Stati Uniti America - amnesty :: Rapporto annuale

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Americhe
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DUEMILA
Stati Uniti d’America
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guito alle proteste di Amnesty International, a fine anno la ricerca del termine “advocacy”
continuava a essere bloccata dal dipartimento.
STATI UNITI D’AMERICA
STATI UNITI D’AMERICA
Capo di stato e di governo: Barack H. Obama
Pena di morte: mantenitore
Popolazione: 313,1 milioni
Aspettativa di vita: 78,5 anni
Mortalità infantile sotto i 5 anni (m/f): 7,8‰
Durante l’anno 43 uomini sono stati messi a morte e hanno continuato a destare preoccupazione le crudeli condizioni nelle carceri. Decine di detenuti sono rimasti in stato di
detenzione indefinita a Guantánamo. L’amministrazione ha annunciato la propria intenzione di applicare la pena di morte per sei di questi detenuti, in procedimenti giudiziari
davanti a una commissione militare. Alla fine dell’anno, circa 3000 persone erano detenute nella struttura di detenzione degli Stati Uniti nella base aerea di Bagram, in Afghanistan. L’impiego di forza letale nel contesto dell’antiterrorismo ha destato gravi
preoccupazioni, così come le continue notizie di uso eccessivo della forza nel contesto
del mantenimento dell’ordine pubblico all’interno del paese.
CONTROTERRORISMO E SICUREZZA
DETENZIONI A GUANTÁNAMO
A fine anno, a quasi due anni dalla scadenza posta dal presidente Obama per la chiusura
della struttura di detenzione di Guantánamo, nella base erano ancora detenuti 171 uomini, compresi quattro che erano stati giudicati colpevoli da una commissione militare.
Durante l’anno, un detenuto è stato rilasciato dalla base. Due prigionieri sono deceduti,
entrambi cittadini afgani, uno per cause naturali e l’altro pare si sia suicidato. Con le loro
morti sale a otto il numero dei prigionieri deceduti nel campo, dei quali si ha notizia.
Il 31 dicembre, il presidente Obama ha firmato la legge di autorizzazione alla difesa nazionale che, tra le altre cose, prevede una detenzione indefinita senza accusa né processo
nel contesto del controterrorismo.
PROCESSO AI DETENUTI DI
GUANTÁNAMO
Il 4 aprile, il procuratore generale degli Stati Uniti ha fatto sapere che cinque detenuti
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di Guantánamo, accusati di coinvolgimento negli attacchi dell’11 settembre 2001, Khalid Sheikh Mohammed, Walid bin Attash, Ramzi bin al-Shibh, ‘Ali ‘Abd al-‘Aziz e Mustafa
al Hawsawi, sarebbero stati processati da una commissione militare. Al contrario di
quanto annunciato in precedenza, a novembre 2009, cioè che i cinque sarebbero stati
processati da una corte federale ordinaria negli Usa. Il ministro della Giustizia ha attribuito l’inversione di marcia ai membri del congresso, che avevano “imposto restrizioni
che impedivano all’amministrazione di processare negli Stati Uniti un qualsiasi detenuto
di Guantánamo, indipendentemente dalla competenza territoriale”. I procuratori hanno
raccomandato che, in caso di verdetto di colpevolezza, i cinque dovrebbero essere condannati a morte. A fine anno, i processi non erano ancora iniziati. I cinque detenuti erano
stati trattenuti in incommunicado per circa quattro anni in custodia segreta degli Stati
Uniti, prima di essere trasferiti a Guantánamo nel 2006.
A settembre, l’autorità di convocazione delle commissioni militari ha rinviato a giudizio
il cittadino saudita ‘Abd al Rahim al-Nashiri. Se ritenuto colpevole, potrebbe essere condannato a morte. Il governo ha dichiarato che, anche se verrà prosciolto nel processo
davanti alla commissione militare, che alla fine dell’anno era ancora pendente, potrebbe
essere rimandato in detenzione indefinita.
A febbraio, il cittadino sudanese Noor Uthman Muhammed si è dichiarato colpevole nel
corso di un processo davanti a una commissione militare, per aver fornito sostegno materiale al terrorismo ed è stato condannato a 14 anni di carcere. La pena, tranne 34
mesi, è stata sospesa in cambio della sua disponibilità a testimoniare per gli Usa davanti
a una futura commissione militare o nei procedimenti di una corte federale.
