Sodalizio Siculo Savonese

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Sodalizio Siculo Savonese
2013 numero 6 giugno
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Picciotti carissimi,vasamu li mani.
(Non domandare o Leuconoe, non è lecito saperlo,
qual termine della vita gli dei abbiano assegnato a
me e a te.. Cogli l’attimo che fugge fidando il meno
possibile a l’avvenire ) e l’ode VIII del secondo
libro, dove Orazio ci presenta l’indimenticabile
figura di Barine che è “ troppo bella, è un pericolo
pubblico: passa per le vie e suscita incendi,
trepidano per sua cagione padri, madri, giovani
spose, fidanzate..”.
Gugliemino è autore di tanti altri studi dedicati al
mondo classico e anche alla letteratura italiana
contemporanea.
Citiamo, tra i più noti, Arte e artifizio nel dramma
greco, La parodia nella commedia greca antica ,
Poeti della commedia attica greca, Il teatro di
Ibsen, Preconcetti teorici erealismo in Platone, Il
nucleo lirico della poesia di Mario Rapisardi..
Si tratta di saggi di notevole valore che, ancora
oggi, possono fornire preziose riflessioni.
Ma Francesco Guglielmino non è soltanto un
appassionato e vivace studioso del mondo classico.
Egli è anche poeta delicatissimo e misurato, autore
di uno dei più validi e fortunati libri di poesia
dialettale del Novecento: Ciuri di strata .
A questo volume, più volte ristampato, hanno
dedicato notevole attenzione illustri studiosi e
scrittori, fra cui ricordiamo Federico de Roberto,
Vitaliano Brancati e Leonardo Sciascia.
E, grazie a questo “ gioiello” della poesia dialettale,
Francesco Guglielmino è uscito dall’ambito degli
studiosi del mondo classico ed è diventato familiare
ad un pubblico numeroso ed entusiasta.
Il titolo della raccolta fa riferimento ai ciuri di
strata che nascono ammenzu di li petri e li rivetti
sutta l’irvuzza tennira ammucchiati unni cu l’api
runzunu l’insetti.
Con questi versi il poeta ci vuol dire chiaramente
che le sue poesie sono umili e semplici come i
ciuriddi che spesso vengono calpestati senza essere
mancu guardati.
E i temi che vengono affrontati sono vari e in tante
poesie si avverte la nostalgia del tempo che passa
velocemente e un forte pessimismo.
Il lettore smaliziato potrà magari sentire, qua e là,
l’eco degli amati poeti greci e di Mimnermo, forse,
5 x mille 2013
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Codice fiscale 92011570097
Tale intervento, che ricordiamo essere del tutto
gratuito, contribuirà a mantenere sempre viva e
vitale la nostra attività.
Un Grazie anticipato a tutti.
Forse perché era il cognome di mia madre mi piace
ricordare Francesco Guglielmino
Francesco Guglielmino era un uomo cui piaceva
vivere, stare tra la gente, guardare, scrutare, pensare
e leggere.
Con queste parole Leonardo Sciascia ci presenta
l’autore di Ciuri di strada, nato ad Acicatena nel
marzo del 1872, che dedicò la sua vita allo studio,
all’insegnamento, agli amici e ai discepoli.
Per molti anni, infatti, insegnò Latino e Greco nel
liceo classico “Spedalieri” di Catania e Letteratura
Greca all’università.
Fu professore anche all’istituto “San Michele” e
pubblicò un interessante saggio, letto per la solenne
inaugurazione dell’anno scolastico 1934-35, sui
“Motivi lirici oraziani”.
A distanza di tanti anni questo saggio si legge
ancora con gusto e profitto perché lo studioso ha
lumeggiato con parole chiare ed efficaci
“l’epicureismo malinconico ed il mirabile equilibrio
del poeta venosino, equilibrio che, prima di tradursi
in armonia di immagini e di ritmi, è già un
equilibrio interiore di pensieri, di sentimenti, di
aspirazioni”.
Tra le cose “più belle e squisite” di Orazio,
Guglielmino indica “l’odicina” XI del primo libro
1
in particolare modo, soprattutto quando si parla
della dolorosa vecchiaia.
Leggendo Li vecchi di l’asilu, Cungedu e altri
componimenti non si può non ricordare la famosa
elegia del poeta di Colofone, che ci presenta una
melanconica riflessione sulla sorte dell’uomo
soggetto ad una inevitabile legge di decadenza e di
morte (la traduzione è di Salvatore Quasimodo):
Queste parole di Brancati ci sembrano le più
efficaci per ricordare un grande protagonista della
cultura siciliana del Novecento, che ha insegnato a
tanti giovani ad amare le cose belle e ad essere
uomini completi.
Ciuri di strata
‘N campagna, cantu cantu di li strati,
ammenzu di li petri e li rivetti,
sutta l’irvuzza tennira ammucciati
Quale vita, che dolcezza senza Afrodite d’oro?
......
Quando viene la dolorosa vecchiaia
che rende l’uomo bello simile al brutto,
sempre nella mente lo consumano malvagi pensieri;
né più s’allieta guardando la luce del sole;
ma è odioso ai fanciulli e sprezzato dalle donne:
tanto grave Zeus volle la vecchiaia.
unni cu l’api runzunu l’insetti,
ci sunu di ciuriddi in quantitati
ca spissu ‘n coddu lu pedi ci metti,
ciuriddi ca non su’ mancu guardati,
ciuri ca si li cogghi poi li jetti.
