Pochi ma buoni

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Pochi ma buoni
il giornale
italiano
anno 14, n. 135 - novembre 2008
senzione dell’ICI sulla prima
casa , e si è continuato assurdamente, abrogando l’ulteriore
detrazione fino a 200 euro introdotta dalla legge finanziaria
2008 del governo Prodi ( discriminazione tra cittadini italiani all’estero e residenti in Italia).
Gli italiani in Svizzera manifestano a Berna
Pochi ma buoni
« Pochi ma buoni », qualcuno ripeteva queste
parole mentre il bus si apprestava a lasciare Ginevra, con destinazione Berna.
Pochi i presenti tra cui, il presidente e il segretario del Comites, alcuni genitori di alunni dei
corsi di lingua e cultura italiana, il presidente del
Cae, il vice presidente dell’Eisa, due insegnanti,
alcuni pensionati, il rappresentante dei giovani,
il presidente dei siciliani, unica associazione
rappresentata.
Non c’erano da ritirare medaglie o diplomi, ma
semplicemente raggiungere le centinaia di migliaia di italiani di tutta la Svizzera che si erano
dati appuntamento per manifestare contro i tagli
previsti dal governo Berlusconi con la finanziaria 2009, nei confronti degli italiani all’estero.
A Berna si ci si è incontrati con il sottosegretario
Mantica, in rappresentenza del Governo, il
quale ha spiegato che il precedente Governo ha
dato un
contributo
maggiore
agli italiani
all’estero,
dato che i
senatori
eletti all’estero erano
necessari
alla sopravvivenza del
Governo stes- L’incontro con il Sottosegretario
agli Esteri Mantica (al centro)
so, visti i numeri risicatissimi soprattutto al Senato: una sorta di ricatto.
Ed ora che gli eletti all’estero non sono poi così
importanti per la tenuta della maggioranza, ci si
vendica sui cittadini italiani, che dovrebbero
avere gli stessi diritti dei connazionali rimasti in
Patria .
Ma una domanda è d’obbligo: i contributi erano destinati soltanto agli italiani di
una certo colore politico o a
tutta la comunità ?
Penso che il Governo Berlusconi non punisca con
questi tagli la sinistra, ma
tutta la comunità italiana
all’estero compresa quella
che lo ha votato .
« Per quanto ci riguarda
sosterremo con sempre
maggiore impegno le
comunità italiane all’estero e cercheremo di
accrescere il vostro legame con la nostra Patria affinché siate fieri
della vostra italianità »
annunciava Berlusconi
nella sua lettera inviata a
milioni di italiani durante
la campagna elettorale.
Ecco gli atti concreti :
Si è iniziato con l’escludere i cittadini italiani residente all’estero (AIRE),
proprietari di un’abitazione
in Italia, dai benefici dell’e-
Si è proseguito aggiungendo
il nuovo requisito di dieci anni
di residenza in Italia per poter
beneficiare del diritto all’assegno sociale da
parte degli ultra sessantacinquenni indigenti,
l’articolo 20 del decreto-manovra prevede
infatti che, a partire dal 1 gennaio 2009,
l’assegno spetti a tutti gli aventi diritto a
condizione che abbiano soggiornato per
almeno dieci anni nel territorio nazionale
(ancora discriminazione tra cittadini italiani
all’estero e residenti in Italia).
La cosa peggiore è che questo governo
riduce in maniera drastica i contributi agli
enti gestori dei corsi di lingua italiana nel
mondo passando da 34 milioni di euro a 14
milioni e 500mila, il contributo per
l’assistenza diretta ai connazionali indigenti
da 28 milioni e 500 mila a 10 milioni e 777
mila, l’assistenza indiretta da 2 milioni e 274
mila a 1 milione, inoltre il contributo per le
attività culturali, gestito dalla rete
diplomatico-consolare, da 3 milioni e 450
mila a 996 mila, mentre il contributo al CGIE
diminuirà da 2 milioni a 1 milione e 550
mila, quello ai Comites da 3 milioni e 74
mila a 2 milioni e 540 mila, mentre il
contributo per i Comitati dei presidenti
(Intercomites) sarà ridotto da 226mila a 170
mila euro, un taglio di 41 milioni 596 mila,
riducendo le risorse a 31milioni 553 mila
euro; un taglio del 60%.
(segue a pagina 8)
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il giornale italiano
anno 14, n. 135 - novembre 2008 - pagina 2
I calcoli di Berlusconi
da « Undicietrenta», la rubrica di
Roberto Crotoneo su l’Unità, 12 nov. 2008
Mi prezzo ma non
mi piego
da « Zorro », la rubrica di Marco Travaglio
su l’Unità, 16 nov. 2008
C
’è da dire che la storia dell’abbronzatura di Obama
sarebbe ormai vecchia e sepolta, se non ci fosse un nuovo
elemento interessante. Il sito di Forza Italia, riporta le
dichiarazioni dell’onorevole Stracquadanio, deputato di Forza
Italia eletto nel collegio Milano-Monza, rilasciate al
quotidiano “Il Riformista”. Stracquadanio sostiene che il
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ha fatto – da
Mosca – quell’affermazione su Obama non certo per una delle
sue solite gaffes che fanno il giro del mondo. Ma per un
calcolo preciso: dicendo
che Obama era abbronzato,
e scatenando le ironie di
mezzo mondo, sarebbe
riuscito ad attrarre su di sé
tutte le attenzioni,
impedendo così che Walter
Veltroni, segretario del
partito democratico,
potesse approfittare, in
termini di immagine
personale, di quel
successo. Inoltre l’ipotetico
incidente era solo di tipo
mediatico, e Obama
avrebbe preso la battuta
solo come una frase simpatica. Proprio per questo Berlusconi
avrebbe dato dell’imbecille a chi “strumentalizzava” le sue
parole. Proprio perché stava facendo esattamente il suo gioco.
.....
In realtà quello che rimane di una storia imbarazzante, è ciò
che sostengo da anni. Ovvero che Berlusconi è un uomo
vecchio, culturalmente vecchio. È un signore degli anni
Sessanta, uno da rotonde sul mare, infatti l’unica risposta che
sa dare a chi gli contesta la scarsa diplomazia ed eleganza
della sua frase è questa: «che c’è di male, ho detto che Obama
è abbronzato ricordando quella canzone gioiosa
“Abbronzatissima” degli anni Sessanta. Gli americani, c’è da
giurarci, non sanno chi sia Edoardo Vianello, e sicuramente
“Abbronzatissima” non l’hanno mai sentita. E non l’hanno
mai sentita nemmeno quelli che in Italia hanno meno di
quarant’anni. A Berlusconi rimane un gusto della battuta e
F
inalmente Uòlter l’ha detto: “regime”. Con sei mesi di
ritardo, ma l’ha detto. Del resto, non si sa come altro
chiamare il governo di un premier che pretende di scegliersi non
solo i ministri (ma soprattutto
le ministre) e i parlamentari,
ma pure i giudici, i
sindacalisti, gl’intervistatori,
le domande, i compratori di
Alitalia, i piloti e le hostess, e
persino gli oppositori.
Stupisce però lo stupore. Sono
15 anni che ad Al Tappone
glieli fanno scegliere. La
codiddetta opposizione gli ha
sempre chiesto il gradimento
per le cariche di propria
competenza (ma a volte non
c’era neppure bisogno). Il lottatore continuo Boato relatore di
giustizia in Bicamerale: perfetto (ebbe pure i complimenti di
Gelli). Il socialista Del Turco all’Antimafia: un gigante (passò il
tempo ad attaccare Caselli e i pentiti). Petruccioli alla Vigilanza
Rai: vigilò talmente bene sull’editto bulgaro, senza nemmeno
svegliarsi, che divenne presidente Rai su investitura dell’amico
Confalonieri, previa visita a Palazzo Grazioli. Mastella alla
Giustizia: più che un ministro, un ossimero, con indulto salvaPreviti incorporato. Ora, di colpo, si pretende che il Cainano
digerisca Orlando, scelto dall’opposizione nel partito più
d’opposizione. Uno che osa avere financo una cultura. Uno dei 23 sindaci antimafia che abbia mai avuto Palermo. Non
scherziamo. Meglio quello lì , come si chiama, ah si Villari, che
stava nell’Udeur ma poi Rutelli non resistette e lo portò nel Pd,
anche se alla quarta legislatura con tre partiti diversi. A far
compagnia a Carra (ex Udeur) e Follini (ex Udc). Averne di
oppositori così.
della barzelletta, figlio di un avanspettacolo di altri tempi morto e
sepolto. Ai geni della nuova comunicazione politica targata Forza
Italia rimane solo una nuova formula: la strategia della gaffe, che
va ammesso, è sempre meglio della vecchia e tragica strategia
della tensione. Ma passare dal tragico al ridicolo è un destino
purtroppo consueto.
