Visualizza il VII num. di "Vox Kantis"

Transcript

Visualizza il VII num. di "Vox Kantis"
Giornalino d’Istituto Immanuel Kant
Vox Kantis
Numero VII • Marzo 2013
cronaca
interna
progetto comenius
cronaca esterna
intervista a
rubrica
we can do it - io l’otto
oggi, anche domani
la poesia nel cuore di roma
disegno di sara camponeschi, IIIC ©
luca zingaretti
EDITORIALE
all’interno
04Cronaca Interna
Comenius
06Cronaca Interna
Premiazioni
06Cronaca Interna
Giornata con la Protezione Civile
07 Cronaca Esterna
Senza Memoria non c’è Futuro
08Cronaca Esterna Intervista a Luca Zingaretti
10Cronaca Esterna Liberi da cosa? La scuola, il futuro
della memoria
10Cronaca Esterna Elezione del Papa
11Rubriche
DIY - Do It Yourself
13Rubriche
Se non ora quando, Kant?
14Rubriche
Diverso da chi?
15Recensione
11 Minuti, di Paulo Coehlo
Siamo arrivati a Marzo con il terzo numero di questa nuova
edizione del Giornalino Scolastico, e vorrei ringraziare tutti
per il supporto che ci avete dimostrato. Più di tutto, voglio
ringraziare tutti coloro che ci hanno fatto i complimenti per
la nuova grafica.
Troverete questo numero, probabilmente, un po’ più “leggero” dei precedenti. Purtroppo, la causa è dovuta al periodo dei campi scuola, che hanno visto coinvolta parte della
Redazione, e l’avvicinarsi dei pagellini. Tuttavia, tengo particolarmente a sottolineare alcuni articoli: Arianna Antonelli,
del IIA, ha avuto l’occasione di intervistare l’attore Luca
Zingaretti, che si è prestato gentilmente a rispondere alle
sue domande, e a noi ha dato la possibilità di pubblicare la
sua intervista. Per questo, lo ringraziamo sinceramente.
Inoltre, nella Rubrica “Se non ora quando, Kant?”, Giulia
Massimini ci parla dell’iniziativa che ha visto protagonista
anche la nostra scuola qualche settimana fa, in onore delle
donne, l’8 Marzo.
Personalmente, invece, tengo a sottolineare l’articolo
riguardante il Comenius, il progetto Europeo a cui il Kant ha
partecipato, non per la prima volta, e che è stata il motivo
per cui, per una settimana, avete potuto notare la presenza
di Inglesi e Tedeschi nella scuola.
Andreina Cecchini, VCL.
Direttrici
Andreina Cecchini, VCL
Lorena Alessandra Urucu, VCL
Redazione
Lucia Lanfiuti Baldi, IIID
Giulia Massimini, IIID
Chiara De Felici, IIC
Martina Musumeci, IIC
Alice Casalvieri, IIC
Jessica Andracchio, IIICL
Giulia Di Censi, IID
Omar El Debuch, IIIC
Edoardo Speranza, IA
Camilla Ferraro, IA
Arianna Antonelli, IIA
Vanessa Barbuto, IIA
Professore referente
Salvatore Alessi
16 Racconto L’avvinazzato
2 • Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org
Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org • 3
cronaca interna:
progetto comenius
P
rendete tre Paesi
diversi. Prendete dei
ragazzi che non si
sono mai conosciuti.
Date loro un input, un
lavoro da svolgere e una data. Loro
vi daranno in cambio voglia di
fare, vita, risate, voglia di conoscersi e affrontare il mondo insieme.
Questo è il Comenius, questa è
stata l’esperienza del laboratorio teatrale della nostra scuola.
Questa, soprattutto, è stata la
settimana dal 3 al 9 Marzo, che
ha visto protagonisti studenti
dall’Inghilterra, dalla Germania e
dall’Italia, e l’eccezionale partecipazione di un ragazzo francese.
Un’avventura iniziata a Dicembre,
a Berlino, e che ha visto il suo
proseguimento qui a Roma.
In Germania l’argomento era stato
il Muro. Divisi in Workshop, in
una settimana abbiamo prodotto uno spettacolo unico. Il Muro
è diventato un filo che divideva
l’amore di due giovani, il rumore
delle sedie che cadono, una scenografia, il disegno sulle borse
realizzate dai ragazzi di Arte. “We
can be heroes” di David Bowie
che aleggiava come sottofondo.
E ci siamo sentiti tutti un po’ eroi,
in quei giorni. Perché non era il
nostro mondo, neanche per chi
era abituato a quell’ambiente
4 • Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org
scolastico. Abbiamo imparato a
condividere e a vivere insieme, ad
affrontare le sfide, ad abbattere le
differenze imposte dalla cultura e
dalla lingua. E siamo tornati aspettando con ansia di poter rivivere
quell’esperienza.
Words”.
E così il “viaggio” a Roma è iniziato, con chi si conosceva già e
chi si è incontrato per la prima
volta. Il primo Lunedì il Coro del
nostro Liceo ha dato il benvenuto ai nostri ospiti, assieme ad
un intervento del Preside e del
Presidente dell’VIII Municipio. Poi,
ognuno è stato assegnato al pro-
Ad aprire lo spettacolo c’era il
gruppo di Performance, che,
per mezzo del proprio corpo, ha
riprodotto le parole “Box of Words”
e “Comenius”. Successivamente,
si è esibito in due diverse scene
che mettevano in risalto la difficoltà di comunicazione tra persone che parlano lingue diverse,
e, al contrario, la somiglianza tra
i versi ed i gesti che utilizziamo. Il
gruppo di Musica ha contribuito
con tre esibizioni: “Somebody that
I used to know”, di Gotye, assieme
prio Workshop e, separatamente,
abbiamo lavorato allo spettacolo
messo in scena il Venerdì successivo, al Teatro Centrale Preneste. Il
tema, questa volta, è stato “Box of
al gruppo di Danza, un’esibizione
utilizzando bacchette e sedie, e
l’esecuzione della canzone “Mr.
Elf”, scritta dal gruppo di Text utilizzando le parole più riccorrenti
apparse nella Scatola delle Parole,
riempita da ognuno di noi.
Il gruppo di Danza si è anche
esibito sulle note di “Try” di Pink,
mentre sullo sfondo era possibile vedere il video realizzato dal
gruppo di Media. Video successivamente caricato sulla piattaforma
di Youtube, sotto il titolo “Try - P!nk
(Comenius Rome 2013)”.Lo spettacolo si è chiuso con un video ricco
di foto della settimana appena
conclusasi.
