Francia - Credit Agricole, Etudes Economiques

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Francia - Credit Agricole, Etudes Economiques
Trimestrale – n° 36 – Maggio 2013
Francia: attività a un punto morto e insolvenze in
aumento
L’inizio del 2013 è stato in Francia abbastanza difficile, con inchieste che continuano a produrre risultati di
segno negativo e dati sull’attività molto eterogenei. L’attività dovrebbe restare fragile e sensibile ad
eventuali choc per tutto il resto dell’anno. In questo contesto, le aziende insolventi sono in aumento e con
esse crescono le distruzioni di posti di lavoro, soprattutto se si considera che le imprese interessate sono
oggi di maggiori dimensioni.
Sommario
Francia: sul filo .................................................................................................................................................................................................2
Focus – Il punto sulle insolvenze delle imprese ..........................................................................................................................................4
Di cosa parliamo? ..........................................................................................................................................................................................4
Un aumento contenuto rispetto alle crisi precedenti ....................................................................................................................................5
Confronto con gli altri Paesi, in particolare europei ......................................................................................................................................7
Cosa attendersi per il 2013? E per il 2014?..................................................................................................................................................9
Francia: insolvenze in aumento, in un contesto di crescita più debole
Nel 2012, confrontata ad una stagnazione dell’attività, la Francia ha registrato un aumento del numero di imprese
insolventi (in dicembre, +2,9 % su un anno). In totale, sono stati conteggiati oltre 61.000 fallimenti, con
conseguenze significative in termini di occupazione.
Focus video:
Francia: il punto sui fallimenti
Axelle LACAN
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Francia: sul filo
La Francia non conseguirà nel 2013 il proprio obiettivo di riduzione del disavanzo pubblico al 3% del PIL, a
causa di una congiuntura economica più negativa del previsto alla fine del 2012 e all’inizio del 2013. Il
rispetto di tale obiettivo avrebbe richiesto un ulteriore sforzo strutturale di circa 10 miliardi di euro, con un
aggiustamento totale di bilancio di quasi 50 miliardi su un anno. Tale sforzo avrebbe probabilmente fatto
precipitare l’economia francese nella recessione. Per non danneggiare eccessivamente la crescita,
l’obiettivo è stato quindi rinviato al 2014.
Nel quarto trimestre 2012, l’attività in Francia ha subito un calo (-0,3% t/t). Confrontati ad uno
scenario incerto, i dirigenti d’impresa hanno rinviato le decisioni di investimento (-0,7% t/t) e hanno
notevolmente ridotto le scorte (contributo di -0,4 punti all’attività). Questa contrazione del PIL a fine
d’anno lascia un effetto di trascinamento (carry-over) negativo dello 0,2%. A questo handicap per il
2013 viene ad aggiungersi la flessione prevista dell’attività nel primo trimestre (-0,1% t/t previsto).
L’incertezza generata dal risultato delle elezioni italiane dovrebbe confortare la posizione attendista
dei dirigenti d’impresa. I consumi delle famiglie mostrano segni di stanchezza. Gli acquisti di
automobili subiscono in particolare il contraccolpo del balzo in avanti di dicembre, legato all’imminente
aumento del malus ecologico, applicato dal 1° gennaio.
Al di là di questo episodio recessivo, l’attività dovrebbe progredire a ritmi trimestrali molto lenti (+0,1%
in media annuale nel 2013). I freni esistenti, come le misure di risanamento delle finanze pubbliche,
sono numerosi e potenti. La legge finanziaria 2013 prevede uno sforzo strutturale molto intenso (38
miliardi di euro, pari a 1,9 punti del PIL) ottenuto con un contenimento delle spese e soprattutto
attraverso un forte aumento degli oneri fiscali e sociali. Si tratta di un mix poco favorevole all’attività, in
particolare per le imprese, già penalizzate da prospettive commerciali mediocri, da una bassa
produttività, da costi salariali elevati e da un eccesso di capacità produttiva. I margini, di conseguenza
compressi, si riprenderanno con difficoltà, come gli investimenti, per i quali si prevede un calo medio
annuo dello 0,4%.
