CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI
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CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI
GRAZIA MANNOZZI CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI: LE NUOVE DINAMICHE DEL «COMPARAGGIO» FARMACEUTICO «Pratica occulta e sfuggente come poche altre, notoriamente comune ed endemica in molti paesi, non affatto esclusi quelli a più elevato tasso di civilizzazione, la corruzione unisce alla pesante immoralità del comportamento la distorsione di una sana parità concorrenziale: effetto obbligato e al tempo stesso terreno di coltura e strumento di sostegno insostituibile al dilagare della criminalità organizzata, essa contribuisce a volte a minare o ad ostacolare gravemente le stesse condizioni di sviluppo delle moderne democrazie»1. MARIO ROMANO SOMMARIO: 1. Il «comparaggio» farmaceutico come «cellula originaria» della corruzione tra privati. – 1.1. Quadro normativo d’insieme. – 1.2. La tipologia delle condotte. – 1.3. L’elemento soggettivo dei reati di comparaggio. L’effetto di feed-back della previsione del dolo specifico. – 1.4. La sproporzione tra condotta e offesa: un falso problema. – 1.5. Comparaggio e corruzione: eterogeneità dei beni protetti e possibilità di concorso formale. – 2. Il comparaggio: una fenomenologia criminale in costante evoluzione. – 2.1. Diffusione e modalità di realizzazione del comparaggio. – 2.2. Contrastare il comparaggio attraverso l’adozione di linee-guida volontarie. – 2.3. Comparaggio e incentivi: i «condizionamenti» dei medici nella Sentenza della Corte di Giustizia CE sul caso C-62/09. – 3. Osservazioni conclusive a partire dall’orizzonte criminologico di riferimento del comparaggio. 1. Il «comparaggio» farmaceutico come «cellula originaria» della corruzione tra privati. «Il G.u.p. del Tribunale di Foggia, con sentenza del 27.5.2004, dichiarava F.P., D.D.F., M.T. e M.M. colpevoli dei reati di associazione a 1586 GRAZIA MANNOZZI delinquere, corruzione di pubblico ufficiale, truffa in danno del Servizio sanitario nazionale mediante false ricette mediche e “comparaggio”, di cui agli artt. 416, 319-321, 640-61 n. 7 c.p. e 170 r.d. n. 1265 del 1934, valorizzando probatoriamente le risultanze delle numerose intercettazioni telefoniche e della significativa documentazione, anche contabile e bancaria, acquisita presso le Asl e all’esito delle perquisizioni effettuate presso le abitazioni del P. e del D.F., da cui emergeva in particolare che il P., medico di base in Manfredonia, anche predisponendo false ricette con la firma apocrifa di altri medici e d’intesa con il farmacista T., aveva prescritto, per un lungo periodo di tempo, un numero elevatissimo di farmaci di case farmaceutiche rappresentate dal D.F. e da altri informatori scientifici, prescindendo dalle effettive esigenze terapeutiche degli assistiti e dietro stabile corresponsione di consistenti somme di denaro, pari all’8-10% del prezzo dei farmaci prescritti». È, questo, l’incipit delle osservazioni «in fatto e in diritto» della sentenza della Corte di cassazione 20 novembre 2007, n. 42750, che si è pronunciata su un fatto di riconoscibile gravità già a partire dalla criminodinamica2, previsto da una semi-dimenticata quanto poco effettiva contravvenzione introdotta nel lontano 1933 ed indicata, in un gergo legalistico allusivamente evocativo di un’imprecisata consorteria illecita, con il termine «comparaggio». Poiché la lingua giuridica è varietà diafasica della lingua comune3 – e perciò si avvale di una «rete lessicale» che, pur attingendo molti termini dalla lingua ordinaria, ne presenta altrettanti iperspecialistici, derivati dal contesto funzionale di riferimento – capita che la rubricazione dei reati finisca con il plasmarsi su formule forbite o arcaiche, talvolta destinate rapidamente all’obsolescenza. Le espressioni quali «intelliegnze con il nemico», «subornazione»4, «spigolamento» e persino la «collusione»5 e la «concussione» – soltanto per fare degli esempi – rimandano a contenuti di illiceità non sempre immediata1 La citazione è tratta da I delitti contro la pubblica amministrazione. I delitti dei pubblici ufficiali, Milano, 2006, p. 126. 2 Sottolineano come il fenomeno del comparaggio abbia assunto, negli ultimi anni, «proporzioni impensabili fino a qualche tempo fa, scoprendo un mondo di corruzione e favoritismi» G. MARSEGLIA - L. VIOLA, La responsabilità civile e penale del medico, Halley ed., Matelica, 2007, p. 272. 3 V., per un approfondimento della questione e delle relative implicazioni, D. MANTOVANI, Lingua e diritto. Prospettive di ricerca fra sociolinguistica e pragmatica, in Studi in onore di Remo Martini, Milano, 2009, p. 679. 4 Figura delittuosa sostituita dal delitto di «Intralcio alla giustizia» (art. 377 c.p.) dalla l. 146/2006. 5 Reato militare previsto dall’art. 3 della l. 1383/1941. CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1587 mente riconoscibili dal destinatario della minaccia di pena. Lo stesso discorso può essere fatto per l’etichetta «comparaggio» – francesismo ormai raro e desueto – che indica in un linguaggio neanche troppo dotto un gruppo di illeciti a struttura bilaterale, volti a reprimere condotte imperniate sull’offerta o sulla promessa, e perciò sulla corrispettiva accettazione, di denaro o altro vantaggio rivolte al personale sanitario o al farmacista al fine di condizionare la diffusione dei farmaci. Ma dietro il termine opaco e dalle rassicuranti reminescenze familistiche di comparaggio si nasconde una realtà complessa, generata, come dirò meglio più avanti, dalla globalizzazione del mercato, dalle strategie «oblique» di marketing delle case farmaceutiche e dalle politiche pubbliche di incentivazione all’acquisto di talune classi di farmaci: un contesto reticolare e spesso non penetrabile nelle sue dinamiche effettive in cui possono inserirsi comportamenti tipicamente corruttivi, verosimilmente pregiudizievoli della competitività del mercato e persino della salute dei cittadini. Il fatto che la tipicità degli illeciti di comparaggio ricalchi quella delle ipotesi di corruzione descritte nell’ambito dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica Ammninistrazione, non consente tuttavia di concludere a favore della riconducibilità del comparaggio all’alveo della corruzione pubblica classicamente intesa, tipica espressione della «patologia del rapporto»6 del cittadino con la pubblica Amministrazione. Per il comparaggio potrebbe parlarsi, più correttamente, di una forma «ibrida» o «mista» di corruzione, in cui è indifferente la presenza della qualifica pubblicistica in capo al destinatario della promessa o della dazione di denaro o di altra utilità o forse, più semplicemente, di una ipotesi di corruzione nel settore privato – tipologia criminosa di cui peraltro ormai da tempo la decisione 2003/568/GAI7 auspica l’incriminazione attraverso fattispecie ad hoc. 6 In questi termini, ROMANO, I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., p. 126. 7 Il punto di svolta nel susseguirsi delle richieste sopranazionali di repressione e prevenzione della corruzione privata può essere considerato la Decisione-quadro 2003/568/GAI del Consiglio europeo del 22 luglio 2003. In argomento v. R. ZANNOTTI, La corruzione privata: una previsione utile nel nostro ordinamento? Riflessioni su un dibattito in corso, in Ind. pen., 2005, p. 531 ss. La richiesta espressa di criminalizzazione della corruzione privata è contenuta all’art. 2 della decisione quadro e risulta così formulata: «1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le seguenti condotte intenzionali costituiscano un illecito penale allorché sono compiute nell’ambito di attività professionali: a) promettere, offrire o concedere, direttamente o tramite un intermediario, un 1588 GRAZIA MANNOZZI In prima approssimazione, gli elementi che consentono di ipotizzare una riconduzione del comparaggio alla corruzione nel settore privato – fenomenologia delittuosa di cui anzi il comparaggio costituirebbe, quantomeno sotto il profilo cronologico, la «cellula originaria» – sarebbero essenzialmente due: la conformazione strutturale della condotta e la non indefettibilità della qualifica soggettiva pubblicistica in capo al «corrotto». Essi meritano perciò di essere analizzati separatamente e più nel dettaglio, una volta che sia stato ricostruito il quadro normativo d’insieme, poiché il c.d. «comparaggio» si fonda su una rete di fattispecie incriminatrici stratificatesi nel tempo, in cui talvolta le condotte tipizzate si giustappongono quasi a voler creare una piattaforma repressiva, talaltra si sovrappongo, generando vere e proprie forme di progressione dell’offesa. 1.1. Quadro normativo d’insieme. – Nel presentare il quadro normativo sintetico di riferimento, mi sembra utile ripercorre, per semplicità di lettura, l’evoluzione delle singole norme lungo l’asse diacronico, cominciando col ricordare come le contravvenzioni che puniscono il comparaggio siano state originariamente introdotte da una legge quasi coeva all’emanazione del Codice Rocco8, finendo per confluire, appena un anno dopo, negli articoli 170, 171 e 172 del Testo unico delle leggi sanitarie (da qui in avanti t.u.l.s.). Questi ultimi sono stati novellati dal d.lgs. 541/19929, con una riforma che non si segnala tuttavia per aver apportato modifiche nella descrizione del fatto tipico, rimasto sostanzialmente inalterato rispetto alla previsione del 1934, bensì per indebito vantaggio di qualsiasi natura ad una persona, per essa stessa o per un terzo, che svolge funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato, affinché essa compia o ometta un atto in violazione di un dovere; b) sollecitare o ricevere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accettare la promessa di tale vantaggio, per sé o per un terzo, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato, per compiere o per omettere un atto, in violazione di un dovere. 2. Il paragrafo 1 si applica alle attività professionali svolte nell’ambito di entità a scopo di lucro e senza scopo di lucro. 3. Uno Stato membro può dichiarare di volere limitare l’ambito di applicazione del paragrafo 1 alle condotte che comportano, o potrebbero comportare, distorsioni di concorrenza riguardo all’acquisizione di beni o servizi commerciali». 8 Le contravvenzioni di comparaggio sono state introdotte con la l. 1897 del 1933. 9 Si tratta del r.d. 27 luglio 1934 n. 1265 (il c.d. t.u.l.s.); tali norme sono poi state novellate dall’art. 16 del d.lgs. 541/1992. CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1589 aver ritoccato le comminatorie edittali, nella specie attraverso l’introduzione della comminatoria congiunta di pena pecuniaria e pena detentiva. Al micro-sistema di incriminazioni previsto dal t.u.l.s., intatto negli elementi oggettivo e soggettivo rispetto alla formalizzazione ricevuta negli anni ’30, è stata poi affiancata un’ulteriore fattispecie contravvenzionale – che presenta, rispetto alle precedenti, ampi spazi di sovrapposizione – in cui i «monomi» precetto e sanzione, componenti indefettibili del «binomio» in cui si strutturano normalmente le fattispecie incriminatrici, sono dislocati in due diversi articoli: la condotta, è descritta all’art. 123 del d.lgs. 219/2006 (il c.d. «Codice del farmaco»); la sanzione è prevista all’art. 147, comma 5, della medesima legge10. La fattispecie così ricomposta, vietando la mera offerta o promessa di vantaggi pecuniari o di altra natura, ovvero di premi, nel contesto dell’attività di informazione e presentazione dei medicinali svolta presso medici o farmacisti, tipizza una condotta prodromica11 (in quanto costituente un prius logico) rispetto a quelle descritte dagli art. 170 e 171 t.u.l.s., che invece incriminano il medico, il veterinario o il farmacista che ricevano, per sé o per altri, denaro o altra utilità ovvero ne accettino la promessa, allo scopo di agevolare la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto a uso farmaceutico. Sempre ai sensi dell’art. 123, comma 3, d.lgs. 219/2006, è vietata la sollecitazione o accettazione degli incentivi di cui al comma 1 del medesimo articolo. 10 Per comodità di lettura si riportano gli artt. 123 e 147 del c.d. «Codice del farmaco» (d.lgs. 24 aprile 2006 n. 219). «Art. 123. Concessione o promessa di premi o vantaggi pecuniari o in natura. – 1. Nel quadro dell’attività di informazione e presentazione dei medicinali svolta presso medici o farmacisti è vietato concedere, offrire o promettere premi, vantaggi pecuniari o in natura, salvo che siano di valore trascurabile e siano comunque collegabili all’attività espletata dal medico e dal farmacista. 