Sette giorni entusiasmanti, faticosi, esasperanti e meravigliosi. Sette
giorni che hanno lasciato ognuno
di noi un po’ più consapevoli di sé,
di quello che si ha e di quello che
non ci appartiene. Il “diverso” che
entra a far parte del nostro essere,
che ci arricchisce, senza che nes-
suno se ne accorga davvero.
Ma il Comenius non finisce
qui, continua. Prossima tappa:
Rochester.
— di Andreina Cecchini, VCL
Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org • 5
premiazioni
Q
uest’anno, il nostro nuovo Preside
Giovanni Infantino,
ha voluto premiare le
eccellenze nelle varie attività portate a termine quest’anno nella
nostra scuola. Per prima cosa ha
consegnato, affiancato dal professor Alessi, degli splendidi attestati
ai partecipanti al giornalino scolastico Vox Kantis, il cui numero
relativo a febbraio 2012 ha vinto
il primo posto in un concorso per
giornalisti in erba. Dopodiché
sono stati consegnati gli attestati
per le certificazioni linguistiche di
francese (Delf ) e di inglese (Pet e
cronaca esterna:
First). Infine sono stati premiati i
cinque ragazzi che hanno vinto
una borsa di studio per New York
per aver raggiunto i primi posti
nel progetto NMUN. In conclusione delle celebrazioni abbiamo
visto un video realizzato dalla 5CL,
di cui alcuni sono stati premiati
con attestati per le migliori interpretazioni femminili, la migliore
sceneggiatura ecc..
Il Preside si è mostrato veramente
molto orgoglioso di noi studenti
e ci ha confessato di aver insistito affinché le premiazioni delle
eccellenze siano messe sempre
più in rilievo, promettendoci che
a breve si terranno nuove celebrazioni per premiare le restanti attività, così da spingerci a partecipare
più attivamente anche solo per
mettere noi stessi alla prova, per
vivere in modo meno passivo la
scuola. Sicuramente siamo fortunati perché nel nostro liceo, contrariamente a molti altri, vengono
organizzate attività di ogni genere
a cui siamo in molti modi incoraggiati a partecipare. Quindi mettiamoci all’opera!
— di Martina Musumeci, IIC
Una giornata
con la protezione civile
I
l giorno 19 Febbraio,
alcune classi terminali
– 5BL, 5CL, 3B, 3C –
hanno avuto la possibilità di assistere ad una lezione
indetta dalla Protezione Civile. La
prima fase è stata per lo più teorica. In circa un’ora e mezza, ci è
stato spiegato in quale modo un
incendio si propaga in un luogo
chiuso e fino a quando si può
intervenire. A questo proposito,
ci sono anche stati mostrati gli
oggetti a disposizione in ogni
luogo pubblico e il modo migliore
per intervenire nel caso qualcuno
abbia perso i sensi.
Tuttavia, la parte più interessante
è stata quella che si è svolta nel
cortile della scuola. Qui, le classi sono state divise in tre differenti gruppi e ad ogni gruppo è
stata assegnata una postazione
diversa. Lo scopo era quello di
simulare l’estinzione di un incen-
6 • Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org
dio o di spegnerne uno realmente.
Infatti, in una delle postazioni, è
stato acceso un fuoco e, a turno,
ogni alunno ha avuto la possibilità di spegnerlo utilizzando un
estintore a CO2. Nelle altre postazioni, nel frattempo, ci si cimentava nell’utilizzare una pompa ad
acqua o la coperta ignifuga.
Questa seconda parte della giornata è stata per tutti la più entusiasmante e la più interessante. Non
solo ricevere informazioni direttamente da membri della Protezione
Civile, i quali si sono dimostrati
aperti ad ogni domanda e hanno
saputo relazionarsi al meglio con
i ragazzi, è stato educativo, ma
avere la possibilità di interagire
direttamente con dei mezzi veri
ha attirato di più l’attenzione di
ognuno di noi. Infine, la lezione,
che ha visto unirsi l’utile con il dilettevole, è terminata con l’arrivo
della Vicesindaco Sveva Belviso, la
quale ha ringraziato tutti della collaborazione e ha avuto piacere nel
condividere la propria opinione
riguardo l’importanza di informare
ragazzi della nostra età.
— di Andreina Cecchini, VCL
SENZA MEMORIA
NON C’E’ FUTURO
V
alerio Verbano, diciannove anni, tifoso della
Roma, amante delle arti marziali, era appassionato di fotografia e attraverso i suoi scatti
documentava gli eventi politici dei suoi anni
che seguiva con profondo interesse. Liceale, militante del
collettivo autonomo di Archimede, era un tenace antifascista il cui nobile entusiasmo ideologico è stato a lui fatale.
Il 22 febbraio del 1980 tre ragazzi, fingendo di essere amici
di Valerio, sono accolti in casa dai suoi genitori, ignari della
tragedia che stava per consumarsi. Appena entrati, immobilizzano padre e madre del giovane antifascista che tornato da scuola è immediatamente assalito dai tre aggressori; tenta di fuggire dalla finestra dell’appartamento, dopo
essere riuscito a liberarsi dalla violenta colluttazione, ma
un colpo di pistola lo raggiunge alla schiena e muore.
