manuale operativo per i comitati di gestione

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manuale operativo per i comitati di gestione
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
MANUALE OPERATIVO
PER I
COMITATI DI GESTIONE
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Edito da:
Consulta Nazionale dei Comitati di Gestione
dei fondi speciali per il volontariato
Piazza Mattei, 10 – 00185 Roma
Tutti i diritti riservati.
E’ vietata la riproduzione anche parziale
e con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione
scritta dell’editore.
Edizione: maggio 2004
Stampato presso la Pegaso ’97 s.r.l.
Via Honduras snc – 00040 Pomezia (RM)
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Indice
Pag.
PREFAZIONE……………………………………………………………………….
I
CAPITOLO 1 “QUADRO GENERALE DI RIFERIMENTO”
1. Fonti di disciplina della materia
1.1 Competenze legislative …………………………………………………
1.2. Fonti statali……………………………………………………………..
1.3 Fonti regionali…………………………………………….…………….
1.4 Atti ministeriali rilevanti………………………………………………..
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2. Gli attori del sistema
2.1 Le fondazioni bancarie………………………………………………….
2.2 I Comitati di Gestione…………………………………………………..
2.3 Gli enti locali……………………………………………………………
2.4 I Centri di Servizio………………………………………………………
2.5 Le organizzazioni di volontariato……………………………………….
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3. Il Fondo speciale presso le regioni
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4. Il principio di sussidiarietà
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CAPITOLO 2 “ FUNZIONAMENTO DEL COMITATO DI GESTIONE”
1. Profilo dell’ente
1.1 La composizione dei Comitati di Gestione……………………………...
1.2 La natura del Comitato di Gestione……………………………………..
1.3 Il regime giuridico applicabile…………………………………………..
1.4 Le responsabilità civili, penali e amministrative del Presidente e dei
componenti il Comitato di Gestione…………………………………….
2. La prima riunione di insediamento
2.1 La convocazione della prima riunione…………………………………..
2.2 L’approvazione delle norme disciplinanti il funzionamento del
Comitato di Gestione……………………………………………………
2.3 L’elezione del Presidente……………………………………………….
3. I primi adempimenti organizzativi
3.1 Elezione degli organi interni del Comitato di Gestione……………..…..
3.2 Nomina dei rappresentanti in seno agli organi deliberativi e agli
organi di controllo del Centro di Servizio……………………………....
3.3 Sede e struttura operativa del Comitato di Gestione…………………….
4. Il funzionamento del Comitato di Gestione
4.1 La convocazione delle riunioni………………………………………….
4.2 I quorum deliberativi……………………………………………………
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4.3 Le delibere: formalità ed obblighi di pubblicità………………………...
4.4 I verbali………………………………………………………………….
5. Gli adempimenti amministrativi
5.1 I registri………………………………………………………………….
5.2 La contabilità del Comitato di Gestione………………………………...
5.3 Le procedure per l’utilizzo del fondo speciale (somme per il
Comitato e somme per i Centri) ………………………………………...
5.4 La gestione del c/c………………………………………………………
5.5 Gli oneri per il funzionamento del Comitato di Gestione……………….
5.5.1 Le spese dei Comitati di Gestione………………………………..
5.5.2 I beni strumentali: proprietà e vincolo di destinazione…………..
5.5.3 I rapporti di lavoro……………………………………………….
5.6 Il Comitato di Gestione come sostituto d’imposta e come soggetto
autonomo d’imposta…………………………………………………….
5.7 La divulgazione delle informazioni e gli adempimenti richiesti dalle
norme sulla privacy……………………………………………………...
5.8 Le coperture assicurative………………………………………………..
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CAPITOLO 3 “ L’ATTIVITÀ DEL COMITATO DI GESTIONE”
1. I compiti assegnati ai Comitati di Gestione
1.1 Le funzioni attribuite ai Comitati di Gestione…………………………..
1.2 I poteri dei Comitati di Gestione………………………………………...
1.3 I compiti dei Centri di Servizio………………………………………….
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2. L’attività istitutiva dei Centri di Servizio
2.1 Determinazione dei criteri per l’istituzione dei Centri di Servizio……...
2.2 Istituzione dei Centri di Servizio………………………………………..
2.3 Il registro regionale dei Centri di Servizio………………………………
2.4 Cancellazione dei Centri di Servizio dall’elenco regionale……………..
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3. L’attività ordinaria
3.1 Ripartizione fra i Centri di Servizio delle somme scritturate nel fondo
per il volontariato………………………………………………………..
3.2 La funzione di regolazione del sistema………………………………….
3.3 Il controllo ex ante: l’analisi dei preventivi……………………………..
3.4 Il controllo in itinere: i report, le relazioni dei rappresentanti nei
Centri di Servizio………………………………………………………..
3.5 Il controllo ex post: l’analisi dei conti consuntivi……………………….
3.6 La funzione di monitoraggio dei Comitati di Gestione…………………
3.7 La Consulta Nazionale dei Comitati di
Gestione………………………...
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CAPITOLO 4 “ GIURISDIZIONE E CONTROVERSIE”
1. Gli orientamenti della Giurisprudenza…………………………………
2. Raccolta di pareri………………………………………………………..
3. L’azione in giudizio………………………………………………………
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APPENDICE
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Sezione A
Normativa
Legge n. 266 del 11 agosto 1991 – Legge Quadro sul Volontariato ……………...
Decreto Ministeriale 8 ottobre 1997 ………………………………………………
Disposizioni esplicative del D.M. 8.10.97………………………………………...
Comunicazione ai Comitati di Gestione dei fondi ex art. 15 Legge n. 266/91 ed ai Centri
di Servizio per il Volontariato …………………………………………..
a–1
a -10
a -17
a -27
Sezione B
Linee di orientamento in materia di valutazione delle attività dei Centri di
Servizio …………………………………………………………………………..
Rendicontazione delle attività dei Centri di Servizio …………………………….
Valutazione delle attività dei Centri di Servizio ………………………………….
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a-40
a-57
Sezione C
Raccolta di pareri …………………………………………………………………
a-72
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Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
PREFAZIONE
La presentazione di questo Manuale, destinato ai componenti dei Comitati di
gestione e ai loro collaboratori esterni, costituisce per me un motivo di viva
soddisfazione, per due ragioni che reputo parimenti importanti.
La prima è data dal valore intrinseco della pubblicazione.
Si tratta di un riuscito tentativo, assolutamente inedito, di mettere insieme i
profili normativi che caratterizzano l’attività dei Comitati di gestione, ed una
sistematica ricostruzione delle esperienze gestionali più consolidate che ai Comitati stessi si riferiscono. Il risultato finale è una valida “guida” (alcuni degli
ispiratori di questo lavoro amano definirlo vade mecum) che potrà indirizzare
utilmente l’operato di tutti coloro che, in modo più o meno diretto, sono chiamati a concorrere, attraverso i Comitati di gestione, al migliore funzionamento
del sistema dei fondi speciali per il volontariato.
La normativa di riferimento, che come è noto presenta taluni problemi di intelligibilità, viene proposta secondo una logica applicativa, in stretta correlazione
con le principali fasi di attività dei Comitati. Ove necessario, sono poi state richiamate anche le norme generali da considerare per una configurazione più
completa delle attribuzioni e degli adempimenti correlati a specifiche attività o
funzioni.
Dove la normativa non giunge a disciplinare in modo puntuale i comportamenti
da adottare, sono state suggerite possibili procedure, criteri impostativi e risoluzioni organizzative. Quelle proposte nel Manuale sono il distillato di esperienze
significative maturate nei vari contesti regionali, opportunamente riviste e modulate ad esito del confronto e della discussione svoltisi nell’ambito della Consulta nazionale dei Comitati di gestione. Esse, quindi, non vanno intese come
precetti assoluti e indiscutibili, ma come linee di orientamento a cui ogni Comitato, sulla base di autonome valutazioni (e soprattutto tenendo conto della puntuale analisi del proprio contesto di riferimento), potrà conformarsi in modo
più o meno rigoroso. Per intenderci, il Manuale vuole essere un aiuto, non certo
una “camicia di forza”.
La seconda ragione di soddisfazione è legata al significato che questo Manuale
assume per la Consulta nazionale dei Comitati di gestione. Esso costituisce un
fondamentale snodo nel processo di sviluppo di questo organismo di coordinamento: sancisce la conclusione della fase costitutiva e segna l’inizio di un più
avanzato stadio di maturazione. Una fase in cui la Consulta si “avvicina” maggiormente ai singoli Comitati, cercando di accompagnarli e di supportarli nel
loro quotidiano operare, offrendo loro la possibilità di un confronto e di una verifica con il contesto nazionale. In questa ottica vengono offerti strumenti operativi elaborati con il concorso di specialisti del settore (con evidenti economie
di scala) e messe in rete le migliori esperienze presenti nel sistema.
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Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Il Manuale rappresenta il primo di questi strumenti e credo che, per quanto la
previsione sia di aggiungerne presto altri di non secondario rilievo, esso sia destinato a rimanere per lungo tempo tra quelli più importanti.
Il volume è articolato in quattro capitoli e una appendice.
Il Capitolo 1, propone una quadro generale di riferimento del sistema dei fondi
speciali per il volontariato: in esso si presenta una rassegna completa delle fonti
della disciplina normativa in materia, sono descritti gli attori che partecipano al
processo e vengono enucleati alcuni principi ispiratori sui quali il sistema stesso
si incardina.
Il Capitolo 2 si sofferma sulla dimensione interna del Comitato di gestione, indicando le norme che ne disciplinano il funzionamento, gli adempimenti da assolvere e le prassi operative più consolidate. In questa parte del Manuale trovano risposta molte domande sul “come?” devono essere affrontati i momenti topici che scandiscono la vita del Comitato: l’insediamento, le riunioni, la gestione del rapporto con collaboratori esterni, ecc.
Il Capitolo 3 analizza l’attività “esterna” del Comitato con una focalizzazione
particolare, naturalmente, sulla gestione dei rapporti con i Centri di servizio.
Partendo dall’esame delle funzioni proprie del Comitato di gestione, sancite
dalla normativa, si opera una ricostruzione del ruolo dei Comitati stessi
all’interno del sistema, evidenziandone i risvolti e i contenuti in termini operativi.
Il Capitolo 4, offre una rassegna di orientamenti giurisprudenziali relativi a tematiche controverse che caratterizzano la materia in esame, e fornisce una panoramica dei pareri legali recentemente acquisiti dalla Consulta Nazionale relativamente a questioni di interesse generale approfondite su richiesta di alcuni
Comitati di gestione. In questo capitolo i pareri vengono richiamati per sommi
capi, per agevolarne la consultazione veloce; in appendice gli stessi pareri vengono poi presentati in versione integrale (salvo le necessarie “spersonalizzazioni” apportate per garantire l’opportuna riservatezza in ordine ai soggetti coinvolti).
L’Appendice, infine, è composta da tre sezioni distinte: la prima contiene il testo delle norme di riferimento del settore; la seconda è costituita da un documento, prodotto dalla Consulta Nazionale,
che propone alcune linee di orientamento in materia di controllo e valutazione
dell’attività dei Centri di servizio; l’ultima è costituita dalla raccolta di pareri
legali di cui ho già detto.
Prima di chiudere non posso trascurare il dovuto ringraziamento a coloro che
hanno collaborato alla stesura del Manuale.
In primo luogo a Massimiliano Brugnoletti e Alberto Zito, che hanno curato la
redazione della parte preponderante del Manuale, facendosi carico in modo par-
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Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
ticolare di tutti gli approfondimenti di natura giuridica. Una preziosa collaborazione è stata offerta da Roberto Fiorini e Giuseppe Campana che, avvalendosi
della loro consolidata esperienza sul campo, hanno provveduto ai necessari raccordi tra i profili normativi e quelli operativi, assicurando così il requisito fondamentale della “praticità” di questo Manuale.
Fondamentale è risultata anche l’opera di revisione svolta dal gruppo di lavoro
che la Consulta ha costituito ad hoc per monitorare l’attività di redazione: Roberto Cassaro, Cesare Chiesa, Lorenzo Di Napoli e Valeria Rostagno, a loro va
il mio ringraziamento per l’impegno profuso e per l’importante contributo dato.
Un’ultima citazione la devo a Roberto Giusti, che ha curato il coordinamento
generale del progetto, facendo sì che i contributi offerti da tutte le persone sopra
citate si integrassero efficacemente tra loro e conducessero al risultato finale.
Carlo Vimercati
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CAPITOLO 1
“QUADRO GENERALE DI RIFERIMENTO”
1. Fonti di disciplina della materia
1.1 Competenze legislative
Il volontariato è disciplinato da una molteplicità di fonti giuridiche (leggi statali, leggi regionali, decreti ed atti ministeriali) e
presenta un’indubbia rilevanza costituzionale1; che è stata innegabilmente rafforzata con la recente modifica del Titolo V della Costituzione: ai sensi dell’art. 118 della Costituzione, ultimo comma,
lo Stato, le Regioni, le Città metropolitane e le Province favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo
svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà; e pochi dubbi sussistono sul fatto che il volontariato rappresenti l’espressione, forse più genuina, della sussidiarietà medesima.
Più problematico, soprattutto dopo la riforma costituzionale
cui si è accennato, è invece definire in modo univoco il riparto delle competenze legislative in tema di volontariato. In proposito va
sottolineato come lo stesso non compaia tra le materie indicate
nell’art. 117 della Costituzione, né in quelle attribuite alla potestà
legislativa esclusiva dello Stato, né in quelle attribuite alla potestà
1
A giudizio della Corte Costituzionale il volontariato è, infatti, “la più diretta realizzazione del principio di solidarietà sociale che, comportando
l’originaria connotazione dell’uomo uti socius, è posto dalla Costituzione
tra i fondamentali valori dell’ordinamento giuridico” (Cort. Cost. 17- 28
febbraio 1992, n. 75).
1
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legislativa concorrente. Da tale dato sarebbe però eccessivo giungere alla conclusione che il volontariato costituisca oggi una materia attribuita alla potestà legislativa esclusiva delle Regioni. In
primo luogo si deve ricordare come la Corte Costituzionale, sia
pure in una sentenza anteriore alla riforma del Titolo V, avesse affermato che il volontariato “costituisce un modo di essere della persona
nell’ambito dei rapporti sociali, o, detto altrimenti, un paradigma
dell’azione sociale riferibile a singoli individui o ad associazioni di più individui” e, dunque, “in quanto tale sfugge a qualsiasi rigida classificazione di competenza, nel senso che può trovare spazio e si può realizzare
all’interno di qualsiasi campo materiale della vita comunitaria, tanto se
riservato ai poteri di regolazione e di disposizione dello Stato, quanto se
assegnato alle attribuzioni delle Regioni o delle Province autonome (o degli enti locali)”. Ed ancora, sempre nella medesima pronuncia, la
Suprema Corte ha chiaramente definito il volontariato “come schema generale di azione nella vita di relazione, basato sui valori costituzionali primari della libertà individuale e della solidarietà sociale, esige che
siano stabilite, da parte del legislatore statale, le condizioni necessarie affinché sia garantito uno svolgimento dello stesso il più possibile uniforme
su tutto il territorio nazionale”2.
Oltre alla posizione della Corte di Cassazione esiste un altro
dato che spinge nella direzione di sostenere che, anche dopo la riforma della Costituzione e la valorizzazione del ruolo delle autonomie locali, esista comunque spazio per la competenza legislativa
dello Stato. L’art. 117, comma 1 lett. m), della Costituzione riserva
infatti alla potestà esclusiva statale “la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono
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Cort. Cost. sent. cit. in nota 1.
2
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essere garantite su tutto il territorio nazionale”.
Sul punto, sempre la Corte Costituzionale, con sentenza 26
giugno 2002 n. 282, ha affermato che la determinazione dei livelli
essenziali concernenti i diritti sociali e politici non costituisce una
materia in senso stretto, bensì una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare a
tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni
garantite come contenuto essenziale di tali diritti. Ebbene, ove si
consideri che l’attività di volontariato è per sua naturale ed essenziale vocazione rivolta alla soddisfazione di bisogni e domande
che attengono (anche e soprattutto) ad aspetti della vita della persona, configurabili come veri e propri diritti fondamentali, non pare dubbio che, anche per il futuro, sulla materia sia destinata a
permanere una competenza legislativa dello Stato, sia pure in concorso con quella regionale, da esercitarsi in funzione dell’obiettivo
di assicurare uno sviluppo egualitario del volontariato sull’intero
territorio nazionale.
D’altro canto questo è lo schema che sino ad oggi è stato seguito per disciplinare la materia: da un lato la legislazione statale
di principio e dall’altro le normative regionali.
Nell’attesa di pronunce che chiariscano la questione della
competenza a legiferare nella materia di volontariato globalmente
considerata, va precisato che il sistema di finanziamento di tale attività, la cui analisi è oggetto precipuo del presente lavoro, introdotto dall’art. 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (“Legge Quadro
sul Volontariato”), sembra - a seguito delle recenti pronunce della
Corte Costituzionale in tema di fondazioni bancarie – materia ri-
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Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
servata alla competenza legislativa dello Stato. Come è noto la Suprema Corte, con sentenza 29 settembre 2003 n. 300, ha affrontato
la questione della collocazione della disciplina concernente le fondazioni di matrice bancaria alla luce della riforma del Titolo V della Costituzione, sostenendo che le fondazioni medesime, per effetto del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, non siano più elementi costitutivi dell’ordinamento del credito e del risparmio, al
quale è riconducibile la competenza legislativa concorrente che
l’art. 117, comma 3, della Costituzione riconosce alle regioni in materia di “casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere
regionale”; esse si configurano invece come persone giuridiche private, la cui disciplina, in virtù della loro appartenenza alla materia
“ordinamento civile”, rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, comma 2, della Costituzione; indipendentemente dall’eventuale perdurare di coinvolgimenti in partecipazioni bancarie che la legge ancora consenta per ragioni particolari,
accanto all’esercizio prioritario delle funzioni finalizzate al perseguimento degli scopi di utilità sociale e di sviluppo economico.
La predetta competenza statale non viene inoltre meno per la
circostanza che le fondazioni operino per scopi di utilità sociale in
materie in relazione alle quali esiste la competenza legislativa regionale, in base ai commi 3 e 4 dell’art. 117 della Costituzione.
Sulla base delle considerazioni svolte, si deve concludere che
la potestà a legiferare sul sistema di finanziamento dell’attività di
volontariato, di cui all’art. 15 della legge n. 266 del 1991, si radica
in via esclusiva in capo allo Stato, perlomeno per quanto concerne
le somme devolute al fondo da parte delle fondazioni di matrice
bancaria.
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È evidente che il sistema di cui al predetto art. 15 intercetti
una molteplicità di aspetti; pertanto, al fine di delineare la competenza a legiferare in tale materia, è necessario attendere le pronunce della Suprema Corte.
In attesa di far chiarezza su tale aspetto, si ricorda che allo
stato esistono norme regionali che hanno legiferato nella materia
di cui all’art. 15 della legge 266 del 19913, le quali continuano ad
essere valide ed efficaci fin quando non intervenga una sentenza
della Corte Costituzionale che le dichiari esplicitamente incostituzionali, ovvero una normativa superiore che le abroghi.
1.2 Fonti statali
L’attuale assetto del sistema di finanziamento delle attività di
volontariato, basato sull’intervento delle fondazioni di matrice
bancaria, trae dunque origine dall’articolo 15 della legge n. 266 del
1991, il quale stabilisce che “gli enti di cui all’articolo 12, 1 comma, del
decreto legislativo 20 novembre 1990 n. 356, devono prevedere nei propri
statuti che una quota non inferiore ad un quindicesimo dei propri proventi, al netto delle spese di funzionamento e dell’accantonamento di cui alla
lettera d) del comma 1 dello stesso articolo 12, venga destinata alla costituzione di Fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite
degli Enti locali, Centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di
volontariato, e da queste gestiti, con la funzione di sostenere e qualificare
l’attività”.
Su questa base normativa, che individua nel fondo a carattere
regionale il contenitore giuridico - economico dei proventi destina3
Si veda infra Par. 1.3.
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ti al volontariato, si è innestato dapprima il D.M. 21 novembre
19914 ed ora il D.M. 8 ottobre 1997, che ha definito gli aspetti operativi attinenti alla costituzione e alla gestione dei fondi regionali,
sui quali ci si soffermerà in modo diffuso nel prosieguo del lavoro.
1.3 Fonti regionali
Accanto alle fonti statali si collocano le fonti legislative regionali. L’art. 1 della legge n. 266 del 1991 afferma che “la presente legge stabilisce i principi cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato nonché i criteri cui debbono uniformarsi le amministrazioni statali e gli enti locali”; mentre il successivo art. 16, nel fissare il termine entro cui le Regioni devono provvedere ad attuare i
principi contenuti nella legge, fa salve le competenze delle Regioni
a statuto speciale e delle Province autonome.