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La certezza di essere in buone mani
il giornale italiano
anno 14, n. 135 - novembre 2008 - pagina 3
Il sogno infranto degli italiani all’estero
A
nulla è servito aver
modificato eccezional-mente
due articoli della costituzione
italiana, aver affermato
solennemente il pieno diritto di
cittadinanza a chi risiede
all’estero e aver eletto nelle due
assemblee nazionali, per due
volte di seguito, diciotto
parlamentari impegnati in realtà
diverse da quelle metropo-litane,
se il destino di oltre
sessantamilioni di persone sfugge da ogni logica e
continua ad essere deciso fuori dalle aule
parlamentari. Si ha la vaga sensazione che,
nonostante ciò, nei riguardi di chi vive all’estero ci
sia un atteg-giamento del tipo « Tutti gli animali
sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri »
di orweliana memoria.
La manovra finanziaria elaborata per il prossimo
anno, che questo governo si accinge a varare nelle
prossime settimane, avrà delle ricadute traumatiche
sulla rete e nelle relazioni dei cittadini italiani che
vivono nel mondo. L’entità dei tagli agli interventi
contenuti nell’articolato più che ispirarsi a calcoli
di politiche economi-che, giustificabili allorquando
si cerca di man-tenere assieme il sistema paese
anche in situa-zioni di ristrettezze congiunturali,
inducono invece a pensare a provvedimenti punitivi
di vera e propria macelleria finanziaria. Tanto è
irrisoria nel bilancio dello stato, di un paese che si
vanta di essere grande, la somma che questo
governo ha previsto di cancellare sugli interventi
destinati al mantenimento dell’intero “sistema
Italia” all’estero, quanto cinico è l’accanimento con
il quale l’esecutivo ha deciso di soffocare ogni pur
interessante specificità italiana nel mondo. Una
cosa è un intervento di conteni-mento della spesa
del 10 % su un fabbisogno di miliardi per le attività
dei vari ministeri, un altro effetto ha invece la
decurtazione complessiva di 50 milioni di euro su
un finanziamento program-mato di 80 milioni.
L’impatto è catas-trofico e produce
desertificazione. Gli effetti nefasti che ne
susseguono non permettono neanche di affrontare
le spese per avviare la pro-cedura fallimentare.
Dietro l’angolo ci sono licenzia-menti di massa di
insegnanti, chiusure di scuole e corsi di lingua e
cultura italiana, abban-dono al proprio destino dei
cittadini meno abbienti, disservizi amministrativi e
consolari, ridimensio-namento della rappresentanza
politica, impoveri-mento dell’identità nazionale,
frustra-zioni e oltraggio alla dignità di milioni di
cittadini italiani. Negando il futuro alle giovani
genera-zioni il nostro paese ha infranto il sogno di
intere generazioni di italiani.
Non si capiscono le ragioni che portano questo
governo ad affondare il coltello nella piaga degli
italiani all’estero, anche perché non saranno,
sicuramente, i cinquanta milioni di euro che
l’esecutivo di Berlusconi vuole cancellare dagli
interventi destinati al funzionamento delle politiche
per gli italiani all’estero a mettere in ginocchio il
nostro paese.
Non si può continuare a ricercare le ragioni di
questi tagli nei teoremi e nelle
dottrine economiche
miracolistiche, come quelle
esposte nell’ultimo saggio
“La paura e la speranza” del
ministro del tesoro Giulio
Tremonti. Sappiamo che il
nostro paese, assieme agli
altri più sviluppati, è attraversato da una forte crisi
economica causata
dall’implosione di un’organizzazione di società costruita sul profitto immedia-to,
sul capitalismo rampante
senza regole e privo di
moralità. L’unica via per superare questa
impasse è ritornare al primato della politica, al
riconoscimento dei ruoli, al concorso delle idee
e alla valorizzazione del bene comune.
Sarebbe ingenuo, da parte del governo,
addebitare alla crisi economica la causa dei
tagli dei capitoli di spesa per gli italiani
all’estero, come anche la messa in discus-sione
del sistema capitalista per giustificare tali
scelte. Di altro si tratta e non si intravedono
risposte chiare e lungimiranti. Fino a prova
contraria questa manovra ha un obiettivo
semplice: la negazione del futuro agli italiani
all’estero. Da sem-pre ritenuti dai più una
zavorra, un peso di cui disfarsene perché
divenuti ingombranti e per giunta, oggi che
hanno il diritto di voto con la loro presenza
politica determinano le scelte del governo del
paese, è meglio correre ai ripari. Perciò il modo
più semplice per colpirli nella dignità e
nell’orgoglio nazionale è negar loro il futuro.
Questo mefistofelico teorema va sconfitto nei
germi e contrastato energicamente in tutte le
forme.
Michele Schiavone
Il cosiddetto
"Lodo Alfano"
è in realtà una
semplice legge
dello stato, la n.124 del Luglio 2008. Questa legge è estremamente semplice,
magari tutte le leggi fossero scritte nello stesso stile ! E` costituita da un solo
articolo, che dice che le alte cariche dello stato, cioè Presidente della Repubblica,
Presidente della Camera, Presidente del
Senato e Presidente del Consiglio dei ministri non possono essere processati
durante il loro mandato.
Noi vogliamo chiedere agli italiani di poter abolire questa legge.
Perchè? Innanzitutto perché è una violazione del principio di
uguaglianza: si sancisce che la legge non è più uguale per tutti i cittadini, mentre
noi vogliamo che l'uguaglianza davanti alla legge ci sia e non sia solo formale ma
anche nei fatti. In tutte le democrazie i governanti sono soggetti alla legge, alle
stesse leggi dei governati.
Questo è il principio stesso della democrazia.
Per tutti questi motivi, vi aspettiamo numerosi presso i consolati, per far sentire la
voce di chi vive in una democrazia ancora sana e robusta, dove il referendum
popolare è uno strumento indispensabile per fare correggere le derive dei politici.
Chi puo` firmare ? I residenti all'estero iscritti all’AIRE.
Dove si firma ? presso il Consolato di residenza, numiti di documento di
identità italiano.
Quando si firma ? fino al 10 dicembre 2008 in tutti i consolati della Svizzera.
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interessano particolarmente gli italiani di Ginevra. Ogni mese il giornale
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anno 14, n. 135 - novembre 2008 - pagina 4
a cura di Carmen PUGLISI-GNAZZO
Riflessioni sui tagli alla scuola ed
agli istituti di cultura
Roma, 13.11.2008 - Nel lontano 1889, con la
legge Crispi, il governo del Re promuove la
diffusione della lingua nazionale mediante
l’erogazione di sussidi agli istituti scolastici
ivi esistenti e la costituzione di istituti scolastici statali. Gli istituti statali hanno carattere
laico e si uniformano su quelli esistenti in
patria. È il significato più autentico di un
interesse dello Stato sin dagli albori della sua
costituzione nazionale unitaria.
Il problema che abbiamo di fronte, alla luce
dei drammatici tagli ai finanziamenti dei
corsi di lingua e cultura nel mondo, e lo dico
nei termini più semplici, è questo: cosa dobbiamo dire a quel giovanetto che vive in uno
sperduto villaggio della Baviera o della Sassonia e che all’interno della famiglia si esprime e dialoga con il dialetto delle sue origini o con lo stentato tedesco dei suoi padri.
Ora io vorrei che questo ragazzo possa tra
qualche anno raccontare questa storia.
A sei anni sono andato a scuola a Wolsburg e
ho imparato il tedesco, nella stessa scuola ho
appreso l’italiano e ho contribuito ad insegnarlo agli alunni tedeschi e adesso vorrei
scoprire la Calabria, la terra dei miei padri e
chissà?, insegnare l’italiano e il tedesco in
una scuola di Cosenza. Non c’è dubbio che la
realtà di oggi richieda ragazzi e uomini che
sappiano più lingue, che conoscano più
culture. Per cui, anche se può apparire figlia
di una certa utopia, l’espressione, possedere
varie culture, varie lingue, essere passati attraverso molteplici esperienze sia pure traumatiche, può diventare un vantaggio per sé, e
anche un elemento di progresso per tutta la
comunità in cui si vive. L’istruzione, che noi
giustamente rivendichiamo come diritto chie-
On Gianni Farina
www.giannifarina.eu
dendo il compiuto ripristino
dei finanziamenti dello Stato, diventa anche un contributo al progresso generale
delle società in cui viviamo,
ad una comunicazione più
profonda tra gli uomini, a
una comprensione da cui
nasce lo spirito solidale e
convivente.
C’è in quei tagli il sintomo
della trascuratezza, la noncuranza e l’oblio frutto di
una abissale ignoranza della
storia e della ricchezza dell’emigrazione e delle comunità italiane nel mondo.
