Ghiozzo - Persico Reale

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La specie, piuttosto sedentaria, non è solita effettuare grandi spostamenti alla ricerca di
cibo, ma preferisce attendere all’interno del proprio territorio l’avvicinarsi di qualche preda.
La sua dieta è costituita da invertebrati bentonici, detriti vegetali e uova di pesci.
La maturità sessuale è raggiunta al secondo anno di età nei maschi e al primo o secondo
anno nelle femmine. La stagione riproduttiva va da maggio fino alla fine di luglio. Le uova
vengono deposte e fatte aderire, mediante filamenti adesivi, alla volta del nido occupato
dal maschio; questi, al termine della fecondazione, esercita cure parentali che consistono
in un’intensa attività di ventilazione, sulle uova, prodotta da ampi e vigorosi battiti delle
pinne pettorali, aventi la funzione di migliorare la circolazione dell’acqua e l’ossigenazione
all’interno del nido. Il numero di uova prodotto è nell’ordine di alcune centinaia e varia in
relazione all’età e alle dimensioni della femmina.
Questa specie, essendo piuttosto sensibile all’inquinamento organico, è fortemente
minacciata dal degrado ambientale dovuto soprattutto allo scarico di sostanze organiche
nei fiumi.
Nelle acque provinciali il ghiozzo popola abbondantemente il Torrente Lenza e il Fiume
Ticino; è presente inoltre nei torrenti Margorabbia, Monvallina, Tinella e nel Fiume
Bardello.
3.2.16 Gobione (Gobio gobio)
Specie autoctona di piccola taglia, normalmente raggiunge una lunghezza totale massima
di circa 15 cm, arrivando solo eccezionalmente a 20 cm.
Il gobione è un piccolo ciprinide bentonico che popola il corso medio-inferiore dei principali
corsi d’acqua di pianura, talvolta presente in piccoli gruppi anche in canalette laterali o in
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rogge alimentate da acque sorgive. In particolare questa specie è legata ai fondali
sabbiosi di acque moderatamente correnti, mentre nei laghi è assente o raro.
Sebbene tendenzialmente gregario, il gobione non costituisce gruppi compatti, ma gli
individui tendono a distribuirsi in modo uniforme sul fondale del corso d’acqua. Lo si trova
spesso associato al barbo, all’alborella, al cavedano e alla lasca.
Il regime alimentare è essenzialmente carnivoro e comprende larve di insetti, crostacei e
anellidi, che vengono ricercati sul fondo; gli individui di maggiori dimensioni si nutrono
anche di molluschi e talora di altri piccoli pesci.
La stagione riproduttiva va dalla metà di aprile alla metà di giugno. Le uova, poche migliaia
per femmina, vengono deposte sul fondo sabbioso o ghiaioso. La maturità sessuale viene
generalmente raggiunta al secondo anno di età.
Questa specie, risulta particolarmente tollerante all’inquinamento e all’alterazione della
struttura del fondo dei corsi d’acqua; la specie, in questo modo, risulta comunque in
espansione, riuscendo a colonizzare ambienti differenti.
A livello provinciale si possono rilevare buone consistenze di popolazione nei torrenti
Monvallina e Acquanegra, e nel Fiume Bardello; la specie risulta inoltre presente nei
torrenti Margorabbia, Boesio, Bevera e nel Fiume Ticino.
L’importanza del gobione ai fini alieutici risulta piuttosto scarsa.
3.2.17 Lampreda padana (Lampetra zanandreai)
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Questa specie non è propriamente un pesce ma appartiene alla classe di Vertebrati
acquatici dei Ciclostomi che, tra i vari elementi morfologici e anatomici che caratterizzano
questo gruppo primitivo, quali corpo allungato e cilindrico, assenza di scaglie, scheletro
rudimentale e cartilagineo, vi è la presenza di una bocca priva di mascelle (agnati) con
apertura circolare (da questo carattere, infatti, ha origine il nome greco latinizzato
Cyclostomata) atta a succhiare.
La lampreda padana è una specie autoctona endemica della regione padana, il cui areale
di distribuzione comprende la fascia delle risorgive del Nord Italia, dal Piemonte al FriuliVenezia Giulia. Specie di piccola taglia, che nello stadio adulto raramente supera i 20 cm
di lunghezza totale, questo ciclostomo bentonico vive esclusivamente nelle acque dolci,
occupando i tratti pedemontani dei maggiori corsi d’acqua, le rogge, i fontanili e le
risorgive, con acque fresche e pulite.