2. Il materiale informativo di consultazione scientifica o di lavoro, non specificamente attinente al medicinale, può essere ceduto a titolo gratuito solo alle strutture sanitarie pubbliche. 3. I medici e i farmacisti non possono sollecitare o accettare alcun incentivo vietato a norma del comma 1». Art. 147, comma 5: «Chiunque, in violazione dell’articolo 123, comma 1, concede, offre o promette premi, vantaggi pecuniari o in natura, è punito con l’arresto fino ad un anno e con l’ammenda da quattrocento euro a mille euro. Le stesse pene si applicano al medico e al farmacista che, in violazione dell’articolo 123, comma 3, sollecitano o accettano incentivi vietati. La condanna importa la sospensione dall’esercizio della professione per un periodo di tempo pari alla durata della pena inflitta. In caso di violazione del comma 2 dell’articolo 123, si applica la sanzione dell’ammenda da quattrocento euro a mille euro». 11 In questo senso anche Cass. pen., 2/10/2007, Rv. 237942. 1590 GRAZIA MANNOZZI Per tutte le fattispecie contravvenzionali sopra elencate, il trattamento sanzionatorio è previsto in misura identica quanto alla pena detentiva – arresto fino a 1 anno – con lievi differenze rispetto alla comminatoria di pena pecuniaria, la quale risulta addirittura superiore per la fattispecie meno grave e a tutela, per così dire, anticipata di cui agli articoli 123 e 147 d.lgs. 219/2006. Va segnalato sin d’ora come l’opzione sanzionatoria operi un’indebita parificazione di fattispecie contrassegnate da una disomogeneità di disvalore. Al di là di questa valutazione, peraltro suggerita dal criterio di ragionevolezza, le sanzioni non sembrano in ogni caso raggiungere quello standard di proporzionalità, dissuasività e adeguatezza che le fonti sovranazionali sollecitano per tutte le ipotesi di corruzione, incluse quelle che si verificano inter privatos. È sufficiente una lettura dell’apparato sanzionatorio nella sua dimensione astratta, sia pur correlata alla concretezza del sistema sanzionatorio italiano – oscillante tra ineffettività e punte di rigorismo iperselettivo, a sua volta rispondente a logiche amico/nemico, teoricamente dubbie quanto praticamente invalse – per osservare come tali comminatorie possano verosimilmente generare impunità a due distinti livelli. Anzitutto la comminatoria compresa tra 15 giorni e un anno di arresto mina in radice la perseguibilità del fatto con una prospettiva realistica di chiarimento: le contravvenzioni sono in ogni caso sottoposte ad un termine breve termine di prescrizione – che, ex art. 157 c.p., è pari ad anni 4 – normalmente incompatibile con i tempi di emersione di siffatte notitie criminis e con quelli delle indagini. Quand’anche si giunga ad una pronuncia di condanna, quest’ultima pare inesorabilemente destinata a produrre una sorta di impunità sostanziale, poiché la cornice di pena entro cui il giudice è chiamato ad esercitare il proprio potere discrezionale è tale da comportare pressoché quasi automaticamente la concessione della sospensione condizionale, che azzera anche la possibilità di applicare le pene accessorie. 1.2. La tipologia delle condotte. – Una volta ricomposto il mosaico normativo delineato dalle leggi sopra citate, si ottiene un risultato piuttosto singolare, autentica apoteosi della speciale «arte combinatoria» del diritto penale: una concatenazione di fattispecie oggettivamente corruttive – in quanto caratterizzate da una corresponsione di denaro (o di altri premi o vantaggi) volta a sollecitare condotte che potremmo definire in senso lato «cooperative» – sostenute, in alcune ipotesi, da un dolo generico, in altre, ulteriormente qualificate dal dolo specifico (a CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1591 sua volta rappresentato dallo scopo di agevolazione della diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto ad uso farmaceutico). In concreto, il c.d. «comparaggio» di cui agli artt. 170 e 171 t.u.l.s. è una contravvenzione diretta a reprimere: (a) la condotta del medico o del veterinario che ricevano, per sé o per altri, denaro o altra utilità ovvero ne accettino la promessa, allo scopo di agevolare, con prescrizioni mediche o in qualsiasi altro modo, la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto a uso farmaceutico (art. 170); (b) la condotta del farmacista che riceva per sé o per altri denaro o altra utilità ovvero ne accetti la promessa, allo scopo di agevolare in qualsiasi modo la diffusione di specialità medicinali o dei prodotti indicati nell’articolo precedente, a danno di altri prodotti o specialità dei quali abbia pure accettata la vendita (art. 171). L’art. 173 del t.u.l.s., poi, interviene per svolgere la medesima funzione estensiva delle punibilità che, nel micro-sistema codicistico di norme anticorruzione, è propria dell’art. 321 c.p.: rendere punibile il privato che promette ovvero che offre denaro o altra utilità al sanitario o al farmacista. Infine, la contravvenzione prevista dal c.d. «Codice del farmaco» – art. 123, comma 1, d.lgs. 219/2006 – prevede che «nel quadro dell’attività di informazione e presentazione dei medicinali svolta presso medici o farmacisti è vietato concedere, offrire o promettere premi, vantaggi pecuniari o in natura, salvo che siano di valore trascurabile e siano comunque collegabili all’attività espletata dal medico e dal farmacista. Quest’ultima fattispecie risulta sganciata dalla previsione di una specifica controprestazione da parte del sanitario o del farmacista e perciò ricorda, nella struttura, le norme che vietavano la mera accettazione di doni12 presenti nelle codificazioni preunitarie. Se anche una controprestazione è immaginabile, essa non è però richiesta, mancando anche la previsione del dolo specifico, come non è richiesta, di conseguenza, la prova che la condotta del sanitario sia causalmente idonea a favorire la diffusione di singole specialità farmaceutiche a scapito di altre. La dimensione oggettiva delle norme sul comparaggio rimanda, dunque, come ho anticipato, ad un paradigma tipicamente «corrut12 Si pensi all’articolo 178 del Codice toscano del 1853, a sua volta di derivazione dall’art. 667 del Codice del Baden. In argomento v. A. CADOPPI, La disciplina della corruzione nelle legislazioni italiane dell’Ottocento, in G. FORNASARI - N.D. LUISI, La corruzione: profili storici, attuali, europei e sopranazionali, Padova, 2003, p. 108 s. e p. 111. 1592 GRAZIA MANNOZZI tivo». Vediamone in particolare le ragioni ulteriori, riassumibili in quattro distinti fattori: (a) il contesto in cui matura il reato: si tratta di una attività, quella sanitaria o quella del farmacista, a rilevanza pubblicistica. Sanitari e farmacisti sono, per espresso dettato normativo, quantomeno esercenti un servizio di pubblica necessità (art. 359 c.p., n. 1). Spesso il sanitario riveste la qualifica di pubblico ufficiale13; (b) la presenza di un «conflitto di interessi»14 che fa da sfondo al reato: anche nei reati di comparaggio vi è il perseguimento di un vantaggio individuale che prevale su quello dell’interesse collettivo, connaturato, nella specie, all’esercizio dell’attività sanitaria; (c) la struttura sinallagmatica della condotta incriminata: le fattispecie di comparaggio sono imperniate su un pacutm sceleris, in cui il nesso prestazione-controprestazione ha alla base lo scambio di denaro o di altra utilità; (d) il carattere bilateralmente illecito delle condotte di corruzione attiva e passiva. Non sembrano atti ad escludere la possibilità di inquadramento del comparaggio nel paradigma dei delitti di corruzione due elementi differenziali attinenti, rispettivamente, alla cerchia dei soggetti attivi e alla presenza dell’atto dell’ufficio quale oggetto specifico di mercimonio. I destinatari delle contravvenzioni di comparaggio sono individuati negli esercenti una professione sanitaria – medici o veterinari, ex art. 170 t.u.l.s. – e nel farmacista – ex art. 171 t.u.l.s. – mentre i soggetti attivi dei delitti di corruzione sono genericamente indicati in coloro che abbiano la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Tra le due macro-categorie di soggetti non vi è omogeneità – per il fatto che al sanitario o al farmacista può difettare la qualifica pubblicistica – sicché le norme incriminatrici non possono essere poste in un rapporto di genere a specie. Tutte le ipotesi contravvenzionali sopra menzionate restano comunque reati propri: nel caso del comparaggio si è optato per una specifica qualifica professionale tassativamente indicata per individuare l’in13 Per la casistica e le relative pronunce giurisprudenziali si rinvia a C. BENUSSI, I delitti contro la pubblica amministrazione, Padova, 2001, p. 76-84. 14 Sulla nozione di conflitto di interessi resta fondamentale il saggio di M. ROMANO, Profili penalistici del conflitto di interessi dell’amministratore di società per azioni, Milano, 1967. CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1593 sieme dei soggetti attivi; nel caso della corruzione codicistica, si è fatto ricorso all’indicazione espressa di una qualifica pubblicistica generica in capo al soggetto attivo, la cui capacità tipizzante è rimessa ai parametri ex art. 357 c.p. In quest’ultimo caso, come emerge dalla ricchissima casistica giurisprudenziale15, la qualifica pubblicistica può essere attribuita a diverse professionalità e finanche al funzionario di fatto o a soggetti privati (si pensi alla professione notarile). Che i due «sotto-insiemi» di soggetti attivi – quello dei medici e farmacisti da un lato e quello dei pubblici ufficiali dall’altro16 – non siano in rapporto di genere a specie ma possano avere solo un’area di intersezione, idonea a legittimare il concorso formale tra le norme codicistiche e quelle extra codicem, è elemento ininfluente rispetto all’inclusione del comparaggio tra le ipotesi di corruzione. Anche il requisito dell’atto d’ufficio è un fattore che solo in apparenza può contrassegnare una differenza tra i due gruppi di fattispecie. Sebbene sia espressamente richiesto unicamente nelle fattispecie incriminatrici la corruzione17, un sorta di «atto dell’ufficio» compare anche nell’art. 170 t.u.l.s.: la «prescrizione medica» ivi menzionata può essere considerata a tutti gli effetti un atto dell’ufficio in quanto è atto proprio e tipico del sanitario e, sotto il profilo amministrativistico, ha una valenza autorizzatoria rispetto all’acquisto della specialità farmaceutica18. Il comparaggio, tuttavia, può essere realizzato anche per un tramite diverso dall’atto d’ufficio (la prescrizione medica), poiché sia l’art. 170, sia l’art. 171 t.u.l.s. prevedono testualmente che l’agevolazione della diffusione di specialità medicinali possa avvenire in «qualsiasi altro modo». 15 Per una prospettazione delle problematiche relative alle qualifiche soggettive, essenziale è il rinvio a M. ROMANO, I delitti contro la pubblica amministrazione. I delitti dei privati. Le qualifiche soggettive pubblicistiche, Milano, 2008, sub Artt. 357, 358 e 359. Per un inquadramento più generale della problematica v. anche sub Pre-Art. 357 e bibl. ivi cit. Cfr. anche, per una ricognizione esaustiva della giurisprudenza in materia, C. BENUSSI, I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., p. 76-84. 16 Si consideri tuttavia che, per effetto dell’art. 320 c.p., le norme sulla corruzione propria si applicano anche all’incaricato di pubblico servizio e quelle sulla corruzione impropria all’incaricato di pubblico servizio che rivesta la qualità di pubblico impiegato. 17 Cfr. ROMANO, I delitti contro la pubblica amministrazione. I delitti dei pubblici ufficiali, cit., sub Art. 318 (§ 15 s.). Sui problemi relativi al requisito dell’atto d’ufficio mi permetto di rinviare a P. DAVIGO - G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, Roma-Bari, 2007, p. 294-304 e bibl. ivi cit. 18 Diversamente, sul punto, F. MUCCIARELLI, Comparaggio (voce), in Dig. disc. pen., II, Torino, 1988, p. 336. 