Si deve osservare che pressoché tutte le Regioni abbiano dettato una normativa specifica dell’attività di volontariato che attua i
principi contenuti nella legge n. 266 del 1991. Peraltro alcune Regioni a statuto speciale, in materia di disciplina dei Comitati di Gestione e dei Centri di Servizio, hanno adottato soluzioni parzialmente diverse da quelle fatte proprie dal D.M. 8 ottobre 1997.
La legge della Regione Siciliana prevede ad esempio che, “con
decreto del Presidente della Regione, sentita la Giunta regionale, previo
parere dell’Osservatorio regionale sul volontariato, saranno determinati i
criteri per l’istituzione dei Centri di Servizio di cui all’art. 15 della legge
11 agosto 1991, n. 266, in numero di tre, con sede nelle città di Palermo,
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Adottato di concerto dal Ministero del Tesoro e dal Ministero degli Affari
Sociali.
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Catania e Messina, secondo le modalità del decreto del Ministro del tesoro
del 21 novembre 1991 … ”5. Previsione che si discosta da quanto stabilito dal D.M. 8 ottobre 1997, in quanto prevede che i criteri per
l’istituzione dei Centri di Servizio siano determinati con decreto
del Presidente della Regione, sentita la Giunta regionale e previo
parere dell’Osservatorio regionale sul volontariato, e non del Comitato di Gestione, come disposto invece dall’art. 2 del predetto
decreto. In essa viene inoltre predeterminato il numero dei Centri
di Servizio da istituire nella Regione ed il luogo in cui gli stessi
dovranno operare.
La legge della Provincia autonoma di Bolzano, rispetto a
quanto stabilito dalla disciplina statale, amplia i poteri del Comitato di Gestione, specificando che “le direttive e i criteri di sostegno per
le organizzazioni di volontariato vengono fissati dal Comitato di Gestione”6; conferendo allo stesso Comitato il potere di influire direttamente sull’attività dei Centri di Servizio, impartendo specifiche direttive cui gli stessi devono attenersi per sostenere le organizzazioni di volontariato.
Nelle Regioni a statuto ordinario vi sono previsioni sostanzialmente coerenti con quanto stabilito dalle norme statali di riferimento, salvo alcune eccezioni contenute nelle leggi regionali
dell’Emilia Romagna, del Piemonte e del Veneto.
In Emilia Romagna si prevede il coinvolgimento diretto degli
enti locali nell’istituzione dei Centri di Servizio, i quali “ sono istituiti dal Comitato di gestione del fondo speciale per il volontariato e sono
gestiti da organizzazioni di volontariato, ai sensi dell’art. 15 della legge
5
L.R. Sicilia 7 giugno 1994 n. 22, art. 15.
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L.P. Provincia autonoma di Bolzano 1° luglio 1993 n. 11.
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11 agosto 1991, n. 266, in forma associata. L’istituzione dei Centri di
servizio deve avvenire d’intesa con la Provincia e il Comune in cui avranno sede, previa valutazione dei progetti operativi presentati dai richiedenti”7.
La Regione Piemonte prevede che i Centri di Servizio, nello
svolgimento delle proprie attività, debbano uniformarsi a quanto
previsto dal piano regionale e dai singoli piani di settore e non solo a quanto stabilito dai Comitati di Gestione8.
La Regione Veneto, infine, prevede espressamente che i Centri di Servizio forniscano “direttamente o indirettamente alle organizzazioni di volontariato servizi e prestazioni contenuti e specifici progetti,
organicamente formulati, promossi dalle medesime organizzazioni ed approvati dal comitato di gestione in sede di riparto delle somme di cui alla
lettera e) del comma 2 del D. M. 8 ottobre 1997 del Ministero del tesoro”9.
1.4 Atti ministeriali rilevanti
Concorrono a definire il quadro delle regole che disciplinano
la materia le note esplicative emanate a livello ministeriale.
Si ricordano al riguardo le “Disposizioni esplicative del D.M. 8
ottobre 1997, sostitutivo del D.M. 21 novembre 1991, concernente le modalità per la costituzione dei Fondi speciali per il volontariato presso le
Regioni”, diffuse dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali (oggetto di specifiche riflessioni nel
7
L.R. Emilia Romagna 2 settembre 1996 n. 37, art. 14.
8
L.R. Piemonte 29 agosto 1994 n. 3, art. 13.
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L.R. Veneto 30 agosto 1993 n. 40, art. 14 bis.
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prosieguo del presente lavoro) e la “Comunicazione ai Comitati di gestione dei fondi ex articolo 15 legge 266/1991 e ai Centri di servizio per il
volontariato” del 20 ottobre 2000 (c.d. “Comunicazione Turco”), diffusa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Ufficio del Ministro per la solidarietà sociale - Dipartimento per gli affari sociali.
Quest’ultima, assai nota tra gli operatori, si pone l’obiettivo di
chiarire se, nell’ambito del sistema disegnato dall’art. 15 della
Legge Quadro sul Volontariato e dal D.M. 8 ottobre 1997, i Centri
di Servizio, oltre all’approntamento di servizi, possano direttamente finanziare attività e progetti promossi e realizzati dalle associazioni di volontariato, giungendo ad una conclusione affermativa. In essa infatti si sostiene che l’attività di “promozione e rafforzamento delle organizzazioni di volontariato”, di cui all’art. 4, lett. a),
del D.M. 8 ottobre 1997, comprenda anche il sostegno economico
diretto ai progetti delle organizzazioni di volontariato, sebbene a
determinate condizioni.
La Comunicazione in esame specifica infatti che le somme del
fondo di cui all’art. 15 della legge n. 266 del 1991 debbono essere
previamente destinate a finanziare gli interventi di assistenza, consulenza e formazione rivolti alle organizzazioni di volontariato (in
altri termini a finanziare l’erogazione di servizi); indi, laddove risultino disponibilità residue che il Centro di Servizio non ritenga
necessario impiegare nelle suddette attività, le stesse potranno essere utilizzate per fornire un sostegno economico diretto alle organizzazioni di volontariato ed ai progetti dalle stesse presentati. In
tal caso i Centri di Servizio dovranno indicare tale finalità di spesa,
nel quadro del bilancio preventivo, ed il Comitato di Gestione, sulla base dei preventivi ricevuti, potrà destinare le somme per interventi di sostegno diretto.
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Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
L’interpretazione che la Comunicazione Turco offre dell’art. 4
del D.M. 8 ottobre 1997 è evidentemente molto estensiva della
norma; il cui tenore letterale, si ricorda, è chiaro nell’affermare che
i Centri di Servizio sostengono l’attività di volontariato erogando
“le proprie prestazioni sotto forma di servizi a favore delle organizzazioni
di volontariato”; locuzione che sembra escludere che i Centri di Servizio possano direttamente erogare somme alle organizzazioni di
volontariato per finanziare i loro progetti.
Ed allora, tenuto anche conto che l’interpretazione fornita dalla Comunicazione in esame non ha valore di interpretazione autentica (pertanto non è vincolante), è ben possibile che i Comitati
di Gestione ed i Centri di Servizio possano legittimamente discostarsi dal canone interpretativo della Comunicazione Turco ed ancorarsi ad una linea di condotta più aderente al dato letterale della
norma10.
2. Gli attori del sistema
2.1 Le fondazioni bancarie
Le fondazioni di matrice bancaria perseguono esclusivamente
scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico
secondo quanto previsto nei rispettivi statuti. Nel perseguimento
di tali scopi “gli statuti delle fondazioni assicurano il rispetto della disposizione di cui all’art. 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266”11.
10
Per una disamina approfondita della “Comunicazione Turco” si veda Cap.
4, Par. 2.
11
Art. 3, comma 3, decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153.
10
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Tale norma prevede che le fondazioni di matrice bancaria e le
casse di risparmio siano tenute a destinare ai fondi speciali per il
volontariato una quota non inferiore ad un quindicesimo dei propri
proventi,
al
netto
delle
spese
di
funzionamento
e
dell’accantonamento al fondo per futuri aumenti di capitale della
società conferitaria.
Le fondazioni di matrice bancaria e le casse di risparmio, in
quanto erogatori delle somme destinate a sostenere e qualificare
l’attività di volontariato, sono dunque i veri motori del sistema disegnato dall’art. 15 della Legge Quadro sul Volontariato. In conseguenza di tale ruolo nevralgico è ad essi infatti riservata la nomina
di sette dei quindici componenti del Comitato di Gestione12; oltre
ad un ottavo nominato dall’Associazione fra le casse di risparmio
italiane (ACRI), che lo individua in “un rappresentante di uno tra gli
enti o casse che abbiano contribuito al fondo speciale. Nell’effettuare tale
scelta l’Associazione privilegia, anche con criteri di rotazione, gli enti e le
casse che, pur avendo contribuito, non abbiano titolo a nominare un proprio membro ai sensi del comma precedente”13.
Sicché la maggioranza dei componenti del Comitato di Gestione è nominato dal sistema delle fondazioni di matrice bancaria
e dalle casse di risparmio.
2.2 I Comitati di Gestione
Il Comitato di Gestione svolge la fondamentale funzione di
regolazione generale del sistema di finanziamento dell’attività di
12
Art. 2, comma 2 lett. d), D.M. 8 ottobre 1997.
13
Art. 2, comma 2 lett. e), D.M. cit. in nota 12.
11
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
volontariato.
La sua eterogenea composizione (si ricorda che, oltre ai sette
rappresentanti delle fondazioni bancarie ed a quello nominato
dall’ACRI, compongono il Comitato di Gestione un rappresentante della Regione, un rappresentante degli enti locali, quattro rappresentanti di organizzazioni di volontariato maggiormente presenti sul territorio ed un componente nominato dal Ministro del
lavoro e delle politiche sociali) è garanzia di una corretta rappresentazione della composita realtà regionale, nonché presupposto
per un’ampia espressione delle reali necessità delle organizzazioni
di volontariato presenti nel territorio.
Nel rinviare l’analisi della disciplina dei Comitati di Gestione
al capitolo 2, si può qui sinteticamente affermare che la loro funzione generale consista nell’amministrazione del fondo speciale
per il volontariato costituito presso ogni Regione, mediante
l’attribuzione di molteplici compiti14.
In particolare il Comitato di Gestione:
a) provvede ad individuare i criteri per l’istituzione dei Centri di
Servizio nella regione;
b) istituisce i Centri di Servizio sulla base di criteri preventivamente predeterminati e pubblicizzati nel Bollettino Ufficiale
della Regione e su almeno un quotidiano a diffusione regionale;
c) istituisce l’elenco regionale dei Centri di Servizio e ne pubblicizza l’esistenza; in tale contesto viene descritta l’attività svolta
da ciascun Centro di Servizio e vengono resi noti i singoli regolamenti che li disciplinano;
14
Art. 2, comma 6, D.M. cit. in nota 12.
12
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
d) nomina un componente negli organi deliberativi ed uno negli
organi di controllo dei Centri di Servizio;
e) ripartisce annualmente fra i Centri di Servizio istituiti presso la
regione le somme scritturate nel fondo speciale per il volontariato;
f) riceve i rendiconti, preventivo e consuntivo, dei Centri di Servizio e ne verifica la regolarità, nonché la conformità ai rispettivi regolamenti;
g) cancella, con provvedimento motivato, dall’elenco regionale
quei Centri di Servizio che non perseguano le proprie funzioni.
2.3 Gli enti locali
Nell’ambito del sistema delineato dall’art. 15 della Legge 266
del 1991 anche gli enti locali rivestono un ruolo attivo.
Essi sono innanzitutto tra i soggetti (oltre alle organizzazioni
di volontariato, alle fondazioni di matrice bancaria e alle casse di
risparmio15) che possono avanzare istanza per la costituzione dei
Centri di Servizio.
Gli enti locali ricevono poi le istanze per l’istituzione dei Centri di Servizio ed hanno la facoltà di esprimere un (non vincolante)
parere sulle istanze medesime entro trenta giorni dal loro ricevimento.
Gli enti locali, pertanto, svolgono sia una funzione di propulsione del sistema (potendo promuovere l’istituzione dei Centri di
Servizio), sia di monitoraggio dello stesso (ricevendo le istanze e
15
Art. 3, comma 1, D.M. cit. in nota 12.
13
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
dando il relativo parere); tuttavia essi non hanno alcun potere decisorio in ordine alla istituzione del Centro di Servizio; scelta che,
come vedremo, è riservata in via esclusiva ai Comitati di Gestione,
i quali possono anche disattendere il parere espresso dall’ente locale16.
Gli enti locali presenti nella regione di riferimento nominano
inoltre un componente del Comitato di Gestione17.
2.4 I Centri di Servizio
L’attività
dei
Comitati
di
Gestione
è
preordinata
all’istituzione ed al controllo dei Centri di Servizio, nonché
all’erogazione agli stessi delle somme del fondo per il volontariato.
È quindi opportuno chiarire il ruolo di questi organismi e la loro
incidenza sul mondo del volontariato.
Come anticipato, l’istituzione dei Centri di Servizio può essere richiesta dagli enti locali, dalle organizzazioni di volontariato di
cui all’art. 3 della Legge 266 del 1991, dalle fondazioni di matrice
bancaria, dalle casse di risparmio e dalle federazioni di volontariato18.
La valutazione in ordine alla istituzione o meno dei Centri di
Servizio è rimessa in via esclusiva al Comitato di Gestione, in
quanto
soggetto
regolatore
del
sistema
di
finanziamento
dell’attività di volontariato, che dovrà attenersi ai criteri in prece16
Art. 3, comma 2, D.M. cit. in nota 12.
17
Art. 2, comma 2 lett. f), D.M. cit. in nota 12.
18
Per il procedimento relativo alla istituzione dei Centri di Servizio si veda
il Cap. 3, Par. 2.2.
14
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
denza determinati (e resi pubblici)19 ed accertare che siano chiamati ad essere Centri di Servizio organizzazioni di volontariato o entità giuridiche composte da organizzazioni di volontariato o con la
presenza maggioritaria di esse20.
Il Comitato di Gestione istituisce il Centro di Servizio con atto
deliberativo motivato.
I Centri di Servizio erogano prestazioni a favore delle organizzazioni di volontariato iscritte o non iscritte nei registri regionali. Il Decreto Ministeriale dell’8 ottobre 1997 specifica alcune delle
prestazioni mediante le quali i Centri di Servizio perseguono lo
scopo di sostenere e qualificare l’attività di volontariato e stabilisce, altresì, che tali attività siano erogate sotto forma di servizi.
In particolare l’articolato ministeriale descrive indicativamente le seguenti attività, che non debbono interpretarsi come le uniche che i Centri possono espletare, ma che indubbiamente tracciano una chiara linea di condotta che i Centri di Servizio debbono
adottare. Essi a mente del decreto in esame:
a) approntano strumenti ed iniziative per la crescita della cultura
della solidarietà, la promozione di nuove iniziative di volontariato ed il rafforzamento di quelle esistenti;
b) offrono consulenza e assistenza qualificata, nonché strumenti
per la progettazione, l’avvio e la realizzazione di specifiche attività;
c) assumono iniziative di formazione e qualificazione degli aderenti alle organizzazioni di volontariato;
19
Art. 2, comma 6 lett. a), D.M. cit. in nota 12.
20
Art. 3, comma 3, D.M. cit. in nota 12.
15
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
d) offrono notizie, informazioni, documentazioni e dati sulle attività di volontariato21.
2.5 Le organizzazioni di volontariato
Quanto sin qui descritto fa comprendere come i beneficiari ultimi del sistema concepito dal legislatore con la disciplina di cui
all’art. 15 della Legge n. 266 del 1991 siano le organizzazioni di volontariato. Le quali, peraltro, non ricoprono unicamente un ruolo
“passivo”; difatti “ … le organizzazioni di volontariato di cui all’art. 3
della legge 266 del 1991, in numero di almeno cinque … possono richiedere al comitato di gestione la costituzione di un centro di servizio di cui
all’art. 15 della legge citata con istanza sottoscritta dai legali rappresentanti dei richiedenti … ”22.
Inoltre le organizzazioni di volontariato, o comunque entità
di secondo livello costituite per la maggioranza da organizzazioni
di volontariato, gestiscono i Centri di Servizio.
3. Il Fondo speciale presso le Regioni∗
L’aspetto che occorre preliminarmente trattare, con riguardo
al problema dei rapporti tra il Comitato di Gestione ed i Centri di
Servizio, concerne la natura del fondo speciale costituito presso le
Regioni ex articolo 15 della legge 266 del 1991; che, si ricorda, prevede che la “ … quota … dei proventi … venga destinata alla costituzione di fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite
21
Art. 4 D.M. cit. in nota 12.
22
Art. 3, comma 1, D.M. cit. in nota 12.
∗
Questo paragrafo riporta ampi stralci dell’intervento di Paolo Balli “Linee di indirizzo in tema di rapporti tra comitato di gestione e centri di servizio”, pubblicato su Quaderno del CESVOT: lo stato di attuazione del D.M. 21/11/1991 e successive modifiche, Firenze, 1998).
16
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
degli Enti locali, Centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di
volontariato e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l’attività”.
Il “fondo speciale” richiamato dalla norma in disamina ha le
seguenti caratteristiche: i beni ivi confluiti formano oggetto di patrimonio separato del soggetto conferente, pur essendo sottratto
ad ogni suo potere di disposizione in virtù del vincolo di destinazione su di esso gravante. Infatti, la peculiarità del fondo si concretizza nella finalità di istituire e finanziare i Centri di Servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato e di sostenerne e
qualificarne l’attività.
Le ipotesi di patrimonio separato, costituendo vera eccezione
al principio della libera disponibilità di un diritto da parte del suo
titolare, debbono essere esplicitamente previste dalla legge e tale
previsione, contenuta nella norma richiamata, rappresenta appunto uno di questi casi.
A conferma della natura di patrimonio separato del fondo
speciale, con conseguente sottrazione del potere di disposizione al
suo legittimo titolare, si sottolinea come il testo dell’art. 15 della
legge n. 266 del 1991 precisi che lo stesso è destinato alla costituzione di Centri di Servizio a sostegno delle organizzazioni di volontariato e da queste gestiti, con la funzione di supportare e qualificare l’attività delle organizzazioni medesime. In ultima analisi,
sotto il profilo dei rapporti intercorrenti tra le fondazioni di matrice bancaria ed i Centri di Servizio, così come delineati dalla previsione legislativa in esame, emerge che (i) le fondazioni permangono nella titolarità dei fondi accantonati; (ii) in ragione del fatto che
tali fondi costituiscono patrimonio separato, il vincolo di destina-
17
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
zione che ne consegue si manifesta con due ordini di riduzione del
potere di disposizione relativo al legittimo proprietario:
a) una prima limitazione è di carattere oggettivo ed è rappresentata dalla circostanza che il fondo è destinato a sostenere e qualificare l’attività del volontariato;
b) una seconda limitazione è di carattere soggettivo, nel senso che
tale fondo è disponibile per i Centri di Servizio che lo utilizzano
per i compiti di sostegno dell’attività di volontariato, nonché
per il Comitato di Gestione per le proprie spese di funzionamento.
Il fondo non è nemmeno gestito dai Centri di Servizio, ma
amministrato dal Comitato di Gestione, che è il trait d’union tra la
fondazione ed i Centri.
Il vincolo di destinazione e la natura di patrimonio separato
delle somme scritturate nel fondo speciale per il volontariato ha effetti non solo nei confronti dei Comitati di Gestione, ma anche nei
confronti dei Centri di Servizio, i quali, come già detto, devono utilizzare tali somme unicamente per erogare servizi alle organizzazioni di volontariato.
La natura di patrimonio separato, di pertinenza delle fondazioni di matrice bancaria, delle somme scritturate nel fondo speciale per il volontariato ha riflessi in ordine alla proprietà dei beni acquistati, con tali somme, dai Centri di Servizio per l’erogazione dei
servizi alle singole organizzazioni di volontariato.
Nello specifico si pone il problema di comprendere se il bene
acquistato da un Centro di Servizio resti di proprietà di quest’ul-
18
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
timo anche quando perda tale qualifica, oppure passi nella disponibilità del nuovo Centro di Servizio.
La soluzione al quesito richiede un’attenta riflessione sul
meccanismo di erogazione delle somme ai Centri di Servizio.
Il Comitato di Gestione assegna le somme del fondo speciale
per il volontariato ai Centri di Servizio sulla base di progetti, che
questi ultimi predispongono23 per il sostentamento delle organizzazioni di volontariato.
Si ricorda che il Comitato di Gestione può finanziare il programma di erogazione di servizi alle organizzazioni di volontariato e solo in via indiretta e strumentale finanzia l’acquisto dei beni
necessari ad erogare servizi.
La strumentalità del bene all’attuazione del programma ed il
vincolo di destinazione che grava sulle somme del fondo speciale
per il volontariato, importa come diretta conseguenza che tali beni
dovranno sempre e solo essere utilizzati per sostenere e qualificare
l’attività di volontariato.