I rischi ci sono. La lotta
diventa più aspra in Italia ed
anche per noi in Europa,
perché le difficoltà sono
reali, finanza prima, econo-
Patronato ITAL-UIL
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mia poi, attraversano una fase persino drammatica, i bilanci sono dissestati e si cercherà di scaricare ancora i costi sulla pelle dei più deboli. Un
insigne studioso di italiano a Zurigo ricordava
tempo fa che all’inizio del secolo ventesimo fu
introdotta la politica della lesina (oggi si direbbe
della scure) con un decreto governativo che
chiuse 50 delle novantanove scuole italiane all’estero.
Temo che ci avviamo verso una situazione simile e in più campi.
È la scuola in generale e non solo, che viene
minacciata, il diritto all’apprendimento, il sogno
di una compiuta cittadinanza per cittadini e
cittadine della nuova Europa e del mondo.
On. Gianni Farina
(intervento alla Camera dei Deputati)
Quella scuola rotta e senza
benzina, da rottamare
di Roberto Cotroneo
Certa politica non ha perso il vizio del traccheggio, delle parole a vanvera, della metafora stracotta. Il ministro dell’Istruzione Università e
Ricerca Maria Stella Gelmini oggi dovrà fare i
conti con una manifestazione degli studenti universitari sui tagli alla scuola. Andrà tutto bene,
come è sempre accaduto fino ad oggi. Ma il ministro intanto rilascia oggi un’intervista a Luigi
Contu e Mario Reggio di “Repubblica” dove
dice: «a questi ragazzi dico che capisco il loro
disagio e che la loro preoccupazione è anche la
mia. Io sto dalla loro parte anch'io sono stata
studente e ho avuto preoccupazione per il futuro». Io sto dalla loro parte? Io li capisco? E
come fa a stare dalla loro parte? In che modo?
Lei ha avuto preoccupazioni per il futuro?
La sostanza è semplice. Un governo di centro
destra, fondato sul pensiero di Giulio Tremonti
decide per tagli alla scuola: pesanti.
(segue a pagina 8)
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aanno 14, n. 135 - novembre 2008 - pagina 5
L’arte della bugia
Paolo Soldini
Da bambini ci insegnarono che esistono tre tipi
di bugie. Le bugie giocose son quelle che si dicono «per ischerzo e senza pregiudizio per alcuno»; le bugie officiose sono «l'asserzione del
falso per la propria o l'altrui utilità, senza pregiudizio di alcuno»; le bugie dannose sono
«l'asserzione del falso con pregiudizio del prossimo». Le prime due specie, dice il catechismo,
sono peccato veniale, la terza, è peccato mortale:
se non ci si confessa si va all'inferno. Il codice di
condotta dei cristiani non contempla la fattispecie, aggravante, della bugia detta in pubblico e
approfittando della propria capacità di farsi ascoltare, per esempio sui giornali, alla radio, in tv
o davanti al Parlamento.
Esiste poi (ma esiste?) il tribunale dell’opinione
pubblica. Nei paesi civili, quando giudica il
comportamento dei potenti, governanti, politici,
funzionari pubblici, manager, grandi industriali,
questo tribunale è severo con i bugiardi
"giocosi", condanna i bugiardi "officiosi" e manda a casa (al minimo) i bugiardi "dannosi". Mentire in un contesto pubblico è considerata una
colpa gravissima. Richard Nixon fu costretto alle
dimissioni non perché aveva autorizzato lo spionaggio al Watergate, ma perché sostenne di non
averne saputo alcunché. Bill Clinton rischiò
l’impeachment non per i suoi traffici con Monica Lewinski, ma per averli negati. Jacques Chirac non sarebbe finito sotto accusa se non avesse
mentito per proteggere sé e i suoi. A Helmut
Kohl sarebbero stati perdonati i finanziamenti
illeciti se non avesse traccheggiato per coprire
chi li versava alla Cdu … Il peggio che possa
accadere a un politico negli Usa, in Francia, in
Germania, a Bruxelles, all’Aja, a Madrid è di
essere pizzicato con il sorcio in bocca.
In Italia no. In Italia il sorcio nessuno lo cerca,
neppure se si affaccia dalla chiostra dei denti e fa
ciao ciao con la zampina. E che sorcione avevano in bocca, l’altro giorno, Berlusconi e Frattini
quando hanno spensieratamente raccontato che il
Consiglio europeo, sulla delicatissima questione
dei gas serra, "ha esaudito in pieno le nostre richieste" e ha trovato "una soluzione che rispetta
le nostre preoccupazioni". Qualcuno - anche
questo giornale - aveva intuito che c’era qualcosa che non quadrava, visto che il presidente di
turno Sarkozy e la Commissione Ue sottolineavano il fatto che obiettivi e metodi dello
"scalaggio" delle emissioni erano rimasti invariati, ma vàllo a spiegare alla gente cui la bugia
era stata propinata. Perché si ristabilisse la verità
dei fatti, laddove l’informazione italiana se la
beveva senza colpo ferire, è dovuto intervenire il
commissario all’Ambiente Stavros Dimas,
"allibito" (parole sue) dalla insostenibile leggerezza con cui il capo del governo italiano e il suo
ministro degli Esteri avevano sciorinato sicu-
rezze immotivate e dati falsi.
E fosse la prima volta…
Abbiamo un ministro dell’Interno che mente ogni
volta che c’è da far credere
che i provvedimenti sugli
immigrati stranieri passano
con il 110 e lode l’esame
degli organismi internazionali. Giorni fa, alla Camera
dei deputati, ha raccontato
che António Guterres, Alto
Commissario dell’Onu per i
rifugiati politici il 6 ottobre
scorso a Ginevra avrebbe
"elogiato" l’Italia per la sua
politica in fatto di asilo.
Falso, ma, a parte i lettori di
questo giornale, quanti credete che se ne siano accorti?
Alla rappresentanza dell’Unhcr in Italia sono caduti
dalle sedie, ma quanti, tra i
deputati e nei giornali, hanno fatto la cosa più semplice
del mondo: prendere la relazione di Guterres e leggersela? È così che l’opinione
pubblica italiana e il mondo
dei media, a parte i soliti
rompiballe che consultano i
testi e telefonano agli uffici
(cioè: fanno il mestiere di
giornalisti), sono convinti
che le pericolose
insensatezze dell’ordinanza
sugli stranieri del maggio
scorso - impronte dei bimbi
rom comprese - abbiano
ricevuto l’imprimatur di
Bruxelles. È una bugia
dannosa, per i rom in Italia
dannosissima, ma il ministro
Maroni non ha paura
dell’inferno. Come la
maggioranza dei suoi
colleghi, alcuni dei quali
peraltro confermano
icasticamente il vecchio
detto secondo il quale le
bugie hanno le gambe corte.
A cominciare dal loro Capo fresco
dell’ennesima performance mentitoria a
Bruxelles. L’intensa frequentazione del
Grande Venditore di Balle con tutti e tre i tipi
di bugie è proverbiale. Ma ciò che stupisce,
quel che rende l’opinione italiana diversa da
quella degli altri paesi civilizzati, è l’assenza
di indignazione, l’indifferenza con cui qui da
noi establishment, media, apparati politici
(spesso anche dell’opposizione) si bevono
ogni cosa senza neppure più protestare. Non
è (non è solo) un problema morale, né una
questione psicologica. E a voler spiegare
questa incredibile indulgenza con presunte
"propensioni naturali" degli italiani alla
leggerezza di giudizio verso i peccati dei
potenti si afferrerebbero, forse, pezzi di
storia e di cultura del nostro paese, ma non si
darebbe una spiegazione. Una parte
consistente di questa spiegazione, invece, è
squisitamente politica. In tutti i regimi
fondati sulla demagogia, sotto qualsiasi
latitudine, i governanti tendono
all’utilizzazione propagandistica della
menzogna. Il controllo dei media e la poca
considerazione per le prerogative del
parlamento determinano tra il Potere e
l’Opinione un corto circuito in cui si può far
passare ogni cosa. Milioni di europei civili e
acculturati hanno creduto a una follia come
la congiura ebraica dei Protocolli dei Savi di
Sion perché all’inizio, nella Russia zarista,
nessun giornale ebbe la forza di smascherare
l’imbroglio e poi fu troppo tardi. Milioni di
americani si sono bevuti la versione ufficiale
(patentemente falsa) dell’incidente nel Golfo
del Tonchino che dette inizio alla guerra del
Vietnam perché la grande stampa, per dover
di patria, la sosteneva. Milioni di russi hanno
creduto che i kulaki fossero un pericolo di
controrivoluzione imminente. Milioni di
cinesi hanno creduto sul serio che la
rivoluzione culturale portasse una ventata di
giustizia. Si potrebbe, ovviamente,
continuare per ore.