1594 GRAZIA MANNOZZI Tutto quanto sino ad ora esposto porta a ritenere che proprio la gamma ampia di realizzabilità della condotta illecitamente cooperativa del sanitario o del farmacista, sollecitata dalla promessa o dalla dazione di denaro, consente di riconoscere alle norme sul comparaggio del 1934 un carattere di avanguardia rispetto a quelle modalità di criminalizzazione della corruzione pubblica, inclusive del mercimonio della funzione, indicate da alcune convenzioni internazionali come preferibili nella prospettiva di una ottimizzazione dell’attività di contrasto a tale fenomeno criminoso. Vale la pena di richiamare, al riguardo, il testo della Convenzione sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali in ambito OCSE, fatta a Parigi il 17 dicembre 1997, laddove «impone, all’art. 1, comma 1, che ciascun Paese firmatario preveda “come illecito penale il fatto di chi intenzionalmente offra, prometta o dia qualsiasi indebito beneficio pecuniario o di altra natura, direttamente o per mezzo di intermediari ad un pubblico ufficiale straniero, per lui o per un terzo, affinché l’ufficiale compia o si astenga dal compiere atti in relazione ai doveri d’ufficio, per conseguire o conservare un affare o un altro vantaggio indebito nell’ambito del commercio internazionale”. Il comma quarto dello stesso articolo 1 specifica che “l’espressione ‘compiere o astenersi dal compiere atti in relazione ai doveri d’ufficio’ include qualsiasi utilizzazione della posizione di pubblico ufficiale, nell’ambito o no delle competenze dello stesso”»19. La convenzione OCSE auspica dunque il superamento di un rigido quanto ancoraggio all’atto dell’ufficio nella formalizzazione delle norme penali sulla corruzione, riconoscendo come maggiormente aderente alla mutata realtà empirica del fenomeno criminoso sottostante le norme l’utilizzazione della posizione di pubblico ufficiale. Va peraltro ricordato che in Italia la giurisprudenza (di legittimità e di merito) in tema di corruzione si è caratterizzata per un progressivo sganciamento, peraltro discutibile stante la vigente lettera della legge, dal requisito della compravendita di un atto dell’ufficio, per attestarsi su forme e modelli di compravendita della funzione. «La dilatazione giurisprudenziale della nozione di atto determinato, sino a comprendere l’atto determinabile, sembra rappresentare un indicatore univoco dell’inadeguatezza di tale elemento normativo della 19 DAVIGO - MANNOZZI, La corruzione in Italia, cit., p. 302. CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1595 fattispecie ad esaltare il “ventaglio” di disvalore della corruzione, essendo quest’ultimo ravvisabile, in una percentuale tutt’altro che marginale di casi, nella strumentalizzazione della pubblica funzione e del servizio per l’ottenimento di compensi indebiti»20. Un’osservazione attenta della prassi induce a ritenere come spesso nella corruzione non si faccia mercimonio di un atto anche perché le parti possono non essere in grado di indicare, al momento della pattuizione, quale sarà l’atto che si renderà necessario o se addirittura uno specifico atto si rivelerà indispensabile: ciò che si «compra», nelle forme più evolute e pervasive di corruzione, è la protezione del pubblico ufficiale o, più frequentemente, quella del politico che sul pubblico ufficiale può esercitare un potere. In sostanza, le discordanze più rilevanti tra corruzione e comparaggio non riguardano tanto la presenza di una qualifica soggettiva pubblicistica o la possibilità di reprimere la compravendita di una funzione atto. Rispetto a tali profili le norme presentano anzi profili di omogeneità rispettivamente per la tecnica di tipizzazione adottata e per la «dilatazione» del requisito dell’atto da parte dell’ermeneutica giurisprudenziale; altri sono gli elementi differenziali, primo fra tutti quello relativo alla formalizzazione del coefficiente psichico richiesto. 1.3. L’elemento soggettivo dei reati di comparaggio. L’effetto di feed-back della previsione del dolo specifico. – Analogamente alla (sola) corruzione antecedente, il comparaggio è un reato a dolo specifico, da individuare nel fine di agevolare la diffusione di un farmaco. La previsione espressa del dolo specifico comporta una serie di conseguenze interpretative: (a) anzitutto implica che l’elemento soggettivo delle contravvenzioni di comparaggio possa essere soltanto il dolo e non anche la colpa; (b) in secondo luogo, ha ricadute significative sull’individuazione del bene giuridico; (c) in terzo luogo, si riflette sul binomio offensività/potenziale lesivo o pericoloso delle singole condotte concrete. Cominciando con il primo profilo, va osservato come il fatto che il pactum sceleris sotteso al comparaggio debba essere scientemente orientato ad agevolare la diffusione di un farmaco sia incompatibile, a livello logico, con una realizzazione colposa della condotta, dove può invece difettare l’elemento consapevolezza/previsione dell’evento. 20 DAVIGO - MANNOZZI, La corruzione in Italia, cit., p. 296. 1596 GRAZIA MANNOZZI Il dolo specifico che caratterizza le due fattispecie di comparaggio – l’«agevolazione della diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto farmaceutico» – esercita inoltre un feed-back significativo sull’individuazione del bene giuridico, orientando il «cono di tutela» della norma verso una generica protezione della competitività delle imprese farmaceutiche21 e quindi, più ingenerale, del corretto esplicarsi della libera concorrenza22. Dalla tipologia di obiettivi cui deve essere orientata la condotta del sanitario, previsti dagli articoli 171 e 172 t.u.l.s., deriva anzitutto che le norme sul comparaggio – a differenza di quelle delineanti il modello generale di corruzione (artt. 318-321 c.p.), che pure incriminano condotte speculari sotto il profilo oggettivo della strutturazione del pactum sceleris e della criminodinamica – tutelano non già interessi interni alla pubblica Amministrazione, come il buon andamento e l’imparzialità, bensì un bene totalmente esterno alla pubblica Amministrazione, sovra-individuale ed anche scarsamente afferrabile qual è la correttezza del mercato farmaceutico. In via solo mediata infatti può essere tutelato il buon andamento della pubblica amministrazione, posto in pericolo solo qualora la condotta del sanitario, che rivesta la qualifica di pubblico ufficiale, determini una cattiva allocazione della spesa sanitaria. Solo in via mediata viene tutelato il bene, costituzionalmente protetto, della salute del paziente, che peraltro può anche non essere messo in pericolo dalla condotta del sanitario laddove la prescrizione medica contenga la corretta indicazione terapeutica quanto al principio attivo, ancorché privilegi il prodotto di una determinata casa farmaceutica. Quanto alla contravvenzione ex art. 123 d.lgs. 219/2006 – reato d’obbligo, «strumentale ad assicurare la genuinità ed imparzialità dell’attività medica»23 – il percorso ermeneutico che muove dalla struttura della fattispecie conduce ad una sostanzialmente analoga individuazione del bene giuridico protetto. Appare rilevante, infatti, prendere in considerazione il punto di vista scelto dal legislatore per costruire tale contravvenzione: dal fatto che la condotta incriminata si svolge nel 21 Cfr. MUCCIARELLI, Comparaggio, cit., p. 336. 22 Sostiene come il comparaggio non sia dissimile, quanto a proiezione di tutela, all’originaria norma sull’aggiotaggio, prevista dal codice Rocco, F. CONSULICH, Il tradimento di Ippocrate. Ragionevolezza ed effettività delle fattispecie di comparaggio, tra diritto penale classico e diritto penale moderno, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2008, p. 11. 23 Così CONSULICH, Il tradimento di Ippocrate, cit., p. 22. CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1597 contesto dell’informazione e presentazione dei medicinali e che il soggetto su cui è ritagliata la fattispecie è l’informatore farmaceutico, è possibile dedurre che la norma «rappresenta una tutela anticipata della correttezza dell’attività promozionale in campo farmaceutico, del mercato e della concorrenza nel settore, e indirettamente della salute dei cittadini»24. Di conseguenza la clausola estensiva della punibilità di cui all’art. 147 d.lgs. 219/2006 risulta esattamente «rovesciata» rispetto a quella di cui all’art. 172 t.u.l.s.; muovendo dalla centralità della tipizzazione di una forma di corruzione attiva da parte del privato, l’art. 147 estende al sanitario (che può anche essere pubblico ufficiale) le pene stabilite a carico del soggetto che offre ovvero promette premi o vantaggi pecuniari o di altra natura nel quadro della presentazione dei medicinali. La messa a fuoco operata dalla norma incriminatrice principale è dunque sull’operato dell’informatore farmaceutico: solo attraverso la clausola estensiva della punibilità viene in rilievo la condotta del sanitario. La contravvenzione ex artt. 123 e 147 d.lgs. 219/2006 si pone dunque in linea di continuità con le norme del 1934 per omogeneità del bene giuridico protetto: ne è la riprova il fatto che le norme in questione sono insuscettibili di essere contestate in concorso formale, ma si inquadrano nello schema del reato progressivo. La considerazione che la tutela del mercato farmaceutico e la correttezza nell’attività di presentazione dei medicinali siano beni che possono essere quantomeno messi in pericolo da condotte del sanitario piegate al perseguimento del profitto individuale, a scapito dell’interesse superiore o collettivo, porta inoltre a riflettere su di un elemento delle contravvenzioni di comparaggio che ritengo cruciale: quello della fedeltà del sanitario ai doveri inerenti alle funzioni esercitate o, in generale, alla deontologia professionale. L’indicazione espressa di professionalità specifiche atte a definire la classe di soggetti attivi del reato di comparaggio – medico, veterinario, farmacista – evoca infatti una serie di doveri che promanano da tali specifiche professionalità, il cui corretto esercizio è istituzionalmente posto a tutela di beni giuridici rilevanti. Quella del medico, in particolare, è una attività – preposta alla salvaguardia di un bene protetto dalla Carta costituzionale25 e riconosciuto quale diritto inalienabile 24 LA ROSA, La Cassazione interviene sui rapporti tra corruzione e comparaggio, commento a Cass. pen. 20 novembre 2007 n. 42750, in Diritto penale e processo, 2008, p. 1434. 25 Cfr. art. 32, comma 1, Cost. 1598 GRAZIA MANNOZZI dell’individuo26 –– che deve svolgersi secondo regole deontologiche volte ad assicurare alla condotta del sanitario l’orientamento costante all’ottimizzazione di tutela del bene della salute. Il sanitario è dunque individuato attraverso il ruolo perché proprio in virtù di quel ruolo – che esercita in via esclusiva rispetto alla diagnostica e alla individuazione della terapia – può incorrere in un conflitto di interessi atto a veicolare lesioni del bene sovraindividuale della concorrenza del mercato farmaceutico e di quello – mediato, e talvolta eventuale, ma non per questo meno importante – della salute dell’individuo. È, dunque, la fedeltà, intesa come violazione dei doveri inerenti al ruolo ricoperto dal sanitario, il «cuore» dell’incriminazione: di ciò è spia persino l’etichetta linguistica invalsa di «comparaggio», evocativa dell’intrinseca slealtà della condotta, ancorché essa non ricorra in alcun testo di legge27. Ad una lettura sistemica, il comparaggio si presenta, in definitiva, come una forma di corruzione parzialmente eccentrica, se raffrontata a quella delineata dalle norme codicistiche, dove la componente della fedeltà, pur presente, ha ruolo recessivo rispetto alla prospettiva, dominate ed assorbente, di una tutela a tutto campo della pubblica Amministrazione, che nella sua multiforme funzionalità concreta deve essere costantemente orientata ai principi del buon andamento e dell’imparzialità. Dalle considerazioni appena svolte si desume che la violazione di una regola deontologica in materia terapeutica non può che essere sempre consapevole, non soltanto perché sollecitata da dazione o da promessa di denaro o di altri vantaggi, ma prima ancora perché attinente a una sfera di doveri noti, che nascono dal c.d. «Giuramento di Ippocrate». Ne deriva che il comparaggio, pur essendo una contravvenzione, è realizzabile solo in forma dolosa, tanto per la presenza dell’estremo del dolo specifico, di per sé incompatibile, come già detto, con un atteggiamento psicologico di base colposo, quanto, principalmente, perché si fonda su una violazione del dovere di fedeltà intrinseco all’esercizio della professione medica. 1.4. La sproporzione tra condotta e offesa: un falso problema. – L’analisi dei profili oggettivi e soggettivi dei reati di comparaggio im26 V. art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. 