In questo contesto, le imprese non avranno altra scelta che continuare a contrarre gli organici.
Le creazioni di impieghi pubblici (―contrats de génération‖ e ―emplois d’avenir‖) attenueranno l’impatto
di questa flessione del settore privato sul totale dell’occupazione, ma non basteranno ad ammorbidire
la curva del tasso di disoccupazione, che dovrebbe aumentare fino al 10,7%1 entro la fine del 2013.
La progressione dei redditi da attività sarà quindi frenata come, nella sua scia, quella del reddito lordo
disponibile e del potere d’acquisto, che dovrebbe continuare a diminuire leggermente nonostante lo
stabilizzarsi dell’inflazione. Questo profilo di potere di acquisto non sarà privo di conseguenze sulla
spesa delle famiglie. Nonostante ciò, grazie al potenziale di riduzione del tasso di risparmio, nel 2013 i
consumi privati dovrebbero ristagnare (una situazione migliore che altrove in Europa, ma molto
lontana dalla progressione tendenziale media di circa il 2% annuo). Le importazioni resteranno a livelli
contenuti, ma il contributo del commercio estero non sarà comunque positivo (dovrebbe essere
neutro): le esportazioni saranno infatti indebolite da un contesto europeo poco dinamico e da difficoltà
strutturali ben note (offerta non sufficientemente competitiva, margini ridotti all’esportazione,
specializzazione geografica e settoriale non ottimale, PMI di dimensioni insufficienti, ecc.).
Francia: rallentamento durevole dell’attività
Contributo alla crescita t/t, in %
Francia: potere d’acquisto frenato, tasso di risparmio elevato
Previsione
2,0
1,5
1,0
0,5
0,0
-0,5
-1,0
-1,5
-2,0
07
08
Fonte: Insee,
Crédit Agricole S.A.
1
09
10
11
12
13
14
Saldo estero
Variazione delle scorte
Domanda int. al netto delle scorte
PIL
Popolazione attiva in Francia continentale.
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Nel 2013, la Francia resterà al limite della recessione. Tale conclusione ha spinto il governo a
prevedere un rinvio al 2014 della riduzione del disavanzo pubblico al 3% del PIL: il rispetto di tale
obiettivo avrebbe richiesto uno sforzo supplementare di 10 miliardi di euro, pari ad un impegno
strutturale totale di quasi 50 miliardi che avrebbe rischiato di provocare una recessione profonda. Tale
rinvio non rimette in causa la volontà di ottenere l’equilibrio delle finanze pubbliche entro il 2017. Nel
2014 e negli anni successivi saranno espressi nuovi sforzi strutturali, principalmente concentrati sulla
spesa pubblica, che manterranno sotto pressione la domanda domestica e faranno entrare la Francia
in una fase di ripresa molto debole.
Nel 2014, l’attività francese potrà tuttavia contare su un leggero sobbalzo della crescita (1,2%
in media annua), grazie all’effetto congiunto del previsto miglioramento dei mercati, in
particolare europei, e delle riforme strutturali avviate. L’attuazione del CICE2, diminuendo i costi
unitari di produzione, dovrebbe permettere un miglioramento dei profitti e degli investimenti delle
imprese (aumento previsto del 2,8% nel 2014). Sopperendo in parte ai problemi di competitività sul
fronte dei costi e della qualità, la misura dovrebbe stimolare le esportazioni (+2,7%). Gli accordi sul
fronte dell’occupazione relativi alla cosiddetta ―flexi-sicurezza‖ potrebbero influire sulla fiducia degli
imprenditori e favorire l’accesso al primo impiego, permettendo un leggero riflusso della
disoccupazione alla fine del 2014.
Previsioni Francia
(variazione trim estrale in %)
PIL
consumi privati
investimenti
variazione degli stock (c)
esportazioni nette (c)
Tasso di risparmio
Tasso di disoccupazione
* Previsioni di Crédit Agricole S.A.