È evidente pertanto che, laddove un Centro di Servizio venga
cancellato dal relativo elenco, lo stesso non potrà mai trattenere in
proprietà i beni acquistati per l’erogazione di un servizio
nell’ambito di una attività approvata dal Comitato di Gestione, ma
dovrà necessariamente restituirli ai Comitati di Gestione che dovranno provvedere ad assegnare detti beni ad altri Centri di Servizio, magari di nuova istituzione, in modo che il bene venga sempre utilizzato per il sostegno del volontariato.
23
Art. 3, comma 1, D.M. cit. in nota 12.
19
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Tale soluzione si presenta come la più rispondente alla ratio
dell’art. 2, comma 1, del D.M. 8 ottobre 1997; la quale, nella parte
in cui pone un vincolo di destinazione delle somme del fondo speciale per il volontariato a favore della erogazione di servizi alle organizzazioni di volontariato, ne vieta l’utilizzo per fini diversi, onde i beni acquistati per l’erogazione di servizio, non potranno restare in proprietà di enti che non erogano più servizi alle organizzazioni, in quanto, in tal modo, si sottrarrebbero delle somme da
fondo dal vincolo di destinazione.
Le fondazioni di matrice bancaria e le casse di risparmio depositano le somme destinate al fondo speciale per il volontariato
richieste dal Comitato di Gestione presso gli Istituti bancari scelti
24.
Le predette somme potranno poi essere trasferite su un conto
corrente intestato a ciascun Comitato di Gestione ed a ciascun
Centro di Servizio. Su tali somme decorrono interessi attivi, che
dovranno essere imputati alle spese di funzionamento dei Comitati di Gestione per l’esercizio successivo25; gli interessi attivi maturati sulle somme devolute ai Centri di Servizio andranno a sommarsi alle stesse e, nell’ipotesi in cui tali interessi non vengano utilizzati per la realizzazione del programma, dovrebbero confluire
nel “residuo”.
24
Art. 5, comma 1, D.M. cit. in nota 12.
25
Linee guida per l’avvio della operatività dei Comitati di Gestione diffuse
dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari
sociali.
20
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
4. Il principio di sussidiarietà
Il modello di finanziamento dell’attività di volontariato delineato dall’art. 15 della legge n. 266 del 1991 è un modello che ha rilevanza costituzionale. Più precisamente può considerarsi un esempio di organizzazione strutturata sulla base del principio di
sussidiarietà orizzontale di cui all’articolo 118 della Costituzione.
Pertanto, anche al fine di interpretare la normativa che disciplina il
sistema di finanziamento delle attività di volontariato, è opportuno fare un breve cenno sul principio in questione.
L’articolo 118 della Costituzione stabilisce che “Stato, Regioni,
Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà”. Il principio di
sussidiarietà orizzontale può definirsi come il paradigma ordinatore dei rapporti fra lo Stato, le formazioni sociali e gli individui.
Esso impone alle istituzioni pubbliche di favorire lo sviluppo delle
autonomie individuali e collettive al fine di promuovere la cura
degli interessi generali da parte delle autonomie medesime.
È in questa veste che il principio di sussidiarietà apre la strada alla attività degli organismi operanti nel c.d. “terzo settore”;
operando sia come limite all’intervento pubblico diretto, ogni
qualvolta gli interessi collettivi e generali risultino adeguatamente
curati dalla associazioni, sia come obbligo per l’autorità stessa di
agire nei confronti delle associazioni medesime in funzione di sostegno.
Nella predetta ottica, il principio in disamina non soltanto attua pienamente l’articolo 2 della Costituzione, ma consente sinergie tra pubblico e privato tali da determinare un profondo rinno-
21
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
vamento dei caratteri del nostro Stato.
22
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
CAPITOLO 2
“FUNZIONAMENTO DEL COMITATO DI GESTIONE”
1. Profilo dell’ente
1.1 La composizione dei Comitati di Gestione
Il Comitato di Gestione è un organo senza personalità giuridica composto da quindici componenti26:
a) uno in rappresentanza della regione competente, nominato secondo le previsioni regionali in materia;
b) quattro in rappresentanza delle organizzazioni di volontariato
iscritte nel relativo registro regionale maggiormente presenti
sul territorio, nominati secondo le specifiche previsioni regionali in materia;
c) uno nominato dal Ministro del lavoro delle politiche sociali27;
d) sette nominati dalle fondazioni di matrice bancaria e dalle casse
di risparmio28;
e) uno nominato dall’Associazione fra le Casse di Risparmio Italiane;
26
Art. 2, comma 2, D.M. cit. in nota 12.
27
Ancorché il decreto ministeriale dell’8 ottobre 1997 faccia riferimento
all’art. 2, comma 2 lett. c), al “Ministro per la solidarietà sociale”.
28
Alle fondazioni di matrice bancarie “spetta nominare un proprio componente per ogni settimo del totale delle somme destinate al fondo speciale
presso la regione. Nel caso residuino frazioni inferiori al settimo il componente designato dall’ente (o dalla cassa) cui corrisponde la frazione più alta
…” (Art. 2, comma 7, D.M. cit. in nota 12).
23
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
f) uno nominato in rappresentanza degli enti locali, nominato secondo le previsioni regionali in materia.
Il Comitato di Gestione è, come già detto, un organo senza
personalità giuridica; e, a differenza dei Centri di Servizio, non
può neanche ottenere tale riconoscimento dopo la costituzione,
poiché ciò sarebbe contrario allo spirito del decreto ministeriale,
che ha inteso creare un soggetto giuridico sottratto agli adempimenti connessi ad una associazione riconosciuta; tant’è che il legislatore ha posto regole di funzionamento incompatibili con una
associazione riconosciuta (la quale, ad esempio, deve essere costituita per atto pubblico29, deve costituire un patrimonio ed essere
regolata da uno statuto30).
Il Comitato di Gestione resta in carica per due anni decorrenti
dal giorno successivo alla scadenza del precedente Comitato31.
Al fine di assicurarne la continuità operativa, le disposizioni
esplicative del decreto ministeriale stabiliscono che il Comitato di
Gestione di nuova nomina possa validamente ritenersi costituito
allorché vi sia stata la nomina di almeno la maggioranza dei componenti32. In tal modo, si è inteso sollecitare gli enti titolari del potere di nomina a provvedere per tempo; invero l’inerzia degli stessi penalizza la durata del mandato dei componenti nominati successivamente, che scadono comunque con tutti gli altri componenti.
29
Art. 14 codice civile.
30
Art. 16 codice civile.
31
Art. 2, comma 3, D.M. cit. in nota 12.
32
Disposizioni esplicative del D.M. 8 ottobre 1997 emanate dalla Presidenza
del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli affari sociali.
24
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Si ricorda, inoltre, che i componenti nominati in sostituzione
di quelli cessati nel corso del mandato restano in carica per la durata residua dei componenti che sono chiamati a sostituire33.
La carica di componente del Comitato di Gestione è gratuita;
allo stesso sarà esclusivamente riconosciuto il rimborso delle spese
effettivamente sostenute per partecipare alle riunioni.
1. 2 La natura del Comitato di Gestione
Come visto nel paragrafo precedente, il Comitato di Gestione
è composto da soggetti che rappresentano enti pubblici e privati.
Proprio in ragione di tale composizione, ed in considerazione
che la funzione principale dei Comitati di Gestione è quella di
amministrare somme destinate alla qualificazione e al sostegno
delle attività di volontariato - attività quest’ultima di indubbia rilevanza pubblicistica - il primo problema che si pone all’interprete
è quello di stabilire la natura - pubblica o privata – dei Comitati di
Gestione.
La questione è di fondamentale importanza per stabilire la disciplina – appunto pubblica o privata – applicabile ai Comitati di
Gestione; ed anche per individuare il giudice competente a risolvere le controversie in cui essi siano parte. Compito non agevole,
poiché le norme che regolamentano il settore sono caratterizzate
dalla interconnessione di profili sia privatistici che pubblicistici.
Ciò premesso, preme da subito evidenziare come la bipartizione - soggetti privati (cui si applicano norme privatistiche) e
soggetti pubblici (cui si applicano norme pubblicistiche) - abbia già
33
Cfr. Disposizioni Esplicative cit. in nota 32.
25
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
da tempo segnato il passo dinanzi all’evoluzione del nostro sistema giuridico: tale distinzione non è infatti più in grado di reggere
il confronto dinanzi alle molteplici esperienze di soggetti che, sebbene di indubbia matrice privata, svolgono funzioni di interesse
pubblico ed alla correlata progressiva “privatizzazione” di molte
funzioni pubbliche.
Non v’è dubbio che i Comitati di Gestione rientrino a pieno
titolo nella categoria dei soggetti privati che esercitano funzioni di
rilevanza pubblica e che svolgono attività indubbiamente rivolte
alla cura di un interesse generale. Ciò determina che, come si specificherà meglio nel paragrafo successivo, ai Comitati di Gestione
debba tendenzialmente applicarsi una disciplina di matrice privatistica; fermo restando che, in relazione ad alcune attività direttamente preordinate alla cura di interessi pubblici, saranno applicabili talune norme di matrice pubblicistica.
Il dibattito è tuttora aperto e vede autorevolmente in campo
anche chi ritiene che la cura degli interessi generali, cui sono preordinati i Comitati di Gestione, non determini per gli stessi alcuna
applicazione delle norme pubblicistiche. Tuttavia la giurisprudenza, seppur non investita frequentemente del tema, non ha mai
mancato di esprimersi in senso contrario34.
Merita un particolare approfondimento una pronuncia del
Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia Romagna, che ha
recentemente esaminato la questione relativa alla sussistenza della
propria giurisdizione in merito all’impugnazione del provvedimento di cancellazione di un Centro di Servizio dal relativo elenco.
34
Cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 565 del 2003 e T.A.R. Veneto, Sez. I, n.
1036 del 2003.
26
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Nel caso di specie il TAR, pur non prendendo una decisa posizione sulla natura del Comitato di Gestione (non ritenendo necessaria
la preventiva definizione soggettiva dello stesso), ha rilevato come
esso esplichi (oggettivamente) una funzione pubblicistica o di interesse generale, sostenendo come “appare più ragionevole la conclusione che l’attività svolta dal detto organo risulta diretta non alla realizzazione di interessi di natura privatistica o, comunque, riconducibili a
quelli degli enti privati finanziatori, ma, diversamente al perseguimento
di obiettivi di interesse pubblico e generale, quali l’istituzione stessa dei
Centri di servizio su istanza non solo degli enti finanziatori, ma anche
degli enti locali interessati, la ripartizione delle somme ricomprese nel
fondo speciale e destinate al finanziamento delle attività dei Centri di servizio ed, infine, la stessa verifica della correttezza della gestione dei detti
centri con riguardo sia all’osservanza delle norme sia all’effettivo svolgimento delle attività a favore delle organizzazioni di volontariato; potere
cui è connessa la potestà in caso di esito negativo dei riscontri, di cancellazione del centro dall’elenco regionale”35.
E laddove l’attività dei Comitati di Gestione è finalizzata al
perseguimento di interessi pubblici, gli stessi, in ossequio
all’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, dovrebbero
prudentemente osservare la disciplina pubblicistica per l’adozione
dei relativi atti (ad esempio per la istituzione dei Centri di Servizio
e per la cancellazione degli stessi dal relativo elenco). Sulla stessa
posizione si è del resto espressa anche la Presidenza del Consiglio
dei Ministri in sede di emanazione delle note esplicative36.
35
T.A.R. Emilia Romagna n. 858 del 17 giugno 2002.
36
“I Comitati conformano esplicitamente il processo decisionale degli stessi ai
principi di trasparenza propri dell’esercizio di pubbliche funzioni: soprattutto l’individuazione dei soggetti destinatari dei fondi in questione, cioè
27
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
1.3 Il regime giuridico applicabile
L’individuazione delle attività dei Comitati di Gestione a cui
sia applicabile la disciplina pubblicistica non è sempre agevole, in
quanto l’attività privatistica e quella pubblicistica frequentemente
si intersecano.
Si può ritenere che, ispirandosi in questo alla giurisprudenza
amministrativa, siano soggette alla disciplina pubblicistica le attività concernenti la individuazione dei Centri di Servizio, la cancellazione degli stessi dall’elenco regionale e la ripartizione delle
somme scritturate nel fondo speciale per il volontariato. In tal senso si esprimono anche le disposizioni esplicative del D.M. 8 ottobre 1997 diramate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri37.
Pertanto per gli atti sopra citati dovrebbe trovare applicazione la disciplina contenuta nella legge 7 agosto 1990, n. 241, contenente nuove norme in materia di procedimento amministrativo e
di diritto di accesso ai documenti amministrativi. In particolare, alla luce delle disposizioni contemplate nella predetta legge, gli atti
sopra citati dovranno essere adeguatamente motivati, con riferimento alle ragioni di fatto e diritto che hanno determinato la decidei Centri di Servizio operanti nella regione con il supporto finanziario previsto dalla legge n. 266 / 1991 e la cancellazione dall’elenco regionale dei
Centri già istituiti ove ne esistano i presupposti” (Cfr. Disposizioni Esplicative cit. in nota 33).
37
“Con riferimento ai compiti e al funzionamento dei Comitati di gestione, il
successivo 6° comma dell’art. 2 del Decreto conforma esplicitamente il processo decisionale degli stessi ai principi di trasparenza propri dell’esercizio
di pubbliche funzioni: soprattutto la individuazione dei soggetti destinatari
dei fondi in questione, cioè dei Centri di servizio operanti nella regione con
il supporto finanziario previsto dalla legge n. 266/1991 e la cancellazione
dall’Elenco regionale dei centri già istituiti ove ne esistano i presupposti”
(Disposizioni esplicative cit. in nota 33).
28
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
sione, e fare espresso riferimento alle risultanze dell’istruttoria.
Dunque il Comitato di Gestione dovrà motivare (i) l’atto con cui
istituisce il Centro di Servizio, (ii) l’atto con cui cancella un Centro
di Servizio dall’elenco e (iii) l’atto con cui distribuisce le somme fra
i vari Centri di Servizio presenti sul territorio.
A titolo esemplificativo , nell’ipotesi in cui un Comitato di
Gestione cancelli un Centro di Servizio dall’elenco regionale per il
venire meno dell’effettivo svolgimento delle attività a favore delle
organizzazioni di volontariato38, esso dovrà indicare le ragioni che
lo hanno indotto a ritenere ciò; ugualmente, in sede di istituzione
dei Centri di Servizio, il Comitato di Gestione dovrà indicare il
motivo per cui ha accolto un’istanza piuttosto che un’altra (ad esempio perché il progetto presentato risponde maggiormente alle
esigenze del territorio).
Il Comitato di Gestione, a giudizio della giurisprudenza espressasi sull’argomento, dovrà comunicare al Centro di Servizio
l’avvio del procedimento di cancellazione dall’elenco regionale dei
Centri di Servizio, ai sensi dell’art. 7 della Legge 7 agosto 1990, n.
24139, al fine di consentirgli la partecipazione al procedimento40.
Di contro tutte le attività svolte dal Comitato di Gestione che
esulano da quelle sopra elencate sono regolate da norme di diritto
privato; in tal caso l’attività del Comitato è regolata al pari di quella posta in essere da un qualsiasi altro soggetto giuridico privato.
38
Art. 3, comma 5, cit. in nota 12.
39
“L’avvio del procedimento è comunicato con le modalità previste dall’art. 8
ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi” (art. 7 della Legge 7 agosto 1990, n. 241).
40
T.A.R. Veneto, n. 1036 del 2003.
29
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
A titolo meramente esemplificativo il Comitato di Gestione
non è tenuto ad uniformarsi ai principi di trasparenza propri
dell’esercizio di funzioni pubbliche, né deve applicare le norme
contenute nella Legge n. 241 del 1990, a) quando effettua il controllo del rendiconto dei Centri di Servizio, b) quando delibera di assumere una persona(non procedendo pertanto ad esperire un concorso pubblico) o nominare un consulente, ;, c) quando procede
all’acquisto di beni (non essendo il Comitato di Gestione tenuto ad
osservare le norme di evidenza pubblica o quelle del Testo Unico
degli Enti Locali relative all’assunzione di impegni di spesa).
1.4 Le responsabilità civili, penali ed amministrative del Presidente e dei componenti il Comitato di Gestione
Il Comitato di Gestione è come più volte già accennato un
soggetto di diritto privato senza personalità giuridica e, come tale,
può essere inquadrato nell’ambito della disciplina dei comitati di
cui agli artt. 36 e ss. del codice civile: dunque il regime di responsabilità dei suoi componenti trova la disciplina nelle norme del
codice civile.
Pertanto, a mente dell’art. 40 del codice civile, i componenti
del Comitato di Gestione sono responsabili personalmente e solidalmente della destinazione dei fondi allo scopo annunziato.
Mentre, ai sensi dell’art. 41, gli stessi rispondono solidalmente e personalmente nei confronti dei terzi con riguardo alle obbligazioni assunte dal Comitato di Gestione, senza distinzione tra chi
ha agito e chi non ha agito: quindi, ad esempio, nell’ipotesi in cui
un componente acquisti un bene per il Comitato di Gestione, il
30
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
venditore potrà chiedere il pagamento del prezzo a qualsiasi componente del Comitato .
Vi è dunque una responsabilità illimitata e solidale dei componenti del Comitato di Gestione per tutti le obbligazioni assunte
da questo (o da ciascun suo componente) ed anche in relazione alle
ipotesi di responsabilità per atti illeciti compiuti dai componenti
nell’esercizio di una attività posta in essere per il Comitato.
Stante il richiamato principio di responsabilità illimitata e solidale dei componenti del Comitato di Gestione, al fine di far fronte ai rischi derivanti da eventuali richieste di risarcimento avanzate da terzi nei confronti del Comitato, o anche per fronteggiare eventuali soccombenze giudiziali (ossia condanne alle spese di giudizio), si ritiene assolutamente utile che ogni Comitato di Gestione
stipuli apposite polizze assicurative a copertura dei rischi sopra ricordati, il cui costo potrà ben essere addebitato tra le spese di funzionamento e di attività del Comitato stesso41, così da poter essere
imputato alla contabilità dei Centri di Servizio.
Per quanto concerne la responsabilità penale si ricorda come
l’art. 27 della Costituzione stabilisca che “la responsabilità penale è
personale”; pertanto di eventuali reati commessi da componenti del
Comitato di Gestione nell’esercizio delle proprie funzioni risponderanno solo ed esclusivamente i soggetti che avranno posto in essere le relative condotte, senza che alcun pregiudizio possa ricadere sugli altri componenti.
A riguardo della responsabilità penale, giova ricordare come
sia stato recentemente introdotto nel nostro ordinamento il princi41
Art. 2, comma 4, D.M. cit. in nota 12.
31
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
pio della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche,
delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica (come i Comitati di Gestione), susseguente alla commissione di
reati42.
Il decreto legislativo n. 231 del 2001 stabilisce che gli enti sopra citati siano direttamente responsabili per la commissione di alcuni reati (espressamente indicati dal decreto43), commessi da soggetti che occupano una posizione apicale all’interno dell’ente, ossia
da chi ha funzioni di rappresentanza, amministrazione e controllo
dello stesso; oppure da soggetti che siano sottoposti a direzione e
vigilanza.
Per configurarsi la responsabilità dell’ente occorre che il reato
sia stato commesso a vantaggio o nell’interesse dello stesso.
Alla luce degli elementi sopra sinteticamente descritti, allorché taluno dei componenti il Comitato di Gestione dovesse commettere uno dei reati indicati dalla normativa in esame (ad esempio corruzione) nell’interesse e a vantaggio del Comitato, anche
questo, oltre al componente, potrebbe essere direttamente sanzionato.
Concretamente è piuttosto improbabile che componenti del
Comitato di Gestione commettano reati previsti nel citato decreto
42
Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231
43
I reati che potrebbero determinare la responsabilità del Comitato di Gestione sono: malversazione ai danni dello Stato (art. 316 bis c.p.); indebita
percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316 ter c.p.); truffa aggravata (art. 640, comma 2 n. 1, c.p.); truffa aggravata per il conseguimento
di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.); frode informatica (art. 640 ter
c.p.); corruzione e concussione (artt. 317, 318, 319, 319 ter, comma 1, 321, 322
c.p.); falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo (artt.
453, 454, 455, 457, 459, 464 c.p.).
32
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
legislativo; ed invero è solo teoricamente ipotizzabile la commissione del reato di corruzione44; né appaiono concretizzabili i reati
di malversazione ai danni dello Stato; indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e truffa aggravata per il conseguimento
di
erogazioni
pubbliche,
in
quanto
presupporrebbero
l’erogazione di contributi dello Stato al Comitato di Gestione.
