Visualizza il VII num. di "Vox Kantis"
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Giornalino d’Istituto Immanuel Kant Vox Kantis Numero VII • Marzo 2013 cronaca interna progetto comenius cronaca esterna intervista a rubrica we can do it - io l’otto oggi, anche domani la poesia nel cuore di roma disegno di sara camponeschi, IIIC © luca zingaretti EDITORIALE all’interno 04Cronaca Interna Comenius 06Cronaca Interna Premiazioni 06Cronaca Interna Giornata con la Protezione Civile 07 Cronaca Esterna Senza Memoria non c’è Futuro 08Cronaca Esterna Intervista a Luca Zingaretti 10Cronaca Esterna Liberi da cosa? La scuola, il futuro della memoria 10Cronaca Esterna Elezione del Papa 11Rubriche DIY - Do It Yourself 13Rubriche Se non ora quando, Kant? 14Rubriche Diverso da chi? 15Recensione 11 Minuti, di Paulo Coehlo Siamo arrivati a Marzo con il terzo numero di questa nuova edizione del Giornalino Scolastico, e vorrei ringraziare tutti per il supporto che ci avete dimostrato. Più di tutto, voglio ringraziare tutti coloro che ci hanno fatto i complimenti per la nuova grafica. Troverete questo numero, probabilmente, un po’ più “leggero” dei precedenti. Purtroppo, la causa è dovuta al periodo dei campi scuola, che hanno visto coinvolta parte della Redazione, e l’avvicinarsi dei pagellini. Tuttavia, tengo particolarmente a sottolineare alcuni articoli: Arianna Antonelli, del IIA, ha avuto l’occasione di intervistare l’attore Luca Zingaretti, che si è prestato gentilmente a rispondere alle sue domande, e a noi ha dato la possibilità di pubblicare la sua intervista. Per questo, lo ringraziamo sinceramente. Inoltre, nella Rubrica “Se non ora quando, Kant?”, Giulia Massimini ci parla dell’iniziativa che ha visto protagonista anche la nostra scuola qualche settimana fa, in onore delle donne, l’8 Marzo. Personalmente, invece, tengo a sottolineare l’articolo riguardante il Comenius, il progetto Europeo a cui il Kant ha partecipato, non per la prima volta, e che è stata il motivo per cui, per una settimana, avete potuto notare la presenza di Inglesi e Tedeschi nella scuola. Andreina Cecchini, VCL. Direttrici Andreina Cecchini, VCL Lorena Alessandra Urucu, VCL Redazione Lucia Lanfiuti Baldi, IIID Giulia Massimini, IIID Chiara De Felici, IIC Martina Musumeci, IIC Alice Casalvieri, IIC Jessica Andracchio, IIICL Giulia Di Censi, IID Omar El Debuch, IIIC Edoardo Speranza, IA Camilla Ferraro, IA Arianna Antonelli, IIA Vanessa Barbuto, IIA Professore referente Salvatore Alessi 16 Racconto L’avvinazzato 2 • Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org • 3 cronaca interna: progetto comenius P rendete tre Paesi diversi. Prendete dei ragazzi che non si sono mai conosciuti. Date loro un input, un lavoro da svolgere e una data. Loro vi daranno in cambio voglia di fare, vita, risate, voglia di conoscersi e affrontare il mondo insieme. Questo è il Comenius, questa è stata l’esperienza del laboratorio teatrale della nostra scuola. Questa, soprattutto, è stata la settimana dal 3 al 9 Marzo, che ha visto protagonisti studenti dall’Inghilterra, dalla Germania e dall’Italia, e l’eccezionale partecipazione di un ragazzo francese. Un’avventura iniziata a Dicembre, a Berlino, e che ha visto il suo proseguimento qui a Roma. In Germania l’argomento era stato il Muro. Divisi in Workshop, in una settimana abbiamo prodotto uno spettacolo unico. Il Muro è diventato un filo che divideva l’amore di due giovani, il rumore delle sedie che cadono, una scenografia, il disegno sulle borse realizzate dai ragazzi di Arte. “We can be heroes” di David Bowie che aleggiava come sottofondo. E ci siamo sentiti tutti un po’ eroi, in quei giorni. Perché non era il nostro mondo, neanche per chi era abituato a quell’ambiente 4 • Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org scolastico. Abbiamo imparato a condividere e a vivere insieme, ad affrontare le sfide, ad abbattere le differenze imposte dalla cultura e dalla lingua. E siamo tornati aspettando con ansia di poter rivivere quell’esperienza. Words”. E così il “viaggio” a Roma è iniziato, con chi si conosceva già e chi si è incontrato per la prima volta. Il primo Lunedì il Coro del nostro Liceo ha dato il benvenuto ai nostri ospiti, assieme ad un intervento del Preside e del Presidente dell’VIII Municipio. Poi, ognuno è stato assegnato al pro- Ad aprire lo spettacolo c’era il gruppo di Performance, che, per mezzo del proprio corpo, ha riprodotto le parole “Box of Words” e “Comenius”. Successivamente, si è esibito in due diverse scene che mettevano in risalto la difficoltà di comunicazione tra persone che parlano lingue diverse, e, al contrario, la somiglianza tra i versi ed i gesti che utilizziamo. Il gruppo di Musica ha contribuito con tre esibizioni: “Somebody that I used to know”, di Gotye, assieme prio Workshop e, separatamente, abbiamo lavorato allo spettacolo messo in scena il Venerdì successivo, al Teatro Centrale Preneste. Il tema, questa volta, è stato “Box of al gruppo di Danza, un’esibizione utilizzando bacchette e sedie, e l’esecuzione della canzone “Mr. Elf”, scritta dal gruppo di Text utilizzando le parole più riccorrenti apparse nella Scatola delle Parole, riempita da ognuno di noi. Il gruppo di Danza si è anche esibito sulle note di “Try” di Pink, mentre sullo sfondo era possibile vedere il video realizzato dal gruppo di Media. Video successivamente caricato sulla piattaforma di Youtube, sotto il titolo “Try - P!nk (Comenius Rome 2013)”.Lo spettacolo si è chiuso con un video ricco di foto della settimana appena conclusasi. Sette giorni entusiasmanti, faticosi, esasperanti e meravigliosi. Sette giorni che hanno lasciato ognuno di noi un po’ più consapevoli di sé, di quello che si ha e di quello che non ci appartiene. Il “diverso” che entra a far parte del nostro essere, che ci arricchisce, senza che nes- suno