SCUOLA NAZIONALE DI STOMATERAPIA A.I.STOM SEDE

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SCUOLA NAZIONALE DI STOMATERAPIA A.I.STOM SEDE
SCUOLA NAZIONALE DI STOMATERAPIA A.I.STOM
PRESIDENTE NAZIONALE: Pof. GIUSEPPE DODI
SEDE NAZIONALE A.I.STOM. BARI
COORDINATRICE DEL CORSO Dott.ssa MARIA DE PASQUALE.
__________________________________________________________________
TESI
IL RUOLO DELL’ENTEROSTOMISTA NELLA GESTIONE DEL
PAZIENTE PORTATORE DI “URETERO-ILEO-CUTANEOSTOMIA” (UICS).
RELATORE:
Dott.ssa C. TASSIELLI
CORSISTA:
Achille TOMA
__________________________________________________________________
16 Febbraio – 26 Giugno 2009
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BARI
A don Mauro STRAGIOTTI
Una vita fatta dono.
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SCUOLA NAZIONALE DI STOMATERAPIA A.I.STOM
PRESIDENTE NAZIONALE: Prof. GIUSEPPE DODI
SEDE NAZIONALE A.I.STOM. BARI
COORDINATRICE DEL CORSO Dott.ssa MARIA DE PASQUALE.
__________________________________________________________________
TESI
IL RUOLO DELL’ENTEROSTOMISTA NELLA GESTIONE DEL
PAZIENTE PORTATORE DI “URETERO-ILEO-CUTANEOSTOMIA” (UICS).
RELATORE:
Dott.ssa C. TASSIELLI
CORSISTA:
Achille TOMA
__________________________________________________________________
16 Febbraio – 26 Giugno 2009 - BARI
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INDICE
Introduzione…………………………………………………………..pag. 1
PARTE PRIMA.
Cenni storici…………………………………………………………..pag. 2
Cenni di anatomia e fisiologia………………………………………..pag. 2
Gli ureteri……………………………………………………………..pag. 3
La vescica…………………………………………………………….pag. 4
L’intestino Tenue……………………………………………………..pag. 5
La Cistectomia radicale…………………………………………...….pag. 6
L’Ureterocutaneostomia……………………………………………...pag. 7
Il Condotto Sigmoideo……………………………………………….pag. 7
Il Condotto colico traverso……………………………………….…..pag. 7
L’Ureteroileocutaneostomia……………………………………….…pag. 7
PARTE SECONDA
Nursing urologico…………………………………………………...pag. 8
Il Percorso Assistenziale…………………………………………….pag. 8
Fase pre-operatoria…………………………………………………..pag. 9
La gestione dell’ansia………………………………………………..pag. 10
Il disegno pre-operatorio…………………………………………….pag. 11
Fase post-operatoria…………………………………………………pag. 15
Complicanze legate alla tecnica chirurgica………………………….pag. 16
Irrigazione dei tutori ureterali……….………………………………pag. 17
Complicanze stomali e peristomali………………………………….pag. 18
Complicanze stomali tardive…………………………………….…..pag. 21
Fase post operatoria tardiva…………………………………….……pag. 22
Il ruolo educativo dell’infermiere enterostomista……………….…..pag. 23
Lo Stoma Care…………………………………………….…………pag. 23
La sostituzione dei presidi di raccolta………………………….……pag. 24
Le medicazioni avanzate………………………………………….…pag. 26
I presidi di raccolta……………………………………………….….pag. 28
PARTE TERZA
L’alimentazione dell’urostomizzato…………………………………pag. 30
La dimissione, il rientro a casa………………………………………pag. 31
Aspetti psicologici della Dimissione, Ruolo del Care Giver………...pag. 32
Dalla dipendenza all’autonomia……………………………………..pag. 33
L’ambulatorio di stomaterapia……………………………………….pag. 33
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La sessualità………………………………………………………….pag. 34
Diritti del paziente stomizzato……………………………………….pag. 35
Carta dei diritti……………………………………………………….pag. 38
Il reinserimento lavorativo…………………………………………...pag. 39
I gruppi di mutuo aiuto………………………………………………pag. 40
Conclusioni…………………………………………………………..pag. 41
Bibliografia…………………………………………………………..pag. 42
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IL RUOLO DELL’ENTEROSTOMISTA NELLA GESTIONE DEL
PAZIENTE PORTATORE DI “URETERO-ILEO-CUTANEO-STOMIA”
(UICS).
INTRODUZIONE.
Si definisce Urostomia, l’abboccamento di un tratto dell’apparato urinario alla parete
addominale, per consentire l’emissione delle urine attraverso una via artificiale,
quando quella fisiologica ne sia gravemente compromessa.
La stomia ( termine stomia deriva dal greco “stoma-stomatos”), ha la funzione di
convogliare l’urina emessa dai reni e riversata all’interno di una sacca di raccolta,
all’esterno, tramite un tratto di ileo che funge da collettore al posto della vescica.
L’urostomia deve essere pertanto considerata un vero e proprio organo, pur essendo
sprovvisto di terminazioni nervose o muscoli, tali da consentirne il controllo
volontario.
Grazie a questo tipo di intervento chirurgico, sì da la possibilità a molti pazienti
affetti da patologie gravi dell’apparato urinario, di tornare ad una vita perfettamente
normale. Affinché ciò avvenga, è fondamentale il processo rieducativo, alla nuova
situazione fisica, cui vede come interprete principale l’enterostomista.
Oggi il paziente stomizzato alla luce delle moderne tecniche gestionali e con l’ausilio
dei moderni presidi di raccolta, grazie soprattutto al ruolo sempre più qualificato
degli operatori addetti all’assistenza alla rieducazione funzionale ed alla cura dello
stoma, ha concrete possibilità di reinserimento sociale e lavorativo.
L’abboccamento di un viscere alla cute, è una necessità terapeutica estrema, e
complessa, che rappresenta una vera e propria sfida sia per il chirurgo, quando si
trova di fronte ad una patologia grave ed avanzata, sia per l’infermiere
stomaterapista, che deve far fronte alle esigenze del paziente avviando un processo
di riabilitazione complesso ed articolato, avendo a che fare con un tipo di paziente,
provato dalla malattia, che vede cambiare il proprio corpo e deve adeguarsi a nuove
abitudini e stili di vita, con tutto ciò che riguarda le ripercussioni psicologiche e
sociali.
Ad oggi in italia ci sono oltre 50.000 persone che vivono con una stomia, ed ogni
anno vengono effettuati più di 11.000 nuovi interventi, a differenza però delle stomie
intestinali, che col passare degli anni assumono sempre più una connotazione
provvisoria, le urostomie ed in particolare per le U.I.C.S. sono prettamente
definitive.
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PARTE PRIMA.
CENNI STORICI.
I primi chirurghi a cimentarsi con il problema dell’assenza della vescica (asportata
per tumore o malformazioni congenite), cercarono di convogliare il flusso urinario
nell’intestino. Storicamente il primo intervento del genere fu compiuto al britannico
John Simon nel 1852. Nei decenni successivi si moltiplicarono le segnalazioni di
interventi del genere, nonostante divenisse abbastanza presto evidente che la
derivazione diretta degli ureteri nel colon, si associava a gravi infezioni dei reni
spesso mortali.
Per ovviare a questo problema attorno al 1900 si realizzarono vari tipi di vesciche
rettali sfruttando sempre il retto e l’ano rispettivamente come serbatoio e meccanismo
di continenza. Questi interventi non trovarono mai unanime consenso per le
complicanze che ne derivavano e per tutta la metà del XX secolo l’ureterosigmoido
rimase la principale soluzione chirurgica nonostante si conoscessero le complicanze (
infezioni, occlusioni delle vie urinarie, tumori del colon).
Il principio dell’ureterocutaneostomia era ben noto ma scarsamente applicato sia per
fattori infettivi delle vie urinarie ma anche per la mancanza di sistemi di raccolta da
stomia, efficienti.
Le cose cambiarono nel 1950 grazie al lavoro di Eugene Bricker chirurgo americano,
che per primo descrisse l’intervento di uretero-ileo-cutaneo-stomia, che in breve
tempo fu adottato dalla maggior parte degli urologi. Il suo fondamentale contributo è
dovuto a due fattori: il primo è costituito dall’intuizione che un breve tratto di ileo
interposto tra ambiente esterno ed ureteri, rappresentava un valido meccanismo di
protezione delle vie urinarie superiori, mentre il secondo all’utilizzo del sacchetto da
stomia di Rutzen, da lui ampiamente usato negli atomizzati da ferita da arma da fuoco
e che gli sembrò naturale usare anche per le urostomia. Negli anni a seguire
numerosi sono stati gli sforzi dei chirurghi nel cercare di creare delle derivazioni
urinarie dotate di stomia continente, ma l’elevato tasso di complicanze a medio e
lungo termine (stenosi dello stoma, calcolosi del neoserbatoio, disordini metabolici),
hanno fatto si che la tecnica di Briker rimanesse la più usata nei casi in cui non è
possibile ricorrere alla neovescica ortotopica.
CENNI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA.
In questa sezione vista la vastità dell’argomento, ci si limiterà a dare dei cenni di
anatomia e fisiologia di alcuni organi escretori quali gli ureteri e la vescica, e del
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tratto intestinale specifico dell’intestino tenue, in quanto organi direttamente
interessati nell’intervento di cistectomia con confezionamento di uretero-ileocutaneo-stomia.
GLI URETERI.
Gli ureteri sono l’estensione tubulare del sistema collettore renale, essi partono dalla
giunzione uretero-pielica renale, e decorrono verso il basso e medialmente, mettendo
in comunicazione il rene con la vescica.
Nell’adulto l’uretere è lungo generalmente da 24 a 30 cm, ma la lunghezza può
variare a seconda della costituzione fisica del soggetto. Posteriormente trae rapporto
con il muscolo Psoas nel suo decorso retroperitoneale, incrocia i vasi iliaci ed entra
nella pelvi approssimativamente all’altezza della biforcazione tra arteria iliaca interna
ed esterna.
Anteriormente l’uretere destro è in rapporto con la porzione terminale dell’ileo, il
cieco, l’appendice, il colon ascendente ed i rispettivi mesenteri, l’uretere sinistro trae
rapporti con il colon discendente, il sigma ed i rispettivi mesenteri.
L’uretere non ha un calibro uniforme, ma presenta, nel suo decorso, tre distinti
restringimenti, il primo è a livello della giunzione pielo-ureterale, il secondo
all’incrocio con i vasi iliaci, ed il terzo a livello della giunzione uretero-vescicale
nella pelvi.
Chirurgicamente l’uretere è spesso diviso in una porzione addominale che si estende
dalla pelvi renale ai vasi iliaci, e l’uretere pelvico che va dai vasi iliaci alla vescica.
Radiologicamente spesso viene suddiviso in tre segmenti: quello superiore che va
dalla pelvi renale al margine superiore del sacro, segmento medio che arriva fino al
margine inferiore del sacro, ed il segmento inferiore (o distale o pelvico) che va dal
sacro alla vescica.
La struttura è di tipo muscolo-membranosa, organizzata in tre strati sovrapposti,
abbiamo una sierosa esterna, uno strato muscolare liscio, ed una mucosa interna
costituita da un epitelio di transizione supportato da uno strato di connettivo ed una
lamina propria.
In condizioni normali l’urina che passa nell’uretere, non transita passivamente ma
viene spinta dall’azione peristaltica del muscolo ureterale.
L’uretere nel suo decorso è irrorato da numerose arterie, nel retroperitoneo è irrorato
da rami arteriosi dell’arteria renale, dell’arteria gonadica dall’aorta addominale e
dall’iliaca comune. In regione pelvica è irrorato da rami dell’arteria iliaca interna in
particolare dall’arteria vescicale ed uterina, ma dalla rettale media e dalla vaginale.
In corrispondenza dell’uretere, i vasi decorrono longitudinalmente nell’avventizia
periureterale formando un esteso plesso anastomotico. E’ grazie a questo complesso
anastomotico che chirurgicamente è possibile mobilizzare lunghe parti dell’uretere
dal tessuto retroperitoneale circostante senza comprometterne la vascolarizzazione.
LA VESCICA.
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La vescica è un organo cavo deputato alla raccolta delle urine prodotte dai reni che
vi giungono attraverso i due ureteri. E’ un organo impari, mediano e simmetrico, il
volume che può contenere varia da 350 – 500 ml in condizioni fisiologiche, fino a
2000 ml in situazioni patologiche. E’ situata nella cavita’ pelvica, anteriormente ed
inferiormente alla cavita’ peritoneale e posteriormente alle ossa pubiche. Nella donna
e’ posta direttamente sul pavimento pelvico ed e’ separata inferiormente e
posteriormente dalla vagina e dal collo dell’utero mediante il setto vescico-vaginale.
Nell’uomo poggia sul retto nella sua porzione posteriore, ed è legata al pavimento del
bacino dalla sua continuità con l’uretra e dalle connessioni della sua base con la
prostata nel maschio e con la vagina nella femmina. Gli ispessimenti del connettivo
costituenti la fascia pelvica, contenenti fasci di fibrocellule muscolari lisce, in
continuità con la muscolatura vescicale, connettono la base della vescica in avanti
con la sinfisi pubica.
L’apice della vescica è collegato alla parete anteriore dell’addome in corrispondenza
dell’ombelico dal legamento vescico-ombelicale mediano (residuo dell’uraco).
Distinguiamo inoltre altri due cordoni fibrosi residui dell’arterie ombelicali obliterate,
che vengono uniti a questa da connettivo e si comportano perciò come legamenti
vescico-ombelicali laterali, facenti capo anche essi alla superficie interna
dell’ombelico. Anche gli ureteri ed il peritoneo parietale che si adagia sulla parte
superiore delle pareti posteriori e laterali della vescica si possono considerare come
mezzo di fissazione. Malgrado questi legamenti l’apice ed il corpo vescicale godono
di una notevole spostabilità e la stessa base si può sollevare ed abbassare, secondo
che la vescica sia piena o vuota o spostarsi in avanti ed indietro secondo lo stato di
riempimento del retto.