Teoricamente appare configurabile il reato di frode informatica45. In tal caso potrebbe ad esempio ipotizzarsi che un componente del Comitato alteri i dati contenuti nel sistema informatico della
banca presso cui ha il conto corrente ed aumenti le somme a disposizione dello stesso.
2. La prima riunione di insediamento
2.1 La convocazione della prima riunione
La norme in materia non recano alcuna previsione in ordine
alle modalità ed ai tempi di convocazione della riunione di insediamento del Comitato di Gestione, questioni per le quali si potrà
ben ispirarsi su norme dettate per enti simili.
44
Un componente del Comitato di Gestione che dà o promette ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di pubblico servizio una somma di denaro,
affinché quest’ultimo compia un atto contrario ai propri doveri di ufficio o
non compia o ritardi atti del proprio ufficio e tale fatto è commesso a vantaggio del Comitato.
45
Art. 640 ter c.p.: “chiunque alterando in qualsiasi modo il funzionamento di
un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema
informatico o telematico o ad essi pertinenti procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”.
33
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Ebbene, al fine di assicurare la continuità della operatività del
Comitato di Gestione, appare quanto mai opportuno che il neo
Comitato venga convocato dal Presidente uscente, che inviterà alla
riunione i soggetti (si ricorda che debbono essere almeno otto, ossia la metà più uno di quelle previsti dalla legge). In caso di inerzia
del Presidente uscente il nuovo Comitato di Gestione potrà ben essere convocato da uno dei componenti di nuova nomina.
Al fine di evitare disagi ed incomprensioni sarà buona regola
che la prima convocazione sia fatta nella sede dove si è abitualmente riunito il Comitato di Gestione uscente.
L’ordine del giorno della prima riunione è fissato ex lege, laddove si stabilisce che, “nel corso della prima riunione, ciascun comitato
di gestione, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, fissa le norme
disciplinanti le modalità di funzionamento ed elegge nel suo seno il presidente”46; pertanto l’ordine del giorno sarà almeno articolato su tre
punti: 1) adozione delle norme disciplinanti il funzionamento del
Comitato di Gestione (ben potendosi mutuare quelle eventualmente adottate dal Comitato scaduto); 2) elezione del Presidente; 3) varie ed eventuali.
Si ricorda che l’adozione delle norme disciplinanti l’elezione
del Presidente dovranno avvenire a maggioranza assoluta dei
componenti.
Durante la prima riunione sarà opportuno che ciascun componente provveda ad accettare la carica, mediante una dichiarazione a verbale.
46
Art. 2, comma 5, D.M. cit. in nota 12.
34
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
2.2 L’approvazione delle norme disciplinanti il funzionamento
del Comitato di Gestione
Come anticipato nel paragrafo precedente, ciascun Comitato
di Gestione deve, nella prima riunione, provvedere a darsi norme
disciplinanti il proprio funzionamento.
Per quanto riguarda i contenuti del predetto atto regolamentare, in assenza di specifiche indicazioni normative, le seguenti
appaiono le questioni da mettere a tema nel documento:
a) modalità per la convocazione delle riunioni;
b) quorum strutturali (maggioranze per la validità della riunione) e funzionali (maggioranze per la validità delle decisioni)47, nonché regole concernenti la verbalizzazione delle
sedute;
c) modalità per la pubblicizzazione delle delibere adottate;
d) poteri e funzioni del Presidente (con particolare riguardo alla possibilità di adottare, in casi di urgenza, atti da portare a
ratifica nella prima riunione utile del Comitato);
e) poteri e funzioni del Vice Presidente, nonché modalità di
nomina;
f) organizzazione degli eventuali ulteriori organi con specificazione dei compiti;
g) modalità di nomina dei componenti degli organi deliberativi
e di controllo e del Comitato di Gestione;
h) modalità per la pubblicità dell’elenco regionale dei Centri di
Servizio;
35
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
i) procedure per la modifica del regolamento.
Per quanto riguarda i contenuti concreti, vi è ampia discrezionalità in capo ai Comitati di Gestione, fermo restando il rispetto
delle normative generali e dei principi posti dalla giurisprudenza.
E così, ad esempio, ogni Comitato di Gestione potrà declinare proprie norme disciplinanti i quorum strutturali e funzionali, così da
adottare soluzioni diversificate in relazione alla maggiore o minore importanza delle decisioni da assumere; nel merito si suggerisce
di prevedere, in via generale, la presenza della maggioranza dei
componenti il Comitato di Gestione affinché il collegio possa dirsi
validamente costituito, nonché la necessità del voto favorevole
della maggioranza dei presenti per l’adozione delle deliberazioni,
fermo restando che il Comitato di Gestione, come già riferito, può
adottare soluzioni diverse e stabilire anche quorum strutturali e
funzionali inferiori a quelli sopra indicati.
Naturalmente il Comitato di Gestione potrà inserire nelle
norme disciplinanti qualsiasi altra previsione che ritenga necessaria per disciplinare il proprio funzionamento.
2.3 L’elezione del Presidente
Come già anticipato il Presidente del Comitato di Gestione,
per espressa disposizione legislativa, viene nominato nella prima
riunione a maggioranza assoluta dei componenti nominati.
Una volta nominato il Presidente, è opportuno che ne vengano definiti compiti e poteri conferendogli deleghe specifiche, al fine di evitare la necessità che, per qualsivoglia decisione, debba essere convocato il Comitato di Gestione. Ad esempio si può stabili-
36
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
re che il Presidente possa dare mandato ad avvocati nel caso in cui
bisogna resistere in giudizio, possa autorizzare alcune spese entro
un predeterminato limite, ecc.
Il Presidente ha la rappresentanza legale del Comitato; convoca e presiede le riunioni e può delegare precise funzioni al VicePresidente od avvalersi per talune procedure della collaborazione
di altri componenti.
3. I primi adempimenti organizzativi
3.1 Elezione degli organi interni del Comitato di Gestione
Il decreto ministeriale non contiene alcuna prescrizione in ordine alla nomina degli organi del Comitato di Gestione diversi dal
Presidente. Il Comitato pertanto, nell’esercizio della propria autonomia, può individuare altri organi a seconda delle proprie esigenze e, in questo caso, provvedere quanto prima alla nomina degli stessi.
Il Comitato di Gestione potrebbe designare uno o più VicePresidenti che, coadiuvando il Presidente, possano assumere su
delega funzioni di competenza di quest’ultimo; il Comitato potrebbe altresì nominare un Segretario , che potrebbe farsi carico di
una maggiore assistenza al Presidente ed ai membri del Comitato
di Gestione, della cura della redazione delle delibere, della tenuta
dei verbali, ecc. Potrebbe altresì essere prevista una Giunta Esecutiva con particolare competenza nella cura dell’esecuzione delle
delibere assunte.
37
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Relativamente alle maggioranze richieste per la nomina degli
organi interni del Comitato di Gestione, sembra opportuno che gli
stessi, analogamente a quanto ex lege previsto per il Presidente,
vengano eletti a maggioranza assoluta dei componenti .
3.2 Nomina dei rappresentanti in seno agli organi deliberativi e
agli organi di controllo del Centro di Servizio
Il Comitato di Gestione “nomina un membro degli organi deliberativi ed un membro degli organi di controllo dei Centri di Servizio”48.
La nomina di un componente dell’organo deliberativo ed in
quello di controllo del Centro di Servizio risponde all’esigenza di
consentire al Comitato di Gestione di esercitare un controllo interno, dunque costante e continuativo, sull’attività dei Centri di Servizio.
Il Comitato di Gestione può nominare anche soggetti esterni
al Comitato come componenti degli organi deliberativi e di controllo dei Centri di Servizio.
Il Comitato di Gestione, in sede di predisposizione delle norme di funzionamento, può stabilire che i componenti dell’organo
deliberativo e di controllo del Centro di Servizio abbiano determinati requisiti morali e professionali; inoltre, per rendere il controllo
più efficace, il Comitato di Gestione potrebbe far cadere la scelta
su professionisti (avvocati, commercialisti etc.).
Si pone in tale ambito il problema relativo alla durata della
carica di componente nell’organo deliberativo e nell’organo di
controllo del Centro di Servizio su nomina dal Comitato di Ge48
Art. 2, comma 6 lett. d), D.M. cit. in nota 12.
38
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
stione; ed in particolare se gli stessi restino in carica per il periodo
di durata del Comitato di Gestione che li ha nominati (ossia due
anni), oppure se la durata sia legata alla durata degli altri componenti degli organi deliberativi e degli organi dei controllo del Centro di Servizio.
Si ricorda come la funzione della nomina dei suddetti componenti è quella di consentire al Comitato di Gestione di esercitare
un controllo in itinere sulle attività svolte dai Centri di Servizi49; ciò
significa che, al fine di consentire efficacemente tale controllo, tra i
componenti del Centro di Servizio nominato dal Comitato di Gestione ed il Comitato stesso debba intercorrere uno stretto rapporto di collaborazione e fiducia , pertanto sembra più rispondente alla ratio della norma ancorare la durata di tali nomine nei Centri di
Servizio alla durata del Comitato di Gestione.
Il nuovo Comitato, una volta insediato, potrà pertanto decidere in piena autonomia se confermare i componenti nominati nei
Centri di Servizio dal Comitato uscente, oppure nominarne nuovi
in sostituzione dei precedenti.
Affinché il Comitato di Gestione attui il controllo c.d. in itinere
dell’attività svolta dai Centri di Servizio, è necessario, come già
detto, che tra i componenti dell’organo deliberativo e di controllo
del Centro di Servizio nominati dal Comitato di Gestione ed il
Comitato stesso si instaurino stringenti raccordi operativi.
In proposito i regolamenti ministeriali non prevedono nulla;
tuttavia il Comitato di Gestione, all’atto di nomina dei suddetti
componenti, ben potrà richiedere che gli stessi periodicamente
49
Si veda Cap. 3 par. 3.4.
39
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
presentino delle relazione sull’attività del Centro di Servizio, o che
segnalino tempestivamente l’esistenza di eventuali disfunzioni o
anomalie. In tal modo il Comitato di Gestione sarà posto in grado
di valutare tempestivamente, e non solo con cadenza periodica, se
il Centro di Servizio svolga in modo corretto la propria attività a
favore delle organizzazioni di volontariato.
Si pone a questo punto la necessità di verificare se i componenti degli organi del Centro di Servizio possano essere retribuiti.
Sul punto si registrano due posizioni:
- quella di chi in forza del richiamo fatto dall’art. 3, comma 4,
del D.M. in merito ai regolamenti che i Centri devono adottare, ritiene che il principio della gratuità debba applicarsi a tutti gli organi del Centro;
- quella di chi, al contrario, ritiene che tale vincolo valga solo
nel caso in cui ad essere nominati siano i soggetti (persone fisiche)
aderenti (cioè soci) dell’Ente, e non anche nei confronti dei soggetti
(tanto più se professionisti incaricati) terzi rispetto alla struttura.
In ogni caso entrambi i rappresentanti potranno essere retribuiti per lo svolgimento di attività che esulano da quelle istituzionalmente espletate in dipendenza della carica ricoperta; ad esempio la relazione periodica da elaborarsi in favore del Comitato di
Gestione e tutte quelle altre attività di consulenza chieste dal Comitato stesso.
3.3 Sede e struttura operativa del Comitato di Gestione
Nelle norme vigenti in materia non esistono riferimenti specifici
o prescrizioni particolari in ordine alle sede ed alla struttura operativa
40
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
che debbono avere i Comitati di Gestione; pertanto la definizione di
tali argomenti è lasciata alla libera determinazione degli stessi.
Nella maggioranza dei casi la sede dei Comitati di Gestioni è messa a disposizione da un Ente (Regione, ASL ed altre associazioni ecc.),
che mete anche a disposizione le attrezzature di ufficio ed il personale
di segreteria.
Nulla tuttavia vieta al Comitato di Gestione di scegliere altra sede
anche pagando un affitto, intestarsi le relative utenze, acquistare le attrezzature ed i materiali per il proprio funzionamento, dotarsi di proprio personale di segreteria.
4. Il funzionamento del Comitato di Gestione
4.1 La convocazione delle riunioni
Il Comitato di Gestione, in quanto soggetto privato, sotto il
profilo organizzativo gode della più ampia autonomia decisionale;
pertanto lo stesso può regolare il proprio operato in sede di predisposizione del regolamento.
Fatta la premessa che precede, nel prosieguo verranno forniti
alcuni suggerimento relativi al funzionamento del Comitato di Gestione, frutto di una valutazione di opportunità diretta a garantire
il più possibile il regolare e democratico funzionamento.
Il Comitato di Gestione è convocato dal Presidente, che fissa
la data, l’ora e la sede della riunione, nonché l’ordine del giorno.
La convocazione può essere fatta ogni qual volta il Presidente ne
ravvisi la necessità e ogni qualvolta ne riceva richiesta motivata da
un numero predeterminato (nel regolamento) di componenti.
41
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Per quanto concerne le modalità di convocazione, appare
quanto mai opportuno che la stessa venga fatta tramite comunicazione scritta (raccomandata a.r.), inviata al domicilio indicato da
ciascun componente nella prima riunione; ovvero, in difetto, presso la residenza. La convocazione deve essere inviata almeno quindici giorni prima della data fissata per la riunione.
Nelle norme disciplinanti il funzionamento del Comitato di
Gestione può stabilirsi che, nell’ipotesi in cui sia necessario ricorrere a convocazioni urgenti, la convocazione sia fatta per fax o per
telegramma, da inviarsi almeno quarantotto ore prima della data
della riunione.
La riunione è presieduta dal Presidente o in caso di sua assenza dal Vice-Presidente, se esistente, ovvero da un componente
all’uopo delegato.
Come già riferito, la normativa in materia nulla dice in merito
alla maggioranza richiesta per la validità delle sedute. Anche in
questo caso è consigliabile la fissazione di regole ben precise in sede regolamentare.
4.2 I quorum deliberativi
Gli unici quorum fissati dalla legge per la validità delle delibere adottate dai Comitati di Gestione riguardano, come già anticipato, la nomina del Presidente e l’adozione delle norme che ne disciplinano il funzionamento, laddove è prevista la maggioranza assoluta dei componenti, quindi dei componenti effettivamente nominati (anche se in numero inferiore a quindici); per tutte le altre de-
42
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
libere il quorum deve essere stabilito dal Comitato di Gestione in
sede regolamentare.
Esso ha ampia facoltà di scelta, pertanto può adottare le soluzioni che ritiene più opportune; può ad esempio stabilire che, ai fini della validità delle sedute, sia necessaria la presenza della maggioranza dei componenti e che, ai fini della validità delle delibere
adottate, sia necessaria la maggioranza dei presenti.
È evidente che tale soluzione, sebbene più rispettosa del principio di democraticità, potrebbe paralizzare l’attività del Comitato
di Gestione, qualora non si raggiungessero mai le citate maggioranze; pertanto il Comitato, in sede regolamentare, può stabilire
anche quorum inferiori, come ad esempio prevedere che lo stesso
sia validamente costituito con la presenza di un terzo dei componenti. Parimenti il Comitato di Gestione ha ampia facoltà di prevedere quorum diversi per l’adozione di talune delibere ritenute
particolarmente delicate (come l’individuazione dei criteri da adottare nell’istituzione dei Centri di Servizio e la cancellazione degli stessi dai relativi elenchi). In tali ipotesi, mutuando il principio
previsto dalla legge per l’elezione del Presidente e l’adozione del
regolamento, in questo si potrebbe stabilire che determinate delibere siano prese con la maggioranza dei voti dei componenti nominati dal Comitato di Gestione.
4.3 Le delibere: formalità ed obblighi di pubblicità
Le delibere adottate dal Comitato di Gestione sono valide se
rispettano i quorum deliberativi fissati dalla legge o dalle norme
regolamentari. Esse devono essere tutte numerate, datate e sotto-
43
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
scritte dal Presidente e dal Segretario verbalizzante e conservate in
un archivio.
Quanto alla pubblicità, deve sottolinearsi che il regolamento
ministeriale
prevede
oneri
di
pubblicità
unicamente
per
l’individuazione dei criteri e delle scadenze per la presentazione
delle istanze per l’istituzione del Centro di Servizio. Onde tali delibere, ossia quelle con cui il Comitato di Gestione fissa criteri per
l’istituzione dei Centri di Servizio e le scadenze per la presentazione delle istanze, devono essere pubblicizzate mediante pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione e su almeno un quotidiano a diffusione nazionale50.
Tutte le altre delibere non sono soggette ad obblighi di pubblicità. Tuttavia il Comitato di Gestione, nell’ambito della propria
autonomia, può decidere di dare comunque una qualche forma di
pubblicità alle proprie delibere, magari mediante affissione in bacheca (presso la sede del Comitato) o mediante pubblicazione sul
sito web.
Ogni delibera deve in primo luogo contenere l’indicazione
della data, del luogo in cui si è riunito il Comitato di Gestione e le
generalità dei componenti intervenuti, nonché l’oggetto (ad esempio nomina dei membri degli organi direttivi e degli organi di controllo dei Centri di Servizio presenti nella Regione).
È altresì opportuno richiamare il riferimento normativo che
giustifica l’esercizio di una determinata attività deliberativa; ad esempio, nel caso di nomina dei componenti degli organi direttivi e
degli organi di controllo dei Centri di Servizio, può indicarsi: i) la
50
Art. 2, comma 6 lett. b), D.M. cit. in nota 12.
44
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
premessa che il Comitato con delibera n. ___ del__ ha istituito
l’elenco regionale dei Centri di Servizio di cui all’art. 2, comma 4
lett. b, del D.M. 8 ottobre 1997; ii) ai sensi dell’art. 2, comma 5 lett.
d), del D.M. 8 ottobre 1997, la delibera di nomina del componente
degli organi deliberativi e di controllo dei Centri di Servizio, con
precisa indicazione del contenuto della delibera (ad esempio delibera di nominare Tizio quale membro dell’organo di controllo del
Centro di Servizio Caio) ed il numero di voti favorevoli necessari
per l’adozione della delibera.
Tutte le delibere possono essere visionate dai componenti del
Comitato di Gestione, mentre quelle concernenti la istituzione dei
Centri di Servizio e la cancellazione degli stessi dall’elenco regionale possono essere visionate unicamente da soggetti che hanno
uno specifico interesse51; ad esempio alla delibera di istituzione dei
Centri di Servizio possono accedere tutte le organizzazioni di volontariato che hanno presentato istanza.
Tali soggetti dovranno presentare un’apposita istanza, in cui
dovranno esplicitare le ragioni della richiesta ed i documenti che
intendono visionare.
Si pone in tale ambito il problema relativo alle informazioni
richieste dalle fondazioni di matrice bancaria relativamente
all’impiego delle somme del fondo speciale per il volontariato.
Innanzitutto deve sottolinearsi che, poiché tali somme sono di
pertinenza di tali fondazioni, queste possono legittimamente chie51
“Al fine di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse
per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accesso ai
documenti amministrativi, secondo le modalità stabilite dalla presente legge” (art. 22 Legge 10 agosto 1990, n. 241).
45
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
dere informazioni sulle modalità del loro utilizzo; senza poter ovviamente chiedere informazioni sull’attività dei Centri di Servizio
per verificarne l’attuazione o la adeguatezza, in quanto il controllo
sull’attività dei Centri è solamente e direttamente in capo ai Comitati di Gestione. I quali, limitatamente alle informazioni legittimamente richieste, hanno un dovere informativo nei confronti delle
fondazioni , comunicando loro tutte le informazioni riguardanti
l’impiego delle somme scritturate nel fondo speciale per il volontariato.
4.4 I verbali
Le sedute del Comitato di Gestione devono essere verbalizzate a cura del Segretario, se nominato, altrimenti a cura del Presidente.
Nel verbale dovrà indicarsi giorno, ora e sede di convocazione, il nominativo dei componenti del Comitato di Gestione presenti, nonché quanto discusso e deliberato. Ogni componente ha diritto di chiedere l’inserimento a verbale delle proprie dichiarazioni di
voto.
Il Segretario verbalizzante ha l’obbligo di dare lettura del
verbale per l’approvazione al termine della seduta, oppure
all’inizio di quella successiva. Qualora vi siano contestazioni o
precisazioni circa il contenuto del verbale, queste ultime dovranno
essere inserite in calce al verbale con indicazione del soggetto che
ha fatto le osservazioni.
46
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Il tenutario dei verbali è il Presidente, il quale può delegare il
Segretario; tutti i componenti del Comitato di Gestione possono
chiedere copia dei verbali.
Soggetti terzi possono ottenere copia dei verbali, presentando
una richiesta motivata anche sotto il profilo della propria legittimazione (ossia l’interesse diretto del richiedente rispetto al contenuto dei verbali richiesti), solo per quelle parti che riguardano: a)
l’istituzione dei Centri di Servizio; b) la cancellazione degli stessi
dall’elenco regionale, c) l’istituzione e la pubblicizzazione
dell’elenco regionale dei Centri di Servizio; d) la ripartizione delle
somme del fondo fra i Centri di Servizio.
