Edizioni Kerulos - Concorso letterario

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Concorso Letterario Kerulos Edizioni
Un giorno di caldo boia
Un giorno di caldo boia Sinossi: Il gran caldo miete le sue
vittime, ogni anno. Nel racconto una situazione critica viene
ulteriormente esasperata dalla componente "calura", tocca il
climax e, inaspettatamente, trova una sua via di scioglimento. L'
angolo dove stava l' apparecchio tv era all' ombra. Il resto
della stanza era alla luce. Risultato: un caldo boia. L' uomo, in
boxer stropicciati, stravaccato su una poltrona di velluto
marrone, sudava come se avesse da buttar fuori tutta l' acqua del
mondo. Guardava la tv e passava da un canale all' altro,
"navigava" per i canali, sparando raffiche di zapping selvaggio.
Dalla finestra aperta si riversavano nella stanza luce a fiotti,
caldo a ondate e odore di pesce, quest' ultimo rifluiva dal
ristorante 'Mario, specialità pesce fresco', al piano terra del
palazzo. L' uomo allungò una mano e prese una lattina di birra
dal tavolino accanto alla poltrona. ne mandò giù una sorsata.
Fissò lo schermo come se avesse alla fine trovato un programma
che lo interessasse. Allentò il polso, senza però mollare il
telecomando e rimase a guardare una tizia che parlava di ricette:
tonno in casseruola. " Troia" commentò lui. Bevve un' altra
sorsata di birra. Agli angoli della bocca si formarono due brevi
rivoli biondi. Suonò il campanello della porta. Lui non mosse un
pelo. Hanno suonato? Certo che no. Perchè infatti qualcuno
avrebbe dovuto prendersi la briga di suonare alla casa della
sfiga? E dunque! Hanno suonato ancora. Si alzò e incazzato gridò
verso la porta: "Chi è?" "Apri, Amos. Dai..." E lui aprì, una
fessura di un 10 centimetri da cui intravide una gamba
abbronzata, una gonnella bianca, un top pure bianco, una spalla
abbronzata come la gamba, un mento deciso, l' angolo di una bocca
non più giovane e un occhio azzurro, vecchio come il mondo. Gli
bast˜. " Va' a fare in culo " urlò e intanto spalancò l' uscio. "
Il solito signore" disse lei. " Cosa vuoi?" "Vedere come stai..."
" Che te frega?" "Siamo amici e fra amici..." " Amica della troia
sei! Ti ha mandata lei?" " No, volevo vedere se potevo
aiutarti...in un qualche modo..." "No. T' ho chiesto d' aiutarmi,
io? Non mi pare. Io sto bene. Benissimo. Solo come sono,
finalmente. Diglielo alla troia." "Mi fai entrare?" "Perchè?"
"Dovrei prendere due cose..." "Questo allora! Mi pareva! Si è
scordata dell' altro?" "Senti, sono solo due o tre cosette..."
"Ma fa' quel che ti pare! Prendi quel che ti pare! E poi
sparisci!" Sbattè con forza il battente mandandolo contro il muro
dello stretto corridoio che faceva da ingresso. " Ma perchè tieni
tutto spalancato? Entra tutto il caldo così..." " Ma perchè non
ti fai gli affari tuoi? Non ti passa per la testa che a me va
bene così?" " Ma se lo sanno tutti che odi il caldo! " " Adesso
no. Son cambiato. Le persone cambiano, non lo sai? Adesso mi sta
bene il caldo. Ci sto come un papa a fare la sauna in 'sta casa
che pare ci abbiano rubato ogni cosa e invece è solo che la
stronza ha fatto man bassa di tutto e come abbia fatto in una
mattina a portarsi via tutto non lo so...l' hai aiutata tu? Certo
che l' hai aiutata tu. L' amica del cuore! Quella sempre fra i
piedi che ormai ci stava in mezzo anche quando andavamo a
letto...Glielo hai consigliato tu di mollare questa bestia di
marito e di scappare con quell' altro gonzo? Tu? " "Anche se ti
dico di no, mica ci credi" fece lei. " No che non ci credo. Tutte
uguali, voi. Tutte brave e buone e tutte un sorriso finchè le
cose van per un certo verso. Ma poi, appena il vento tira da un'
altra parte, appena vi stancate, solo musi e lamentele da tirar
sberle e poi..." " Mica tutte..." " Tutte." " Allora prendo due
cose. Va bene?" " No che non va bene. Non c' è rimasto più niente
qui. Che cosa vuole ancora? La poltrona? La tv? Il materasso?
Dico, anche la statuetta del crocefisso s' è portata via! S' è
scordata un qualche abituccio? Beh, a quelli che s' scordata pu˜
dire addio, perchè son finiti nell' immondizia. Dritti dritti
nell' immondizia. Guiarda, vai a guardare...niente più vestitini
per la pupattola in fregola." "Va bene, ho capito. Vado in
cucina, un attimo." " A far che? Vuole la pentola a pressione?
Una casseruola? Non dirmi che s' è messa a far da cena a quell'
altro! Lei che aprire una scatoletta era proprio il suo massimo.
