disegno e scrittura spontanea di lettere e numeri in età prescolare

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disegno e scrittura spontanea di lettere e numeri in età prescolare
Cecilia Pancotti
DISEGNO E SCRITTURA SPONTANEA DI
LETTERE E NUMERI IN ETÀ PRESCOLARE:
UN’INDAGINE SPERIMENTALE
Collana “Orizzonti”
36
Cecilia Pancotti
Disegno e scrittura spontanea di lettere e numeri in età prescolare: un’ indagine sperimentale
Copyright © 2014 Tangram Edizioni Scientifiche
Gruppo Editoriale Tangram Srl – Via Verdi, 9/A – 38122 Trento
www.edizioni-tangram.it – [email protected]
Collana “Orizzonti” – NIC 36
Prima edizione: ottobre 2014, Printed in EU
ISBN 978-88-6458-124-8
In copertina: disegno creato da A. L., 5 anni e 3 mesi
Stampa su carta ecologica proveniente da zone in silvicoltura, totalmente priva di cloro.
Non contiene sbiancanti ottici, è acid free con riserva alcalina.
Premessa
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Capitolo Primo
Il disegno infantile
1. Introduzione
2. Gli approcci evolutivi
2.1Il modello evolutivo di Luquet
2.2Il modello evolutivo di Piaget
3. Gli approcci clinico-proiettivi
3.1Corman e il test del disegno della famiglia
3.2Gli indicatori emozionali del disegno secondo Koppitz
4. Approcci artistici
4.1Stadi di sviluppo del disegno secondo Kellogg
4.2Stadi di sviluppo del disegno secondo Bernson
5. Approcci processuali
5.1Il modello processuale di Freeman
5.2Goodnow e le caratteristiche strutturali del disegno
5.3L’approccio processuale di Bombi e Pinto
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Capitolo Secondo
Caratteristiche del disegno infantile: indagine
sperimentale in una scuola dell’infanzia
1. Introduzione
2. Primo esperimento: “disegna ciò che vuoi”
3. Secondo esperimento: “disegna te stesso/a”
4. Terzo esperimento: disegnare una sequenza di otto parole
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Capitolo Terzo
La scrittura alfabetica
1. Introduzione
2. Goodnow e i processi esecutivi della scrittura
3. Linguaggio scritto e linguaggio orale secondo Stella
4. Stadi di sviluppo della scrittura spontanea secondo Ferreiro e Teberosky
5. L’evoluzione della scrittura spontanea nelle ricerche di Pontecorvo
6. Cohen e Gilabert e lo sviluppo della scrittura
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Capitolo Quarto
Scrittura alfabetica spontanea: indagine sperimentale
in una scuola dell’infanzia
1.Introduzione
2. Primo esperimento: “Scrivi ciò che vuoi”
3. Secondo esperimento: “Scrivi il tuo nome”
4. Terzo esperimento: scrivere otto parole
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Capitolo Quinto
La scrittura numerica 1. Introduzione
2. Lo sviluppo della concezione del numero secondo Piaget
3. La teoria di Gelman e Gallistel sul conteggio
4. Il modello della conta elaborato da Fuson
5. Il conteggio secondo Steffe
6. Sviluppo della scrittura spontanea secondo Hughes
7. Pontecorvo e stadi di sviluppo della scrittura numerica
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Capitolo sesto
Scrittura numerica spontanea: indagine sperimentale
in una scuola dell’infanzia
1.Introduzione
2.Esperimento
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Conclusioni
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Riferimenti bibliografici
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DISEGNO E SCRITTURA SPONTANEA DI
LETTERE E NUMERI IN ETÀ PRESCOLARE:
UN’INDAGINE SPERIMENTALE
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PREMESSA
Perché i bambini disegnano? Sicuramente per comunicare. Questa
funzione assume maggior valenza nei bambini che ancora non frequentano la scuola primaria: non essendo ancora pienamente alfabetizzati, il disegno rappresenta per loro il mezzo di comunicazione non
verbale più importante. Questa affermazione trae conferma dalla storia, anzi, dalla preistoria dell’uomo, quando il suo linguaggio verbale
non era ancora sviluppato e non esisteva il codice alfabetico: le popolazioni di allora narravano le vicende quotidiane incidendo immagini
sui muri umidi delle grotte, così come i bambini di oggi realizzano
disegni su fogli di carta.