Si ricorda che, su tali questioni, la circolare ministeriale più
volte citata52 afferma l’applicazione delle norme sul diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui alla legge n. 241 del 1990.
5. Gli adempimenti amministrativi
5.1 I registri
Da quanto descritto in relazione alla attività del Comitato di
Gestione, si individuano almeno 4 registri che dovranno essere
predisposti a garanzia di un corretto funzionamento e di una trasparenza amministrativa:
1. Registro del protocollo – è il registro della corrispondenza in
arrivo ed in partenza; di norma si adotta una numerazione
52
Cfr. Disposizioni esplicative cit. in nota 32.
47
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
progressiva tale che ad un numero possa corrispondere un
solo documento (sia esso in arrivo o in partenza); si ricorda
che alcuni adempimenti, sia dei Comitati di Gestione che dei
Centri di Servizio, sono legati a date ovvero a scadenze
temporali definite (presentazione dei programmi e dei report, erogazione delle risorse, ecc.).
2. Registro dei Verbali – è il registro delle adunanze del Comitato di Gestione, ovvero dei suoi organismi (in questo caso si
tratterà di un registro per ogni organismo), in cui vengono
riportati progressivamente i verbali, che debbono essere
sempre sottoscritti in originale dal Presidente e del Segretario.
3. Registro delle Delibere – per comodità di consultazione potrebbe essere opportuno predisporre un registro in cui vengano riportate progressivamente le deliberazioni assunte dal
Comitato di Gestione, anche in questo caso sottoscritte in originale dal Presidente e dal Segretario.
4. Registro delle operazioni contabili (cfr. par. successivo).
Non si evidenziano obblighi di vidimazione dei suddetti registri; a riguardo sarà sufficiente che le pagine siano intestate, numerate progressivamente e siglate dal Presidente, seguendo le consuete regole prescritte per una tenuta ordinata.
5.2 La contabilità del Comitato di Gestione
Nessuna autonomia contabile viene dalla normativa attuale
riconosciuta ai Comitati di Gestione. L’art. 2 del D.M. 8 ottobre
1997, al punto 4, stabilisce infatti che “le somme necessarie per la co-
48
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
pertura delle spese di funzionamento e di attività dei Comitati di Gestione” devono essere imputate alla contabilità preventiva e consuntiva dei Centri di Servizio.
Tuttavia, anche in mancanza di precisi obblighi, è opportuno
che ciascun Comitato di Gestione istituisca un apposito libro giornale (anche nella versione di semplice “libro cassa”), nel quale registrare cronologicamente la movimentazione delle somme prelevate dal fondo.
È invece sicuramente necessario che tutta la documentazione
relativa alle spese sostenute (fatture, ricevute, ricevute/schede
rimborsi spese) venga conservata in maniera ordinata, previa loro
protocollazione e archiviazione per annualità di riferimento. La
stessa, trovando sintetica rappresentazione nei documenti di bilancio dei Centri di Servizio, può inoltre formare oggetto delle attività di verifica degli organi di controllo degli stessi Centri.
Si suggerisce infine di rappresentare in un documento di sintesi (ad esempio sotto forma di bilancio di pura cassa) le previsioni
e i consuntivi di spesa del Comitato di Gestione e di “formalizzare” gli stessi attraverso una specifica approvazione.
5.3 Le procedure per l’utilizzo del fondo speciale (somme per il
Comitato di Gestione e somme per i Centri di Servizio)
Le somme del fondo speciale per il volontariato sono utilizzabili dai Centri di Servizio per erogare servizi alle organizzazioni
di volontariato, nonché dagli stessi Comitati di Gestione per le
spese di funzionamento 53.
53
Art. 2, comma 1, D.M. cit. in nota 12.
49
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Il Comitato di Gestione preleva le somme necessarie al proprio funzionamento da quelle accantonate dalle fondazioni di matrice bancaria presso ciascun fondo speciale regionale, sulla base di
un impegno di spesa previamente predisposto, che evidenzi nel
dettaglio le voci e gli importi necessari per le proprie attività54.
Le somme necessarie al funzionamento del Comitato di Gestione vengono poi imputate alla contabilità preventiva e consuntiva dei Centri di Servizio55; pertanto il Comitato di Gestione, al fine di consentire la rappresentazione contabile delle somme prelevate per il proprio funzionamento, deve darne tempestiva comunicazione ai Centri di Servizio.
È opportuno precisare che i Comitati di Gestione possono
provvedere a prelevare dal fondo le somme necessarie al proprio
funzionamento, anche in assenza dei bilanci preventivi dei Centri
di Servizio.
Nell’ambito della propria autonomia organizzativa, il Comitato di Gestione provvede a disciplinare le modalità di effettuazione delle operazioni di prelevamento e di spesa delle suddette
somme.
Gli importi prelevati dai Comitati di Gestione per il proprio
funzionamento potranno essere trasferiti in un apposito conto aperto da ciascun Comitato presso qualsiasi istituto di credito.
Il Comitato di Gestione ripartisce annualmente fra i Centri di
Servizio istituiti presso la regione, le somme scritturate nel fondo
regionale per il volontariato56. Il provvedimento di ripartizione dei
54
Art. 5, comma 1, D.M. cit. in nota 12.
55
Art. 2, comma 4, D.M. cit. in nota 12.
56
Art. 2, comma 6 lett. f), D.M. cit. in nota 12.
50
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
fondi disponibili tra i Centri di Servizio è soggetto alle disposizioni
di legge sulla trasparenza amministrativa; pertanto il Comitato di
Gestione dovrà predeterminare i criteri di ripartizione dei fondi,
renderli pubblici e provvedere in merito motivando le proprie delibere.
Ove il Comitato di Gestione, in sede di predisposizione dei
criteri per l’istituzione del Centri di Servizio, non abbia provveduto a disporre anche in ordine ai criteri di ripartizione dei fondi nei
singoli esercizi annuali, dovrà provvedere con apposita delibera
preventiva indirizzata ai Centri di Servizio57.
Il Comitato di Gestione, in base alla diversa consistenza organizzativa e operativa dei Centri di Servizio, può provvedere ad
una ripartizione dei fondi su base non paritaria.
Una volta che il Comitato di Gestione abbia provveduto a individuare le somme su base annua spettanti ai Centri di Servizio,
nonché l’importo necessario per sostenere le proprie spese, provvede a darne comunicazione alle fondazioni di matrice bancaria e
alle casse di risparmio; le quali, entro trenta giorni, depositano
quanto richiesto presso gli Istituti di credito da loro scelti58.
La normativa in materia prevede espressamente che il Comitato di Gestione prelevi, con cadenza annuale, le somme dal fondo
speciale per il volontariato. Tuttavia tale previsione rientra tra le
c.d. norme imperfette, ossia tra quelle che, pur prevedendo una
prescrizione, non contemplano sanzioni correlate al mancato rispetto della stessa. Dunque, nell’ambito della propria autonomia,
57
Cfr. Disposizioni esplicative cit. in nota 32.
58
Art. 5, comma 1, D.M. cit. in nota 12.
51
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
il Comitato di Gestione ben può prelevare con diversa cadenza periodica, a seconda delle proprie necessità.
5.4 La gestione del c/c
Gli importi messi a disposizione dei Comitati di Gestione per
le spese di funzionamento possono essere trasferiti in un apposito
conto corrente aperto da ciascun Comitato, e per esso dal Presidente, presso un Istituto di credito.
Le operazioni di movimentazione sul conto corrente sono
demandate al Presidente, o ad altro componente da questo delegato, al quale spetta altresì il potere di firma sul conto corrente, il
quale può essere chiuso dal Presidente in qualsiasi momento ed
aperto presso un diverso Istituto.
5.5 Gli oneri per il funzionamento del Comitato di Gestione
5.5.1. Le spese dei Comitati di Gestione
Le spese necessarie per favorire le attività dei Comitati di Gestione, sia pur nella misura strettamente necessaria al loro funzionamento istituzionale, sono poste a carico dei Centri di Servizio su
base percentuale delle risorse loro assegnate59: il Decreto ministeriale ha in sostanza previsto che le spese necessarie per il funzionamento dei Comitati di Gestione confluiscano pro quota nei bilanci dei Centri di Servizio.
59
Art. 2, comma 4, D.M. cit. in nota 12.
52
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Le fonti di spesa possono essere diverse, stante la molteplicità
delle funzioni che il Comitato di Gestione è chiamato a svolgere.
Oltre alle spese effettivamente sostenute dai componenti del Comitato di Gestione per la partecipazione alle riunioni60, possono ad
esempio trovare ingresso in tale ambito: a) le spese sostenute dal
Comitato di Gestione per rendere pubbliche le proprie delibere; b)
le spese logistiche e di segreteria; c) gli eventuali onorari professionali dei consulenti che devono controllare i bilanci dei Centri di
Servizio; d) gli onorari dei procuratori per il contenzioso, allorquando il Comitato di Gestione debba difendersi in giudizio avverso l’impugnazione di propri provvedimenti61; e) le spese per
partecipare alla Consulta Nazionale dei Comitati di Gestione; f) le
spese di controllo e monitoraggio dell’attività dei Centri di Servizio; g) le spese per pubblicizzare l’attività dei Centri di Servizio.
In sostanza rientrano tra le spese legittimamente imputate al
funzionamento del Comitato di Gestione tutti costi che il Comitato
stesso deve sostenere per garantire il regolare ed efficace svolgimento delle proprie attività e quelle dei propri componenti, in ragione del proprio incarico.
Si ricorda che il Comitato di Gestione fissa l’ammontare degli
importi necessari al proprio funzionamento in un impegno di spesa. Al riguardo non sfugge che le spese di funzionamento non siano facilmente preventivabili; pertanto, nella determinazione del
loro ammontare, sarà opportuno prevedere eventuali esigenze
straordinarie (ad esempio può essere previsto un accantonamento
per le spese legali).
60
Art. 2, comma 3, D.M. cit. in nota 12.
61
Cfr. Disposizioni esplicative cit. in nota 32.
53
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
La destinazione delle somme del fondo speciale per il volontariato alla copertura delle proprie spese non implica che il Comitato di Gestione abbia una contabilità separata rispetto a quella dei
Centri di Servizio; tali spese, infatti, dovranno essere come già accennato imputate direttamente alla contabilità dei singoli Centri di
Servizio, sulla base di una attribuzione strettamente proporzionale
alla ripartizione annuale delle somme scritturate nel fondo speciale per il volontariato62.
È evidente che, a tali fini, nei bilanci preventivi dei Centri di
Servizio63 dovrà essere prevista una quota per le spese del Comitato di Gestione64; il quale dovrà pertanto annualmente comunicare
l’importo previsto per le proprie spese ai Centri di Servizio, che
questi dovranno inserire nel bilancio preventivo.
La documentazione delle spese sostenute dai Comitati di Gestione dovrà essere conservata presso i Comitati medesimi e tenuta
a disposizione per i controlli contabili che potranno essere eseguiti
dagli organi di controllo dei Centri di Servizio cui viene imputata
la spesa65.
5.5.2 I beni strumentali: proprietà e vincolo di destinazione
Nell’ambito delle somme destinate alla copertura delle spese
strettamente necessarie al proprio funzionamento, il Comitato di
Gestione può acquisire beni funzionali all’esercizio della propria
62
Art. 2, comma 4, D.M. cit. in nota 12.
63
Art. 2, comma 4, D.M. cit. in nota 12.
64
Cfr. Linee guida cit. in nota 25.
65
Si rinvia infra Par. 5.3.
54
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
attività istituzionale (cancelleria, computer, ecc.)66; beni che ovviamente rimangono in proprietà del Comitato di Gestione, atteso
che l’imputazione degli stessi alla contabilità dei Centri di Servizio
è assolutamente irrilevante per stabilirne la titolarità.
Si ricorda infatti che tali beni, proprio perché acquistati con
somme che hanno una speciale destinazione, possono essere utilizzati unicamente per le esigenze operative e funzionali dei Comitati di Gestione e rimangono nella titolarità degli stessi anche
quando vengono a modificarsi tutti i suoi componenti al termine
del mandato.
5.5.3 I rapporti di lavoro
Il Comitato di Gestione, così come può ricorrere all’ausilio di
consulenti e professionisti esterni per l’esame tecnico dei bilanci
dei Centri di Servizio o per la gestione del proprio contenzioso
giudiziario, può instaurare rapporti di lavoro con soggetti terzi,
sempre nell’ambito dei limiti delle spese strettamente necessarie al
proprio funzionamento (come, ad esempio, la segretaria o
l’addetto alle pulizie della propria sede).
Non sembra che siano ravvisabili limiti alla tipologia di contratti di lavoro che il Comitato di Gestione può concludere; anche
se ragioni di opportunità consigliano di ritenere sempre preferibile, ove possibile, l’utilizzo di contratti di lavoro che prevedano una
durata temporale limitata (contratti di lavoro a tempo determina-
66
Art. 2, comma 4, D.M. cit. in nota 12.
55
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
to, oppure contratti interinale), coincidente con il termine del
mandato dei componenti del Comitato di Gestione.
Si ricorda che il decreto legislativo n. 276 del 2003 (c.d. decreto Biagi) ha ampliato il novero dei modelli di lavoro flessibile67; in
esso si prevede la possibilità di avvalersi di lavoratori occasionali
(con ciò intendendosi le prestazioni che non superino la durata di
30 giorni nel corso dell’anno solare e che, in ogni caso, non diano
complessivamente luogo a compensi superiori ad € 5.000,00 sempre nel corso dell’anno solare) per lo svolgimento di attività di pulizia, manutenzione e per la realizzazione di manifestazioni culturali sportive e caritatevoli. Il citato decreto ha altresì previsto la
possibilità di concludere contratti di lavoro intermittente, grazie al
quale il lavoratore si mette a disposizione del datore di lavoro, che
ne può utilizzare la prestazione lavorativa unicamente per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo, individuate tassativamente dai contratti collettivi o in via sostitutiva dal Ministero
del Welfare68. Per i periodi nei quali il lavoratore garantisce la
propria disponibilità al datore di lavoro, in attesa di utilizzazione,
riceve un’indennità. Tale contratto può essere concluso anche a
tempo indeterminato.
Il lavoratore è in questi casi assunto dal Comitato di Gestione,
il quale provvederà a corrispondere la retribuzione utilizzando le
somme destinate a coprire le spese del proprio funzionamento.
5.6 Il Comitato di Gestione come sostituto d’imposta e come
soggetto autonomo d’imposta
67
Cfr. Art. 70 e ss. D.Lgs. n. 276 del 2003.
68
Cfr. Art. 33 e ss. D.Lgs. n. 276 del 2003.
56
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Ciascun Comitato di Gestione, in ossequio alla normativa
sulla anagrafe tributaria (D.P.R. 2 novembre 1976, n. 784), deve
possedere un proprio codice fiscale.
La richiesta di attribuzione va redatta su apposito modulo e
presentata all’ex Ufficio Distrettuale Imposte Dirette competente69.
I Comitati di Gestione che per assolvere le proprie funzioni si avvalgono delle prestazioni di lavoratori subordinati, parasubordinati o autonomi, assumono la veste di “sostituto di imposta”. Tale
qualifica viene prevista anche per gli enti non commerciali (quali
sicuramente sono sotto il profilo tributario i Comitati di Gestione)
dal D.P.R. n. 600 del 1973. Di conseguenza i Comitati che erogano
compensi di lavoro dipendente o assimilati, compensi professionali e le altre tipologie individuate nella richiamata normativa devono:
- effettuare le ritenute nella misura prevista dal D.P.R. n. 600
del 1973;
- versare le ritenute utilizzando gli appositi modelli F24 e gli
specifici codici tributi;
- presentare annualmente l’apposita dichiarazione dei sostituti d’imposta (c.d. mod. 770);
- rilasciare annualmente ai percettori la certificazione unica
dei redditi, anche ai fini contributivi e previdenziali nella
veste di modello CUD (se lavoratori subordinati o parasu-
69
L’Ufficio competente è quello della sede legale del Comitato di Gestione;
circostanza cui fare particolare attenzione atteso che in questo caso, a differenza dell’attribuzione delle partite Iva, non è accettata la presentazione
presso altri uffici.
57
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
bordinati) o di certificazione dei compensi (se lavoratori
autonomi).
I Comitati di Gestione in esame devono inoltre rispettare gli
obblighi formali e sostanziali previsti dalla normativa sul lavoro,
istituendo appositi libri matricola e paga, provvedendo agli obblighi assicurativi e previdenziali e alla redazione - trasmissione delle
dichiarazioni previste (quali le denunce INAIL, i c.d. G.L.A., ecc.)
Occorre a questo proposito notare che il rimborso delle spese
ai componenti del Comitato di Gestione non determina invece il
sorgere di alcun obbligo fiscale.
Anche i Comitati di Gestione possono essere interessati
dall’IRAP. Infatti il decreto istitutivo e di disciplina dell’imposta
regionale sulle attività produttive (D.Lgs. n. 446 del 1997) prevede
che anche gli enti privati non commerciali
siano assoggetti
all’imposta.
Per i Comitati di Gestione la base imponibile dell’imposta è
rappresentata dalla sommatoria delle retribuzioni spettanti al personale dipendente e dei compensi erogati ai collaboratori coordinati e continuativi e a coloro che svolgono attività di lavoro autonomo non abituale. Di conseguenza i Comitati di Gestione, ai quali
è possibile attribuire una soggettività tributaria ai fini IRAP, sono
anche obbligati a presentare la relativa dichiarazione.
5.7 La divulgazione delle informazioni e gli adempimenti richiesti dalle norme sulla privacy
I Comitati di Gestione formano e pubblicizzano l’elenco regionale dei Centri di Servizio, nel quale vengono indicati i dati dei
58
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Centri stessi, descritta l’attività da essi svolta e pubblicizzati i relativi regolamenti70.
Tale attività rientra pienamente nella definizione di “trattamento dei dati personali” contenuta nel D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196,
recante il “Codice in materia di protezione dei dati personali”, laddove,
per trattamento dei dati personali, si intende “qualsiasi operazione o
complesso di operazione, effettuata anche senza l’ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, la consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione,
l’estrazione, il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche
non registrati in una banca dati”71 ed avente ad oggetto “ … qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili … ”72.
L’applicazione del citato decreto comporta che i Comitati di
Gestione, allorché formano e pubblicizzano l’elenco regionale dei
Centri di Servizio, devono far in modo che i dati raccolti ed inseriti
nell’elenco regionale debbono essere esatti e, se necessario, aggiornati, pertinenti e non eccedenti le finalità per cui sono inseriti
nell’elenco73.
Nell’ambito di tale materia il Comitato di Gestione potrebbe
nominare al proprio interno un responsabile preposto al trattamento dei dati personali da indicare nell’elenco stesso74.
70
Art. 2, comma 6 lett. c), D.M. cit. in nota 12.
71
Art. 4, comma 1 lett. a), D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
72
Art. 4, comma 1 lett. b), D.Lgs. cit. in nota 74.
73
Art. 11, comma 1, D.Lgs. cit. in nota 74.
74
Art. 29 D.Lgs. cit. in nota 74.
59
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Il Comitato di Gestione deve informare anche verbalmente il
Centro di Servizio delle finalità e delle modalità di inserimento
nell’elenco dei soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati
possono essere comunicati, o che possono venirne a conoscenza, o
a cui tali dati possono essere comunicati dal Comitato di Gestione,
che è il soggetto (cd. titolare) cui competono le decisioni in ordine
alle modalità di trattamento dei dati personali e, ove esistente, del
responsabile del trattamento dei dati personali75.
Una volta informato il Centro di Servizi nei termini sopra indicati, il Comitato di Gestione può effettuare il trattamento dei dati
senza necessità del consenso del Centro stesso. Il consenso, infatti,
non è richiesto quando il trattamento “è necessario per adempiere un
obbligo previsto dalle legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria”76. E l’istituzione e pubblicizzazione dell’elenco regionale
dei Centri di Servizio è prevista da una disposizione regolamentare, il D.M. 8 ottobre 1997, per cui non è necessario il consenso per il
trattamento dei dati necessari alla formazione e pubblicazione
dell’elenco.
Nell’ipotesi in cui il Comitato di Gestione provveda a qualsiasi altra operazione di trattamento dei dati personali, che non riguardi l’adempimento di un obbligo previsto dalla legge, sarà allora necessario che, oltre all’informativa del soggetto nei cui confronti venga effettuato il trattamento, questo esprima il proprio
consenso documentato per l’effettuazione del trattamento.
Giova comunque ricordare che, ai sensi dell’art. 24 del D.Lgs.
30 giugno 2003 n. 196, se il trattamento, “con esclusione della comu75
Art. 13, comma 1, D.Lgs. cit. in nota 74.