La parete vescicale è costituita da una sierosa esterna, uno strato muscolare, e da un
epitelio di transizione stratificato interno. Lo strato muscolare è organizzato su tre
piani di cellule muscolari lisce, il più esterno ha decorso longitudinale, inizia dalla
faccia anteroposteriore dell’organo, doppia la parete posteriore e si porta avanti fino
alla faccia anteroinferiore detto Detrusore. Lo strato muscolare medio ha decorso
circolare e costituisce contornando l’orifizio interno dell’uretra lo sfintere interno che
chiude la vescica, mentre lo strato muscolare interno è formato da fasci muscolari
nuovamente longitudinali.
La vescica è suddivisa in due parti: un corpo, situato al di sopra degli orifici
ureterali, ed una base, formata dal trigono posteriore, dal detrusore profondo e dalla
parete anteriore della vescica. Microscopicamente il trigono vescicale rappresenta la
parte più superficiale della base posteriore della vescica e circonda gli orifizi ureterali
ed il meato ureterale interno. L’irrorazione ematica è garantita dalle arterie vescicali
che provengono direttamente o indirettamente dall’Arteria Iliaca interna. I loro rami
formano una rete superficiale ed una rete sottomucosa fino a raggiungere l’epitelio.
Le vene formano un plesso sottomucoso, uno intramuscolare, ed uno superficiale, che
si scaricano nel plesso venoso vescicale. Una rete linfatica è stata dimostrata nella
tunica muscolare, essa fa capo ad una rete più grossolana superficiale, che si scarica
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ai linfonodi regionali. La funzione di serbatoio urinario e’ garantita attraverso un
complicato e perfetto sistema sfinteriale, mentre la funzione urinaria è affidata a tre
sistemi nervosi di regolazione:
1) il Sistema Parasimpatico, con centro nei metameri sacrali S2-S3-S4 deputato
fondamentalmente all’attività vescicale, il muscolo detrusore riceve fibre colinergiche
parasimpatiche che raggiungono la vescica tramite i nervi pelvici. L’azione di queste
fibre, determina la contrazione del detrusore e lo svuotamento della vescica.
2) il Sistema Simpatico con centro a livello toracico (D12), coordina il sistema
sfinteriale e facilita l’accumulo dell’urina in vescica (inibizione). Al detrusore
arrivano anche fibre adrenergiche simpatiche, attraverso i nervi presacrali, che
originano dai segmenti midollari D11-D12-L1-L2. Tali fibre esercitano un’azione
inibitoria sulla muscolatura liscia vescicale determinandone il rilasciamento (azione
mediata dai recettori Beta adrenergici, inibitori). Lo sfintere interno è innervato
anch’esso dai nervi presacrali che esercitano in questo caso azione stimolante
(attraverso i recettori Alfa adrenergici, eccitatori), provocando la chiusura dell’uretra.
3) il Sistema Somatico governa lo sfintere esterno che deriva le sue fibre dalla
muscolatura del pavimento pelvico, circonda lo sfintere interno rinforzandone
volontariamente l’azione. La contrazione volontaria della muscolatura del pavimento,
determinando la chiusura dello sfintere esterno, costituisce un ostacolo al passaggio
dell’urina dalla vescica in uretra.
Per l’emissione dell’urina, la maggiore importanza spetta alla pressione
endoaddominale. Il muscolo detrusore della vescica, sia che con tale denominazione
si voglia indicare tutta la tunica muscolare, sia che si vogliano intendere i fasci
longitudinali, non serve tanto a coadiuvare l’apertura dello sfintere e ad agire sul
contenuto, quanto a mantenere la forma globosa della vescica e a tenere aperto
l’orificio interno dell’uretra per mezzo delle sue fibre che convergono radicalmente
verso detto orificio.
L’INTESTINO TENUE
L’intestino tenue rappresenta il primo tratto dell’intestino, e per tutta la sua lunghezza
appare ripiegato in anse. E’ diviso convenzionalmente in tre tratti: il duodeno, e una
porzione mesenterica soggetta a variazioni considerevoli, sia individuali che
funzionali: questa parte è costituita per i 2/5 dalla porzione prossimale Digiuno, e per
i restanti 3/5 da quella distale, l’Ileo.
Sebbene costruiti con la stessa architettura, Digiuno ed Ileo differiscono per diversi
aspetti; il lume dell’ileo è più stretto ed il diametro della parete totale è più sottile (
2,5 cm) di quello del digiuno (3 – 3,5 cm).
Il duodeno è il tratto fisso del tenue essendo applicato contro la parete posteriore
dell’addome, mentre la porzione mobile del tenue è tenuta in sede grazie ad una
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struttura disposta a ventaglio detta mesentere. Quest’ultimo ha un’ altezza media di
15 cm, che si riduce a 5 cm nella parte terminale ed una lunghezza pari a quella del
tenue. Attraverso il mesentere passano i vasi che irrorano l’organo tra cui ricordiamo
i rami dell’Arteria Mesenterica superiore che si anastomizzano per formare le
Arcate arteriose, da cui si originano le arterie rette che raggiungono il margine
concavo delle anse per poi biforcarsi in due rami arteriosi che abbracciano l’ansa
intestinale. Le vene seguono al contrario il decorso delle arterie.
La parete dell’intestino tenue è composta da quattro tonache, dall’esterno verso
l’interno abbiamo la sierosa, i due strati della muscolare, la sottomucosa e la mucosa.
La sierosa è rappresentata dal peritoneo (strato di cellule endoteliali appiattite
strutturate su una membrana elastica, adagiata su una sottosierosa (sottile strato di
tessuto connettivale ed adiposo contenente vasi sanguigni e linfatici.
La Tonaca muscolare consta di due strati di muscolatura liscia uno longitudinale ed
uno interno circolare. Lo spessore di entrambi gli strati è massimo nel duodeno per
poi decrescere gradualmente.
La sottomucosa è composta da tessuto connettivo lasso moderatamente ricco di vasi
linfatici e sanguigni.
La mucosa può essere distinta a sua volta in tre strati: la mucosa muscolare composta
da un sottile strato di fibre muscolari lisce longitudinali da cui si elevano i villi
intestinali, la lamina propria che va a costituire l’asse dei villi e ne convoglia le fini
strutture vascolari e le sottili fibre muscolari che permettono la contrazione del villo,
lo strato epiteliale che riveste i villi.
All’interno del tubo digerente vanno ricordate le valvole conniventi di Kerkring sono
pliche mucose che si elevano trasversalmente all’asse del viscere per una frazione
della sua circonferenza, fisiologicamente impiegate per aumentare fino a 600 volte la
superficie assorbente.
LA CISTECTOMIA RADICALE
Per cistectomia radicale s’intende l’asportazione di vescica, prostata, vescicole
seminali nell’uomo (se necessario anche l’asportazione dell’uretra); e l’asportazione
di vescica, utero, ovaie e parete anteriore della vagina con uretra nella donna.
Durante l’intervento vengono asportati anche i linfonodi regionali (iliaci ed
otturatori).
Le patologie che possono rendere necessaria una cistectomia sono numerose, tra
queste ricordiamo:
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le patologie neoplastiche vescicale ed extra,
le malformazioni congenite,
i traumatismi,
le infiammazioni croniche e degenerative,
le patologie funzionali neurologiche.
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All’asportazione della vescica ne consegue nei casi dove è possibile, una
ricostruzione mediante l’utilizzo di un tratto intestinale (Vescica Ortotopica), nei casi
più complessi dove cioè non sussistono i presupposti alla ricostruzione, si procede
alla derivazione urinaria esterna.
Tra le derivazioni urinarie esterne più usate ricordiamo:
L’ureterocutaneostomia.
E’ la derivazione urinaria più semplice, ed il suo confezionamento viene spesso
riservato a pazienti anziani, in condizioni generali scadenti, con aderenze intestinali
da pregressi interventi chirurgici, o in stadio oncologico avanzato. L’abboccamento
ureterale può essere doppio, posizionando ciascun uretere sulla parete addominale
omolaterale, oppure dove la situazione locale lo permette, si può effettuare una transureterostomia fra i due ureteri e quindi abboccare alla cute un unico condotto (tecnica
di Fallace, che prevede una unica urostomia a destra, con gli ureteri uniti insieme o
separati da un piccolo istmo cutaneo.
Il condotto sigmoideo.
Questa tecnica è poco impiegata, tova indicazione nei casi di obesità o pazienti
sottoposto a radioterapia, nei casi di ureteri corti, o intestino tenue non utilizzabile.
La stomia viene confezionata a sinistra, si sezionano 20 cm di colon e mobilizzata la
flessura splenica si esegue una anastomosi colo-colica, e successivamente
l’anastomosi degli ureteri con il condotto sigmoideo.
Il condotto colico traverso.
Anche questa tecnica è poco impiegata, trova applicazione solo nei casi in cui la
criticità locale della situazione ne giustifica l’utilizzo. Viene defunzionalizzata una
parte di colon di circa 20 cm, che viene abboccato alla cute mediante un tunnel
sottomucoso nella fossa iliaca destra, si confeziona un’anastomosi terminoterminale, e si anastomizzano gli ureteri all’ansa colica abboccata.
L’ ureteroileocutaneostomia.
L’Ureteroileocutaneostomia (UICS) o condotto Ileale di Briker, è una stomia
incontinente, e rappresenta attualmente la tecnica di abboccamento urinaria più
utilizzata dagli urologi.
Essenzialmente si tratta di una doppia anastomosi ureterale, su un tratto di intestino
tenue defunzionalizzato ed abboccato a sua volta alla cute addominale. Una volta
effettuata la cistectomia, gli ureteri vanno preparati con cura, si traspone l’uretere di
sinistra al di sotto del mesosigma e lo si porta in fossa iliaca destra evitando torsioni,
tensioni od angolazioni. Il tempo chirurgico successivo prevede l’isolamento di
un’ansa ileale idonea mobilizzando il mesentere e separando il tratto intestinale dal
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resto dell’intestino, si ripara la continuità intestinale con relativa anastomosi. Si
effettua la chiusura dell’ansa defunzionalizzata sul moncone prossimale.
Si predispone come nel caso delle enterostomie, un orifizio cutaneo calibrato. Segue
il confezionamento delle anastomosi ureterali, gli ureteri vengono incanalati e si
anastomizzano con punti staccati singolarmente. Terminato questo tempo chirurgico
fondamentale, si procede ad una riperitoneizzazione, per prevenire dislocazioni ed
ernie interne, quindi si procede alla chiusura della breccia chirurgica.
PARTE SECONDA
NURSING UROLOGICO.
La gestione del paziente stomizzato, riconosce delle tappe fondamentali che si
realizzano in percorsi veri e propri, caratterizzati cioè da fasi sequenziali
standardizzate in cui la relazione d’aiuto si concretizza e si sviluppa per il
raggiungimento di obiettivi prefissati. La trattazione dell’argomento si concentrerà
sulla figura dell’Infermiere Stomaterapista, sul ruolo ricoperto e sull’uso degli
strumenti a sua disposizione, tralasciando quella che è l’assistenza routinaria in fase
di degenza.
Le due fasi fondamentali nella gestione del paziente stomizzato si riconoscono nel:
- Il percorso assistenziale.
- Il percorso Riabilitativo (ha inizio dal post-intervento).
IL PERCORSO ASSISTENZIALE
La necessità di adattamento fisico, psicologico e sociale delle persone che entrano in
ospedale per un intervento chirurgico che porta al confezionamento di una stomia,
rendono necessaria l’applicazione di un piano di assistenza individuale che tenga
conto dei protocolli assistenziali adottati ma anche di criteri di individualità.
Il ruolo dell’infermiere stomaterapista è quello di fornire un’assistenza olistica e
personalizzata, pianificare l’assistenza focalizzandola al raggiungimento
dell’autocura, fornire informazioni ed insegnare nuove abilità, promuovere la
conoscenza approfondita degli aspetti fisici, psicologici ed emotivi dell’avere una
stomia, coordinare l’assistenza fornita nell’ambito del team multidisciplinare,
assicurare la continuità di cura dopo la dimissione.
Il percorso assistenziale è suddiviso in tre momenti importanti:
1) Fase pre - operatoria.
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2) Fase post- operatoria.
3) Fase ambulatoriale per il controllo a lungo termine.
FASE PRE-OPERATORIA.
E’ la fase in cui avviene il primo contatto professionale tra infermiere stomaterapista
e paziente, gli obiettivi primari in questa fase mirano ad istaurare un rapporto di
fiducia ed una relazione efficace, soddisfare il bisogno di sicurezza e conoscenza al
fine di ridurre l’ansia. E’ la fase in cui si sviluppa il piano informativo, e la
preparazione del paziente all’intervento.
“ La qualità della relazione influisce in maniera determinante sulla qualità del
servizio reso; il lavoro di un operatore risulta tanto più efficace se le competenze
tecniche e le conoscenze settoriali si integrano con buone competenze relazionali e
con un’efficace gestione delle risorse personali sul piano comunicativo” (BATESON
1960).
Nella nostra esperienza professionale abbiamo modo tutti i giorni di vedere quanto
doloroso sia per la persona, accettare una derivazione urinaria o intestinale.
Lo stato che ne deriva, comporta una grossa serie di problematiche legate ai seguenti
fattori:
- ansia e paura per l’atto chirurgico,
- stato di agitazione legato alla non conoscenza di ciò che verrà fatto,
- paura delle modificazioni del proprio schema corporeo,
- disturbo del concetto di se che si sostanzia in una perdita di autostima legata
agli effetti dello stoma sull’immagine corporea,
- paura delle alterazioni sessuali che ne possono derivare sia a livello personale
(impotenza) che sulla vita sessuale di coppia,
- isolamento sociale per paura degli odori e delle perdite legate al presidio di
raccolta, paura di non saper gestire la stomia.
Il paziente vede nell’infermiere stomaterapista la figura a cui aggrapparsi per ricevere
aiuto, per chiarire tutti i dubbi riguardo la sua situazione, a cui sviscerare tutte le
proprie paure, a cui porre dei quesiti che non avrebbe coraggio di porre mai a
nessuno. Molto spesso per il paziente, la stomia fa più paura della malattia stessa.
La relazione che si instaura con il paziente in questa fase è fondamentale, lo
stomaterapista non deve farsi carico dei problemi del paziente, ma deve servire a
rassicurarlo ed a informarlo su tutte le procedure terapeutiche e riabilitative, per
stimolare quel processo di autorecupero in cui la parte attiva deve essere sempre il
paziente. E’ costui che deve reagire in senso positivo alla malattia quindi al suo
nuovo stato, noi dobbiamo fungere da guida, da supervisori nonché da garanti
affinché ciò avvenga secondo schemi pianificati, programmati. Se ciò avviene il
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post-operatorio sarà meno traumatico, la riabilitazione, ed il reinserimento sociale più
semplice.
