vari operatori, strumenti
e per una gamma molto più rappresentativa di matrici reali. Questi aspetti,
infatti, non possono essere inclusi nell’esperimento di robustezza (schema di
Youden) in quanto valutabili solo durante un lungo periodo di tempo.
Gli elementi fondanti del ICQ sono rappresentati dai campioni per il CQ e dalle
carte di controllo.
I campioni di controllo includono:
1) bianchi reagenti
sono campioni costituiti dall’insieme dei reagenti sottoposti all'intero processo
analitico (a partire dall'estrazione) nelle stesse condizioni e con gli stessi
materiali impiegati per l'analisi dei campioni reali, in assenza della matrice
oggetto di esame;
2) bianchi campione
sono campioni ottenuti dall’applicazione del processo analitico su una matrice in
cui l’analita è assente;
3) campioni di controllo a concentrazione nota di analita
sono campioni ottenuti dall’applicazione del processo analitico su una matrice in
cui è contenuto l’analita in concentrazione nota. Questi ultimi possono
comprendere, in particolare:
85
•
materiale di riferimento non certificato, rappresentato da una matrice a
composizione molto simile alla matrice d’interesse, in cui l’analita è presente
in concentrazione nota, mediante determinazione con un metodo validato,
ma senza la relativa stima dell’incertezza ad un livello di confidenza indicato;
•
matrice addizionata (campione addizionato o arricchito o fortificato), sono
campioni ottenuti dall’applicazione del processo analitico ad una matrice
identica a quella oggetto di analisi, ma priva dell’analita di interesse (bianco
campione), alla quale viene addizionato in laboratorio l’analita di interesse in
concentrazione nota, generalmente prossima al valore del parametro
imposto per legge. Il ricorso alla matrice addizionata si giustifica nel caso di
difficoltà di reperimento o di esiguità dei quantitativi del materiale di
riferimento non certificato;
•
campioni di laboratorio a concentrazione nota di analita, sono campioni
conservati da precedenti analisi effettuate in laboratorio contenenti l’analita
in concentrazione nota;
•
materiali di riferimento certificati, sono campioni contenenti l’analita in
concentrazione nota e certificata da organismi internazionali (NIST, BCR
etc).
Le carte di controllo (CC) sono grafici bidimensionali in cui, sull’asse delle
ordinate sono riportati i risultati delle misure consecutive generate da una certa
procedura analitica applicata ad un campione di controllo a concentrazione nota
di analita, mentre sull’asse delle ascisse vengono riportati i tempi in cui le
misure sono state effettuate, oppure il numero ordinale del campione di
controllo esaminato. Generalmente, i dati ottenuti durante la validazione
servono anche per definire gli intervalli di accettabilità rispetto ai parametri
monitorati dalla CC. Questo è un aspetto particolarmente delicato, poiché
intervalli mal stabiliti portano a CC scarsamente efficaci.
In Figura 11 sono rappresentate schematicamente le relazioni tra la direzione
del laboratorio, gli elementi per l’ICQ e la robustezza del metodo [XIII].
86
FORMAZIONE
DEL
PERSONALE
QUALITA'
DEI
CAMPIONI
DI CONTROLLO
TARATURA
DEGLI
STRUMENTI
BILANCIO
QUALITA'/COSTI
DIREZIONE
DEL
LABORATORIO
ROBUSTEZZA
PROGRAMMA
ICQ
TARATURE
NUMERO
DI
CAMPIONI
CONTROLLO
NEGATIVO
CONTROLLO
POSITIVO
CARTE
DI
CONTROLLO
N°
DI LIVELLI
DI
CONCENTRAZIONE
Figura 11- Relazioni tra la direzione del laboratorio, gli elementi per l’ICQ e
la robustezza
Se per i metodi quantitativi esiste una vasta letteratura per la costruzione di CC,
per quelli qualitativi si hanno a disposizione pochi esempi. Infatti, nel nostro
caso, il parametro di interesse non è certo l’accuratezza (precisione ed
esattezza), ma piuttosto, nel complesso, la capacità di rilevazione del metodo di
prova che deve rimanere costante e in linea con quanto osservato nelle fasi di
ottimizzazione/validazione. Questo comporta, ad esempio, che il campione di
controllo positivo contenga l’analita o gli analiti alle concentrazioni più basse
possibili, mentre quando si deve monitorare l’accuratezza di un metodo di
conferma quantitativo, in genere, si lavora a livelli superiori.