76
Art. 24, comma 1 lett. c), D.Lgs. cit. in nota 74.
60
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
nicazione all’esterno e diffusione, è effettuato da associazioni, enti o organismi senza scopo di lucro, anche non riconosciuti, in riferimento a soggetti che hanno con essi contatti regolari o ad aderenti, per il perseguimento di scopi determinati e legittimi individuati dall’atto costitutivo,
dallo statuto o dal contratto collettivo….”, non necessita il consenso.
Pertanto gli archivi dei Comitati di Gestione che raccolgono dati di
soggetti loro aderenti, o comunque dati dei Centri di Servizio e di
organizzazioni di volontariato, che sono strettamente funzionali al
perseguimento degli scopi istituzionali del Comitato di Gestione,
non necessitano del consenso per tutte quelle attività di trattamento che esulano dalla diffusione e dalla comunicazione esterna.
Ne deriva che se il Comitato di Gestione decide, ad esempio,
di diffondere i dati contenuti nei propri archivi, lo stesso deve
previamente acquisire il consenso dei soggetti interessati.
5.8 Le coperture assicurative
Nulla dicono le norme in relazione alla necessità di prevedere
coperture assicurative per i componenti del Comitato di Gestione.
Nel merito, analogamente a quanto riferito alle organizzazioni di volontariato, si suggerisce di stipulare polizze a copertura dei
rischi derivanti da responsabilità civile e da invalidità, anche temporanea / morte per infortuni, riferibili allo svolgimento della attività tipica. Tutte le Compagnie di Assicurazione prevedono polizze c.d. “collettive”, personalizzabili in funzione delle esigenze
dei singoli Comitati di Gestione.
Diverso è il caso della copertura del c.d. “rischio di carica”,
per il quale la soluzione assicurativa è più difficoltosa, per la natu-
61
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
ra del rischio e per la sua dimensione economica. Esistono comunque esempi di Comitati di Gestione che hanno stipulato tali polizze.
Sono in corso approfondimenti in sede di Consulta Nazionale
dei Comitati di Gestione per addivenire a soluzioni efficaci ed estendibili a tutti i Comitati.
62
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
CAPITOLO 3
“L’ATTIVITÀ DEL COMITATO DI GESTIONE”
1. I Compiti assegnati ai Comitati di Gestione
1.1 Le funzioni attribuite ai Comitati di Gestione
La tipologia delle funzioni svolte dal Comitato di Gestione si
presenta ampia e variegata. Al fine di precisarne caratteri e contenuti occorre prendere le mosse dalle disposizioni del più volte citato D.M. 8 ottobre 1997; le quali anzitutto assegnano ai Comitati
di Gestione un ruolo di “garanzia”, in quanto istituzionalmente
volti ad assicurare una corretta gestione dei fondi, nel rispetto delle finalità della legge fondamentale sul volontariato. Tale ruolo è
assolto attraverso l’esercizio sia di funzioni di amministrazione e
gestione del sistema delineato dall’art. 15 della Legge 266 del 1991,
sia di funzioni di controllo.
Nell’ambito dell’esercizio di funzioni di amministrazione attiva del sistema disegnato dall’art. 15 della Legge 266 del 1991 il
Comitato di Gestione ha i seguenti compiti:
a) provvede ad individuare e rendere pubblici i criteri per
l’istituzione di uno o più Centri di Servizio nella regione;
b) riceve le istanze per l’istituzione dei Centri di Servizio e, sulla
base di criteri e scadenze preventivamente predeterminati e
pubblicizzati nel Bollettino Ufficiale della Regione e su almeno
un quotidiano a diffusione regionale, istituisce con provvedimento motivato i Centri di Servizio;
63
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
c) istituisce l’elenco regionale dei Centri di Servizio e ne pubblicizza l’esistenza; in tale contesto viene descritta l’attività svolta
da ciascun Centro di Servizio e vengono pubblicizzati i singoli
regolamenti che li disciplinano;
d) nomina un componente negli organi deliberativi ed un componente degli organi di controllo dei Centri di Servizio;
e) ripartisce annualmente fra i Centri di Servizio istituiti presso la
regione le somme scritturate nel fondo speciale per il volontariato.
Nell’esercizio delle funzioni di controllo, il Comitato di Gestione assolve invece ai seguenti compiti:
a) riceve i rendiconti, preventivo e consuntivo, dei Centri di Servizio istituiti presso la regione e ne verifica la regolarità e la
conformità ai rispettivi regolamenti;
b) cancella con provvedimento motivato dall’elenco regionale
quei Centri di Servizio che non perseguano le proprie funzioni77.
1.2 I poteri dei Comitati di Gestione∗
Scopo fondamentale del Comitato di Gestione è garantire, attraverso l’azione dei Centri di Servizio, il corretto utilizzo delle risorse messe a disposizione dalle fondazioni di matrice bancaria e
dalle casse di risparmio, per sostenere l’attività di volontariato.
77
Cfr. Art. 2, comma 6, D.M. cit. in nota 12.
∗
Questo paragrafo riporta alcuni stralci dell’intervento di Paolo Balli “Linee di indirizzo in
tema di rapporti tra comitato di gestione e centri di servizio”, pubblicato su Quaderno del CESVOT: lo stato di attuazione del D.M. 21/11/1991 e successive modifiche, Firenze, 1998).
64
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Al fine di svolgere tale funzione di garanzia il D.M. 8 ottobre
1997 ha attribuito notevoli poteri al Comitato di Gestione, che emergono nelle diverse fasi di attività del Comitato.
A) Istituzione di uno o più Centri di Servizio e ripartizione
delle somme del fondo speciale per il volontariato.
In questa fase sussistono indubbiamente ampi poteri discrezionali in capo al Comitato di Gestione, che si estrinsecano nella
decisione di istituire uno o più Centri di Servizio78 e nella scelta di
attribuire la funzione di Centro di Servizio ad una, piuttosto che
ad un’altra, organizzazione di volontariato. Si tratta di provvedimenti adottati previa determinazione dei criteri istitutivi dei Centri di Servizio e previa valutazione del programma d’intervento da
questi presentati.
Una volta istituito il Centro di Servizio, il Comitato di Gestione provvede ad erogare allo stesso le risorse scritturate nel fondo
speciale per il volontariato79.
B) fase dell’ordinario funzionamento del Centro di Servizio.
In questa fase i poteri di amministrazione attiva del Comitato
di Gestione risultano consumati per effetto del trasferimento delle
somme ai Centri di Servizio e sostituiti da poteri di controllo in
ordine al corretto utilizzo delle somme stesse.
Ciò si evince chiaramente dalle disposizioni contenute nel
D.M. 8 ottobre 1997; basti infatti pensare alla composizione degli
organi deliberativi e di controllo del Centro di Servizio, ove sono
78
Art. 2, comma 6 lett. b), D.M. cit. in nota 12.
79
Art. 2, comma 6 lett. b), D.M. cit. in nota 12.
65
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
presenti rappresentanti del Comitato di Gestione80; alla verifica
della regolarità contabile e di conformità al regolamento del Centro di Servizio dei rendiconti preventivi e consuntivi81. Infine, espressione di un potere di controllo particolarmente penetrante e
di natura sanzionatoria, è la facoltà del Comitato di Gestione di
cancellare i Centri di Servizio dall’apposito elenco, qualora venga
meno l’effettivo svolgimento di attività a favore delle organizzazioni di volontariato; qualora appaia opportuna una ridistribuzione territoriale delle competenze e delle funzionalità dei Centri di
Servizio esistenti; in caso di svolgimento di attività non conformi
ai propri regolamenti; ovvero in ipotesi di irregolarità o inadempienze nella gestione82.
Il panorama delle funzioni di controllo spettanti al Comitato
di Gestione consente di concludere che si è in presenza di una verifica sulla regolarità e legittimità della gestione.
Con riguardo al vero e proprio controllo di merito sulle attività concretamente espletate dai Centro di Servizio, si rileva che non
vi sia alcuna norma esplicita che riconosca tale potere in capo ai
Comitati di Gestione.
Tuttavia vi è un complesso di norme, oltre al più volte citato
principio di “centralità” dei Comitati di Gestione, che pare attribuisca implicitamente agli stessi una sorta di controllo sostanziale
delle attività dei Centro di Servizio, tale da ammettere che i Comitati di Gestione possano elaborare atti di indirizzo che contribuiscano ad orientare le scelte operative poste in essere dai Centri di
80
Art. 2, comma 6 lett. d), D.M. cit. in nota 12.
81
Art. 2, comma 6 lett. f), D.M. cit. in nota 12.
82
Art. 3, comma 5, D.M. cit. in nota 12.
66
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Servizio; come la fissazione delle modalità di svolgimento di determinati servizi, al fine di assicurare a tutte le organizzazioni di
volontariato presenti sul territorio regionale standard qualitativi
uniformi ed elevati dei servizi resi dai Centri di Servizio.
Ed invero ai Comitati di Gestione è assegnato il potere di decidere se, quando e dove istituire uno o più Centri di Servizio83; il
potere di scegliere quale organizzazione di volontariato (o associazione di organizzazioni di volontariato) possa costituirsi in Centro
di Servizio84; il potere di cancellare i Centri di Servizio dal relativo
elenco, quando venga accertato che gli stessi non svolgono più attività a favore delle organizzazioni di volontariato, ovvero quando
svolgano attività in modo difforme dai propri regolamenti, in caso
di inadempienze o irregolarità di gestione, oppure quando appaia
necessaria una diversa funzionalità territoriale degli stessi85.
In particolare queste ultime competenze presuppongono un
controllo di merito sulla attività concretamente posta in essere dai
Centri di Servizio, atteso che, in difetto, il Comitato di Gestione
non avrebbe alcuno strumento per valutare se un Centro svolga o
meno attività in favore del volontariato o svolga attività contrastante con il proprio regolamento.
Dunque si può ben concludere che i poteri di controllo dei
Comitati di Gestione sui Centri di Servizio siano piuttosto penetranti e si giustificano in funzione del ruolo di garanzia ricoperto
dai Comitati medesimi. Nello svolgimento di tale funzione il Comitato di Gestione può adottare atti di indirizzo ed orientamento,
83
Art. 2, comma 6 lett. a) D.M. cit. nota 12.
84
Art. 2, comma 6 lett. b) D.M. cit. nota 12.
85
Art. 3, comma 5, D.M. cit. nota 12.
67
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ancorché non vincolanti, nei confronti dei Centri di Servizio, con il
fine di garantire una attuazione uniforme dell’attività di sostegno
e qualificazione dell’attività del volontariato nella regione.
Corollario e completamento del potere di controllo che il
Comitato di Gestione esplica nei confronti dei Centri di Servizio è
un potere di indirizzo da attuarsi mediante direttive, vincolanti
per i Centro di Servizio in proporzione al potere sanzionatorio posto
in
capo
al
Comitato
di
Gestione:
se,
ad
esempio,
l’inottemperanza alla direttiva concretizzerà una delle circostanze
che preludono alla cancellazione, questa sarà la conseguenza di tale inottemperanza.
1.3 I Compiti dei Centri di Servizio
Si è già riferito come i Centri di Servizio svolgano una generale funzione di ausilio alle organizzazioni di volontariato, fornendo
alle stesse servizi ed assistenza. Sono infatti i Centri di Servizio
che, utilizzando le somme del fondo speciale per il volontariato,
erogano prestazioni a favore delle organizzazioni di volontariato
iscritte o non iscritte nei registri regionali.
Il decreto ministeriale individua, a titolo esemplificativo, solo
alcuni dei molteplici servizi mediante i quali i Centri di Servizio
possono sostenere e qualificare l’attività di volontariato:
a) approntare strumenti ed iniziative per la crescita della cultura
della solidarietà, la promozione di nuove iniziative di volontariato ed il rafforzamento di quelle esistenti;
b) offrire consulenza e assistenza qualificata nonché strumenti
per la progettazione, l’avvio e la realizzazione di specifiche at-
68
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Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
tività;
c) assumere iniziative di formazione e qualificazione degli aderenti ad organizzazioni di volontariato;
d) offrire notizie, informazioni, documentazioni e dati sulle attività di volontariato86.
2. L’attività istitutiva dei Centri di Servizio
2.1 Determinazione dei criteri per l’istituzione dei Centri di Servizio
Per procedere alla istituzione di un Centro di Servizio il Comitato di Gestione deve innanzitutto rendere pubblici, attraverso
la pubblicazione dell’avviso nel Bollettino Ufficiale della Regione
ed almeno in un quotidiano a diffusione regionale, i criteri e le
priorità cui si atterrà per la scelta87.
Nell’elaborazione dei criteri appare opportuno che il Comitato di Gestione tenga conto della realtà sociale, culturale ed economica del territorio di riferimento, compiendo uno screening delle
esigenze avvertite dalle organizzazioni di volontariato e dalle
strutture di supporto e promozione del volontariato già operanti.
Sulla base di tale indagine il Comitato di Gestione può orientarsi circa il numero dei Centri di Servizio da istituire, al fine di
soddisfare le esigenze rilevate, nonché le caratteristiche che gli
stessi debbono avere.
86
Art. 4 D.M. cit. in nota 12.
87
Art. 2, comma 6 lett. a), D.M. cit. in nota 12.
69
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Nell’ipotesi in cui il Comitato decida di istituire più Centri di
Servizio, esso dovrà altresì indicare le forme di coordinamento tra
questi, al fine di ottimizzare le risorse disponibili quanto a costi e
benefici, nonché prevedere idonee modalità di collaborazione per
promuovere lo scambio, la circolazione e la qualificazione delle
esperienze88.
L’individuazione dei criteri per l’istituzione dei Centri di Servizio costituisce un momento di fondamentale importanza, in
quanto per la successiva scelta il Comitato di Gestione dovrà attenersi e rispettare i criteri previamente predeterminati. In caso di
scelta non coerente con i criteri precedentemente determinati (e resi pubblici), gli istanti su cui non sarà ricaduta la scelta potranno
impugnare innanzi al Giudica Amministrativo89 il provvedimento
del Comitato di Gestione di istituzione del Centro di Servizio.
Quanto alla procedura occorre sottolineare che, allorché decide di istituire uno o più Centri di Servizio, il Comitato di Gestione
deve innanzitutto predisporre un bando. Questo deve contemplare
una premessa in cui si riepilogano i presupposti giuridici che consentono al Comitato di Gestione di istituire il Centro di Servizio90
ed indicare i soggetti che possono avanzare istanza per la istituzione del Centro91. Il bando deve poi contenere le modalità di pre-
88
Disposizioni esplicative cit. in nota 32.
89
Vedi Cap. 2, Par. 1.2 e Cap. 4, Par. 1.
90
Ad esempio: premesso che l’art. 2 comma 6 lett. a) del D. M. 8 ottobre 1997
prevede che il Comitato di Gestione provvede alla pubblicazione dei criteri per l’istituzione dei Centri di Servizio; premesso che il Comitato di
Gestione, con delibera del ___ ha deciso di istituire uno o più Centri di
Servizio.
91
Ad esempio: enti locali, fondazioni di matrice bancaria.
70
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
sentazione delle istanze92, nonché i termini entro cui queste devono essere recepite.
Il bando deve elencare i documenti che vanno allegati
all’istanza (oltre allo statuto, il programma di attività e il regolamento il Comitato può richiedere la presentazione di altri documenti, finalizzati alla verifica delle caratteristiche morali, tecniche
ed economiche degli istanti).
Il bando infatti può ben stabilire che le organizzazioni di volontariato istanti debbano possedere taluni requisiti; come, ad esempio, un numero minimo di volontari che abitualmente prestano servizio nella struttura, il possesso di strutture idonee a svolgere servizi per le organizzazioni di volontariato; e deve altresì specificare l’articolazione che il programma presentato dalle organizzazioni di volontariato per divenire Centro di Servizio dovrà contenere (finalità, budget, tempi di realizzazione, descrizione delle iniziative che si intendono porre in essere, etc.).
È infine necessario che il bando contenga i criteri93 e le priorità che orienteranno il Comitato di Gestione per la valutazione delle istanze presentate (ad esempio, attraverso la specificazione della
92
Ad esempio dovrà indicarsi che la domanda dovrà essere indirizzata al
Comitato di Gestione per il tramite dell’ente locale nel territorio del quale
sarà istituito il Centro di Servizio, mentre una copia della suddetta istanza
dovrà essere inviata direttamente al Comitato di Gestione, presso la propria sede (da indicarsi precisamente), corredata dall’attestazione di ricevimento da parte dell’ente locale. Dovrà anche prescriversi che l’istanza
sia sottoscritta dal legale rappresentante del soggetto richiedente oltre che
dal soggetto che assumerà la responsabilità amministrativa del Centro di
Servizio.
93
Art. 2, comma 6 lett. a), D.M. cit. in nota 12.
71
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
tipologia di servizi che si richiedono all’istituendo Centro di Servizio).
2.2 Istituzione dei Centri di Servizio
Come indicato nel paragrafo precedente il procedimento per
l’istituzione dei Centri di Servizio si avvia per prassi, mediante la
pubblicazione di un bando 94.
Le istanze possono essere formulate da enti locali (Comuni,
Province, Comunità montane)95, da organizzazioni di volontariato
in numero non inferiore a cinque, da fondazioni di matrice bancaria e da casse di risparmio; i soggetti interessati devono corredare
le istanze con la bozza di statuto ed il programma di attività
dell’istituendo Centro di Servizio, nonché con il relativo regolamento96.
L’istanza, intestata al Comitato di Gestione, deve essere presentata (o spedita) al Comune ove il Centro di Servizio deve essere
istituito (tale formalità è ovviamente esclusa laddove l’istante sia
la stessa Amministrazione comunale), quindi spedita in copia al
Comitato di Gestione; a detta copia dovrà essere allegata
l’attestazione della avvenuta ricezione dell’originale da parte del
Comune97.
Si rileva come la normativa in esame nulla dica in merito ai
termini di presentazione dell’istanza, cosicché dovranno essere i
94
Art. 2, comma 6 lett. b), D.M. cit. in nota 12.
95
Cfr. D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 2.
96
Art. 3, commi 1 e 2, D.M. cit. in nota 12.
97
Art. 3, comma 2, D.M. cit. in nota 12.
72
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
singoli Comitati di Gestione a decidere un termine congruo per la
presentazione delle istanze, nonché a specificare nel bando se, entro il termine in esso stabilito, l’istanza dovrà essere presentata al
Comune, ovvero spedita al Comitato; ovvero se, entro detto termine, l’istanza dovrà pervenire, a rischio del mittente, al Comitato di
Gestione (soluzione, quest’ultima, da preferire per la certezza che
più delle altre ipotesi offre al Comitato).
Ricevuta l’istanza, il Comune ha tempo trenta giorni per esprimere un parere non vincolante per il Comitato di Gestione (parere ovviamente implicito in caso di presentazione dell’istanza da
parte del Comune medesimo).
Il Comitato di Gestione, ricevute le istanze con le modalità ed
i termini sopra indicati, dovrà procedere alla valutare delle stesse
al fine di individuare il soggetto che potrà dar vita al Centro di
Servizio.
La valutazione si articolerà in due fasi distinte: la prima verterà sulla verifica della sussistenza dei requisiti di ammissibilità
dell’istanza, con riguardo ai requisiti di legittimazione dell’istante
ed alla presenza di tutti i documenti richiesti; la seconda sarà relativa alle vera e propria valutazione delle proposte, mediante
l’analisi delle bozze di statuto, del regolamento e del progetto presentati, e l’attribuzione dei relativi punteggi (o motivazioni), secondo i criteri predeterminati nel bando e specificati prima
dell’inizio della valutazione medesima.
Come detto, l’analisi dovrà procedere alla luce dei criteri previamente indicati nel bando, tenendo sempre in debita considerazioni le finalità, generali e specifiche, assegnate all’istituendo Centro di Servizio dal Comitato di Gestione procedente.
73
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Si sottolinea che il Comitato di Gestione può delegare uno o
più componenti per espletare parti della citata fase istruttoria, esaurita la quale il Comitato di Gestione adotterà un provvedimento motivato in cui, dopo aver preso atto delle risultanze istruttorie,
istituirà il Centro di Servizio98, inserendolo nell’elenco regionale di
cui al successivo paragrafo.
Il momento relativo alla fase di istituzione del Centro di Servizio costituisce uno snodo fondamentale, atteso anche il progetto
presentato dal soggetto individuato per dar vita al Centro di Servizio sarà il parametro di riferimento per la successiva attività di
controllo espletata dal Comitato di Gestione sull’attività effettivamente espletata dal Centro di Servizio.
2.3 Il registro regionale dei Centri di Servizio
L’art. 2 del D.M. 8 ottobre 1997 stabilisce che il Comitato di
Gestione istituisce l’elenco regionale dei Centri di Servizio99, nulla
però accennando in ordine alla tipologia di tale elenco (se ad esempio lo stesso debba essere cartaceo o informatico), alle forme di
pubblicità che devono ritenersi adeguate alla conoscenza dello
stesso (contrariamente a quanto previsto in relazione ai criteri di
istituzione dei Centri di Servizio) ed ai soggetti legittimati ad accedere alle notizie ivi contenute.