L’azione verrà rivendicata dai Nuclei armati rivoluzionari
(NAR), gli stessi terroristi sui quali aveva raccolto un copiosa documentazione, frutto di una sua personale indagine
sull’estrema destra romana, con la quale aveva redatto
un accurato dossier con nomi, legami con apparati statali
e fotografie dell’eversione nera capitolina, rivelandone
così la collusione con la criminalità organizzata e citando
inevitabilmente nomi appartenenti alla famigerata e sanguinaria Banda della Magliana. Il prezioso fascicolo di
Verbano fu misteriosamente smarrito dopo che nel ‘79 era
stato accusato di fabbricazione di materiale incendiario:
perquisita la sua abitazione, infatti, viene verbalizzato non
solo il sequestro di un’arma da fuoco, ma anche del materiale della sua inchiesta, che inspiegabilmente svanisce nel
nulla e la cui scomparsa è denunciata successivamente
all’omicidio di Verbano dagli avvocati della sua famiglia,
consapevoli della rilevanza della sua indagine. Sarebbe poi
ricomparso il suo fascicolo di inchiesta tra le mani di Mario
Amato giudice che investigava anch’egli sull’eversione
nera e che fu assassinato 4 mesi dopo l’omicidio del liceale
romano, il 23 giugno 1980. Le indagini sono state riaperte
nel febbraio del 2011 dopo oltre 20 anni in cui l’assassinio
di Valerio Verbano è rimasto impunito con l’assoluzione di
tutti gli indiziati per i mancati riscontri delle numerose e
anche contraddittorie informazioni rilasciate dai pentiti
di estrema destra. Valerio non aveva paura, nonostante
fossero anni difficili quelli in cui era cresciuto: gli anni delle
stragi, del terrorismo, della strategia della tensione, degli
scontri in piazza. Nulla lo scoraggiava, nulla poteva intimidirlo o farlo tacere, un esempio, un modello. Ma la sua
storia non è la sola. Neanche Fausto Tinelli e Lorenzo
Iannucci , soprannominato Iaio, diciottenni milanesi frequentatori del Centro Sociale Leoncavallo, restavano indifferenti al drammatico scenario della politica del loro tempo
e furono uccisi da otto colpi di pistola, il 18 marzo 1978 nel
capoluogo lombardo. Secondo gli inquirenti risultò essere
maggiormente attendibile la rivendicazione dei nuclei
armati rivoluzionari, la stessa organizzazione terroristica
di estrema destra che sarà ipotetica carnefice di Valerio
Verbano due anni dopo. Anche Fausto e “Iaio” stavano
investigando sull’estrema destra insediata e operante nella
loro città e conducevano approfondite indagini sul traffico
di eroina e cocaina gestito dalla malavita organizzata con
la quale le realtà fasciste milanesi collaboravano assiduamente. Documentavano le loro inchieste con preziose
interviste, registrate su dei nastri poi scomparsi misteriosamente dopo la loro morte. Il caso dei due milanesi fu
archiviato nel ‘99 per insufficienza di prove nei confronti
degli accusati Massimo Carminati, Claudio Bracci e Mario
Corsi nonostante le sconvolgenti rivelazioni ottenute dai
pentiti di estrema destra e le fotografie ritrovate di Fausto
e Iaio e dei loro funerali in casa dell’imputato Corsi, perquisita dopo un suo arresto per un aggressione contro militanti di organizzazioni antifasciste. Nel complesso quadro
processuale e investigativo del caso Iannucci e Tinelli la
probabile e tragica connessione con l’omicidio Verbano,
ipotizzata e suggerita dal giudice istruttore Guido Salvini,
rende la cronaca di questi drammatici eventi ancora più
inquietante. Ma scioccante è quanto affermato durante
un’ intervista dalla madre di Fausto in onda su Radio 24 nel
2011, in cui esplicitamente accusa i servizi segreti di essere
i reali mandanti dell’assassinio di suo figlio. Fu lei stessa,
infatti, a dichiarare che la mansarda all’ultimo piano della
loro palazzina, ad un solo civico di distanza dall’edificio in
cui era prigioniero Aldo Moro, era stata presa in affitto da
agenti dei servizi segreti dal gennaio 1978 (notando il continuo via vai di scatoloni e parabole) smentendo quanto
ufficialmente dichiarato dagli stessi i quali sostenevano di
averne usufruito a partire dal giugno ’78. Sotto gli occhi
di Iaio, ma soprattutto di Fausto dunque, si evolvevano le
intricate dinamiche della deviata politica dello Stato che,
sfruttando la manovalanza fascista, iniziava a infiltrarsi
nelle Brigate Rosse, così da manovrare il terrorismo rosso
per assecondare gli infimi fini dell’ormai corrotto e guasto
apparato istituzionale. Sono trascorsi decenni e sembrano
eventi di un’altra epoca, come se la violenza fascista e i
suoi squallidi retroscena di collusione con la parte marcia
dello Stato siano distanti: oramai solo storia. Eppure sono
trascorsi solamente dieci anni da un ennesimo e intollerabile episodio in cui essere antifascisti è una colpa, una
condanna a morte. E’ la tragica notte del 16 marzo 2003
quando il ventiseienne Davide Cesare, per gli amici Dax, e
i suoi compagni uscivano da un bar del quartiere ticinese
Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org • 7
di Milano: ad aspettarli due
neofascisti,armati di coltello, pronti
ad aggredirli, spalleggiati da un
terzo uomo più anziano che si rivelerà essere Giorgio Morbi, 54
anni, padre degli altri due assalitori Federico, 28 anni e Mattia, 17.
Lo scontro è violento e rapido. I
soccorsi tardano ad arrivare sul
luogo dell’aggressione e le numerose pattuglie di carabinieri e polizia
rendono difficoltoso l’intervento del
personale medico. Dax, accoltellato
tredici volte, non ce la farà. Ma la
notte nera di Milano sembra non
avere fine. Gli amici dei ragazzi
aggrediti accorsi immediatamente
all’ospedale S. Paolo dove erano
stati ricoverati, subiscono una
brutale carica da parte delle forze
dell’ordine, che coinvolgerà anche i
pazienti dell’ospedale e l’assistenza
medica. Fatti terrificanti, inspiegabili, aggravati dalle menzogne diffuse dalla cronaca giornalistica che
non diede alcun rilievo alla tragedia
consumatasi per le strade di Milano,
ridotta a una “rissa tra balordi”, quando di trattava di tutt’altro. La storia
si ripete, gli anni Settanta non sono
poi così lontani e ciò che più angoscia è la totale indifferenza al pericoloso continuare a serpeggiare e
insinuarsi, tra le nuove generazioni,
di un male che deve essere estirpato
attraverso il costante impegno nella
diffusione dei valori e dei principi
che dalla gloriosa esperienza partigiana abbiamo ereditato ed è nostro dovere custodire. Il 25 aprile si
avvicina: la Resistenza CONTINUA!
— di Giulia Di Censi, IID
intervista a luca zingaretti
F
Fa sempre una strana sensazione trovarsi
seduti, a pochi centimetri di distanza, da
un attore senza la barriera dello schermo e
soprattutto poterci parlare. L’attore in questione è Luca Zingaretti, impegnato a teatro con lo spettacolo “La torre d’avorio” di cui è regista e interprete
principale.
La piece, basata su una storia vera, affronta il tema del
rapporto tra arte e potere nella figura ambigua e affascinante del direttore d’orchestra Wilhelm Furtwangler,
chiamato a rispondere del suo ruolo di artista nella
Germania hitleriana nel processo di “denazificazione”
condotto dal maggiore americano Steve Arnold. Dialoghi
serrati, in un’altalena di emozioni tra accuse di collusione
criminale e difesa dell’indipendenza dell’intellettuale
dalle vicende politiche, contribuiscono a creare nello
spettatore un senso di incertezza nell’esprimere un
giudizio sulla condotta di Furtwangler.