Con Noor Uthman Muhammed sale a sei il numero delle persone giudicate colpevoli da
una commissione militare dal 2001, quattro delle quali si erano dichiarate colpevoli.
Il cittadino canadese Omar Khadr, che aveva 15 anni quando fu catturato dalle forze
statunitensi nel 2002, a fine anno si trovava ancora a Guantánamo. Era stato condannato
nel 2010 a 40 anni di carcere da una commissione militare, dopo essersi dichiarato colpevole di cinque imputazioni per “crimini di guerra”. La sua pena è stata successivamente ridotta a otto anni. Le autorità canadesi e statunitensi hanno concordato il suo
trasferimento in Canada, dopo un anno da scontarsi in custodia degli Stati Uniti, periodo
che è terminato a ottobre.
La corte del riesame delle commissioni militari si è pronunciata in merito ai casi di due
cittadini yemeniti, Salim Ahmed Hamdan e Ali Hamza Ahmad Suliman Al Bahlul, giudicati
colpevoli da commissioni militari, confermando i verdetti di colpevolezza e le sentenze.
Il cittadino tanzaniano Ahmed Khalfan Ghailani, giudicato colpevole a novembre 2010
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da una corte distrettuale statunitense, in relazione agli attentati dinamitardi alle ambasciate statunitensi in Africa Orientale, a gennaio è stato condannato all’ergastolo. Era
stato trattenuto in custodia segreta della Cia per due anni e sotto la custodia militare
statunitense a Guantánamo per quasi tre anni, prima di essere trasferito a New York nel
2009. A fine anno, era l’unico ex detenuto di Guantánamo a essere stato trasferito per
essere perseguito da una corte federale negli Usa.
DETENZIONI STATUNITENSI IN
AFGHANISTAN
Centinaia di detenuti sono stati trattenuti nella struttura di detenzione statunitense di
Parwan (Detention Facility in Parwan - Dfip), presso la base aerea di Bagram, in Afghanistan. Circa 3100 detenuti rimanevano sotto custodia della Dfip, un numero quasi tre
volte superiore rispetto all’anno prima. Secondo l’Icrc, la maggior parte erano cittadini
afgani catturati dalle forze della coalizione nel sud e nell’est dell’Afghanistan. A gennaio,
secondo fonti del Pentagono, nella Dfip era iniziato il processo di “transizione delle operazioni di detenzione” alle autorità afgane, con il trasferimento al ministero della Difesa
afgano di un’unità di alloggio dei detenuti (cfr. Afghanistan).
È proseguita la controversia presso la corte distrettuale degli Stati Uniti, per stabilire se
i detenuti trattenuti a Bagram dovessero accedere alle corti statunitensi per impugnare
la legalità della loro detenzione. Nel maggio 2010, la corte d’appello degli Stati Uniti
aveva ribaltato una sentenza del 2009 emessa da un giudice distrettuale, secondo cui
tre detenuti di Bagram, che non erano cittadini afgani ed erano stati trasferiti in custodia
fuori dall’Afghanistan, avrebbero potuto presentare istanza di habeas corpus presso la
corte da lui presieduta.
ALTRE DETENZIONI E PROCESSI
Ahmed Abdulkadir Warsame, un cittadino somalo, è stato arrestato dalle forze statunitensi nel Golfo di Aden ad aprile e trasferito negli Usa agli inizi di luglio, dove è stato incriminato per reati collegati al terrorismo. A quanto pare, Ahmed Warsame è stato tenuto
in incommunicado per almeno sei settimane e in detenzione segreta almeno per due,
prima di essere trasferito negli Usa. Le autorità hanno risposto alle preoccupazioni
espresse da Amnesty International in merito al suo trattamento prima di essere trasferito,
affermando che “il governo degli Stati Uniti ha ripetutamente sostenuto di essere in
guerra con al-Qaeda e le sue forze alleate e di poter applicare ogni misura legittima,
compresa la detenzione, per sconfiggere il nemico”.
IMPUNITÀ
Non è stata fatta giustizia per le violazioni dei diritti umani commesse sotto l’amministrazione del presidente George W. Bush, nel contesto del programma di detenzione segreta e rendition (trasferimento di persone dalla custodia di uno stato a un altro, con
modalità che aggirano le debite procedure giudiziarie e amministrative) della Cia.