Non siamo a quel punto. Certo che no. Però i
meccanismi che si sono messi in moto non
sono, poi, tanto dissimili. Se il senso comune
del Paese, il sistema dell’informazione e
l’opposizione perdono la capacità di
accertare la verità, di vagliare i fatti
ricorrendo alle fonti, se continuano a
minimizzare, le conseguenze diventano
rapidamente incontrollabili. Un rischio
enorme, specie in un momento in cui la
nuova Grande Crisi reclama il massimo della
credibilità di chi ha la responsabilità del
governo. E il sistema, un colpo dopo l’altro,
la sua credibilità la sta già perdendo. Fuori
dai nostri confini l’ha già persa: "Ah,
l’Italie…"
(l’Unità, 18 ottobre 2008)
http://www.unita.it/
il giornale italiano
I misteri della politica italiana
L'Ulivo è rifiorito in Abruzzo
di Marco Damilano (l’Espresso, 10 nov.2008)
Ha imposto il suo candidato al Pd. Ha escluso i politici
inquisiti. Ma ha ricompattato tutta la sinistra. Così la sfida
di Di Pietro diventa un test nazionale
Il
cane mordicchia una bistecca in piazza Duomo, non
degna di uno sguardo il piccolo corteo di signore
festanti, un disabile in carrozzina, volontari con il banchetto
per la raccolta delle firme per il referendum sul lodo Alfano e
infine lui, trench bianco, cravatta con i gabbiani dell'Italia dei
Valori, l'ex pm di Mani pulite, pronto a giocarsi qui una sfida
che vale la conquista dell'egemonia dell'intero centrosinistra:
"Oggi un Abruzzo nuovo, domani un'Italia nuova". L'Aquila,
primo novembre festa di Ognissanti, Antonio Di Pietro
comincia ufficialmente la campagna elettorale in Abruzzo di
prima mattina addentando un torroncino nella centralissima
pasticceria Nurzia, circondato da un gruppo di candidate, tutte
donne: "Uè, ma non abbiamo messo in lista qualche
maschio?", gigioneggia. Il candidato alla presidenza Carlo
Costantini, un avvocato pescarese di 46 anni, si fa vedere
poco dopo. "Hai i capelli di chi non ha dormito la notte, c'è
qualche problema?", si informa premuroso Tonino. E poi lo
prende sottobraccio e gli dà le ultime istruzioni: "Devi
insistere sul fatto che senza di noi questo era un gioco a
perdere. Ora invece ce la possiamo fare". Il corteo si muove
verso il cinema Massimo dove si farà il primo comizio. Il
cane lo precede, pigramente.
Di Pietro si muove a suo agio nella partita delle elezioni
regionali abruzzesi, si vota il 30 novembre, in un terremoto
politico che ricorda molto da vicino il periodo di
Tangentopoli: prima l'inchiesta della Procura di Pescara sulla
sanità privata che in estate porta all'arresto del presidente
della Regione Ottaviano Del Turco e degli uomini chiave
della giunta di centrosinistra, poi le indagini che si allargano
fino a coinvolgere un bel pezzo del centrodestra che aveva
precedentemente governato in regione, le elezioni anticipate e
la classe dirigente del Pd allo sbando, dilaniata tra gli scandali
e la concorrrenza di Di Pietro che si piazza nella regione dalla
fine di agosto e comincia in largo anticipo la campagna
elettorale. Fino alla clamorosa svolta, una settimana fa, alla
vigilia della chiusura delle liste: il Pd fa marcia indietro e
accetta di sostenere per la presidenza il candidato di Idv, un
cambio di rotta che ricompone tutte le divisioni a sinistra e
permette un clamoroso ritorno. L'Unione che sosteneva il
governo Prodi, cancellata in Italia, risorge in Abruzzo: da
Rifondazione ai verdi, dai comunisti italiani allo Sdi, sono
tutti nella coalizione guidata dal dipietrista Costantini. Uno
che non a caso di sé dice: "Quando ho cominciato a fare
politica negli anni Novanta ero un popolare prodiano. Oggi mi
definisco un moderato incazzato".
Un passaggio dettato dalla disperazione (una disfatta del Pd in
Abruzzo avrebbe avuto conseguenze drammatiche sulla
leadership di Walter Veltroni a Roma), ma non indolore. Per
molti notabili passare da Del Turco a Di Pietro è un boccone
indigeribile. Anche perché l'ex pm ha chiesto che non ci
fosse nessun inquisito nelle liste del Pd, "altrimenti vado da
solo". Non facile accontentarlo, dato che il primo a essere
sotto inchiesta è il segretario regionale del Pd Luciano
D'Alfonso, sindaco di Pescara. A rimetterci il posto in lista è
anno 14, n. 135 - novembre 2008 - pagina 6
stato l'assessore
il monte Sirente
regionale ai
Trasporti Donato
Di Matteo, ex
sindaco di
Roccamorice,
uomo chiave del
Pci e dei Ds in
regione, coinvolto
nell'inchiesta per
l'inquinamento
dell'acqua dei
pozzi di Bussi. Un
signore delle tessere, un mister 13 mila preferenze in grado di
determinare la fortuna elettorale del Pd. Per convincerlo a fare il
passo indietro si è mosso Veltroni in persona, con un vertice
romano. Trattativa difficile, la proposta di una candidatura con
una lettera di dimissioni in bianco in caso di rinvio a giudizio è
stata considerata una provocazione da Di Pietro. Alla fine, anche
in questo caso, l'ha avuta vinta Italia dei Valori. Scatenando il
malumore nel Pd, in Abruzzo e a Roma. "È stata una resa
incondizionata a un diktat sulle nostre liste", si infuria il senatore
Nicola Latorre, plenipotenziario della corrente dalemiana, la più
ostile al patto con Di Pietro. "Come se noi non fossimo
abbastanza responsabili nello scegliere persone di assoluta
moralità come l'assessore Di Matteo. Noi lezioni di moralità non
ne accettiamo da nessuno, meno che mai da Di Pietro".
"Il metodo con cui Di Pietro ha imposto Costantini è stato brusco,
ma non potevamo fare altro", sospira il big della politica
abruzzese arrivato al vertice delle istituzioni, l'ex presidente del
Senato Franco Marini: "Avevo molte perplessità, mi sono
convinto perché andare separati per il Pd sarebbe stato un
disastro. I nostri elettori sarebbero rimasti a casa". Una volta
presa la decisione, Marini è il primo a metterci la faccia per
sostenerla. Anche se l'apertura della campagna elettorale
all'Aquila per il vecchio Franco, difensore mai pentito della casta
dei politici, deve essere stata una sofferenza terribile. "Se
vinciamo, il nostro primo atto sarà eliminare le pensioni per i
consiglieri regionali", attacca Costantini: "Ho offerto un posto in
lista ai Meetup di Beppe Grillo, hanno detto di no, ma lavoreremo
insieme", annuncia. Marini resta impassibile. Ma quando tocca a
lui parlare, prende le distanze dall'anti-politica. E su Del Turco va
controcorrente: "Sono garantista, la magistratura faccia il suo
lavoro, ma è solo un imputato, non un condannato".
L'ex presidente, rifugiato con obbligo di dimora nella casa
romana di via del Babuino, dopo aver sbandierato che per lui
dover risiedere nella villetta di Collelongo era la più bella
condanna che gli potesse capitare, è il fantasma della campagna
elettorale. In buona compagnia, in verità: anche il candidato del
centrodestra Gianni Chiodi, ex sindaco di Teramo, è sotto
inchiesta per la frana di una discarica, l'udienza preliminare è
prevista per il 27 novembre, tre giorni prima del voto.
La sanità e l'ambiente, il business degli ospedali pubblici (21,
uno dei miracoli di San Remo Gaspari, l'eterno ministro durante
l'era democristiana) e delle cliniche private, e la qualità
dell'acqua, della terra, dell'aria, sono le due questioni centrali e
anche la grande mangiatoia dell'intera politica abruzzese.
Scandali, inchieste, movimenti di protesta. Come il fronte
trasversale, da destra a sinistra, che si oppone alla costruzione del
Centro Oli di Ortona, progetto dell'Eni per trivellazioni
petrolifere in una zona di eccellenza agro-alimentare, rinomata
per il Montepulciano, sostenuto da Del Turco, dalla Confindustria
e da un bel pezzo di Forza Italia schierata contro An.