Un cast di attori straordinario, in cui spiccano l’elegante
autorevolezza di Massimo de Francovich, nel ruolo del
maestro, e la grande forza espressiva di Luca Zingaretti,
in quello dell’ufficiale, rende questa rappresentazione
un appassionante spettacolo che offre molti punti di
riflessione sul tema della responsabilità dell’artista nei
confronti della Storia.
8 • Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org
A fine spettacolo Zingaretti si è gentilmente prestato a rispondere ad alcune domande sull’essere attore
nell’Italia di oggi.
Quali sono i consigli che darebbe ad un ragazzo che vuole
intraprendere la carriera teatrale o cinematografica?
Bè guarda, il mio primo impatto con il teatro è stato a
scuola, nel senso che da bambino - come tutti - mi infilavo sempre nelle recite scolastiche, ma è stato al liceo,
negli ultimi due anni, che ebbi l’occasione di frequentare
un corso di recitazione tenuto da un attore professionista, e lì mi innamorai del teatro. Dopodiché decisi di fare
l’esame per entrare in Accademia. Che cosa voglio dire
con questo, che è importante capire inizialmente se è
una cosa che ti diverte fare così tra amici oppure se è
qualcosa che pensi di poter scegliere come professione.
In secondo luogo, secondo me, è fondamentale cercarsi
una scuola, perché è l’unica cosa che può veramente
consolidare e perfezionare le tue potenzialità ancora
immature, per certi aspetti.
di tutto sia attore teatrale, poi cinematografico, come di
solito avviene in Inghilterra, per esempio. Questa però
è solo una mia opinione, sia ben chiaro (se mi sentono
quelli del Centro Sperimentale, mi strangolano…)
Quali sono stati i maggiori ostacoli che ha incontrato agli
inizi della carriera?
Il mio carattere. Perchè io non sono uno molto indulgente, che fa gruppo, non mi piacciono le public relations... E questo nell’Italia di oggi può rivelarsi un limite.
Per questo motivo, se vuoi avere successo, è molto
importante essere abile nell’intessere rapporti con le
persone.
Lei ha raggiunto il successo con il commissario
Montalbano. Non ha mai
percepito la routine della
serie?
Dunque io sono 13 anni
che ricopro questo ruolo.
Lo faccio ogni due anni
per tre mesi. Questo significa che se lo girassi
oggi, le nuove riprese
inizierebbero nel 2015. A
questo punto in due anni ti riviene la voglia di rifarlo, se
è una cosa che ti piace davvero, ed è proprio per questo
che continuo. E non è una questione di soldi o contratti,
io smetterei subito il giorno in cui non mi divertisse
più. Poi la serie l’hanno mandata in onda chissà quante
volte, quindi sembrano tantissime puntate, in realtà ne
abbiamo girate solo 24.
L’ interpretazione che più mi ha colpita è stata quella
di Giorgio Perlasca. Com’è stata la sua preparazione a
ricoprire questo ruolo e cosa le ha lasciato?
Senti, io diffido di colleghi che dicono: “ah ho fatto
San Xy e ho visto la Madonna”. Penso che la storia
dell’immedesimazione sia una grande stupidaggine,
però è anche vero che se vai a interpretare un personaggio che è realmente esistito, entri in contatto con
l’energia che quella persona ha emanato. Quindi nella
maggior parte dei casi si rivela un’esperienza di vita e se
la persona che porti sullo schermo è straordinaria come
quella di Perlasca, allora ti lascia dentro tanti spunti di
riflessione.
assolutamente un mio sogno.
E il regista, sempre straniero, con il quale le piacerebbe
lavorare?
Bè ce ne stanno talmente tanti… Di quelli di una volta
Martin Scorsese, ma quello degli anni ’70-’80. Mentre di
quelli proprio moderni Sam Mendes.
Quali sono, invece, i programmi per il futuro? Ha mai pensato di passare dietro la macchina da presa?
Adesso sto provando a scrivere un film di cui curerò
anche la regia.
Dal dopoguerra fino agli
anni ’70 eravamo sempre noi italiani a vincere
agli Oscar, ai festivals
di Cannes e di Venezia,
mentre ora questi riconoscimenti si fanno sempre più rari. Alla luce di
tutto questo, che cosa ne
pensa del cinema italiano
di oggi?
Credo che ciò che renda
grande un cinema sia la
statura delle persone che se ne occupano. All’epoca
c’erano tanti intellettuali: scrittori, autori, grandi registi e grandi visionari, che provenivano dalla miseria e
dalla guerra e quindi avevano grande voglia di vivere,
di lavorare. Adesso mi sembrano tutti degli impiegati,
persone che raccontano storie solo commerciali. Sono
veramente pochi a salvarsi: Luca Guadagnino, che ha
diretto un gran bel film “Io sono l’amore”, Paolo Virzì, ma
due giovani registi che secondo me hanno una marcia in
più rispetto ad altri sono Sorrentino e Garrone, autentici
fuoriclasse con uno stile originale che li distingue.
— di Arianna Antonelli, IIA
Le piacerebbe lavorare in una grande produzione hollywoodiana?
No, però, certo, se mi chiamano, io accetto, ma non è
Lei fino ad ora ha parlato dell’Accademia, ma che cosa ne
pensa del Centro Sperimentale? Può essere una scuola
adeguata?
Io farei l’Accademia, perché credo che un attore prima
Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org • 9
LIBERI DA COSA? LA SCUOLA: IL
FUTURO DELLA MEMORIA
A
Anche nel secondo conflitto mondiale l’Italia,
come già aveva fatto in precedenza, entrò un
anno dopo. Credeva forse di raccogliere le
briciole di ciò che stava facendo la Germania,
ma poi gli eventi sono andati in un’altra direzione.
Un altro volta faccia e lo stivale si ritrovò al fianco dei
nuovi vincitori, stravolgendo le vite di chi l’aveva ridotta
in quelle condizioni.
Così noi, oggi, ci troviamo a festeggiare ogni anno, il 25
aprile, la Liberazione. Liberi. Finalmente e nuovamente
liberi. Ma da cosa?
Allora fu dal Fascismo e oggi? Siamo così liberamente
attaccati alle nostre convinzioni ed imprigionati dalle
stesse, certamente non senza subire continuamente ed
assaggiare quella condizione che ci vorrebbero imporre.