se ne accorga davvero. Ma il Comenius non finisce qui, continua. Prossima tappa: Rochester. — di Andreina Cecchini, VCL Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org • 5 premiazioni Q uest’anno, il nostro nuovo Preside Giovanni Infantino, ha voluto premiare le eccellenze nelle varie attività portate a termine quest’anno nella nostra scuola. Per prima cosa ha consegnato, affiancato dal professor Alessi, degli splendidi attestati ai partecipanti al giornalino scolastico Vox Kantis, il cui numero relativo a febbraio 2012 ha vinto il primo posto in un concorso per giornalisti in erba. Dopodiché sono stati consegnati gli attestati per le certificazioni linguistiche di francese (Delf ) e di inglese (Pet e cronaca esterna: First). Infine sono stati premiati i cinque ragazzi che hanno vinto una borsa di studio per New York per aver raggiunto i primi posti nel progetto NMUN. In conclusione delle celebrazioni abbiamo visto un video realizzato dalla 5CL, di cui alcuni sono stati premiati con attestati per le migliori interpretazioni femminili, la migliore sceneggiatura ecc.. Il Preside si è mostrato veramente molto orgoglioso di noi studenti e ci ha confessato di aver insistito affinché le premiazioni delle eccellenze siano messe sempre più in rilievo, promettendoci che a breve si terranno nuove celebrazioni per premiare le restanti attività, così da spingerci a partecipare più attivamente anche solo per mettere noi stessi alla prova, per vivere in modo meno passivo la scuola. Sicuramente siamo fortunati perché nel nostro liceo, contrariamente a molti altri, vengono organizzate attività di ogni genere a cui siamo in molti modi incoraggiati a partecipare. Quindi mettiamoci all’opera! — di Martina Musumeci, IIC Una giornata con la protezione civile I l giorno 19 Febbraio, alcune classi terminali – 5BL, 5CL, 3B, 3C – hanno avuto la possibilità di assistere ad una lezione indetta dalla Protezione Civile. La prima fase è stata per lo più teorica. In circa un’ora e mezza, ci è stato spiegato in quale modo un incendio si propaga in un luogo chiuso e fino a quando si può intervenire. A questo proposito, ci sono anche stati mostrati gli oggetti a disposizione in ogni luogo pubblico e il modo migliore per intervenire nel caso qualcuno abbia perso i sensi. Tuttavia, la parte più interessante è stata quella che si è svolta nel cortile della scuola. Qui, le classi sono state divise in tre differenti gruppi e ad ogni gruppo è stata assegnata una postazione diversa. Lo scopo era quello di simulare l’estinzione di un incen- 6 • Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org dio o di spegnerne uno realmente. Infatti, in una delle postazioni, è stato acceso un fuoco e, a turno, ogni alunno ha avuto la possibilità di spegnerlo utilizzando un estintore a CO2. Nelle altre postazioni, nel frattempo, ci si cimentava nell’utilizzare una pompa ad acqua o la coperta ignifuga. Questa seconda parte della giornata è stata per tutti la più entusiasmante e la più interessante. Non solo ricevere informazioni direttamente da membri della Protezione Civile, i quali si sono dimostrati aperti ad ogni domanda e hanno saputo relazionarsi al meglio con i ragazzi, è stato educativo, ma avere la possibilità di interagire direttamente con dei mezzi veri ha attirato di più l’attenzione di ognuno di noi. Infine, la lezione, che ha visto unirsi l’utile con il dilettevole, è terminata con l’arrivo della Vicesindaco Sveva Belviso, la quale ha ringraziato tutti della collaborazione e ha avuto piacere nel condividere la propria opinione riguardo l’importanza di informare ragazzi della nostra età. — di Andreina Cecchini, VCL SENZA MEMORIA NON C’E’ FUTURO V alerio Verbano, diciannove anni, tifoso della Roma, amante delle arti marziali, era appassionato di fotografia e attraverso i suoi scatti documentava gli eventi politici dei suoi anni che seguiva con profondo interesse. Liceale, militante del collettivo autonomo di Archimede, era un tenace antifascista il cui nobile entusiasmo ideologico è stato a lui fatale. Il 22 febbraio del 1980 tre ragazzi, fingendo di essere amici di Valerio, sono accolti in casa dai suoi genitori, ignari della tragedia che stava per consumarsi. Appena entrati, immobilizzano padre e madre del giovane antifascista che tornato da scuola è immediatamente assalito dai tre aggressori; tenta di fuggire dalla finestra dell’appartamento, dopo essere riuscito a liberarsi dalla violenta colluttazione, ma un colpo di pistola lo raggiunge alla schiena e muore. L’azione verrà rivendicata dai Nuclei armati rivoluzionari (NAR), gli stessi terroristi sui quali aveva raccolto un copiosa documentazione, frutto di una sua personale indagine sull’estrema destra romana, con la quale aveva redatto un accurato dossier con nomi, legami con apparati statali e fotografie dell’eversione nera capitolina, rivelandone così la collusione con la criminalità organizzata e citando inevitabilmente nomi appartenenti alla famigerata e sanguinaria Banda della Magliana. Il prezioso fascicolo di Verbano fu misteriosamente smarrito dopo che nel ‘79 era stato accusato di fabbricazione di materiale incendiario: perquisita la sua abitazione, infatti, viene verbalizzato non solo il sequestro di un’arma da fuoco, ma anche del materiale della sua inchiesta, che inspiegabilmente svanisce nel nulla e la cui scomparsa è denunciata successivamente all’omicidio di Verbano dagli avvocati della sua famiglia, consapevoli della rilevanza della sua indagine. Sarebbe poi ricomparso il suo fascicolo di inchiesta tra le mani di Mario Amato giudice che investigava anch’egli sull’eversione nera e che fu assassinato 4 mesi dopo l’omicidio del liceale romano, il 23 giugno 1980. Le indagini sono state riaperte nel febbraio del 2011 dopo oltre 20 anni in cui l’assassinio di Valerio Verbano è rimasto impunito con