giuseppe dono di Dio - Chiara Corbella Petrillo

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giuseppe dono di Dio - Chiara Corbella Petrillo
I primi 40 giorni al buio
Quando nasce un bambino, in genere tutti sono in festa. Eppure per “ Dono di
Dio “ non è stato sempre così. In genere quando diciamo, è venuto al mondo un
altro bambino, intendiamo dire che con la sua nascita il mondo si manifesta ai
suoi occhi. Ma per “ Dono di Dio “ non è stato così.
I suoi primi quaranta giorni non sono al buio, perché la sua mamma l’ha tenuto
bendato per tutto questo periodo. Perché?
La cultura? La Follia?
E Chi lo sa? Si può spiegare forse la follia? La Follia ha una sua ragione
nascosta, che forse in questo caso assolve la mamma di “ Dono di Dio “.
I tatuaggi di Dono di Dio
In alcune culture orientali, è usanza avere sulla propria pelle dei segni di
riconoscimento. Sarà stata questa la motivazione del padre di “ Dono di Dio “
nel segnare la pelle di questo piccolino con i mozziconi di sigaretta accesi?
Il Brutto Anatroccolo accolto dalle Mani di Dio
Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato,
il Signore mi ha dimenticato».
Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se queste donne si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai.
( Isaia 49, 14 )
“ Dono di Dio “ continua a crescere, ma a quanto pare sembra essere il brutto
anatroccolo. Conoscete voi la storia del brutto anatroccolo?
In una nidiata di anatroccoli, uno è grigio, grande e goffo. Sebbene la madre
cerchi di accettarlo, a tutti è evidente che il piccolo è fuori luogo.
Così è stato per “ Dono di Dio”. Per la mamma e il papà non era sano come gli
altro. Anzi, era piuttosto strano. Per questo, doveva stare fuori della nidiata.
Ma anche qui, nessuna condanna: chi è cieco, può mai vedere le cose belle?
Povera mamma di Dono di Dio: era cieca! Non riusciva a vedere la bellezza del
Piccolo Anatroccolo.
….Per cui, un giorno fu abbandonato davanti all’ospedale di Cerignola. E li il
Dio difensore dei Poveri, Padre degli orfani intervenne con una grande
puntualità, perché mandò suoi servi a raccoglierlo e a portarlo nella sua casa.
È proprio vero che Dio non si dimentica dei suoi figli.
E così “ Dono di Dio “ cominciò a vivere, a crescere, a vagire tra le braccia
brasiliane di una nuova mamma: Suor Martina.
Dono di Dio diventa Figlio di Dio: Giuseppe
Quando venne il tempo della loro purificazione secondo
la Legge di Mosè, portarono il bambino a
Gerusalemme per offrirlo al Signore.
30 dicembre 2011. Nel Giorno in cui il vangelo parla
della Presentazione di Gesù Bambino al tempio,“ Dono
di Dio “ diventa figlio di Dio.
Viene battezzato, nella sua piccola saletta della rianimazione, da Padre
Leonardo Marcucci.
A fargli da Padrino è stato il Dottor Antonio Cinquesanti. Gli viene dato il nome
di Giuseppe Antonio. Giuseppe in onore di del Dottor Giuseppe Carrillo e
Antonio in onore del Dottor Antonio Cinquesanti.
Finalmente, da quel giorno Giuseppe Antonio vive dentro di se la vita Divina
della Trinità. E tutto arriva nel momento in cui la sua piccola vita non aveva
molte speranze. E si pensava veramente durasse solo qualche giorno.
È proprio vero che “ Dio provvede “. Aveva ascoltato il suo silenzioso grido di
aiuto ed era intervenuto: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della
salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno
della salvezza! (2 Cor 6,2)
La Fuga verso Foggia
Il 26 dicembre a causa di una brochiolite, urgeva un ricovero in una struttura
ospedaliera più idonea della città in cui era ospitato dalla casa famiglia. Nel
trasporto in ambulanza il bambino ebbe tre arresti cardiaci, per cui si pensava
non arrivasse a destinazione. Infatti, l’infermiere del 118 che lo accompagnò e
rivisto dopo qualche mese a casa nostra, non credeva ai suoi occhi per la ripresa.