Gli scarabocchi infantili «sono, come del resto gli stessi graffiti ancestrali, sorprendenti per la loro spontaneità e semplicità espressiva»
(Bernson, 1983, pag. 10).
Dalle immagini scritte dei bambini si leggono le loro realtà e i loro
pensieri: legami di amicizia, paesaggi, relazioni familiari, animali preferiti, insomma tutto ciò che potrebbero scrivere successivamente in
un tema scolastico.
Ma mentre l’uomo preistorico ha evoluto il suo codice linguistico
verbale e scritto nei secoli, il bambino dei nostri giorni impiega solo
pochi anni, grazie agli innumerevoli stimoli che lo circondano: i genitori che leggono il giornale o i segnali stradali, il fratello maggiore che
fa i compiti, le insegnanti di scuola dell’infanzia che raccontano fiabe
e favole in diversi momenti della giornata.
È in questo contesto che il bambino nell’età prescolare è già a conoscenza dell’esistenza del codice linguistico scritto, ed è consape-
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Premessa
vole della sua funzione complementare nei confronti del linguaggio
grafico-pittorico. La scuola dell’infanzia in particolare favorisce nel
bambino lo sviluppo di questa consapevolezza cognitiva grazie ai diversi momenti di lettura dell’insegnante e ai tempi in cui i bambini si
dedicano a “leggere” le immagini dei libri presenti nell’angolo della biblioteca. A tal proposito, molti disegni dei bambini di quattro e cinque
anni sono arricchiti dalle prime produzioni alfabetiche e numeriche
spontanee. Il forte interesse nei confronti del disegno infantile è nato
in me proprio nel corso della mia esperienza lavorativa, durante la
quale ho potuto raccogliere numerose produzioni grafiche spontanee
che mi venivano regalate dai bambini in segno di affetto. Dai bambini
più grandi, e anche da alcuni di soli quattro anni, ho ricevuto disegni con tanto di dedica scritta, il più delle volte corretta. Ho sempre
apprezzato questo modo di porsi dei bambini, e cioè l’offrire in dono
oggetti creati da loro stessi, carichi di emozioni e messaggi più o meno
espliciti di benevolenza. Non importa se quello che si presenta sul foglio sia uno scarabocchio indecifrabile o un disegno figurativo ricco di
particolari, quello che conta e che spinge i bambini a creare opere del
genere è la volontà di comunicare, scrivere attraverso un codice che da
astratto diventa sempre più concreto fino all’acquisizione del codice
scritto assoluto: l’alfabeto.
Da questa innumerevole e ricca raccolta ho elaborato un progetto
di ricerca che prevede la realizzazione di disegni, accompagnati dalla
scrittura alfabetica, nonché da quella numerica.
Lo studio presentato propone in successione queste tematiche: ogni
argomento è formato da due capitoli, uno in cui si espongono le principali linee teoriche di riferimento, e il secondo nel quale si mostrano
le fasi, i dati, i risultati e le discussioni del progetto sperimentale.
In particolare, nel primo capitolo sono state esposte le principali teorie che si sono dedicate all’analisi dello sviluppo delle capacità rappresentative proprie dei bambini in età prescolare: approcci evolutivi (Luquet, 1927 e Piaget, 1970), approcci clinico-proiettivi (Corman, 1967),
approcci artistici (Kellogg, 1979 e Bernson, 1983) e infine gli approcci
processuali (Freeman, 1971, Goodnow, 1981, Bombi e Pinto, 1999).
