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secondo invio indesign
Arte, disegno e nuove tecnologie - G. Federle ©2006
Seconda parte
Lo zen e l’arte dell’uso del computer
Avvertenza. sono in giallo alcune delle parole sulle quali costruire il wiki, altre saranno delegate
alla vostra curiosità.
Alcuni principi a sostegno di un approccio positivo all’insegnamento, e all’uso, del computer.
1.
Diffidare di chi cerca di alfabetizzare perché:
Il computer si “impara” usandolo e possedendone uno, magari di seconda mano.
Corollario: non porta nessun vantaggio fare un corso ad ogni cambio di stagione e lasciar passare
il tempo tra un corso e l’altro senza usare il computer.
2. Richiedere e cercare corsi che siano progettati per il soddisfacimento di esigenze precise
e circoscritte.
Corollario: meglio un corso che prepari l’insegnante nelle sue attività quotidiane con la
videoscrittura, preparazione di compiti, relazioni e verbali, creare tabelle di valutazione, piuttosto
che un corso generico di videoscrittura.
3. Diffidare degli informatici e degli smanettoni: sono dei sacerdoti che amministrano sacramenti a loro riservati e faranno di tutto per tenervi alla larga dalla sostanza delle cose,
perpetuando i loro privilegi di potere sulla conoscenza.
Corollario: un buon insegnante in un corso di formazione con l’informatica si mette nei panni
dello studente, usa un linguaggio chiaro e comprensibile e ha l’obiettivo di farvi superare le reverenze e il timore del tabù.
4. È proprio del venditore di auto cercare di elencarne tutte le caratteristiche nel minor tempo possibile: vendere automobili è un’attività completamente diversa dall’insegnare con
un’applicazione (programma).
Corollario: il buon insegnante cerca di farvi indagare come funziona il software partendo da un
problema concreto e non dall’illustrazione dei comandi ed è disposto a “perdere” del tempo con
voi.
5. Portare a scuola un computer o un laboratorio non basta a cambiare la didattica.
o
Primo corollario: secondo un principio in uso nelle scuole USA, un terzo del
budget va destinato all’hardware, un terzo al software (ne fanno parte anche i
manuali e i manuali paralleli, quelli che si trovano in libreria), un terzo alla formazione dei docenti.
o
Secondo corollario: è meglio avere un chiaro progetto didattico con supporto di
nuove tecnologie piuttosto che un vecchio progetto didattico sul quale la tecnologia è ininfluente.
6. Non occorre conoscere un software in modo perfetto per fare formazione “con” quel
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software.
Corollario: non troverete nelle biblioteche nessun testo che vi insegni come sperimentarlo nell’insegnamento, e non esiste manuale che lo faccia,. Anche con l’insegnante che conosce perfettamente la materia, o il software, gli studenti riescono ad essere sorprendenti, e compiendo la manovra inaspettata, si avviano verso percorsi che nemmeno chi ha ideato il programma sospettava.
Nello specifico delle discipline di comunicazione ed espressione
In generale nell’uso didattico si possono rilevare alcuni vantaggi che la macchina offre e che sono
facilmente verificabili da qualsiasi insegnante sul campo.
Il computer
- contribuisce a rafforzare le motivazioni all’apprendimento,
- facilita un apprendimento non mediato “percettivo motorio”, contro un apprendimento “simbolico-ricostruttivo” che passa attraverso il linguaggio e il testo scritto, (Antinucci)
contribuisce ad una atmosfera collaborativa
- avvicina il processo di apprendimento alle modalità del gioco che sono più vicine agli interessi
dei più piccoli e degli adolescenti
- facilita percorsi di apprendimento individualizzato
Come insegnanti di discipline del disegno e dell’arte siamo letteralmente superati dal dibattito
sulle nuove tecnologie nella scuola, in quanto il computer per il disegno e la progettazione è
diventato strumento essenziale e non evitabile. Non si può ipotizzare nel mondo professionale
il progettista di arredamento, di architettura, di design, di meccanica, di oreficeria, di grafica
tradizionale o multimediale ecc. senza cognizione, o meglio, senza una buona capacità nell’uso
del computer. Il professionista che ci rinuncia lo fa perché può permettersi di avere qualcuno che
traduce e trasferisce in digitale gli abbozzi, le idee catturate sulla carta e lo fa al posto suo.
Il docente che insegna quelle discipline che corrispondono alle professioni sopra citate si trova per
forza a doverle insegnare anche con lo strumento informatico.
Io credo che lo stesso principio valga anche per chi voglia dedicarsi alla professione dell’artista;
per avere una completa panoramica dei mezzi espressivi non ci si può negare la conoscenza delle
potenzialità offerte dal computer: quante performances quanti video e quante forme artistiche
usano il computer? Quanti pittori in senso stretto usano oggi il computer come strumento di analisi dell’immagine prima di lavorare sulla tela, così come fin dal Rinascimento gli artisti usavano
la camera chiara? Voglio ricordare qui David Hockey, sia come indagatore di queste esperienze
storiche che per la sua opera stessa pittorica, fotografica e mista. David Hockey, Il segreto svelato,
Electa.
E ancora di più: alcune forme espressive che nascono digitali, hanno dignità d’arte e nascondono
nuove potenzialità inesplorate. The Whitney Museum of American Art espone opere digitali che
possono andare dai siti web interattivi alle narrazioni multimediali sull’internet. In Italia già nel
solo anno 2001 le esposizioni incentrate sull’arte elettronica sono state molte: ne citiamo alcune.
La città di Ferrara con “L’arte elettronica” ha storicizzato i trent’anni dell’arte elettronica, a Roma
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“Media connection” che fornisce una traccia storica a partire dagli anni ‘60 fino alla Net Art,
l’arte che si trova in internet con tutte le invenzioni che la rete consente come linguaggio artistico
vero e proprio; ancora a Roma “Gravità zero”, Pesaro con “Frontiere dell’arte digitale in Italia”.
Matita-mouse, analogico-digitale
Alcuni ritengono tuttora formativa e indispensabile per gli apprendisti/studenti una prima fase di
formazione al disegno di progetto attraverso la pratica manuale, per cui i principi del disegno si
capiscono passando attraverso la pratica tradizionale.