Il 25 aprile è solo uno dei tanti simboli, una data tra le
tante della storia italiana che molto spesso trascuriamo,
senza, tra l’altro, comprenderla a pieno.
La libertà, seppur sempre più monca, è stata duramente
conquistata e persone hanno donato la loro esistenza
per avere quelle briciole che noi oggi possiamo beccare. Delle vite innocenti sono state duramente troncate.
D’altra parte è il prezzo che l’uomo ha stabilito per rendersi conto di quanto la sua cruenza oltrepassi i confini
del regno animale.
Diventa doveroso ricordare, perché ciascuna data ha
la sua importanza. Così ci stiamo impegnando come
scuola, attraverso l’Associazione K.A.N.T., ad organizzare,
come già e stato fatto ed apprezzato, una festa in piazza.
Dopo aver ottenuto il permesso per l’occupazione del
suolo pubblico nella zona di Tor Pignattara, abbiamo
iniziato a darci da fare per l’organizzazione.
Quest’ anno noi, padroni di casa, pur affiancati da diversi
licei: Amaldi, Benedetto da Norcia e Levi Civita, intendiamo offrire un evento che ci faccia non solo ricordare il
elezione del papa
L’
11 febbraio aveva fatto scalpore la notizia
delle dimissioni del Papa Benedetto XVI per
il 28 dello stesso mese. Un evento storico da
fissare nella nostra memoria poiché era dal
1200 che non accadeva nulla del genere. Si era definito
ormai non piú capace di portare avanti il compito a lui
assegnato. Ebbene, dopo 12 giorni senza una vera e propria autorità ecclesiastica, il 12 marzo sono giunti da ogni
parte del mondo un centinaio e poco più di cardinali per
il conclave per la nomina del nuovo Papa. Dopo ben 4
fumate nere, finalmente alle 19.06 del 14 marzo, nella
gremita piazza di San Pietro abbiamo assistito alla fumata
10 • Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org
passato ma anche il presente.
Attraverso un percorso guidato tra le strade di Tor
Pignattara e Centocelle, si vedranno i luoghi più significativi della Resistenza romana. Aspettando con impazienza
nuovi artisti che si vogliano concedere al pubblico, si ha
in mente di poter allestire un concerto, intervallato da
vari interventi. Si allestiranno degli stand che illustreranno non solo la storia della resistenza, attraverso foto,
disegni e tutto ciò che può produrre la vostra fantasia,
ma ci saranno anche quelli che illustreranno le attività
scolastiche, come simbolo di una resistenza continua ed
attuale.
Inoltre, per i più affamati, ci sarà anche la possibilità di
acquistare, sempre negli stand, qualcosa per calmare la
nostra fame, non solo di sapere.
Dulcis in fundo, c’è anche la possibilità di partecipare ad
un concorso che prevede, ebbene sì, anche dei premi.
“I nostri territori e la nostra storia” è un concorso fotografico che intende testare la fantasia e vedere in modo
i nostri fotografi ci possono mostrare, attraverso uno
scatto, la loro storia e il territorio.
Allora perché non mettervi in gioco? Forse asfissiati dalla
pigrizia e allettati da altre alternative, con la loro importanza, non ci accorgiamo che la scuola è il futuro della
memoria. La scuola siamo noi e forse questa è ancora
un’altra occasione per dimostrare, aiutati da genitori ed
insegnati, quanto essa ci appartenga nel profondo.
Non è solo luogo di apprendimento, per quanto alcuni lo
facciano sembrare tale attraverso la rigidità e il toglierle
l’importanza. Ci accompagna per la maggior parte della
nostra vita e nulla sarebbe lo stesso senza la scuola.
— di Lorena Alessandra Urucu, VCL
bianca. E cosi, contro i pronostici, ha fatto la sua entrata
in scena il nuovo Papa Jorge Mario Bergoglio col nome
di Francesco. I bisnonni erano piemontesi, ma i nonni si
trasferirono in Argentina, dove lui stesso nacque 76 anni
fa. Papa Francesco ha subito colpito per la sua semplicità:
come ci riferiscono persone a lui vicine, a Buenos Aires,
città di cui Jorge era arcivescovo, si spostava in metropolitana, con cui si è spostato anche venendo qui a Roma
e viveva in un piccolo appartamento dove faceva tutto
da se. Inoltre ha colpito l’umiltà con cui la prima sera,
affacciandosi dalla loggia papale, dopo la preghiera per
il vescovo emerito, col capo chino ha chiesto al popolo
se non ora quando, kant?
we
can
do
it
IO L’ OTTO OGGI, ANCHE DOMANi
O
ggi mi propongo una
sfida difficile,per alcuni
pretenziosa: darti la mia
risposta a quella fastidiosa e ormai usuale provocazione
che ogni anno, con l’avvicinarsi della
data dell’8 marzo (l’erroneamente
chiamata “festa delle donne”, il travestito zimbello di un’assurda tragedia, l’odiosa pantomima di una
tragica ricorrenza) sorge sempre più
su larga scala sulle bocche dei più
insolenti o (spero) dei più malinformati: perché dovrebbe esserci una
“festa” delle donne?
All’inizio avevo pensato a un articolo che trattasse dettagliatamente e
spiegasse con precisione gli eventi
per cui è nata la “Giornata internazionale della donna”, perché così,
udite udite, si chiama. Poi però la
mia mente ha divagato e ho deciso
di tentar altro… Ovvero rispondere
sul perché oggi e domani e dopo
domani ancora ha e avrà sempre
senso celebrare questa ricorrenza.
Mi sono sorpresa a leggere condiviso su Facebook, non solo da ragazzi
ma anche da ragazze, post del tipo
“E’ la festa della donna, non della
zoccola”, con un aitante spogliarel-
lista sullo sfondo.
Per un secondo non mi sono scomposta, dalla non proprio secolare
conoscenza che ho di questo social
network, ho notato facilmente che
il sarcasmo estremo e lo scetticismo
più demenziale siano di tendenza.
Poi però, permettimi la scurrilità,
userei mezzi termini, ma preferisco
una descrizione realista, mi sono
incazzata. Voglio dire… mi bastano
già gli altri 364 giorni per sorbirmi spot arroganti, link osceni, foto
scandalose, post irrispettosi, programmi tv sudici, uscite misogine di
leader politici, presentatori televisivi allupati, annunci di donne strangolate, che da carne da macello
per strada diventano la carne fresca
da dare in pasto a qualche iconico
talk show dove la Barbara d’Urso
di turno guadagna un milione a
lacrima. Voglio dire, perché, perché
anche in questo giorno? Perché?