Lui ricordava lo stato agonizzante di Giuseppe in ambulanza, i tentavi di
rianimarlo e la morte che aleggiava intorno.
Giunto in ospedale, fu ricoverato in rianimazione. Ed era in coma. Un piccolo
abbandonato a se stesso. infatti, non c’era nessuno della sua famiglia d’origine.
Era solo, abbandonato e con le sole cure amorevoli del primario e infermieri
della rianimazione, con la tutela del tribunale dei minori.
L’epifania di Dono di Dio
Nei primi giorni di gennaio 2012, mia madre ( che lavorava in ospedale ) mi
disse che c’era un bimbo di appena 5 mesi in coma, ricoverato in rianimazione a
causa di un’insufficienza respiratoria, che gli aveva causato anche tre arresti
cardiaci in ambulanza: “ Vedi che c’è un bimbo piccolo ricoverato in
rianimazione. Ha 4 mesi e non respira bene. Povero figlio non ha nessuno e i
genitori l’hanno maltrattato e abbandonato. Vedi di prendergli un giocattolino!”.
Il 6 Gennaio 2012, subito dopo la S.Messa delle 10.30 mi recai in rianimazione
per fargli una visita e regalargli un pupazzetto.
Entrai passando tra i malati in coma verso una piccola dependance semibuia
dove c’era lui sul lettino dal lenzuolino verde, tutto nudo e avvolto in fasce
verdi, proprio come il bimbo nato 2000 anni fa nella grotta di Betlemme. Aveva
gli occhi bendati! Eppure, già mi aveva visto. Era piccolo, piccolo, magro,
magro … eppure era già il cicciottone che è ora. Il nostro incontro è durato 5
minuti. Ma è come se ci conoscessimo già da una vita!
Gli ho accarezzato la mano, ho scartato la busta del teletubbies e l’ho
appoggiato sul suo lettino. Qualche secondo di Silenzio, come di adorante
preghiera. Eppure ci siamo parlati…. Un ultimo sguardo. Una grande forza
usciva da lui. Dicevano che non sarebbe durato a lungo. E con questi pensieri
uscii dall’ospedale. Passarono i giorni e quell’incontro era rimasto indelebile nel
mio cuore.
In parrocchia, il piccolo Giuseppe era già diventato una star!
Tutti hanno cominciato a pregare per Lui! Tutti volevano venire a contemplarlo
nella grotta stalla della Rianimazione.
Poi, però le sue condizioni richiedevano la tracheotomia.
Per cui, d’allora vive con due nuovi elementi nella sua vita: tracheo e peg. Due
nuovi amici della sua giornata. Come dire: mi sono messo gli occhiali! E da lì
cominciò il nostro pellegrinaggio giornaliero delle 13.30. Giuseppe cresceva
sotto lo sguardo amorevole di Gesù e della Madonna, dei dottori, delle
infermiere, di noi che dal vetro lo chiamavamo: Pissi Pissi, Bozzilla, che cosa
stai dicendo, Arnold!
E la gente del corridoio ci guardava “scristianita”. In effetti, noi gioivamo per
Lui che aveva vinto per la vita…. Mentre negli altri letti la lotta per la vita era
ancora in atto.…. Di Rosario in Rosario, di Cenacolo in Cenacolo cresceva la
domanda di Dio: Accogliete quel piccolo! Accogliete me!
Come fare? Scattarono gli ultimatum… il tempo scorreva. Noi in parrocchia non
avevamo una casa famiglia. Non eravamo pronti. Qualcuno aveva già pensato di
mandarlo al Cottolengo di Torino.
Giuseppe trova casa
Non voi avete scelto me,
ma io ho scelto voi.
E vi ho costituiti perhè
il vostro frutto rimanga
La volontà di Dio è stata più forte e incisiva:
doveva venire nella nostra casa, dovevi
abitare nella nostra comunità. Ore 7.45 del
mattino dei primi giorni di febbraio.
Mia Madre chiama a casa. Risponde al telefono mio Padre. Dopo cinque minuti
mio padre mi passò il telefono: Il dottor ..…. ha chiesto: “Quando te lo porti a
casa? Luca tu che dici?.....Ed io: e ci vuole che me lo chiedi?Se papà è
d’accordo io e Ilaria lo siamo già!”