(segue a pagina 8)
il giornale italiano
FARSA ITALIA
Valerio Agostinone
Gambe Corte
La sapete l’ultima? Giorni fa il Berlusca ha
affermato testualmente: “È una vera
disinformazione sostenere che io dico una cosa e
poi cambio oponione... È un falso assoluto dire
che io ho parlato di polizia nelle scuole, ed è un
falso ancora più indegno dire che io faccio
marcia indietro. Dal 1994 non ho mai cambiato
idea”. E infatti insiste ancora ad accusare la
stampa e la RAI di diffondere “menzogne
incredibili” sul suo conto e assurdi motivi di
ansia fra la gente.
A questo punto, secondo me, c’è il rischio che
interevenga Brunetta a licenziare i vari interpreti
autorizzati dal Cavaliere che, mentre ogni giorno
fanno finta di doversi spremere il cervello per
fornire una qualche versione riveduta e corretta
di ciò che il loro capo nega di aver mai detto, in
realtà sono dei veri perdigiorno stipendiati a
uffa.
Eppure, se sapeste che fatica gli tocca fare
appena il Berlusca ne tira fuori una delle sue, per
inventare qualcosa che serva a salvargli la
faccia. Per esempio, vi sembra facile spiegare
che, con le “dettagliate istruzioni” da lui
pubblicamente annunciate al Ministero
dell’Interno per un deciso intervento delle Forze
dell’Ordine contro gli occupanti delle scuole, il
Cavaliere in effetti intendeva invitarlo a
compiere un gesto per tentare di riportare “forse
dell’ordine” nei luoghi di studio?.
Vorrei vedere chiunque altro a dover mettere
ogni giorno vistose e ridicole “pezze” alle uscite
di uno che le spara in continuazione. Perché
bisogna essere dotati di un innata e non comune
abilità per poter esercitare l’arte di raccapezzarsi
fra tante pezze. Non per nulla è stato nominato
nuovo portavoce di Forza Italia e portacoda del
Berlusca uno che si chiama Capezzone.
Rièccolo
Tò, guarda chi si rivede. Spuntando da chissà
quale maleodorante caverna, ha fatto la sua
sgradevole ricomparsa l’ex-Gran Maestro della
ex-Loggia P2, cioè
nientemeno che il
Venerabile Licio
Gelli dal losco
passato di galeotto,
golpista e
depistatore.
Tanto per
cominciare, per
ricordarsi al
pubblico e per
dissipare qualsiasi
equivoco, ha confermato che è nato sotto il
fascismo, è fascista e morirà fascista. Dopo di
che, si è premurato di annunciare che presto
anno 14, n. 135 - novembre 2008 - pagina 7
comparirà in una serie di
trasmissioni televisive
ospite di una TV privata. Un
autentico regalo.
Nell’attesa, ha fatto
conoscere alcune sue
considerazioni politiche di
indiscusso pregio, come
quella che si fida
esclusivamente di
Berlusconi, ex-piduista e,
secondo lui, dotato della
tempra di un grande uomo,
unico capace di far avanzare
(magari con l’ausilio di
Dell’Utri, “bravissima
persona”) il grande Piano di
Rinascita democratica che
lui (Gelli) da lungo tempo
auspica. Come no.
Insomma, la buffonesca
sceneggiata della destra, per
la quale il passato non passa
mai, ci terrà allegri ancora
per un pò. Intanto il PdL ha
fatto capire che l’appoggio
di Gelli al governo non è
stato (bontà sua) sollecitato.
Ma tanto meno respinto. Per
ora il Berlusca evita
prudentemente di
esprimersi. Non si sa mai:
alle volte un Venerabile ben
disposto può anche far
comodo.
Pensierini
irriguardosi
----- Secondo il
Sottosegretario all’Interno
Nitto Palma, i tafferugli
studenteschi di Piazza
Navona a Roma sono stati
provocati da estremisti di
sinistra che hanno lanciato
contro i loro avversari di
destra i primi oggetti (sedie
e tavolini dei bar) che gli
sono capitati sottomano. Al
che gli altri hanno dovuto
ricorrere ai manganelli
decorati di striscie tricolori
che distrattamente avevano
portato con sé uscendo di
casa, e che per pura
causalità si trovavano
opportunatamente sistemati
nel loro camioncino.
Tuttavia il Sottosegretario
ha potuto assicurare i
parlamentari che i poliziotti
presenti hanno osservato lo
spettacolo col più vivo
interesse.
----- Il titolo di un giornale diceva:
“Referendum per cancellare la Gelmini”. È
chiaro che si trattava della legge, in quanto
Mariastella non si può certo cancellare. Al
più, se le cose vanno male, corre il rischio di
vedersi messa al cancello della villa di
Arcore.
Pare anche che un cartello dei manifestanti
contro di lei recasse la scritta: “Gelmini, se
ami tanto i tagli vai a fare la parrucchiera”.
Io non mi fiderei: fà che poi un giorno le
salta in testa di mettere i bigudini a
Berlusconi.
----- Da qualche tempo, secondo le
statistiche, i consumi degli italiani vanno
notevolmente diminuendo a causa della crisi.
Fra i prodotti non alimentari, le calzature e
gli articoli da viaggio sono quelli le cui
vendite hanno segnato il più forte calo (7,5%).
Qui mi sa che la Confcommercio ha fornito
dati poco attendibili e non in armonia con la
tendenza generale. Infatti, almeno io non
riesco a spiegarmi come si arrivi a registrare
un andamento negativo delle vendite di
calzature e di articoli da viaggio proprio nel
momento in cui tanta gente viene mandata a
spasso. Và a fidarti dei numeri.
----- Una volta, in tempi tristemente bui, ci
fu quel tale che minacciò di fare “di
quest’aula sorda e grigia” (di Montecitorio)
un bivacco per i suoi manipoli. Adesso, a
quanto pare, ce ne sarebbe un altro che, in
tempi secondo lui più mondani e spensierati,
aspirerebbe magari a fare di un’aula verde e
azzurra il gradevole ritrovo dei suoi ligi
caudatari (e, perché no?, di qualche leggiadra
velina).
----- Sembra che, di fronte all’ordine del
Cavaliere di mandare i polizziotti nelle
scuole, il Ministro Maroni abbia mormorato
in sostanza un incastico “chìssene”. Deve
trattarrsi di una versione soft del grillesco
“vaffa”, recentemente sfoggiata dal Berlusca
in persona all’indirizzo del Partito
Democratico.
Non c’è che dire: malgrado la crisi
finanziaria, il lessico politico-istituzionale
berlusconesco (almeno lui) si arricchisce
allegramente di giorno in giorno e si fregia di
epiteti come “imbecilli”, “appecoronati” e
“coglioni” bellamente lanciati agli
oppositori. Una finezza. Complimenti.
Cavaliere mezza tacca
È ben noto che Berlusconi, nella sua
sprovveduta disinvoltura, è incapace di
rendersi conto di quale danno alla dignità
della sua carica e quale offesa al prestigio del
Paese arrechino i gesti inconsulti e le
inqualificabili parole che spesso si compiace
di offrire alla pubblica attenzione.
(segue a pagina 8)
il giornale italiano
anno 14, n. 135 - novembre 2008 - pagina 8
FARSA ITALIA (segue da pagina 7)
« Pochi ma buoni »
Come sempre, anche questa volta, non potendo negare (come
spesso fa) l’evidenza del fatto, e di fronte all’universale
stupore e allo sconcerto suscitati dal suo quantomeno
imbarazzante commento riguardante il Presidente-eletto degli
Stati Uniti, ha inizialmente cercato di reagire pretendendo di
ridurre tutto a un semplice motto di spirito, per poi aggredire
con la sua consueta e arrogante strafottenza i tanti “imbecilli”
che non sanno debitamente apprezzare il suo pesante
umorismo.
Di fronte a tale desolante spettacolo, indegno di chiunque si
pretenda uno statista, vari tirapiedi di complemento si sono
mobilitati a sostegno del loro capo con sottili disquisizioni
sulla straordinaria pregnanza
delle sue parole. Uno a
persino affermato che si è
trattato di una simpatica
battuta. Altri hanno rilevato
con compiacimento
l’inopinata pretesa di
Berlusconi di offrire a
Obama i suoi preziosi
consigli.
Come si sa, infatti, il
Presidente-eletto è in ansiosa
attesa di apprendere da un
insigne uomo di stato del
calibro di Berlusconi cosa
debba fare per affrontare con successo le grandi sfide
planetarie che lo attendono. E forse in particolare, di essere
aiutato da un prestigioso esperto della materia a comprendere
quale sia la differenza fra un volto abbronzato e una faccia di
bronzo.
Ma è inutile. All’improntitudine e petulanza di un Berlusconi
non vi è rimedio, tranne quello di rimandarlo al più presto a
fare il suo mestiere di notorio affarista. Nell’attesa,
prepariamoci a sopportare le sue estemporanee e ridicole
“gaffes” a ripetizione.