Mi bastano gli altri 364 giorni in cui
vale la legge tribale secondo cui se
una donna è famosa è perché è una
“zoccola”, se una donna è in politica
è perché è una “zoccola”, se una
donna è in carriera è perché è una
“zoccola”, se una donna è bella è
anche una “zoccola”, se una donna
è in minigonna è anche una “zoccola” etc… Invece no, anche l’8 marzo
l’indice accusatorio si alza e addita
deciso la donna, a ricordarle di non
sentirsi troppo libera in questo giorno, a ricordarle che le ammuffite
categorie mentali della società non
sono in ferie in questa giornata e
sono pronte a inquadrarla e a giudicarla come sempre: “Donna, ricordati che non è la festa della zoccola”. Ma la pillola più amara da
ingoiare è il fatto che a dirlo,con
quell’ innocente post, in vari casi, è
proprio una donna, poiché ormai,
come sostiene la Zanardo (la formidabile autrice del “Il corpo delle
donne”):“ La colonizzazione del
nostro immaginario ha significato
non saper più distinguere i nostri desideri più profondi e oggi ci
osserviamo l’un l’altra come pensiamo ci guarderebbe un uomo.”
Abbiamo imparato a scrutarci e a
spiarci con gli occhi degli uomini,
ma questa considerazione è tanto
amara quanto impossibile da trattare in così poche righe, nonché
troppo distante dalla questione che
ho deciso di sviscerare: ricordare
Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org • 11
perché è importante ricordare l’8
marzo, ricordare perché è importante ricordare.
Perciò non perdiamoci inutilmente
in altri superflui preamboli e arriviamo ai motivi. Motivi… non so se
motivi ne ho, so per certo che qualcosa ho e preferirei non averla: ho
79 Paesi che non hanno leggi contro la violenza domestica e ne ho 54
che hanno leggi che discriminano la
donna. So che ho un secondo ogni
quindici negli Usa in cui una donna
viene picchiata e che sempre lì ho
45 - 50 mila tra donne e bambine
vendute all’anno. So che in Europa
ho 500 mila donne vittime della
prostituzione e che… Ho 25 mila
casi di stupro all’anno in Francia, in
cui solo 8 mila vengono denunciati
alla polizia. Ho 2000 casi in Gran
Bretagna di violenza fisica e sessuale contro collaboratrici domes-
tiche. Ho 14 mila donne in Russia
che vengono uccise da partner o
familiari. So che ho più donne in
Italia che muoiono per violenza che
per tumore o incidente stradale.
Ho una bambina su sei in Cina che
viene, subito dopo il parto, uccisa o
abbandonata. So che in Bangladesh
ho che il 50% di tutti gli omicidi sono
casi di mogli uccise dai mariti. Ho
più di 1.000 donne in Pakistan che
sono vittime di «crimini d’onore».
Ho uno stupro ogni 15 minuti in
India, ogni 23 secondi in Sudafrica.
La pagina arriva alla fine e io non
ho finito, e io non posso finire, nonostante tutto questo dovrebbe solo
finire. La pagina arriva alla fine e io
non ho fatto in tempo a spiegarti
perché bisogna ricordare l’8 marzo,
perché ricordare quel giorno. E il
punto è che non basta… no, non
dico la pagina. Non basta quel gior-
diverso da chi?
SESSO GAY IN VATICANO.
S
esso gay in Vaticano, l’ex teologo tedesco
David Berger porta alla luce i lati nascosti
della Chiesa tra saune e cruising: “La pratica
omosessuale è consolidata e inconfessabile”.
Ex teologo tedesco, David Berger viene allontanato
dall’insegnamento nel 2010, dopo il suo coming out e la
pubblicazione del libro La sacra apparenza, un teologo
gay nella Chiesa cattolica. Negli anni in cui ha vissuto a
Roma, lo scrittore ha indagato ed esplorato la scena gay
locale incontrando preti e “monsignori”.
Secondo lo scrittore è questa una delle cause delle dimissioni di Papa Ratzinger: “Benedetto XVI avrà probabilmente saputo di qualche episodio. Alcuni scandali erano
noti ai suoi intimi e anche di dominio pubblico. Ma mai,
credo, il papa si sarebbe aspettato un fenomeno di tali
dimensioni. Per lui sarà stato uno choc.”
Se per l’ex Papa scoprire la verità sulle abitudini notturne
del Vaticano è stato uno choc, per Berger non è stato così
sconvolgente: “Quello che ho potuto vedere in sette anni
di soggiorno a Roma era più che altro, semplicemente,
la pratica diffusa dell’omosessualità. Non dichiarata, ma
palese. E nemmeno legata al desiderio di fare carriera in
Curia.”
L’ex teologo entra nei particolari spiegando le dinamiche:
“In Vaticano mi capitava spesso di essere avvicinato per
12 • Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org
no. Non basta solo quell’8 marzo
per “ricordare”, e forse non bastano
nemmeno quegli altri 364 giorni
e quelli dopo ancora. Per questo ti
chiedo aiuto: ho bisogno dei tuoi
altri 364 giorni, i tuoi 364 giorni, per
tutta la vita. Ho bisogno di loro per
ricordare e non solo. Ho bisogno
di loro perché, ecco, presto tu leggerai l’ultima lettera di questo articolo e ci sarà solo bianco, dopo. Così
voglio immaginare che un giorno
vi sia l’ultima donna vittima di violenza e dopo, niente rosso, niente
sangue, solo bianco, il bianco del
suo sorriso.
— di Giulia Massimini, IIID
sregolata del Vaticano: “Benedetto XVI ha un’enorme
queste loro tendenze nell’estetica. Magari non sono
neanche consapevoli della loro natura.”
David Berger parla anche del nuovo Papa Francesco e
del suo rapporto con l’omosessualità: “Sa spendersi per
i poveri, gli emarginati, i bambini sofferenti e malati. In
questo, papa Francesco è davvero grande. Ma sui gay
può essere ancora più pericoloso di Ratzinger.”
paura, quasi il panico, degli omosessuali. Per lui deve
essere stato uno choc. Una profanazione inimmaginabile. Questa sua omofobia è il frutto di un tabù. Una chiusura totale a una realtà mai accettata e forse neanche
concepita.”