2012
T1
-0,1
0,2
-1,0
-0,2
0,0
15,7
9,6
T2
-0,1
-0,3
0,3
0,3
-0,4
16,3
9,8
T3
0,2
0,1
-0,4
-0,2
0,3
16,2
9,9
Previsioni Francia
(variazione annuale in %)
PIL
Consumi privati
Investimenti delle imprese
Investimenti delle famiglie
Conto delle fam iglie
Reddito disponibile lordo
Tasso di risparmio delle famiglie
Tasso di risparmio finanziario
Conto delle SNF
RLG
Tasso di margine (RLG/VA)
Tasso di autofinanziamento (RDL/Invest.)
2
2013*
T4*
-0,3
-0,1
-0,8
-0,4
0,2
15,6
10,2
T1
-0,1
-0,2
-0,2
0,1
0,0
16,2
10,4
T2
0,1
0,2
0,0
0,1
-0,1
16,1
10,5
T3
0,2
0,1
0,2
0,3
-0,1
15,8
10,6
2014*
T4
T1
T2
T3
T4
0,3
0,2
0,3
0,3
0,4
0,2
0,0
0,1
0,2
0,2
0,1
0,5
0,5
0,6
0,7
0,4
0,1
0,1
0,1
0,1
-0,1
0,0
0,0
0,0
0,0
15,1
15,6
15,4
15,4
15,5
10,7
10,7
10,7
10,6
10,4
c: contributo alla crescita del PIL (%)
2011
2012
2013*
2014*
1,7
0,2
5,3
3,2
0,0
-0,1
-0,2
0,4
0,1
0,0
-0,4
-1,3
1,2
0,4
2,8
0,3
2,6
16,2
6,8
1,3
16,0
6,5
0,9
15,8
6,3
2,0
15,5
6,0
-2,2
28,5
66,9
-0,9
2,4
7,4
27,9
28,1
29,1
65,1
64,8
68,7
* Previsioni di Crédit Agricole S.A.
Credito di imposta per la competitività e l’occupazione uguale al 4% nel 2013, e poi al 6% dal 2014, della massa salariale lorda
dell’impresa, al netto degli stipendi superiori a 2,5 volte lo SMIC (salario minimo legale) e detraibile dalle imposte dovute nel corso dei
tre anni seguenti. Meccanismo di prefinanziamento a favore delle PMI, che potranno utilizzare il proprio credito fiscale presso gli
istituti di credito fin dal 2013.
n° 36 – Maggio 2013
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Focus – Il punto sulle insolvenze delle imprese
Nel 2012, oltre 61.000 imprese francesi sono fallite, con un aumento pari al 2,9% su un anno. Un ritmo di crescita
abbastanza contenuto rispetto a quello abitualmente sperimentato dopo una crisi. Nonostante ciò, da qualche
mese, il numero di insolvenze di imprese di dimensioni intermedie (IDI) e di grandi imprese è aumentato più
velocemente di quello delle microimprese e delle PMI, con effetti significativi soprattutto in termini di occupazione.
A breve termine, tenuto conto di una congiuntura economica destinata a restare mediocre, la tendenza non
dovrebbe invertirsi.
Di cosa parliamo?
La definizione francese
La definizione scelta come riferimento è quella dell’Insee:
“Un’impresa è in situazione di insolvenza o di istanza di fallimento dal momento in cui viene avviata nei suoi
confronti una procedura fallimentare. Tale procedura viene attivata quando un’azienda è in cessazione di
pagamenti,ossia non è più in grado di far fronte al suo passivo esigibile con il suo attivo disponibile”.
Da un punto di vista statistico, vengono conteggiate come insolventi le imprese interessate da:


L’apertura di una procedura di amministrazione controllata
La liquidazione giudiziale nell’ambito di una procedura concorsuale.