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Il 16 maggio, la Corte suprema degli Stati Uniti ha respinto l’istanza di riesame del caso
di rendition Mohamed vs. Jeppesen, lasciando in vigore una sentenza del 2010 di una
corte di grado inferiore, che archiviava un’istanza presentata da cinque uomini che sostenevano di essere stati sottoposti a sparizione forzata e tortura o altro trattamento crudele, disumano o degradante, da parte di personale statunitense e agenti di altri governi,
nel contesto del programma di detenzione segreta e rendition degli Usa. A novembre, gli
uomini hanno presentato il loro caso all’attenzione della Commissione interamericana
dei diritti umani.
Il 30 giugno, il ministro della Giustizia degli Stati Uniti ha annunciato che “il riesame
preliminare” condotto negli interrogatori del programma della Cia era terminato. Ha affermato di aver accolto la raccomandazione del pubblico ministero affinché fosse condotta un’“indagine penale completa”, in relazione a due decessi in custodia, ma non
sono state garantite ulteriori indagini su altri casi.
In un parere pronunciato a ottobre, un giudice federale ha respinto l’istanza di oltraggio
alla corte da parte della Cia, per aver distrutto le registrazioni video degli interrogatori
dei detenuti trattenuti nel programma di detenzione segreta. I nastri, che comprendevano
registrazioni dell’impiego di “tecniche di interrogatorio rinforzate”, tra cui il “water-boarding”, erano stati distrutti nel 2005, più di un anno dopo che la corte aveva ordinato
al governo di esibire o individuare materiale riguardante il trattamento dei detenuti.
IMPIEGO DI FORZA LETALE
Osama bin Laden è stato ucciso il 1° maggio, assieme ad altre persone, in un complesso
ad Abbottabad, in Pakistan, durante un’operazione condotta dalle forze speciali degli
Usa. L’amministrazione statunitense ha chiarito che l’operazione era stata condotta secondo la tesi sostenuta dagli Usa di un conflitto armato globale in atto con al-Qaeda, in
cui gli Usa non riconoscono l’applicabilità del diritto internazionale sui diritti umani. In
assenza di altri chiarimenti da parte delle autorità statunitensi, l’uccisione di Osama bin
Laden è parsa essere illegale.
Anwar al-Awlaki, Samir Khan e almeno altre due persone sono state uccise in Yemen il
30 settembre, durante l’attacco di un drone contro il mezzo su cui viaggiavano. A fine
anno, Amnesty International non aveva ricevuto alcuna risposta da parte delle autorità
statunitensi in merito alle preoccupazioni avanzate dall’organizzazione, secondo cui queste uccisioni equivalevano a esecuzioni extragiudiziali.
USO ECCESSIVO DELLA FORZA
Almeno 43 persone sono morte dopo essere state colpite da taser della polizia, portando
a 497 il numero di questo tipo di decessi dal 2001. Mentre i coroner hanno attribuito
la maggior parte di queste morti ad altre cause, come problemi di salute precedenti, le
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taser sono state citate quale causa diretta o come fattore concomitante in più di 60 casi.
La maggior parte delle persone decedute era disarmata e molte di loro non sembravano
costituire una grave minaccia quando sono state colpite dalla scarica.
A maggio, l’Istituto nazionale di giustizia ha pubblicato il suo rapporto sui decessi a seguito dell’impiego di dispositivi a conduzione elettrica (Conducted energy devices – Ced),
come le taser. Secondo il rapporto “non c’è alcuna prova medica decisiva che indichi un
rischio elevato di morte o di lesione grave derivante dall’esposizione a Ced in adulti normali e sani”. Tuttavia, il rapporto ha rilevato che molti decessi attribuiti alle taser implicavano un’esposizione multipla o prolungata e ha raccomandato di evitare questo tipo
di utilizzo. Lo studio ha inoltre osservato che i margini di sicurezza non possono essere
applicabili nei casi di bambini piccoli, cardiopatici, anziani, donne incinte e altri soggetti
“potenzialmente a rischio”.
Amnesty International ha continuato a esortare le agenzie di sicurezza a sospendere l’impiego di questo tipo di armi o di limitarne l’utilizzo a casi che implichino una minaccia
immediata o la morte o una lesione grave.