Faceva fatica anche solo a scongelare un pezzo di merluzzo...Vai,
vai." In cucina regnava un disordine sinistro, perchè pareva
voluto, cercato con cattiveria, astio e perseveranza. La donna
and˜ al frigo, lo apr“, allung˜ una mano verso l' angolo
superiore e proprio dal fondo trasse una scatoletta bianca, un
vasetto. " Cos' è?" Fece l' uomo dalla porta " Niente. S“,
insomma, niente d' importante, solo una crema. Per il viso. " "
In frigo?" " In frigo." " Hai finito?" " Vado." " Brava." "
Senti, perchè non facciamo due parole? " " Io e te? Scherzi,
vero?" " No, dico sul serio. Due parole. Soltanto. Guarda,
facciamo un po' d' ordine sul tavolo, sposto questi piatti, butto
queste cartacce, mio dio, ma la pattumiera è piena, fa lo stesso,
ci stanno, beviamo una birra insieme, vuoi? E facciamo due
parole. " L' uomo la guardava trafficare per la cucina, fare un
po' di largo, passare un pezzo di scottex inumidito sul piano del
tavolo, prendere due bicchieri, era un miracolo che ce ne fossero
rimasti due puliti, prendere una lattina di birra dal frigo,
clic, aprirla, versarla nei bicchieri. " Ci sediamo?" chiese lei
Lui sedette. Lei pure dall' altro lato del tavolo, di faccia a
lui. Fu in quel momento che lui incominciò a sentirsi strano. La
guardava e la odiava, vecchiaccia che di diventar vecchia non ne
voleva sapere e faceva jogging, andava in palestra, si vestiva
come se fosse ancora una giovine di primo pelo e invece quanti
anni aveva, quaranta? Certo una quarantina: n' era passata d'
acqua sotto i ponti da quando era stata di primo pelo, quanta ne
era passata! "Se le guardi gli occhi, le dai anche più anni"
pensò. Chissà perchè, si chiese. Comunque la odiava. Era lei che
aveva messo in testa a quell' altra tutte quelle storie, che l'
aveva convinta che una donna deve essere, che cosa? Una che si fa
rispettare, che fa i comodi suoi, la libertà è sacra, anche se è
sposata, non cambia niente, le donne devono realizzarsi, hanno
diritti e diritti, il marito è un ostacolo, se brontola perchè si
sente messo in disparte, peggio per lui, se non fa il
complimentoso è uno zotico che non ti merita, se poi gli affari
vanno male e c' è da stringere la cinghia, allora è solo un sozzo
tirchio che non merita un briciolo di considerazione. Lei. Era
stata lei. Fino all' ultimo atto: quando in vacanza le aveva
presentato quel bel tomo tutto denti bianchi rifatti, con tanto
di catena d' oro che pareva uno di quelli che ti consigliano i
vini nei ristoranti come si vede in tv e lei c' era cascata. "
Non sono stata io. " disse la donna "Capisci, non sono stata io.
" Lui bevve un sorso di birra. Sentiva il sudore farsi freddo
sulla pelle nuda. Pens˜ "Sono in mutande. " " Non sono stata io,
anche se non vuoi crederci. Eravamo, siamo amiche. Ma io non l'
ho spinta. Le ho detto: pensaci. Le ho detto: ma lo sai bene quel
che fai? Ma era tardi, Amos. Era tardi. Si sentiva stanca della
vita che faceva. Era stanca di tutto. Voleva cambiare. Forse, se
aveste avuto dei figli, sarebbe stato diverso. Ma cos“, voi due
che appena uno apriva bocca, l' altro gliela chiudeva...Era solo
stanca. Capita." Lui taceva. Non pensava neanche. " Mi dispiace."
Continuò lei "Per lei che non so che fine farà, per te, che,
anche se mi hai sempre trattato come una disgraziata e forse lo
sono, sei una brava persona, come avrei voluto incontrare quando
era il momento giusto, mai che mi sia capitato: pareva che
attirassi solo i disperati, fregnoni, sfruttatori, gente cos“
insomma. L' ho sempre invidiata perchè aveva trovato te, sai?"
Lui la guardò. Stranito. Una cosa come un groppo gli stava dentro
che manco riusciva a capire. " Ma va' là..." fece " Davvero.
Vorrei che tu non dessi la colpa a me. Vorrei che ti tenessi su,
non lasciarti andare a 'sta maniera, non ne vale la pena...Può
ancora tornare. Anzi, vedrai che torna." Disse decisa. " E ti
credi che io la riprendo? Sono un tipo fatto a quel modo, per te?
Io non riprendo nessuno. Se ne è andata. Un fallito, ha detto che
sono. Uno stupido, ha detto. Bene. " La donna si alzò dalla
sedia, prese il bicchiere e lo sciacquò sotto il rubinetto, lo
ripose capovolto sul piano del secchiaio. " Vado. " disse e s'
avviò alla porta. " Luisa." Chiamò lui " Che c' è?" " Ti sei
dimenticata quella... crema." " Già. " Prese il vasetto. " Ciao"
fece " Ciao" fece lui. La sent“ uscire dalla cucina e camminare
nel corridoio che faceva da ingresso. Ascoltò il rumore dei suoi
passi che si avvicinavano alla porta. Lei aveva la mano sulla
maniglia e stava per aprire, quando lui la prese per le spalle e
la fece girare su se stessa. " Fammi vedere i tuoi occhi. " disse
Guardò due iridi chiare, immerse in una rete di rughe sottili e
dentro qualcosa cedette sciogliendosi come un blocco di ghiaccio
che il sole d' agosto fa squagliare. Si chinò su di lei e cercò
la bocca non più giovane, la trovò, la baciò, lasciandosi andare
ad una corrente di rimpianti, di delusioni, di smarrimento
sconforto conforto che non voleva capire. Tanto ci sarebbero
voluti secoli per capirci qualcosa. "Luisa." disse "Amos." disse
lei. Le loro voci erano basse, i nomi appena sussurrati, la
stanza era rovente. Alla tv passavano immagini di pubblicità,
Venite in vacanza a....Volate con..., cose così.
di daniela manzini kuschnig