Da ciò è facile comprendere quanto sia complessa, delicata ed importante la fase preoperatoria, l’assistenza che ne consegue, mira al raggiungimento dei seguenti
obiettivi:
- preparazione psicologica del paziente;
- stabilire un rapporto di fiducia;
- stabilire la sede più adatta per il confezionamento della stomia;
- prevenire le complicanze da mal posizionamento;
- favorire il mantenimento del presidio in situ;
- favorire la gestione autonoma dell’urostomia.
E’ intuibile
capire, l’importanza in questa fase della comunicazione,
dell’informazione e del modo di informare il paziente, l’uso di toni pacati e precisi,
rassicuranti, la semplicità del linguaggio, il porsi sullo stesso piano, il ricorso a delle
dimostrazioni pratiche su quali saranno i sistemi di raccolta, l’utilizzo di ausili
didattici, il coinvolgimento degli stessi familiari, soprattutto i conviventi, i quali
anche loro vivono la malattia del caro con ansia, dolore e paura, è un modo per non
far sentire solo il paziente, tranquillizzandolo sfruttando il loro supporto.
LA GESTIONE DELL’ANSIA.
L’esordio di una malattia cronica, è un momento difficile, caratterizzato inizialmente
dallo stress emotivo della diagnosi. E’ evidente quindi che il primo ostacolo da
superare, è l’accettazione della malattia, quindi il riconoscimento di se stessi alla
luce di questo nuovo stato.
Di fronte alla scoperta del proprio corpo che cambia, che perde la sua abituale
fisionomia, la sua armonia, la sua funzionalità, la prima comprensibile reazione è il
rifiuto e la negazione.
Si apre così una ferita che supera la dimensione fisica, spesso accompagnata al
sentimento di rabbia, vergogna e impotenza, responsabili dello stato di agitazione e di
apprensione noto come ANSIA.
Questo invalidante quanto penoso sentimento di attesa, specie nella fase iniziale della
malattia, può assumere una connotazione patologica qualora la sua intensità,
raggiunga livelli tali da attivare dei meccanismi detti “di fuga”, fino a scatenare
forme di condotta fobica quali attacchi di panico.
Nella sua evoluzione l’ansia può condizionare negativamente la qualità della vita,
sconvolgendo ogni ambito dell’esistenza: fisico, percettivo e intellettuale.
Nella persona che sta per essere stomizzata, l’ansia può assumere una dimensione
occulta, come una sensazione di un malessere sotterraneo in assenza di palesi reazioni
somatiche esterne.
Paradossalmente può assumere una dimensione manifesta ed esprimersi attraverso
reazioni comportamentali e psico-fisiologiche chiaramente identificabili (
irrigidimento muscolare, tachicardia, nausea, respirazione affannosa, tremore,
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cefalea), si possono manifestare segni comportamentali quali irrequietezza,
movimenti ripetitivi fino alle stereotipie.
A livello cognitivo, i pensieri tendono a visioni prettamente nefastiche,
l’autocontrollo è messo a dura prova col rischio di sfociare in condotte irascibili e
aggressive.
Questo quadro sintomatologico, senza opportuni interventi, potrebbe portare alla
completa vulnerabilità della persona stessa. Esistono tuttavia strategie di gestione
dell’ansia, da intraprendere anche con il supporto del terapeuta, ma la cui attuazione
necessita da parte dello stomaterapista di un minuzioso lavoro incentrato su alcuni
punti chiave:
1. Stimolare il paziente a mantenere l’attenzione sul presente, senza andare oltre
col pensiero, senza pensare al futuro, spesso visto come tragico, negativo e
catastrofico. Interrompere la spirale dei pensieri negativi è fondamentale per
avviare l’iter riabilitativo, che altrimenti non avrebbe modo di esistere.
2. Stimolare il paziente nei momenti in cui guarda al futuro, di immaginare di
affrontare efficacemente le difficoltà, convincere il paziente che qualsiasi cosa
accada, potrà riuscire ad affrontarla.
3. Esporre il paziente gradualmente alla realtà, fornendo le informazioni in forma
graduale, lasciando il tempo necessario affinché il paziente elabori e faccia
proprie le informazioni evitando di confonderlo fornendogli una mole di
informazioni troppo ravvicinate.
4. Far capire al paziente che noi siamo a sua completa disposizione, su di noi può
contare anche fuori dell’ambiente ospedaliero, frequentando l’ambulatorio di
stomaterapia.
IL DISEGNO PREOPERATORIO.
Il disegno preoperatorio rappresenta una pratica fondamentale ai fini di un corretto
posizionamento di una stomia, sia essa uro, ileo, che colonstomia. Non è
assolutamente un sostituirsi al chirurgo, ma rappresenta un valido aiuto nel fornire
l’indicazione giusta sul punto di repere ideale, infatti l’obiettivo è quello di
individuare il punto più idoneo in cui confezionare la stomia.
Sarebbe auspicabile eseguire tale pratica prima di portare in sala il paziente, al fine
di ridurre lo stato d’ansia, ad un tempo limitato, visto che se l’ansia è protratta troppo
nel tempo che si ripercuote negativamente sul post-operatorio. Entrando nel dettaglio
della procedura, possiamo dire che il disegno pre-operatorio mira a:
1) favorire una buona gestione dello stoma e permetterne l’autogestione dello
stoma-care,
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2) prevenire le complicanze stomali da mal posizionamento,
3) favorire l’adesione ed il mantenimento in situ del sistema di raccolta.
4) nel caso di colonstomie favorire una buona esecuzione dell’irrigazione.
Nel reperimento del punto, si dovrà effettuare una attenta osservazione dell’addome
al fine di mantenere una equa distanza dal margine costale, dall’ombelico, da
eventuali cicatrici pregresse, pieghe adipose, lassità dei tessuti adiposi (addome
pendulo), linea della vita, ferita chirurgica, cresta iliaca.
L’esatto punto dovrà essere testato nelle diverse posture, tenendo conto delle
abitudini di vita, abbigliamento e religione. Un errato posizionamento dello stoma
può diventare un grave impedimento per le attività lavorative, sportive e di relazione
del paziente, tenuto presente che la maggior parte delle problematiche riscontrate
nella pratica clinica è in relazione al cattivo posizionamento dello stoma stesso.
Il mappaggio dell’addome prevede il tracciare una linea immaginaria che va dal
pube all’apofisi xifoide, ai margini costali, tra questi e l’ombelico, tra ombelico e
spine iliache, tra queste ed il pube. I triangoli che ne derivano rappresentano le zone
in cui possono essere confezionate le varie forme di derivazioni stomali.
Nello specifico dell’ureterocutaneo-ileo-stomia possiamo seguire una tecnica di
mappaggio del punto di repere, relativamente diversa da quella descritta in
precedenza, ma pressoché equivalente.
Materiale occorrente: vassoio, pennarello indelebile, pennarello delebile, cerotto
disegnato a forma di stomia o placca urostomica, sapone cutaneo, garze o cotone,
acqua tiepida, sistema di raccolta a due pezzi con sacca trasparente, sacchetto per
rifiuti.
La procedura ha inizio con il lavaggio sociale delle mani allo scopo di evitare
contaminazioni tra operatore, persona assistita ed ambiente.
- Predisposizione razionale del materiale per ottimizzare il tempo.
-
Garantire la privacy, è indispensabile avere un ambiente protetto e discreto in
cui dialogare liberamente.
- Informare la persona assistita sulla procedura da attuare coinvolgendola quanto
più possibile.
- Far assumere la posizione supina con addome scoperto, utile per poter eseguire
la pratica e per poter effettuale una valutazione globale della conformazione
addominale.
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- Osservazione attenta dell’addome, rilevando nevi, pliche cutanee, cicatrici
pregresse, per poter identificare criticità, al fine di una buona adesione del
dispositivo di raccolta. Lo stoma dovrà essere posizionato in un’area piana,
evitando cicatrici o pieghe che possono favorire il distacco del presidio con
relative infiltrazioni sotto il dispositivo.
- Segnare con un pennarello delebile, i punti corrispondenti a creste iliache,
arcate costali, line alba e linea della vita, si denota così il quadrante inferiore
destro.
- Posizionare il cerotto a forma di stomia a metà della linea che congiunge
l’ombelico con la cresta iliaca destra, si identifica così l’ipotetica posizione
dello stoma.
- Sarebbe buona norma sulla base dei dati clinici e della conformazione
dell’addome, valutare l’opportunità di segnare un secondo punto di repere sul
quadrante addominale controlaterale, allo scopo di facilitare il chirurgo in
situazioni chirurgiche non previste.
- Far assumere alla persona la posizione seduta, per poter rilevare se al variare
della postura, vi sono delle modifiche del profilo addominale tali da richiedere
lo spostamento del punto di repere. La zona segnata deve avere un piano
cutaneo regolare per almeno 10 cm, non interessare nevi o cicatrici.
- Far assumere la posizione eretta valutando le modificazioni dell’addome come
visto prima.
- Chiedere al paziente di indicare con un dito in posizione supina, seduta ed
eretta il punto segnato con il cerotto. Valutare se vede e tocca senza difficoltà
la zona dove allestire la stomia.
- Far assumere alla persona la posizione supina ed applicare sulla presunta
stomia il sistema di raccolta a due pezzi, valutare l’adesione della pacca, il
mantenimento in situ della stessa.
- Far assumere la posizione seduta valutando quanto detto prima.
- Far assumere la posizione eretta con relativa osservazione del sistema
applicato.
- Far assumere al paziente la posizione supina, rimuovendo nuovamente il
sistema di raccolta ed il cerotto. Detergere con acqua e sapone la cute per
eliminare i riferimenti tracciati in precedenza sull’addome, asciugare bene la
cute.
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- Eseguire definitivamente il disegno sulla cute con pennarello indelebile,
marcando l’area dello stoma per 2 cm di diametro.
- Praticare il lavaggio sociale delle mani, riordinare il materiale.
Sarebbe opportuno lasciare in sede, adesa la placca urostomica, per un tempo tale da
vagliare eventuali fenomeni di allergia al presidio, che si possono manifestare
topicamente con prurito, arrossamento, eritema, eruzioni cutanee.
La scelta del punto di repere, oltre che a tener conto degli aspetti tecnico – pratici,
deve considerare altri fattori importanti, legati alle abitudini ed alla cultura del
soggetto, non deve trascurare la religione del paziente, l’abbigliamento, lo stile di
vita, il lavoro.
E’ ben noto che per motivi religiosi, alcune parti del corpo vengono, vengono
considerate particolari, attribuendo un aspetto di l’intoccabilità, l’inviolabilità,
impurezza (dall’ombelico in giù), il considerare alcune parti del corpo impure,
comporterebbe grossi problemi nella gestione dell’urostoma.
Per quanto riguarda l’abbigliamento il problema riguarda principalmente le persone
giovani (quale pantaloni a vita bassa), chi per motivi di lavoro usa vestiti aderenti,
eleganti.
Lo stile di vita che non ne risente della presenza di uno stoma, si ha quando una
stomia è ben posizionata quando il paziente non ha ripercussioni e limitazioni di
nessun genere sia sul lavoro, sia per attività sportive, sessuali o altro.
Preparazione del paziente all’intervento chirurgico.
La fase pre-operatoria, comporta altri momenti importanti nella preparazione del
paziente, ci limitiamo solo ad una descrizione sommaria, ricordiamo ad esempio la
preparazione ad esami radiologici, la preparazione della cute, non meno importante la
preparazione intestinale.
Quest’ultima ha una notevole importanza nell’uretero-ileo-cutaneo-stomia in quanto
dovendo utilizzare un tratto di Ileo, è necessario che l’intestino venga pulito ed
appositamente preparato affinché la resezione possa essere fatta in assenza assoluta di
residui intestinali in condizioni pertanto che possano ridurre al minimo il rischio di
infezioni, che potrebbero compromettere la buona riuscita dell’intervento.
Nonostante esista una disparità di protocolli di preparazione in questo senso,
elemento comune è l’assunzione di una dieta priva di scorie, almeno quattro giorni
precedenti l’intervento, e la pulizia dell’intestino, mediante purganti, da
somministrare nei giorni precedenti all’intervento, meglio se tale preparazione inizia
almeno due giorni prima, per ottenere risultati migliori.
L’uso di una profilassi antibiotica per via orale con antibiotici non assorbibili dal
tratto gastroenterico aiuta ad abbassare la carica batterica intestinale,
successivamente, verrà praticata una terapia antibiotica preventiva, spesso per via
endovena, che verrà praticata per 5 - 7 giorni dopo l’intervento, mirata a prevenire
complicanze infettive.
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La prevenzione della malattia tromboembolica, ormai in uso per quasi tutti gli
interventi chirurgici, si esegue secondo gli schemi terapeutici classici, utilizzando
Eparina a basso peso molecolare, praticata sottocute, in mono somministrazione
giornaliera, per 3 – 4 settimane dopo l’intervento, usata in associazione
all’elastocompressione degli arti inferiori, ed alla mobilizzazione precoce dopo
l’intervento.
La terapia gastro-protettiva per proteggere lo stomaco sia dallo stress dell’intervento
che dall’uso di farmaci antibiotici o antinfiammatori/antidolorifici.
Il posizionamento di un accesso venoso centrale è utile per avere un accesso stabile e
sicuro sia durante l’intervento, che nel post operatorio, visto che sarà necessaria ad un
tipo di alimentazione per via parenterale, in associazione alla terapia endovena che
può rendersi necessaria in tale frangente. Si eviterà così il dover ricorrere a punture di
vena ripetute con conseguente disagio del paziente, evitare il rischio di flebiti,
rendendo più agevole la mobilizzazione del paziente nel post-operatorio.
FASE POST-OPERATORIA.
Il post-operatorio può essere suddiviso in due tempi: distinguiamo un post-operatorio
precoce, che va dall’intervento alle prime 48 ore, ed uno tardivo che va dalle 48 ore
alla dimissione. E’ da questa fase che inizia la riabilitazione del paziente, con la
differenza che la fase riabilitativa prosegue oltre la dimissione e si completa in tempi
diversi con l’attività ambulatoriale dello stomaterapista.