Ratzinger era “Un ragazzo fragile, dicono. Molto delicato, sensibile. In privato, c’è chi concorda nell’attribuirgli
chiare tendenze omosessuali. Questo, voglio sottolinearlo, non vuol dire essere gay. Molti sacerdoti sublimano
— di Jessica Andracchio, IIICL
recensioni
UNDICI MINUTI, Paulo Coehlo
avere “contatti” con i religiosi. E poi c’erano i monsignori,
ognuno con il loro segretario, il loro autista, il loro aiutante personale. Spesso giovane e latino-americano [...].
La sera frequentavo i luoghi gay della capitale e non di
rado mi imbattevo in religiosi.”
Gli incontri avvenivano in saune, locali e parchi: “Mi
ricordo bene degli incontri fatti all’Hangar, un locale
gay di Santa Maria Maggiore. E, all’aperto, nel parco di
Monte Caprino, vicino al Campidoglio. I romani sapranno
bene di cosa parlo.” Il parco in questione, che il sindaco
Alemanno ha chiuso nel 2009, era un luogo dove etero
e gay si ritrovavano per organizzare incontri sessuali
occasionali.
Ci si andava per fare conoscenza, talvolta anche sesso.
Attraeva molta gente.
“Da lì, un giorno sono anche finito in un appartamento
di Monte Mario. Era una casa di cui ogni religioso aveva
la sua chiave. C’era un via vai: si entrava e si usciva, senza
impegno.
In Vaticano, la pratica omosessuale è consolidata e inconfessabile, anche se è molto più frequente rispetto alle
sedi periferiche. Dubito che il pontefice si fosse reso
conto di un fenomeno di tali proporzioni.”
Berger parla anche del vecchio Pontefice, Ratzinger,
che molto probabilmente ha deciso di abbandonare la
guida della Chiesa proprio per colpa della vita notturna
“A
lcuni libri ci fanno sognare, altri ci portano la
realtà - ma nessuno di
essi può sottrarsi alla
cosa più importante per un autore:
l’onestà con cui scrive”.
Così inizia “Undici minuti”, scritto dal
brasiliano Paulo Coelho. Il romanzo
continua: “C’era una volta una prostituta di nome Maria. [...] “C’era una
volta” è la frase migliore con cui
cominciare una storia per bambini,
mentre “prostituta” è una parola
“per adulti.”
Maria, la protagonista, ha come obiettivo l’amore perché senza non
potrebbe essere nulla. Il nome è
forse completamente in contrasto
con la storia (vera) della protagonista , che però rimane pura solo nel
cuore.
Lei è una ragazza brasiliana che
vuole una vita diversa, migliore.
Così, affascinata da questo miraggio, giunge nel Vecchio continente,
precisamente a Ginevra. Convinta di
dover fare la ballerina di samba, in
realtà finisce per doversi concedere
ai più disparati personaggi. Con
schiettezza e alcune volte durezza
alternata a dolcezza: Coehlo riesce
a raccontare i vari incontri di Maria e
di presentarci la sua persona nel sua
intimità di essere umano.
Quello che la ragazza scopre, oltre a
se stessa, è che le persone, seppur
con le loro fissazioni, hanno bisogno di attenzione e cura e forse, al di
sopra di ogni cosa, di essere amate.
Ma è così facile donarsi completamente agli altri? Ebbene Maria lo
scoprirà. E capirà quanto si deve
ancora riappropriare delle sue
emozioni, senzazioni e sentimenti.
E sarà un pittore a rendersi conto
di cosa nasconde lei e se stesso, ma
soprattutto di cosa sono entrambi.
Così, attraverso il presente punto di
vista di Maria, attraverso le pagine
del suo diario, conosciamo anche e
forse soprattuto l’autore, che vuole
scuoterci nel profondo, come fa lui
stesso ogni volta quando scrive,
concedendosi ai lettori.
“Un tempo per nascere, un tempo
per morire.
Un tempo per piantare, un tempo
per sradicare
la pianta.
Un tempo per uccidere, un tempo
per guarire.
Un tempo per distruggere, un
tempo per costruire.
Un tempo per piangere, un tempo
per ridere.
Un tempo per gemere, un tempo
per ballare.
un tempo per scagliare le pietre, un
tempo per
raccogliere i sassi.
Un tempo per abbracciare, un
tempo per separarsi.
Un tempo per cercare, un tempo
per perdere.
Un tempo per consevare, un tempo
per gettare via.
Un tempo per strappare, un tempo
per ricucire.
Un tempo per tacere, un tempo per
parlare.
Un tempo per amare, un tempo per
odiare.
un tempo per la guerra, un tempo
per la pace.”
— di Lorena Alessandra Urucu, VCL
Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org • 13
la “benedizione per il suo vescovo”: ebbene si, non si è definito Papa ma vescovo di Roma, un ulteriore atto di umiltà, con
cui già dalla sua prima apparizione si è messo al livello del
popolo, a cui ha proposto un cammino da compiere insieme,
un cammino basato sulla fiducia, sulla fratellanza e sull’amore
per il prossimo, valori che sembrano essere stati dimenticati
in primis dalla Chiesa.
Ci ha spiazzati, inoltre, la scelta del nome Francesco pur
essendo gesuita, il primo della storia. Alcuni lo accostano
alla figura del Santo dei poveri, che abbandonò le sue ricchezze per aiutare i più bisognosi, cosa che Jorge amava fare
a Buenos Aires. Come lui stesso ci ha detto, infatti, il compito
di un pontefice è quello di portare Dio dove non c’è, di agire
in prima persona affinché il Suo messaggio arrivi a tutti.. E
chissà forse con Papa Francesco si riprenderà la redenzione
della Chiesa iniziata da Giovanni Paolo II.
2.
— di Martina Musumeci, IIC
rubriche
diy - do it yourself
C
iao! L’idea che voglio proporvi in questo
numero della rubrica è molto facile e utile
per rinnovare un bracciale che magari
non indossiamo più!
3.
1) Occorrente: un bracciale rigido, una striscia di stoffa
fantasia lunga almeno 80cm e larga più o meno 4cm,
colla.
2) Piegare a metà la striscia di stoffa e avvolgerla sul
bracciale fino a ricoprirlo tutto.
3) Fermare la stoffa con la colla.
4) ...ed ecco fatto il vostro bracciale della fantasia che
preferite!
— di Lucia Lanfiuti Baldi, IIID
1.
4.