È opportuno non confondere insolvenza e cessazione di attività, in quanto quest’ultima corrisponde all’interruzione
totale dell’attività economica dell’impresa. Una procedura di insolvenza non si conclude necessariamente con una
cessazione di attività. Inoltre, solo il 20% circa delle cessazioni di attività avviene a seguito di una procedura di
insolvenza.
Un dato che nasconde una realtà complessa
Nel 2012, la Francia ha registrato il fallimento di 61.294 imprese (si veda il grafico 1), fra cui 57.284 PMI. Per
giudicare il carattere – elevato o debole – di questa cifra, sarà meglio metterla in prospettiva:

Dall’inizio degli anni '90, il massimo livello di insolvenze (cumulo su 12 mesi) è stato raggiunto in ottobre
1993: sono state registrate 63.999 insolvenze.

La crisi del 2009 ha prodotto un livello di insolvenze comparabile, con 63.395 fallimenti (sempre cumulati
su dodici mesi).

In media, dal 1990, il cumulo dei fallimenti su dodici mesi è pari ad un po’ più di 53.000 entità.
Le differenze sono abbastanza caratterizzate a livello settoriale (si veda il grafico 2). Nel 2012, i settori più
interessati dall’aumento dei fallimenti su un anno sono le attività immobiliari e i trasporti (con un aumento rispettivo
su un anno di 11,3% e 11,7% alla fine del 2012). I settori meno colpiti sono l’industria e quello dell’informazione e
della comunicazione (+ 0,7% per questi due settori alla fine del 2012).
1 – Francia: numero di insolvenze
in tutti i settori (cumulo 12 mesi, lordo)
70000
unità
2 – Francia: numero di insolvenze
nei principali settori
a/a, in %
65000
60000
30
70
20
50
10
30
0
10
a/a, in %
55000
50000
45000
40000
93
97
01
05
09
Numero di insolvenze
Numero di insolvenze, a/a (destra)
Fonte: Banca di Francia, Crédit Agricole S.A.
13
-10
-10
-20
-30
93
97
01
05
09
13
Industria
Attiv. fin. e ass.
Edilizia
Attiv. immob.
Fonte: Banca di Francia, Crédit Agricole S.A.
n° 36 – Maggio 2013
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Per comprendere meglio le implicazioni di questo livello di fallimenti, è preferibile:
1)
Confrontare la situazione attualmente osservata e quelle provocate dalle crisi precedenti.
2)
Mettere in prospettiva la situazione francese e quella di altri grandi Paesi europei.
3)
Infine, rispetto al nostro scenario macro-economico, sarà interessante fare il punto sull’andamento
previsto in Francia, a medio e a breve termine, per i fallimenti delle imprese.
Un aumento contenuto rispetto alle crisi precedenti
Nel 2012 sono state registrate in Francia 61.294 insolvenze, con un incremento del 2,9% su un anno. Un
andamento abbastanza contenuto rispetto a quello abitualmente osservato in fase di inversione del ciclo.
Nei grafici da 3a a 3d, abbiamo confrontato l’evoluzione dell’attuale numero di insolvenze, rispetto a quelle
registrate nelle tre crisi congiunturali precedenti (due per i grafici per dimensione, conto tenuto dei dati disponibili):
la crisi del 1992, quella del 2001 e quella del 2008. La base 100 è stata applicata al trimestre corrispondente al
picco massimo di attività, anteriore all’episodio di crisi. Sull'asse delle ascisse è indicato il numero di mesi trascorsi
dal picco massimo (in febbraio 2013, sono trascorsi sedici mesi dal terzo trimestre 2011).
3 – Francia: confronto dell’evoluzione delle insolvenze durante le crisi precedenti
a.
120
115
Imprese di ogni dimensione
b.
Base 100 = picco massimo di attività
Cumulo 12 mesi, lordo
120
115
110
110
105
105
100
100
95
95
90
90
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
Crisi T1 1992
Crisi T1 2001
Crisi T1 2008
Crisi T3 2011
Fonte: Banca di Francia, Crédit Agricole S.A.
c.