l’assoluzione di tutti gli indiziati per i mancati riscontri delle numerose e anche contraddittorie informazioni rilasciate dai pentiti di estrema destra. Valerio non aveva paura, nonostante fossero anni difficili quelli in cui era cresciuto: gli anni delle stragi, del terrorismo, della strategia della tensione, degli scontri in piazza. Nulla lo scoraggiava, nulla poteva intimidirlo o farlo tacere, un esempio, un modello. Ma la sua storia non è la sola. Neanche Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci , soprannominato Iaio, diciottenni milanesi frequentatori del Centro Sociale Leoncavallo, restavano indifferenti al drammatico scenario della politica del loro tempo e furono uccisi da otto colpi di pistola, il 18 marzo 1978 nel capoluogo lombardo. Secondo gli inquirenti risultò essere maggiormente attendibile la rivendicazione dei nuclei armati rivoluzionari, la stessa organizzazione terroristica di estrema destra che sarà ipotetica carnefice di Valerio Verbano due anni dopo. Anche Fausto e “Iaio” stavano investigando sull’estrema destra insediata e operante nella loro città e conducevano approfondite indagini sul traffico di eroina e cocaina gestito dalla malavita organizzata con la quale le realtà fasciste milanesi collaboravano assiduamente. Documentavano le loro inchieste con preziose interviste, registrate su dei nastri poi scomparsi misteriosamente dopo la loro morte. Il caso dei due milanesi fu archiviato nel ‘99 per insufficienza di prove nei confronti degli accusati Massimo Carminati, Claudio Bracci e Mario Corsi nonostante le sconvolgenti rivelazioni ottenute dai pentiti di estrema destra e le fotografie ritrovate di Fausto e Iaio e dei loro funerali in casa dell’imputato Corsi, perquisita dopo un suo arresto per un aggressione contro militanti di organizzazioni antifasciste. Nel complesso quadro processuale e investigativo del caso Iannucci e Tinelli la probabile e tragica connessione con l’omicidio Verbano, ipotizzata e suggerita dal giudice istruttore Guido Salvini, rende la cronaca di questi drammatici eventi ancora più inquietante. Ma scioccante è quanto affermato durante un’ intervista dalla madre di Fausto in onda su Radio 24 nel 2011, in cui esplicitamente accusa i servizi segreti di essere i reali mandanti dell’assassinio di suo figlio. Fu lei stessa, infatti, a dichiarare che la mansarda all’ultimo piano della loro palazzina, ad un solo civico di distanza dall’edificio in cui era prigioniero Aldo Moro, era stata presa in affitto da agenti dei servizi segreti dal gennaio 1978 (notando il continuo via vai di scatoloni e parabole) smentendo quanto ufficialmente dichiarato dagli stessi i quali sostenevano di averne usufruito a partire dal giugno ’78. Sotto gli occhi di Iaio, ma soprattutto di Fausto dunque, si evolvevano le intricate dinamiche della deviata politica dello Stato che, sfruttando la manovalanza fascista, iniziava a infiltrarsi nelle Brigate Rosse, così da manovrare il terrorismo rosso per assecondare gli infimi fini dell’ormai corrotto e guasto apparato istituzionale. Sono trascorsi decenni e sembrano eventi di un’altra epoca, come se la violenza fascista e i suoi squallidi retroscena di collusione con la parte marcia dello Stato siano distanti: oramai solo storia. Eppure sono trascorsi solamente dieci anni da un ennesimo e intollerabile episodio in cui essere antifascisti è una colpa, una condanna a morte. E’ la tragica notte del 16 marzo 2003 quando il ventiseienne Davide Cesare, per gli amici Dax, e i suoi compagni uscivano da un bar del quartiere ticinese Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org • 7 di Milano: ad aspettarli due neofascisti,armati di coltello, pronti ad aggredirli, spalleggiati da un terzo uomo più anziano che si rivelerà essere Giorgio Morbi, 54 anni, padre degli altri due assalitori Federico, 28 anni e Mattia, 17. Lo scontro è violento e rapido. I soccorsi tardano ad arrivare sul luogo dell’aggressione e le numerose pattuglie di carabinieri e polizia rendono difficoltoso l’intervento del personale medico. Dax, accoltellato tredici volte, non ce la farà. Ma la notte nera di Milano sembra non avere fine. Gli amici dei ragazzi aggrediti accorsi immediatamente all’ospedale S. Paolo dove erano stati ricoverati, subiscono una brutale carica da parte delle forze dell’ordine, che coinvolgerà anche i pazienti dell’ospedale e l’assistenza medica. Fatti terrificanti, inspiegabili, aggravati dalle menzogne diffuse dalla cronaca giornalistica che non diede alcun rilievo alla tragedia consumatasi per le strade di Milano, ridotta a una “rissa tra balordi”, quando di trattava di tutt’altro. La storia si ripete, gli anni Settanta non sono poi così lontani e ciò che più angoscia è la totale indifferenza al pericoloso continuare a serpeggiare e insinuarsi, tra le nuove generazioni, di un male che deve essere estirpato attraverso il costante impegno nella diffusione dei valori e dei principi che dalla gloriosa esperienza partigiana abbiamo ereditato ed è nostro dovere custodire. Il 25 aprile si avvicina: la Resistenza CONTINUA! — di Giulia Di Censi, IID intervista a luca zingaretti F Fa sempre una strana sensazione trovarsi seduti, a pochi centimetri di distanza, da un attore senza la barriera dello schermo e soprattutto poterci parlare. L’attore in questione è Luca Zingaretti, impegnato a teatro con lo spettacolo “La torre d’avorio” di cui è regista e interprete principale. La piece, basata su una storia vera, affronta il tema del rapporto tra arte e potere nella figura ambigua e affascinante del direttore d’orchestra Wilhelm Furtwangler, chiamato a rispondere del suo ruolo di artista nella Germania hitleriana nel processo di “denazificazione” condotto dal maggiore americano Steve Arnold. Dialoghi serrati, in un’altalena di emozioni tra accuse di collusione criminale e difesa dell’indipendenza dell’intellettuale dalle vicende politiche, contribuiscono a creare nello spettatore un senso di incertezza nell’esprimere un giudizio sulla condotta di Furtwangler. Un cast di attori straordinario, in cui spiccano l’elegante autorevolezza di Massimo de Francovich, nel ruolo del maestro, e la grande forza espressiva di Luca Zingaretti, in quello dell’ufficiale, rende questa rappresentazione un appassionante spettacolo che offre molti punti di riflessione sul tema della responsabilità dell’artista nei confronti della Storia. 