Post-operatorio precoce.
Il paziente torna dalla sala operatoria con: due drenaggi, rispettivamente destro e
sinistro, l’urostomia, da cui fuoriescono due tutori ureterali che incanulano gli ureteri
garantendone la pervietà, l’accesso venoso con la terapia infusionale in corso, la
terapia antalgica mediante elastomero, il sondino nasogastrico.
La prima apparecchiatura dello stoma, di regola dovrebbe avvenire in Sala
Operatoria, con tecnica sterile, utilizzando un sistema a due pezzi con sacca
urostomia trasparente, con valvola antireflusso, collegata a sacca di raccolta.
Tuttavia, se il chirurgo ritiene opportuno e se lo stato clinico richiede un controllo
della funzionalità selettiva dei due reni, è possibile per le prime 24 ore coprire con
una medicazione a piatto lo stoma, facendo fuoriuscire i due tutori collegati a sistemi
di raccolta differenti, successivamente si potrà allestire la prima apparecchiatura
dello stoma, in reparto, unificando i due tutori ureterali nel sistema di raccolta.
Nelle prime ore dopo l’intervento, si pratica il Nursing post-operatorio di base,
l’assistenza infermieristica è volta al controllo dello stato fisico del paziente, al
controllo del corretto funzionamento degli apparati quale, quello cardiocircolatorio
(Parametri vitali), polmonare (Emogas), renale (monitoraggio della diuresi), cerebrale
(ripresa del sensorio), controllo dei drenaggi con rilevazione tempestiva ed
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immediata dei segni di sanguinamento, controllo del dolore, controllo della ferita,
osservazione dello stoma.
Il regolare decorso clinico, prevede:
Prima giornata: controllo dei parametri vitali, emogas, bilancio idroelettrolitico,
digiuno, terapia idratativa,
antibiotica come protocollo in uso, profilassi
antitrombotica, il controllo della medicazione con relativo rifacimento, se sporca,
controllo dell’apparecchiatura della stomia e relativo controllo dello stoma, lavaggio
dei tutori ureterali due volte nelle 24 ore tutti i giorni, mobilizzazione iniziale.
Seconda giornata: inizio nutrizione parenterale totale, rimozione di un drenaggio,
prosecuzione della terapia, controlli ematici, bilancio idroelettrolitico, controllo della
ferita, controllo dello stoma. Sospensione della terapia antalgica in continuo.
Terza giornata: Terapia invariata, rimozione del S.N.G. a canalizzazione dei gas
avvenuta, mobilizzazione, FKT respiratoria, controlli ematici, rimozione o eventuale
superficializzazione del secondo drenaggio più profondo, rimozione
dell’elastocompressione degli arti inferiori , controllo dello stoma, allestimento
dell’apparecchiatura.
Quarta e Quinta giornata: l’assistenza resta invariata, si focalizza l’attenzione sullo
stoma-care e sull’aspetto psicologico del paziente.
Sesta giornata: ripresa dell’alimentazione con dieta idrica, sospensione del bilancio
idroelettrolitico, riduzione dell’apporto nutrizionale per via parenterale, prosecuzione
della terapia, coinvolgimento del paziente nella cura dello stoma.
Settima giornata: dieta semiliquida, sospensione della N.P.T., mantenimento della
terapia idratativa di supporto, medicazione ferita e rimozione parziale dei punti di
sutura.
Va ricordato che i tutori ureterali verranno rimossi ad intervento consolidato, ovvero
nel periodo che va dai 30 ai 90 giorni.
La dimissione del paziente con la presa in carico del servizio di stomaterapia può
avvenire in tempi differenti in funzione dello stato fisico e pscichico.
Complicanze legate alla tecnica chirurgica:
Possiamo avere delle complicanze di tipo immediato e di tipo tardivo.
Le complicanze immediate, possono essere
legate alla discontinuità sia
dell’intestino che delle vie urinarie. I pericoli incombenti nel post-operatorio sono la
peritonite (per fistola stercoracea e/o urinaria) e l’occlusione.
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Oltre all’errore tecnico, nella genesi di queste complicanze, possono giocare un ruolo
importante, lo stato fisico del paziente (pazienti defedati, neoplasie in stadio
avanzato, pazienti irradiati), la non corretta preparazione all’intervento, la non
adeguata terapia di sostegno nell’immediato post-operatorio ( reintegrazione del
patrimonio proteico, emoglobinico, elettrolitico).
Le complicanze tardive, possono essere sia di pertinenza chirurgica che medica.
Le complicanze tardive chirurgiche, sono le più frequenti, pertanto annoveriamo:
- Il reflusso urinario nelle alte vie escretrici. Spesso quest’evento porta a
pielonefriti con possibile evoluzione in insufficienza renale cronica. Tuttavia
nella derivazione secondo Bricker, questo fenomeno arreca conseguenze
minori per via del ridotto regime pressorio endoluminale, e per la mancata
commistione di feci –urina.
- La stenosi delle anastomosi uretero-enteriche, che portano ad idronefrosi di
grado variabile.
- Litiasi urinaria, dovuta a stasi urinaria e successiva infezione da flora batterica
esogena. A corpo estraneo rappresentato da punti di sutura non riassorbibili, o
presenza di tutori ureterali tenuti in sede per lungo tempo. Litiasi da alterazioni
dell’assetto idroelettrolitico e dell’equilibrio acido-base.
Irrigazione dei tutori ureterali.
Come visto in precedenza i tutori ureterali incanalano gli ureteri e attraversando il
tratto ileale abboccato alla cute, fuoriescono dallo stoma e riversano l’urina nel
dispositivo di raccolta applicato. Hanno lo scopo di garantire la pervietà delle
anastomosi ureterali sul tratto di ileo che fa da collettore con l’esterno, impedendo
che la reazione cicatriziale non provochi una stenosi ureterale. Fino a quando le
giunzioni mucose non guariscono del tutto, è possibile che un leggero sanguinamento
ne ostruisca il lume quindi provochi un ristagno di urine nell’uretere con
conseguente dolore e ritenzione urinaria. Per garantirne la pervietà, ed un perfetto
funzionamento degli stessi, si necessita soprattutto nelle prime giornate del postoperatorio della pratica dell’irrigazione dei tutori.
La procedura prevede l’introduzione tramite una siringa di soluzione fisiologica (5 ml
max), in ogni singolo tutore ureterale, rispettando le condizioni di asepsi. Durante il
deflusso del liquido iniettato si avrà l’espulsione di possibili coaguli filamentosi.
La procedura serve anche per valutare se il tutore è pervio, se il deflusso avviene
spontaneamente e completamente, in caso di resistenza è conveniente non forzare,
bensì eventuali anomalie vanno comunicate al medico. Il lavaggio dei tutori deve
essere del tutto indolore, spesso il chirurgo usa tutori di calibro differente per
selezionare i due reni, la manovra va eseguita almeno due volte nelle 24 ore
soprattutto nei primi giorni del post-operatorio.
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COMPLICANZE STOMALI E PERISTOMALI:
Le complicanze peristomali della pelle riguardano l’area di cute che si
estende per circa dieci centimetri intorno allo stoma.
I problemi della pelle nel tratto peristomale,si possono ricondurre alle
seguenti cause:
-
carenza igienica;
- urine lasciate a contatto con la pelle;
- pulizia troppo energica con eccessivo strofinio;
- sostituzione maldestra della sacca, oppure ricambio troppo
frequente della stessa;
- reazione allergica momentanea o improvvisa ad un particolare
tipo di solvente o adesivi;
- infezioni.
Complicanze precoci dello stoma.
Si dicono tali quelle complicanze che avvengono nelle prime due settimane dopo
l’intervento, abbiamo delle complicanze precoci primarie, cioè direttamente correlate
allo stoma, e secondarie, manifestazioni stomali di altre patologie.
L’incidenza delle complicanze precoci stomali, varia dal 25 al 35%, la causa è
imputabile a difetti dell’intervento chirurgico, alterazioni della parete addominale, o
ad errori di cattiva gestione della stomia. L’insorgere di queste complicanze in genere
porta a reintervento chirurgico, ritardi nella dimissione, protrarsi della dimissione,
uso di maggiori presidi.
Tra le complicanze più importanti abbiamo:
1) Complicanze da malposizionamento: sono dovute a scorretto posizionamento
dello stoma, situato cioè in una sede tale, da renderne difficoltose od
impossibili le manovre di gestione. Nell’uretero-cutaneo-ileo-stomia, lo stoma
ha i due tutori ureterali che in qualche modo rendono difficoltosa la gestione,
poiché possono essere ancorati alla cute con dei punti di sutura i quali
ostacolano l’apparecchiatura dello stoma.
Queste complicanze sono dovute ad una errata o mancata valutazione preoperatoria, le conseguenze in genere vanno dalle dermatiti peristomali,
all’infezione della ferita chirurgica.
Gli interventi infermieristici sono mirati all’adattamento alla cute dei vari
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sistemi di raccolta con l’ausilio di pasta livellante, polveri specifiche, film
protettivi, monitoraggio e controllo continuo della sede e della ferita.
2) Dermatiti e lesioni cutanee: sono caratterizzate da alterazioni dell’integrità o
del trofismo della cute peristomale. Abbiamo lesioni da trauma, conseguenti
alle apparecchiature dello stoma, lesioni da strappamento dei punti di
ancoraggio dei tutori. Possiamo avere dermatiti da contaminazione urinaria, in
cui l’urina si infiltra sotto la placca e ne determina l’insorgenza. Dermatiti da
contatto, dovute cioè a sensibilizzazione della cute a componenti della pacca
urostomia, in questi casi si associano infezioni della zona. Esistono dei fattori
concomitanti, come danni cutanei da irradiazione terapeutica, uso di antisettici
o essiccanti, da alterato pH delle urine, da mal posizionamento dello stoma. La
sintomatologia è caratterizzata da prurito iniziale, si associa eritema
pruriginoso, con la comparsa di vescicole che vanno in contro ad erosione,
segue lo stato di sierosità e meno frequente emorragia, infezione micotica o
piogena. I problemi gestionali sono legati alla presenza dei processi
infiammatori, che determinano scarsa adesività dei presidi, con conseguente
perdita di urine che complicano lo stato cutaneo con erosioni. Questa
situazione porta a dover intervenire con delle medicazioni di tipo avanzato.
3) Edema: è dovuto all’aumento della componente idrica dell’interstizio dello
stoma, conseguente ad ostacolato deflusso venoso. Le cause possono essere
ricondotte ad una eccessiva trazione dell’ansa, insufficiente diametro
dell’apertura della parete muscolare o cutanea, utilizzo di presidi non idonei.
L’edema se non trattato può evolvere con la stenosi momentanea dello stoma,
necrosi parcellare della mucosa, poiché più traumatizzabile dalla placca o dai
tutori. Gli interventi infermieristici si basano sull’osservazione circa
l’evoluzione dell’edema, per le prime 48 ore, è necessario l’utilizzo di un
presidio più idoneo, l’applicazione di borsa di ghiaccio. Il trattamento
chirurgico di solito non è necessario tranne per i casi in cui sussista
un’ischemia e necrosi massiva. La presenza di piccole zone di necrosi limitate
alla mucosa, possono guarire con un trattamento conservativo.
4) Emorragia intra e peristomale: è la perdita di sangue di varia entità
proveniente dalla zona peristomale o dal viscere stesso. Le cause possono
essere ricondotte ad una eccessiva esteriorizzazione dell’ansa, necrosi
arteriose del meso e distacco di escare, difetto di emostasi, coagulopatie,
microtraumi da mal gestione, decubito dei tutori ureterali. Gli interventi
infermieristici mirano a bloccare l’emorragia effettuando emostasi per
tamponamento ed applicazione di una borsa di ghiaccio, quantizzazione delle
perdite ematiche, controllo dell’emocromo, per valutare e prevenire l’eventuale
anemizzazione.
5) Ischemia e necrosi: è la condizione che s’instaura per insufficiente apporto di
sangue arterioso nella sede della stomia; la mucosa apparirà inizialmente
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pallida (a differenza del normale colore rosso), poi violacea ( comparsa di
cianosi), ed infine nera ( necrosi). L’ischemia può essere parziale se limitata
alla parte emergente, totale se interessa tutto il tratto del moncone ileale. Una
caratteristica importante è che il paziente non avverte grossi disturbi, è nostra
premura quindi affidarci alla valutazione obiettiva dello stoma più che alla
sintomatologia del paziente. Le cause possono essere ricondotte ad eccessiva
trazione del meso, arteriosclerosi o compressioni vascolari intrinseche,
eccessiva scheletrizzazione dell’ansa in fase di preparazione chirurgica, fattori
compressivi da errata apparecchiatura dello stoma. Gli esiti sono: stenosi,
distacco dello stoma parziale o totale, nei casi più gravi la ricaduta del
moncone in addome, con inevitabile peritonite. Gli interventi infermieristici
mirano all’osservazione dell’evoluzione dello stato, mantenendo pulita la zona
per prevenire suppurazioni, apparecchiando l’urostomia con utilizzo di paste
riempitive in caso di distacco parziale dello stoma.
6) Retrazione dello stoma: consiste nello slivellamento dello stoma sotto il piano
cutaneo, la conseguenza più grave sta nelle difficoltà oggettive
nell’apparecchiatura dello stoma, l’urina deposita sullo stoma ed ha più
possibilità di infiltrarsi sotto la placca, irritando la cute e destabilizzando
l’adesività del presidio. L’insorgenza di questa complicanza può essere di tipo
chirurgico da mal confezionamento, eccessivo spessore della parete
addominale. Le complicanze riguardano principalmente la cute peristomale, in
quanto questo stato predispone a dermatiti, al distacco, alla stenosi dello stoma.
Molta attenzione va posta nella preparazione della zona in fase di
apparecchiatura dello stoma, va livellato il piano peristomale con paste
riempitive, utilizzo di placche convesse, protezione della cute peristomale con
prodotti barriera specifici.