160
150
Microimprese e dimensioni sconosciute
Base 100 = picco massimo di attività
Cumulo 12 mesi, lordo
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
Crisi T1 2001
Crisi T1 2008
Crisi T3 2011
Fonte: Banca di Francia, Crédit Agricole S.A.
PMI (escluse microimprese)
d.
Base 100 = picco massimo di attività
Cumulo 12 mesi, lordo
210
IDI e grandi imprese
Base 100 = picco massimo di attività
Cumulo 12 mesi, lordo
140
160
130
120
110
110
100
60
90
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
Crisi T1 2001
Crisi T1 2008
Crisi T3 2011
Fonte: Banca di Francia, Crédit Agricole S.A.
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
Crisi T1 2001
Crisi T1 2008
Crisi T3 2011
Fonte: Banca di Francia, Crédit Agricole S.A.
Ad eccezione delle insolvenze delle IDI e delle grandi imprese, i fallimenti sono globalmente
aumentati meno rapidamente nel periodo recente che nel 1992, nel 2001 e nel 2008. È ipotizzabile
che questo dipenda dall’ampiezza e dalla durata, di volta in volta diversi, dei fenomeni recessivi.
Nell’attuale configurazione, è soprattutto la lunghezza della quasi stagnazione che mette alla prova la
solidità finanziaria delle imprese.
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Da qualche mese, come dimostrato dal grafico 4, il
numero di insolvenze delle IDI e delle grandi
imprese è invece aumentato più rapidamente
rispetto a quello delle microimprese e delle PMI. Dal
2011, il tasso di insolvenze delle IDI, vicino all’1%, è
d’altra parte superiore a quello delle PMI, dell’ordine
dello 0,8%. Questo dato è a prima vista contro-intuitivo,
in quanto le strutture più piccole sembrano più fragili sul
piano finanziario e più vulnerabili di fronte alla piattezza
della domanda interna e alla relativa restrizione delle
condizioni di credito.
4 – Francia: insolvenze per dimensioni delle imprese,
per il complesso dei settori
IDI e grandi imprese
180 a/a, %
Micro e dimensioni sconosc.
PMI escl. micro
140
Ogni dimensione
100
60
20
-20
-60
01
03
05
07
09
Fonte: Banca di Francia, Crédit Agricole S.A.
11
13
Le IDI presentano tuttavia delle debolezze sul piano finanziario.

Essendo molto presenti nel settore industriale, le IDI sono costrette ad investire per garantire la massima
efficienza della loro struttura produttiva. Si distinguono d’altra parte per un tasso d’investimenti
strutturalmente superiore a quello delle altre imprese (si veda tabella 1 e grafico 5), ma anche per un
tasso di autofinanziamento inferiore. Le IDI fanno anche maggior ricorso all’indebitamento rispetto alle
PMI. Il grafico 6 presenta l’andamento dei tassi di indebitamento finanziario netto per dimensione
d’impresa, dove l'indebitamento finanziario è al netto della liquidità (disponibilità e valori mobiliari di
investimento). Tale tasso, pari al 71,4% nel 2011 per l’insieme delle imprese, è limitato al 44,4% per
le PMI e raggiunge il 69,1% per le IDI.
Tabella 1: tasso di investimento, di autofinanziamento e di indebitamento finanziario netto delle IDI
in %
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
Tasso d’investim ento operativo*
Insiem e delle im prese
22,6 22,2 21,1 18,1 19,2 20,2 21,2 19,4 20,5 20,0 19,0
20,5
IDI
26,2 25,1 25,5 20,4 24,1 22,7 26,5 24,5 24,1 21,2 21,2
22,0
Insiem e delle im prese
66,4 78,3 84,7 88,1 87,3 78,8 77,5 96,8 73,9 68,6 95,8
71,3
IDI
61,4 62,2 59,3 74,5 65,3 75,8 60,5 67,3 67,6 61,5 81,0
66,9
Insiem e delle im prese
75,4 81,1 80,2 72,7 55,8 62,0 62,4 63,2 69,6 71,1 67,9
71,4
IDI
71,5 69,3 73,1 69,3 60,9 62,3 60,3 62,1 68,4 65,2 65,9
69,1
Tasso di autofinanziam ento
Tasso di indebitam ento finanziario netto**
* comprese acquisizioni tramite leasing
** dopo rettifica dei doppi conteggi
Fonte: Banca di Francia, Crédit Agricole S.A.