8 • Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org A fine spettacolo Zingaretti si è gentilmente prestato a rispondere ad alcune domande sull’essere attore nell’Italia di oggi. Quali sono i consigli che darebbe ad un ragazzo che vuole intraprendere la carriera teatrale o cinematografica? Bè guarda, il mio primo impatto con il teatro è stato a scuola, nel senso che da bambino - come tutti - mi infilavo sempre nelle recite scolastiche, ma è stato al liceo, negli ultimi due anni, che ebbi l’occasione di frequentare un corso di recitazione tenuto da un attore professionista, e lì mi innamorai del teatro. Dopodiché decisi di fare l’esame per entrare in Accademia. Che cosa voglio dire con questo, che è importante capire inizialmente se è una cosa che ti diverte fare così tra amici oppure se è qualcosa che pensi di poter scegliere come professione. In secondo luogo, secondo me, è fondamentale cercarsi una scuola, perché è l’unica cosa che può veramente consolidare e perfezionare le tue potenzialità ancora immature, per certi aspetti. di tutto sia attore teatrale, poi cinematografico, come di solito avviene in Inghilterra, per esempio. Questa però è solo una mia opinione, sia ben chiaro (se mi sentono quelli del Centro Sperimentale, mi strangolano…) Quali sono stati i maggiori ostacoli che ha incontrato agli inizi della carriera? Il mio carattere. Perchè io non sono uno molto indulgente, che fa gruppo, non mi piacciono le public relations... E questo nell’Italia di oggi può rivelarsi un limite. Per questo motivo, se vuoi avere successo, è molto importante essere abile nell’intessere rapporti con le persone. Lei ha raggiunto il successo con il commissario Montalbano. Non ha mai percepito la routine della serie? Dunque io sono 13 anni che ricopro questo ruolo. Lo faccio ogni due anni per tre mesi. Questo significa che se lo girassi oggi, le nuove riprese inizierebbero nel 2015. A questo punto in due anni ti riviene la voglia di rifarlo, se è una cosa che ti piace davvero, ed è proprio per questo che continuo. E non è una questione di soldi o contratti, io smetterei subito il giorno in cui non mi divertisse più. Poi la serie l’hanno mandata in onda chissà quante volte, quindi sembrano tantissime puntate, in realtà ne abbiamo girate solo 24. L’ interpretazione che più mi ha colpita è stata quella di Giorgio Perlasca. Com’è stata la sua preparazione a ricoprire questo ruolo e cosa le ha lasciato? Senti, io diffido di colleghi che dicono: “ah ho fatto San Xy e ho visto la Madonna”. Penso che la storia dell’immedesimazione sia una grande stupidaggine, però è anche vero che se vai a interpretare un personaggio che è realmente esistito, entri in contatto con l’energia che quella persona ha emanato. Quindi nella maggior parte dei casi si rivela un’esperienza di vita e se la persona che porti sullo schermo è straordinaria come quella di Perlasca, allora ti lascia dentro tanti spunti di riflessione. assolutamente un mio sogno. E il regista, sempre straniero, con il quale le piacerebbe lavorare? Bè ce ne stanno talmente tanti… Di quelli di una volta Martin Scorsese, ma quello degli anni ’70-’80. Mentre di quelli proprio moderni Sam Mendes. Quali sono, invece, i programmi per il futuro? Ha mai pensato di passare dietro la macchina da presa? Adesso sto provando a scrivere un film di cui curerò anche la regia. Dal dopoguerra fino agli anni ’70 eravamo sempre noi italiani a vincere agli Oscar, ai festivals di Cannes e di Venezia, mentre ora questi riconoscimenti si fanno sempre più rari. Alla luce di tutto questo, che cosa ne pensa del cinema italiano di oggi? Credo che ciò che renda grande un cinema sia la statura delle persone che se ne occupano. All’epoca c’erano tanti intellettuali: scrittori, autori, grandi registi e grandi visionari, che provenivano dalla miseria e dalla guerra e quindi avevano grande voglia di vivere, di lavorare. Adesso mi sembrano tutti degli impiegati, persone che raccontano storie solo commerciali. Sono veramente pochi a salvarsi: Luca Guadagnino, che ha diretto un gran bel film “Io sono l’amore”, Paolo Virzì, ma due giovani registi che secondo me hanno una marcia in più rispetto ad altri sono Sorrentino e Garrone, autentici fuoriclasse con uno stile originale che li distingue. — di Arianna Antonelli, IIA Le piacerebbe lavorare in una grande produzione hollywoodiana? No, però, certo, se mi chiamano, io accetto, ma non è Lei fino ad ora ha parlato dell’Accademia, ma che cosa ne pensa del Centro Sperimentale? Può essere una scuola adeguata? Io farei l’Accademia, perché credo che un attore prima Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org • 9 LIBERI DA COSA? LA SCUOLA: IL FUTURO DELLA MEMORIA A Anche nel secondo conflitto mondiale l’Italia, come già aveva fatto in precedenza, entrò un anno dopo. Credeva forse di raccogliere le briciole di ciò che stava facendo la Germania, ma poi gli eventi sono andati in un’altra direzione. Un altro volta faccia e lo stivale si ritrovò al fianco dei nuovi vincitori, stravolgendo le vite di chi l’aveva ridotta in quelle condizioni. Così noi, oggi, ci troviamo a festeggiare ogni anno, il 25 aprile, la Liberazione. Liberi. Finalmente e nuovamente liberi. Ma da cosa? Allora fu dal Fascismo e oggi? Siamo così liberamente attaccati alle nostre