7) Distacco della giunzione muco-cutanea: in questa complicanza si ha la
separazione della giunzione mucocutanea parziale o totale, è un evento che
merita la massima cura ed attenzione da parte dello stomaterapista poiché se si
presenta in forma ridotta e circoscritta, si risolve da se, ma se trascurata e senza
la dovuta cura, mina i piani sottostanti vista l’assenza di un drenaggio
completo dell’urina. Il paziente avverte dolore, si ha irritazione cutanea.
L’enterostomista ha il compito di detergere e tener pulita la zona peristomale
con un trattamento intensivo, quindi è fondamentale l’igiene dello stoma,
palpazione della zona per capire se vi sono delle fistole.
8) Suppurazioni ed ascessi peristomali: come si è visto in precedenza
moltissime possono essere le cause che portano al verificarsi di queste
complicanze, ovviamente più recente è il confezionamento della stomia,
maggiore incidenza possiamo avere del rischio di suppurazioni. La difettosa
sutura mucocutanea e la contaminazione intraoperatoria da scolo di materiale
per un intestino mal preparato sono le cause che vanno per la maggiore, ma
anche la mal gestione dello stoma, la mancanza di provvedimenti idonei in
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situazioni complicate, durante l’apparecchiatura della stomia, possono generare
suppurazioni ed ascessi. Il trattamento prevede la detersione e la zaffatura
anche più volte al giorno dell’area suppurata, applicazione di placche protettive
e sistemi, per isolare la parte drenata, dalle deiezioni, utilizzo di paste
riempitive nella fase di guarigione.
Complicanze stomali tardive:
Sono quelle complicanze che si manifestano oltre la seconda settimana
dall’intervento, alcune sono state già menzionate poiché possono manifestarsi anche
precocemente, come le emorragie, le dermatiti, i traumi.
Tra le complicanze tipicamente tardive abbiamo:
1) Ernia stomale: è la dislocazione dell’ansa stomale per cedimento della parete
addominale, dovuta ad un distacco completo o parziale della fascia
addominale; fattori predisponenti sono: la tosse, l’obesità, la stipsi, il
malposizionamento della stomia, il mal confezionamento. L’ernia determina il
difettoso funzionamenti dello stoma, difficoltà nell’apparecchiamento dello
stesso, difetto di tenuta della placca. In questi casi l’uso di presidi specifici
dotati di maggiore adesività, l’uso della cintura aiuta ad alleviare il disagio,
l’unico intervento risolutivo è quello chirurgico.
2) Prolasso dello stoma: è la protrusione eccessiva dell’ansa stomale dal piano
cutaneo addominale. Può essere mucoso se riguarda lo scivolamento della
tonaca mucosa sulla muscolare (max 3 - 4 cm), totale se riguarda l’intera ansa.
Le cause possono essere ricondotte ad una eccessiva ampiezza dell’incisione
parietale e cutanea, una insufficiente fissazione viscero-parietale. Gli esiti sono
riconducibili a difficoltà di mimetizzazione e di gestione dello stoma,
emorragia da trauma della mucosa protrusa, edema e necrosi da strozzamento.
Gli interventi infermieristici si basano su manovre e didattica di riduzione del
tratto prolassato, in caso di emorragia, emostasi per compressione ed
applicazione della borsa di ghiaccio.
3) Fistola: è la formazione di un tragitto che mette in comunicazione due cavità o
una cavità con l’esterno; può essere di tipo Viscero-cutanea, Peristomale,
Transtomale, in funzione dei rapporti che trae con lo stoma. Le cause sono
traumi trans-stomali, da suppurazione di punto di sutura (peristomali o
viscerocutanei), da patologia primaria. Gli esiti sono; ascessi parastomali,
dermatiti, stenosi. Gli interventi infermieristici mirano a facilitare il drenaggio
delle secrezioni preservando l’adesività del presidio, adattamento di vari
presidi alla specifica situazione, medicazione avanzata.
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4) Stenosi: si verifica questa complicanza quando si ha una riduzione del calibro
stomale al di sotto della misura necessaria ad assicurare un normale
funzionamento e la regolare espulsione dell’urina. L’entità della stenosi
dipende dalla dimensione del lume residuo, dall’elasticità della parete viscerale
transparietale, elasticità dei tessuti circostanti. L’evento è attribuibile ad
inadeguata incisione cutanea, presenza di concrezioni fosfatiche, esito di
processo suppurativo, esito di ischemia o necrosi, esito di retrazione precoce.
Gli interventi da attuare sono di tipo dilatativo mediante tecnica digitale o con
dilatatori, le forme più gravi vengono trattate chirurgicamente.
5) Granulomi: si definiscono tali le formazioni fibroproduttive a carattere
benigno, che compaiono sulla superficie dello stoma. Possiamo distinguere dei
granulomi da corpo estraneo sulla giunzione muco-cutanea, dei noduli
fibroproduttivi aspecifici, tipici della semicirconferenza inferiore della
giunzione muco-cutanea, pseudopolipi infiammatori, tipici della superficie
stomale. Possono essere dovuti a fenomeni flogistici cronici, o conseguenti a
traumatismi. Gli esiti sono: emorragie ripetute, dolore e bruciore aggravato
dalla contaminazione urinaria. Il trattamento prevede toccature con nitrato
d’argento, e tecniche di emostasi se presente sanguinamento.
6) Follicolite: é una infiammazione dei follicoli piliferi solitamente causata dallo
stafilococco aureo o da streptococco. L’eziologia è legata all’infezione dei
follicoli peristomali in seguito a frequenti rasature, o da lesioni cutanee causate
da frequenti sostituzioni del presidio di raccolta, o da tecnica errata di
rimozione della placca. E’ necessario in questi casi praticare applicazioni
cutanee antisettiche (Triclosano, Esaclorofene) facendo attenzione ad eventuali
reazioni allergiche, educare il paziente a radere la cute peristomale, non più di
una volta alla settimana e solo se necessario, vietando assolutamente l’uso di
lame.
7) Traumi stomali: possono essere interni, ed esterni, riguardanti cioè il tratto di
viscere che sporge o peno dal piano cutaneo. Possono verificarsi in seguito a
manovre gestionali violente, presidi non idonei o applicati male, da tutori
ureterali, da cinture di sicurezza, traumi da vestiario, nel caso di colostomie, in
seguito a irrigazione, o procedure strumentali. Possono provocare la
perforazione dell’ansa, evolvere in peritonite, stenosi, emorragia, edema. In
caso di sanguinamento post traumatico è necessario effettuare l’emostasi per
compressione, applicare una borsa di ghiaccio, correggere il presidio.
Fase post-operatoria tardiva.
E’ in questo periodo in cui si insegna lo Stoma Care, è la fase in cui il paziente ( i
familiari) prende atto praticamente del nuovo stato fisico.
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E’ la fase in cui si cerca di coinvolgere i familiari conviventi, coloro i quali avranno
un contatto col paziente nelle mura domestiche ( soprattutto il coniuge), dovranno
essere loro a rappresentare un riferimento in ambiente domestico. Se l’enterostomista
lo riterrà opportuno potrà chiedere l’intervento di uno psicologo.
IL RUOLO EDUCATIVO DELL’INFERMIERE ENTEROSTOMISTA.
Se etimologicamente curare significa prendersi cura di qualcuno, allora l’obiettivo
dell’infermiere è quello di aiutare la persona malata a vivere l’esperienza della
malattia in modo positivo e da soggetto attivo, mettendo al servizio dello stesso la
propria disponibilità umana e le proprie competenze professionali.
L’infermiere enterostomista, visto come perno centrale attorno al quale ruota
l’assistenza al malato, dovrà tener presenti alcuni punti fondamentali:
- riconoscere il malato come persona senza designarlo con il nome della malattia o
con il numero del letto.
- cercare di conoscere quanto più possibile la realtà psicologica e sociale del paziente.
- cercare di identificare i bisogni che possono essere fisici ma anche bisogni quali la
sicurezza, la stima, l’autorealizzazione istaurando un rapporto fiduciario ed efficace
con il soggetto.
- cercare di svolgere nei confronti del soggetto e delle persone che lo circondano un
ruolo educativo.
Si dovranno fornire informazioni adeguate, esse dovranno essere personalizzate
tenendo presente la situazione psicologica, emotiva ed intellettiva del singolo
paziente. Un’informazione adeguata ed individualizzata, porta il soggetto ad
accrescere la propria motivazione ed il proprio interesse, seguendo da persona attiva e
consapevole il programma di diagnosi e terapia durante un ricovero oppure eventuali
programmi di terapie e riabilitazioni da effettuare dopo dimissione. Al ruolo
educativo, si dovrà affiancare il ruolo di aiuto in un paziente con temporanea
dipendenza nello svolgere semplici attività di vita quotidiana in una situazione di
ospedalizzazione, e nel contempo si dovrà promuovere il recupero e il mantenimento
di un rapporto di relazione nella società. Questi ruoli sono identificabili in ogni
situazione patologica!
LO STOMA CARE.
Lo stoma care, è la cura e la gestione completa della stomia: igiene, apparecchiatura,
prevenzione, controllo delle complicanze. L’integrità della cute peristomale è
fondamentale per la prevenzione di lesioni, che
comprometterebbero una
riabilitazione efficace. L’igiene del complesso stomale rappresenta l’insieme di tutte
quelle norme utili alla pulizia dello stoma e della cute circostante. Evitare l’insorgere
di complicanze peristomali costituisce oggi un problema di ampio rilievo soprattutto
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per l’entità dei disturbi fisici e psichici che arreca allo stomizzato, influenzando
notevolmente la qualità di vita.
La cura dello stoma è importante tanto quanto l’intervento chirurgico, l’esecuzione
appropriata di tutte le fasi della procedura di gestione dell’urostomia, consente di
ottenere il massimo comfort che si traduce in termini di autonomia, discrezione,
serenità.
La prevenzione delle alterazioni della cute peristomale, rappresenta un elemento
chiave nella riabilitazione del paziente, si consideri che il 45% delle persone che
vivono con una stomia presentano alterazioni della cute peristomale. La presenza di
queste alterazioni merita la giusta attenzione da parte dello stomaterapista, il quale
deve offrire un aiuto valido ed efficace, poiché il paziente difficilmente potrà
risolvere il problema da solo, con gravi conseguenze sulla qualità della vita.
Per i pazienti urostomizzati, l’incidenza delle alterazioni peristomali, è leggermente
superiore, si stima il 48%. Per la maggior parte dei casi, ciò è causato dal contatto con
gli effluenti aggressivi ed irritanti.
Mantenere l’integrità della cute peristomale, è essenziale, in quanto solo in presenza
di questa condizione fisiologica, si può garantire una perfetta adesione della barriera
cutanea, atrimenti si innesca un meccanismo a catena in cui la presenza di spazi vuoti
tra la barriera e la stomia dovuti a cattiva adesione, causa infiltrazioni di urina che
determinano lesioni peristomali, che a loro volta ne riducono ulteriormente l’adesività
del dispositivo, e così via il peggiorarsi della situazione.
Già dall’immediato post-operatorio, proteggere la cute peristomale è fondamentale, al
fine di prevenire l’instaurarsi di questo circolo vizioso.
SOSTITUZIONE DEI PRESIDI DI RACCOLTA.
Materiale occorrente:
- Dispositivo di raccolta a due pezzi, con placca a protezione totale, (piana o
convessa in base alla necessità), sacca di raccolta dotata di valvola antireflusso
e rubinetto di scarico necessariamente trasparente.
- Acqua tiepida potabile.
- Sapone neutro.
- Panno carta o simili, ( cotone idrofilo).
- Forbici con punte ricurve arrotondate.
- Misuratore di stomia.
- Pasta barriera.
- Sacchetto per lo smaltimento dei rifiuti.
- Due mollette per clampare i tutori ureterali in fase iniziale.
Procedura:
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- Lavaggio sociale delle mani ed allestimento del materiale da usare.
- Svuotare la sacca dall’urina eventualmente contenuta.
- In presenza di tutori, è conveniente rimuovere separatamente la sacca di
raccolta, dalla placca adesa alla cute, tirandola dall’alto verso il basso, e poi
staccare la placca sempre con la stessa tecnica, tenendo ed umidificando la cute
avvalendosi del panno carta impregnato di acqua tiepida, facendo attenzione a
non sfilare i tutori ureterali ove presenti.
- Per evitare la fuoriuscita di urine, si possono clampare con le mollette i
tubicini, a circa due cm dalla stomia, o tamponare l’urostoma con il
pannocarta.
- Con il pannocarta bagnato con acqua e sapone, si deterge la cute peristomale
con movimenti circolari dall’esterno verso la stomia, in questo modo si evita lo
spandimento di urina sulla cute circostante, riducendo il rischio di
arrossamenti.
- Risciacquare bene la parte detersa asciugando accuratamente con il pannocarta,
senza strofinare, ma tamponando. Fare attenzione alla cute peristomale deve
essere perfettamente asciutta altrimenti la placca tenderà a staccarsi.
- Rilevare con il misuratore di stomia il foro di dimensione idoneo, ritagliare la
placca alla circonferenza corrispondente considerando due millimetri di
tolleranza in eccesso.
- Prima di applicare la placca, mettere uno strato di pasta protettiva intorno alla
stomia, lasciar asciugare per 30 secondi, se necessario modellarla con le dita
per ottimizzarne la tenuta, l’uso della pasta barriera serve a guarnire in modo
ottimale la zona peristomale, impedendo infiltrazioni.
- Applicare la placca previa rimozione della pellicola protettiva, facendo
attenzione ad inserire bene i tutori nel foro, accostando il margine inferiore del
foro della placca al margine inferiore dello stoma, facendo aderire la placca
alla cute, dal basso verso l’alto.
- Assicurarsi che la placca sia ben aderente alla cute, e non si formino pieghe
durante l’applicazione. Questo controllo è importante perché garantisce il
comfort e la tenuta del sistema fino alla prossima sostituzione.
- Prendere la sacca di raccolta, chiuderne il rubinetto, introdurre i tutori se
presenti al di sopra della valvola antireflusso, estrarre le mollette e agganciare
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il sistema di raccolta alla flangia della placca, assicurandosi della perfetta
tenuta del dispositivo.
- Eliminare i rifiuti e lavarsi le mani.
La stessa procedura descritta, si attua con l’uso di dispositivi monopezzo, questi
dispositivi però non possono essere usati nell’immediato post-operatorio, ed in
presenza di tutori ureterali, che ne complicherebbero le manovre di allestimento.