Sono pervenute denunce di uso eccessivo della forza da parte della polizia contro manifestanti che partecipavano al movimento Occupy Wall Street. A ottobre e novembre, a
Oakland, in California, i poliziotti che avevano tentato di disperdere i manifestanti sono
stati accusati di aver sparato indiscriminatamente gas lacrimogeni, proiettili di gomma
e granate stordenti, causando il ferimento grave di almeno due persone. A fine anno, era
ancora pendente una causa civile relativa al caso. A Tulsa, in Oklahoma, e a Seattle,
nello stato di Washington, la polizia ha impiegato spray urticante contro manifestanti
non violenti.
Tre persone, tra cui due adolescenti, sono state uccise a colpi d’arma da fuoco in episodi
distinti da agenti della polizia di frontiera statunitense (Us Border Patrol Police) per aver,
secondo quanto riferito, gettato pietre contro i poliziotti lungo il confine tra Stati Uniti e
Messico. Pare che due si trovavassero sul lato messicano e siano stati raggiunti dai proiettili al di là del confine. A fine anno, era in corso un’indagine del dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sulla sparatoria in cui era stato ucciso in circostanze analoghe,
nel 2010, il quindicenne Sergio Adrián Hernández Güereca.
CONDIZIONI CARCERARIE
A luglio e ottobre, migliaia di prigionieri in California hanno iniziato uno sciopero della
fame per protestare contro le crudeli condizioni di isolamento nelle unità di alloggio di
sicurezza statali (Security Housing Units – Shu). Nelle Shu del carcere statale di Pelican
Bay, oltre un migliaio di prigionieri erano confinati in celle prive di finestre per 22,5 ore
al giorno, in condizioni definite da una corte nel 1995 “che potrebbero oltrepassare i li286
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miti estremi di ciò che la maggior parte degli esseri umani è in grado di tollerare psicologicamente”. Quando è iniziato lo sciopero della fame, più di 500 prigionieri di Pelican
Bay avevano trascorso almeno 10 anni in queste condizioni e 78 si trovavano nelle Shu
da 20 anni. A fine anno, alcune riforme erano in corso di revisione, tra cui modifiche
procedurali per trattenere presunti membri di bande in regime di reclusione indefinita
nelle Shu. Amnesty International si è unita ad altre voci di condanna per l’azione disciplinare nei confronti dei prigionieri che avevano intrapreso lo sciopero della fame, chiedendo di porre fine alle condizioni disumane. Migliaia di detenuti sono rimasti in
isolamento in condizioni simili in altri stati, tra cui Arizona e Texas.
Bradley Manning, un soldato statunitense accusato di aver passato documenti a Wikileaks, ha trascorso i primi 11 mesi della sua detenzione confinato in una cella di isolamento, in un carcere militare della marina a Quantico, in Virginia. Le sue condizioni sono
migliorate dopo che ad aprile è stato spostato in una struttura militare di media sicurezza,
dove poteva socializzare con altri detenuti in attesa di processo. Il 16 dicembre è iniziata
un’udienza preliminare riguardante le imputazioni a suo carico.
DIRITTI DEI MINORI
A marzo, gli Usa hanno comunicato al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite che
sostenevano gli obiettivi della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e le
raccomandazioni espresse da altri governi durante il processo di Esame periodico universale,
per arrivare alla ratifica della Convenzione da parte degli Usa. A fine anno, gli Usa continuavano a essere l’unico paese a non aver ratificato questo trattato oltre alla Somalia.
Ad agosto, Jordan Brown è stato trasferito a una corte minorile per essere processato in
Pennsylvania. Da due anni e mezzo affrontava il rischio di essere processato come un
adulto e di essere condannato all’ergastolo, senza la possibilità di libertà provvisoria, per
un reato commesso all’età di 11 anni.
A novembre, la Corte suprema degli Stati Uniti ha acconsentito a prendere in considerazione il divieto di imporre l’ergastolo senza libertà provvisoria per il reato di omicidio
commesso da persone al di sotto dei 18 anni; la sentenza era attesa non prima della
metà del 2012. Nel 2010, la Corte aveva proibito l’ergastolo senza libertà provvisoria
per i reati diversi dall’omicidio, commessi da persone di età inferiore ai 18 anni.
