L`ascensore parte per le stelle

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L`ascensore parte per le stelle
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MEDICINA
DIVULGAZIONE
MISTERI
“Noi, vittime
dell’illusione
delle terapie
onnipotenti”
Dimenticate
le formule
Ora parlano
le immagini
L’orangutan
si è fermato
da 15 milioni
di anni
La medicina colleziona
successi, ma forse abbiamo maturato aspettative eccessive.
L’Associazione americana
per la scienza ha premiato foto
e illustrazioni mozzafiato.
I
Il Dna di un nostro parente cela alcuni interrogativi a cui
non sappiamo rispondere.
I
MILANO PAGINA 24
I
BECCARIA PAGINA 25
GRASSIA PAGINA 27
TUTTOSCIENZE
IDEA MADE IN ITALY: I CAVI SI TRASMUTANO IN GRAFENE E SI SUPERANO ALCUNI PROBLEMI TECNICI FINORA CONSIDERATI INSOLUBILI
Analisi
MAURILIO ORBECCHI
Con Darwin
nuovi spiragli
sulla mente
A
partire
da
Darwin, e in
particolare
negli ultimi
decenni, è cresciuto un campo di ricerca della psicologia che studia lo sviluppo della mente e che ha prodotto un florido dibattito e differenti
discipline, tra cui l'etologia umana, l'ecologia del
comportamento umano,
la coevoluzione gene-cultura, la psicologia evoluzionistica. Benché le divisioni di scuola possano apparire essenziali per gli
specialisti, sono in realtà
marginali rispetto alla
grande quantità di nozioni condivise. Tutte queste
discipline ritengono che la
mente sia in qualche modo un prodotto dell'evoluzione che ha lasciato i suoi
segni sulla psicologia umana e sulle nostre scelte
quotidiane. Allo stesso
modo, i vari studiosi giudicano un grave errore credere che all'origine della
psiche umana vi siano cause qualitativamente diverse da quelle che generano
il comportamento animale. Il Nobel Niko Tinbergen sostiene che pensarla
diversamente porterebbe
a una situazione assurda:
sarebbe come se su uno
solo dei numerosissimi rami dell'albero evolutivo si
trovasse una barriera con
un cartello che recita:
«Vietato l'accesso allo studio oggettivo: riservato
agli psicologi!».
Le ricerche sull'evoluzione della mente confermano l'inesistenza di questa barriera e la necessità di partire dalla teoria
dell'evoluzione, per chi
vuole davvero conoscere
la mente umana.
CONTINUA A PAGINA 26
TUTTOSCIENZE
MERCOLEDÌ 2 MARZO 2011
NUMERO 1458
A CURA DI:
GABRIELE BECCARIA
REDAZIONE:
GIORDANO STABILE
[email protected]
www.lastampa.it/tuttoscienze/
L’ascensore parte per le stelle
Dalla fantascienza alla realtà: progetto con i nanotubi di carbonio
NICOLA PUGNO
POLITECNICO DI TORINO
I
l concetto di un elevatore
spaziale per portare in orbita astronauti e materiali è semplice. Immaginate un cavo ancorato alla
Terra che si estende nello spazio e sui cui viaggiano degli
ascensori. Il cavo rimane teso,
se sufficientemente lungo (100
mila km, o anche meno con un
contrappeso), grazie alle forze
centrifughe imposte dalla rotazione terrestre che tendono a
prevalere sull'attrazione gravitazionale, una volta superata
l'orbita geostazionaria.
Il problema principale del
cavo, però, è che deve essere al
contempo super-resistente e
molto leggero. Da subito ci siamo appassionati al problema,
perché la sua soluzione porterebbe a molte altre applicazioni, per esempio nell'ingegneria
civile (per la realizzazione di
ponti sospesi ad elevatissima
luce, come quello di Messina).
Nel caso dell'elevatore spaziale il ruolo del materiale è supercritico. Un cavo di acciaio, per
esempio, dovrebbe sopportare
una tensione massima - che si
manifesterebbe in corrispondenza dell'orbita geostazionaria - circa 400 volte maggiore
della sua resistenza, fatto evidentemente impossibile. Ma
con il carbonio le cose stanno
diversamente e sarebbe sufficiente un cavo di nanotubi con
una resistenza anche minore
della metà di quella ideale del
nanotubo singolo.