Va spiegato al paziente che quando l’esecuzione della pratica, avviene in ambito
domiciliare, il dispositivo di raccolta ed il materiale monouso utilizzato per effettuare
l’igiene e l’apparecchiatura della stomia, è considerato appartenente alla categoria dei
rifiuti urbani, quindi eliminato con la frazione indifferenziata secondo le modalità
definite nella zona di residenza.
LE MEDICAZIONI AVANZATE.
Sono quelle medicazioni cui lo stomaterapista ricorre per stimolare il processo di
guarigione delle complicanze alla cute peristomale.
Va ricordato che non è la medicazione che guarisce la ferita, ma i presidi utilizzati
aiutano a portare avanti il processo di guarigione per seconda intenzione, agendo
direttamente sul trofismo cellulare, o indirettamente allontanando o facilitando
l’allontanamento di sostanze che ne rallenterebbero la guarigione.
Va ricordato che allontanando la causa che ha prodotto l’evento, lo stesso si arresta e
la guarigione si avvia in modo spontaneo e naturale, salvo la presenza di patologie di
base importanti o stati di grave denutrizione.
Fondamentalmente abbiamo tre tipi di medicazioni:
Quelle classiche risalenti agli anni 60, sono rappresentate da tecniche rivolte
all’ambiente esterno, vale a dire, che proteggono la lesione da agenti esterni e da
infezioni. Creano un ambiente secco.
Le medicazioni avanzate, che potremmo definire di seconda generazione, nascono
negli anni 80 - 90, alla luce delle nuove conoscenze sui processi riparatori tissutali,
esse facilitano i processi senza però interagire con essi, creano un ambiente umido
che facilita la riparazione
Le medicazioni avanzate Bioattive (interattive biologicamente), interagiscono con i
processi riparativi, modulano la cicatrizzazione, hanno azione antibatterica
prolungata.
Le medicazioni avanzate di base, sono rappresentate dai seguenti prodotti:
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- prodotti che assorbono e trattengono i fluidi (schiume di poliuretano),
- quelle che hanno l’unico scopo di assorbire (alginati e microfibre),
- quelle che non assorbono né cedono liquidi, ma mantengono l’ulcera in
ambiente umido (film di poliuretano ed idrocolloidi),
- quelle che cedono liquidi (Idrogels).
Idrocolloidi.
Gli idrocolloidi: sono presidi disponibili in diversi formati, polveri, paste, placche
con o senza bordi adesivi. Sono costituiti da uno strato interno di
carbossimetilcellulosa, supportata da una rete di elastomeri a capacità adesiva, o di
gelatina- pectina. Lo strato esterno è costituito da un film impermeabile a fluidi ed
ossigeno.
Possono essere lasciati in sede dai 3 ai 5 giorni, sono indicati su lesioni secche ed
erosive, servono ad isolare la cute, se usati in placche si può incollare sopra il
presidio di raccolta, evitando ulteriori traumatismi nel distacco della placca, non
vanno applicati in caso di ulcere poiché impedirebbero l’allontanamento
dell’essudato con ulteriore escavazione della stessa. Non vanno usati su lesioni
infette, su cute peristomale fragile, su strutture anatomiche esposte.
Schiume di poliuretano.
Le schiume o gels di poliuretano, contengono il poliuretano sostanza altamente
assorbente, sono costituite da tre strati; uno esterno che è impermeabile ai liquidi e
funge da barriera proteggendo dai batteri, uno medio altamente assorbente, uno
interno a bassa aderenza. Hanno un elevato grado di assorbenza, quindi indicati su
lesioni altamente essudanti, poiché trattengono i liquidi. Non vanno usate in presenza
di escare secche.
Sono commercialmente disponibili in placche, cuscinetti, e su supporto adesivo.
Possono trovarsi in commercio sotto varie tipologie, differenti per capacità
assorbente, per modalità di assorbimento, per struttura della medicazione, per
capacità di rilasciare l’essudato assorbito, alla velocità di assorbimento dell’essudato.
Gli Alginati.
Contengono sostanze derivanti delle alghe marine, legate a polimeri dell’acido
alginico, esse a contatto con le ferite essudanti, si trasformano in un gel ad alto potere
assorbente.
Il principio di utilizzo, è basato sul contatto del calcio della medicazione col sodio
dell’essudato della ferita. Avviene così uno scambio ionico che porta
all’assorbimento dell’essudato, e alla trasformazione della medicazione in gel.
Essendo i Sali di sodio idrosolubili, e quelli di calcio insolubili, la medicazione,
assorbe e gelifica mantenendo il letto della ferita umido.
32
L’alginato ha la caratteristica di assorbire 20 volte il suo peso, si trasforma in gel
evitando la formazione di escare. Idoneo anche in caso di infezione poiché i batteri
vengono inglobati nel gel, e rimossi con il cambio della medicazione.
Molto usati per il potere assorbente ed emostatico, possono essere lasciati in sede per
24 – 72 ore dalla loro applicazione, utili in presenza di lesioni sottominate od a
spessore.
Viste le loro caratteristiche si usano nei casi di altissima essudazione, anche in
presenza di batteri.
Bisogna fare molta attenzione ad un uso corretto degli alogenati, poiché grazie al loro
alto potere essiccante possono seccare troppo la lesione, fino a disidratarla, facendo
venir meno l’elemento cruciale ai fini della riparazione tissutale, quale l’ambiente
umido.
Medicazioni non aderenti e garze impregnate.
La necessità nella pratica clinica di avere una medicazione che non aderisca alla
soluzione di continuo, è una evenienza frequente, poiché il distacco di una
medicazione incollata, porta via il tessuto di granulazione neoformato.
Sono medicazioni costituite da materiale non aderente alcune con proprietà
assorbenti. Possono essere imbevute di petrolato, sulfadiaziona, grassi neutri, tessuto
siliconato, lipido colloidale.
Ossido di zinco.
E’ una sostanza spesso in commercio come crema o pasta, si una su cute peristomale
integra, ma in presenza di arrossamento, ha azione risolvente, proprietà tipica dell’
ossido di zinco.
I PRESIDI DI RACCOLTA.
In commercio esistono diversi tipi di presidi di raccolta, classificabili come: sistemi
monopezzo e sistemi a due pezzi.
Nel sistema monopezzo la barriera adesiva e la sacca di raccolta fanno parte della
stessa struttura.
Il sistema a due pezzi invece è costituito da una placca protettiva, provvista di flangia
su cui viene montata la sacca di raccolta anch’essa provvista di flangia, entrambe le
strutture vengono incastrate tra loro ottenendo così una chiusura ermetica e sicura. La
sacca da urostomia essendo destinata a contenere urine, ha delle caratteristiche
importanti, ossia è provvista di valvola antireflusso, e di valvola raccordabile a
raccoglitore da gamba o da letto.
In linea generale, la scelta del presidio giusto, è di tipo multifattoriale, infatti vi sono
dei parametri vincolanti, dai quali non si può prescindere, essi sono:
- conformazione somatica del paziente,
33
-
caratteristiche dello stoma,
caratteristiche dell’addome,
presenza di complicanze peristomali,
quantità degli affluenti,
forma,
potere adesivo,
tollerabilità individuale ai materiali che lo compongono,
preferenze individuali.
Esistono invece dei fattori che possono orientare lo stomaterapista ad optare per un
presidio piuttosto che un altro, in funzione delle caratteristiche tipiche del presidio
stesso, al fine di garantire il comfort del paziente nella vita di tutti i giorni, nel lavoro,
nello sport.
Nel postoperatorio precoce è conveniente usare un sistema a due pezzi con sacca di
raccolta trasparente, per evitare i continui distacchi della placca dalla cute nella
sostituzione del sacchetto, ciò rappresenterebbe un insulto all’urostomia appena
confezionata. Tuttavia il sistema monopezzo si presta bene nella gestione
dell’urostomia ormai consolidata, quindi utile nella gestione a lunga scadenza.
La sostituzione della placca di regola va eseguita ogni due giorni, mentre la sacca di
raccolta ogni giorno.
Tuttavia la scelta del presidio deve rispettare alcuni standard, riconducibili a:
- sicurezza e fissaggio saldo ed affidabile, ciò è fondamentale visto che le
infiltrazioni di urine determinano irritazione, macerazione della cute, soluzioni
di continuo, quindi rischio di complicanze;
- protezione della zona peristomale;
- impermeabilità totale a liquidi ed odori;
- funzionale nella gestione e nella rimozione;
- delicata per la cute peristomale;
- anallergica;
- silenziosità;
- scarsa visibilità, quindi non ingombrante, quindi discreta.
Esistono una vasta gamma di presidi che permettono di far fronte a molte esigenze
del paziente, sia con complesso stomale integro, che in presenza di complicanze, va
però ribadito che un presidio può ritenersi idoneo solo dopo essere stato testato per un
periodo sufficiente di tempo. Nella pratica, lo stomaterapista può affidarsi a quella
34
che è la propria esperienza, in funzione della situazione oggettiva dello stoma, e della
cute peristomale.
Come vedremo in seguito, tutti i presidi necessari allo stoma care, sono forniti
gratutitamente dal Servizio Sanitario Nazionale, con la possibilità di poter variare la
prescrizione se le condizioni lo richiedono, e se ciò è utile ad aumentare il comfort
del paziente.
ALIMENTAZIONE DELL’UROSTOMIZZATO.
La ripresa dell’alimentazione, avviene gradualmente, per consentire all’anastomosi
ileale di cicatrizzare, garantendo una ricanalizzazione intestinale ottimale. Per quanto
riguarda l’alimentazione in generale, possiamo dire che l’urostomizzato, può
mangiare quasi tutto quello che mangiava prima dell’intervento, poiché reni ed
ureteri sono isolati dal sistema digerente.
L’enterostomista deve suggerire alcuni semplici accorgimenti, atti a garantire una
buona funzionalità renale, ed a ridurre l’odore e l’acidità dell’urina. In tal senso
l’unica buona regola, è ingerire almeno due litri di liquidi al giorno, non solo come
acqua ma anche infusi, brodi, succhi. Lo scopo di tale introito, è diluire le urine,
impedendo quindi la formazione di cristalli attorno allo stoma, spesso causa di
dermatiti peristomali, tenere libere le vie urinarie, producendo una quantità
sufficiente di urina aiuta a prevenire problemi di tipo infettivo per reni ed ureteri, di
calcolosi urinaria, e di cattivo odore, per questo.
E’ importante istruire il paziente a mangiare molta frutta e verdura ricca di vit. C,
come arance, kiwi, fragole, spinaci.
Altro importante accorgimento, è evitare cibi molto speziati, asparagi, cipolle, aglio
cavolfiore, poiché aumentando l’acidità delle urine, ne esaltano il cattivo odore,
rendendo meno discreto anche il miglio presidio di raccolta.
Ricordiamo inoltre che l’urina a contatto con i presidi e la cute peristomale spesso
colonizzata da germi (Ureasi - produttori) sviluppa ammoniaca, sostanza volatile,
irritante per la cute, dall’odore caratteristico e persistente. L’urina concentrata porta
alla produzione di ammoniaca in concentrazioni maggiori con effetti ancora più
marcati, ciò avviene in forma ridotta quando l’assunzione di liquidi è tale da diluire
tale concentrazione.
L’acidificazione delle urine ad opera si cibi contenenti acido ascorbico ( frutta), aiuta
a prevenire odori ed infezioni delle vie urinarie, ricordiamo che le micosi sono
favorite dall’ambiente alcalino.
L’assunzione di un giusto apporto di fibre, facilita il transito intestinale e previene la
stitichezza, pertanto facilita l’evacuazione, evitando l’impegno eccessivo della
muscolatura addominale, preservando così la stomia da ernie e prolassi.
In questo tipo di pazienti, possono insorgere col tempo modificazioni elettrolitiche
nel sangue (come l’acidosi ipercloremica), in questi casi, si interviene solitamente
assumendo una piccola quantità di bicarbonato.
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Potrebbe manifestarsi una ipovitaminosi (vit. B12) tale da portare ad anemia, si può
prevenire ciò assumendo frutta e verdura, integrando la dieta con legumi e carne.
La dieta non deve essere ipercalorica poiché l’aumento di peso nello stomizzato
influisce negativamente sullo stoma e sul metabolismo in genere. Il rischio nell’obeso
di insorgenza di patologie stomali quali ernie e prolassi, è molto alto, l’addome
voluminoso può portare anche a retrazioni dello stoma, a stiramenti della cute con
alterazione della zona peristomale.
PARTE TERZA
LA DIMISSIONE, IL RIENTRO A CASA.
La dimissione, è il primo momento in cui si testa l’autonomia gestionale nella nuova
condizione da parte del soggetto, il quale deve aver avuto nel corso della degenza,
tutte le informazioni ed i consigli adeguati alla gestione dell’urostomia, sugli aspetti
legati all’igiene, all’abbigliamento, ritorno all’attività lavorativa, sessuale, sociale,
tutti aspetti che dovranno essere rafforzati con una adeguata attività di follow-up e
riabilitazione da continuare con l’attività ambulatoriale di stomaterapia, anche per
eventuali consulenze che si rendessero necessarie in futuro.
Sarebbe opportuno fornire al paziente in dimissione, degli strumenti di supporto,
scritti appositamente per facilitare l’apprendimento, che devono essere di aiuto ma
non possono sostituire l’attività educativa dello Stomaterapista.
Si possono definire degli strumenti di supporto alla dimissione, tra cui:
- La valutazione delle conoscenze, con possibilità di compilare una scheda, utile
durante il follow-up ambulatoriale per valutare i progressi raggiunti soprattutto
in termini di stoma care.
- Una rassegna di consigli scritti ed indicazioni anche di tipo burocratico.
- Programma terapeutico, compilato dal medico specialista.
- Certificazione dei presidi protesici necessari, spesso compilato dallo
stomaterapista, e firmato dal medico specialista.
- Fornitura dei presidi protesici specifici da utilizzare come riferimento.
- Presa in carico del servizio ambulatoriale di stomaterapia più vicino.
ASPETTI PSICOLOGICI DELLA DIMISSIONE, RUOLO DEL CARE GIVER.