Dovendo,
quindi,
costruire
una
CC
per
uno
screening
qualitativo
immunoenzimatico, i parametri da monitorare sono sicuramente la percentuale
di errore beta e la specificità (errore alfa). Inoltre, entrambe le “parti” del
metodo, ovvero la procedura di preparazione del campione e il sistema di
rilevazione (“strumento”), devono essere tenute sotto osservazione (Tabella
15).
87
Tabella 15- Parametri per la costruzione della CC per uno screening
immunoenzimatico
Fase
Trattamento del
campione
Strumentale
Parametro
Campione di controllo
Errore alfa
Bianco campione
(controllo negativo)
Matrice addizionata
(controllo positivo)
Errore beta
Segnale massimo (B0)
Segnale del bianco
Segnale di uno standard
Forniti con il kit
Si è quindi preparato un campione pilota di muscolo di pollo esente dagli analiti,
precedentemente testato con metodo di conferma. Durante ciascuna seduta
analitica l’operatore provvede ad analizzare, oltre ai campioni di routine, il
campione pilota tal quale (controllo negativo) e lo stesso, fortificato
simultaneamente con OXO e FLU a 10 µg/kg (controllo positivo). Le
concentrazioni di fortificazione corrispondono a quelle della validazione e
garantiscono che, per molti chinolonici, il metodo funzioni correttamente a livelli
ben inferiori a quelli di interesse.
Per la parte strumentale (esecuzione del test ELISA), i parametri sotto
monitoraggio nella CC sono il segnale massimo (B0), il segnale del bianco (B) e
uno standard intermedio in tampone scelto a metà curva (1.25 ng/mL per il kit
Generic Fluoroquinolones e 1 ng/mL per il kit Flumequine). I limiti di
accettabilità per queste tre grandezze sono stati costruiti, basandosi sulle
specifiche del produttore e sull’elaborazione dei dati acquisiti, durante le sedute
analitiche effettuate nella fase di ottimizzazione e validazione. Per il segnale
dello standard di riferimento (B/B0, %) viene fornito un range di accettabilità
basato sulla media ± 3 deviazioni standard, mentre sia per l’assorbanza del
segnale massimo che per quella del bianco, si fornisce semplicemente un
valore soglia (inferiore per il segnale massimo e superiore per il bianco). Inoltre,
il lettore di micropiastre, è sottoposto alle procedure di taratura previste dal
Sistema Qualità per tutti gli strumenti di misura e prova.
Un esempio di modulo per la costruzione delle CC con i limiti di accettabilità per
i due kit è riportato in Figura 12. L’utilizzo del foglio elettronico permette, oltre
alla costruzione dei grafici, la possibilità di inserire formattazioni condizionali in
grado di segnalare in automatico la presenza di campioni fuori controllo.
88
ISTITUTO
ZOOPROFILATTICO
SPERIMENTALE
DELL'UMBRIA E
DELLE MARCHE
MODULO QUALITA'
CONTROLLO DI QUALITA' DEI METODI DI PROVA
MOD.Q.043
Rev. 0 / Pag. 1 di 2
SCHEDA DELLA CARTA DI CONTROLLO / CONTROLLO SEDUTA ANALITICA
CARTA DI CONTROLLO METODI QUALITATIVI
Metodo di prova:
PRT.PGRES.XXX
Sigla:
campione pilota
Matrice:
muscolo di pollo
Analita aggiunto
Acido ossolinico
Livello di aggiunta
(ppb)
10
Soluzione utilizzata
0.1 µg/mL
Volume aggiunta
100 µL
Conc std controllo
1.25
ELISA (ng/mL)
Analita aggiunto
Flumechina
Livello di aggiunta
(ppb)
10
Soluzione utilizzata
0.1 µg/mL
Volume aggiunta
100 µL
Conc std controllo
1
ELISA (ng/mL)
GENERIC FLUOROQUINOLONES ELISA
Parametri
Segnale Standard
LD
massimo controllo
(B/B0, %)
(B0)
(B/B0)
Bianco
(B)
FLUMEQUINE ELISA
LD
Segnale
Bianco
Standard
(B/B0, %) massimo
controllo (B/B0)
(B)
(B0)
+ 3 DS
71
1000
48.5
44
51
1000
58.9
43
+ 2 DS
71
1000
46.4
44
51
1000
55.3
43
+ 1 DS
71
1000
44.2
44
51
1000
51.6
43
riferimento
71
1000
42.0
44
51
1000
48.0
43
- 1 DS
71
1000
39.8
44
51
1000
44.4
43
- 2 DS
71
1000
37.6
44
51
1000
40.7
43
- 3 DS
71
1000
35.5
44
51
1000
37.1
43
DS
0
0
2.2
0
0
0
3.6
0
Media/Valore di
Figura 12- Modulo per la costruzione della carta di controllo
(Microsoft Excel)
89
Nelle Figure 13 e 14 sono riportate le CC per il campione negativo e positivo (kit
Generic fluoroquinolones) che mostrano l’andamento delle prime sei sedute
analitiche effettuate con campioni di routine. La linea centrale parallela all’asse
delle ascisse corrisponde al segnale del limite di decisione (SCCα = 71%) e
delimita la zona superiore dei segnali in cui deve cadere il controllo negativo e
quella inferiore che compete al positivo. Nel caso in cui si verificassero delle
inversioni, la seduta analitica viene vanificata e, se necessario, ripetuta.