convinzioni ed imprigionati dalle stesse, certamente non senza subire continuamente ed assaggiare quella condizione che ci vorrebbero imporre. Il 25 aprile è solo uno dei tanti simboli, una data tra le tante della storia italiana che molto spesso trascuriamo, senza, tra l’altro, comprenderla a pieno. La libertà, seppur sempre più monca, è stata duramente conquistata e persone hanno donato la loro esistenza per avere quelle briciole che noi oggi possiamo beccare. Delle vite innocenti sono state duramente troncate. D’altra parte è il prezzo che l’uomo ha stabilito per rendersi conto di quanto la sua cruenza oltrepassi i confini del regno animale. Diventa doveroso ricordare, perché ciascuna data ha la sua importanza. Così ci stiamo impegnando come scuola, attraverso l’Associazione K.A.N.T., ad organizzare, come già e stato fatto ed apprezzato, una festa in piazza. Dopo aver ottenuto il permesso per l’occupazione del suolo pubblico nella zona di Tor Pignattara, abbiamo iniziato a darci da fare per l’organizzazione. Quest’ anno noi, padroni di casa, pur affiancati da diversi licei: Amaldi, Benedetto da Norcia e Levi Civita, intendiamo offrire un evento che ci faccia non solo ricordare il elezione del papa L’ 11 febbraio aveva fatto scalpore la notizia delle dimissioni del Papa Benedetto XVI per il 28 dello stesso mese. Un evento storico da fissare nella nostra memoria poiché era dal 1200 che non accadeva nulla del genere. Si era definito ormai non piú capace di portare avanti il compito a lui assegnato. Ebbene, dopo 12 giorni senza una vera e propria autorità ecclesiastica, il 12 marzo sono giunti da ogni parte del mondo un centinaio e poco più di cardinali per il conclave per la nomina del nuovo Papa. Dopo ben 4 fumate nere, finalmente alle 19.06 del 14 marzo, nella gremita piazza di San Pietro abbiamo assistito alla fumata 10 • Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org passato ma anche il presente. Attraverso un percorso guidato tra le strade di Tor Pignattara e Centocelle, si vedranno i luoghi più significativi della Resistenza romana. Aspettando con impazienza nuovi artisti che si vogliano concedere al pubblico, si ha in mente di poter allestire un concerto, intervallato da vari interventi. Si allestiranno degli stand che illustreranno non solo la storia della resistenza, attraverso foto, disegni e tutto ciò che può produrre la vostra fantasia, ma ci saranno anche quelli che illustreranno le attività scolastiche, come simbolo di una resistenza continua ed attuale. Inoltre, per i più affamati, ci sarà anche la possibilità di acquistare, sempre negli stand, qualcosa per calmare la nostra fame, non solo di sapere. Dulcis in fundo, c’è anche la possibilità di partecipare ad un concorso che prevede, ebbene sì, anche dei premi. “I nostri territori e la nostra storia” è un concorso fotografico che intende testare la fantasia e vedere in modo i nostri fotografi ci possono mostrare, attraverso uno scatto, la loro storia e il territorio. Allora perché non mettervi in gioco? Forse asfissiati dalla pigrizia e allettati da altre alternative, con la loro importanza, non ci accorgiamo che la scuola è il futuro della memoria. La scuola siamo noi e forse questa è ancora un’altra occasione per dimostrare, aiutati da genitori ed insegnati, quanto essa ci appartenga nel profondo. Non è solo luogo di apprendimento, per quanto alcuni lo facciano sembrare tale attraverso la rigidità e il toglierle l’importanza. Ci accompagna per la maggior parte della nostra vita e nulla sarebbe lo stesso senza la scuola. — di Lorena Alessandra Urucu, VCL bianca. E cosi, contro i pronostici, ha fatto la sua entrata in scena il nuovo Papa Jorge Mario Bergoglio col nome di Francesco. I bisnonni erano piemontesi, ma i nonni si trasferirono in Argentina, dove lui stesso nacque 76 anni fa. Papa Francesco ha subito colpito per la sua semplicità: come ci riferiscono persone a lui vicine, a Buenos Aires, città di cui Jorge era arcivescovo, si spostava in metropolitana, con cui si è spostato anche venendo qui a Roma e viveva in un piccolo appartamento dove faceva tutto da se. Inoltre ha colpito l’umiltà con cui la prima sera, affacciandosi dalla loggia papale, dopo la preghiera per il vescovo emerito, col capo chino ha chiesto al popolo se non ora quando, kant? we can do it IO L’ OTTO OGGI, ANCHE DOMANi O ggi mi propongo una sfida difficile,per alcuni pretenziosa: darti la mia risposta a quella fastidiosa e ormai usuale provocazione che ogni anno, con l’avvicinarsi della data dell’8 marzo (l’erroneamente chiamata “festa delle donne”, il travestito zimbello di un’assurda tragedia, l’odiosa pantomima di una tragica ricorrenza) sorge sempre più su larga scala sulle bocche dei più insolenti o (spero) dei più malinformati: perché dovrebbe esserci una “festa” delle donne? All’inizio avevo pensato a un articolo che trattasse dettagliatamente e spiegasse con precisione gli eventi per cui è nata la “Giornata internazionale della donna”, perché così, udite udite, si chiama. Poi però la mia mente ha divagato e ho deciso di tentar altro… Ovvero rispondere sul perché oggi e domani e dopo domani ancora ha e avrà sempre senso celebrare questa ricorrenza. Mi sono sorpresa a leggere condiviso su Facebook, non solo da ragazzi ma anche da ragazze, post del tipo “E’ la festa della donna, non della zoccola”, con un aitante spogliarel- lista sullo sfondo. Per un secondo non mi sono scomposta, dalla non proprio secolare conoscenza che ho di questo social network, ho notato facilmente che il sarcasmo estremo e lo scetticismo più demenziale siano di tendenza. Poi però, permettimi la scurrilità, userei mezzi termini, ma preferisco una descrizione realista, mi sono incazzata. Voglio dire… mi bastano già gli altri 364 giorni per sorbirmi spot arroganti, link osceni, foto scandalose, post irrispettosi, programmi