Premessa
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Nel secondo capitolo si è presentato il progetto di ricerca inerente
il disegno infantile. Esso prevede la realizzazione di tre esperimenti,
ognuno caratterizzato da una consegna differente. Nel primo esperimento l’insegnante (la sottoscritta!) ha chiesto ai bambini di disegnare
ciò che preferivano; nel secondo si è domandato di raffigurare se stessi e nell’ultimo sono state scelte otto parole da raffigurare: “bimbo”,
“mamma” (coinvolgimento della sfera affettiva del bambino), “cavallo”,
“lumaca” (animali), “tavolo”, “bambola” (oggetti molto presenti nella
quotidianità), “mela, “torta” (categoria cibo).
Il terzo capitolo è dedicato agli studi sulla scrittura alfabetica spontanea nei bambini in età prescolare, con particolari riferimenti teorici
a Goodnow (1981), che si è occupata dei processi esecutivi dello scrivere e Stella (1989), il quale ha delineato il rapporto far linguaggio scritto
e linguaggio orale. Negli ultimi paragrafi si approfondiscono le tappe
evolutive della scrittura spontanea grazie ai contributi di Ferreiro e
Teberosky (1985), Pontecorvo (1985), Cohen e Gilabert (1989).
Il quarto capitolo presenta il progetto sperimentale volto all’analisi
delle tappe evolutive della scrittura spontanea nei bambini frequentanti la scuola dell’infanzia. Anche questa proposta è suddivisa in tre
esperimenti, i quali sono complementari a quelli sul disegno: infatti
ai bambini sono state assegnate le medesime tematiche delle rappresentazioni grafiche. Nel primo esperimento si richiedeva ai bambini
di scrivere ciò che volevano e nel secondo di scrivere il proprio nome.
La terza prova prevedeva la scrittura di otto parole (le stesse disegnate
precedentemente) che sono state selezionate in base al loro uso più
frequente nel linguaggio dei bambini; inoltre, fra esse quattro sono
bisillabiche e altrettante sono trisillabiche.
Le fasi di questo esperimento sono state le seguenti:
1. scrittura delle parole: bimbo, mamma, mela, torta, bambola, tavolo, lumaca e cavallo;
2. mostrare ai bambini l’immagine relativa alla parola sotto cui era
scritto il nome;
3. togliere la parola scritta e lasciare l’immagine per il passo successivo;
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Premessa
4. preparare e consegnare a ciascun bambino, a turno, un insieme
di otto sillabe, comprese quelle che compongono la parola presa in questione e osservare se il bambino le riconosce; quindi il
bambino è stato invitato a incollare le sillabe scelte sotto la figura
osservata precedentemente;
5. una volta concluso questo ciclo, si è riproposto ai bambini di scrivere le suddette parole senza alcun supporto grafico-visivo.
Nel quinto capitolo si sono trattate le principali teorie che hanno esaminato lo sviluppo della notazione numerica, sempre nei bambini in
età prescolare. Partendo dal concetto di conservazione della quantità
elaborato da Piaget (1960), si sono presentate le teorie sul conteggio di
Gelman e Gallistel (1978), Fuson (1988) e Steffe (1991). Infine si sono
delineate le tappe evolutive della notazione della quantità secondo gli
studi di Hughes (1982) e Pontecorvo (1985).
Nel sesto capitolo si è presentata la terza parte del progetto sperimentale: quella inerente lo sviluppo della notazione numerica.