La riproduzione, che avviene tra gennaio e marzo, ha luogo su fondali ghiaiosi, nei tratti
medio-alti dei corsi d’acqua o anche in piccoli ruscelli. Vengono deposte da 600 a 1.500
uova per femmina in piccole biche ovali. La fase larvale si protrae per 4-5 anni, e si svolge
nei tratti più a valle o nelle aree riparali dove la corrente è moderata. Le larve (“ammoceti”)
vivono infossate nei substrati sabbiosi o fangosi dove si nutrono per filtrazione di alghe,
principalmente diatomee, e di altri microrganismi. Raggiunta la lunghezza di circa 20 cm,
avviene la metamorfosi, accompagnata da una rapida maturazione delle gonadi. Gli adulti,
che vivono 6-8 mesi, non assumono cibo e si spostano alla ricerca dei substrati idonei alla
deposizione dei gameti.
L’areale di distribuzione della Lampreda padana ha subito, negli ultimi anni, un’evidente
contrazione, in seguito all’estinzione locale, o consistenti decrementi, di numerose
popolazioni. Tra le cause principali di questa rarefazione vi sono le alterazioni degli habitat
e l’inquinamento delle acque, che costituiscono fattori negativi per questa specie
stenoecia, che necessita di una buona qualità dell’acqua e, in generale, dell’ecosistema
acquatico.
La Lampreda padana è riportata nella Direttiva 92/43/CEE tra le “specie animali e vegetali
d’interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di
conservazione” (all. II), e tra le “specie animali e vegetali d’interesse comunitario il cui
prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di
gestione” (all. V). È inoltre elencata tra le specie particolarmente protette nella
Convenzione di Berna (all. II).
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In Provincia di Varese la specie risulta piuttosto comune nel Torrente Lenza, ed è presente
anche nei torrenti Margorabbia, Monvallina, Acquanegra e Bevera.
3.2.18 Luccio (Esox lucius)
Specie autoctona di grande taglia, può raggiungere 1,5 m di lunghezza totale e 35 kg di
peso.
Il suo habitat naturale è rappresentato dalle acque planiziali ferme o a lenta corrente, con
fondo sabbioso o fangoso e ricche di vegetazione sommersa ed emergente. È pertanto
abbondante nei laghi piatti caratterizzati da un fitto ed esteso canneto litorale; nei laghi
profondi tende a permanere nella zona litorale. È inoltre presente nei fiumi grandi e piccoli
ed è comune negli stagni, nei canali di bonifica e soprattutto nelle risorgive. Nei fiumi
principali, dove talvolta il luccio si spinge fino alla zona del temolo e dei ciprinidi reofili, la
sua distribuzione è legata alla presenza di meandri, lanche, rami morti del fiume, rive a
canneto. Evita le acque eccessivamente torbide e povere di ossigeno.
Conduce vita solitaria e per la maggior parte del tempo resta immobile, nascosto tra la
vegetazione o in qualche rifugio; aumenta la sua mobilità nel corso della stagione
riproduttiva.
Dal punto di vista alimentare il luccio è un predatore ittiofago che si nutre principalmente di
Ciprinidi (scardole, triotti, alborelle), ma anche di altre specie e di conspecifici. Importante
è la funzione equilibratrice che questa specie svolge sulla struttura delle popolazioni delle
sue prede. Gli esemplari di maggiori dimensioni predano anche anfibi, piccoli mammiferi e
giovani uccelli acquatici. Gli avannotti si nutrono di zooplancton e di invertebrati di fondo,
ma già a 4-5 cm di lunghezza totale sono in grado di catturare piccoli pesci.
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La maturità sessuale è raggiunta tra il 2° e il 4° anno di età e il periodo riproduttivo va da
febbraio ad aprile. Le uova adesive vengono deposte sulla vegetazione di fondo; ogni
femmina depone da 20.000 a 25.000 uova per kg di peso corporeo.
Questa specie, di notevole interesse per la pesca, sia professionale che sportiva, è in fase
di contrazione negli ecosistemi italiani, soprattutto a causa di interventi antropici quali la
rettificazione dei corsi d’acqua, con la conseguente scomparsa delle lanche, ma anche di
altre cause come la riduzione delle aree a canneto, l’inquinamento delle acque, la
competizione con specie alloctone, etc.
Nelle acque provinciali il luccio è presente con una buona consistenza nel Lago di Monate,
dove è in fase di forte espansione presumibilmente per l’abbondanza delle praterie di
macrofite sommerse, e nei laghi Maggiore, Comabbio e Ghirla. È presente inoltre nel Lago
di Varese, dove la popolazione è in calo, e nel Lago di Lugano, con una popolazione
scarsa. Nelle acque correnti la specie compare nel Fiume Ticino e nel Torrente
Margorabbia, dove la sua presenza è correlabile alla vicinanza del lago.