27 Il termine deriva dal francese «compérage» e rimanda ad una cato che copre la consorteria, l’accordo fraudolento. area di signifi- CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1599 pone ora una breve riflessione sulla controversa questione concernente l’idoneità di singole condotte di comparaggio a ledere il bene giuridico della correttezza del mercato farmaceutico e sulle conseguenze dirette di ciò in tema di praticabilità probatoria delle fattispecie. Muovendo dalla tesi dottrinaria in base alla quale il dolo specifico serve a dare rilevanza alla tendenza oggettiva dell’azione tipica, deve ritenersi che all’interprete è richiesta «la verifica, tramite un giudizio di prognosi postuma, della concreta idoneità della condotta tipica al conseguimento del risultato avuto di mira dall’agente»28. La necessità di un siffatto onere probatorio tuttavia, assegnerebbe a tali norme le caratteristiche dell’ineffettività disnomica, portando, di fatto, alla loro paralisi applicativa. Anzitutto il mercato farmaceutico, pur settoriale, ha un volume di scambi tale da rendere pressoché impossibile per il giudice, almeno nei tempi dettati dalla brevità della prescrizione, una realistica valutazione dell’incidenza distorsiva sulla concorrenza nell’ambito del mercato farmaceutico da parte delle singole prescrizioni mediche che si assumono condizionate dalla promessa o dazione di denaro o di altre utilità. Vi è poi un ulteriore elemento, rilevante, che richiama il problema della corruzione in atto discrezionale: anche la prescrizione medica, volta a promuovere la maggior diffusione di un farmaco, è atto tipicamente discrezionale, di cui si deve verificare la contrarietà ai doveri dettati dalla deontologia medica e delle regole dell’arte. Che dire allora di quelle prescrizioni che sono rispettose delle necessità terapeutiche del paziente e perciò ineccepibili sotto il profilo terapeutico ma «eterodirette» dalla dazione? Possono dirsi realmente «condizionate», sì da diventare elemento di prova di una condotta penalmente rilevante? Va ricordato, per inciso, che nel comparaggio – reato strutturato come forma corruttiva in cui non rileva la distinzione tra corruzione propria/impropria – l’atto discrezionale non pone gli stessi problemi di valutazione, in termini di accertamento della contrarietà o meno ai doveri dell’ufficio e ai fini della formulazione del capo di imputazione, propri dei delitti di corruzione. Ciò che conta, nella prospettiva che qui interessa, è che la prescrizione medica, ancorché conforme ai doveri deontologici sotto il profilo terapeutico, possa avere tuttavia un’incidenza potenzialmente lesiva rispetto al solo bene del corretto funzionamento del mercato dei farmaci. 28 In questi termini, CONSULICH, Il tradimento di Ippocrate, cit., p. 10. 1600 GRAZIA MANNOZZI Cosa è dunque tenuto a provare il giudice penale, stante le caratteristiche dei delitti di compraggio? Sembra corretto ritenere che il giudice sia tenuto a provare che l’agevolazione di un determinato farmaco è lo scopo per il quale i soggetti hanno agito (nella specie lo scopo in vista del quale il sanitario o il farmacista hanno accettato vantaggi nella forma della promessa o della dazione) e non anche che la condotta sia concretamente idonea ad agevolare della diffusione del farmaco29. Tale opzione è conseguenza diretta di una ricostruzione del comparaggio come reato di pericolo astratto30 «che tipizza una condotta illecita in quanto dotata di un’adeguatezza generale all’alterazione della concorrenza. L’astrazione del giudizio di pericolo è infatti un tratto distintivo dei reati contro i meccanismi di mercato; (…) questo rapporto di idoneità generale ed astratta è a volte colto dal legislatore in modo oggettivo, riferendosi espressamente all’idoneità della condotta, a volte facendo penetrare elementi finalistici nel tipo, ricorrendo, ad esempio, al dolo specifico»31. In definitiva, «il dolo specifico contribuisce alla tipizzazione stessa dell’azione illecita e definisce i caratteri dello scambio di utilità tra sanitario ed esponente della casa farmaceutica come attività protesa allo spostamento indebito delle variabili di mercato: non essendo richieste ulteriori attività o la produzione di ulteriori effetti, in tale scambio le fattispecie di comparaggio del t.u.l.s. si perfezionano; solamente di tale scambio è perciò richiesta la prova»32. Ne deriva che la sproporzione tra condotta e offesa, alla luce delle categorie dogmatiche richiamate dalla conformazione della fattispecie incriminatrice, si rivela, in definitiva, un falso problema. 1.5. Comparaggio e corruzione: eterogeneità dei beni protetti e possibilità di concorso formale. – Per l’evidente divaricazione dei beni giu29 Cfr. ancora CONSULICH, il tradimento di Ippocrate, cit., il quale analizza puntualemente l’ordinanza del G.I.P. Trib. Pavia, 26.5.2005. Tale provvedimento è pubblicato in Giur. merito, 2006, p. 415, ed in Riv. it. med. legale, 2006, p. 1190, con commento di BIRKHOFF - SARDELLA, Il comparaggio: riflessioni criminologiche e giuridiche su un reato mai applicato. 30 Di questa opinione anche MARSEGLIA - VIOLA, La responsabilità civile e penale del medico, Halley Editore, 2007, p. 272. 31 Così CONSULICH, Il tradimento di Ippocrate, cit., p. 11. 32 Ancora CONSULICH, Il tradimento di Ippocrate, cit., p. 13. 33 In tal senso, LA ROSA, La Cassazione interviene, cit., p. 1441; CONSULICH, Il tradimento di Ippocrate, cit., p. 27. CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1601 ridici protetti, nonostante l’apparente simmetria e la parziale sovrapponibilità delle condotte, è da ritenere che le norme sul comparaggio concorrano, ai sensi dell’art. 81, co. 1, con quelle sulla corruzione33. Considerato inoltre che l’ipotesi in cui il sanitario sia anche pubblico ufficiale è quantitativamente più ricorrente – visto anche l’orientamento della Suprema Corte in tema di qualifiche pubblicistiche –, solo il riconoscimento del concorso formale rende ragione della plurima direzionalità lesiva della condotta del medico che violi contemporaneamente le norme sul comparaggio e quelle sulla corruzione. Ad essere offesi sono infatti sia il buon andamento e l’imparzialità della pubblica Amministrazione, in quanto il sanitario è pubblico ufficiale ed è tenuto al rispetto delle finalità perseguite dall’amministrazione di appartenenza, sia la corretta esplicazione del mercato farmaceutico, in quanto il sanitario è deontologicamente tenuto a non far prevalere l’interesse individuale sui doveri di corretto esercizio della professione medica34 e a non interferire nei meccanismi della libera concorrenza del mercato farmaceutico. La condizione per ritenere sussistente un concorso formale, stante la qualifica soggettiva richiesta per i delitti di corruzione, è dunque che il sanitario rivesta anche la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio. Dopo la riforma operata con l. 86/ 1990, infatti, anche l’incaricato di pubblico servizio può rispondere, ex art. 320 c.p, di corruzione propria; di corruzione impropria (art. 318 c.p.) può invece essere chiamato a rispondere soltanto l’incaricato di pubblico servizio che rivesta la qualità di pubblico impiegato. La giurisprudenza di legittimità offre, rispetto all’attribuibilità della qualifica pubblicistica, una casistica quanto mai diversificata: sebbene la categoria dei sanitari sia da annoverare nell’ambito degli esercenti un servizio di pubblica necessità, almeno stando alla lettera dell’art. 359 c.p., n. 1., l’orientamento giurisprudenziale e quello dottrinale propendono per l’inquadramento dei sanitari tra i pubblici ufficiali o tra gli incaricati di pubblico servizio tutte le volte che questi lavorino presso aziende sanitarie, aziende ospedaliere, istituti di ricerca a carattere scientifico, in ragione del fatto che la loro attività concorre alla formazione della vo34 Il Codice deontologico, all’art. 30, si occupa espressamente del problema del conflitto di interessi: «Il medico deve evitare ogni condizione nella quale il giudizio professionale riguardante l’interesse primario, qual è la salute dei cittadini, possa essere indebitamente influenzato da un interesse secondario. Il conflitto di interesse riguarda aspetti economici e non, e si può manifestare nella ricerca scientifica, nella formazione e nell’aggiornamento professionale, nella prescrizione terapeutica e di esami diagnostici e nei rapporti individuali e di gruppo con industrie, enti, organizzazioni e istituzioni, nonché con la Pubblica Amministrazione. (…)». 1602 GRAZIA MANNOZZI lontà dell’ente35. Ma sono stati considerati pubblici ufficiali (con oscillazioni giurisprudenziali che «ritagliano» piuttosto la qualifica di incaricato di pubblico servizio), ad esempio, anche i medici specialisti convenzionati con le aziende sanitarie36; non è stata invece riconosciuta la qualifica di pubblico ufficiale ai medici che svolgono attività liberoprofessionale intra-moenia37. Qualora il sanitario non rivesta le qualifiche soggettive indispensabili alla contestazione di un reato di corruzione, può, di conseguenza, essere destinatario unicamente delle norme sul comparaggio, prospettiva peraltro più teorica che reale, vista la pressoché totale latitanza applicativa delle contravvenzioni del t.u.l.s. In ogni caso, resta il fatto che questa forma di corruzione, a torto considerata come «minore»38, abbia avuto sin dalla sua entrata in vigore un target di destinatari che prescindeva dalla sussistenza dalle qualifiche pubblicistiche specificate dall’art. 357 c.p. per i più generali delitti di corruzione. Se si considera poi che, al tempo dell’emanazione del Codice Rocco, le norme codicistiche in tema di corruzione avevano come possibili soggetti attivi soltanto i pubblici ufficiali, si può desumere come, almeno in via di principio, lo spazio applicativo delle contravvenzioni di comparaggio potesse essere in origine più ampio di quello attuale. In definitiva, il fattore decisivo per poter affermare che il comparaggio costituisca la prima forma di corruzione inter privatos presente nel nostro ordinamento è la considerazione che tale reato possa essere perpetrabile da medici, veterinari o farmacisti indipendentemente dal fatto che rivestano una qualsivoglia qualifica pubblicistica. Il che non implica, tuttavia, che le contravvenzioni in oggetto possano essere considerate a pieno titolo come ipotesi di mera corruzione privata39. Crediamo invece che esse possano essere inquadrate come forme di corruzione tout court, senza ulteriore specificazione: il paradigma delineato dai delitti di comparaggio appare infatti in linea sia con il modello «unitario» svedese40, sia con quello inglese dopo la riforma del 201041, 35 Più ampiamente, sul punto, v. BENUSSI, I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., p. 76 ss. 36 V., per tutti, Cass. pen., sez. un., 11 luglio 1992, RV 191172, in Cass. pen., 1992, p. 2718. 37 Ciò è possibile in base al d.P.R. 20 maggio 1987 n. 270. Cfr. C. App. Palermo 7 maggio 1992, in Foro it., 1993, II, p. 696. 38 In questi termini anche l’ordinanza del G.I.P. Trib. Pavia, 26.5.2005. 39 In tal senso sembra orientarsi E. LA ROSA, La Cassazione interviene, cit., p. 1433. 40 L’ordinamento svedese prevede da tempo una norma unitaria volta a reprimere la corruzione sia nel settore pubblico sia nel settore privato. Cfr. i Cap. 17 (§ 7, CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1603 che prevedono una norma unica per incriminare condotte individuate oggettivamente come corruttive – con una tipizzazione plasmata sul modello dell’infedeltà – indipendentemente da qualsivoglia qualifica soggettiva pubblicistica in capo del «corrotto». 2. Il comparaggio: una fenomenologia criminale in costante evoluzione. – Ricostruiti, in estrema sintesi, i profili di tipicità dei reati di comparaggio, intendo soffermarmi ora sul fenomeno empirico sottostante, che le norme sul comparaggio sono preposte a descrivere e a contrastare (e possibilmente anche a prevenire). Propongo perciò, anzitutto, una serie di considerazioni relative alla diffusione del comparaggio, mettendo in chiaro sin d’ora l’esistenza, per questa tipologia delittuosa, di uno scarto significativo tra criminalità registrata e criminalità sommersa. Si può assumere infatti, sulla base delle caratteristiche strutturali e criminologiche della corruzione, con cui il comparaggio condivide il medesimo DNA criminologico, che anche quest’ultima forma di criminalità sia ad elevata cifra nera. Considerato che il comparaggio affiora in misura trascurabile nella giurisprudenza – e che non è dato neppure di sapere in che misura esso emerge nelle statistiche giudiziarie sulla delittuosità, non essendo oggetto di specifica rilevazione – è possibile unicamente ripercorrere i risultati degli studi condotti prevalentemente in area anglosassone per avere un’idea della frequenza della corruzione in ambito sanitario legata a comportamenti illeciti, manifesti o «mascherati», messi in atto dalle industrie farmaceutiche. Una volta concluso l’excursus sul fenomeno nel suo magmatico spessore empirico, proverò a ricostruire le prospettive di inquadra17) e 20 (§§ 2, 5) del codice penale – rispettivamente concernenti la corruzione attiva e passiva, così come modificati dalla legge 404/2004, in vigore dal 1 luglio 2004. 