… è fatta! Il tribunale ci affidò questa presenza nascosta di Dio! Continuano i
pellegrinaggi giornalieri alla grotta stalla della Rianimazione.
…. E arrivò così il fatidico giorno: 7 marzo, ore 15.00, ora della Divina
Misericordia, mentre una nostra sorella di comunità annunciava al mondo via
sms l’evento straordinario: “ Ave Maria, il mess di questa mattina è tutto a lode
e gloria di Dio. Il Piccolo Giuseppe per cui abbiamo tanto pregato nell’ora
della divina Misericordia ( ore 15.00) ha lasciato la rianimazione ed è stato
accolto nella famiglia a cui Gesù lo ha affidato. Il nostro compito non finisce
qui ma continua nella preghiera quotidiana per questo piccolo che è dono di
Dio per tutti noi. Che è il Cristo sofferente “ da amare e accogliere nelle nostre
vite. Le nostre preghiere devono essere per lui la sua guarigione fisica affinchè
la sua famiglia a cui lui è stato affidato abbia tutta l’abbondanza delle grazie
che occorrono per fare di questa esperienza “ esperienza della venuta di Cristo
“. Una grande lode a Dio per questa famiglia che a modello della Sacra
Famiglia apre le porte al Figlio di Dio fatto bambino. Ti amiamo e ti
ringraziamo per questo dono. Cinzia “
… Giunto a casa sul tuo nuovo lettino, il tuo primo vero sorriso: finalmente un
po’ di amore!
E così, il “ Santuario di Casa” iniziò la sua attività pastorale dalle ore 8.30 fino
alle 23.00 tra terapista, infermieri, medici e amici.
Il bambin Gesù
Eppure, il suo dolore non ha un nome. Pertanto, dopo tante insistenze e contatti
siamo riusciti a ricoverarlo al Bambin Gesù di Roma, nel Padiglione Giovanni
Paolo II.
Una permanenza durata 2 mesi, in cui ci alternavamo con un avanti e dietro da
Foggia verso Roma per sostenere la permanenza di Giuseppe con nostra madre.
Una permanenza in cui più volte la nostra fede è stata messa a dura prova,
perché se dal punto di vista respiratorio Giuseppe stava recuperando tantissimo,
non si capiva come mai presentasse una forte carenza di Rame nell’organismo.
E da li scattò la diagnosi metabolica: Giuseppe presenta una malattia rara? La
prima ipotesi: la sindrome di Menkes è una patologia genetica degenerativa
che, a causa di un difetto dell'assorbimento e del trasporto del rame nel tratto
intestinale, provoca danni neurologici, nell'apparato scheletrico e nella
muscolatura. I capelli diventano crespi e decolorati.
Immaginate lo shock! Mia madre che da Roma chiedeva informazioni sulla
malattia e noi che da internet conoscevamo gli effetti: La degenerazione
neurologica è progressiva e nella maggior parte dei casi, purtroppo, porta al
decesso entro i 3 anni di età.
Come dare la notizia? Eppure, la non era la menkes, perché Giuseppe non
presentava gli stessi suoi parametri. Quindi, preso un pezzettino di carne dalla
sua ascella e messo in coltura, il metabolico iniziò la
sua ricerca, che ancora ad oggi è difficile diagnosi.
L’estate
Tornati a casa, inizia la rinascita di Giuseppe. Iniziamo
la ginnastica respiratoria, per cui inizia vivere anche
senza respiratore, con gioia dei medici. Inizia ad avere
una mimica facciale, inizia a sorridere, a riconoscere
suoni, voci e parole. Cresce 100 volte tanto anche
fisicamente e nessuno s’accorge che è un bimbo malato.
Gli Angeli di Padre Pio
“ i bambini,
i bambini …
salveranno il mondo “
( Padre Pio )
Proprio perché Giuseppe necessita una più forte
azione fisioterapica, ci siamo rivolti agli “Angeli di
Padre Pio “, una struttura fisioterapica nuova e
residenziale dove avrebbe vissuto tre settimane. E
il 22 Gennaio siamo partiti alla volta di San Giovanni Rotondo. Inizia
l’avventura, dove in maniera strana comincia a dare qualche cenno di malessere.