5 - France: tasso di investimento operativo
(comprese acquisizioni tramite leasing) per dimensioni dell’impresa
27
6 - Francia: tasso di indebitamento finanziario netto
per dimensioni dell’impresa
105
%
25
%
85
23
65
21
19
45
17
25
15
97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11
PMI
Complessivo
IDI
Grandi imprese
Fonte: Banca di Francia, Crédit Agricole S.A.
n° 36 – Maggio 2013
97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11
PMI
Complessivo
IDI
Grandi imprese
Fonte: Banca di Francia, Crédit Agricole S.A.
6
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
Le IDI soffrono di un regime fiscale meno vantaggioso rispetto alle piccole imprese, che
usufruiscono di esenzioni e di facilitazioni fiscali, e alle grandi imprese, che possono ricorrere a sistemi
di ottimizzazione fiscale. Uno studio del Ministero francese del Tesoro 3 pubblicato nel 2011 indica un
tasso di prelievi obbligatori (coefficiente dei prelievi obbligatori sul valore aggiunto delle imprese) pari al
30% per le microimprese, al 32% per le PMI, al 33% per le IDI e al 29% per le grandi imprese. Nella
stessa logica, il Consiglio francese dei Prelievi Obbligatori (2009) sottolinea invece che la percentuale di
imposte effettivamente versate è solo dell’8% per le imprese del CAC 40 e del 22% per le PMI (dati
ripresi dagli Studi economici dell’OCSE Francia, marzo 2013).

Infine, le IDI hanno pressappoco gli stessi tempi netti di pagamento clienti (in giorni di fatturato,
tasse comprese) e fornitori (in giorni di acquisto tasse comprese) che le PMI (si veda la tabella 2):
esse provvedono infatti al pagamento dei loro fornitori in 52 giorni e si fanno pagare dai loro clienti in 46
giorni, mentre le grandi imprese, che dispongono di un potere di contrattazione più elevato, si fanno
pagare più rapidamente (35 giorni) e pagano i loro fornitori con scadenze più lunghe (61 giorni).
Tabella 2: tempi netti di pagamento dei clienti e fornitori, per dimensioni dell’impresa
Fornitore
Im presa
Cliente
61,4
GI
35,1
52,5
IDI
46,7
56,4
PMI
48,7
Tempi netti di pagamento
fornitori – in giorni d’acquisto
tasse comprese
Tempi netti di pagamento clienti
– in giorni di fatturato tasse
comprese
Fonte: Banca di Francia, Crédit Agricole S.A.
L’aumento del tasso di insolvenza delle IDI, riscontrato dal 2011, ha provocato un aumento delle distruzioni
di posti di lavoro e dei costi finanziari legati ai fallimenti delle aziende. Ad esempio, secondo una stima della
Coface, nel 2012 sono stati distrutti un po’ più di 200.000 posti di lavoro, pari ad un incremento dell’8,5%. Inoltre, il
costo finanziario delle insolvenze, ossia il totale dei debiti detenuti dai fornitori, ammonta a 4,4 Md di euro, con un
incremento dell’11% rispetto al 2011, ed è pari allo 0,2% del PIL.
Confronto con gli altri Paesi, in particolare europei
Globalmente, è stato riscontrato un aumento del numero di insolvenze ovunque nel mondo: un dato poco
sorprendente visto l’andamento della congiuntura economica.

In alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, il Canada o la Cina, la tendenza al calo delle insolvenze osservata
nel 2011 è solo rallentata.

In altri Paesi, come i Paesi Bassi, la Russia o la Svezia, le insolvenze hanno ripreso a crescere, come
nel contesto francese.