Altri credono che l’approccio al disegno tradizionale sia superato dalle potenzialità del disegno
digitale; per esempio la modellazione tridimensionale consente di capire meglio anche i principi
della geometria descrittiva.
Il dibattito si sviluppa spesso tra due posizioni che riflettono l’evoluzione personale dei sostenitori: il passaggio tra il disegno o meglio la progettazione “manuale” e il disegno al computer.
Molti professionisti e molti insegnanti nel corso della loro vita sono emigrati da riga e squadra al
mouse, ma ritengono tuttora necessaria una prima fase del progetto, un’incubazione ideativa, con
la matita. Nonostante un uguale processo formativo, altri progettano direttamente con il computer,
con un’incubazione “ideativa” con il mouse.
La pratica del disegno manuale è necessaria per ottenere dei risultati nel disegno digitale: la conoscenza delle tecniche di base, sia pittoriche che grafiche, nozioni di generazione e trattamento
del colore, conoscenza della geometria delle figure piane e dei solidi, dei principi della rappresentazione tridimensionale, piani, sezioni e proiezioni. Occorre però chiedersi se non sia più facile affrontare e far capire il problema della terza dimensione attraverso un programma specifico
3D che rende subito evidenti molte cose, piuttosto che attraverso un lungo apprendistato con il
disegno classico. Ancora trent’anni fa lo psicologo e studioso della percezione visiva Rudolph
Arnheim affermava che le generazioni stanno perdendo il senso della terza dimensione appiattito
dall’esposizione prolungata alla visione piatta dello schermo televisivo: ora abbiamo sui banchi
scolastici generazioni che sono cresciute davanti al monitor televisivo, delle play station e dei
giochi a computer, e il problema si è certamente acutizzato. In conclusione occorre cercare nelle
potenzialità dell’informatica le strade più agevoli per far capire i problemi astratti e difficili della
rappresentazione: oltre alla terza dimensione, l’effetto delle luci e delle ombre sui solidi, possiamo elencare tutto quanto connesso con la comprensione dell’uso del colore, dalla generazione
additiva e sottrattiva ai rapporti tra masse e figura sfondo; nel disegno bidimensionale la tassellatura del piano, la composizione l’interazione tra gli oggetti e, gli effetti dei movimenti sul campo,
simmetrie, rotazione, traslazione.
Un nuovo linguaggio
Proviamo ad affrontare il problema cambiando punto di vista e chiediamoci se nella progettazione
supportata dall’informatica si è sviluppato un nuovo linguaggio formale al pari di quello sviluppato nelle altre discipline? In caso affermativo occorre concludere che lo strumento condiziona il
linguaggio: sarà perciò necessario rivedere anche le tecniche di formazione, attraverso il disegno,
alla “logica di progettazione”.
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Un interessante studio sull’argomento propone alcune chiavi di analisi. Martegani P, Montenegro R., Design digitale, nuove frontiere degli oggetti, Testo & immagine, Torino, 2001, p. 53.
Si sostiene che è difficile dare una risposta al quesito “se si sia sviluppato un nuovo linguaggio
formale” per tre motivi:
i progettisti spesso non hanno coscienza del peso e del condizionamento dello strumento
le difficoltà di accettazione psicologica del mezzo sentito come forte, invadente
si teme la natura dei mezzi informatici e la loro capacità di influire sui processi creativi (ricordiamo l’analoga polemica nel passaggio tra artigianato e industria nell’Ottocento).
Sulla scia di analisi storiche del concetto di stile (Wölfflin, Frankl, Riegel, Zevi) e partendo dalla
prassi operativa offerta dal computer, Martegani e Montenegro deducono una serie di categorie
formali che hanno assunto oggi nel design soprattutto degli oggetti (e mi chiedo: non forse nell’architettura, si vedano Piano, Gehry) caratteri definiti e riconoscibili e quindi in questo caso un
proprio linguaggio formale, e sono
·
plasticità e geometria
·
assemblaggio, incastri e connessioni
·
trasparenza
·
deformazioni
Per analogia, come conseguenza della diffusione del desk top publishing nella grafica potremmo
individuarne altre come:
·
scardinamento del rettangolo gutemberghiano e della gabbia compositiva
·
messa in crisi del principio di leggibilità
·
compenetrazione del livello visivo-verbale
·
interpretazione del blocco di testo come simbolo grafico
·
ampliamento delle possibilità nell’uso del colore
Questi sintomi li possiamo leggere come un cambio nel linguaggio o come modi semplicemente
diversi di lavorare? Personalmente sono propenso a ritenere che si tratti della prima ipotesi e intuisco ancora più urgente l’individuazione di parametri e metodi di formazione al progetto con gli
strumenti digitali.
Dalla sequenza dei comandi alla mappa mentale
Approfondiamo e allarghiamo il concetto di artefatto cognitivo per capire meglio come ci si possa
lavorare.
Gli artefatti cognitivi incorporano una parte di storia intellettuale di una particolare cultura, sono
l’espressione fattuale di una teoria e gli utenti di questi artefatti cognitivi accettano queste teorie,
sebbene spesso inconsciamente, quando li usano. Un artefatto cognitivo non modifica la capacità
di elaborazione delle mente umana bensì modifica il contenuto delle conoscenze che sono coinvolte nell’elaborazione. Ma poiché la nostra abilità nell’elaborare conoscenze dipende criticamente dal loro contenuto di fatto un artefatto cognitivo, modificando il contenuto, modifica anche
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la possibilità si essere creativi o stupidi.
Tratto da P.G. Gabassi Psicologia, Lavoro, Organizzazione, F.Angeli Editore 1998.
Per arrivare ad una conclusione provvisoria, ma fondata, sulle modalità della “formazione” nell’utilizzo dei software ritengo importante la teoria esposta da Giuseppe Mantovani, La qualità
dell’interazione uomo-computer, Il Mulino, Bologna, 1991, che espongo.
L’utilizzatore del computer impiega sostanzialmente tre tipologie di rappresentazione mentali, o
spiegazioni causali del suo funzionamento, (p. 129).
1.
In termini di semplici sequenze che non hanno bisogno né di regole generali né di ipotesi
sul funzionamento del sistema. Esempio: procedura copia e incolla
a.
seleziona l’oggetto
b.
copia dal menu
c.
posiziona il puntatore nel punto di inserzione
d.
incolla
A questo tipo di rappresentazione fanno ricorso gli utilizzatori inesperti per addestrarsi all’uso di
alcune funzioni e comandi.