(segue da pagina 1)
E’ vero che quando bisogna tagliare e ridurre le spese, è
necessario il sacrificio di tutti, ma mi chiedo se è vero che tutti gli
altri capitoli di spesa sono stati ridotti , sembra del 15%, perchè
all’estero del 60% ? La verita’ è che al cav. Berlusca degli italiani
all’estero non gli importa proprio niente. Sicuramente tutto
questo è inaccettabile per noi italiani all’estero. Un grande passo
indietro rispetto all’operato del governo Prodi.
Oggi molte nazioni sostengono e assistono i propri connazionali
in modi disparati e sempre al meglio delle possibilità. Il mondo
globalizzato non può più basarsi sull'emigrazione di massa
(quella che faceva sopravvivere l'economia del paese grazie alle
rimesse degli emigranti), ma occorre pensare ai cittadini del mondo che si spostano, dando il loro contributo alla nazione ospitante, ma restando essenzialmente cittadini del loro Paese d’origine. Per questo occorre tutela ed aiuto per preservare e mantenere la loro memoria storica e la loro specificità culturale.
Salvino Testa
L’Ulivo rifiorito in Abruzzo
(segue da pagina 6)
Le rivalità personali tra i notabili di Forza Italia e An hanno
quasi portato al suicidio, l'esclusione della lista dalla
competizione elettorale. Mancavano alcune firme, quelle
raccolte nella zona di Celano, guarda caso il feudo del
senatore forzista Filippo Piccone, in corsa fino all'ultimo per
candidarsi al posto di Chiodi, sostenuto dal presidente del
Senato Renato Schifani. Per ricomporre un'unità di facciata è
intervenuto il commissario spedito da Roma, il senatore
Gaetano Quagliariello. E il 3 novembre, finalmente, la
candidatura di Chiodi è stata lanciata con l'appoggio di tutti,
Piccone in testa: a Roma, però. E già: l'Abruzzo è una partita
nazionale anche per il Pdl, la prima occasione per Berlusconi
per dimostrare che la popolarità del suo governo non è solo
virtuale ma si trasforma in voti in carne e ossa. Il premier ha
già invaso i paesini con il suo brand (il manifesto sei per tre
con la scritta 'Rialzati Abruzzo!') e girerà in ogni provincia
portandosi Chiodi sottobraccio. Un po' come fa Di Pietro con
Costantini. Il Cavaliere contro Tonino, l'eterna sfida continua
sotto il Gran Sasso, la partita abruzzese è tra loro due. Fuori i
secondi.
Quella scuola rotta e senza
benzina, da rottamare
(segue da pagia 4)
Tagli che nella sostanza peggioreranno il livello dell’istruzione
pubblica, lasciando intatte le potenzialità e il peso delle scuole
private. La Gelmini, nella stessa intervista, dice che noi
spendiamo per la scuola quanto spende la Germania, ma che la
qualità del sistema scolastico italiano è peggiore. E questo è
indubbiamente vero.
Dunque? Dunque la logica direbbe: miglioriamo efficienza e
qualità. Invece no: si taglia. E si usa una sofisticata, colta e
suggestiva metafora automobilistica: «La scuola in Italia è come
un motore rotto. È inutile aggiungere benzina, cioè soldi, se il
motore è guasto». A parte il livello dell’esempio, non proprio
degno di un ministro
dell’Istruzione (la macchina
rotta, il motore che non va, la
benzina… non c’era metafora
migliore?) ma se il motore è
guasto ed è inutile aggiungere
soldi, cosa si fa? Si cambia
macchina e se ne compra una
nuova. Invece cosa dice il
ministro Gelmini? Dice: il
motore è rotto e non si mette
benzina. Ovvero: l’auto non si
aggiusta e non si spendono
soldi.
Eccellente idea. Abbiamo una
scuola da rottamare, questo è il
sofisticato pensiero del ministro
Gelmini su un tema cruciale
come quello della scuola. Poi però possiamo consolarci: il
ministro questi studenti li capisce, tutti sono stati studenti certo,
tutti hanno avuto preoccupazioni per il futuro e, figuriamoci, tutti
si sono sentiti a disagio. Poi alcuni diventano ministro,
nonostante quel futuro fosse stato incerto, altri oggi sono costretti
a tenersi la macchina, rotta, senza benzina, e senza soldi per
aggiustarla. E meno male che sta dalla loro parte, da quella degli
studenti, questo sì. Chi lo avrebbe mai detto?
il giornale italiano
URES
Giovanni Verga - Ginevra
anno 14, n. 135 - novembre 2008 - pagina 9
ENTE ITALIANO SOCIO-ASSISTENZIALE
(E.I.S.A.)
Incontro natalizio con gli anziani
FESTA D’INVERNO
Sabato 06 dicembre 2008 alle ore 20,00
presso la sala « Avanchets-Salève »
rue François-Durafour 17, 1220 Les Avanchets. Tram 14-16.
Parcheggio presso il centro commerciale di Balexert
La serata sarà allietata da
“Il duo di Casa Nostra”
Menu della cena
Penne al sugo
Arrosto di vitello con contorno
Panettone
Al prezzo di 30.- CHF e 15.- per i bambini sotto i 12 anni
Grande tombola con ricchi premi natalizi !!
Le persone che desiderano prenotare la cena sono pregate di
telefonare entro e non oltre giovedì 04 dicembre 2008 ai
seguenti numeri:
Angelo CATALANO (022 793 39 03 - 079 200 42 03),
Salvino TESTA (022 735 09 50 - 076 441 64 34)
Abbonatevi e sostenete
il giornale italiano
Esso riporta le notizie provenienti dall’Italia, dalla Svizzera e
altrove, che interessano particolarmente gli italiani di
Ginevra. Ogni mese il giornale italiano è recapitato per posta
al vostro domicilio. Esce 10 volte all’anno.
Per abbonarsi:
il giornale italiano / CP 1025 / 1227 CAROUGE
CCP 12-20992-3
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Rue de Carouge 53 / CH-1205 GINEVRA
Tel. 022 7810932 - Fax 022 7810933
e-mail: [email protected]
Orari di apertura:
lunedì, martedì, mercoledì, giovedì
09.30-11.30 / 13.00-16.30
venerdì: 09.00-11.30 / 13.00-16.00
Domenica 7 dicembre 2008 alle 14:30
L’Ente Italiano Socio-Assistenziale organizza, con la collaborazione del Volontariato Vincenziano, la tradizionale festa
natalizia dedicata agli anziani che si terrà presso i locali del
« Cercle de l’Espérance »
rue de la Chapelle 8 – Genève
Iscrizioni entro il 25 novembre 2008 presso i due Enti :
Tel. 022 346 89 49 – 022 736 83 82
♦♦♦♦♦♦♦♦♦
Si cercano volontari per visite agli anziani
Nelle case di riposo
L’Associazione Calabrese
di Ginevra
Festeggia il Sabato 13 Dicembre 2008
alla Salle des Fêtes de Carouge - 37 rue Ancienne (tram 12 e
13)
LA FESTA DI NATALE
Vi aspettiamo numerosi per passare una bellissima serata
insieme dalle 19,30 alle 02,00
*** Cena e serata danzante con il Gruppo ***
I TOP 5
Menù: adulti 30.- Frs, bambini 10.- Frs
ENTRATA LIBERA
Per Informazioni e prenotazioni per la cena rivolgersi a:
Silvio ISABELLA, tel. 022 320 15 87 o 079 611 24 62
Gino ISABELLA, tel. 022 733 93 61
CAIG
(Coordinamento Associazioni Italiane Ginevra)
Assemblea Generale
Giovedi 4 dicembre 2008, ore 20.00
Missione Cattolica Italiana - 1207 Ginevra
SEGRETERIA DEL C.A.I.G.
(Coordinamento Associazioni Italiane Ginevra)
Case postale 1025 / 1227 CAROUGE / Tel. 022 3434927
e-mail: [email protected]
Segretario responsabile : Silvano COCCO
Cassiere : Francesco CELIA
Segreteria : Giovanni PAGGI
Consigliere : Franco ANTONELLI
il giornale italiano
anno 14, n. 135 - novembre 2008 - pagina 10
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Il viaggio (5)
Egli sorrise di quello sgomento e, invitandola ad alzarsi
passandole con una intimità che finora non s'era mai permessa
un braccio sotto il braccio, per sorreggerla, la condusse a
vedere di là, su la coperta stessa, i lucidi possenti stantuffi
d'acciajo che movevano quelle eliche. Ma ella, già turbata di
quel contatto insolito, non poté resistere a quella vista e piú al
fiato caldo, al tanfo grasso che vaporavano di là, e fu per
mancare e reclinò e quasi appoggiò il capo su la spalla lui. Si
contenne subito, quasi atterrita di quella voglia istintiva
d'abbandono a cui stava per cedere.