Infine, nei Paesi in cui era già stato constatato un aumento delle insolvenze nel 2011, come la Spagna,
la tendenza si è accentuata.
Quando si confrontano i livelli dei fallimenti è però opportuno essere molto prudenti, in quanto la
definizione di insolvenza varia da un paese all’altro. Esistono due particolarità:

Il trattamento delle insolvenze delle imprese individuali varia da una nazione all’altra: tali aziende
possono essere incluse nelle statistiche delle insolvenze di imprese oppure essere conteggiate fra le
bancarotte personali, come accade negli Stati Uniti (circa 17 milioni di entità).

In determinati Paesi vengono inoltre privilegiati i concordati preventivi (Italia, Spagna): le cifre ufficiali
tendono quindi a sottovalutare le insolvenze reali.
Quando si mettono a confronto i livelli di insolvenze dei vari Paesi, come faremo per la Germania e l’Italia,
bisogna quindi procedere con molta cautela.
3
―Il tasso di imposizione implicito dei profitti in Francia‖, Direzione Generale del Tesoro
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Meno insolvenze in Germania che in Francia
Senza troppe sorprese, le insolvenze sono meno numerose in Germania che in Francia. Nel 2012, oltre il
Reno sono state contabilizzate 28.297 insolvenze, ossia due volte meno che in Francia. Globalmente, dall’inizio
degli anni ’90, la Germania si distingue per un numero di insolvenze largamente inferiore a quello della Francia (si
veda il grafico 7).
Questo differenziale non è attribuibile ad una differenza del campo preso in considerazione: le definizioni
tedesca e francese di insolvenza sono infatti molto simili. In Germania, un'impresa fallisce quando nei suoi
confronti viene avviata una procedura giudiziaria per illiquidità effettiva o imminente (incapacità ad onorare i
pagamenti arrivati a scadenza) o per eccessivo indebitamento. Come in Francia, la procedura giudiziaria può avere
come esito l’amministrazione giudiziaria dell’impresa o la sua liquidazione. Ma anche se la definizione di
insolvenza è simile, la legislazione applicata una volta dichiarato il fallimento è sensibilmente diversa. In
Germania, non è il giudice (come in Francia), ma sono i creditori ad optare per l’amministrazione giudiziaria o il
fallimento dell'impresa. E fino al 1° marzo 2012, a differenza della Francia, un imprenditore tedesco veniva nella
maggior parte dei casi sollevato dalle proprie funzioni in modo da poter essere sostituito da un amministratore.
4
Questi elementi hanno certamente spinto i dirigenti d’impresa tedeschi ad operare con la massima prudenza .
Anche se il numero di imprese in Germania e in Francia è quasi equivalente, le aziende tedesche sono più
grandi e finanziariamente più solide (si veda il grafico 8). Di fronte ad una domanda domestica stagnante, esse
hanno saputo riprendersi, posizionandosi e sviluppandosi all’estero, dove riescono ad affermarsi grazie a prodotti
competitivi, in particolare sul piano della qualità. Le imprese francesi soffrono invece di una scarsa redditività e non
dispongono quindi dei mezzi per investire ed innovare su cui possono contare le loro omologhe tedesche. In un
contesto caratterizzato da un indebolimento della domanda domestica e regionale, le aziende transalpine faticano
a trovare spazi di crescita all’estero (fuori dalla zona euro), poiché la loro offerta commerciale, in assenza di un
impegno sufficiente in termini di investimenti e di innovazione, è di fascia media ed è quindi soggetta ad una forte
concorrenza straniera. Il rischio di insolvenza è quindi più elevato.
A prima vista, meno insolvenze in Italia che in Francia
Dal 2009, 45.000 imprese italiane si sono trovate in condizioni di insolvenza. L’aumento cumulato dal 2008 al 2012
è del 64%. La meta delle insolvenze interessa imprese nel settore dei servizi, ma è nel settore manifatturiero che
l’impatto della crisi è stato più violento, con il 5,2% dei fallimenti, contro il 4,6% nell’edilizia e il 2,2% nei servizi.