2.
La seconda rappresentazione è fondata sui metodi e comporta la possibilità di ipotizzare
percorsi diversi per raggiungere un dato scopo. Tipica dell’utilizzatore più esperto. Esempio: procedura copia e incolla
a. con il mouse
b. con la tastiera
c. da menù a cascata
d. da icone
3.
La terza, fondata sui modelli mentali, di grado più elevato, che mirano a cogliere “come
funziona il sistema, quali sono i suoi componenti, come sono collegati quali sono i processi interni che spiegano le operazioni […] del programma. (Il modello mentale è “una serie di corrispondenze biunivoche attraverso cui l’utilizzatore predice, per mezzo di nessi causali, gli output di un
processo di cui gli siano dati gli input.”) (p. 130). Esempio: procedura copia e incolla
·È importante capire che quando si copia l’oggetto copiato permane in memoria volatile (Ram)
fino al successivo ‘copia’.
·
Che nel sistema operativo MacX funziona il sistema di trascinamento, anche tra finestre
e programmi diversi e da finestra a desktop.
In tal modo i modelli mentali, a differenza delle rappresentazioni per sequenze o per metodi che
vincolano l’utilizzatore a un certo percorso, “consentono l’esplorazione dello spazio del problema
in molteplici direzioni, il cui numero dipende dalla sofisticazione dello schema iniziale”. p. 13233.
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I modelli mentali consentono di “provare mentalmente le azioni prima di sceglierne una da eseguire.” p. 133. Così consentono la verifica e l’indagine del problema stesso assumendo diverse
prospettive e l’attitudine a ricercare verificare e applicare il metodo in contesti nuovi e diversi.
Uno dei processi mentali più importanti nella formazione del modello mentale è l’analogia.
“L’analogia”
È la comprensione della struttura relazionale che esiste tra gli elementi trascurando le proprietà
degli elementi stessi.
Collegare l’analogia alla soluzione dei problemi ci aiuta a comprendere la funzione dei modelli
mentali. L’analogia infatti nasce dall’identificazione di un obbiettivo comune tra la situazione di
partenza e la situazione bersaglio, nel contesto di un problema da risolvere.” p. 134 Il sistema
informatico viene spiegato dagli utenti in base ad esperienze precedenti purché si riescano ad
identificare scopi comuni al sistema già conosciuto e al sistema informatico. Questo meccanismo
conferisce la padronanza sul nuovo sistema rendendo efficace l’estensione della capacità dell’artefatto concettuale.
Per capire meglio il concetto occorre pensare che l’interfaccia innovativa nella storia del computer, quella del Macintosh inizio anni ‘80, dalla quale derivano i vari Windows, era basata su alcuni
principi elaborati su questi concetti e particolarmente
·
Il ragionamento analogico, uso di concetti metaforici: sistema a finestre
·
Il riconoscimento è più facile del ricordo, cartella del desktop da cliccare
·
Il trasferimento di conoscenze è mediato dalla consistenza, uniformità morfologica delle toolbars
·
Valutazione effetti contigua temporalmente e formalmente alle azioni WYSIWYG (What You
See Is What You Get =quello che vedi è quello che fai).
Arriviamo così a poter desumere un modello di didattica fondata sui modelli mentali. Pare ovvio, ma affinché “l’esplorazione” non diventi fine a sé stessa, e quindi incapace di arrivare alla
soluzione del problema posto, si deve calibrare la difficoltà del quesito stesso in base al grado di
preparazione e alla “solidità” dell’utilizzatore (studente).
Mantovani ricorda inoltre come per una interazione efficace con il computer, noi estendiamo il
concetto anche al singolo software, l’utilizzatore debba sapere:
o
come si comunica con esso
o
che cosa può fare
o
capire le procedure di utilizzo.
“L’utilizzatore non ha solo bisogno di saper quali tasti premere nelle varie evenienze. Egli deve
potersi costruire rappresentazioni adeguate circa il modo di comunicare con l’artefatto e circa il
suo funzionamento.” p. 187.
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Nel caso dei software dove si esprime una componente “creativa”, quali il disegno per il progetto,
la grafica, “Occorrerà in particolare che le persone siano consapevoli del significato del controllo e
della responsabilità umana ai fini del conseguimento dell’affidabilità globale del sistema.”, p.188.
Vorrei aggiungere a questa consapevolezza la responsabilità umana nell’esprimere significati.
Fondamentale evitare l’effetto “onnipotenza” derivato dall’uso dello strumento. Lo studente è
inevitabilmente attratto da quello che manualmente è difficile da realizzare con i mezzi tradizionali, aerografo, effetti precostituiti, per esempio ‘lo sfumato’ nell’uso del colore, e lo applicherà
selvaggiamente dovunque è possibile senza una ragione/logica programmata. È una trappola nella
quale cade spesso anche il professionista poco accorto, quando sostituisce la tecnica all’idea, ovvero quando ritiene che l’espediente possa sostituirsi alla creatività: ecco allora inevitabilmente
sovrapporsi all’immagine realizzata il giochino digitale immediatamente identificabile come ‘il
filtro n. 25’ di Photoshop, la transizione ‘n. 4 di Flash’, il rendering ‘marmo di Carrara’ del programma 3D. È
La stessa critica che muoviamo a chi permette alla tecnica di sostituire l’idea: troviamo nei musei,
come reperti curiosi ma non pienamente artistici, sculture in miniatura su legno o trafori in avorio
dove il virtuosismo esecutivo è eccezionale ma sta al servizio di una idea non particolarmente
brillante o innovativa.
Con la differenza, rispetto a quanto consente oggi il computer, che una tecnica artigianale “virtuosa” e manuale implica delle capacità, un apprendistato, un lungo tirocinio e si evolve nei casi
migliori, fino a scomparire incorporata dalla forza dell’opera realizzata. Una tecnica “informatica” è, con poca fatica, a portata di tutti e immediatamente usata e sfruttata.
Un altro punto di vista
Se qualcuno vuole insegnarvi ad usare qualche software mostrandovi in un sol colpo tutte le
finestre, o palette, degli strumenti e tutte le sue funzioni di seguito dalla prima all’ultima, in
un primo momento sarete coinvolti ma alla fine annoiati e riuscirete a imparare e ricordare ben
poco. Questo approccio ha scarsi effetti positivi e, se ci sono, saranno di breve durata.