41 Cfr. il Bribery Act 2010, che sostituisce un mosaico non ben coordinato di leggi anti-corruzione e di reati di common law, taluni dei quali formalizzati antecedentemente alla prima guerra mondiale (si pensi al Prevention of Corruption Act del 1916). Sulla scia del modello svedese, anche il Bribery Act 2010 adotta una normativa unitaria che, pur mantenendo la distinzione tra corruzione attiva e passiva e tra corruzione antecedente e susseguente, unifica le incriminazioni della corruzione nel settore pubblico e in quello provato facendo leva su due elementi della fattispecie: quello della «relevant function or activity» e quello della «improper performance» come oggetto di mercimonio. Il Bribery Act 2010 contempla inoltre la particolare fattispecie di «failure of commercial organisations to prevent bribery» volta alla corresponsabilizzazione delle imprese in casi di corruzione. In argomento v. R. MONTY, Blackstone’s Guide to the Bribery Act 2010, Oxford University Press, 2010. 1604 GRAZIA MANNOZZI mento criminologico, anche relative ai fattori eziologici di questo tipo di criminalità, e a svolgere alcune considerazioni, rispetto alla quota esigua di criminalità emersa e ai processi di selezione criminale, i quali restituiscono a loro volta, sia pure con un certo grado di approssimazione, la misura della praticabilità processuale della normativa vigente. 2.1. Diffusione e modalità di realizzazione del comparaggio. – Per cercare di descrivere modalità e tecniche di realizzazione del comparaggio comincerò con il proporre una «fotografia» del fenomeno «scattata», per così dire, negli Stati Uniti – dove numerosi studi scientifici ma anche diverse inchieste giornalistiche mostrano da tempo una concreta attenzione al fenomeno della corruzione nella sanità42 – fotografia che appare adatta, per l’immagine che restituisce, a rappresentare anche la realtà italiana. Le forme più o meno esplicite di corruzione legate alla necessaria interazione tra case farmaceutiche e medici sono descritte con dovizia di particolari e con ampio supporto di dati quantitativi (per esempio sulle quote di investimenti nel marketing da parte dell’industria farmaceutica) da Marcia Angell nel volume «Farma&Co»43. La panoramica proposta include, nel suo orizzonte, sia le ipotesi tradizionali di comparaggio, sia quelle più subdole e perciò meno riconoscibili di corruzione «travestita», per esempio, da «attività di formazione». Entrambe hanno come background forme di concorrenza basate più sulla pubblicizzazione spinta di prodotti tradizionali (talvolta corredata da un’informazione artatamente supportata da ricerche pseudo-scientifiche), che non sull’innovatività dei prodotti stessi. La scarsa innovazione legata alla iper-produzione dei c.d farmaci «metoo» – imitazioni di vecchi farmaci, spesso testati contro placebo anziché comparativamente con il farmaco già in circolazione – determina, a sua volta, la necessità ricorrere in modo crescente a modalità di 42 Si vedano, tra le molte opere scientifiche: K. GREIDER, The Big Fix: How the Pharmaceutical Industry Rips Off American Consumers, Perseus Books, Cambridge, (Mass.) 2003; M.B. ROSENTHAL et al., Promotion of Prescription Drugs to Consumers, in New England Journal of Medicine, 14 febbraio 2002, p. 498; T. VIAN, Review of corruption in the health sector: theory, methods and interventions, in Health Policy and Planning 2008 23(2):83-94, disponibile alla seguente URL: http://heapol.oxfordjournals.org/cgi/content/full/23/2/83?maxtoshow=&HITS=10&hits=10&RESULTFORMAT=&fulltext=Vian&searchid=1&FIRSTINDEX=0&resourcetype=HWCIT; v. M. ANGELL, The Truth About the Drug Companies. How they deceive us and what to do about it, M.D. Random House, 2005, tr. it. Farma&Co: Industria farmaceutica. Storie straordinarie di ordinaria corruzione, Milano, 2006, p. 228 ss. (note al cap. 7). 43 ANGELL, Farma&Co, cit., p. 110 ss. CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1605 marketing per alcuni aspetti poco limpide e, per altri, aggressive sotto il profilo della comunicazione e dei controlli. Ciò porta la Angell a concludere che la corruzione dei sanitari serva in sostanza ad ottenere la promozione di farmaci che altrimenti non sarebbero concorrenziali in virtù della loro miglior efficacia rispetto a farmaci già in commercio o sotto il profilo dei costi. Nella prassi, il fenomeno del comparaggio sembra essere correlato perciò, principalmente, alla promozione dei c.d. farmaci «me-too», che richiedono, per le ragioni appena dette, modalità di marketing intrusive. «Le enormi cifre destinate al marketing – osserva la Angell – sollevano anche la seguente domanda: se i farmaci prescritti sono così efficaci, perché devono essere spinti a tal punto? (…) La risposta è che i farmaci davvero validi non hanno bisogno di molta promozione. Un nuovo farmaco oggettivamente importante, come il Glivec, si vende da solo. Gli oncologi che trattano i pazienti con quel tipo di leucemia che risponde al Glivec conoscono il farmaco grazie ai convegni professionali e agli articoli delle riviste. E lo usano. Qui non c’è bisogno della parlantina di nessun venditore. (…) I nuovi farmaci importanti richiedono scarsissimo investimento in marketing. I farmaci «me-too», per contro, necessitano di un battage incessante, perché le aziende hanno bisogno di convincere i medici e il pubblico che esiste una qualche ragione per prescriverne uno piuttosto che un altro. Così non stupisce che i farmaci promossi in maniera più massiccia sono i «me-too» (…)»44. I passaggi argomentativi sulla necessità di promuovere farmaci che sono mere repliche di farmaci già noti introducono la questione cruciale delle tecniche di marketing delle case farmaceutiche: in particolare quelle concernenti la scelta del target dei destinatari e le forme di controllo ex post sulla diffusione dei farmaci per verificare se il modello di marketing prescelto ha realmente funzionato. Contrariamente a quanto avviene per la maggior parte dei prodotti in commercio, il principale obiettivo del marketing dell’industria farmaceutica non è costituito dai diretti consumatori (ad eccezione che per i c.d «farmaci da banco», acquistabili liberamente dal pubblico) bensì, in via quasi esclusiva, dai medici. Sono i medici, infatti, che, attraverso le prescrizioni, creano quel ponte indispensabile tra il cittadino (rectius, il paziente) e un determinato farmaco. «Se le aziende farmaceutiche riescono ad arrivare direttamente ai medici, è addirittura meglio che raggiungerli tramite i loro pazienti. Nel suo libro The Big Fix, Katharine Greider descrive nel dettaglio come il 44 ANGELL, Farma&Co, cit., p. 122 s. 1606 GRAZIA MANNOZZI marketing dei farmaci permea la professione medica. Ho già ricordato che nel 2001 l’industria impiegò ottantottomila rappresentanti per visitare i medici nei loro studi e negli ospedali al fine di promuovere i suoi prodotti. Questo significa un rappresentante ogni cinque o sei medici praticanti. (…) Questi rappresentanti di case farmaceutiche o, come sono conosciuti, informatori medico-scientifici sono una presenza costante nel mondo medico. Generalmente giovani, attraenti ed estremamente seduttivi, vagano per i corridoi di quasi tutti gli ospedali di una certa dimensione nel paese alla ricerca di un’occasione per parlare con il personale medico aprendosi la strada con regali come libri, palline da golf e biglietti per eventi sportivi (…) questa formula “lusinga, cibo e amicizia”, come è stata chiamata, crea senso di reciprocità nei giovani medici con la prospettiva di una lunga vita di prescrizioni». Naturalmente quando i regali che gli informatori farmaceutici fanno ai medici hanno per oggetto beni che rientrano nella categoria dei munuscula, le condotte di offerta e scambio restano fuori dall’ambito di illiceità perimetrato dalle norme penali. Spesso, però, le case farmaceutiche non si limitano ad offrire regali d’uso, passando a donativi decisamente lussuosi (cene in locali raffinati, vacanze per il medico e per la famiglia) o alla dazione di somme di denaro; inoltre possono scegliere di adottare tecniche e strumenti di controllo dell’operato del sanitario, volti a verificare che quest’ultimo effettivamente «collabori» tramite prescrizioni «mirate». In questo modo, attraverso il controllo dell’operato del sanitario, si ottimizza la conoscenza delle risposte agli incentivi e si ha una visione costantemente aggiornata dell’andamento del mercato farmaceutico in una determinata zona; ne derivano, all’evidenza, effetti negativi quantomeno sulle dinamiche della concorrenza, a tacere dei potenziali rischi per la salute dei pazienti. Uno degli aspetti più preoccupanti della capacità delle case farmaceutiche di condizionare l’operato dei medici è che ciò non avviene solo attraverso il c.d. «comparaggio» ma anche mediante modalità consentite collegate tuttavia a forme di controllo particolarmente penetrante. La vicenda dei campioni gratuiti è, al riguardo, illuminante, almeno nell’ottica prospettata dalla Angell. «I campioni omaggio sono i regali più importanti. Rappresentano un modo efficace di fidelizzare medici e familiari dei pazienti a un nuovo farmaco costoso, appena approvato, quando uno più vecchio e meno caro potrebbe essere migliore o altrettanto valido»45. 45 ANGELL, Farma&Co, cit., p. 119. CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1607 Talvolta la formula utilizzata è quella del «bait and switch»: prima si attira un cliente (bait) su un prodotto poi lo si induce a cambiare e a comprarne uno più costoso (switch). In ogni caso, questo tipo di attività passa per un costante contatto con i medici che non è sempre facile ottenere, dato che il tempo è una risorsa scarsa e i medici sono spesso pressati da ritmi di lavoro incalzanti anche per esigenze di produttività. Il principale, tra i molti metodi escogitati per ottimizzare il contatto con i medici, diventa allora quello di conoscere in anticipo i farmaci ai quali un medico sembra più affezionato e lavorare sul quello specifico target di prodotti. Per raggiungere tale obiettivo, ci sono società che «comprano informazioni dalle grandi catene di farmacie sulle abitudini di prescrizione dei medici e le vendono alle case farmaceutiche. Utilizzando questi profili dei medici, i rappresentanti sanno esattamente che cosa prescrive un medico prima di ogni incontro, così possono preparare ad hoc le visite e tesaurizzare ogni minuto. (…) E possono capire se l’incontro ha funzionato controllando come si comporta in seguito il medico. Questo monitoraggio permette alle case farmaceutiche di concentrare la loro attenzione sui medici più promettenti»46. Proprio i medici c.d. «più promettenti» saranno dunque i destinatari dei prodotti (in forma di campioni omaggio) che l’azienda farmaceutica vuole promuovere, nonché degli omaggi per sollecitare la cooperazione attraverso le prescrizioni. Dall’insieme delle osservazioni svolte, anche a partire dalle disvelate dinamiche del mercato farmaceutico nordamericano, emerge come il comparaggio assuma, in definitiva, modalità proteiformi, rispetto alle quali non è sempre agevole individuare la sottile linea di demarcazione tra il lecito e l’illecito; meccanismi di pressione sono peraltro agevolati dalla possibilità di usufruire di strumenti di controllo dell’operato dei medici, specialmente attraverso la tracciabilità delle prescrizioni consentita dalla refertazione informatica47. 46 ANGELL, Farma&Co, cit., p. 47 Cfr. l’art. 87 della legge 23 119 s. dicembre 2000, n. 388, come modificato dalla l. 405/2000, che dopo il comma 5, ha inserito il seguente comma: «5-bis. Le regioni adottano le necessarie iniziative per attivare, nel proprio territorio, il monitoraggio delle prescrizioni mediche, farmaceutiche, specialistiche ed ospedaliere previsto dal presente articolo, assicurando la tempestiva disponibilità delle informazioni, anche per via telematica, ai Ministeri della salute e dell’economia e delle finanze, nonché alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari regionali». 