E di nuovo egli, con maggior premura, le chiese:
- Ti senti male?
Col capo, non trovando la voce, gli rispose di no. E andarono
tutti e due, cosí a braccio, verso la poppa, a guardar lunga scia
fervida fosforescente sul mare già divenuto nero sotto il cielo
polverato di stelle, in cui il tubo enorme della ciminiera
esalava con continuo sbocco il fumo denso e lento, quasi
arroventato dal calore della macchina. Finché, a compir
l'incanto, non sorse dal mare la luna; dapprima tra i vapori
dell'orizzonte come una lugubre maschera di fuoco che
spuntasse minacciosa a spiare in un silenzio spaventevole quei
suoi dominii d'acqua; poi a mano a mano schiarendosi,
restringendosi precisa nel suo niveo fulgore che allargò il
mare in un argenteo pàlpito senza fine. E allora piú che mai
Adriana sentí crescersi dentro l'angoscia e lo sgomento di
quella delizia che la rapiva e la traeva irresistibilmente a
nascondere, esausta, la faccia sul petto di lui.
Fu a Napoli, in un attimo, nell'uscire da un caffè-concerto,
ove avevano cenato e passato la sera. Solito egli, nei suoi
viaggi annuali, a uscire di notte da quei ritrovi con una donna
sotto il braccio, nel porgerlo ora a lei, colse all'improvviso
sotto il gran cappello nero piumato il guizzo d'uno sguardo
acceso, e subito, quasi senza volerlo, diede col braccio al
braccio di lei una stretta rapida e forte contro il suo petto. Fu
tutto. L'incendio divampò.
Là, al bujo, nella vettura che li riconduceva all'albergo
allacciati, con la bocca su la bocca insaziabilmente, si dissero
tutto, in pochi momenti, tutto quello che egli or ora, in un
attimo, in un lampo, al guizzo di quello sguardo aveva
indovinato: tutta la vita di lei in tanti anni di silenzio e di
martirio. Ella gli disse come sempre, sempre, senza volerlo,
senza saperlo, lo avesse amato; e lui quanto da giovinetta la
aveva desiderata, nel sogno di farla sua, cosí, sua! sua!
Fu un delirio, una frenesia, a cui diedero una violenta lena
instancabile la brama di ricompensarsi in quei pochi giorni
sotto la condanna mortale di lei, di tutti quegli anni perduti di
soffocato ardore e di nascosta febbre; il bisogno d'accecarsi,
di perdersi, di non vedersi quali finora l'uno per l'altri erano
stati per tanti anni, nelle composte apparenze oneste laggiú,
nella cittaduzza dai rigidi costumi, per cui quel loro amore, le
loro nozze domani sarebbero apparse come un inaudito
sacrilegio.
Che nozze? No! Perché lo avrebbe costretto a quell'atto quasi
sacrilego per tutti? perché lo avrebbe legato a sé che aveva
ormai tanto poco da vivere? No, no: l'amore, quell'amore
frenetico e travolgente, in quel viaggio di pochi giorni; viaggio
d'amore, senza ritorno; viaggio d'amore verso la morte.
Non poteva piú ritornare laggiú, davanti ai figliuoli. Lo aveva ben
presentito, partendo; lo sapeva che, passando il mare, sarebbe
finita per lei. E ora, via, via, voleva andar via, piú sú, piú lontano,
cosí in braccio a lui, cieca, fino alla morte.
E cosí passarono per Roma, poi per Firenze, poi per Milano,
quasi senza veder nulla. La morte, annidata in lei, con le sue
trafitture, li fustigava, e fomentava l'ardore.
- Niente! - diceva a ogni assalto, a ogni morso. - Niente...
E porgeva la bocca, col pallore della morte sul volto.
- Adriana, tu soffri...
- No, niente! Che m'importa?
L'ultimo giorno, a Milano, poco prima di partire per Venezia, si
vide nello specchio, disfatta. E quando, dopo il viaggio notturno,
le si aprí nel silenzio dell'alba la visione di sogno, superba e
malinconica, della città emergente dalle acque, comprese che era
giunta al suo destino; che lí il suo viaggio doveva aver fine.
Volle tuttavia avere il suo giorno di Venezia. Fino alla sera, fino
alla notte, per i canali silenziosi, in gondola. E tutta la notte
rimase sveglia, con una strana impressione di quel giorno: un
giorno di velluto.
Il velluto della gondola? il velluto dell'ombra di certi canali? Chi
sa! Il velluto della bara.
Com'egli, la mattina seguente, scese dall'albergo per andare a
impostare alcune lettere per la Sicilia, ella entrò nella camera di
lui: scorse sul tavolino una busta lacerata; riconobbe i caratteri
del maggiore dei suoi figliuoli: si portò quella busta alle labbra e
la baciò disperatamente; poi entrò nella sua camera; trasse dalla
borsa di cuojo la boccetta con la mistura dei veleni intatta; si
buttò sul letto disfatto e la bevve d'un sorso.
(FINE)
Pallino e Mimì (1)
Si chiamò prima Pallino perché, quando nacque, pareva una palla.
Di tutta la figliata, che fu di sei, si salvò lui solo, grazie alle preghiere insistenti e alla tenera protezione dei ragazzi.
Babbo Colombo, come non poteva andare a caccia, ch'era stata la
sua passione, non voleva più neanche cani per casa, e tutti, tutti
morti li voleva quei cuccioli là. Così pure fosse morta la Vespina
loro madre, che gli ricordava le belle cacciate degli altri anni,
quand'egli non soffriva ancora dei maledetti reumi, dell'artride,
che - eccolo là - lo avevano torto come un uncino!
A Chianciano, già il vento ci dava anche nei mesi caldi: certe libecciate che investivano e scotevan le case da schiantarle e portarsele via. Figurarsi d'inverno! E dunque tutti in cucina, stretti accovacciati da mane a sera nel canto del foco, sotto la cappa, senza
cacciar fuori la punta del naso, neanche per andare a messa la domenica. Giusto, la Collegiata era lì dirimpetto a due passi. Quasi
quasi la messa si poteva vederla dai vetri della finestra di cucina.
Nelle altre camere della casa non ci s'andava se non per ficcarsi a
letto, la sera di buon'ora. Ma babbo Colombo ci faceva anche di
giorno una capatina di tanto in tanto, curvo, con le gambe fasciate,
spasimando a ogni passo, per andar a vedere dal balcone della sala
da pranzo tutta la Val di Chiana che si scopriva di là e il suo bel
podere di Caggiolo. E Vespina, a farglielo apposta, gravida, così
che poteva appena spiccicar le piote da terra, lo seguiva lemme
lemme, per accrescergli il rimpianto della campagna lontana, il
dispetto di vedersi ridotto in quello stato. Maledetta! E ora gli
faceva i figliuoli, per giunta. Ma glielo avrebbe accomodati lui!
Oh, senza farli penare, beninteso. Li avrebbe presi per la coda e là,
avrebbe loro sbatacchiata la testa in una pietra.
(segue)
il giornale italiano
anno 14, n. 135 - novembre 2008 - pagina 11
La ricetta del mese
a cura di
Fiorella CELIA-FOSSELLA
Carciofi al prezzemolo
Ingredienti per 4 persone: 8 carciofi piccoli, una cipolla bianca,
una zucchina, 3 rametti di prezzemolo, un limone, 40 ml di olio di
oliva, sale fino, 2 rametti di timo, una foglia di alloro.
Preparazione: pelate ed affettate sottilmente la cipolla, spuntate e
lavate la zucchina e tagliatela a fettine. Tagliate il limone a metà,
spremetelo e filtrate il succo attraverso un colino a maglie fitte.
Eliminate le foglie più dure ai carciofi, lasciate 4 cm di gambo,
tagliate le punte delle foglie di circa un centimetro ed eliminate il
fieno interno scavandolo con un coltellino. Pelate i fondi di
carciofo ed i gambi e spruzzateli subito con metà succo di limone
per evitare che anneriscano. Tuffateli in una bacinella di acqua
acidulata con il succo di limone rimasto. Lavate e asciugate il
prezzemolo, togliete le foglie e tritatele finemente. Scaldate l'olio
d'oliva in una padella senza farlo fumare e rosolatevi le fettine di
zucchina 5 minuti mescolando. Toglietele poi con un mestolo
forato.
Mettete la cipolla nella padella e rosolatela per 3 minuti; unite i
carciofi mettendoli con i gambi rivolti verso l'alto. Aggiungete il
timo e l'alloro ben puliti. Salate e pepate. Coprite i carciofi con
acqua a filo. Mettete il coperchio e cuocete 15 minuti a fuoco
medio. Togliete il coperchio, unite le zucchine e lasciate restringere
il fondo di cottura 5 minuti a fuoco vivace. Trasferite i carciofi in
un piatto da portata leggermente fondo. Irrorateli con il fondo di
cottura e le zucchine. Spolverizzate con il prezzemolo e servite.