tv sudici, uscite misogine di leader politici, presentatori televisivi allupati, annunci di donne strangolate, che da carne da macello per strada diventano la carne fresca da dare in pasto a qualche iconico talk show dove la Barbara d’Urso di turno guadagna un milione a lacrima. Voglio dire, perché, perché anche in questo giorno? Perché? Mi bastano gli altri 364 giorni in cui vale la legge tribale secondo cui se una donna è famosa è perché è una “zoccola”, se una donna è in politica è perché è una “zoccola”, se una donna è in carriera è perché è una “zoccola”, se una donna è bella è anche una “zoccola”, se una donna è in minigonna è anche una “zoccola” etc… Invece no, anche l’8 marzo l’indice accusatorio si alza e addita deciso la donna, a ricordarle di non sentirsi troppo libera in questo giorno, a ricordarle che le ammuffite categorie mentali della società non sono in ferie in questa giornata e sono pronte a inquadrarla e a giudicarla come sempre: “Donna, ricordati che non è la festa della zoccola”. Ma la pillola più amara da ingoiare è il fatto che a dirlo,con quell’ innocente post, in vari casi, è proprio una donna, poiché ormai, come sostiene la Zanardo (la formidabile autrice del “Il corpo delle donne”):“ La colonizzazione del nostro immaginario ha significato non saper più distinguere i nostri desideri più profondi e oggi ci osserviamo l’un l’altra come pensiamo ci guarderebbe un uomo.” Abbiamo imparato a scrutarci e a spiarci con gli occhi degli uomini, ma questa considerazione è tanto amara quanto impossibile da trattare in così poche righe, nonché troppo distante dalla questione che ho deciso di sviscerare: ricordare Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org • 11 perché è importante ricordare l’8 marzo, ricordare perché è importante ricordare. Perciò non perdiamoci inutilmente in altri superflui preamboli e arriviamo ai motivi. Motivi… non so se motivi ne ho, so per certo che qualcosa ho e preferirei non averla: ho 79 Paesi che non hanno leggi contro la violenza domestica e ne ho 54 che hanno leggi che discriminano la donna. So che ho un secondo ogni quindici negli Usa in cui una donna viene picchiata e che sempre lì ho 45 - 50 mila tra donne e bambine vendute all’anno. So che in Europa ho 500 mila donne vittime della prostituzione e che… Ho 25 mila casi di stupro all’anno in Francia, in cui solo 8 mila vengono denunciati alla polizia. Ho 2000 casi in Gran Bretagna di violenza fisica e sessuale contro collaboratrici domes- tiche. Ho 14 mila donne in Russia che vengono uccise da partner o familiari. So che ho più donne in Italia che muoiono per violenza che per tumore o incidente stradale. Ho una bambina su sei in Cina che viene, subito dopo il parto, uccisa o abbandonata. So che in Bangladesh ho che il 50% di tutti gli omicidi sono casi di mogli uccise dai mariti. Ho più di 1.000 donne in Pakistan che sono vittime di «crimini d’onore». Ho uno stupro ogni 15 minuti in India, ogni 23 secondi in Sudafrica. La pagina arriva alla fine e io non ho finito, e io non posso finire, nonostante tutto questo dovrebbe solo finire. La pagina arriva alla fine e io non ho fatto in tempo a spiegarti perché bisogna ricordare l’8 marzo, perché ricordare quel giorno. E il punto è che non basta… no, non dico la pagina. Non basta quel gior- diverso da chi? SESSO GAY IN VATICANO. S esso gay in Vaticano, l’ex teologo tedesco David Berger porta alla luce i lati nascosti della Chiesa tra saune e cruising: “La pratica omosessuale è consolidata e inconfessabile”. Ex teologo tedesco, David Berger viene allontanato dall’insegnamento nel 2010, dopo il suo coming out e la pubblicazione del libro La sacra apparenza, un teologo gay nella Chiesa cattolica. Negli anni in cui ha vissuto a Roma, lo scrittore ha indagato ed esplorato la scena gay locale incontrando preti e “monsignori”. Secondo lo scrittore è questa una delle cause delle dimissioni di Papa Ratzinger: “Benedetto XVI avrà probabilmente saputo di qualche episodio. Alcuni scandali erano noti ai suoi intimi e anche di dominio pubblico. Ma mai, credo, il papa si sarebbe aspettato un fenomeno di tali dimensioni. Per lui sarà stato uno choc.” Se per l’ex Papa scoprire la verità sulle abitudini notturne del Vaticano è stato uno choc, per Berger non è stato così sconvolgente: “Quello che ho potuto vedere in sette anni di soggiorno a Roma era più che altro, semplicemente, la pratica diffusa dell’omosessualità. Non dichiarata, ma palese. E nemmeno legata al desiderio di fare carriera in Curia.” L’ex teologo entra nei particolari spiegando le dinamiche: “In Vaticano mi capitava spesso di essere avvicinato per 12 • Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org no. Non basta solo quell’8 marzo per “ricordare”, e forse non bastano nemmeno quegli altri 364 giorni e quelli dopo ancora. Per questo ti chiedo aiuto: ho bisogno dei tuoi altri 364 giorni, i tuoi 364 giorni, per tutta la vita. Ho bisogno di loro per ricordare e non solo. Ho bisogno di loro perché, ecco, presto tu leggerai l’ultima lettera di questo articolo e ci sarà solo bianco, dopo. Così voglio immaginare che un giorno vi sia l’ultima donna vittima di violenza e dopo, niente rosso, niente sangue, solo bianco, il bianco del suo sorriso. — di Giulia Massimini, IIID sregolata del Vaticano: “Benedetto XVI ha un’enorme queste loro tendenze nell’estetica. Magari non sono neanche consapevoli della loro natura.” David Berger parla anche del nuovo Papa Francesco e del suo rapporto con l’omosessualità: “Sa spendersi per i poveri, gli emarginati, i bambini sofferenti e malati. In questo, papa Francesco è davvero grande. Ma sui gay può essere ancora più pericoloso di Ratzinger.” paura, quasi il panico, degli omosessuali. Per lui deve essere stato uno choc. Una profanazione inimmaginabile. Questa sua omofobia è il frutto di un tabù. Una chiusura totale a una realtà mai accettata e forse neanche concepita.” Ratzinger era “Un ragazzo fragile, dicono. Molto delicato, sensibile. In privato, c’è chi concorda nell’attribuirgli chiare tendenze omosessuali. Questo, voglio sottolinearlo, non vuol dire essere gay. Molti sacerdoti sublimano — di Jessica Andracchio, IIICL recensioni UNDICI MINUTI, Paulo Coehlo avere “contatti” con i religiosi. E poi c’erano i monsignori, ognuno con il loro segretario, il loro autista, il loro aiutante personale. Spesso giovane e latino-americano [...]