1608 GRAZIA MANNOZZI 2.2. Contrastare il comparaggio attraverso l’adozione di linee-guida volontarie. – Presa coscienza del problema48, negli Stati Uniti, l’American Medical Association ha cerato di arginare la frequenza delle condotte di comparaggio attraverso la pubblicazione, nel 2000, di guidelines49 comportamentali dirette ai medici. Si tratta di un corpo di regole etiche in cui: (a) vengono specificate (anche con esemplificazioni concrete) una serie di indicazioni concernenti le tipologie di doni accettabili in relazione al loro valore e le finalità per le quali i donativi possono essere accettati50; (b) sono previsti espressi divieti (come ricevere denaro contante); (c) vengono indicate come disvolute condotte quali l’accettazione di doni da cui potrebbe derivare un conseguente condizionamento nell’attività di prescrizione medica51. Ci sono poi linee-guida dedicate all’attività di formazione ed anche al ruolo degli intermediari nei meccanismi di scambio di denaro o altre utilità. Il comune denominatore di tutte le regole etiche sopra indicate è rinvenibile nell’obiettivo dichiaratamente perseguito: limitare le situazioni di conflitto di interesse. Il fatto che le linee guida siano facoltative52 indebolisce tuttavia la loro efficacia di orientamento delle condotte e le rende poco adatte a 48 Sul punto cfr. D. GRANDE, Limiting the Influence of Pharmaceutical Industry Gifts on Physicians: Self-Regulation or Government Intervention?, in Journal of General Internal Medicine, vol. 25, 2010, pp. 79-83. 49 American Medical Association (AMA) Council on Ethical and Judicial Affairs, Opinion 8.061 - Gifts to Physicians from Industry e Clarification of Gifts to Physicians from Industry, addendum 2, opinion 8.061, disponibile alla seguente URL: http://www.ama-assn.org/ama1/pub/upload/mm/437/ama_m4_ph.pdf. In risposta alle linee guida dell’American Medical Association, PhRMA (Pharmaceutical Research and Manufacturers of America) ha proposto le proprie voluntary guidelines per limitare l’eccessivo ricorso a donativi a scopo di marketing. Cfr. T. REYNOLDS, Pharmaceutical Companies Adopt New Guidelines for Marketing, in Journal of the National Cancer Institute, 2002, 94, n. 15, pp. 1119-1120. 50 Cfr. AMA, Gifts to Physicians from Industry, cit., «1) Any gifts accepted by physicians individually should primarily entail a benefit to patients and should not be of substantial value. Accordingly, textbooks, modest meals, and other gifts are appropriate if they serve a genuine educational function. Cash payments should not be accepted. (…) 2) Individual gifts of minimal value are permissible as long as the gifts are related to the physician’s work (eg., pens and notepads)». 51 Cfr. AMA, Gifts to Physicians from Industry, cit.: «7) No gifts should be accepted if there are strings attached. For example, physicians should not accept gifts if they are given in relation to the physician’s prescribing practices». 52 Nel Clarification of Gifts, cit., si legge: «To avoid the acceptance of inappropriate gifts, physicians should observe the following guidelines» (corsivi aggiunti). CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1609 prevenire situazioni di conflitto di interesse, quando non addirittura specifiche ipotesi di corruzione, spesso innescate da informatori farmaceutici secondo modalità comportamentali che sono un mero vettore di politiche aziendali mirate. Anche in Italia, per prevenire il comparaggio, sono state adottate specifiche linee-guida a corredo di alcune norme contenute nel di Codice di deontologia medica: tra quelle rilevanti sono da segnalare l’art. 31, che specifica che «ogni forma di comparaggio è vietata», e l’art. 30, dove vengono esplicitate le possibili forme di conflitto di interesse, ricordando come il medico sia tenuto a perseguire l’interesse primario della salute dei cittadini, senza essere indebitamente influenzato da un «interesse secondario». Ad ulteriore supporto dell’art. 30, in particolare, sono intervenute le «Linee-guida inerenti all’applicazione dell’art. 30 del Codice di Deontologia medica»53, le quali ribadiscono espressamente che i medici «debbono rifiutare elargizioni che possono interferire con le proprie decisioni di cui i pazienti sarebbero i destinatari non informati» e specificano inoltre che «il medico è tenuto a non sollecitare e a rifiutare premi, vantaggi pecuniari o in natura, offerti da aziende farmaceutiche o da aziende fornitrici di materiali o dispositivi medici, salvo che siano di valore trascurabile e comunque collegati all’attività professionale; il medico può accettare pubblicazioni di carattere medico-scientifico». 53 Per comodità di lettura si riporta il testo dell’art. 30 del Codice di deontologia medica del 15 dicembre 2006: «Conflitto di interesse – Il medico deve evitare ogni condizione nella quale il giudizio professionale riguardante l’interesse primario, qual è la salute dei cittadini, possa essere indebitamente influenzato da un interesse secondario. Il conflitto di interesse riguarda aspetti economici e non, e si può manifestare nella ricerca scientifica, nella formazione e nell’aggiornamento professionale, nella prescrizione terapeutica e di esami diagnostici e nei rapporti individuali e di gruppo con industrie, enti, organizzazioni e istituzioni, nonché con la Pubblica Amministrazione. Il medico deve: – essere consapevole del possibile verificarsi di un conflitto di interesse e valutarne l’importanza e gli eventuali rischi; – prevenire ogni situazione che possa essere evitata; – dichiarare in maniera esplicita il tipo di rapporto che potrebbe influenzare le sue scelte consentendo al destinatario di queste una valutazione critica consapevole. Il medico non deve in alcun modo subordinare il proprio comportamento prescrittivo ad accordi economici o di altra natura, per trarne indebito profitto per sé e per altri». 1610 GRAZIA MANNOZZI Al pari di quelle nordamericane, anche le linee-guida nazionali hanno, per loro natura, una debole efficacia vincolante54: sono per di più esplicative di una norma che, a sua volta, obbliga solo a livello etico e la cui violazione è sanzionabile unicamente sotto il profilo disciplinare55. Il codice deontologico è infatti un corpo di regole, liberamente e democraticamente scelte dai medici, che gli stessi si impegnano a rispettare mediante giuramento e alle quali devono uniformare il comportamento professionale. Le case farmaceutiche, tuttavia, avendo trovato progressivi sbarramenti alle attività riconducibili al comparaggio, dapprima nelle norme penali, poi in quelle del codice deontologico, hanno ideato nuove formule per fidelizzare il comportamento dei medici. «Più aumenta il controllo sui regali veri e propri, più l’industria cerca un sostituto nel sostegno alla formazione e alla ricerca. (…) Nel 2001 – osserva Marcia Angell – le case farmaceutiche pagavano oltre il 60 per cento dei costi della formazione medica permanente, e questa percentuale da allora è cresciuta. (…) La formazione medica permanente dà alle case farmaceutiche un’opportunità senza precedenti di influenzare le abitudini di prescrizione dei medici e il metodo pare funzionare. È stato dimostrato che dopo questi incontri i medici prescrivono più farmaci prodotti dagli sponsor. Se così non fosse, l’industria non spenderebbe quelle enormi somme di denaro su programmi simili. (…) Chiamando tutto ciò formazione o consulenza o ricerca di mercato o una qualche combinazione delle tre, ma non marketing, le società non hanno bisogno di preoccuparsi delle leggi anticorruzione»56. Il marketing, peraltro, può essere mascherato persino da ricerca, quando ad esempio le case farmaceutiche tentino di aggirare le norme 54 Sulla funzione di orientamento culturale del codice deontologico e sulla rilevanza giuridica interna, a fini disciplinari, di tale corpo di regole, cfr. le osservazioni di F. ANGIONI, Il nuovo codice di deontologia medica, in Criminalia, 2007, p. 279. L’A. sottolinea che il codice deontologico «acquista rilevanza giuridica esterna, con efficacia erga omnes, in particolare nel campo del diritto civile e del diritto penale. Infatti, pur non essendo reputato dai più come fonte del diritto in senso proprio, viene a risaltare indirettamente in sede di interpretazione e applicazione del diritto» (p. 279). In argomento v. anche E. QUADRI, Il codice deontologico medico e i rapporti tra etica e diritto, in Resp. civ. e prev., 2002, p. 925 ss. 55 Cfr. l’art. 38 del d.P.R. 221/1950; le sanzioni disciplinari per i sanitari che «si rendano colpevoli di abusi o mancanze nell’esercizio della professione o, comunque, di fatti disdicevoli al decoro professionale» sono indicate all’art. 40 del medesimo Decreto. 56 ANGELL, Farma&Co, cit., p. 128 s. CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1611 che impediscono la commercializzazione di un farmaco per usi non approvati (off-label)57 conducendo una ricerca fittizia e comunicandone i risultati ai medici che possono legalmente prescriverlo per qualunque uso ritengano opportuno «secondo scienza e coscienza»58. Quanto esposto sino ad ora circa le dinamiche occulte del comparaggio, dove molte condotte si collocano in una zona grigia tra liceità e rilevanza penale, porta a concludere che il comparaggio è un fenomeno molto difficile da reprimere: a monte, infatti, è difficile individuarne il sostrato criminologico e, a valle, non è affatto semplice tradurre la fenomenologia criminosa pur faticosamente individuata in una cifra linguistica rispettosa del principio di legalità. Se questo è il quadro fornito dalla prassi americana, non molto dissimile è ciò che emerge da quella italiana. I casi assurti all’attenzione della magistratura sono per la verità quantitativamente esigui anche se, singolarmente considerati, appaiono qualitativamente di un certo rilievo. A partire dal c.d «scandalo delle fustelle», scoperto dalla magistratura nella seconda metà degli anni ’80, si sono succeduti una serie di episodi riconducibili, quanto meno nella prospettazione dell’accusa, all’ipotesi di truffa, falso e, talvolta, corruzione59. La capacità delle norme sul comparaggio di far emergere forme di illegalità nel rapporto tra medici (anche quelli di fascia dirigenziale) e case farmaceutiche si è rivelata, a conti fatti, minima. 2.3. Comparaggio e incentivi: i «condizionamenti» dei medici nella Sentenza della Corte di Giustizia CE sul caso C-62/09. – I problemi dell’orientamento dei comportamenti prescrittivi dei medici da parte delle case farmaceutiche attraverso le pratiche di comparaggio e dei costi elevati riguardanti il settore dei rimborsi ha fatto sì che le regioni, attraverso la potestà normativa concorrente in materia di tutela della salute60, siano a loro volta intervenute per orientare le prescrizioni dei medici verso farmaci meno costosi, con l’obiettivo prioritario del contenimento della spesa sanitaria. 57 Sulla prescrizione del farmaci off label v. P. PIRAS, Prescrizione di farmaci off label e responsabilità penale, in Criminalia, 2007, p. 429 ss. 58 Cfr. l’art. 13 del Codice di Deontologia medica. 59 Cfr. Cass. pen., 20 novembre 2007, n. 42750. 60 V., ad esempio, il Regolamento regione Puglia, n. 17 del 17 novembre 2003, il quale stabilisce che stabilisce che i medici ospedalieri, nella proposta di prescrizione farmaceutica al «medico di assistenza primaria», indichino esclusivamente il «principio attivo e non il nome commerciale della specialità». 1612 GRAZIA MANNOZZI Le politiche regionali in materia di spesa sanitaria si sono così saldate al mercato dei c.d. «farmaci generici»61, che ha beneficiato di meccanismi di incentivazione regionali e di controllo dell’operato del sanitario, a loro volta consentiti dalle vigenti modalità di refertazione informatica e di tracciabilità delle ricette. 