Andamento dei segnali del campione di controllo negativo
(Generic Fluoroquinolones )
120
110
100
93,24
90
86,1
80
84,99
84,37
84,58
82,18
B/B0
70
60
50
40
30
20
10
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
Sedute analitica N°
Figura 13- Carta di controllo per il campione di controllo negativo
90
Andamento dei segnali del campione di controllo positivo
(Generic Fluoroquinolones )
100,00
90,00
80,00
70,00
66,58
B/B0
60,00
52,53
50,00
47,27
48,53
40,04
40,00
36,13
30,00
20,00
10,00
0,00
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
Seduta analitica N°
Figura 14- Carta di controllo per il campione di controllo positivo (10 ppb
OXO)
3.2. Il controllo di qualità esterno (ECQ)
Il ECQ si attua mediante la partecipazione a circuiti interlaboratorio, che
rappresentano uno strumento indispensabile per la valutazione esterna
nell’affidabilità dei risultati analitici e per il miglioramento delle prestazioni di un
laboratorio. La partecipazione ai circuiti interlaboratorio è una modalità indicata
della norma ISO 17025/2005. Tali circuiti si possono utilizzare per molteplici
scopi: per la validazione dei metodi di prova, per l’assicurazione della qualità
dei dati e per la valutazione della competenza del personale. La partecipazione
a programmi collaborativi agevola, inoltre, l’individuazione di eventuali problemi
di tipo analitico, difficilmente evidenziabili con le prove intralaboratorio,
stimolando il miglioramento continuo delle prestazioni.
Nei campioni inviati ai laboratori partecipanti, la presenza dell’analita/i è
generalmente incurred, ovvero naturale. Ciò è importante in quanto, la
validazione effettuata, come nel nostro caso, prevalentemente mediante matrici
artificialmente fortificate in laboratorio, non garantisce le prestazioni del metodo
91
per campioni in cui le sostanze da ricercare siano invece naturalmente presenti
e che, quindi, hanno subito i processi metabolici dell’animale a cui sono state
somministrate. D’altra parte l’ECQ, non potendo essere attuato in maniera
sistematica per disponibiltà e costi, non può assolutamente sostitutire le
procedure di ICQ che garantiscono, piuttosto, l’affidabilità dei risultati giorno per
giorno.
Nella Tabella 16 sono riportati gli esiti della partecipazione a due circuiti
interlaboratorio organizzati dal FAPAS durante il 2008, sia con il metodo di
screening oggetto di questo lavoro di tesi, che con quello di conferma in uso da
tempo presso il laboratorio. Il FAPAS® è parte del Central Science Laboratory,
agenzia esecutiva del Dipartimento Governativo Inglese per gli alimenti e gli
Affari Rurali (Defra) ed è uno dei più importanti riferimenti mondiali nel settore
dei circuiti interlaboratorio.
Inoltre, allo scopo si verificare gli esiti dello screening in muscoli naturalmente
contaminati con altre molecole di chinoloni, sono stati testati anche due diversi
materiali di riferimento acquistati sempre dal FAPAS® (T0282 e T0289). I
risultati sono descritti ancora in Tabella 16.