Frittelle di mele
Ingredienti per 4-6 persone: 600 gr. di mele, 150 gr. di
farina, 2 uova, 2 bicchieri di vino bianco, 3 cucchiai di
zucchero, 1 bustina di vaniglia, ½ limone, 1 cucchiaio
d’olio d’oliva, olio per friggere.
Per decorare, 50 gr. di zucchero a velo.
Preparazione: mettete la farina in una terrina, la scorza
grattugiata di un limone, la vaniglia, lo zucchero ed i tuorli
(tenete da parte gli albumi). Mescolate con cura gli
ingredienti e versatevi piano il vino fino a che avrete
ottenuto una pastella liscia e vellutata, lasciatela riposare in
luogo tiepido per 2 ore. Lavate, sbucciate le mele,
tagliatele a dadini di 1 cm circa, mettetele su uno
strofinaccio e comprimetele con le mani, in modo che si
asciughino. Montate a neve ben ferma gli albumi in
un’altra terrina. Versate la frutta spezzettata nella pastella
ed incorporatevi gli albumi.
Scaldate l’olio in una larga pastella, appena caldo versate
la pastella creando delle ciambelle, aiutandovi con un
cucchiaio. Sgocciolate le frittelle, aiutandovi con un
cucchiaio forato, quando saranno dorate e croccanti e
ponetele su un foglio di carta assorbente da cucina perché
perdano l’eccesso di olio (occorreranno circa 15 min.).
Disponetele su un piatto da portata, servite. Eventualmente
potete spolverizzarle con zucchero a velo.
"Mafia Spa", l'azienda italiana più redditizia
Utile da 92 miliardi di euro pari al 6% del Pil italiano
Milano (News ITALIA PRESS, 12.11.2008) - Ieri, giorno di conti trimestrali per la gran
parte delle imprese italiane, e non solo, la Confesercenti ha pubblicato i dati sull'attività
più redditizia e prolifica del Bel Paese: la mafia. "Mafia Spa", così la definisce
l'associazione, raggiunge un utile - solo nel comparto commerciale - che arriva a 92
miliardi di euro (il 6% del Pil italiano).
Ma gli affari dei boss non restano in Italia, la mafia ha esteso in maniera assai prolifica il
suoi tentacoli anche all'estero. E i soldi passano così dalle mani dei lavoratori, piccoli
imprenditori o liberi professionisti, in quelle dei mafiosi che si presentano a riscuotere il
pizzo. Il bilancio non lascia adito a dubbi: 62,8 miliardi per traffici illeciti, 21,6 miliardi di entrate per le 'tasse mafiose', 18,5
miliardi di utili per ecomafie, 600 milioni arrivano dalla prostituzione e 750 milioni di proventi finanziari. Poi, ovviamente, ci sono
delle uscite, come ogni grande azienda che si rispetti, e finiscono in stipendi per boss e affiliati, corruzione, indennizzi, buste paga,
sussidio latitante, logistica, armi e spese legali.
(ndr. Nel leggere la nota dell’Agenzia, viene naturale una domanda: come fa la Confesercenti a quantificare l’utile di
“Mafia Spa”??)
Ente Italiano Socio-Assistenziale
rue de l’Athénée 26
1206 GINEVRA
tel. e fax 022 / 3468949
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orario di apertura:
martedì giovedì e venerdì,
dalle ore 09.00 alle 11.00
Consolato Generale d’Italia
Rue Chs. Galland 14 / 1206 GINEVRA
Tel. 022 / 8396744 - Fax 022 / 8396745
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Orario di apertura
martedì e giovedì: 14.30-17.30
mercoledì e venerdì: 09.00-12.30
sabato: 09.00-12.30
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Com.It.Es.
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il giornale italiano
Turisti per caso
di Marco Lillo
Un esercito di
dipendenti.
Sedi all'estero.
Le spese facili
dell'Enit.
Mentre il settore è in piena crisi.
Le due Mercedes sono parcheggiate sotto la
sede dell'Enit di via Marghera, a Roma.
L'agenzia pubblica del turismo che dovrebbe
promuovere l'Italia preferisce le berline
tedesche alle nostrane Alfa e ha stanziato 130
mila euro per noleggiare queste Classe E
fiammanti con tanto di conducente pronto a
servire con priorità il presidente Matteo
Marzotto e il direttore generale Eugenio
Magnani. L'ultimo lusso di un periodo pieno
di spese discutibili: 600 mila euro per la fiera
religiosa del Vaticano, 197 mila euro per le
Olimpiadi di Pechino e 230 mila per
l'imperdibile rivista dell'Enit.
Per non parlare di altre quisquilie come un
pranzo da 850 euro offerto dal direttore
Magnani a otto dirigenti e spesato per errore
come incontro con i tour operator. E poi
ancora vini e piccoli regali pagati con il
fondo 'pubbliche relazioni'. A via Marghera
si largheggia mentre il turismo vive la sua
crisi più nera: il Paese è precipitato in pochi
anni dal terzo all'ottavo posto. Le immagini
della Campania coperta dai rifiuti hanno
lasciato il segno e il Sud registra un calo del
17 per cento. Una Caporetto.
Qualsiasi paese avrebbe reagito con una
valanga di spot all'estero, ma l'Enit - che pure
costa 50 milioni di euro all'anno - non è
riuscita a predisporre una degna
controffensiva. A tal fine, a febbraio era
partita una gara da 10,7 milioni, ma non è
mai approdata per cavilli, ricorsi e stop
burocratici. Il Tar si esprimerà il 20
novembre e molti scommettono che l'appalto
alla fine andrà all'agenzia Publicis, che ha già
vinto la campagna 2007 da 8 milioni,
prorogata senza gara dal direttore generale
anno 14, n. 135 - novembre 2008 - pagina 12
Eugenio Magnani (per altri
250 mila euro).
Ad aprile il consiglio si era
riunito addirittura a Napoli,
annunciando "il grande
rilancio". Non se ne è
saputo più nulla. In
compenso due mesi prima a
Roma il cda ha deliberato
un aumento del 70 per cento
dello stipendio di Magnani
fino a 190 mila euro
(compreso il premio di
produzione) e ha varato un
aumento di capitale da 89
mila euro per la controllata
Promuovi Italia, guidata dal
vicepresidente Enit, Enrico
Paolini, che è anche
vicepresidente della giunta
abruzzese e che ha
annunciato nel 2007 di voler
usare i fondi di
Promuovitalia per portare il
turismo americano a
Pescara.
Il cda si riunisce ancora
il 23 luglio, con gli
alberghi italiani sempre più
vuoti e l'emergenza rifiuti
che imperversa, ma la testa
è lontana, alle Olimpiadi. In
tutta fretta Enit affida senza
gara all'agenzia Assist
dell'amico di Marzotto,
Gianni Prandi, un appalto da
300 mila euro (poi ridotti a
197 mila) per la
partecipazione a Casa Italia,
il villaggio del Coni a
Pechino. Nel pacchetto sono
previsti viaggi per i
dirigenti, stand, meeting con
gli operatori e spot in tv. Ad
agosto volano in business
Marzotto (appena nominato)
e Magnani più due suoi
impiegati. Le spese non
sono finite: il 31 luglio,
nonostante l'Opera romana
pellegrinaggi, guidata da
Camillo Ruini,
sia un ente
florido ed
esentasse,
l'Enit delibera
500 mila euro
più Iva per
partecipare
alla sua fiera
del turismo
religioso. Più
altri 100 mila
per la
partecipazione
ad Aurea, altra
fiera che parte
il 20 novembre
a Foggia sotto
Campo dei Miracoli a Pisa
la benedizione
di Padre Pio e del consigliere pugliese Enit,
Massimo Ostilio.
Per il rilancio del turismo resta poco. I 50
milioni del finanziamento pubblico se ne vanno
in gran parte per i 250 dipendenti, metà in sede e
metà all'estero (costano 16 milioni) per non
parlare della rete estera (una dozzina di sedi più
otto osservatori) e del cda con 16 consiglieri (il
sottosegretario Brambilla vuole ridurli a nove).
Le delibere spendaccione risalgono a prima della
nomina di Marzotto, che però talvolta ne ha
usufruito e le difende. Il rampollo della dinastia
tessile, fama di seduttore ed ex presidente di
Valentino, per ora ha avanzato una richiesta
morigerata: 90 euro per l'abbonamento a un sito
Internet che - nel suo genere - è il numero uno.
Non Usa Today, ma Dagospia.
(L’espresso,10 novembre 2008)
il giornale italiano
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