14 • Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org
Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org • 15
Racconti
L’avvinazzato
I
l pub Malvario non era certo un luogo in cui le persone rispettabili andavano a trascorrere il loro tempo
libero. La clientela di quel locale era tutto fuorché
rispettabile: i più loschi affari vi venivano trattati e
molti lo definivano ‘’un postaccio da cui è meglio stare
alla larga’’. Korsakov non vi aveva mai messo piede, e nessuno si sarebbe aspettato di incontrarlo proprio lì. Gli studenti avevano avuto il permesso di recarsi al villaggio, quel
giorno, e il ragazzo camminò di fronte al pub Malvario per
almeno mezz’ora, prima di decidersi ad entrare. Finalmente,
trasse un respiro profondo e aprì la porta. Guardandosi
intorno con aria nervosa, si accorse che tutti gli sguardi
erano puntati su di lui: era giovane, ben vestito, aveva un
viso fine ed elegante. Che cosa voleva? Fece finta di niente
e, dopo aver sussurrato qualcosa al barista, prese posto in
fondo alla sala, sfiorandosi la fronte con la mano sinistra.
Un profonda angoscia gli attanagliava l’animo. Bevve un
bicchiere di vino dopo l’altro, quasi senza sosta, chiamando
di continuo il barista, che, spazientito, gli portò un calice
grande come un cesto, in modo da non essere disturbato
troppo spesso. Gli effetti dell’ubriachezza si fecero sentire
molto presto: ammiccò alle donne presenti nella sala, rivolse
la parola agli uomini in una lingua straniera e bevve alla loro
salute. Dopo che ebbe svuotato il calice, chiese altro vino al
barista, ma quello si rifiutò di portargliene ancora, perché
aveva bevuto fin troppo (e il signor Malvario in genere non
si curava della salute dei clienti). Korsakov inizialmente
si infuriò, poi qualche lacrima gli bagnò il viso e implorò
l’uomo di farlo bere ancora. ‘’Ti prego, solo uno, un altro e
basta’’. Ma poiché le sue parole non sortivano alcun effetto
sul barista, si rassegnò. Si mise a piangere, maledicendo sua
madre e invocando il nome della sua fidanzata, che amava
ancora alla follia e che non riusciva a dimenticare. Dieci
minuti più tardi, il giovane era ancora scosso dai singhiozzi
e sussurrava con voce disperata, senza trovare pace, e non
si accorse della presenza di Sonia nel locale finché lei non
corse da lui, chinandosi al suo fianco. Udita la voce della sua
amata, immediatamente scostò le mani dal capo, alzò lo
sguardo e si voltò verso di lei, senza credere ai propri occhi.
Era lì, vicino a lui. Il suo amore, l’unica donna della sua vita.
Il suo sguardo era carico di emozione ma allo stesso tempo
dubbioso, poiché non sapeva che cosa avesse spinto la
ragazza a raggiungerlo, e soprattutto, come comportarsi
con lei. Attendeva quell’incontro da molto tempo, ma non
si era mai preparato nessun discorso. ‘’Sonia’’ mormorò con
voce fioca, prendendole la mano. Poi improvvisamente la
ritrasse, e ricominciando a piangere le disse, con tono risentito, ma che lasciava trasparire una certa speranza: ‘’Sei
venuta a ridere delle mie disgrazie?’’. Non aveva perso la
capacità di formulare frasi dotate di senso, ma si esprimeva
con una voce che non sembrava la sua, e muoveva il capo
senza criterio. Teneva lo sguardo rivolto verso il tavolo, ma
16 • Designfreebies Magazine • www.designfreebies.org
di tanto in tanto lanciava un’occhiata al volto della ragazza,
per osservarne le reazioni. Gli era giunta voce che non aveva
esitato a frequentare altri ragazzi e la cosa lo faceva andare
in bestia, ma non lo dava a vedere. Deglutì e afferrò il bicchiere, ma quando realizzò che era vuoto batté il pugno sul
tavolo. Annuì con il capo e un sorriso divertito attraversò
per un breve istante il suo volto, che si contrasse subito
dopo in una smorfia di dolore. ‘’Tu non capisci’’ disse, scuotendo la testa. ‘’Tu mi hai dimenticato, e anche piuttosto
bene devo dire’’ alludendo alle vicende sentimentali in cui
Sonia era stata coinvolta negli ultimi mesi. ‘’Ma io... come
posso dimenticarti?’’ chiese, scuotendo la testa. ‘’Io ti amo.
E non posso farci niente. Io amo i tuoi capelli, le tue mani, il
tuo respiro, il tuo sorriso, la tua voce, e potrei andare avanti
fino a domattina. Tu sei onnipresente nei miei pensieri,
quando vado a lezione, perfino quando dormo. Non c’è mai
stata una notte in cui io non ti abbia sognata. Ogni giorno,
ogni ora, io penso a te, e a nessun altra persona. E nessuno
potrà farmi sentire meno solo, nessuno potrà cancellare il
mio dolore’’. Scoppiò nuovamente in lacrime, reggendosi la
fronte con la mano sinistra e rovesciando il suo bicchiere,
che cadde sul pavimento, andando in mille pezzi. ‘’Ti faccio pena, non è così?’’ chiese, con uno scatto d’ira. ‘’Non è
così??’’ ripeté con una furia quasi terribile, facendo girare
tutti i clienti del locale. ‘’Cosa importa a te del mio dolore?’’
I tuoi amichetti sono sempre pronti a consolarti, vero?’’. Si
girò improvvisamente verso il resto della locanda e disse
a gran voce. ‘’Che avete da guardare? Altro vino, messer!
Adesso! Io sono un nobile e devi obbedirmi, mi hai capito?
Obbedisci, servo, o pagherai caro quest’affronto!’’. Lanciò
qualche moneta contro il bancone, rischiando di rompere
qualche bicchiere. Tutti rimanevano muti e immobili, e lo
osservavano con compassione. Tossì ripetutamente e tornò
ad osservare Sonia. ‘’Non vedi come mi sono ridotto? Io
sono questo senza te’’ disse, con sguardo assente. ‘’Signori,
io amo Sonia Nott! E la amerò per sempre!’’ urlò. Cosa vuoi
che faccia per dimostrarti il mio amore? Vuoi che mi spogli,
che rompa tutti i bicchieri di questo locale, che mi metta a
ballare sul tavolo, che ammazzi tutti i presenti? Perché io lo
farei per te, mia signora, mia dea’’. Nel frattempo, il barista
si era avvicinato al suo tavolo. ‘’Signore, il locale chiude’’.
Riportato bruscamente alla realtà, Korsakov si voltò: gli altri
clienti stavano uscendo, uno dopo l’altro, e di Sonia Nott, in
quel locale, non era entrata neanche l’ombra, a patto che lei
fosse mai esistita.
— di Omar El Debuch, IIIC