In questo esperimento sono stati scelti otto numeri di valore compreso tra uno e dodici. Le fasi di questo esperimento sono state le
seguenti:
1. l’insegnante ha dettato i seguenti numeri ed ha invitato i bambini
a scriverli: 2, 4, 5, 7, 8, 6, 9, 12;
2. l’insegnante ha mostrato ai bambini i set di oggetti, relativi ai
suddetti numeri, utilizzando dei pennarelli colorati e domanda
a ciascun bambino, a turno, di contarli (annotando la procedura
corretta o eventuali errori);
3. l’insegnante ha chiesto quanti oggetti ci fossero ed ha annotato la
risposta;
4. l’insegnante ha chiesto al bambino di scrivere il numero appena
contato, sempre lasciando in visione il set di oggetti e quindi lo
ha invitato a leggerlo.
In questo caso l’insegnante non ha mostrato il numero scritto correttamente ai bambini, per non influenzare la loro conoscenza sulla
Premessa
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quantità numerica: è interessante, infatti, osservare che generalmente
tanti più sono i pennarelli da contare, tanto più sono i simboli disegnati da loro.
Gli esperimenti inerenti le tre tematiche (disegno, scrittura alfabetica
e numerica) si sono svolte in giornate separate, a distanza di un mese,
ciascuna nell’arco di una giornata. Inoltre queste diverse sezioni della
ricerca sono state proposte in maniera alternata ai diversi gruppi di
bambini, per limitare il più possibile il fenomeno della “ricopiatura”.
Il progetto è stato proposto ai bambini italiani per studiare lo sviluppo delle competenze suddette a età differenti: tre, quattro e cinque-sei
anni. Tale progetto è stato realizzato anche dai bambini di cinque-sei
anni di una scuola dell’infanzia francese situata a Fontenay-Tresigny
nel nord della Francia, grazie alla corrispondenza tenuta tra me e
un’insegnante francese. Il motivo di tale collaborazione è stato quello
di attuare un confronto crossculturale.
L’obiettivo di questa ricerca è stato quello di osservare se al termine
del percorso ciclico di produzione spontanea – visualizzazione – ricostruzione – produzione finale, soprattutto per ciò che riguarda la
scrittura, si registra nei bambini un miglioramento delle capacità di
scrittura. Tale processo evolutivo è stato analizzato sia longitudinalmente che trasversalmente.
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Capitolo Primo
IL DISEGNO INFANTILE
1. Introduzione
«Disegnare non significa ritrarre un oggetto dalla cattedra, né copiare
un modello dalla lavagna, e neppure riempire di colore un disegno
stampato sull’album. Il disegno è un’attività che, valendosi dell’apporto di diversi materiali, trae origine dai bisogni espressivi del fanciullo»
(Stern e Duquet, 1966, pag. 9).
Da questa affermazione si evince che il disegno è, per i bambini prescolarizzati, un mezzo di comunicazione fondamentale, non potendo
essi ancora esprimersi pienamente attraverso il linguaggio verbale né
tanto meno attraverso il codice scritto. Il disegno è un linguaggio che
fissa il pensiero del fanciullo, un modello di scrittura composto da
idee-immagini spontanee. È come se ogni figura assumesse il valore di
una parola, e la rappresentazione nel suo insieme diventasse un libro,
una specie di biografia. Non sempre però, nel corso della storia, il disegno infantile è stato rivestito di un valore tale da essere considerato
l’interprete del pensiero del fanciullo. È a partire dalla fine del diciannovesimo secolo che le rappresentazioni grafiche sono state riconosciute come tali. Il disegno infantile è stato oggetto di numerosi studi
in quanto si riteneva, e si ritiene tuttora, che sia un importantissimo
strumento di decodifica del pensiero dei bambini.