DIRITTI DEI MIGRANTI
A settembre, un giudice federale ha temporaneamente sospeso alcuni articoli di una
legge dell’Alabama sui migranti privi di documenti. Altri articoli sono stati mantenuti,
compresa una disposizione che impone alla polizia statale e locale di controllare lo status
di immigrazione di una persona durante i controlli stradali di routine, in presenza di un
“ragionevole sospetto” che si tratti di un migrante irregolare. La legge, a oggi la più rigida
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in materia applicata nel paese, a fine anno era stata impugnata dal dipartimento della
Giustizia degli Stati Uniti e da gruppi per i diritti civili e religiosi. Altre analoghe legislazioni contro i migranti in Georgia, Sud Carolina, Indiana e Utah erano oggetto di ricorso
presso le corti federali.
DIRITTO ALLA SALUTE – MORTALITÀ MATERNA
Anche nel 2011, centinaia di donne sono morte per cause legate alla gravidanza facilmente prevenibili. Non ci sono stati progressi verso il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal governo per ridurre la mortalità materna e sono persistite le disparità sulla base
della razza, dell’etnia, del luogo di residenza e del reddito. Durante l’anno sono stati presentati al congresso diversi progetti di legge, finalizzati ad affrontare le disparità in materia di sanità, a fornire finanziamenti agli stati per formare organi di controllo sulla
mortalità e diffondere prassi migliori. A fine anno, nessuno era stato convertito in legge.
Sono proseguiti i ricorsi legali relativi alla legge di riforma del sistema sanitario del 2010.
PENA DI MORTE
Durante l’anno 43 prigionieri sono stati messi a morte negli Usa, tutti uomini e tutti tramite iniezione letale. Questa cifra porta a 1277 il numero totale di esecuzioni effettuate
da quando la Corte suprema degli Stati Uniti revocò una moratoria sulla pena di morte,
nel 1976.
A marzo, l’Illinois è divenuto il 16° stato abolizionista degli Usa. A novembre, il governatore dell’Oregon ha imposto una moratoria sulle esecuzioni nello stato e ha invocato
“una nuova e da troppo tempo attesa valutazione” del sistema della pena capitale.
A novembre, lo stato dell’Idaho ha effettuato la sua prima esecuzione dopo 17 anni.
Eddie Powell è stato messo a morte in Alabama il 16 giugno, nonostante fosse stato provato un grado “di
ritardo mentale” che avrebbe reso incostituzionale la sua esecuzione.
Il cittadino messicano Humberto Leal García è stato messo a morte in Texas il 7 luglio. Dopo l’arresto gli
erano stati negati i diritti consolari e la sua esecuzione violava il diritto internazionale e un’ordinanza vincolante della Corte internazionale di giustizia.
Troy Davis è stato messo a morte in Georgia il 21 settembre, nonostante i seri dubbi riguardo alla fondatezza
della sua condanna. L’esecuzione è stata portata a termine malgrado le centinaia di migliaia di appelli
che chiedevano la clemenza.
Manuel Valle è stato messo a morte in Florida il 28 settembre, dopo 30 anni trascorsi nel braccio della
morte.
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MISSIONI E RAPPORTI DI AMNESTY INTERNATIONAL
Delegati di Amnesty International hanno presenziato come osservatori ai procedimenti
celebrati davanti alla commissione militare a Guantánamo a novembre e hanno visitato
gli Usa a febbraio, luglio e novembre, quando sono potuti entrare in alcune strutture carcerarie di isolamento, inclusa Pelican Bay.
Usa: See no evil – government turns the other way as judges make findings about torture
and other abuse (AMR 51/005/2011)
Usa: Digging a deeper hole – administration and Congress entrenching human rights failure on Guantánamo detentions (AMR 51/016/2011)
Cruel conditions for pre-trial detainees in US federal custody (AMR 51/030/2011)
Usa: 100 years in solitary – the “Angola 3” and their fight for justice (AMR
51/041/2011)
Usa: Remedy blocked again – Injustice continues as Supreme Court dismisses rendition
case (AMR 51/044/2011)
Usa: An embarrassment of hitches – reflections on the death penalty, 35 years after
Gregg v. Georgia, as states scramble for lethal injection drugs (AMR 51/058/2011)
“This is where I’m going to be when I die” – children facing life imprisonment without
the possibility of release in the USA (AMR 51/081/2011)
Usa: Amnesty International calls for urgent reforms to California security housing units
as prison hunger strike resumes (AMR 51/085/2011)
Usa: Guantánamo – A decade of damage to human rights (AMR 51/103/2011)
Usa: Deadly Delivery: The Maternal Health Care Crisis in the USA, One Year Update,
Spring 2011 (AMR 51/108/2011)
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