3.2.19 Lucioperca (Stiziostedion lucioperca)
Specie alloctona, le cui prime immissioni risalgono all’inizio del secolo scorso in alcune
località dell’Italia settentrionale; la sua taglia è ragguardevole e può raggiungere oltre un
metro di lunghezza totale e un peso superiore a 10 kg.
Il lucioperca predilige acque con vegetazione scarsa, ben ossigenate, con fondo ghiaioso
o sabbioso, ma prospera anche in acque torbide.
Nella fase giovanile la specie è gregaria e inizialmente si nutre di crostacei planctonici,
larve di insetti e vermi; passa ben presto ad un’alimentazione marcatamente ittiofaga ed è
caratterizzata da un accrescimento molto veloce.
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Il lucioperca si riproduce di norma tra la fine di marzo e l’inizio di giugno. Durante il periodo
riproduttivo si porta in prossimità delle rive dove i maschi predispongono un sito per la
deposizione, costituito solitamente da una fossa circolare in mezzo alla vegetazione
acquatica sommersa, dove vengono apposti rami, radici, sassi sui quali le uova adesive
verranno attaccate in piccole masse. Le uova sono deposte in numero elevatissimo, anche
oltre 200.000 per femmina. L’età di prima maturazione è raggiunta a 3-4 anni di età.
A livello provinciale il lucioperca è presente con popolazioni di buona consistenza nei laghi
di Varese e di Lugano, nei quali risulta stabile; nel Lago Maggiore la specie,
presumibilmente discesa dal Ceresio attraverso il Fiume Tresa, pare in fase di
espansione. È presente inoltre nei laghi di Ghirla e di Comabbio.
Per quanto riguarda le acque correnti, la sandra è presente nei fiumi Tresa e Bardello, e
nel Torrente Margorabbia.
3.2.20 Persico reale (Perca fluviatilis)
Specie autoctona di taglia media, raramente supera i 50 cm di lunghezza totale e il peso
massimo di 3 kg.
Il persico reale è una specie con una discreta valenza ecologica che gli consente di
adattarsi a diversi tipi di ambienti, sia lacustri che fluviali. Predilige acque limpide e ben
ossigenate, a lento decorso, con vegetazione sommersa e fondale roccioso; nei fiumi
popola anche tratti a fondo sabbioso. In genere vive a qualche metro di profondità e
soltanto nel periodo invernale si porta a profondità maggiori, fino a 30-40 m, dove le
escursioni termiche sono più contenute.
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La specie è gregaria nello stadio giovanile, mentre gli adulti conducono spesso vita
solitaria.
Il persico reale è un predatore, attivo soprattutto nelle ore diurne. L’attività predatoria è
particolarmente intensa nel periodo primaverile-estivo e si riduce nel periodo autunnoinvernale. La dieta, nei soggetti adulti, è costituita in prevalenza da specie ittiche di piccola
taglia, tra le più frequenti vi sono l’alborella, la sanguinerola, il cobite, il persico sole;
consistente è anche l’assunzione di crostacei e larve di insetto. Gli stadi larvali e giovanili
si nutrono prevalentemente di forme zooplanctoniche. Le differenze tra la dieta del persico
reale e quella del luccio consistono essenzialmente nella taglia delle prede, sempre
inferiore per il persico, e negli habitat in cui viene esercitata l’attività predatoria, almeno in
parte differenti.
Il periodo riproduttivo va da marzo a aprile e la maturità sessuale è raggiunta di norma al
2° anno di vita. Le uova, inglobate in lunghi nastri gelatinosi con funzione protettiva,
vengono deposte prevalentemente nelle ore notturne, sulla vegetazione acquatica o su
pietre e sassi sommersi. Ogni femmina depone alcune decine di migliaia di uova, in
relazione alle sue dimensioni.
In Provincia di Varese sono presenti popolazioni di persico reale con buone consistenze in
tutti i laghi provinciali; nel Lago di Varese la specie è però in calo, mentre nel Comabbio è
in crescita. Per quanto riguarda le acque correnti, il pesce persico risulta piuttosto comune
nei fiumi Tresa e Bardello e nel Cavo Diotti; nel tratto del Torrente Margorabbia subito a
valle del Lago di Ghirla la sua presenza è da correlare alla vicinanza del lago. La specie è
infine rinvenibile anche nel Torrente Bevera e, con una consistenza discreta, nel Fiume
Ticino, nel tratto posto a valle della diga della Miorina.
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