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Il disegno infantile
Nella storia dello studio sul disegno si individuano due grandi periodi: all’inizio delle ricerche in questo ambito (che risalgono alla fine del
1800) le teorie sul disegno erano debitrici ad altri settori della psicologia, nel senso che se ne parlava nell’ambito dello sviluppo cognitivo
generale. Oggi tale campo di indagine si caratterizza nella sua autonomia: sempre più numerose sono infatti le ricerche che si dedicano
all’analisi esclusiva delle modalità di rappresentazione nel bambino e
delle fasi che ne caratterizzano lo sviluppo, senza tuttavia prescindere
dal contesto cognitivo che ne sta alla base. In particolare si riconoscono ben quattro approcci teorici presenti nel corso del diciannovesimo
secolo: approcci evolutivi, approcci clinico-proiettivi, approcci artistici
e approcci processuali. I primi compaiono all’inizio del XX° secolo
grazie agli studi condotti da Luquet (1913, 1927) e da Piaget (1970),
che ne delineano gli stadi evolutivi fondamentali; gli approcci clinicoproiettivi ricorrono spesso alla somministrazione di test predefiniti
(quali il disegno della figura umana, dell’albero o dei componenti della
famiglia) per analizzare la personalità dei bambini (si pensi ad esempio
a Luis Corman, 1976); gli studi artistici della Gestalt pongono l’accento sugli aspetti espressivo-emotivi che trapelano dai disegni (Kellogg,
1979; Bernson, 1983); infine gli approcci processuali indagano proprio
le tappe che portano alla produzione grafica e gli elementi che costituiranno il disegno finale (Goodnow, 1981; Bombi e Pinto, 1999).
I prossimi paragrafi presentano i principali modelli teorici di ciascun
approccio allo studio del disegno infantile.
2. Gli approcci evolutivi
Gli studiosi degli approcci evolutivi ritengono che a mano a mano
che i bambini crescono i loro disegni diventino più dettagliati, meglio
proporzionati e più realistici; essi considerano inoltre il disegno come
la copia di un’immagine nella mente del bambino stesso, e quindi esso
Il disegno infantile
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fornisce una sorta di finestra sui suoi pensieri e sentimenti. Il metodo
di ricerca di questi primi studiosi consiste nel raccogliere, descrivere e
catalogare i disegni spontanei dei bambini, grazie al quale si sono realizzate le prime classificazioni dei disegni infantili secondo sequenze di
sviluppo. Come indicato da Kerschensteiner (1905), esistono tre ampie
categorie che rappresentano una sequenza evolutiva: disegni schematici, disegni in termini di apparenza visiva e disegni che tentano rappresentazioni dello spazio tridimensionale. Si ritiene importante citare anche Luquet (1913), in quanto la sua teoria fu ripresa più tardi da Piaget.
2.1 Il modello evolutivo di Luquet
Luquet ha classificato il disegno in cinque fasi di sviluppo, ipotizzando
che i disegni infantili fossero basati su un modello mentale interno e
che questi fossero realistici nelle intenzioni:
– da 18 mesi a 2 anni e mezzo: questa è l’età in cui i bambini cominciano a familiarizzare con il foglio. Le produzioni grafiche in
questo periodo sono riconosciute con il nome di scarabocchi, in
quanto il bambino muove le braccia sulla pagina con un movimento ritmico regolare, senza l’intenzione di rappresentare qualcosa, ma allo stesso tempo è interessato ai segni che appaiono
sul foglio. Luquet (1913; 1927) ha nominato questo stadio come
quello del “realismo fortuito”: «Viene un giorno in cui il bambino
osserva un’analogia di aspetto più o meno vaga tra uno dei suoi
tracciati e qualche oggetto reale; allora egli considera il tracciato
come una rappresentazione dell’oggetto, a prova che egli enuncia
l’interpretazione che ne dà…» (Luquet, 1927, pag. 143);
– da 2 anni e mezzo a cinque anni: in questo lungo arco di tempo i
bambini cominciano a considerare i loro disegni come rappresentazione di qualcosa, in maniera sempre più intenzionale. In particolare i piccoli artisti eseguono liberamente forme sempre più identificabili come cerchi, quadrati, triangoli e croci, che sono spesso
sovrapposte le une alle altre. A quattro anni i bambini cominciano
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Il disegno infantile
a eseguire disegni figurativi, anche se non sempre riescono a coordinare le parti, ad esempio, di una figura umana: questo fenomeno
viene chiamato da Luquet (1927) “incapacità di sintesi” o “realismo
mancato”. È dopo questa età che generalmente i bambini iniziano
a relazionare i dettagli del disegno. Primo esempio importante è
quello dell’omino testone, ovvero la rappresentazione di una figura
umana con il capo sproporzionato con il resto del corpo.