Stante il silenzio serbato dal Decreto, si deve ritenere che, sui
98
99
Art. 2, comma 6 lett. a), D.M. cit. in nota 12.
“Il Comitato di Gestione istituisce l’elenco regionale dei Centri di servizio
di cui all’art. 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266 e ne pubblicizza
l’esistenza; in tale contesto viene descritta l’attività svolta da ciascun centro e vengono pubblicizzati i singoli regolamenti che li disciplinano” (art.
2., comma 6, del D.M. cit. in nota 12).
74
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Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
profili indicati, sussista ampia libertà in capo al Comitato di Gestione, con l’unico limite costituito dall’adozione di scelte che siano ragionevoli ed in grado di raggiungere gli obiettivi cui l’elenco
è preordinato, primo fra tutto la sua conoscibilità.
Il Comitato di Gestione è pertanto legittimato sia a costituire
un elenco informatico con diffusione attraverso il proprio sito web,
sia a formare un registro cartaceo da custodire, per la in consultazione, presso la propria sede. Come pure potrebbe scegliere di adottare entrambe le soluzioni; scelta, questa, che appare la soluzione più opportuna in quanto in grado di consentire un più elevato ed adeguato livello di conoscibilità.
La funzione assolta dall’elenco in esame è fondamentale innanzitutto per le organizzazioni di volontariato destinatarie dei
servizi dei Centro di Servizio; le quali infatti, attraverso la consultazione dell’elenco, potranno individuare i Centri di Servizio presenti sul territorio, riscontrare l’attività esercitata e prendere cognizione dei servizi offerti.
Il decreto ministeriale è invece chiaro per quanto concerne il
contenuto dell’elenco100, nel quale deve essere descritta l’attività
svolta da ciascun Centro di Servizio e pubblicizzati i singoli regolamenti che li disciplinano. In buona sostanza l’elenco in esame
dovrebbe comprendere, per ogni Centro di Servizio, una scheda
informativa in cui si riassume l’attività dallo stesso posta in essere
e il relativo regolamento.
100
Art. 2, comma 6 lett. c), D.M. cit. in nota 12.
75
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
2.4 Cancellazione dei Centri di Servizio dall’elenco regionale
Come già anticipato, la funzione di controllo (di merito) nei
riguardi dell’attività dei Centri di Servizio determina il radicarsi,
in capo ai Comitati di Gestione, del potere di cancellare i Centri di
Servizi dal relativo elenco.
Il provvedimento di cancellazione può essere adottato dal
Comitato di Gestione con provvedimento motivato al cospetto delle seguenti circostanze:
a) per mancato svolgimento da parte del Centro di Servizio delle
funzioni istituzionali, ossia qualora non svolga più attività a
favore delle organizzazioni di volontariato;
b) in caso di irregolarità o di difformità nella gestione rispetto ai
regolamenti;
c) nel caso in cui sorgano nuove esigenze che impongano una ridistribuzione territoriale dei Centri di Servizio, o una diversa
funzionalità degli stessi101.
Inoltre le organizzazioni di volontariato vengono automaticamente cancellate dall’elenco regionale dei Centri di Servizio,
quando le stesse vengono cancellate dal registro regionale delle
organizzazioni di volontariato. È evidente che tale ipotesi di cancellazione opera unicamente per le organizzazioni di volontariato
di primo livello iscritte nel registro regionale delle organizzazioni
di volontariato.
101
Art. 3, comma 5, del D.M. cit. in nota 12.
76
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
L’esercizio del potere di cancellazione nelle ipotesi sub a) e
sub b) risponde in primo luogo ad una finalità sanzionatoria di
comportamenti non corretti posti in essere dai Centri di Servizio.
Nella ipotesi sub a), al fine dell’accertamento del venire meno, da parte del Centro di Servizio, dell’espletamento dell’attività
a favore delle organizzazioni di volontariato, i Comitati di Gestione devono ricorrere alla procedura di cui all’art. 6, commi 4 e 5,
della legge n. 266 del 1991: il comma 4 dispone in particolare che
“le regioni e le province autonome determinano i criteri per la revisione
periodica dei registri, al fine di verificare il permanere dei requisiti e
l’effettivo svolgimento dell’attività di volontariato da parte delle organizzazioni iscritte. Le regioni e le province autonome dispongono la cancellazione dal registro con provvedimento motivato”.
Il rinvio a tale norma importa due conseguenze fondamentali.
In primo luogo i Comitati di Gestione debbono disporre la
cancellazione dall’elenco regionale dei Centri di Servizio adottando un provvedimento motivato. In tal senso si esprimono anche le
note esplicative del D.M. 8 ottobre 1997, le quali esplicitamente affermano che il procedimento di cancellazione del Centro di Servizio dall’elenco deve concludersi “con un provvedimento motivato da
comunicarsi formalmente al Centro di servizio interessato”. Il richiamo
alle norme della legge n. 266 del 1991 implica inoltre che i Comitati
di Gestione provvedano a determinare preventivamente i criteri
per la revisione periodica dell’iscrizione presso l’elenco dei Centri
di Servizio per il volontariato da essi istituiti, al fine di verificarne
l’effettivo svolgimento delle attività nell’interesse delle organizzazioni di volontariato, affinché il Comitati di Gestione adottino gli
77
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
eventuali provvedimenti di cancellazione in assoluta coerenza con
detti criteri102.
La necessità di predisporre preventivamente i criteri di revisione si pone nell’ottica di garantire al trasparenza dell’attività di
cancellazione dei Centri di Servizio dal relativo elenco. Tali criteri
devono essere determinati prima dell’adozione del provvedimento
di cancellazione e devono essere adottati, con delibera, dal Comitato di Gestione in qualsiasi momento ritenga opportuno procedere alla revisione dei Centri di Servizio.
Il decreto ministeriale non descrive alcuna procedura particolare per la cancellazione dall’elenco dei Centri di Servizio in caso
di inadempienze o irregolarità di gestione; pertanto si può
senz’altro ritenere che il Comitato di Gestione possa immediatamente disporre la cancellazione del Centro di Servizio dall’elenco
non appena accerti, a seguito dei controlli contabili che regolarmente svolge, le irregolarità di gestione.
A mente dell’ipotesi sub c) il Comitato di Gestione può disporre la cancellazione dall’elenco regionale dei Centri di Servizio
in precedenza istituiti, qualora appaia opportuna una diversa funzionalità e/o una diversa competenza territoriale nella regione
stessa103. In tal caso è necessario che la cancellazione sia preventivamente supportata da una delibera del Comitato di Gestione con
cui vengano ridisegnati i criteri istitutivi a suo tempo individuati e
pubblicizzati, alla luce del riscontro di mutate esigenze di prestazione dei servizi alle organizzazioni di volontariato della regione.
102
Cfr. Disposizioni esplicative cit. in nota 32.
103
Art. 3, comma 5, D.M. cit. in nota 12.
78
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Tuttavia, nell’ipotesi in cui il potere di cancellazione venga
esercitato sulla base di fatti nuovi che giustificano una diversa ridistribuzione dei Centri di Servizio, ovvero una loro diversa funzionalità, è evidente come la finalità perseguita non sia tanto quella sanzionatoria, quanto piuttosto quella di modificare una situazione che non corrisponde più alle reali esigenze di sostegno
dell’attività di volontariato. Tale circostanza conferma come i
compiti del Comitato di Gestione non debbano ritenersi circoscritti
alla sola, pur importantissima, funzione di amministrazione del
fondo speciale. Il potere di cancellazione dei Centri dall’elenco,
“qualora appaia opportuna una diversa funzionalità e/o competenza territoriale dei Centri di servizio esistenti”, è invero genuina espressione
di una generale funzione di regolazione e monitoraggio del sistema conferita ai Comitati di Gestione, dalla quale scaturisce la necessità che gli stessi pongano in essere, anche indipendente
dall’esercizio di poteri puntuali, una costante attività conoscitiva
dei fatti che accadono e delle esigenze che si manifestano al fine di
assicurare funzionalità ed efficienza del sistema.
3. L’attività ordinaria
3.1 Ripartizione fra i Centri di Servizio delle somme scritturate
nel fondo per il volontariato.
Una volta istituiti i Centri di Servizio il Comitato di Gestione,
quale amministratore del fondo speciale, dovrà procedere alla ripartizione delle somme: esso infatti “ripartisce annualmente, fra i
Centri di servizio istituiti presso la regione, le somme scritturate nel fon-
79
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
do speciale”104. L’unico dato che emerge dalla norma è relativo alla
annualità della ripartizione, ma, lo ricordiamo, il Comitato può
decidere di ripartire le somme su una base periodica diversa105.
La ripartizione annua comporta che i Centri di Servizio dovranno previamente redigere un piano annuale - che indichi sia gli
interventi da eseguire sia i bisogni inerenti al proprio funzionamento con la stima delle somme necessarie - da sottoporre
all’esame del Comitato di Gestione; il quale procederà alla valutazione del piano, tenuto presente il vincolo di destinazione delle
somme (ovverosia dovrà valutare se gli scopi ivi posti si pongano
in linea con le finalità istitutive dei Centri di Servizio) e, eseguita
anche una doverosa comparazione dei diversi piani (ove esistano
più Centri di Servizio), alla determinazione dell’ammontare delle
somme necessarie per ciascun Centro.
Nel caso di pluralità di Centri di Servizio nella stessa regione,
il Comitato di Gestione provvederà a ripartire le somme disponibili in base ai criteri previamente determinati e pubblicizzati;
nell’ipotesi in cui non si sia provveduto in tal senso, il Comitato di
Gestione dovrà procedere necessariamente all’individuazione dei
criteri di ripartizione tra i diversi Centri di Servizio esistenti mediante apposita delibera preventiva. L’individuazione dei criteri
dovrà tenere conto della dimensione territoriale e funzionale dei
Centri di Servizio, in relazione all’attività svolta ed agli obiettivi
indicati nello statuto e nei regolamenti; a tale proposito si potrebbe
stabilire che tale ripartizione avvenga in funzione della popolazione residente e del numero delle organizzazioni di volontariato
104
Art. 2, comma 6 lett. e), D.M. cit. in nota 12.
80
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
presenti sul territorio di competenza del Centro di Servizio, sulla
base della tipologia del programma presentato, nonché, in caso in
cui il Centro di Servizio non sia di nuova costituzione, si può tenere conto della realizzazione dei programmi precedenti e delle spese realizzate dai Centri di Servizio negli anni precedenti in raffronto ai risultati effettivamente raggiunti.
In concreto potrebbe verificarsi l’ipotesi in cui i Centri di Servizio presentino progetti che, per la loro attuazione, necessitano di
somme maggiori di quelle poste a disposizione. Si pone dunque il
problema se il Comitato di Gestione possa intervenire sui singoli
programmi e/o progetti da finanziare, eliminando ad esempio voci superflue.
Al riguardo si deve premettere che il Comitato di Gestione
non può entrare nel merito delle scelte sulle attività che il Centro
di Servizio intende realizzare; tuttavia, in ottemperanza alla funzione di garanzia che ricopre all’interno del sistema di cui all’art.
15 della Legge n. 266 del 1991 e in ossequio ad un principio di funzionalità e semplificazione dei procedimenti, si può senz’altro ritenere che il Comitato di Gestione possa decidere di non erogare
somme per quelle voci di progetto e/o programmi che esulano
dalle finalità previste nell’art. 4 del decreto ministeriale e dalle
prescrizioni del bando.
Per quanto concerne invece gli interventi conformi a quanto
contemplato nell’art. 4 del decreto ministeriale, il Comitato di Gestione, riservandosi espressamente tale facoltà nel bando, potrà
chiedere riformulazioni del progetto che siano consone ai fondi disponibili.
81
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Analogamente può accadere nell’ipotesi di in cui le somme
previste nel programma annuale dei Centri di Servizio siano superiori alle somme disponibili.
Altro caso da prendere in esame è la possibilità che il Centro
di Servizio non utilizzi interamente le somme assegnategli dal
Comitato di Gestione, cosicché, esaurito il progetto, residuino
somme.
In tal caso, essendoci su tali somme un vincolo di destinazione, è evidente che stesse devono essere restituite al Comitato di
Gestione, che dovrà poi provvedere a riassegnarle.
Occorre sottolineare che, tra i Comitati di Gestione, al fine di
evitare eccessive movimentazioni di denaro, è invalsa la prassi –
condivisibile - di decurtare in acconto tali somme dall’importo che
viene assegnato al Centro di Servizio l’anno successivo.
3.2 La funzione di regolazione del sistema
Il sistema di finanziamento dell’attività di volontariato prevede l’intervento di vari soggetti: le fondazioni di matrice bancaria
che erogano le somme a favore delle organizzazioni di volontariato; i Comitati di Gestione che gestiscono le suddette somme e le ripartiscono fra i Centri di Servizio; i Centri di Servizio medesimi
che devono utilizzare tali somme per fornire servizi alle organizzazioni di volontariato; queste ultime sono in tutta evidenza le beneficiarie ultime di tale impianto.
Emerge da tale contesto il ruolo fondamentale dei Comitati di
Gestione, i quali svolgono l’essenziale funzione di regolazione generale del sistema di finanziamento dell’attività di volontariato. La
82
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
sua variegata composizione è garanzia della corretta rappresentazione della realtà regionale del volontariato.
3.3 Il controllo ex ante: l’analisi dei preventivi
Il Comitato di Gestione esercita un potere di controllo
sull’operato dei Centri di Servizio, attraverso la continua verifica
dell’effettivo svolgimento, da parte degli stessi, di attività espletate
in concreto favore del volontariato.
Tale controllo può suddividersi in tre fasi: i) controllo esercitato ex ante; ii) controllo esercitato in itinere; iii) controllo esercitato
ex post.
Il controllo ex ante ha per oggetto la progettazione e la programmazione delle attività presentate dai Centri di Servizio per il
finanziamento (di cui i bilanci preventivi rappresentano solo una
sintesi numerica), le variazioni intervenute negli statuti e nei regolamenti degli stessi Centri, la composizione della loro base associativa.
La valutazione ex ante risponde alle verifica delle seguenti
condizioni:
-
la permanenza dei requisiti istitutivi previsti dal Comitato
di Gestione in fase di istituzione dei Centri di Servizio;
-
se l’attività progettuale sia concretamente calibrata sui bisogni delle organizzazioni del volontariato presenti nel territorio;
-
se vi sia coerenza tra obiettivi, finalità istituzionali previste e
gli indirizzi generali forniti dai Comitati;
83
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
-
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
se la programmazione dei Centri di Servizio si integri e sia
coerente e sinergica rispetto alla programmazione espressa
da altri enti presenti sul territorio (regioni, enti locali, fondazioni)106.
La prima fase di verifica da parte del Comitato di Gestione
sui Centri di Servizio si attua attraverso l’analisi del bilancio preventivo, che deve all’uopo essere tempestivamente inviato al Comitato di Gestione107. Il bilancio preventivo deve essere articolato
su previsioni contabili di spesa e su una parte relazionale esplicativa, che consenta di verificare l’effettivo svolgimento delle attività
in favore del volontariato.
Il Comitato di Gestione verifica altresì che i bilanci preventivi
siano regolari e conformi al regolamento adottato dal Centro di
Servizio ed in grado di realizzare le attività per cui richiede i finanziamenti.
3.4 Il controllo in itinere: i report, le relazioni dei rappresentanti
nei Centri di Servizi
Il Comitato di Gestione svolge anche un monitoraggio corrente dell’attività posta in essere dai Centri di Servizio, che si sviluppa
principalmente attraverso un continuo confronto sui principali
strumenti e documenti “finalizzati” ad acquisire le informazioni
critiche. Tale controllo, come già detto, si esplica anche attraverso
la partecipazione dei componenti di nomina dei Comitati di Ge106
Cfr. Linee Guida in materia di valutazione delle attività dei Centri di Servizio diffuse dalla Consulta Nazionale dei Comitati di Gestione, in appendice al presente lavoro.
107
Art. 5, comma 2, D.M. cit. in nota 12.
84
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
stione negli organi deliberativi e di controllo dei Centri di Servizio
e l’analisi delle relazioni da questi elaborate.
Tale valutazione è caratterizzata da flessibilità, elasticità e
confronto ed è diretta a:
-
verificare se si stanno rispettando i tempi prestabiliti;
-
verificare l’effettivo utilizzo delle risorse necessarie, individuando gli eventuali scostamenti e le relative cause;
-
individuare le variazioni “sensibili per quantità e qualità”
da apportare ai programmi di finanziamento, verificandone
la conformità agli obiettivi ed agli indirizzi stabiliti;
-
valutare i primi risultati raggiunti, la pertinenza degli obiettivi ed il grado di conseguimento degli stessi;
-
valutare la pertinenza e la qualità degli indicatori adottati108.
Come anticipato, tale controllo si esplica principalmente at-
traverso la partecipazione dei rappresentanti del Comitato di Gestione nominati nell’organo deliberativo e dell’organo di controllo
dei Centri di Servizio.
Il rappresentante del Comitato di Gestione è evidentemente
l’elemento di collegamento tra il Comitato stesso ed i Centri di
Servizio; esso è l’anello di congiunzione che, più di ogni altro
strumento, garantisce il fluire delle informazioni da e per i Centri
di Servizio, contribuendo alla corretta interpretazione delle stesse.
L’azione del componente dell’organo direttivo e di quello
nell’organo di controllo, consente un monitoraggio in tempo reale
delle attività dei Centri di Servizio e può rappresentare un sorta di
108
Cfr. Linee Guida in materia di valutazione delle attività dei Centri di
Servizio, cit. in nota 109.
85
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
controllo, alla fonte e di garanzia del sistema, delle azioni intraprese dai Centri.
I principali adempimenti che dovrebbero assolvere i componenti del Comitato di Gestione nominati negli organi del Centro di
Servizio sono i seguenti:
a) relazionare sull’attività degli organi dei Centri di Servizio di cui
fanno parte;
b) aggiornare sullo stato di avanzamento delle attività del Centro
di Servizio;
c) evidenziare tempestivamente eventuali criticità e scostamenti
rispetto a quanto deliberato dal Comitato di Gestione ed alla
normativa in vigore.
Correlativamente deve osservarsi che i componenti del Comitato di Gestione nominati negli organi del Centro di Servizio, oltre
agli impegni cui debbono assolvere al pari dei colleghi nominati in
detti organi, possono essere il trait d’union tra i due organismi. Essi
dunque potranno:
a) riferire e, se del caso, puntualizzare e richiamare quanto deliberato del Comitato di Gestione;
b) partecipare e contribuire, con pari poteri e pari dignità, alla
formazione della volontà degli organismi su materie inerenti
l’attività dei Centri di Servizio.
L’analisi delle relazione che periodicamente detti componenti
presentano al Comitato di Gestione, consente a questo di valutare
lo stato di avanzamento dell’attività dei Centri di Servizio, le risorse che sono state impiegate per raggiungere un determinato obiettivo e di valutare lo stato di attuazione dei programmi. Ciò con-
86
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
sente al Comitato di Gestione di intervenire tempestivamente, senza attendere il controllo finale sul bilancio consuntivo, per rimediare ad eventuali inadempienze od irregolarità.
3.5 Il controllo ex post: l’analisi dei conti consuntivi
Al Comitato di Gestione compete anche un controllo ex post,
che è diretto a verificare le seguenti condizioni:
-
la realizzazione delle attività ammesse a finanziamento e la
loro effettiva utilizzazione a favore del volontariato;
-
il corretto utilizzo delle risorse assegnate, nel senso della
corrispondenza tra spese preventivate e spese realizzate;
-
la conformità delle attività svolte rispetto agli indirizzi generali forniti dal Comitato di gestione e al regolamento del
Centro di Servizio;
-
i cambiamenti che l’attività dei Centri di Servizio ha prodotto nello specifico contesto operativo;
-
quali indicazioni operative è possibile desumere dalla concreta esperienza, per riprogettare l’offerta dei servizi e la
modalità di erogazione degli stessi109.
Il Comitato di Gestione esercita, quindi, il controllo sul bilan-
cio consuntivo dei Centri di Servizio; controllo che verte principalmente nel raffronto tra i dati consuntivi con quanto previsto, ed
approvato, nel bilancio preventivo e nelle variazioni di bilancio
approvate in corso di esercizio.
109
Cfr. Linee Guida in materia di valutazione delle attività dei Centri di Servizio, cit. in nota 109.
87
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Con tale raffronto il Comitato di Gestione è in grado di verificare la concreta realizzazione di tutte le attività per cui sono state
concesse al Centro di Servizio le somme del fondo, la conformità
con il regolamento e la rispondenza tra le spese preventivate e
quelle realizzate. Attraverso tale controllo è possibile verificare se
ci sono state irregolarità o inadempienze e, soprattutto, se l’attività
è stata effettivamente ed efficacemente svolta a favore delle organizzazioni di volontariato.