Tabella 16- Risultati ottenuti nei ring test organizzati dal FAPAS in tessuto
muscolare con metodo di screening e di conferma (anno 2008)
Codice
circuito/ma
teriale
FAPAS
02106
Specie
pollo
Risultati test
di
screening
GENERIC
FLUMEQUINE
FLUOROQUINOLONES
(B/B0, %)
(B/B0, %)
4.4*
61
Risultati test di
conferma
(HPLC-FLUO)
Valori assegnati
QN
µg/kg
µg/kg
OXO
220
222
MAR
241
211
OXO
295
286
01417
pesce
5.4*
13*
FLU
96
91
T0282
pesce
9.4*
64
OXO
-
109
ENRO
-
73
SARA
-
123
T0289
pollo
14*
64
*Risultati con un segnale inferiore a quello di Sccα (rispettivamente 71% e 51% per il kit Generic
Fluoroquinolones e Flumequine) e quindi giudicati come appartenenti a campioni sospetti (da
inviare alla conferma).
92
Come si può osservare, i segnali individuati come limite di decisione (SCCα)
nella fase di validazione del metodo ELISA classificano nel modo atteso tutti e
quattro i campioni FAPAS come “sospetti non conformi” (*) per il kit Generic
Fluoroquinolones. Invece, per il kit Flumequine, solo il campione di muscolo di
pesce 01417 viene letto come “sospetto” (*). Questo risultato è corretto,
essendo, in effetti, presente solo in questo materiale la flumechina, a cui
risponde l’anticorpo del kit in questione. Si ha, quindi, conferma sia della validità
della procedura messa a punto, che dei parametri stimati durante la validazione
(limiti di decisione) anche in campioni naturalmente contaminati.
Infine, nelle Figure 15 e 16 sono riportati i tracciati cromatografici HPLC,
rispettivamente, della soluzione degli undici standard di chinoloni analizzati
con il metodo di conferma (IS: standard interno=lomeflossacina) e del
campione FAPAS 01417.
Figura 15- Cromatogramma HPLC-FLUO degli 11 chinoloni analizzati a 1
µg/mL (0.25 µg/mL danoflossacina)
93
Figura 16- Cromatogramma HPLC-FLUO del campione di
muscolo di pesce 01417 analizzato per il circuito FAPAS
4. Conclusioni
Considerando tutte le prove effettuate, si osserva che il “punto debole” del
metodo ELISA utilizzato in modo multiresiduale, è rappresentato dalla
variabilità dell’anticorpo del kit Generic Fluoroquinolones. Infatti, piccole
differenze inter-lotto nella produzione dei kit da parte di Eurodiagnostica,
trascurabili a livelli di concentrazione più elevati, diventano crtiche quando il
metodo è spinto all’estremo. Ciò è dimostrato dalle prove aggiuntive, in
particolare fortificando a 25 ppb con diflossacina.
Per monitorare questo aspetto, durante le procedure di ICQ, per il futuro è
opportuno inserire, invece di un solo campione di controllo positivo, come fatto
finora, due campioni addizionati: uno con fortificazione a 10 ppb con OXO e
l’altro con 25 ppb di DIF. Infatti, se per uno screening qualitativo, i parametri
precisione e esattezza non rivestono un grande interesse, l’attenzione deve
essere soprattutto rivolta al fatto che la capacità di rilevazione si mantenga
costante o, almeno, entro i limiti stabiliti durante la validazione del metodo.
Questo soprattutto, quando il metodo immunoenzimatico è utilizzato in modo
assolutamente multiresiduale, come in questo caso. La possibilità di rilevare sia
94
la saraflossacina, che la diflossacina a concentrazioni così basse, induce a
pensare che il pattern delle cross-reattività dell’anticorpo del kit Generic
Fluoroquinolones sia, in realtà, più favorevole di quanto dichiarato dallo stesso
produttore. Ciò è stato osservato, fra l’altro, anche da altri autori che hanno
testato lo stesso kit nel miele [XIV].
Sebbene il metodo presentato sia piuttosto complesso per essere uno
screening, risulta sicuramente adatto allo scopo ed è stato successivamente
sviluppato con successo anche nelle altre matrici di interesse (latte, uova e
mangimi). Infine, l’utilità per il laboratorio dell’utilizzo di un metodo ELISA per la
determinazione di chinolonici, è rappresentata dal fatto di aver pressoché
raddoppiato la produttività settimanale del laboratorio, passando da circa 20
campioni/operatore analizzabili in HPLC ai 40 del metodo in ELISA .