– dai cinque agli otto anni i disegni dei bambini diventano sempre più realistici. Questa fase viene denominata da Luquet (1927)
come stadio del “realismo intellettuale” ed è caratterizzata dai disegni detti a “raggi x”: ci sono disegni in cui viene raffigurato
qualcosa che nel mondo reale di solito non è visibile. In questo
periodo viene superato lo schema dell’omino testone e ora i bambini rappresentano la testa distinta dal tronco.
– dagli otto anni all’adolescenza i bambini cominciano a lavorare sulle proporzioni e relazioni grazie al fatto che assumono un
punto di vista specifico. È la fase riconosciuta da Luquet (1927)
come stadio del “realismo visivo”: le figure umane rappresentate
sul foglio diventano sempre più ricche di particolari.
2.2 Il modello evolutivo di Piaget
Piaget (1970) non considerò mai il disegno come tema centrale nella
sua teoria evolutiva: egli si limitò a considerare i disegni uno status a
metà fra quello del gioco simbolico e quello delle immagini mentali:
– imitazione differita: il bambino prova a imitare qualcosa in assenza del modello;
– stadio del gioco simbolico, in cui il bambino gioca a “far finta
di…”;
– stadio del disegno vero e proprio, in cui il bambino rappresenta
ciò che vede concretamente. In questo periodo il bambino acquisisce l’immagine mentale dell’oggetto rappresentato. Il disegno presenta, per Piaget (1970), la cosiddetta funzione semiotica,
Il disegno infantile
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ovvero la capacità del bambino di evocare un oggetto assente e
saperlo rappresentare anche quando non c’è. Questo è il periodo
del massimo sviluppo cognitivo, in quanto il bambino riesce a far
proprio il pensiero astratto.
Per quanto riguarda il disegno della figura umana, tema ripreso da più
approcci, Piaget (1948) afferma che il bambino di età minore ai sette anni
fa un uso esclusivo di se stesso come punto di riferimento: egli è ancora
pienamente immerso in quello che egli chiama egocentrismo. Lo stadio del
pensiero astratto verrà raggiunto infatti tra i sette e gli undici anni, con la
conquista della capacità di organizzare lo spazio considerandolo come un
sistema di riferimento coordinato. Un famoso esempio che esplicita il fatto
che il bambino nell’età prescolare non ha ancora raggiunto tale concezione
spaziale è quello della casa: generalmente, quando i bambini di età minore
ai sette anni disegnano una casa, raffigurano il camino perpendicolare al
tetto e non al suolo, come invece dovrebbe essere. Piaget (1948) spiega questo fenomeno come conseguenza della mancata comprensione della verticalità da parte del bambino (sulle relazioni spaziali si veda il paragrafo 5.2).
In conclusione, considerare le caratteristiche del disegno in relazione
all’età del piccolo artista è importante in quanto l’adulto che osserva
riesce a cogliere e capire le capacità di percezione e conoscenza del
bambino stesso. Attraverso il disegno, infatti, il bambino esprime la
propria concezione del mondo, non essendo ancora possessore del codice alfabetico scritto, mezzo con cui esprimerà in seguito pensieri,
stati d’animo ed emozioni.