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Con la dimissione, se da un lato si chiude un periodo d’incertezza e di sofferenza
fisica, dall'altro inizia un percorso di adattamento alla nuova condizione nel quale le
difficoltà da affrontare sono di varia natura, sopratutto di ordine psicologico. Il
cambio della sacca, che nel corso del breve addestramento ospedaliero poteva
sembrare l'aspetto meno gravoso della nuova condizione, diventa improvvisamente
difficoltoso: la manualità non pienamente acquisita, il senso di pudore e di
imbarazzo, gli incidenti di percorso legati alla scelta, non ancora ottimale, del
dispositivo più adatto alle proprie esigenze, generano ansia e depressione.
Nelle mura domestiche, può succedere che si ponga il problema di una
riorganizzazione di alcuni spazi comuni, come la stanza da bagno o la camera da
letto, per consentire la necessaria intimità a gesti di accudimento personale che
diventeranno col tempo abituali.
Non è insolito che lo stomizzato viva la sensazione, particolarmente intensa, di una
perdita di controllo sulla propria esistenza. I familiari, dal canto loro, e in particolare
il coniuge, attraversano momenti di notevole carico fisico ed emotivo: difficoltà
legate all’organizzazione pratica della vita dello stomizzato, alle necessarie iniziali
incombenze amministrative, ma soprattutto vivono con ansia e impotenza le
manifestazioni di frustrazione, rabbia o angoscia del loro caro.
Il partner può avere la tentazione di ritirarsi di fronte al problema vissuto dalla sua
compagna come davanti a qualcosa per il quale si sente, a torto, impreparato. La
donna può vivere con frustrazione la tendenza del coniuge ad isolarsi, a cercare
momenti di solitudine e di riflessione che sembrano volerla escludere. E' necessario
che tutti in famiglia siano consapevoli del ruolo positivo che possono avere in questo
periodo, ciascuno nelle forme e nei modi che più sono consoni alla sensibilità del
proprio caro.
L’enterostomista deve educare il caregiver, ad una presenza affettuosa e discreta, alla
disponibilità all'ascolto e nello stesso tempo, capacità di condividere i propri stati
d'animo con lo stomizzato, sono i modi migliori per mantenere aperto sin dai primi
giorni il canale della comunicazione. Alla ripresa della vita normale non contribuisce
però solo la famiglia nel suo insieme, ma anche quella che viene definita la rete del
sostegno sociale. Ogni famiglia ha un patrimonio più o meno esteso di amicizie e
buone relazioni che, fin dai primi tempi del ritorno a casa, deve essere tenuto vivo, al
di là del naturale riserbo. Amici e conoscenti possono, nelle forme e nei limiti della
loro famigliarità, ascoltare nei momenti di sconforto, aiutare nelle incombenze
quotidiane, essere una fonte d’informazioni, ma soprattutto portare il mondo esterno
nella famiglia evitandole pericolose chiusure.
DALLA DIPENDENZA ALL’AUTONOMIA.
Il confeziomamento di una derivazione intestinale (stomia) si pone nella vita di un
paziente come evento rilevante per tipologia e gravità delle complicanze circa il
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benessere e l’adattamento alla vita quotidiana. Il successo di un intervento chirurgico
con confezionamento di una stomia, dipende non solo dal superamento del trauma
chirurgico o del tempo di vita rimanente al paziente ma deve prendere in
considerazione anche il ripristino ed adattamento alla vita quotidiana.
Per circa il 25% dei pazienti portatori di stomia, si ha una riduzione dell’efficienza
personale a causa di problematiche di natura prevalentemente psicologica che vanno
ad interferire con il quotidiano diventando problematiche invalidanti. La mancata
informazione, i banali errori nella gestione, l’omissione di informazioni prima e dopo
un intervento chirurgico, lasciano il paziente stomizzato senza supporto e
rassicurazione diminuendo così la probabilità di una risoluzione alla naturale reazione
di disadattamento emotivo e comportamentale conseguente l’atto operatorio subìto. In
questo contesto si pone il concetto di riabilitazione enterostomale inteso come
un’acquisizione di nozioni, azioni, tecniche che portano il paziente da una iniziale
dipendenza dall’operatore sanitario, ad una totale autonomia per un inserimento in
famiglia e in società.
La riabilitazione si attua in due momenti e su due sfere distinte: la sfera fisica e
quella psicologica. La prima parte della riabilitazione inizia già nel post operatorio e
quindi in reparto, ed è una riabilitazione fisicopratica in quanto è questo il momento
in cui il paziente acquisisce le nozioni base per effettuare un corretto stoma-care. Gli
si insegna il cambio del presidio, la pulizia della cute peristomale seguendo il
protocollo, si insegna ad osservare la stomia in dimensione, colore, funzionalità al
fine di prevenire le complicanze già all’insorgere. Nel momento in cui il paziente
viene dimesso, ha bisogno di un punto di riferimento a cui potersi rivolgere in ogni
momento e per ogni problematica. Da qui l’importanza del centro di riabilitazione
enterostomale.
L’AMBULATORIO PER UROSTOMIZZATI – ENTEROSTOMIZZATI.
Per gestire al meglio il processo assistenziale e garantire la continuità di cura
necessaria al completamento della riabilitazione del paziente urostomizzato, è
necessario che il paziente venga affidato ad un apposito servizio di rieducazione
enterostomale, la cui attività si svolge in regime ambulatoriale.
L’ambulatorio è dedicato alle esigenze e/o problematiche dei soggetti stomizzati,
consta di personale medico ed infermieristico specializzato che funge da tutor nel
processo di cura e riabilitazione di questi pazienti.
L’ambulatorio è un punto di riferimento coordinato ed in grado di affrontare e
risolvere i problemi legati alla gestione della stomia sotto l’aspetto pratico, medico, e
riabilitativo, psicologico.
L’ambulatorio può essere inserito nel dipartimento chirurgico, quindi all’interno
dell’ospedale, oppure può essere all’esterno, gestito da associazioni di categoria il cui
operato si basa sul volontariato (A.I.STOM), in cui operano un chirurgo, un urologo
e l’infermiere stomaterapista.
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Al suo interno sono identificabili le seguenti attività infermieristiche:
· counselling pre e post operatorio;
· disegno preoperatorio;
· presentazione e prova degli ausili stomali;
· gestione e cura della stomia e dello stato psico-emotivo nel periodo postoperatorio;
· educazione all’autonomia (self care);
· educazione riguardo il regime alimentare;
· coinvolgimento/addestramento dei familiari;
· esecuzione di procedure amministrative per il percorso di fornitura degli ausili e
l’esenzione del ticket;
· sostegno per il reinserimento nel contesto familiare e sociale;
· controlli periodici e verifica delle capacità e abilità del paziente;
· riabilitazione intestinale;
· promozione dell’uso oculato ed appropriato degli ausili protesici;
· lavoro in rete (con specialisti, strutture del territorio, altri ambulatori per stomizzati,
gruppi e associazioni).
Ogni struttura dovrebbe valutare come riconoscere e rendicontare le attività
infermieristiche svolte all’interno dell’ambulatorio, al fine di poter apportare
manovre correttive al fine di centrare meglio gli obiettivi assistenziali prefissati..
LA SESSUALITA’
Affrontare una stomia e conquistare un equilibrio fisico-psichico-relazionale che
consenta alla sessualità di mantenersi e di manifestarsi, è un’impresa difficile. Il
confezionamento di una stomia, modifica l’immagine corporea del paziente, il suo
equilibrio psicologico, quindi anche la sessualità ( disfunzione erettile chirurgica e
psicologica, modifiche nel ruolo di partner).
Parallelamente a ciò anche il partner del paziente stomizzato, vive in prima persona la
stomia ed i suoi problemi di impatto corporeo.
I principali ostacoli che si frappongono nella coppia, possono riconoscersi, in:
alterazioni dell’erotismo, modifiche dei ruoli sessuali e di coppia, la gestione fisica
della stomia.
L’obiettivo del riabilitatore è quello di portare il paziente alla normalità e recuperare
un’identità come ruolo di partner, per stabilire una buona relazione sessuale.
Il recupero di una soddisfacente vita sessuale, è influenzato da tre ordini di insidie:
quelle di tipo fisico, quelle psicologico-relazionali, quelle socio-culturali.
Le prime riguardano il contesto corporeo, quindi la tipologia dell’intervento subìto, le
sequele fisiopatologiche, il danno anatomico arrecato alle strutture nervose deputate
all’attività sessuale. In questo caso il paziente è costretto a misurarsi con le risorse
residue, per poterle utilizzare al meglio, e grazie ad aiuti dall’esterno di tipo
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farmacologico, per potenziarle. Va comunque detto che negli ultimi anni, l’avvento
di tecniche chirurgiche di tipo nerve-sparing, che rispettano le strutture nervose,
permettono di ridurre in modo considerevole le complicanze uro-genitali,
preservando la funzione di questi organi.
Le insidie psicologiche, interessano da un lato la capacità di confrontarsi con la
malattia di base, combattendo l’inclinazione alla reazione depressiva o alla
negazione, dall’altro rimandano alle proprie attitudini sessuali precedenti
all’intervento.
Dal punto di vista psico-sessuale, i fattori che maggiormente incidono sul futuro
sessuale dello stomizzato, riguardano il rapporto con il passato sessuale del paziente.
Ci si potrà infatti attendere in coloro che hanno avuto una vita sessuale soddisfacente,
difficoltà ad accettare ed adeguarsi alla nuova dimensione. La paura dell’impotenza
genera uno stato psico-patologico tale che annulla l’attività sessuale residua.
L’ultima insidia da valutare, è quella data dal contesto socio-culturale, che riguarda in
modo particolare i codici normativi ed i valori attribuiti in ambito sociale alla
sessualità.
In una società complessa come la nostra, questi codici possono essere molti e di varia
entità, legati alla religione, agli usi e costumi.
Senza dubbio l’aspetto riproduttivo non è più il valore dominante di riferimento, la
maggiore attenzione viene data all’efficienza sessuale.
Purtroppo nel paziente urostomizzato, o stomizzato in generale, l’efficienza sessuale
non può essere il valore che più aiuta, o da tenere come riferimento, poiché
gravemente intaccato. Ne consegue pertanto che l’enterostomista deve far breccia
nell’affrontare tale argomento riabilitativo, nei valori relazionali dello scambio
sessuale, dove la seduzione, la tenerezza, dolcezza, l’ascolto del proprio desiderio e
delle proprie sensazioni, prevarichino qualsiasi pretesa di efficienza e consentano di
essere con il proprio partner coscienti nella ricerca di un nuovo equilibrio sessuale.
Di fronte a situazioni complesse caratterizzate da quadri depressivi, problemi
relazionali e sessuali radicati, ansia intensa ed angoscia, gli interventi di counseling
devono essere integrati da percorsi psicoterapeutici e psicofarmacologici prescritti da
specialisti.
DIRITTI DEL PAZIENTE STOMIZZATO.
Iter burocratico.
La nostra Costituzione recita quanto segue:
Articolo 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
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Articolo 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche e sociali. E’ compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e
l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Articolo 13
La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o
perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto
motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
Articolo 32
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della
collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun
caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Articolo 38
Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al
mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati
mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia,
disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento
professionale .L’assistenza privata è libera.
Articolo 42
La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La
proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di
godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
Da questi riferimenti legislativi, possiamo vedere i principi ispiratori di tutela della
persona malata o con problemi di natura fisica, che possono portare ad inabilità, o in
qualche modo ridurre l’abilità fisica, sono sanciti già dalla Costituzione Italiana.
Da ciò ne deriva una disciplina attuativa specifica, che nel campo di ausili protesici,
è regolamentata da una serie di leggi tra cui ricordiamo il D.M. del 31.maggio 2001
N. 321, che ha modificato il D.M. n. 332/99 (in particolare l’Art. 2, lett. “d” ed Art. 4
) “ Modifica del regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica
erogabili nell’ambito del SSN”.
Tale normativa, specifica, che dopo l’intervento chirurgico, il paziente stomizzato,
per ottenere gli ausili protesici, deve presentare all’ufficio competente dell’ASL
unicamente la prescrizione medica compilata da uno specialista del servizio sanitario
nazionale (D.M. Salute n.321/01, in G.U. n.183/01), tale prescrizione è valida un
anno. Nello specifico ricordiamo che i dispositivi medici per gli stomizzati e gli
incontinenti uro-fecali, devono essere forniti al massimo entro cinque giorni
lavorativi (D.M. Sanità n. 332/99 e successive modifiche), la ventriera entro 30
giorni.
Per gli stomizzati neo-operati, a giudizio del medico prescrittore dell’AUSL, i
quantitativi protesici previsti dal Nomenclatore Nazionale possono essere aumentati
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sino al 50%, per la durata massima di sei mesi (D.M. Sanità n. 332/99, in S.O.G.U. n.
227/99, pagina 160).
La fornitura dei dispositivi è assolutamente gratuita e lo stomizzato è libero di
scegliersi i prodotti più confacenti alla propria epidermide, igiene e sicurezza
relazionale.
La documentazione da presentare è composta da:
• modulo-richiesta, compilato dal medico specialista A.U.S.L., Università,
medico di famiglia o pediatra, da consegnare all’Ufficio Protesi;
• autocertificazione di residenza anagrafica (in carta libera);
• fotocopia della cartella clinica o del cartellino di dimissioni. In virtù del D.M.
della Salute n.321/01, il verbale della Commissione medica per l’accertamento
dell’invalidità civile non è più obbligatorio. Gli stomizzati e/o incontinenti,
appena consegnano la documentazione sopra descritta hanno il diritto di
ottenere da subito (entro 5 gg. lavorativi) le protesi contenitive, stomie
temporanee incluse.
Per quanto può sembrare chiara la normativa in materia, il paziente stomizzato
non sempre vede riconosciuti i suoi diritti. I motivi sono per lo più economici,
burocratici, e di incompetenza degli addetti delle AUSL.
Ecco perché il paziente deve conoscere quali siano i propri diritti. Riguardo ciò
notevole importanza rivestono le associazioni di stomizzati, che tutelano i diritti
della categoria, (A.I.STOM) associazioni senza fini di lucro anzi gestite da
persone che capiscono a fondo i problemi degli stomizzati, grazie alle quali si è
potuto far rispettare la dignità allo stomizzato.
Per definire quantitativamente i presidi cui lo stomizzato ha diritto a titolo
gratuito, esiste il nomenclatore in cui vi sono riportate le quantità spettanti degli
stessi, se ne riporta un esempio:
- Sacca monopezzo per Urostomia: 30 pezzi mensili, aumentate del 50% per i
primi sei mesi.