95
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Nazionale Residui. Programma svolto ai sensi del Decreto Legislativo del
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[X].
Thurmans E. M., Mills M. S. Solid-Phase Extraction. Principles and
Practice.1a ed., John Wiley and Sons, INC, Winefordner J. D., New York
(USA), 1998.
[XI].
Falasca S., Fioroni L.,
Gili
M., Stella C., Buratti R., Galarini R.
Validazione di un test di screening per la determinazione di trenbolone in
urina: confronto tra metodi di purificazione. VIII Congresso Nazionale
S.I.Di.L.V, Perugina (Italy), 9-10 novembre 2006.
[XII]. Funk W., Dammann V., Donnevert G. Quality Assurance in Analytical
Chemistry. 2a ed., WILEY-VCH, Funk W., Dammann V., Donnevert G.,
Weinheim (Germany), 2007.
[XIII]. Egea González F. J., Hernandez Torres M. E., Garrido Frenich A.,
Martinez Vidal J. L., Garcia Campana A. M. Internal quality-control and
laboratory-management tools for enhancing the stability of results in
pesticide
multi-residue
analytical
methods.
Trends
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Analytical
Chemistry, 23, 361-450, 2004.
[XIV]. Savoy Perroud M. C., Graveleau L., Diserens J. M. Validation of an
ELISA test kit for the determination of fluoroquinolone residues in honey.
Euro Residue VI. Conference on Residues of Veterinary Drugs in Food.
Egmond aan Zee, (The Netherlands), 19-21 May, 2008.
97
RINGRAZIAMENTI
Per cominciare, un grazie speciale va ai miei genitori, che mi hanno dato la
possibilità di vivere questa esperienza, che hanno sempre creduto in me e nelle
mie capacità. È grazie a loro, ai loro discorsi e ai loro sorrisi che non mi sono
mai persa d’animo e che sono arrivata fin qui, senza neanche accorgermene.
Grazie, ai genitori dei miei genitori, che con abbracci, parole, e “un po’ de
santo” mi hanno dato la forza di andare avanti, superando i momenti più brutti.
Ringrazio le mie amiche e colleghe di corso, Marti e Manu, con le quali ho
condiviso tanti bei momenti e tante soddisfazioni; aiutandoci a vicenda,
rendendo piacevole anche la preparazione dell’esame più assurdo.
Grazie ai miei amici “paesani”, che con qualche pazza serata mi hanno tirato su
il morale, nei casi di “paranoie da esame”.
Ringrazio la Prof.ssa Luana Perioli, presente e disponibile in qualsiasi
momento, fonte di idee e conforto.
Ringrazio il Dott. Giampiero Scortichini e la Dott.ssa Loredana Annunziata dell’
Istituto Zoorofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, che mi hanno
gentilmente fornito dati importanti per lo svolgimento di parte del lavoro di tesi.
Ringrazio l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche, nella
veste del suo Commissario Straordinario, il Dott. Guido Petracca, che mi ha
dato la possibilità di svolgere gli esperimenti nei laboratori di tale Istituto.
Grazie, agli “zii della chimica”:
in primis Roberta Buratti, mio tutor, confidente ed amica, se non compagna di
merende;
Gloria Tovo, la “mami” della situazione;
Simone Moretti e “il computer sa cosa dire”;
Domenico Boccia dj e la sua musica;
Elisa Cristofani e Sabrina Alunni e le cene orientali;
Alviero Bossi e le chiacchiere
……e il resto della truppa ovviamente.
Tutti mi hanno fatto sentire a mio agio dal primo momento, mi hanno accolta
con piacere e calore, aiutata e consigliata.
Un grazie colorato va anche alla Dott.ssa Laura Fioroni, che mi ha rassicurata
ed aiutata in molte occasioni.
98
Un ringraziamento sincero va alla Dott.ssa Roberta Galarini, che mi ha
sopportata per ben 12 mesi, senza stancarsi mai, sempre presente nel mio
lavoro dal primo giorno che ho messo piede in laboratorio e, forse anche da
prima! Con calma e pazienza è stata un’ottima insegnante, di vita e di crescita
professionale, sempre disponibile e fonte di consigli preziosi.