3. Gli approcci clinico-proiettivi
Gli approcci clinico-proiettivi si basano sull’assunto che i bambini
proiettino le proprie emozioni e motivazioni nei loro disegni. Il metodo di ricerca degli studiosi appartenenti a questa corrente di pensiero,
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Il disegno infantile
che prendono le mosse dal pensiero freudiano, consiste nell’utilizzare
le interpretazioni dei disegni per valutare la personalità dell’individuo
(un esempio famoso è quello del test delle macchie di Rorschach); altri
test proiettivi hanno come oggetto di analisi la rappresentazione della
figura umana in relazione ad altri individui, come gli amici o i componenti della propria famiglia; altri ancora focalizzano la loro attenzione sul disegno di un albero o di una casa; infine, esistono test che
permettono di studiare le relazioni esistenti tra il disegno e il sogno
vissuto dal bambino stesso.
Gli psicologi che abbracciano questa corrente di pensiero credono
inoltre che il significato profondo delle figure rappresentate sia di natura sessuale. In molte delle sue interpretazioni Freud, infatti, ritiene che la sessualità sia una componente universale della motivazione
umana, tanto da influenzare anche la produzione infantile dei disegni. Ad esempio, come ricorda Glyn Thomas (1998) nel suo trattato
di “Psicologia del disegno infantile”, gli psicoanalisti attribuiscono un
significato fallico alle rappresentazioni di naso e pollici, espressione di
angosce di castrazione. Un’altra riflessione derivante da questi studi
riguarda le dimensioni dei disegni della figura umana, che sarebbero
legati al grado di autostima del disegnatore: piccole grandezze possono
indicare senso di inadeguatezza, inferiorità, bassa stima di se stessi,
ansia o depressione; al contrario, figure molto grandi esprimono sia
sentimenti di grandezza che caratteristiche di personalità come la tendenza all’aggressione.
3.1 Corman e il test del disegno della famiglia
La tematica del disegno della figura umana è stata ripresa da Corman
(1967), per approfondire uno studio sul disegno della famiglia. Da
queste immagini si può comprendere quali siano le rappresentazioni
che il bambino ha della propria famiglia, i sentimenti reali che prova
nei confronti dei parenti e il posto che lui stesso e gli altri occupano
nel nucleo famigliare.
Il disegno infantile
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Il test che Corman propone ai bambini è suddiviso in tre fasi consecutive, che sono gestite dallo psicologo:
1. si fa sedere il bambino in un tavolo dell’altezza giusta, con un
foglio di carta e una matita, quindi gli si forniscono le seguenti
consegne: “Disegnami una famiglia”, oppure “Immagina una famiglia di tua invenzione e disegnala”.
2. Osservazione della procedura del disegno da parte dello psicologo. In particolare egli dovrà rilevare il comportamento del bambino (se è inibito o meno), in quale punto del foglio il disegno è
stato iniziato e con quale personaggio, l’ordine in cui i membri
della famiglia sono stati disegnati e il tempo impiegato per terminare la rappresentazione.
3. Colloquio con il bambino per capire la sua identificazione con uno
dei personaggi raffigurati (il più delle volte obbedisce al principio di
piacere), le sue reazioni affettive e il paragone con la vera famiglia.
In seguito all’incontro con il bambino e in base ai dati rilevati, lo psicologo si ritira per interpretare il disegno. Corman individua tre livelli
di interpretazione:
a) livello grafico: è importante analizzare il modo con cui il bambino
usa la matita e traccia punti, linee diritte e curve, per capire il suo
stile psicomotorio e di conseguenza le sue disposizioni affettive;
b) livello delle strutture formali: dal grado di perfezione del disegno si
percepisce il livello di maturità del soggetto. Ad esempio, chi disegna molto schematicamente e senza alcun dettaglio può essere
una persona inibita;
c) livello del contenuto: lo psicologo deve paragonare la famiglia disegnata, che può essere immaginaria, con quella reale. Ciò permette di capire quali sono le tendenze affettive del bambino nei
confronti dei familiari, se positive o negative.
L’analisi del contenuto del disegno, secondo Corman, è quindi di fondamentale importanza per capire la maturità mentale del bambino, i
suoi modi di percepire la realtà e la sua vita affettiva.