- Placca sistema due pezzi piana: 20 pezzi mensili, maggiorati del 50% per i
primi sei mesi.
- Sacca sistema due pezzi per urostomia: 30 pezzi, maggiorati a 45 per i primi
sei mesi.
- Accessori come pasta protettiva, polvere protettiva o salviette protettive, 2
confezioni maggiorate a 3 per i primi 6 mesi.
- Ventriera n. 1 presidio ogni 24 mesi.
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CARTA DEI DIRITTI
Rappresenta un grande traguardo raggiunto dalle associazioni (A.I.STOM), nella
tutela dello stomizzato, è l’enunciazione dei diritti dello stesso, diritti che lo
stomaterapista deve rispettare in primis, e deve informare il paziente sugli stessi,
affinché possa farsi valere in qualunque sede.
1) Diritto all’informazione (prima dell’intervento chirurgico), rappresenta il
diritto base per tutti i pazienti destinati a subire un intervento, nel futuro
stomizzato, diviene ancor più marcato poiché vi è una alterazione dello schema
corporeo. A tal fine il medico deve adeguando il linguaggio alla cultura del
paziente, spiegare il tipo di intervento, ponendo attenzione alle problematiche
psichiche e riabilitative, legate al post-operatorio.
2) Diritto alla vita ed al lavoro, come in ogni disabilità, anche lo stomizzato
rivendica il diritto alla vita ed al lavoro. Visto che la spietatezza del mondo del
lavoro potrebbe facilmente emarginare questi pazienti, viene rivendicata
dall’A.I.STOM una legge ad hoc di tutela.
3) Diritto alla riabilitazione ed all’assistenza: l’aver confezionato una stomia ad
un paziente, impone l’obbligo a fornire una adeguata riabilitazione, ed
assistenza, ecco perché i centri di riabilitazione enterostomale devono essere
aperti a tutti gli stomizzati, con prestazioni gratuite. Nel post-operatorio, lo
stomizzato ed i familiari, spesso si trovano in una condizione di debolezza,
pertanto medici ed infermieri stomaterapista dei centri riabilitativi hanno il
compito morale di proteggerli, non facendo mancare loro l’assistenza e la
fiducia nella vita.
4) Diritto all’assistenza e qualità protesica: ha l’obiettivo di migliorare la qualità
della vita, il reinserimento nella società, grazie all’ausilio di presidi idonei,
resistenti e confortevoli, lontani dalla logica del buon mercato che molto
facilmente si potrebbe verificare.
5) Diritto alla libertà di scelta: è un diritto sancito dalla costituzione e dalle leggi
in vigore, pertanto lo stomizzato ha il diritto a scegliere liberamente il tipo di
presidio a lui più comodo.
6) Diritto alla privacy: mai nessun medico, stomaterapista o azienda potrà senza il
consenso scritto utilizzare i dati personali del paziente. Va ricordado che se ciò
dovesse avvenire è un reato perseguibile penalmente.
7) Diritto alla correttezza: i medici e gli stomaterapista che operano all’interno dei
centri di riabilitazione enterostomale, devono avere un comportamento
consono al proprio codice deontologico, ed il paziente non deve essere mai
trattato come merce di scambio.
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IL REINSERIMENTO LAVORATIVO.
“ ho rimandato più volte il mio ritorno al lavoro. Che errore! E’ stato il primo passo verso la
riabilitazione. A parte le manifestazioni di affetto da parte dei colleghi al mio rientro, presto ho
avuto la sensazione che nulla fosse cambiato, anzi vedere che c’era ancora bisogno di me e che il
mio lavoro era apprezzato come prima, mi ha subito tolto l’angoscia, da quello stato dovuto
all’inattività, in cui non pensavo altro che a me stesso…”
In queste poche parole dette da Enzo P. un paziente stomizzato, è racchiusa una
intensa attività di recupero che ha dato i massimi risultati. Queste parole denotano il
ritorno in armonia con se stessi, e devono essere da stimolo, per ogni stomaterapista,
in tutti i casi in cui si ha a che fare con pazienti difficili, il recupero ed il relativo
reinserimento non è un qualcosa che esiste solo sulla carta, bensì una realtà.
Riprendere appena possibile la propria attività quotidiana, ritornare quindi al proprio
lavoro, coltivare interessi ed hobby, è la ricetta migliore per superare la malattia.
Senza dubbio il ritrovamento della propria forma fisica è fondamentale, al fine di
rapportarsi con gli altri con un’immagine ed una forma fisica che non manifesta ciò
che l’organismo ha subito.
La sicurezza e la serenità sono altri elementi chiave per un approccio relazionale sia
lavorativo che sociale.
Sono elementi su cui l’enterostomista nella fase riabilitativa sia ospedaliera che
ambulatoriale, deve lavorarci tanto, cercando di ristabilire l’equilibrio psicologico, e
garantendo l’autonomia gestionale dell’urostomia, solo se ciò avviene, il soggetto
potrà riuscire a superare le difficoltà dell’impatto rappresentato dal rientro al lavoro.
Il reinserimento sociale e quindi lavorativo, è coadiuvato da un’insieme di norme
giuridiche di tutela lavorativa facenti capo ai seguenti riferimenti legislativi di tutela.
Il D.L. n. 469/97 ha consentito ai privati l’apertura dell’Ufficio per il Collocamento al
lavoro; la legge n. 196/97 introduce il lavoro interinale; la legge n. 68/99, il DPCM
del 13 gennaio 2000 ed il D.L. n. 91/00, sanciscono le nuove norme per il diritto al
lavoro ai disabili ed il fondo nazionale per il diritto al lavoro ai disabili.
Per legge, i disabili aventi diritto devono essere sottoposti a visita medica collegiale
da parte della Commissione Medica AUSL, per l’Accertamento dell’handicap,
prevista dall’art.4, della legge n.104/92. La Commissione stabilirà la tipologia dei
lavori che il disabile potrà effettuare (chiaramente il lavoro deve essere consono
alla patologia/disabilità: legge n.74/91, DPR nn. 270/87 e 394/90). L’art.46, lettera
t, del D.L. 10 settembre 2003, n.276, riconosce ai lavoratori affetti da patologie
oncologiche la possibilità di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo
parziale e, viceversa, fino a quando il miglioramento delle condizioni di salute non
consentirà loro di riprendere il normale orario di lavoro. Alla ripresa dell’attività
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lavorativa, il dipendente è libero di optare per il tempo pieno o per il part-time.
Ovviamente la busta paga sarà proporzionale alle ore effettivamente lavorate.
I GRUPPI DI MUTUO AIUTO
L’attività terapeutica di gruppo, è una pratica ormai consolidata in numerosi ambiti
terapeutici, ( Tossicodipendenza, alcolismo, ecc.), gli stessi principi possono essere
adottati nel recupero del paziente stomizzato, nel loro reinserimento sociale.
Da uno studio condotto in tal senso presso l’ospedale di Vicenza, tramite
un’esperienza condivisa per più di un anno, con un gruppo di pazienti stomizzati, è
emersa, l’importanza del gruppo di mutuo aiuto, anche per il paziente stomizzato.
Una traccia molto utile alla professionalità scientifica ed assistenziale dell’infermiere
enterostomista, e che può incidere positivamente sulla qualità di vita delle persone
portatrici di tale handicap.
La validità del gruppo di mutuo aiuto, è che permette di confrontarsi, di ricevere e di
dare aiuto, di condividere le ansie e le soddisfazioni, di non sentirsi soli di fronte alla
malattia, ampliando così l’orizzonte delle possibilità.
Le varie voci fanno riflettere sulle possibilità che ciascuno di noi ha di imparare a
sviluppare comportamenti nuovi adattandoli all’evento invalidante.
D’altra parte non è nemmeno infrequente, che la malattia come esperienza emotiva
molto forte, contribuisca ad arricchire ed a migliorare la personalità del malato, e
talvolta anche a portare un arricchimento spirituale.
Si parla di Gruppo di Mutuo Aiuto, quando l’obiettivo primario del gruppo, è fornire
un supporto emotivo, ed informazioni, riguardo allo specifico problema di cui si
occupa. Il gruppo funziona per i membri, e grazie a loro, il gruppo è aperto a nuovi
membri, quindi a nuove esperienze, la partecipazione è gratuita e periodica.
Caratteristiche dei gruppi di mutuo aiuto:
- Condividono la proprietà dei piccoli gruppi, un numero ristretto di partecipanti
infatti facilita l’interazione tra i soggetti stessi, l’espressione dei sentimenti, la
nascita di amicizie e relazioni profonde.
- I membri tendono ad essere dei pari: è la condivisione di certi disagi che
definisce lo status del membro, e non l’età, il sesso o l’estrazione sociale.
- Condivisione di un obiettivo comune.
- La comunicazione è di tipo orizzontale, ognuno esprime liberamente il proprio
pensiero e nessuno accentra su di se la discussione.
- La partecipazione è volontaria e non imposta, poiché è proprio la volontarietà
che aumenta la sicurezza nelle proprie capacità di scelta.
- Attraverso gli sforzi ed i successi conseguiti, la persona ha la possibilità
concreta di aumentare la propria autostima e credere nelle proprie risorse.
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Il gruppo è moderato da uno psicologo/operatore che gioca un ruolo importante nel
processo di gruppo, il suo ruolo va dalla programmazione iniziale del gruppo, allo
svolgimento degli incontri, conclude il percorso fatto insieme.
In base a quanto esposto, e da quanto si evince in letteratura, i gruppi di mutuo aiuto,
sono un modello ed uno strumento da favorire e da suggerire, per le spiccate capacità
normalizzanti e di efficacia.
Ciò giustifica, come anzi detto, il perché svariate patologie o stati di disagio
personale, vengono sempre più spesso trattate attraverso il mutuo aiuto, facendo leva
sulle motivazioni, sull’interesse e le esperienze delle persone direttamente interessate.
Visti da chi li vive rappresentano spesso il momento in cui si è incominciato ad avere
fiducia in se stessi.
CONCLUSIONI.
Da quanto si evince dall’argomento trattato, la figura dell’infermiere enterostomista,
gioca un ruolo fondamentale nella cura e nella riabilitazione del paziente
urostomizzato. Nella pratica clinica ci si può rendere conto direttamente quanto
complesso e variegato sia questo ruolo, che con il passare del tempo diviene sempre
più importante e richiede una preparazione sempre maggiore.
Parlando di preparazione dell’enterostomista, intendiamo sia quella tecnico – pratica,
che psico - relazionale.
Entrambi questi aspetti sono fondamentali e devono coesistere in sinergismo d’azione
al fine di portare al raggiungimento degli obiettivi assistenziali e riabilitativi
prefissati.
La preparazione tecnica è importante al fine di sfruttare al meglio le risorse
disponibili, in termini di presidi e prodotti, ma anche di protocolli e procedure
innovative.
L’aspetto psico-relazionale, è importante tanto quanto quello tecnico, la differenza
rispetto al primo è che necessita di doti comunicative e relazionali innate.
Si può essere bravi praticamente ma pessimi comunicatori, e ciò incide
negativamente sul rapporto che si instaura col paziente, poiché molti input non
riuscirebbero a raggiungere lo stesso.
La capacità di stabilire un rapporto di fiducia, empatico, fondamentale nella relazione
di aiuto si impara con l’esperienza, con l’impegno costante, con la capacità di porsi
ad ogni individuo, in modo differente poiché ognuno di noi ha una chiave di lettura
diversa, e nella malattia è sempre più importante decodificare questo codice, per
poter accedere a quella sfera personale, compromessa dalla malattia.
Credo fermamente nell’importanza della comunicazione, poiché con il paziente
stomizzato assume contorni terapeutici. Infatti concluso l’atto chirurgico, tutto il
trattamento che ne consegue è di tipo comunicativo, la riabilitazione stessa si basa
sulla comunicazione, per trasmettere sicurezza, fiducia in se stessi, per vincere i
pregiudizi, per pretendere i propri diritti.
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Da qui il concetto di enterostomista non solo come esecutore dello stoma-care, ma
come educatore, sperimentatore, consulente nonché garante delle informazioni
fornite.
Basterebbe solo questo a capire la complessità del compito assegnato
all’enterostomista, la speranza è che le strutture sanitarie diano lo spazio dovuto
affinché si possa operare in pieno e con efficacia, senza vincoli e senza fretta, poiché
il dispendio di tempo non dipende dalle capacità dell’enterostomista, ma dalla
recettività del paziente.
Concludo elogiando il ruolo importante che svolgono le associazioni di categoria,
quale l’A.I.STOM. poiché con il volontariato, ed il proprio operato hanno saputo
sopperire a pieno alle carenze assistenziali del SSN, e non solo, colmando quei vuoti
legislativi di tutela, hanno fatto si che il paziente stomizzato si reintegrasse a pieno
nella società.
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BIBLIOGRAFIA
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dell’A.I.STOM. Silvia editrice Cologno Monzese (Mi).
2) Clinica Infermieristica in Stomaterapia (Dalle Evidenze agli Strumenti
Operativi). AIOSS Hollister. Edizione anno 2007 Assago (Mi).
3) Progetto sfera anno 2004 a cura dell’azienda Hollister Milano.
4) Anatomia umana. Edizione anno 1999 Piccin – Nuova libraria, Padova.
5) Manuale pratico “Una vita serena”. Edizione anno 2008 ConvaTec (Roma).
6) Stomie intestinali: gestione del paziente nel periodo perioperatorio. Dossier
Infad n. 41 anno 2008. Progetto Ecce. Editore Zadig (Mi).
7) Assistenza infermieristica al paziente con derivazione intestinale: dalla
dipendenza all’autonomia. Atti del corso di aggiornamento organizzato dal
collegio IPASVI di Vicenza, in collaborazione con la Società Italiana di
Nursing. Anno 2008, Vicenza.
8) Diritto Pubblico di Gennaro Palmieri, edizione didattica anno 1984, Buffetti
Editore Roma.
9) Diritti dello Stomizzato, dal corso per stomaterapista dell’ A.I.STOM di Bari,
anno 2008- 2009, relazione del Presidente Regionale Pugliese, Diomede.
10) Urologia di Campbell, edizione 2008.
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