L’apprendimento deve avvenire su casi applicativi piccoli e ben circoscritti con allargamenti
concentrici e ritorni. Non deve essere un catalogo di comandi elencato a priori e le soluzioni,
suggerite dall’insegnante, devono emergere mano a mano che si affrontano e si risolvono i problemi.
Si mostrerà un piccolo problema per ogni lezione e si mostrerà come si affronta praticamente: la
volta successiva, il nuovo caso sarà diverso ma potrà implicare l’utilizzo di funzioni già viste la
volta precedente, che saranno così rafforzate.
Si possono preparare esercitazioni guidate con istruzioni scritte dove
o
si descrive passo passo tutta la procedura e lo studente deve leggere, capire ed eseguire,
o
si danno istruzioni sommarie e lo studente deve integrare con le sue conoscenze,
7
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o
si danno istruzioni omettendo passaggi e lo studente deve integrarli con le sue conoscenze,
o
in ciascuno di questi casi il risultato dovrà essere determinato e valutabile oggettivamente analizzando i file iniziali e finali.
L’apprendimento si deve focalizzare sulle funzioni comuni e fondamentali dei programmi più
che sui singoli strumenti: ad ogni nuova versione del programma, di media una all’anno, gli
strumenti sono destinati a mutare di aspetto, di posizione e, a volte, di proprietà, mentre invece
le funzioni base, quelle che permettono la realizzazione dei nostri progetti, ne standardizzano le
modalità e ne velocizzano le funzioni sono concettualmente importanti e relativamente stabili
nel tempo.
Se si impara la logica delle funzioni, e non i singoli strumenti, si saprà ricostruire anche l’uso
dei singoli strumenti su programmi e su versioni diverse; si saprà usare il manuale o l’aiuto in
linea sapendo cosa cercare, senza doverlo leggere sistematicamente dall’inizio alla fine.
È utile procedere attraverso la spiegazione e la sperimentazione di quelle che sono le macrofunzioni proprie dei software di disegno e che costituiscono i veri processi innnovativi anche nella
definizione delle procedure operative. Sono quelle utilities proprie di tutti i programmi di disegno,
e non solo, che consentono una rapidità di esecuzione e di varianti, sono strumenti concettuali che
a volte vengono addirittura ignorati dagli utenti perché il loro utilizzo richiede una comprensione
profonda del meccanismo che ne è la base. Ne elenco alcuni
Le funzioni fondamentali
Una serie di funzioni è trasversale all’uso di molti software, completamente differenti per origine o scopo: la pagina mastro era conosciuta dalla tipografia meccanica, oggi è una di queste
funzioni, ed è presente, non solo nei programmi di impaginazione ma nei programmi per fare
le pagine web. I livelli o layer nati come velina o carta da lucido sui tavoli dei disegnatori sono
presenti, come facilmente si intuisce, nei programmi di disegno ma anche nel programma di impaginazione o per creare pagine web. Voi ne conoscete altre??
Copia e copia multipla
La funzione copia e incolla è utile per spostare e duplicare elementi all’interno di un programma
o tra un programma e l’altro. Un elemento tagliato risiede nella memoria del computer fino al
taglio successivo ed è come se fosse copiato; infatti dando il comando incolla ricomparirà come
se fosse stato copiato.
La copia multipla permette di replicare non solo l’oggetto ma anche tutte le modifiche che vi
sono apportate: ideale per avere una serie di oggetti che si ripetono anche in posizioni o dimensioni diverse.
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La pagina mastro o template
Significa pagina maestra o “che comanda”; nasce nell’uso tipografico con lo scopo di permettere al progettista impaginatore di impostare caratteristiche o valori fissi, come margini, griglia
e fondi colorati e disporre di tutti gli elementi che si ritrovano uguali e ripetuti sulle pagine generate dalla pagina mastro iniziale, come per esempio il numero pagina, le testate o i piedini. Il
suo contenuto è generalmente modificabile e se alla fine del lavoro vi si apportano cambiamenti
vengono riprodotti esattamente su tutte le pagine generate dal mastro.
L’uso si è esteso ai programmi di grafica vettoriale (FH e Ill) e agli impaginatori per html diventando fondamentale nel modo di progettare.
Il foglio stile
Gli attributi come le caratteristiche della font, corpo, colore, allineamento, raggruppate sotto un
nome
o
titolo primo livello
o
titolo secondo livello ad esempio
costituiscono lo “stile” di un oggetto tipografico, o grafico come: si possono attribuire a grafica
o testo e riutilizzare nel corso di tutte le ricorrenze del medesimo documento. L’insieme di questi attributi si chiama foglio di stile.
Un esempio che chiarisce l’importanza dell’utilizzo degli stili; si decide che tutti i 56 titoli di
primo livello del manuale che stiamo impaginando siano
Helvetica black, corpo 18 di colore blu
e chiamati titoli primo livello
Ne faccio uno “stile” che attribuisco a tutti i 56 titoli.
In qualsiasi momento del mio lavoro di impaginazione intervenendo sullo stile, con un solo e
unico comando, posso portare tutti i miei titoli contemporaneamente ad avere caratteristiche comuni e diverse dalle precedenti come
carattere Meridien bold, corpo 20 e colore verde.
Nei programmi di grafica si usano attribuendo ad un oggetto grafico determinate caratteristiche:
un quadrato avrà filetto di contorno di 3 punti e di colore verde e un riempimento sfumato dal
rosso al bianco; queste caratteristiche le chiamo “stile anguria”, creo un cerchio al quale attribuisco lo stesso stile del quadrato con un comando unico e questo assumerà filetto e riempimento “stile anguria”.
I fogli stile nell’ambito dell’impaginazione per web si chiamano CSS (Cascade Style Sheet)
possono essere fondamentali per determinare la struttura stessa del sito.
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I livelli
Immaginate di disegnare un paesaggio su un foglio trasparente, layer, che chiamo livello 1, poi
su un altro foglio trasparente, una casa che sta sopra il paesaggio, livello 2, su un altro foglio trasparente ancora una persona che sta davanti alla casa, livello 3.
Ora spostate l’ordine dei livelli e vedrete la casa sparire dietro il paesaggio oppure la persona
dietro la casa.