Al 4° giorno di residenza, un sabato, inizia a star male. La sua saturazione è
ballerina e tendente verso il basso.
Domenica 27, ore 17.00 si richiede un ricovero urgente a “ Casa Sollievo della
Sofferenza “ presso il Poliambulatorio Giovanni Paolo II. Ancora una volta sotto
la protezione del pontefice Beato e in più di San Pio.
Un focolaio di bronchite. Iniziano così le flebo con antibiotici. Piano piano si
ricominciava a vedere la ripresa. Poi, l’inizio dell’agonia il 2 febbraio.
In parrocchia iniziava il progetto del Telefono per la vita e Giuseppe stava
offrendo la sua sofferenza per la riuscita di questo progetto proprio come
affermava Padre Pio: “ i bambini, i bambini …salveranno il mondo “.
TALITÀ KUM!
Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della
sinagoga vennero a dirgli: “Tua figlia è morta.
Perché disturbi ancora il Maestro?”.
Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della
sinagoga: “Non temere, continua solo ad aver
fede!”. [.......] Presa la mano della bambina, le
disse: “Talità Kum”, che significa:
“Fanciulla, io ti dico, alzati!”.
( MC 5, 35-41)
Nei giorni precedenti, il ricovero agli angeli di Padre Pio, ebbi uno strano sogno
notturno, che mi sconvolse e non ne feci accenno e parola a nessuno, se non il 4
febbraio per cui chiedevo ad amici stretti di pregare per Giuseppe:
( testo dell’Sms ) una settimana prima di partire per San Giovanni Rotondo, ho
fatto un sogno che ora capisco. Mia madre che piangeva e sveniva mentre
chiamava Giuseppe. E indicava la camera da letto. Io entrando ho visto
Giuseppe che si stava facendo nero soffocando. E subito mi sono svegliato. Quel
sogno però non ha avuto conclusione, perché sono certo che è messo nelle
nostre mani attraverso la preghiera a Gesù. Lui verrà e come alla figlia di
Giairo dirà: Talità Kum! Alzati fanciulla!
Lo stesso giorno, era lunedì, tutta la mia famiglia si era precipitata a San
Giovanni Rotondo.
Poi, per la notte sarebbero restati i miei genitori. Scendendo da Casa Sollievo, io
e mia sorella ci siamo fermati presso il santuario di San Pio, che comunque era
chiuso perché erano le 21.00.
Scesi dall’auto e mi fermai in preghiera e chiesi proprio quanto ho scritto nella
preghiera. Chiesi a San Pio una forte intercessione.
E sentii che la preghiera era stata accolta e portata al Signore.
Poi, giunti a casa io e mia sorella, dopo aver recitato il rosario, andammo a
dormire. Io era al top del raffreddore. La mattina successiva, mi svegliai alle
7.40 con una serenità d’animo. Per cui, poi mi vestii e andai a messa decidendo
di non andare a San Giovanni Rotondo per evitare di contagiare col raffreddore
Giuseppe, che già dal 2 febbraio viveva monte di agonia. Infatti, domenica 3
febbraio alle 13.30, mia madre mi telefonò piangendo che Giuseppe non
riusciva svegliarsi. E che i medici, dal mattino cominciavano a dire che
dovevamo prepararci al peggio. Immaginate, i nostri sentimenti, soprattutto
quelli di mia madre, che sentiva lacerarsi il cuore come quella della Madonna.
Lei si andava ripetendo: ma allora tutto quello che abbiamo fatto per salvarti
non è servito a nulla? Noi, non riuscivamo a dire nulla, perché anche il nostro
cuore era trafitto da questo dolore di Giuseppe.
L’unica cosa era piangere e metterlo con fede nelle mani di Dio. Accettare la
morte di un bambino, già di suo malato e abbandonato dalla nascita è stata la
cosa più difficile da vivere nella nostra vita. Sentirsi lacerare il cuore. Ma con
l’unica bussola, che tutto concorre a coloro che amano Dio. E questa morte non
sarebbe stata una condanna, ma per la manifestazione della gloria di Dio;
proprio come Gesù disse alle sorelle di Lazzaro.