61 Il farmaco generico è stato introdotto con la l. 28 dicembre 1995, n. 549 (Legge finanziaria 1996) dove è stato definito, all’art. 3, comma 30 come farmaco «la cui formulazione non sia più protetta da brevetto, a denominazione generica del principio attivo seguita dal nome del titolare della AIC». Successivamente, il d.l. 20/6/96 n. 323, convertito in l. 8/8/96 n. 425, ha rielaborato ed ampliato il concetto di generico, pervenendo alla definizione, che si riporta qui di seguito: «Il Ministero della sanità autorizza, su domanda, l’immissione in commercio, quali generici, dei medicinali così come definiti dall’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 29 maggio 1991, n. 178, a base di uno o più principi attivi, prodotti industrialmente, non protetti da brevetto o dal certificato protettivo complementare di cui alla legge 19 ottobre 199, n. 349, e al regolamento CEE n. 1768/1992 e identificati dalla denominazione comune internazionale (DCI) del principio attivo o, in mancanza di questa, dalla denominazione scientifica del medicinale, seguita dal nome del titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio, che siano bioequivalenti rispetto a una specialità medicinale già autorizzata con la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche. Non è necessaria la presentazione di studi di bioequivalenza qualora la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio sia presentata dal titolare della specialità medicinale di cui è scaduto il brevetto o da un suo licenziatario. La Commissione unica del farmaco esprime le proprie valutazioni sulla domanda, anche ai fini della classificazione dei farmaci ai sensi dell’articolo 8, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, nel termine di novanta giorni dalla presentazione della domanda stessa. Se è offerto a un prezzo almeno del 20 per cento inferiore a quello della corrispondente specialità medicinale a base dello stesso principio attivo con uguale dosaggio e via di somministrazione, già classificata nelle classi a) o b) di cui all’articolo 8, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, il medicinale generico ottiene dalla Commissione unica del farmaco la medesima classificazione di detta specialità medicinale. (…)». V. anche l’art. 10, comma 5, del «Codice del farmaco» (d.lgs. 219/2006): «Ai fini del presente articolo si intende per: a) medicinale di riferimento: un medicinale autorizzato a norma dell’articolo 6 nel rispetto delle prescrizioni dell’articolo 8; b) medicinale generico: un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità. I vari sali, esteri, eteri, isomeri, miscele di isomeri, complessi o derivati di una sostanza attiva sono considerati la stessa sostanza attiva se non presentano, in base alle informazioni supplementari fornite dal richiedente, differenze significative, nè delle proprietà relative alla sicurezza, nè di quelle relative all’efficacia». Sulla definizione di equivalenza v. anche l’art. 1-bis del d.l. 27 maggio 2005, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla l. 26 luglio 2005, n. 149, recante «Disposizioni urgenti per il prezzo dei farmaci non rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale nonché in materia di confezioni di prodotti farmaceutici e di attività libero-professionale intramuraria». CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1613 In particolare, alcuni regolamenti regionali62 inibiscono ai medici ospedalieri l’uso del ricettario unico regionale per le prescrizioni farmaceutiche e stabiliscono che essi, nella proposta di prescrizione farmaceutica al «medico di assistenza primaria», indichino esclusivamente il «principio attivo e non il nome commerciale della specialità»63. Una generalizzazione di tale regolamentazione fa sì che la categoria di medici di assistenza primaria, non tenuti a prescrivere il solo principio attivo, possa diventare il target privilegiato delle condotte più tradizionali di comparaggio. Vi sono tuttavia altri meccanismi istituzionali volti al contenimento della spesa pubblica in ambito farmaceutico variamente denominati come «strumenti di responsabilizzazione sulle scelte prescrittive»64 o come modelli per «rendere il medico protagonista nell’ottimizzazione della spesa»65. La categoria dei medici di base finisce così per essere oggetto di pressioni che vanno in direzioni opposte: una proveniente dalla pubblica Amministrazione, incentivante rispetto alla prescrizione dei farmaci generici per ragioni di economicità; l’altra, proveniente dalle case farmaceutiche, volta a promuovere specifici prodotti per ottimizzare i profitti. Sebbene ciascuno dei due «macro-soggetti» adotti politiche premiali per finalità diverse66, ancorché accomunate da una connotazione 62 Ricordo ancora il regolamento regionale n. 17 del 17 novembre 2003 della regione Puglia. 63 Il regolamento citato nel testo, per la parte che qui interessa, era stato annullato con sent. n. 6905 del 2004 della II Sezione del Tribunale amministrativo regionale della Puglia - Sezione staccata di Lecce, pubblicata in data 5 ottobre 2004. Il Consiglio di Stato, con Decisione n. 362/2006, ha poi accolto l’impugnazione proposta dalla regione Puglia contro la citata sentenza del Tar. 64 Cfr. http://www.generici.com/italia.htm. 65 Cfr. http://www.assogenerici.org/articolihome/Comunicato_dic_cricelli_170510. pdf. Sulle proposte di incentivo per agevolare il mercato dei farmaci generici v. G. FORESTI, Il ruolo dei farmaci generici in Italia: criticità e prospettive, articolo disponibile alla seguente URL: http://www.simg.it/Documenti/Rivista/2008/03_2008/5.pdf. La richiesta di politiche di incentivi è stata espressa da Assogenerici, laddove si afferma l’opportunità di «Introdurre meccanismi volti a promuovere ed incentivare la prescrizione di medicinali generici da parte di medici di medicina generale e la dispensazione da parte dei farmacisti. Un punto chiave è quello di implementare meccanismi per garantire che i farmacisti siano ricompensati per la dispensazione di farmaci generici a prescindere dal loro prezzo. È altresì essenziale introdurre un meccanismo di incentivazione per i medici prescrittori che, nell’ambito della convenzione nazionale, vedano riconosciuto un ruolo centrale di valutazione di costo-beneficio nell’ambito dell’assistenza farmaceutica» (documento disponibile alla seguente URL: http://www.sviluppoeconomico.gov.it/pdf_upload/documenti/Assogenerici_6.07.09.pdf. 66 V. Corte di giustizia CE, sent. 22.4.10 sul caso C-62/09 avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, 1614 GRAZIA MANNOZZI meramente economicistica – contenimento della spesa, nel primo caso, massimizzazione dei profitti, nel secondo – di fatto, il meccanismo psicologico-comportamentale su cui entrambi cercano di far leva è identico: sollecitare un comportamento cooperativo attraverso un incentivo, consistente nella dazione di denaro ovvero di altro premio o vantaggio. Il risultato auspicato è, in ogni caso, quello di orientare il contenuto prescrittivo delle ricette mediche. Preoccupazioni che anche gli incentivi «di Stato» possano minare l’obiettività del medico nelle scelte terapeutiche sono emerse in una recente sentenza della Corte di giustizia CE67, avente ad oggetto una pronuncia pregiudiziale presentata nell’ambito di una controversia pendente tra l’Association of the British Pharmaceutical Industry e la Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency, un’agenzia esecutiva dipendente dal Department of Health (il Ministero della Sanità britannico). All’attenzione della Corte di giustizia è stata sottoposta la questione dell’ambito di applicazione dell’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/8368, concernente il divieto di offerta di vantaggio nell’ambito della promozione dei medicinali presso le persone abilitate a prescriverli. In altre parole, la Corte è stata chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla possibilità di applicare detta norma ad un regime di incentivi finanziari introdotto dalle autorità pubbliche (nel caso di specie dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Regno Unito). In un passaggio della motivazione si legge infatti che «32 Analogamente, per quanto riguarda gli incentivi finanziari alla prescrizione di medicinali, se è vero che il divieto contenuto all’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83 può applicarsi a terzi indipendenti operanti al di fuori di un’attività commerciale e industriale o anche al di fuori di un’attività lucrativa, un divieto siffatto non può riguardare le autorità nazionali responsabili della sanità pubblica, le quali hanno l’onere, in particolare, da un lato, di garantire l’applicazione della normativa vigente, che comprende, tra l’altro, tale direttiva, nonché, dall’altro, di definire le priorità di azione delle politiche di sanità pubblica, segnatamente per quanto attiene alla razionalizzazione della spesa pubblica relativa a tali politiche, delle quali esse sono precisamente responsabili. 33 In linea generale, la politica sanitaria definita da uno Stato membro e la spesa pubblica ad essa attinente non perseguono alcun fine di lucro, né commerciale. Poiché un regime di incentivi finanziari come quello di cui trattasi nella causa principale rientra in una politica siffatta, non si può considerare come rientrante nell’ambito della promozione commerciale di medicinali». 67 Corte di giustizia CE, sent. 22.4.10 sul caso C-62/09, sopra citata. 68 Si riporta il testo dell’articolo 94. n. 1: «Nell’ambito della promozione dei medicinali presso persone autorizzate a prescriverli o a fornirli, è vietato concedere, offrire o promettere a tali persone premi, vantaggi pecuniari o in natura, salvo che siano di valore trascurabile o rientrino nella prassi corrente in campo medico o farmaceutico». CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1615 dalla Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency) e diretto alla prescrizione di medicinali specificamente designati. Pur concludendo che l’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83, sostanzialmente previsto per arginare condotte di comparaggio, non si applica a regimi di incentivi finanziari introdotti dalle autorità pubbliche, la Corte di giustizia ha in motivazione reso espliciti i possibili profili problematici che si celano anche dietro queste ultime forme di «orientamento delle condotte»: «siffatte pratiche di incentivi finanziari pubblici alla prescrizione di medicinali contenenti taluni principi attivi non possono pregiudicare l’obiettività di cui deve dar prova, come ricordato al ‘considerando’ 50 della direttiva 2001/83, il medico che redige una prescrizione nei confronti di un determinato paziente. 40 Infatti, da un lato, un medico che prescrive medicinali è tenuto, da un punto di vista deontologico, a non prescrivere un determinato medicinale se quest’ultimo non è idoneo al trattamento terapeutico del suo paziente, malgrado l’esistenza di incentivi finanziari pubblici alla prescrizione di tale medicinale. 41 Dall’altro, occorre rilevare che i medici sono abilitati ad esercitare la loro professione solo sotto il controllo delle autorità sanitarie pubbliche, controllo svolto tanto direttamente quanto indirettamente mediante organizzazioni professionali previste a tal fine, come, nel Regno Unito, il General Medical Council. Orbene, nell’ambito di tale compito di controllo e di sorveglianza dell’attività dei medici, le autorità pubbliche o le organizzazioni professionali delegate possono rivolgere ai medici raccomandazioni in materia di prescrizione di medicinali, senza che siffatte raccomandazioni possano incidere negativamente sull’obiettività dei medici che prescrivono medicinali ai sensi del ‘considerando’ 50 della direttiva 2001/83»69. Muovendo dall’iter motivazionale della pronuncia della Corte di giustizia e relativizzando il discorso al mercato dei farmaci generici, si comprende come alla base della legittimità di politiche pubbliche di incentivi per promuovere la diffusione del farmaco generico si ponga la questione della bioequivalenza di quest’ultimo e della sua pari efficacia terapeutica. Al riguardo, la Corte ha sottolineato la necessità che l’Autorità renda pubblica l’esistenza di un regime di incentivi e metta 69 Considerando n. 50 della Direttiva 2001/83/CE: «Le persone autorizzate a prescrivere medicinali devono poter svolgere tale compito con assoluta obiettività, senza essere influenzate da incentivi finanziari diretti o indiretti». 1616 GRAZIA MANNOZZI a disposizione gli studi relativi all’equivalenza terapeutica tra i principi attivi disponibili, facendo anche rilevare, per inciso, che occorre evitare il verificarsi di disparità di trattamento tra produttori di farmaci operanti in paesi esteri: «37 (…) al fine di assicurare l’effetto utile della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/105/CEE, riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia (GU 1989, L 40, p. 8), è necessario dar modo ai professionisti del settore farmaceutico, i cui medicinali formano o meno oggetto di incentivi finanziari alla prescrizione, di verificare se il regime di incentivi finanziari istituito dalle autorità pubbliche risponda a criteri obiettivi e se non sia operata alcuna discriminazione tra i medicinali nazionali e quelli provenienti da altri Stati membri (v., in tal senso, sentenze 12 giugno 2003, causa C-229/00, Commissione/Finlandia, Racc. p. I-5727, punto 39, nonché A. Menarini Industrie Farmaceutiche Riunite e a., cit., punto 28). 