La funzione dei livelli è quella di contenere parti del lavoro complessivo che posso vedere o nascondere nel corso dell’elaborazione o della fruizione dell’utente. Servono per mantenere ordine
nei disegni complessi ma anche per ottenere effetti di “mostra-nascondi” nel caso che si abbiano
molte finestre di testo multilingua nei programmi di impaginazione o nel caso di interazioni a
video in internet.
Si trovano nei programmi di disegno, Illustrator, FH, Photoshop, ma anche di impaginazione
cartacea In design, o per il web Dreamweaver e Golive.
La storia
Tutti i programmi prevedono la possibilità di tornare indietro non solo dall’ultimo comando
dato, ma anche di molti passi e ripristinare la situazione di venti passi indietro per esempio.
Questo ci permette di non preoccuparci troppo nel provare soluzioni diverse perché abbiamo la
possibilità di ripensarci. In Photoshop tutti i passi compiuti sono registrati su una lista con una
breve descrizione, si trovano dentro la “storia” in modo da poterli individuare a colpo sicuro.
Comandi di automazione o batch
Supponiamo di avere 250 foto da portare tutte in misura massima di base cm 8 per posizionarle
dentro una griglia di impaginazione di quella misura. Apriamo la prima foto, diamo il comando
di riduzione immagine immettendo il nuovo valore e la salviamo. Fare la stessa operazione con
le altre 249 diventa ripetitivo noioso e ci farebbe perdere del tempo.
Attivando la registrazione della nostra sequenza di comandi
pannello azioni >nuova azione >registra azione
ed eseguendo poi una azione di batch sulla cartella contenente le 250 immagini da ridurre, Photoshop automatizza l’operazione ripetendo la sequenza di comandi per tutte le nostre foto.
Per applicare lo stesso concetto in altri programmi occorre eseguire operazioni più complesse
dette macroistruzioni.
Il laboratorio
Moltissime scuole non specialistiche, cioè senza corsi professionali, hanno laboratori attrezzati
in linea di massima con la configurazione “base”: dei personal disposti per file come in un’aula
comune, dotazione di Office, una stampante e in alcuni casi il collegamento con internet. Altre
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uniscono a questa configurazione l’aula o laboratorio multimediale: quindi alcune macchine con
lettore cd, scanner e proiettore nonché collegamento internet, grazie anche ad un particolare finanziamento ministeriale atto ad incentivare l’uso delle ICT. A queste configurazioni e assetti
corrispondono quasi inevitabilmente una concezione della lezione come spiegazione frontale.
Una soluzione più evoluta e collaudata è quella che vede le macchine disposte fronte alle pareti
e l’insegnante che può osservare da dietro le spalle degli studenti quel che avviene su tutti i monitor.
Per la didattica che si affida alla cooperazione tra studenti e alla ricerca delle informazioni è auspicabile il laboratorio integrato con “isole” dove si svolgano attività diverse, ricerca sui libri, quindi
una biblioteca a disposizione o almeno vicina, ricerca su internet, una videoteca e la possibilità di
visionare tv e nastri. Si prevede così una attività diversificata e distribuita per gruppi: reperimento
e raccolta delle informazioni ed elaborazione digitale.
Il laboratorio specialistico
Vi sono poi esigenze specifiche che richiedono attrezzature più particolari. Nei laboratori dei
corsi dove si studia disegno tecnico o grafica, l’hardware deve essere più specifico: sono infatti
necessari monitor più grandi e di migliore qualità nella risoluzione. Chi disegna ha necessità di
vedere il lavoro nella sua interezza e con nitidezza nei dettagli. In questi laboratori è necessario
uno scanner, che permetta di digitalizzare disegni e testi in modo da poterli inserire nei documenti
elaborati. Occorrono anche stampanti laser e plotter cioè dispositivi di stampa capaci di tracciare
grafici, disegni, tabelle, anche su fogli di grande dimensione. Il software di questi laboratori si impernia sui programmi di CAD, Computer Aided Design, come Autocad il programma principale
per chi fa disegno tecnico, e i programmi analoghi.
Ma nelle scuole ci sono anche laboratori informatici dove è possibile produrre film e fare musica. Oltre alla normale attrezzatura delle altre aule in questi laboratori occorre avere hardware
e software particolari. Anche qui è utile che le macchine siano in rete, ma vale la pena che ogni
macchina abbia un lettore di cd e la possibilità di riprodurre il suono, sia cioè una macchina multimediale.
Resta da dire, per esperienza diretta, che la gestione di un laboratorio di Pc in rete comporta una
serie di problemi tecnici (non da ultimo virus, gestione di rete configurazione del desk top e altro)
che il laboratorio Apple non conosce.
Importante
La legge impone inoltre l’acquisto di una licenza di software per macchina: sembra che alcune
scuole, fuori regola, siano state multate dalla Guardia di Finanza. I costi dei pacchetti multiutenza
sono tuttora rilevanti, alcune case produttrici propongono pacchetti in versione educational ad un
prezzo conveniente. Anche i font sono sottoposti ad uguali dispositivo di legge.
Laddove l’utilizzo del computer non sia molto specialistico e professionale è bene cominciare a
sperimentare il software open-source, Linux per fare un esempio, che è gratuito e offre suites di
programmi gratuiti concorrenziali con le stesse prestazioni del software a pagamento e con piena
compatibilità, in grado cioè di leggere e scrivere nei formati più comuni e diffusi.
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Lavorare con i cd
Restano da fare alcune considerazioni sui software ad uso didattico e in particolare i cd-rom per
la storia dell’arte. Quasi tutti i cd in circolazione sono carini e divertenti, adatti fino al livello
della scuola media, o per un discorso introduttivo o una gita virtuale nel museo. Quasi sempre
sono insoddisfacenti se si volessero approfondire i singoli argomenti per l’eccessiva superficialità
delle informazioni. In ogni caso la lentezza di caricamento ne scoraggia la visione più collettiva a
favore di una lettura ipertestuale individuale, con cuffie magari.
I cd risultano forse più utili per “smontare” l’ipermedia nelle sue parti costitutive, facendone
“l’analisi grammaticale”, una scheda di rilevazione e una scheda di valutazione.
Internet offre, quanto i cd, materiale sufficiente, sia testuale che iconografico, per preparare qualsiasi lezione o per far compiere agli studenti ricerche mirate come i web quest.