Ritornando al mattino del 5 febbraio, mi recai a messa. Durante l’omelia sentii
squillare il cellulare, ma rifiutai la chiamata, perché pensai che la cosa più giusta
era metter tutto nel sacrificio della Messa. E quel giorno il Vangelo parlava
proprio della risurrezione della Figlia di Giairo. E Mi stupì perché la sera prima
citai questo passò del Vangelo. Capii che Gesù era all’opera per salvare
Giuseppe.
Poi, finita la messa, entrato in sacrestia, fui raggiunto da una sorella della
comunità che mi disse che Giuseppe doveva essere ricoverato d’urgenza in
rianimazione nella nostra città e che mio Padre mi disse di non muovermi.
Scoppiai in lacrime e presi l’auto e scappai per San Giovanni Rotondo. Mentre,
vi andavo cercavo più volte di parlare con mio padre, ma nulla. Alla fine
rispose, aveva la voce tremolante. Mentre, mi spiegava che Giuseppe doveva
andare in rianimazione, sentivo dall’altra parte il rumore del defibrillatore.
Giuseppe stava morendo! È stato terribile questo momento. Mio padre mi
ripeteva: ce la farà! Ce la farà!
Arrivato a San Giovanni Rotondo, trovai mia madre distrutta che mi abbracciò
piangendo: sono pronta a tutto! Abbiamo servito un angelo per un anno!
Giuseppe si era ripreso dalla crisi, ma non era fuori pericolo. Lo vidi spento, con
gli occhi semi chiusi e la piccola bocca aperta. Era in agonia! Un volto che non
dimenticherò mai!
Poi, il trasporto alla rianimazione della Mia città! Giunti in rianimazione, una
nuova crisi. Ma preso per capello. Anzi, salvato da Gesù e custodito anche
durante il difficile trasporto in ambulanza. Padre Pio aveva ascoltato la
preghiera …. E laddove i medici avevano sbagliato, poi ha rimediato lui!
Noi assistemmo a questa seconda crisi in diretta, dai vetri della rianimazione.
Poi, inizia la permanenza nella stessa struttura dove lo trovammo. Non era più
come prima. Uno sguardo assente. Con l’incognita che forse non sarebbe uscito
più vivo. E da li cominciano tutte le richieste di preghiera. Tanti amici sacerdoti,
religiosi, laici. Ciascuno nel proprio ruolo ha offerto intenzioni nella santa
messa e continuando con altre preghiere. E il miracolo c’è stato. Giuseppe è
tornato a Casa. Ma soprattutto, abbiamo trovato un’Azienda Sanitaria
dell’ospedale di Foggia accogliente e a misura d’uomo.
( vi trasmettiamo la lettera che abbiamo inviato al direttore sanitario dell’ospedale )
All’attenzione del Direttore Sanitario ASL/FG2
Carissimi,
come famiglia affidataria facciamo giungere a voi la nostra gratitudine per quanto
avete fatto attraverso il Dott. Carrillo (promotore) per il piccolo Giuseppe. Nei suoi
circa 2 anni di vita, già conosce abbondantemente cosa sia il dolore e la sofferenza.
Per ben due volte è giunto a voi in fin di vita e per ben due volte avete sostenuto
l’opera di guarigione divina. Infatti al miracolo divino si è aggiunta la vostra opera
terapeutica in chiave rianimatoria. Ma soprattutto, avete superato quest’ultima,
aprendo le porte dell’ospedale nella persona paterna, prima ancora che ottimo
medico,del Dott. Carrillo il quale ha fatto della sala di rianimazione una culla
accogliente per un minore. Un luogo in cui oltre alle cure mediche, il nostro piccolo
Giuseppe ha trovato tante mamme e papà che l’hanno accudito nell’attesa che
trovasse una vera famiglia. Inoltre, come non ringraziarvi per quest’ultimo suo
ricovero! Infatti, il nostro piccolo giungeva ancora una volta visitato dalla morte
furtiva. E ancora una volta, nella persona del Dott. Carrillo ( il grande promotore di
quest’azione umanitaria ) vi siete mobilitati per dare una risposta d’amore al nostro
piccolo, nonostante non ci fosse un posto pronto e la carenza di personale.