Sarebbe opportuno che la verifica del Comitato di Gestione
non si limiti ad un mero il riscontro contabile, ma si spinga ad analizzare i risultati che l’attività ha prodotto nel contesto operativo
del territorio in cui il Centro di Servizio ha prestato la propria attività, al fine di controllare se non sia necessario una diversa funzionalizzazione dei Centri di Servizio.
3.6 La funzione di monitoraggio dei Comitati di Gestione
Dall’analisi delle norma del decreto ministeriale emerge con
tutta evidenza che il Comitato di Gestione svolge un ruolo centrale
nell’ambito del sistema delineato dall’art. 15 della Legge n. 266 del
1991.
La funzione ricoperta dai Comitati di Gestione è di regolazione e monitoraggio del sistema, in modo da garantire l’attuazione
degli obiettivi di qualificazione e sostentamento dell’attività del
volontariato, così come declinati dall’art. 15 della Legge n. 266 del
1991.
Il fondamento della funzione di monitoraggio ricoperta dai
Comitati di Gestione è rinvenibile negli ampi poteri che il legisla-
88
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
tore gli ha attribuito. Si ricorda che il Comitato di Gestione ha il
potere di decidere in piena autonomia se, dove e quando istituire
uno o più Centri di Servizio110 e, sulla base di criteri previamente
stabiliti dallo stesso, ha il potere di scegliere l’organizzazione di
volontariato da istituire come Centro di Servizio111.
Il Comitato di Gestione provvede, altresì, a ripartire le somme
del fondo speciale fra i Centro di Servizio istituiti112.
Il Comitato di Gestione è, quindi, il soggetto garante del funzionamento sistema di finanziamento dell’attività di volontariato
e, in quanto tale, esplica una funzione di monitoraggio che culmina nell’esercizio del potere di cancellazione dei Centri di Servizio
dal relativo elenco113; ma che, come si è visto nei paragrafi precedenti, si esplica anche attraverso l’esercizio di un potere di controllo costante sui Centri di Servizio.
3.7 La Consulta Nazionale dei Comitati di Gestione
La Consulta Nazionale dei Comitati di Gestione è stata istituita dai Presidenti dei singoli Comitati con protocollo d’intesa
sottoscritto a Roma il 21 marzo 2001, quale l’associazione dei Comitati di Gestione con il compito di coordinare e di creare un collegamento tra i Comitati di Gestione medesimi.
La Consulta non è un organo previsto dalla normativa di riferimento, che sul punto nulla dice; ed è stata costituita nell’ambito
110
Art. 2, comma 6 lett. a), del D.M. cit. nota 12.
111
Art. 2, comma 6 lett. b), del D.M. cit. nota 12.
112
Art. 2, comma 6 lett. e), del D.M. cit. nota 12.
113
Art. 2, comma 3, del D.M. cit. nota 12.
89
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Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
della riconosciuta autonomia discrezionale dei Comitati di Gestione, al fine di creare un collegamento strutturale tra gli stessi, finalizzato alla migliore efficacia della funzionalità di ciascun Comitato.
Funzione principale della Consulta è difatti quella di favorire
lo scambio di esperienze, informazioni e formazione, di offrire linee guida comuni per lo svolgimento delle attività istituzionali dei
Comitati di Gestione e di risolvere problematiche comuni, svolgendo, in tal guisa, attività di consulenza e di orientamento (normativo e di prassi) in favore ai Comitati di Gestione.
La Consulta è formata dai Presidenti dei Comitati di Gestione
ed è finanziata dai Comitati stessi, che le devolvono una quota della somme destinate a far fonte alle spese del proprio funzionamento. Difatti, essendo la Consulta stata creata per rispondere alle concrete esigenze funzionali dei Comitati di Gestione, la quota da essi
devoluta alla Consulta rientra a piano titolo tra le spese necessarie
al funzionamento del Comitato di Gestione.
90
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Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
CAPITOLO 4
“GIURISDIZIONE E CONTROVERSIE”
1. Gli orientamenti della giurisprudenza
Nell’ambito della giurisprudenza appare rilevante innanzitutto la già citata sentenza n. 858 del 2002 del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia Romagna. La pronuncia affronta direttamente il problema della giurisdizione e sostiene che, contro il
provvedimento di cancellazione dall’albo dei Centri di Servizio, è
possibile proporre - per relationem all’art. 6 della legge n. 266 del
1991 - ricorso giurisdizionale speciale al Tribunale Amministrativo
competente per territorio; da promuoversi a cura del Centro di
Servizio cancellato, entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione della cancellazione.
Invero non si segnalano allo stato altre pronunce che affrontino direttamente il problema della giurisdizione; pur tuttavia il
giudice amministrativo – come vedremo – è stato chiamato più
volte a pronunciarsi sulle problematiche afferenti la vita dei Centri
di Servizio e dei Comitati di Gestione ed ha sempre emesso delle
pronunce nel merito, con ciò mostrando di ritenere comunque sussistente la propria giurisdizione.
Circostanza, questa, che seppur indirettamente (tenuto altresì
conto che il difetto di giurisdizione è rilevabile di ufficio dal Giudice) conferma la cognizione del giudice amministrativo per gli atti posti in essere dai Comitati di Gestione, laddove questi sono finalizzati alla realizzazione di un interesse pubblico.
91
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
Tanto detto le controversie che hanno maggiormente interessato i Comitati di Gestione riguardano l’esercizio del potere di
cancellazione dei Centri di Servizio dal relativo elenco.
Dalla analisi delle sentenze si evidenzia, in primo luogo, come i Comitati di Gestione, nell’esercizio delle funzioni preordinate
alla cura dell’interesse pubblico del volontariato (nel caso in esame
la cancellazione del Centri di Servizio dal relativo elenco), sono tenuti a rispettare le norme sul procedimento amministrativo dettate
dalla legge n. 241 del 1990114.
Sotto altro profilo la giurisprudenza ha anche contribuito a
chiarire gli strumenti che il Comitato di Gestione può utilizzare
per accertare l’“inadempimento” ai propri doveri da parte del
Centro di Servizio, ai fini dell’esercizio del relativo potere sanzionatorio. Sul punto il Consiglio di Stato ha ritenuto che il Comitato
di Gestione ben possa disporre un’indagine per accertare
l’effettivo svolgimento da parte del Centro di Servizio dell’attività
di supporto al volontariato; ciò a motivo del fatto che i Comitati di
Gestione, nell’ambito del potere di controllo delle attività dei Centri di Servizio, non hanno competenze limitate al mero riscontro
formale o contabile115.
Il Consiglio di Stato ha avuto altresì modo di chiarire come
non sia assolutamente necessario chiedere il parere degli enti locali
per disporre la cancellazione dei Centri di Servizio dall’elenco, in
quanto il relativo potere è chiaramente attribuito dal decreto ministeriale, in via esclusiva, ai Comitati di Gestione.
114
Vedi Cap. 2 par. 1.2.
115
Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 febbraio 2003, n. 565.
92
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
La sentenza in disamina ha avuto modo di cimentarsi a fondo
anche sulla questione delle norme processuali applicabili in caso di
cancellazione dei Centri di Servizio dall’elenco regionale116.
Come già riferito nel paragrafo dedicato a questo argomento,
l’art. 3, comma 4, del D.M. 8 ottobre 1997 prevede la cancellazione
dei Centri di Servizio dall’elenco qualora venga accertato, con la
procedura di cui all’art. 6, commi 4 e 5, della Legge 266 del 1991,
che gli stessi non svolgono più attività a favore delle organizzazioni di volontariato.
Il comma 5 dell’art. 6 della Legge 266 del 1991 prevede che,
contro il provvedimento che dispone la cancellazione delle organizzazioni di volontariato dal relativo registro, “è ammesso ricorso,
nel termine di trenta giorni dalla comunicazione, al Tribunale amministrativo regionale, il quale decide entro trenta giorni dalla scadenza del
termine per il deposito del ricorso … . La decisione del Tribunale è appellabile entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato,
il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termine”.
Come emerge dalla lettura della citata sentenza il potere di istituzione e controllo dei Centri di Servizio si radica esclusivamente in capo ai Comitati di Gestione; i quali, al fine di verificare se i
Centri di Servizio svolgano effettivamente attività a favore delle
organizzazioni di volontariato, possono utilizzare qualsiasi mezzo
di indagine.
Il Consiglio di Stato ha chiarito che il rinvio operato dal D.M.
8 ottobre 1997 al rito processuale di cui all’art. 6, comma 5, della
Legge 266 del 1991, che prevede termini brevi per la proposizione
116
Il Consiglio di Stato si è discostato da quanto affermato nella sentenza del
Tribunale Amministrativo regionale dell’Emilia Romagna n. 858 del 2002.
93
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
del ricorso e per la decisione della controversia, non riguarda il rito processuale, ma soltanto il procedimento amministrativo; al riguardo specificando che solo apparentemente il decreto ministeriale equipara la fattispecie della cancellazione dall’albo dei Centri
di Servizio a quella relativa alla cancellazione delle organizzazioni
di volontariato dal registro regionale. Infatti, risultando richiamato
anche il comma 5 dell’art. 6 in esame, dovrebbe dedursi che, anche
alle controversie in tema di cancellazione dei Centri di Servizio, si
applichi il rito processuale semplificato di cui all’articolo 6 della
legge n. 266 del 1991.
In realtà, sostiene il Consiglio di Stato, così non è; attesa da un
lato l’inattitudine del regolamento ministeriale a dettare norme
processuali derogatorie rispetto a norme sovraordinate e,
dall’altro, la circostanza che la legge non autorizzava in nessun
modo il regolamento a disporre alcunché sul piano processuale.
Pertanto il rito per le controversie nascenti dalla cancellazione
dei Centri di Servizio dall’elenco è quello ordinario, che prevede il
termine per l’impugnazione degli atti entro il termine di decadenza di 60 giorni decorrenti dalla piena conoscenza dell’atto.
2. Raccolta di pareri
In questo paragrafo verranno brevemente illustrate alcune
questioni sorte nell’ambito della concreta attività dei Comitati di
Gestioni e sulle quali sono stati resi pareri legali, rinviandosi
all’appendice per la lettura integrale dei suddetti pareri.
a) Retribuzione dei componenti del collegio sindacale del Centro
94
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
di Servizio117
I Centri di Servizio, come ampiamente descritto nei capitoli
che precedono, sono organizzazioni di volontariato o associazioni
costituite per la maggioranza da organizzazioni di volontariato,
che non devono perseguire fini di lucro.
Le cariche associative ricoperte in tali organizzazioni sono
gratuite118, pertanto i componenti del collegio sindacale, che è una
carica associativa, non possono essere retribuiti dal relativo Centro
di Servizio.
È ben invece possibile corrispondere compensi a professionisti, ancorché sindaci, per incarichi di consulenza esterna del Centro o del Comitato.
b) Vincolatività della “Comunicazione Turco”119
Nella comunicazione c.d. Turco120, interpretando estensivamente l’art. 15 della Legge 11 agosto 1991, n. 266 e l’art. 4 del D.M.
8 ottobre 1997, si sostiene che i Centri di Servizio possano fornire
sostegno economico diretto ai progetti presentati dalle organizzazioni di volontariato. A tal riguardo si è posto il problema della efficacia, vincolante o meno, dell’interpretazione fornita dalla suddetta comunicazione e se, conseguentemente, è possibile per i Comitati di Gestione assumere un’interpretazione diversa.
Nel nostro ordinamento l’unico soggetto legittimato a fornire
interpretazioni autentiche di norme di legge è il legislatore, pertan117
Per la lettura integrale del parere si veda in appendice parere n. 1.
118
Cfr. Art. 3 della Legge 11 agosto 1991 n. 266.
119
Per la lettura integrale del parere si veda in appendice parere n. 2.
120
Dal nome dell’allora Ministro per la Solidarietà Sociale.
95
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
to l’interpretazione fornita dal Ministero non è vincolante.
I Comitati di Gestione e i Centri di Servizio possono, quindi,
aderire ad una interpretazione diversa dell’art. 4 del decreto ministeriale e dell’art. 15 della Legge n. 266 del 1991 e ritenere per
l’effetto che i Centri di Servizio possono sostenere le organizzazioni di volontariato solo attraverso l’erogazione di servizi.
c) Finanziamento diretto dei progetti delle organizzazioni di volontariato ed acquisto di beni da parte di queste ultime121
Aderendo alla interpretazione fornita dalla comunicazione
Turco (infra sub b), i Centri di Servizio possono finanziare direttamente i progetti delle organizzazioni di volontariato. In questo caso il contributo del centro di servizio potrà anche estendersi alla
copertura di spese derivanti dall’acquisto di materiali necessari alla realizzazione pratica del singolo progetto.
I beni acquistati con tali somme dovranno esaurire la propria
funzionalità con il fine del progetto e, poiché tali beni normalmente sopravvivono al progetto, si pone il problema di fornire soluzioni che consentano di correlare il bene al progetto, quindi di legittimarne il relativo finanziamento.
Il finanziamento sarà senz’altro possibile per beni di valore
inferiore ad € 516,00 (pari al milione delle vecchie lire), in quanto
deducibili nello stesso anno di acquisto. Per i beni di valore superiore alla predetta somma si ipotizzano tre soluzioni:
1) Il finanziamento potrà essere ancorato alle quote di ammortamento annuale del bene, per tutti gli anni del progetto; le
successive quote saranno invece a carico dell’organizzazione.
121
Per la lettura integrale del parere si veda in appendice parere n. 3.
96
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
2) Si potrà prevedere la cessione dei beni acquistati per la
realizzazione del progetto al termine dello stesso, con imputazione
al Centro di Servizio del solo differenziale.
3) Si potrà finanziare il costo per il noleggio dei beni durante
il periodo di realizzazione del progetto.
d) Attuazione di un nuovo meccanismo di accreditamento delle
somme stanziate in favore dei Centri di Servizio122
Il sistema di accreditamento attualmente utilizzato prevede
l’erogazione diretta ai Centri di Servizio delle somme destinate agli stessi dalle fondazioni di matrice bancarie.
Le somme del fondo speciale per il volontariato da accreditare ai Centri di Servizio sono di pertinenza delle fondazioni bancarie, pertanto queste ultime, nell’ambito della loro autonomia, possono concordare con i Comitati di Gestione modalità di erogazione
diverse delle somme ai Centri di Servizio, come ad esempio,
l’apertura di un “conto di tesoreria” intestato al Comitato, che
provvede poi ad erogare le somme delle fondazioni bancarie ai
Centri di Servizio.
e) Acquisto della sede del Centro di Servizio e finanziamento da
parte dei Comitati di Gestione123
I Centri di Servizio, in quanto organizzazioni di volontariato
o associazioni formate per la maggioranza da organizzazioni di
volontariato, possono acquistare i beni immobili necessari allo
122
Per la lettura integrale del parere si veda in appendice parere n. 4.
123
Per la lettura integrale del parere si veda in appendice parere n. 5.
97
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
svolgimento delle proprie attività124.
Vista tale premessa, si è posto il problema se i Comitati di Gestione possano finanziare l’acquisto di un immobile in cui collocare la sede del Centro di Servizio.
Le somme scritturate nel fondo speciale per il volontariato
possono essere utilizzate dai Comitati di Gestione unicamente per
offrire servizi alle organizzazioni di volontariato; poiché l’acquisto
di un immobile in cui collocare la sede del Centro di Servizio non
può considerarsi “servizio”, lo stesso non può essere oggetto di finanziamento.
f) Sospensione del provvedimento di istituzione dei Centri di Servizio per vizio di motivazione da parte del Giudice Amministrativo: conseguenze125
La sospensione in sede cautelare da parte del Giudice Amministrativo della delibera del Comitato di Gestione di istituzione del
Centro di Servizio per carenza di motivazione importa unicamente
l’obbligo, per il Comitato di Gestione, di procedere nuovamente
alla valutazione delle proposte avanzate dalle associazioni che
hanno partecipato alla procedura concorsuale e di adottare un
nuovo provvedimento, che potrebbe concludersi con la scelta
dell’associazione precedentemente individuata, con l’unico limite
che il nuovo provvedimento di istituzione del Centro di Servizio
dovrà essere adeguatamente motivato.
g) Possibilità di nominare da parte delle regioni e degli enti locali
di un rappresentante titolare e di un sostituto all’interno del Comi124
Art. 5, comma 1, della Legge 11 agosto 1991, n. 266.
125
Per la lettura integrale del parere si veda in appendice parere n. 6.
98
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
tato di Gestione126
L’art. 2, comma 2, del D.M. 8 ottobre 1997 predetermina tassativamente in numero di quindici i componenti del Comitato di Gestione e predetermina altresì tassativamente il numero di componenti nominati dagli enti locali e dalla regione. È evidente che
consentire di nominare non solo membri titolare, ma anche eventuali sostituiti significherebbe alterare il numero dei componenti
del Comitato di Gestione che rischierebbe così di passare da quindici a trenta.
h) Ammissibilità della proroga del Comitato di Gestione in attesa
del rinnovo del Comitato di Gestione127
L’art. 2, comma 3, del D.M. 8 ottobre 1997 prevede espressamente che il Comitato di Gestione resta in carica per un biennio
“decorrente in ogni caso dal giorno successivo alla scadenza del mandato
previsto per il Comitato precedente”.
La citata norma stabilisce inderogabilmente non solo la durata del mandato dei soggetti nominati a comporre il Comitato di
Gestione, ma anche il momento in cui inizia a decorrere il nuovo
Comitato (dal giorno successivo alla scadenza del precedente);
pertanto è esclusa la possibilità di proroga della durata del Comitato di Gestione uscente.
3. L’azione in giudizio
Si è riferito come i Comitati di Gestione siano soggetti privati
126
127
Per la lettura integrale del parere si veda in appendice parere n. 7.
Per la lettura integrale del parere si veda in appendice parere n. 8.
99
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
che assolvono a funzioni pubbliche, atteso che gli atti ed i provvedimenti adottati da tali organismi sono destinati ad incidere su interessi generali. La scissione che si realizza tra profilo soggettivo
ed oggettivo ha indotto il giudice amministrativo a ritenere che le
controversie relative all’adozione ed esecuzione dei provvedimenti
dei Comitati di Gestione (in via esemplificativa: istituzione dei
Centri di Servizi, cancellazione dagli elenchi, imputazione delle
somme iscritte nel fondo, ecc.) siano attratte dalla propria giurisdizione .
In ciò la giurisprudenza fa proprio il principio in base al quale la giurisdizione amministrativa si applica non solo alle controversie relative ad atti emanati da pubbliche amministrazioni, ma
ogni volta che vi sia una scelta finalizzata ad incidere su un interesse aventi rilevanza pubblica.
E l’esperienza giurisprudenziale ad oggi maturata sembra
andare nella direzione qui indicata. Comunque sia, è doveroso ricordare come l’appiglio normativo più forte per fondare la giurisdizione del giudice amministrativo sia costituito dall’articolo 3,
comma 5, del D.M. 8 ottobre 1997; norma che rinvia alla procedura
dettata dai commi 4 e 5 dell’articolo 6 della Legge quadro sul volontariato, disciplinante le ipotesi di cancellazione delle organizzazioni di volontariato dai registri regionali, a mente dei quali, contro il provvedimento di diniego dell’iscrizione o contro il provvedimento di cancellazione delle organizzazioni di volontariato dal
relativo registro, è ammesso ricorso al Tribunale amministrativo
regionale.
Da ciò consegue che le controversie relative ai provvedimenti
di cancellazione adottate dal Comitato di Gestione sicuramente
100
CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE
Manuale Operativo per i Comitati di Gestione
sono di competenza del giudice amministrativo.
Il Comitato di Gestione può essere convenuto in giudizio da
terzi o intentare egli stesso un giudizio nei confronti di terzi, avendo lo stesso la legittimazione attiva e passiva.
La legittimazione a stare in giudizio per il Comitato spetta al
Presidente128, salvo l’ipotesi eccezionale in cui la legittimazione
processuale sia stata conferita ad altro componente, a nulla influendo il fatto che sia stato un altro componente del Comitato di
Gestione a contrarre l’obbligazione o che abbia posto in essere
l’atto impugnato, e ciò anche se tale soggetto ha il potere di concludere negozi giuridici in nome del Comitato.
Il quale, come qualsiasi altra persona fisica o giuridica, per
stare in giudizio deve essere assistita da un avvocato; per conferire
al quale il mandato è necessario che il Comitato di Gestione convochi un’apposita riunione, salvo che il Comitato di gestione abbia
già conferito espressamente al Presidente il potere di dare mandato ad avvocati per tutelare gli interessi del Comitato medesimo.
128
Cfr. art. 41 codice civile.
101