38 Di conseguenza, anche se la direttiva 89/105 è pervasa dall’idea della minima ingerenza nell’organizzazione da parte degli Stati membri delle loro politiche interne in materia di previdenza sociale (sentenza 20 gennaio 2005, causa C-245/03, Merck, Sharp & Dohme, Racc. p. I-637, punto 27), le autorità nazionali responsabili della sanità pubblica che adottano un regime di incentivi finanziari alla prescrizione di medicinali specificamente designati sono tenute, tra l’altro, a rendere pubblico un regime siffatto, nonché a mettere a disposizione dei professionisti del settore sanitario e dell’industria farmaceutica gli accertamenti relativi all’equivalenza terapeutica tra i principi attivi disponibili appartenenti alla classe terapeutica oggetto di detto regime». Almeno per quanto riguarda la normativa italiana, va anche segnalato come a livello farmacologico non necessariamente la bioequivalenza, espressamente richiesta dalla normativa di settore si traduce in pari efficacia terapeutica. Le modalità vigenti per la registrazione di un farmaco come generico richiedono un profilo farmacocinetico di sovrapponibilità tra il farmaco brevettato e quello generico. Tuttavia è consentito che il test di biodisponibilità sia superato quando i valori ottenuti cadano in un «confidence range» compreso tra l’80% e il 120% della bioequivalenza. Al di là di queste ultime valutazioni, inerenti alla discrezionalità del legislatore70 e perciò estranee alla prospet70 La discrezionalità del legislatore è correlata alla responsabilità politica delle scelte in materia sanitaria. Lo ribadisce la pronuncia in esame laddove afferma che «la CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1617 tiva ermeneutica del delitti di comparaggio, va tuttavia osservato come il comparaggio possa cambiare target in conseguenza delle modifiche del mercato dei farmaci e delle regole prescrittive regionali. Posto il divieto per i medici ospedalieri di prescrivere un farmaco con il nome commerciale e considerata l’introduzione di incentivi finalizzati alla prescrizione di farmaci meno costosi, le case farmaceutiche potrebbero essere spinte ad orientarsi verso: (a) un più penetrante condizionamento dei medici prescrittori non soggetti alle limitazioni introdotte della normativa regionale per gli ospedalieri; oppure, (b) un più massiccio condizionamento del comportamento dei farmacisti, i quali possono suggerire al paziente la miglior efficacia del farmaco «di marca» rispetto al generico. Dato il background giuridico-economico e criminologico descritto, non resta che chiedersi se le norme del 1934, per come sono state scritte, appaiano in grado di contrastare efficacemente un fenomeno in costante evoluzione e la cui afferrabilità non può prescindere attualmente da una conoscenza approfondita delle dinamiche di mercato, delle strategie di marketing delle case farmaceutiche e delle politiche sanitarie nazionali o regionali. Ancora una volta si stagliano nitidamente i contorni del processo di circolarità tra diritto e know-how empirico-criminologico relativo ai fenomeni devianti che il diritto penale intende prevenire o combattere. 3. Osservazioni conclusive a partire dall’orizzonte criminologico di riferimento del comparaggio. – Sulla base della ricostruzione del quadro normativo d’insieme e delle caratteristiche del fenomeno empirico che le norme sono chiamate a contrastare e reprimere, è possibile svolgere alcune riflessioni conclusive a partire sul quadro criminologico di riferimento del comparaggio, che presenta una sostanziale uniformità di prospettiva con quello elaborato per i più noti reati di corruzione. In proposito va anzitutto ricordato come il comparaggio venga tradizionalmente inquadrato tra i c.d. white collar crimes e, più in generale, sia ascrivibile alla categoria dei reati economici71. Sotto il pronatura stessa del compito di tali autorità [autorità pubbliche responsabili della sanità pubblica] consiste nel garantire detta sanità pubblica, per la quale esse si assumono la responsabilità politica ed hanno quindi l’onere di accertare il valore terapeutico dei medicinali di cui autorizzano l’immissione sul mercato» (Corte di giustizia CE, sent. 22.4.10, § 34). 71 Cfr. per specificazioni e limiti di siffatto inquadramento criminologico, A. CE- 1618 GRAZIA MANNOZZI filo della spiegazione del singolo comportamento criminale sembrano funzionare, analogamente a quanto avviene per la corruzione, i modelli sottoculturali. Come osservano Ceretti e Merzagora: «Colemann propone una spiegazione della delittuosità professionale dei medici, e dei dentisti in particolare, proprio riferendosi al concetto di sottocultura. La sottocultura professionale dei medici, afferma l’Autore, non promuove direttamente la corruzione, ma fornisce un “ambiente protetto” (sheltered environment) in cui essa può crescere: e ciò [finisce] col promuovere il senso di comunanza di problemi e obiettivi, il sentimento di appartenenza, la convinzione dell’interdipendenza dei membri e della necessità di coalizzarsi per difendersi dagli estranei. Gli ordini professionali, per Colemann, non assumono solo il ruolo istituzionale di difesa degli appartenenti, ma anche quello perverso di copertura o addirittura di promozione dei comportamenti corporativi e persino illeciti»72. Quanto ai profili di frequenza statistica dei delitti denunciati, va lamentata anzitutto la carenza di inchieste criminologiche volte a stimare la cifra nera del fenomeno. Non esistono, a quanto mi consta, neppure dati disaggregati per i delitti di comparaggio nelle statistiche giudiziarie pubblicate annualmente dall’ISTAT, sicché non è possibile avere la consistenza del fenomeno né il suo andamento nel tempo. Rare sono infine le pronunce giurisprudenziali di legittimità; le poche desumibili dalla banca dati della Corte di Cassazione vertono quasi unicamente sul problema del concorso di norme tra comparaggio e corruzione. Almeno in Italia, dunque, la prassi ha emesso un verdetto di «ineffettività» delle contravvenzioni di comparaggio ormai senza appello. Storicamente il comparaggio è emerso, infatti, nelle forme della notizia criminis in ipotesi rarissime, persino nel periodo, peraltro non breve (1934-1990), in cui le norme di cui agli artt. 171 e 172 t.u.l.s. operavano in via esclusiva rispetto alla corruzione di sanitari qualificabili come incaricati di pubblico servizio, mirata all’agevolazione della diffusione di specialità farmaceutiche. Come è intuibile, d’altra parte, tutte le volte in cui vi sia un reciproco vantaggio tra i soci del pactum sceleris, vi è anche un convergente RETTI - I. MERZAGORA, Criminalità dei colletti bianchi e medicina, in Rass. it. di Criminologia, 1993, pp. 19-46. 72 CERETTI - MERZAGORA, Criminalità dei colletti bianchi, cit., p. 24 (corsivi originali). CORRUZIONE E SALUTE DEI CITTADINI 1619 interesse al silenzio. Come nella più classica delle corruzioni, manca il vettore della denuncia rappresentato dalla vittima. Il reato di comparaggio è peraltro poco visibile anche perché la prescrizione del farmaco – atto in cui si sostanzia parte della condotta criminosa – non è nota a terzi (ad esclusione del farmacista) ma soltanto al destinatario della terapia. La prescrizione di una specialità farmaceutica condizionata dalla dazione o dalla promessa di denaro infatti è idonea a provocare la maggior diffusione di un farmaco per il tramite necessario di un soggetto terzo – il paziente, destinatario della terapia – che il più delle volte è assolutamente inconsapevole di fare, attraverso l’acquisto del farmaco, da «vettore» rispetto al raggiungimento dello scopo delineato dal dolo specifico delle norme sul comparaggio. Considerato che il farmaco acquistato può essere simile, quanto a principio attivo e perciò ad efficacia, a quello di altra marca, il paziente difficilmente può avere la percezione di essere danneggiato dal comportamento illecito del sanitario e perciò non assumerà mai la veste di denunciate. Il «mercato» – in veste di danneggiato dalle contravvenzioni di comparaggio – è entità immateriale e perciò non è veicolo di emersione del reato dalla cifra nera che caratterizza quest’ultimo. Se il primo filtro del processo di selezione, quello rappresentato dalla vittima-denunciante, minimizza le chances di emersione delle ipotesi di comparaggio, quand’anche si abbia una notizia criminis – e la possibilità che il delitto di comparaggio affiori potrebbe infatti essere attualmente agevolata dalla refertazione informatica, che consente un controllo sulle dinamiche prescrittive – appare arduo che quest’ultima possa essere «chiarita» dalle agenzie del controllo formale. È verosimile, infatti, che si presentino, in successione, almeno tre diversi ostacoli: (a) il fatto che i limiti edittali non consentono la custodia cautelare in carcere, come invece può avvenire per le ipotesi codicistiche di corruzione. Considerato che anche il comparaggio, se perpetrato, è verosimilmente un reato seriale (considerato che presenta le stesse note criminologiche dei delitti di corruzione), l’impossibilità emettere una misura cautelare personale rende possibile la dispersione dei mezzi di prova; (b) la difficoltà di provare il dolo specifico73; 73 Sul punto rinvio alle considerazioni contenute nell’ordinanza del G.I.P. Trib. Pavia, 26.5.2005: «Quando il legislatore incentra una fattispecie di reato, sia essa delittuosa o contravvenzionale, su forme di dolo specifico, richiede la idoneità causale 1620 GRAZIA MANNOZZI (c) infine, la brevità del termine di prescrizione: qualora si arrivi alla fase del processo, il termine di prescrizione è destinato inesorabilmente a sbarrare ogni pretesa di accertamento del reato. A riprova dei profili modestissimi di effettività della fattispecie sovvengono i risultati dello screening della giurisprudenza di legittimità, che conduce a risultati numericamente inconsistenti. Tutto ciò non deve tuttavia portare al corto circuito rappresentativo in base al quale le norme sul comparaggio sarebbero inutili perché ineffettive. L’alternativa è tra la rinuncia ad ogni azione repressiva o l’opzione, tecnicamente più complessa e di competenza esclusiva del legislatore, di dare effettività a norme che vanno a segnare il discrimine tra il lecito e l’illecito in un settore delicatissimo, qual è quello sanitario, che può coinvolgere beni di primaria importanza se non addirittura fondamentali, qual è il diritto inalienabile alla salute sancito dall’art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo74. È proprio la realtà dei fatti ad indicare la strada: le modifiche del mercato farmaceutico, l’evoluzione della normativa statale e regolamentare in materia di prescrizioni farmaceutiche, le preoccupazioni espresse anche a livello europeo circa le politiche di incentivazione, l’esiguità della quota di casi di comparaggio giunta a conoscenza dell’autorità, rendono quanto mai opportuna una più approfondita riflessione sulle forme di corruzione inter privatos riconducibili al comparaggio e sui conseguenti rischi di alterazione del mercato e di messa in pericolo della salute dei cittadini. della condotta dell’agente a conseguire l’obiettivo descritto dalla norma incriminatrice. E la dottrina ricorda che il parametro alla stregua del quale l’interprete (giudice) è chiamato a valutare la condotta dell’agente, sotto il profilo della idoneità a cagionare l’evento “ulteriore”, non può che essere quello, elaborato in tema di tentativo, della prognosi postuma. Le considerazioni sopra esposte, trasportate alla fattispecie di reato in esame, significano che l’effettiva agevolazione della diffusione di medicinali non rileva agli effetti della consumazione del reato, essendo sufficiente che l’agevolazione medesima abbia costituito lo scopo per il quale il soggetto ha agito. In letteratura è stato coerentemente sostenuto che “sia l’agevolazione della diffusione sia la prescrizione [del medicinale] sono estranee all’elemento soggettivo del reato; il medico che riceva denaro allo scopo di agevolare con prescrizioni mediche una determinata specialità commette per ciò solo il reato di comparaggio”. E lo scopo, come tutti i fenomeni psichici, non può che essere ricavato per inferenza – data l’insondabilità della psiche umana – dagli elementi di fatto noti e dal contesto in cui si colloca la condotta». 74 Sulla inquadrabilità della corruzione tra i reati contro i diritti umani v. J. BACIO-TERRACINO, Corruption as a Violation of Human Rights, disponibile alla seguente URL: http:/7ssrn.com/abstract=1107918.
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