Ringraziamo quanto avete fatto, per la disponibilità a creare un servizio straordinario
in termini di posto letto, infermieri specifici per il nostro Giuseppe, provenienti anche
da altre U.O.. Ringraziamo i medici, gli infermieri e gli operatori socio-sanitari, per
tutto l’amore materno e paterno dimostrato nei giorni di permanenza del nostro
Giuseppe. Li ringraziamo per la pazienza avuta nei nostri riguardi, per averci
permesso di sostare accanto al nostro piccino anche in orari fuori visita.
La Famiglia di Giuseppe
Tra le Braccia della Chiesa:
da Papa Francesco al Beato Giovanni Paolo II
“ dobbiamo toccare le piaghe di Gesù, dobbiamo
accarezzare le piaghe di Gesù. Dobbiamo curare le
piaghe di Gesù con tenerezza. Dobbiamo
letteralmente baciare le piaghe di Gesù”
( Omelia Papa Francesco )
Già dall’Anno scorso, durante il primo ricovero di Giuseppe al Bambin Gesù,
rimbombava nel cuore qualcosa: portamelo sulla mia tomba! Mettilo sul mio
altare! Era la voce di Giovanni Paolo II!
Più volte ci abbiamo pensato, più volte ci abbiamo provato; ma tutte le volte che
dovevamo uscire dall’ospedale, Giuseppe non era nelle condizioni di potersi
muovere senza ambulanza.
…. Poi, l’elezione di Papa Francesco….
( Ricordo che l’inizio del Conclave lo vedemmo con Giuseppe a casa, sulle mie
ginocchia…..)
… il Suo messaggio forte sulla Chiesa per i Poveri… un richiamo a portare
Giuseppe dal Papa, per portarlo nelle braccia della Chiesa così come il pontefice
affermava.
Accogliere i poveri, i bambini, i malati.
E in effetti, le immagini delle udienze generali ci hanno regalato questa
testimonianza: un’attenzione speciale per i malati e soprattutto se anziani e
bambini. Da li viene l’idea di chiedere alla Prefettura della Casa Pontificia la
partecipazione all’udienza del mercoledì, ma con una postazione vicina a Papa
Francesco, perché lui potesse poi fare una preghiera e una benedizione
particolare a Giuseppe.
Scriviamo la lettera, la inviamo via mail. Poi, arrivo subito la risposta per l’8
maggio… una gioia. Però, Giuseppe qualche giorno prima aveva preso la febbre
e abbiamo rimandato il viaggio che coincideva anche con il ricovero di rito al
Bambin Gesù. … rifacciamo la richiesta….nessuna risposta ancora….
Poi, il caldo di piazza San Pietro ci ha preoccupati … nel frattempo, la badante
di un malato a cui porto la comunione giornalmente mi ha dato l’indirizzo della
Domus Santa Marta, dove Papa Francesco ogni mattina dice messa.
Da lì l’idea….chissà se il Papa ci fa celebrare messa con lui il 12 giugno, così
per poi ricoverarci il 13 giugno.
Parte la mail e fax… dopo due giorni, riceviamo la telefonata dalla Domus Santa
Marta: ci hanno concesso la partecipazione alla messa col Papa.
Una gioia indescrivibile! Giuseppe incontrerà il Papa.
La Mattina del 12 giugno
Sveglia alle 5.00. Giuseppe fa colazione in albergo.. e poi lo vestiamo da
Piccolo Lord, Giacca e pantalone.. Un omino degno di visitare il Papa. Noi
ovviamente con il vestito elegante.
Si scende dall’albergo… direzione piazza del Sant’uffizio. Giunti al cancello del
colonnato di Sinistra del Bernini, la Guardia Svizzera ci chiede chi siamo. E noi:
La Famiglia di Giuseppe.
Da quel momento le porte del Vaticano si sono aperte senza problemi. Giuseppe
e “ pass par tout “: ah la famiglia di Giuseppe! Prego, passate!
E siamo giunti davanti all’ingresso della Domus Santa Marta. Davanti a noi
c’era tutta la Congregazione per la Vita consacrata. Entriamo e le guardie di
Sicurezza si offrono di aiutarci a far scendere Giuseppe col carrozzino.