Educazione visiva e uso del computer
Una considerazione merita il nome della disciplina per cui sarebbe oggi più opportuna una denominazione più vasta, rispetto all’educazione “artistica” per esempio “educazione all’immagine”
visto che l’insegnamento prevede una vasta gamma di esperienze:
o
la teoria della visione
o
la pratica delle tecniche
o
la storia dell’arte e comunque la lettura dell’arte visiva
o
l’esplorazione del linguaggio visivo in tutte le sue componenti e forme.
o
pur mantenendo lo studio del fenomeno artistico la sua centralità e importanza formativa.
I mezzi informatici offrono un potenziamento delle possibilità nello studio dell’arte e della sua
storia con:
o
la quantità di immagini a disposizione
o
la possibilità di manipolarle
o
di usarle in contesti diversi
o
di poterle confrontare
o
di poter condividere analisi e riflessioni
o
di poterle diffondere
o
di ricostruire ambienti o simulare contesti
o
di approfondire l’aspetto della realizzazione tecnica con filmati e sequenze dal vivo
o
la manipolazione grafica delle immagini di cui si dice.
Un approccio all’arte fondato sui risultati degli studi sulla percezione visiva non può fare a meno
della manipolazione delle immagini, necessaria in questo caso come strumento di verifica delle
teorie e delle ipotesi critiche fondate sull’analisi degli aspetti formali e compositivi dell’opera
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d’arte. Le nuove tecnologie, in tal senso, possono stimolare moltissimo questo tipo di approccio:
le complesse elaborazioni visuali di Arnheim o di Chastel, che lavoravano sulle fotografie per
isolare elementi dell’opera o per evidenziare, nascondendo particolari o tracciando linee, il modo
in cui l’artista sfrutta le leggi della percezione visiva o le illusioni ottiche, oggi possono essere
agevolmente realizzate da chiunque […]Provate a ripetere o a far ripetere ai ragazzi alcuni degli
“esperimenti” di Arnheim o Gombrich utilizzando esclusivamente immagini digitali e software di
fotoritocco. M. Rotta
Apprendere il disegno
Un’emblematica e sintetica lettura per modi della storia dell’insegnamento del “disegno” è suggerita da Giovanni Anceschi, nella rivista Lineagrafica, gennaio, 1995 che contrappone un modello
orientale di apprendimento, appartenente per certi versi anche al nostro medioevo, ad un modello
occidentale-rinascimentale.
Il modello orientale prevede un maestro e una bottega e il discepolo che tenta di rubare al maestro
il segreto della sua arte. E il sapere è in realtà un saper essere che sta dentro il corpo e si esprime
nelle capacità gestuali (del calligrafo, del pittore, del ceramista).
L’atteggiamento orientale nei confronti degli strumenti per disegnare, per dipingere, li vede come
indispensabili all’azione del corpo, e per questo come elementi somatici artificiali, usati e sfidati
al limite delle possibilità.
A questo modello si contrappone un modello occidentale-rinascimentale che implica la scissione
tra anima e corpo e un modello della trasmissione del sapere che si impernia in un sistema delle
arti suddiviso in liberali e meccaniche.
Il corpo è sentito come inferiore e debole: quel gesto che potrebbe perciò essere tremulo o incerto
viene costretto ad assumere un andamento netto e misurato: riga, squadra, compasso. Qualcosa
di simile accade alla scrittura che diventa gestualità congelata attraverso il carattere tipografico.
L’esperienza della Bauhaus, che i suoi maestri hanno portato in giro per il mondo, ha tentato se
non la fusione, l’accostamento dei due sistemi.
È curioso pensare che i due modelli sembrano essere di tipo “pull e push”, spingere e tirare: da
una parte l’allievo deve estrarre dal maestro la conoscenza, dall’altro è il maestro che deve riempire-spingere dentro la conoscenza nel vaso vuoto dell’allievo.
Di nuovo la dicotomia tra il sistema occidentale e il sistema orientale, tra arti liberali e meccaniche si ripropone anche i nostri giorni.
La progettazione/grafica con il computer non risolve, non concilia i modelli, li disintegra. Grazie
all’interattività dei suoi strumenti favorisce la componente di learning by doing (imparare facendo) favorisce l’allenamento al problem solving e grazie alla predisposizione a produrre variazioni di forma e colore favorisce anche la possibilità di costruire dispositivi di ricerca rigorosamente controllabili. Abbiamo un campo unificato della progettazione in quanto in grado di fondere
le problematiche della raffigurazione (dalla rappresentazione di dati astratti al fotorealismo) e
della configurazione (attraverso una capacità di prefigurare ogni sorta di congettura progettuale).
Al formatore rimane il compito di capire i cambiamenti in atto e prevedere le possibili ricadute
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dei cambiamenti sul mondo del lavoro e sulla società in generale, per fornire un orientamento e
una mappa a chi deve affrontare il cambiamento.
Occorre ricordare che il computer non sostituisce il buon disegnatore, e che comunque non basta
saper disegnare per fare un buon progetto: un designer, un tecnico del progetto, un creativo hanno
bisogno di tre ingredienti per avere un pieno controllo del processo ideativo
o
la cultura che viene dall’osservazione
o
l’intelligenza dall’elaborazione di quanto visto
o
il controllo degli strumenti (manuali o digitali), la perizia del fare, grazie al quale si oggettivizza il pensiero delle prime due fasi
E, in appendice, si può aggiungere che “saper disegnare”, competenza sempre più rara, serve!
Strumenti di lavoro per una didattica nuova o diversa
Come ricorda Sternberg, nelle attività formative si dovrebbe fare uso quotidianamente di metodi diversi per comunicare, proprio per venire incontro alle differenti forme di rappresentazione
mentale degli studenti: nelle forme “in presenza” e “on line” le nuove tecnologie possono incentivare modalità di apprendimento diverse da quelle astratto-formali e allargare il percorso verso
una personalizzazione maggiore degli apprendimenti.
La strutturazione forte dei testi e la visualizzazione dei dati è una via per rendere più efficace la
comunicazione e la rielaborazione dei concetti. Nei libri di testo per la scuola primaria e secondaria il criterio della rappresentazione multipla delle informazioni ha preso piede, con risultati
da vagliare, mentre deve ancora trovare modalità adeguate nella formazione a distanza.