Infine, un grazie particolare va alla bella persona che ho conosciuto non molto
tempo fa, che con il suo calore ed il suo essere speciale mi ha sostenuta e
rassicurata in ogni momento.
99
INDICE
I-
PARTE GENERALE
1
1. I Chinoloni
2
1.1.
Introduzione
2
1.1.1. Chinoloni di prima generazione
4
1.1.2. Chinoloni di seconda generazione
5
1.1.3. Chinoloni di terza generazione
7
1.2.
Proprietà acido-base
8
1.3.
Relazione struttura-attività
9
1.4.
Meccanismo d’azione
10
1.5.
Spettro antimicrobico
11
1.6.
Usi terapeutici in medicina veterinaria
11
1.7.
Resistenza e tossicità
13
2. Il controllo dei residui negli alimenti
di origine animale
14
2.1.
Il Piano nazionale Residui (PNR)
14
2.2.
I controlli analitici
19
3. I metodi analitici di screening
24
3.1.
Introduzione
24
3.2.
I test immunoenzimatici ELISA
29
4. Bibliografia
32
100
II-
PARTE SPERIMENTALE
34
1.
Introduzione
35
2.
Metodo A: preparazione del campione secondo
le indicazioni riportate dal produttore dei kit
ELISA con piccole modifiche
37
2.1.
Reagenti
37
2.2.
Materiali di riferimento (standard analitici)
37
2.2.1.
Soluzioni Madre dei Materiali di Riferimento
37
2.2.2.
Soluzione Intermedia dei Materiali di Riferimento
38
2.2.3.
Soluzione di Lavoro dei Materiali di Riferimento
38
2.3.
Materiali
38
2.4.
Apparecchiatura
38
2.5.
Estrazione
39
3.
Metodo B: preparazione del campione con
estrazione e purificazione SPE
40
3.1.
Reagenti
40
3.2.
Materiali di riferimento (standard analitici)
40
3.2.1.
Soluzioni Madre dei Materiali di Riferimento
40
3.2.2.
Soluzione Intermedia dei Materiali di Riferimento
41
3.2.3.
Soluzione di Lavoro dei Materiali di Riferimento
41
3.3.
Materiali
41
3.4.
Apparecchiatura
42
3.5.
Estrazione
42
3.6.
Purificazione SPE
43
101
4.
Reazione immunoenzimatica (analisi ELISA)
44
4.1.
Operazioni preliminari
44
4.2.
Esecuzione del saggio
44
5.
Elaborazione dei dati
45
6.
Studio di validazione
46
6.1.
Curve in tampone
47
6.2.
Prima parte dello studio di validazione
47
6.2.1.
Specificità (bianchi-campione)
47
6.2.2.
Verifica della percentuale di errore beta
(acido ossolinico e flumechina)
47
6.3.
Seconda parte dello studio di validazione
6.3.1.
6.3.2.
6.3.3.
49
Specificità (campioni fortificati con farmaci
veterinari diversi dai chinoloni
49
Verifica della percentuale di errore beta
(diflossacina e saraflossacina)
50
Robustezza
51
7.
Bibliografia
53
III-
RISULTATI E DISCUSSIONE
54
1.
Introduzione
55
1.1.
Scelta della tecnica analitica
57
1.2.
Scelta della procedura di preparazione del campione
(estrazione e purificazione)
62
2.
Risultatai delle prove di validazione
66
2.1.
Curve in tampone
66
2.2.
Prima parte dello studio di validazione
69
102
2.2.1.
2.3.
Seconda parte dello studio di validazione
2.3.1.
2.3.2.
2.4.
3.
Specificità e verifica della percentuale di
errore beta (acido ossolinico/flumechina)
69
71
Specificità e verifica della percentuale di
errore beta (diflossacina/saraflossacina)
71
Robustezza
73
Elaborazione dei dati
74
2.4.1.
Specificità e percentuale di errore beta
74
2.4.2.
Robustezza
81
Utilizzo in routine e procedure di
controllo di qualità
83
3.1.
Il controllo di qualità interno (ICQ)
84
3.2.
Il controllo di qualità esterno (ECQ)
90
4.
Conclusioni
93
5.
Bibliografia
95
Ringraziamenti
97
103
104
105