Giuseppe era sveglissimo e attento!
Era entrato nella casa del Vicario di Cristo.
Ci accompagnano nella Cappella di Santa Marta. Ci accomodiamo e attendiamo
in silenzio l’inizio della Messa.
Ore 7.00 del Mattino: il Santo Padre con molta semplicità entra nella cappella e
inizia la messa.
Ricordo con grande rimbombo le sue parole: la legge dello Spirito ci porta sulla
strada del discernimento continuo per fare la volontà di Dio…La strada è
quella della libertà nello Spirito Santo, che ci fa liberi, nel discernimento
continuo sulla volontà di Dio, per andare avanti su questa strada, senza andare
indietro.
Finita la Santa Messa, ci viene chiesto di non alzarci. E pregare in silenzio. Nel
frattempo, Papa Francesco entra nella cappella, spogliato dei paramenti per la
messa, e si siete accanto ad uno dei fedeli presenti, come un normale uomo di
fede. Prega in silenzio, un silenzio profondo e pieno di luce.
Poi, si alza e va verso la porta d’ingresso della cappella, dove poi tutti noi
usciremo per salutarlo.
Prima la congregazione per la vita consacrata, poi tocca a noi.
Nell’attesa, un sacerdote spagnolo si avvicina a noi e chiede la storia di
Giuseppe. E poi, lui dice: Signora! Prima Gesù è sceso nell’eucarestia. Ora è
davanti a me in questo bambino!
…tocca a noi!
Mia madre, nella valle di lacrime, chiede ad un monsignore accanto al Papa di
pregare per Giuseppe. E lui le risponde: Signora è Giuseppe che deve pregare
per me!
…lo Stesso monsignore ci presenta al Papa: la Famiglia di Giuseppe.
Un
momento
forte
di
grazia
e
di
contemplazione.
Il Papa aveva gli occhi semplici di un bambino che guardano il Bambino Gesù
venire tra le sue braccia. L’anziano orante che attende l’arrivo del Signore, come
Simeone nel tempio quando Maria e Giuseppe portarono Gesù.
Gli occhi del Papa erano luminosi e fissi su Giuseppe.
In quel momento ho capito le sue parole alla veglia di Pentecoste:
Quando io vado a confessare - ancora non posso, perché per uscire a
confessare… di qui non si può uscire, ma questo è un altro problema - quando
io andavo a confessare nella diocesi precedente, venivano alcuni e sempre
facevo questa domanda: “Ma, lei dà l’elemosina?” – “Sì, padre!”. “Ah, bene,
bene”. E gliene facevo due in più: “Mi dica, quando lei dà l’elemosina, guarda
negli occhi quello o quella a cui dà l’elemosina?” – “Ah, non so, non me ne
sono accorto”. Seconda domanda: “E quando lei dà l’elemosina, tocca la mano
di quello al quale dà l’elemosina, o gli getta la moneta?”. Questo è il problema:
la carne di Cristo, toccare la carne di Cristo, prendere su di noi questo dolore
per i poveri. La povertà, per noi cristiani, non è una categoria sociologica o
filosofica o culturale: no, è una categoria teologale. Direi, forse la prima
categoria, perché quel Dio, il Figlio di Dio, si è abbassato, si è fatto povero per
camminare con noi sulla strada. E questa è la nostra povertà: la povertà della
carne di Cristo, la povertà che ci ha portato il Figlio di Dio con la sua
Incarnazione. Una Chiesa povera per i poveri incomincia con l’andare verso la
carne di Cristo.
Papa Francesco era intento a guardare negli occhi di Giuseppe. Il Papa aveva il
sorriso di chi aveva incontrato il Signore Bambino.
Nel frattempo mia madre in lacrime: Santo Padre preghi per Giuseppe!
E Lui: sto già pregando! Conosceva la storia di Giuseppe, l’aveva letta dalla
nostra richiesta!
Poi, lui lo bacia sulla fronte e mia madre osa chiedere: posso metterlo sulle sue
braccia!
E lui: certo!
Due minuti in cui Giuseppe e il Papa si sono guardati sorridendo!