. La sera frequentavo i luoghi gay della capitale e non di rado mi imbattevo in religiosi.” Gli incontri avvenivano in saune, locali e parchi: “Mi ricordo bene degli incontri fatti all’Hangar, un locale gay di Santa Maria Maggiore. E, all’aperto, nel parco di Monte Caprino, vicino al Campidoglio. I romani sapranno bene di cosa parlo.” Il parco in questione, che il sindaco Alemanno ha chiuso nel 2009, era un luogo dove etero e gay si ritrovavano per organizzare incontri sessuali occasionali. Ci si andava per fare conoscenza, talvolta anche sesso. Attraeva molta gente. “Da lì, un giorno sono anche finito in un appartamento di Monte Mario. Era una casa di cui ogni religioso aveva la sua chiave. C’era un via vai: si entrava e si usciva, senza impegno. In Vaticano, la pratica omosessuale è consolidata e inconfessabile, anche se è molto più frequente rispetto alle sedi periferiche. Dubito che il pontefice si fosse reso conto di un fenomeno di tali proporzioni.” Berger parla anche del vecchio Pontefice, Ratzinger, che molto probabilmente ha deciso di abbandonare la guida della Chiesa proprio per colpa della vita notturna “A lcuni libri ci fanno sognare, altri ci portano la realtà - ma nessuno di essi può sottrarsi alla cosa più importante per un autore: l’onestà con cui scrive”. Così inizia “Undici minuti”, scritto dal brasiliano Paulo Coelho. Il romanzo continua: “C’era una volta una prostituta di nome Maria. [...] “C’era una volta” è la frase migliore con cui cominciare una storia per bambini, mentre “prostituta” è una parola “per adulti.” Maria, la protagonista, ha come obiettivo l’amore perché senza non potrebbe essere nulla. Il nome è forse completamente in contrasto con la storia (vera) della protagonista , che però rimane pura solo nel cuore. Lei è una ragazza brasiliana che vuole una vita diversa, migliore. Così, affascinata da questo miraggio, giunge nel Vecchio continente, precisamente a Ginevra. Convinta di dover fare la ballerina di samba, in realtà finisce per doversi concedere ai più disparati personaggi. Con schiettezza e alcune volte durezza alternata a dolcezza: Coehlo riesce a raccontare i vari incontri di Maria e di presentarci la sua persona nel sua intimità di essere umano. Quello che la ragazza scopre, oltre a se stessa, è che le persone, seppur con le loro fissazioni, hanno bisogno di attenzione e cura e forse, al di sopra di ogni cosa, di essere amate. Ma è così facile donarsi completamente agli altri? Ebbene Maria lo scoprirà. E capirà quanto si deve ancora riappropriare delle sue emozioni, senzazioni e sentimenti. E sarà un pittore a rendersi conto di cosa nasconde lei e se stesso, ma soprattutto di cosa sono entrambi. Così, attraverso il presente punto di vista di Maria, attraverso le pagine del suo diario, conosciamo anche e forse soprattuto l’autore, che vuole scuoterci nel profondo, come fa lui stesso ogni volta quando scrive, concedendosi ai lettori. “Un tempo per nascere, un tempo per morire. Un tempo per piantare, un tempo per sradicare la pianta. Un tempo per uccidere, un tempo per guarire. Un tempo per distruggere, un tempo per costruire. Un tempo per piangere, un tempo per ridere. Un tempo per gemere, un tempo per ballare. un tempo per scagliare le pietre, un tempo per raccogliere i sassi. Un tempo per abbracciare, un tempo per separarsi. Un tempo per cercare, un tempo per perdere. Un tempo per consevare, un tempo per gettare via. Un tempo per strappare, un tempo per ricucire. Un tempo per tacere, un tempo per parlare. Un tempo per amare, un tempo per odiare. un tempo per la guerra, un tempo per la pace.” — di Lorena Alessandra Urucu, VCL Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org • 13 la “benedizione per il suo vescovo”: ebbene si, non si è definito Papa ma vescovo di Roma, un ulteriore atto di umiltà, con cui già dalla sua prima apparizione si è messo al livello del popolo, a cui ha proposto un cammino da compiere insieme, un cammino basato sulla fiducia, sulla fratellanza e sull’amore per il prossimo, valori che sembrano essere stati dimenticati in primis dalla Chiesa. Ci ha spiazzati, inoltre, la scelta del nome Francesco pur essendo gesuita, il primo della storia. Alcuni lo accostano alla figura del Santo dei poveri, che abbandonò le sue ricchezze per aiutare i più bisognosi, cosa che Jorge amava fare a Buenos Aires. Come lui stesso ci ha detto, infatti, il compito di un pontefice è quello di portare Dio dove non c’è, di agire in prima persona affinché il Suo messaggio arrivi a tutti.. E chissà forse con Papa Francesco si riprenderà la redenzione della Chiesa iniziata da Giovanni Paolo II. 2. — di Martina Musumeci, IIC rubriche diy - do it yourself C iao! L’idea che voglio proporvi in questo numero della rubrica è molto facile e utile per rinnovare un bracciale che magari non indossiamo più! 3. 1) Occorrente: un bracciale rigido, una striscia di stoffa fantasia lunga almeno 80cm e larga più o meno 4cm, colla. 2) Piegare a metà la striscia di stoffa e avvolgerla sul bracciale fino a ricoprirlo tutto. 3) Fermare la stoffa con la colla. 4) ...ed ecco fatto il vostro bracciale della fantasia che preferite! — di Lucia Lanfiuti Baldi, IIID 1. 4. 