Oggi, nella formazione, gli strumenti multimediali e l’accessibilità del software consentirebbero
il riequilibrio del predominio della comunicazione verbale/scritta a favore di una comunicazione
integrata. Tuttavia il rischio che si corre è quello di utilizzare gli strumenti informatici senza
cambiare modi di interagire o di trasmettere contenuti, senza cogliere le opportunità offerte dal
mezzo e senza percepire i pericoli di un utilizzo improprio.
Il lavoro di preparazione dei materiali, a cui si affianca come strumento il design dell’informazione si colloca all’inizio dell’elaborazione dei contenuti, non è una sovrastruttura, o solo uno
strumento: persegue la capacità di sintesi attraverso le immagini, offre l’opportunità di vedere
correlazioni tra campi non omogenei, di inventare il nuovo combinando elementi in modo inconsueto. Questi compiti dovrebbero essere assunti da una figura di rilievo che affianca il docente:
l’editor multimediale specializzato nella didattica.
Proviamo ad analizzare, nelle realtà scolastiche che affiorano nel panorama, i settori di impiego
delle nuove tecnologie, cogliendo gli aspetti più innovativi e interessanti; si tratta di esperienze già
avviate con successo nei singoli casi.
o
·Formazione a distanza: sono attivi progetti che prevedono corsi on line non solo a livello
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universitario ma anche per la formazione permanente degli adulti, per moduli di base
destinati a chi frequenta i corsi serali gestiti direttamente da istituti di scuola media superiore.
o
·Alcune scuole hanno attivato un servizio ai propri studenti di supporto/help extrascolastico on line (via mail o piattaforma come moodle), consiste nella possibilità di inviare
quesiti e richiesta di chiarimenti a gruppi disciplinari di insegnanti disponibili: ad esempio tre docenti di matematica dell’istituto offrono la copertura a tutte le classi sui propri
temi disciplinari nelle ore pomeridiane, quando sono già arrivati a casa.
o
Progetto, realizzazione e messa in rete di esperienze didattiche e la costruzione di materiali multimediali.
o
Attivazione di scambi o attività collaborative in rete tra scuole diverse, per esempio con
l’estero in attività di stage (progetto Leonardo).
o
·Costituzione di aule attrezzate e integrate per fare ricerca e studiare, con internet, e attività didattica con il computer.
o
·Costituzione di laboratori di informatica specializzati e con software specifici per attività
didattiche disciplinari: multimediali, di grafica, di disegno tecnico o progettazione, di
espressione artistica, di musica, di scienze, di matematica, di lingue.
o
·Attivazione di forum di discussione via mail tra insegnanti per preparare e discutere l’ordine del giorno di riunioni collegiali.
Scheda operativa 1 Spazio e tempo nella rappresentazione
Di seguito un esempio di attività laboratoriale con uso di strumenti informatici. Sono due punti
di partenza suscettibili di sviluppo: agli insegnanti si chiede uno sforzo creativo per allargare la
gamma delle esperienze possibili.
L’idea iniziale
L’esercitazione prende lo spunto dal lavoro di David Hockney artista tra i più importanti della pop
art inglese. Dal 1976 lavora molto intensamente oltre che con la pittura anche con il mezzo fotografico: nel 1982 in particolare mette a punto una tecnica detta fotocollage che vuole indagare e
rispecchiare la meccanica della percezione visiva. Ricompone infatti una immagine unitaria di un
soggetto a partire dai frammenti di un montaggio di piccole porzioni di fotografie prese con angolature, distanze e luci diverse allo stesso modo che lo sguardo scandisce un oggetto e manda una
quantità di immagini diverse al cervello che automaticamente compie una sintesi e le ricompone
in una sola. Hockney lega il suo interesse in questo particolare fenomeno scientifico a quanto
compiono Picasso e Braque con il primo cubismo.
Alcuni esempi mostrano le straordinarie potenzialità espressive dell’intuizione di Hockney ad
esempio nel ritratto oltre che nel paesaggio.
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Obiettivi didattici
Far conoscere e capire spazio e tempo nella rappresentazione. L’importanza della ricerca concettuale svolta dai cubisti nella ricerca di fusione delle tre dimensioni dello spazio con la quarta dimensione del tempo con la sovrapposizione di più punti di vista dello stesso oggetto come se fosse
osservato in momenti diversi che poi si sommano; e dai futuristi che cercano la simultaneità della
figura in movimento con l’ambiente. Ricerca che ha un grande sviluppo lungo il ventesimo secolo
(basta pensare al fumetto e al cinematografo). Concetti non facilmente trasmissibili attraverso una
classica lezione frontale, ma che diventeranno intuibili e leggibili attraverso l’esercitazione stessa.
Sarà necessario e sufficiente a far scaturire la comprensione l’accostamento (successivo a tutta
l’esercitazione) tra alcune opere di Hockney come il ritratto della madre con il ritratto materno di
Boccioni in Materia del 1912 e un paesaggio cubista di Picasso con un analogo paesaggio ricostruito da Hockney.
Obiettivi tecnici
Lo studente impara l’uso del programma di fotoritocco.
ad aprire le foto digitali con il programma.
a ridimensionare o duplicare le foto.
ad assemblare le singole foto in una unica composizione.
Formali
Lo studente apprende il concetto di trasformazione e accrescimento della composizione basata
sulle foto multiple, impara.
a trasformare immagini accentuandone l’espressività con il software.
ad assemblare il fotocollage con un alto grado di manualità.
Contestuali
Lo studente approfondisce la lettura del soggetto.
Lo studente esperimenta composizioni e trasformazioni.
Concettuali-espressivi.
Lo studente crea un paesaggio o un ritratto di fantasia con le foto.
Tecnologia tradizionale
Si può lavorare nel modo consueto disponendo di attrezzatura fotografica e stampe in quantità
oppure come ha fatto anche Hockney, con la Polaroid, montando il tutto su un supporto.
Tecnologia digitale
È possibile stampare le foto e fare il collage successivamente oppure assemblare le foto con un
programma di ritocco fotografico.
Spazi
Laboratorio di informatica con programmi di fotoritocco una macchina fotografica digitale, il
computer e la stampante
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Laboratorio di attività manuali
Strategia motivazionale
Lo studente lavora volentieri al computer ed è interessato al processo.