Poi, lui lo rimette nelle mani di mamma. E noi andiamo!
E il Papa a tutti: pregate per me!
Un’altra richiesta ancora! Bisognava assolvere a questo richiamo: andare sulla
tomba di Giovanni Paolo II.
Mia madre chiede agli agenti di Sicurezza: possiamo portare sulla tomba di
Giovanni Paolo II il nostro piccolo Giuseppe.
L’agente: signora, per così poco! Tutto si può fare!
Nel frattempo, l’agente chiama gli altri agenti presenti sulla piazza antistante
Santa Marta e quello che sta nella Basilica di San Pietro.
Per Giuseppe, si aprono tutte le porte! Siamo scortati dagli agenti della
sicurezza. Entriamo dal Retro della Basilica.
Era chiusa al pubblico, perché era mercoledì, giorno dell’udienza generale. Ma
dentro c’erano solo alcuni pellegrini autorizzati a celebrare l’Eucarestia.
Nella cappella di San Sebastiano dove sono custodite le spoglie del Beato
Giovanni Paolo II, era appena finita la messa.
Ci fanno entrare.
Papà in lacrime si inginocchia davanti la balaustra, Mamma piangente si siede.
Tocca a me prenderlo e posarlo sull’altare – lastra della sua tomba.
Giuseppe sorridente e con gli occhi sbarrati aveva capito tutto.
Ed io: Giuseppe, siamo da Giovanni Paolo II… facciamo insieme una preghiera.
Padre nostro, Ave Maria, Gloria….Beato Giovanni Paolo II prega per Giuseppe.
Il Voto è stato assolto
La Preghiera di Giuseppe
“A Chi è come loro appartiene il regno di Dio”
Giuseppe è il bimbo della preghiera.
Si, perché sin da subito ha mostrato un risveglio nei momenti in cui si pregava.
La preghiera sua più forte è il Rosario silenzioso. Ha un appuntamento speciale
ogni giorno alle 18.00: S. Rosario in diretta dalla Grotta di Lourdes su TV2000.
Poi, quando era più piccolo – dalla voce di Suor Gesualda – alla giaculatoria
“Gesù confido in te” sorrideva sempre. Anzi, ha imparato a sorridere così. Poi, è
un fan dei canti di Medjugorie che zia Cinzia gli ha cantato sin da subito. E un
figlio spirituale di
Madre Teresa di Calcutta, perché alla sua voce – del cd del musical sulla santa
di Calcutta – ha sempre aperto gli occhi e sorriso. Questo l’ha imparato da
Ilaria! Giuseppe prega!
E in più, è un consacrato a Gesù per le mani di Maria.
E Gesù ha una predilezione speciale per i bambini, così come Lui stesso disse in
una visione al Piccolo Servo di Dio Marcel Van ( la cui causa di beatificazione è
in corso a Roma ):
Gesù a Van: Van, ascoltami bene. Ti amo molto, ho una predilezione speciale
per i bambini; sono molto contento di essere loro amico. Se vogliono cercarmi, è
molto facile; devono solo osservare il mio modo di agire e mi troveranno
immediatamente in sé. Ho già promesso ai bambini il Regno dei Cieli, e questa
promessa non li obbliga assolutamente a niente.
Van, l’amore misericordioso ha riservato ai bambini una parte magnifica. Non
hanno nient’altro da fare che accoglierlo… il mondo uccide l’anima dei bambini
sotto i miei occhi, e io, che cosa posso fare? Van, hai sentito bene? Bisogna
strappare i bambini alle tenebre del mondo… Oh, mondo, guai a te!
Se tu non avessi i bambini per dare asilo alla bontà divina, saresti annientato
dalla giustizia di Dio.
Quando in una famiglia c’è un figlio malato,
si dovrebbe capire che lì c’è la salvezza. Sul
piano della fede c’è una persona
sacramentale, c’è la fornace dell’amore.
Accogliere Giuseppe nella vita personale e di
un gruppo è una garanzia di crescita per tutti.
C’è tanto affetto per questo bambino e nella
fede si capisce è un dono di Dio per tutti!
( dalle OMELIE di Don Gaetano durante
alcuni cenacoli di preghiera )