Il problema, tuttavia, non si
risolve con l'impiego dei nanotubi stessi. Le strutture, infatti,
tendono a diventare più fragili
con l'aumentare della dimensione strutturale, aumentando con
questa anche la probabilità di
presentare difetti di dimensione maggiore. E' uno dei motivi
per cui le ciliegie nascono sugli
alberi, mentre le zucche per terra. E a proposito di alberi, il
tronco, a sezione crescente verso il basso, in cui il peso da sopportare diventa via via maggiore, suggerisce una soluzione simile proprio per il cavo dell'elevatore: un progetto «ad uniforme resistenza». Significa un cavo non a sezione costante, con
una tensione variabile, ma uno a
sezione variabile, tale che la tensione all'interno rimanga costante e si avvicini alla resistenza del materiale stesso, così da
sfruttarlo al meglio. La geometria che risulta è una specie di
«botte», con la sezione massima
in corrispondenza dell'orbita geostazionaria.
La simulazione realizzata dalla Nasa per un ascensore spaziale in grado di portare in orbita astronauti e materiali
Giocando sul rapporto tra
la sezione massima e minima
(che c’è in prossimità della superficie terrestre), è in teoria
possibile progettare il cavo
con qualsiasi materiale. In pratica, però, non è così: se si considera l'acciaio, questo rapporto dovrebbe essere enorme,
nell'ordine di un milione di miliardi di miliardi di miliardi (un
1 seguito da 33 zeri): significa
che, se il diametro fosse anche
solo di un milionesimo di metro alla partenza, sulla Terra,
non sarebbe sufficiente l'Universo conosciuto per contenere il cavo stesso. Tutto cambia,
invece, per un cavo con la resistenza ideale di un nanotubo al
carbonio: il rapporto, in questo
caso, diventa pari solo a 2.
Tuttavia - come accennato non è lecito attendersi che il
megacavo non abbia problemi.
La chiave di volta per progettarlo è quindi quella di valutare il difetto più critico che ci si
può aspettare al suo interno e
realizzarne uno «flaw-tolerant» (tollerante alla presenza
del difetto): deve operare a
una tensione di poco minore a
quella necessaria per fare propagare il difetto stesso. E' una
soluzione ispirata a quella con
cui la Natura progetta i materiali biologici, come le ossa.
Nicola
Pugno
Ingegnere
RUOLO: E’ PROFESSORE DI SCIENZA
DELLE COSTRUZIONI AL POLITECNICO
DI TORINO E VICE-PRESIDENTE
PER L’EUROPA DI «EUROSPACEWARD»
ASSOCIAZIONE NO-PROFIT
DI RICERCA
La rottura del cavo può essere innescata dalla frattura
di un singolo nanotubo o in seguito allo scorrimento relativo
tra due di essi. Per affrontare
questi problemi, nel primo caso, occorre minimizzare i difetti strutturali, mentre nel se-
condo caso si deve massimizzare la superficie di interfaccia tra i nanotubi. E' da notare
che una semplice «vacanza
atomica» riduce la resistenza
del singolo nanotubo di circa il
20%, un calcolo che - giustamente - minava la realizzabilità di un primo progetto che
trascurava proprio il ruolo dei
difetti. I nostri calcoli più recenti, invece, si concentrano
sullo scorrimento tra i nanotubi (pubblicati sul «Journal of
the Mechanics and Physics of
Solids») e suggeriscono un'altra ipotesi: progettare cavi
con nanotubi sufficientemente «grandi» da «auto-collassare» per effetto del confinamento, imposto dalle forze di van
der Waals, da parte degli altri
nanotubi. Le forze di van der
Waals agiscono sul solido come la tensione superficiale in
un liquido, creando così una
pressione sul singolo nanotubo, che, quindi, può collassare
a seguito di un'instabilità ela-
stica, un po' come farebbe il
guscio di un sommergibile a
profondità troppo elevata per
effetto dello schiacciamento
imposto dalla pressione dell'
acqua. Tuttavia lo schiacciamento - in questo caso - è benefico, perché genera una maggiore superficie di interfaccia
tra i nanotubi, che tendono ad
assomigliare a fogli di grafene
in mutuo contatto, con un incremento di resistenza di circa il 30%: la conseguenza è la
possibilità di progettare cavi
di nanotubi collassati superresistenti (30 volte l'acciaio) e
leggeri (un terzo rispetto all'
acciaio).
La soluzione appare al momento la più credibile: ecco
perché è stato raggiunto il consenso sulla necessità di impiegare queste nostre strategie
«flaw-tolerant». Il progetto di
materiale e struttura del cavo
dell'elevatore spaziale ha fatto
un passo in avanti, grazie alla
Scienza delle Costruzioni.