Lo studente ha la possibilità di imparare alcune delle funzioni più importanti della manipolazione
digitale.
Procedure
Lo studente riprende una serie di foto dello stesso posto, paesaggio, persona cambiando anche
punto di vista, distanza, illuminazione
trasferisce le foto dalla videocamera al computer
stampa e duplica le foto
lo studente compone l’immagine complessiva incollando le stampe su un supporto
Oppure:
duplica le foto all’interno del computer
con il software compone il fotocollage.
Si propongono le immagini di opere significative dei futuristi e dei cubisti nell’accostamento ad
alcune opere di Hockney, con la lettura di passi significativi del manifesto futurista.
Scheda operativa 2 Il concetto di modulo
L’idea iniziale
Solo tre poligoni regolari, equilateri, possono essere usati per ricoprire uniformemente un piano
a mosaico: triangoli, quadrati ed esagoni. Questa ricopertura si chiama tassellatura semplice. E
se impiegassimo più di un tipo di poligoni regolari? In quel caso avremmo una tassellatura semiregolare.
Guardando le opere di M.C. Escher (1898-1972), sito ufficiale: http://www.mcescher.com/
si resta incantati dalla perizia con cui tassella il piano con figure concatenate, di solito animali,
specialmente quando non si riesce a riconoscere lo schema geometrico che le sottende. Escher
negli anni ‘30 fu impressionato in Spagna dalla visita dell’Alahambra, il castello moresco del
quindicesimo secolo, dove abbondano gli esempi di abile “tassellatura” o riempimento modulare
eseguita con le piastrelle di ceramica decorata. Dallo studio di quei rivestimenti regolari poco alla
volta Escher deriva tutta la sua tecnica di composizione con figure geometricamente irregolari.
Gli strumenti software semplificano e rendono accessibili anche a noi quelle composizioni: occorre qualche conoscenza e un po’ di fantasia.
Obiettivi didattici
Acquisire il concetto di modulo attraverso la sperimentazione della tassellatura del piano.
Obiettivi tecnici
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Lo studente impara l’uso del programma vettoriale
impara l’attivazione e la modifica dimensionale delle griglie calamitate
impara l’uso dei tracciati vettoriali e delle curve di Bézier
impara gli strumenti di modifica (spostamento, duplicazione speculare, rotazione, ridimensionamento
lo studente impara i concetti di clonatura e duplicazione
Formali
Lo studente apprende il concetto di complementarietà delle figure
Lo studente impara a costruire moduli di riempimento del piano passando da schemi geometrici
ad andamenti morbidi e figurativi.
Contestuali
Concetti di geometria e topologia insegnati dalla geometria.
Concettuali-espressivi
Lo studente crea forme espressive suggerire dal caso a partire da griglie rigide.
Tecnologia tradizionale
Fogli da disegno, carta quadrettata, carta colorata, colla (strumenti per disegnare righe squadre
ecc). Su griglie (fogli quadrettati) sperimentare la composizione di tassellature e riprodurla riproducendo le forme su cartoncini colorati che ritagliati vengono ricomposti su un supporto
Tecnologia digitale
È possibile stampare i tasselli, ritagliarli e fare il collage successivamente anche su materiali diversi, oppure moltiplicarli già nel programma di disegno
Spazi
Laboratorio di informatica con programmi di disegno vettoriale, il computer e la stampante
Strategia motivazionale
Lo studente lavora volentieri al computer ed è interessato al processo. Il passaggio dalla stessa
operazione manuale all’operazione digitale mostra di quanto sia agevolato il lavoro. Lo studente
ha la possibilità di imparare alcune delle funzioni più importanti del disegno vettoriale e parametrico.
Procedure
Si utilizza un software vettoriale (Corel Draw, Illustrator, Freehand)
Attivare la griglia automatica calamitata.
Sulla maglia quadrata disegnare il lato AB della piastrella e posizionare il duplicato sul lato CD
Ruotare insieme la copia dei due tracciati di 90° per formare gli altri due lati del poligono irregolare
Unire i punti estremi del tracciato per formare un tracciato chiuso
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Duplicatelo spostandolo di una maglia sulla griglia quadrata, continuate su tutto il foglio
Avrete così ottenuto una tassellatura con poligono irregolare su maglia quadrata
Colorare con due colori a scacchiera.
Se il poligono vi suggerisce una figura aggiungete dei piccoli elementi decorativi e significativi
(l’occhio nel caso di un viso, un tratto, ecc). È un esercizio simile all’osservazione e alla scoperta
di forme nelle nuvole o nella macchie di Rorschack.
Da una forma suggerita, piccole modifiche delle tracce (corrispondenti ai lati opposti della maglia
quadrata) possono condurre a risultati sorprendenti.
Bibliografia
Salvatore Settis Italia S.p.A., Einaudi, Torino 2002
Enrico Pedemonte, Personal Media, Bollati Boringhieri, Torino 1998.
Di Donald Norman è imperdibile La caffettiera del masochista, dove enuncia le teorie che dovrebbero stare alla base del design ergonomico; sul computer in particolare Donald Norman, Il
computer invisibile, Apogeo, Milano, 2000,
Alberto Manguel, Una storia della lettura, Mondadori, Milano, 1997.
Giancarlo Livraghi, L’umanità dell’internet, Hops Libri, Milano, 2001 consultabile per intero
anche in rete in http://www.gandalf.it/uman/index.htm
Luigi Russo, Segmenti e bastoncini, Feltrinelli, Milano 1998. Per il documento di proposta di
riforma firmato da Russo e altri vedi rifalt_01.pdf
Francesco Antinucci, Computer per un figlio, Laterza 1999
Martegani P, Montenegro R., Design digitale, nuove frontiere degli oggetti, Testo & immagine,
Torino, 2001
Gabassi P.G “Psicologia, Lavoro, Organizzazione”, F.Angeli Editore 1998.
Giuseppe Mantovani, La qualità dell’interazione uomo-computer, Il Mulino, Bologna, 1991.
Alberto Pian, Il computer a scuola, Arnoldo Mondadori Scuola, Milano, 1999.
Antonio Calvani, I nuovi media nella scuola, Carocci editore, Roma 1999
David Hockey, Il segreto svelato, Electa.
Giovanni Anceschi, rivista Lineagrafica, gennaio, 1995
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