14 • Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org • 15 Racconti L’avvinazzato I l pub Malvario non era certo un luogo in cui le persone rispettabili andavano a trascorrere il loro tempo libero. La clientela di quel locale era tutto fuorché rispettabile: i più loschi affari vi venivano trattati e molti lo definivano ‘’un postaccio da cui è meglio stare alla larga’’. Korsakov non vi aveva mai messo piede, e nessuno si sarebbe aspettato di incontrarlo proprio lì. Gli studenti avevano avuto il permesso di recarsi al villaggio, quel giorno, e il ragazzo camminò di fronte al pub Malvario per almeno mezz’ora, prima di decidersi ad entrare. Finalmente, trasse un respiro profondo e aprì la porta. Guardandosi intorno con aria nervosa, si accorse che tutti gli sguardi erano puntati su di lui: era giovane, ben vestito, aveva un viso fine ed elegante. Che cosa voleva? Fece finta di niente e, dopo aver sussurrato qualcosa al barista, prese posto in fondo alla sala, sfiorandosi la fronte con la mano sinistra. Un profonda angoscia gli attanagliava l’animo. Bevve un bicchiere di vino dopo l’altro, quasi senza sosta, chiamando di continuo il barista, che, spazientito, gli portò un calice grande come un cesto, in modo da non essere disturbato troppo spesso. Gli effetti dell’ubriachezza si fecero sentire molto presto: ammiccò alle donne presenti nella sala, rivolse la parola agli uomini in una lingua straniera e bevve alla loro salute. Dopo che ebbe svuotato il calice, chiese altro vino al barista, ma quello si rifiutò di portargliene ancora, perché aveva bevuto fin troppo (e il signor Malvario in genere non si curava della salute dei clienti). Korsakov inizialmente si infuriò, poi qualche lacrima gli bagnò il viso e implorò l’uomo di farlo bere ancora. ‘’Ti prego, solo uno, un altro e basta’’. Ma poiché le sue parole non sortivano alcun effetto sul barista, si rassegnò. Si mise a piangere, maledicendo sua madre e invocando il nome della sua fidanzata, che amava ancora alla follia e che non riusciva a dimenticare. Dieci minuti più tardi, il giovane era ancora scosso dai singhiozzi e sussurrava con voce disperata, senza trovare pace, e non si accorse della presenza di Sonia nel locale finché lei non corse da lui, chinandosi al suo fianco. Udita la voce della sua amata, immediatamente scostò le mani dal capo, alzò lo sguardo e si voltò verso di lei, senza credere ai propri occhi. Era lì, vicino a lui. Il suo amore, l’unica donna della sua vita. Il suo sguardo era carico di emozione ma allo stesso tempo dubbioso, poiché non sapeva che cosa avesse spinto la ragazza a raggiungerlo, e soprattutto, come comportarsi con lei. Attendeva quell’incontro da molto tempo, ma non si era mai preparato nessun discorso. ‘’Sonia’’ mormorò con voce fioca, prendendole la mano. Poi improvvisamente la ritrasse, e ricominciando a piangere le disse, con tono risentito, ma che lasciava trasparire una certa speranza: ‘’Sei venuta a ridere delle mie disgrazie?’’. Non aveva perso la capacità di formulare frasi dotate di senso, ma si esprimeva con una voce che non sembrava la sua, e muoveva il capo senza criterio. Teneva lo sguardo rivolto verso il tavolo, ma 16 • Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org di tanto in tanto lanciava un’occhiata al volto della ragazza, per osservarne le reazioni. Gli era giunta voce che non aveva esitato a frequentare altri ragazzi e la cosa lo faceva andare in bestia, ma non lo dava a vedere. Deglutì e afferrò il bicchiere, ma quando realizzò che era vuoto batté il pugno sul tavolo. Annuì con il capo e un sorriso divertito attraversò per un breve istante il suo volto, che si contrasse subito dopo in una smorfia di dolore. ‘’Tu non capisci’’ disse, scuotendo la testa. ‘’Tu mi hai dimenticato, e anche piuttosto bene devo dire’’ alludendo alle vicende sentimentali in cui Sonia era stata coinvolta negli ultimi mesi. ‘’Ma io... come posso dimenticarti?’’ chiese, scuotendo la testa. ‘’Io ti amo. E non posso farci niente. Io amo i tuoi capelli, le tue mani, il tuo respiro, il tuo sorriso, la tua voce, e potrei andare avanti fino a domattina. Tu sei onnipresente nei miei pensieri, quando vado a lezione, perfino quando dormo. Non c’è mai stata una notte in cui io non ti abbia sognata. Ogni giorno, ogni ora, io penso a te, e a nessun altra persona. E nessuno potrà farmi sentire meno solo, nessuno potrà cancellare il mio dolore’’. Scoppiò nuovamente in lacrime, reggendosi la fronte con la mano sinistra e rovesciando il suo bicchiere, che cadde sul pavimento, andando in mille pezzi. ‘’Ti faccio pena, non è così?’’ chiese, con uno scatto d’ira. ‘’Non è così??’’ ripeté con una furia quasi terribile, facendo girare tutti i clienti del locale. ‘’Cosa importa a te del mio dolore?’’ I tuoi amichetti sono sempre pronti a consolarti, vero?’’. Si girò improvvisamente verso il resto della locanda e disse a gran voce. ‘’Che avete da guardare? Altro vino, messer! Adesso! Io sono un nobile e devi obbedirmi, mi hai capito? Obbedisci, servo, o pagherai caro quest’affronto!’’. Lanciò qualche moneta contro il bancone, rischiando di rompere qualche bicchiere. Tutti rimanevano muti e immobili, e lo osservavano con compassione. Tossì ripetutamente e tornò ad osservare Sonia. ‘’Non vedi come mi sono ridotto? Io sono questo senza te’’ disse, con sguardo assente. ‘’Signori, io amo Sonia Nott! E la amerò per sempre!’’ urlò. Cosa vuoi che faccia per dimostrarti il mio amore? Vuoi che mi spogli, che rompa tutti i bicchieri di questo locale, che mi metta a ballare sul tavolo, che ammazzi tutti i presenti? Perché io lo farei per te, mia signora, mia dea’’. Nel frattempo, il barista si era avvicinato al suo tavolo. ‘’Signore, il locale chiude’’. Riportato bruscamente alla realtà, Korsakov si voltò: gli altri clienti stavano uscendo, uno dopo l’altro, e di Sonia Nott, in quel locale, non era entrata neanche l’ombra, a patto che lei fosse mai esistita. — di Omar El Debuch, IIIC