Nel 2012 sono state registrate 12.000 insolvenze, con un aumento del 2,1% rispetto al 2011. Nel quarto
trimestre 2012 (ultimi dati disponibili), il numero di insolvenze è cresciuto ad un ritmo più contenuto, con 3.600 casi
pari ad un incremento dell’1,7% rispetto al quarto trimestre 2011. Nonostante il forte aumento osservato
nell’ultimo periodo, questo dato di 12.000 insolvenze può sembrare molto debole: è infatti cinque volte
meno elevato che in Francia. La redditività delle imprese italiane è certamente superiore a quella delle imprese
francesi (si veda grafico 8), ma una tale differenza è soprattutto attribuibile a due fattori:

La legislazione italiana esclude dalla procedura di insolvenza le imprese agricole e quelle il cui
fatturato annuo è inferiore a 200.000 euro.

Le procedure negoziate di ristrutturazione di imprese in crisi (escluse le insolvenze) hanno
registrato nel 2012 un rapido incremento (+4,1%), in particolare le ristrutturazioni del debito (+10,3%).
7 – Francia, Germania: numero di insolvenze di imprese
8 – Francia, Germana, Italia: margini
41
% del valore aggiunto
39
37
35
33
31
29
05
08
11
Italia
Germania
Francia
Fonte: ISTAT, insee, destatis, Crédit Agricole SA
4
Si veda su questo punto lo studio della Coface : Panorama delle insolvenze delle imprese – Autunno 2012
n° 36 – Maggio 2013
8
Axelle LACAN
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Cosa attendersi per il 2013? E per il 2014?
Le insolvenze sono una variabile leggermente ritardata nel ciclo economico (si veda il grafico 9). Si
verificano infatti a valle e non a monte di un periodo di attività negativo.
Tenuto quindi conto delle nostre previsioni di crescita molto contenute (si veda il paragrafo: Sul filo), le
insolvenze dovrebbero continuare ad aumentare anche nel 2013. Nonostante un leggero miglioramento della
loro redditività (margine previsto al 28,2% per le società non finanziarie a fine anno, dopo il 27,7% nel quarto
trimestre 2012), dovuto ad aumenti di produttività legati all’aggiustamento dell’occupazione, le imprese resteranno
fragili e, in alcuni casi, non potranno più sopportare oltre la mediocre situazione dei mercati domestici ed esteri, in
particolare europei.
Nel 2014, le imprese beneficeranno degli effetti del CICE (Crédit Impôt Compétitivité Emploi – Credito d’imposta
per la competitività e l’occupazione), con una diminuzione dei costi unitari di produzione e un conseguente
miglioramento dei profitti. I margini dovrebbero quindi attestarsi al 29,1% nel 2014, dopo la media del 28,1%
registrata nel 2013 (si veda il grafico 10). Anche se l’attività resterà frenata, in Francia come nella zona euro, dal
protrarsi delle misure di disindebitamento pubblico e/o privato, dovremmo tuttavia assistere ad una leggera ripresa,
grazie alla crescita più dinamica all’esterno dell’eurozona e a sforzi di risanamento meno notevoli. Grazie all’effetto
congiunto di una situazione finanziaria un po’ più solida e di mercati leggermente più dinamici, le insolvenze
dovrebbero nuovamente orientarsi al ribasso.
10 - Francia: ricostituzione dei margini delle imprese
Previsioni
9 – Francia: insolvenze e attività
%
32
30
%
76
74
72
70
28
68
26
24
1984
66
64
1990
1996
RLG/VA
2002
2008
2014
Stipendi/VA (destra)
Fonte: Insee, Crédit Agricole S.A.
Articolo completato il 25 aprile 2013
Direttore responsabile: Isabelle JOB-BAZILLE
Comitato di redazione: Axelle LACAN
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n° 36 – Maggio 2013
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