Aduri non ci
nn’è, non si
nni senti,
oppure è
troppu forti e
pizzicanti
e non è fattu
pri lu vostru
nasu;
e iu ca l’hè
ricotu
certamenti
vi paru ‘na
tistazza
stravaganti,
a quantu
m’haiu fattu
pirsuasu.
Però è da dire subito che mai il verso di
Guglielmino è appesantito da riferimenti eruditi.
E’ certamente vero, come ha scritto Pasolini, che
sotto il siciliano di Guglielmino scorre una lingua
classica; ma il canto del poeta, in definitiva, è
semplice e misurato. Il pessimismo del poeta,
inoltre, è in tanta parte da collegare alla scomparsa
del giovane figlio, come risulta in maniera assai
evidente in :
C’è sempri ‘na nuvola ‘n funnu….
Ora macari si chiaru è lu celu
pri mia d’attornu c’è sempri fruscia,
su tuttu stenni ‘na negghia lu velu,
tuttu mi pari chiù vecchiu di mia.
Ma oltre al pessimismo e alla “malinconia
crepuscolare” di cui parla il critico Giuseppe
Savoca, nella produzione del Guglielmino ci sono
anche momenti di gioia (Unni camini tu...; A la
Sicilia mia Sittemmiru.. e di forte e profonda
religiosità (O crisiuddi..;Stidduzzi di lu celu).
E non mancano inoltre poesie in cui vengono
ricordati amici e poeti, segnate da un’autentica e
sentita esperienza di amicizia e di stima.
Di Guglielmino, che morì a Catania nel 1956, ci
resta il ricordo di un discepolo d’eccezione,
Vitaliano Brancati, (con lui nella foto)
il quale parlando degli amici siciliani così scrive:
“C’è anche un vecchio professore, poeta vernacolo,
privo di capelli, sempre con l’orecchio sinistro in
avanti per sentire dal filo di udito che solo gli resta
da quella parte, e tuttavia così amabile e ricco di
pensieri. Egli per primo mi parlò della Grecia in
greco, in un’aula luccicante del sole di Sicilia.
Educato dalla Cortesia, dalla Poesia, dal Rispetto
per gli altri, dalla Serenità di giudizio, egli parla la
più saggia e umana lingua che si sia mai parlata..”.
Cungedu
Cantai, comu ’n’aceddu ’n primavera
ca è chinu d’amuri e d’alligrizza,
e a la campagna fà la sò prijera
o arrenni cu lu cantu ’na carizza;
ddu tempu ora passò; tannu non c’era
né scunfortu pri mia né scuntintizza,
ma ora manca l’ogghiu a la lumera
ora la vela è rutta e non s’addrizza.
E comu l’acidduzzu a lu tramuntu
si cogghi la tistuzza sutta l’ala
o sia pri sonnu, o pri malincunia,
iu puru m’arrizzettu e fazzu puntu;
lu mè jornu finiu, l’ummira cala
e annegghia tutta la mè fantasia.
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Continua a firma di Riki Ragusa
S.Elisabetta, spacciando il pizzino fiscale per un
autorizzazione della Questura a riesumare il
cadavere del fù 'Zi Luigi Lo Bello.
Il capusantaro che non sapia ne leggiri ne diri di
no ad una persona seria ed istruita come
Peppinello Caruana, li fece accomodare
concedendo loro anchi l’onuri del caffè appena
fatto. I tre cumpari purtarono eccellentemente a
termine il mandato mai ricevuto dal Sig.Questioni
di Girgenti, che della facenna era completamenti
all.oscuru..come di tante altre cose.
Arrivò il 17 marzo del 1996 e Peppinello Caruana
truvò sotto la porta dello Studio ligale, una lettera
speditagli dal –Texas Genetic Research- di
Palermo; si dava comunicazione che sulla base dei
referti analizzati di fù Fofò Camarrone Pirocotto e
del Sig.Tanino Scassato, risultava scientificamente
impossibile che i due fossero rispettivamente
padre e figlio, il tutto corredato di vaglia postale
con accredito per la prestazione effettuata da
effettuare presso qualsiasi ufficio delle Poste
Italiane pari a lire centoquarantanovemila.
A questo punto l'avvocato Caruana volle giocare
la briscola e si passò il piaciri ,di spedire al -Texas
Genetic Research- di Palermo , le due provette di
sangue avute abusivamente dalla Dottoressa Anna
Passalacqua, con i campioni di tessuto prelevati
dalla riesumazione della salma di 'Zi Luigi Lo
Bello anzi tempore , chiedendo di verificare se tra
i fratelli Camarroni Pirocotto esisteva un legame
di parentela con il fù Luigi Lo Bello.
Intanto per Peppino, il processo impiantato da
Rosa Trivvoti non stava più nè in cielo nè in terra.
Non sarebbe più stata la legge a dover dire se il
figlio di Rosa Trivvoti, Tanino Scossato, fosse
figlio naturale della bonarma Fofò Camarrone
Pirocotto;ci pinsò pi direttissima la scienza con
tutti i sentimenti a dare la risposta unica e
risolutiva alla questioni. Dunque, quella di Tanino
Scassato e rosa Tri Voti era matematicamente
causa persa. A distanza di una settimana e dintra
la casella delle lettere, Peppinello Caruana truvò
un avutra lettera proveniente dal Consolato
Italiano di New York che arriportava queste
parole:
" Scusandoci per i disguidi e i lunghi tempi tecnici
d'attesa, via ufficio competente, inviamo il
presente stato patrimoniale riguardante Mr Fofò
Camarrone Pirocotto ,vista Vs. richiesta in quanto,
dato rilevante per sue indagini e considerato che la
posizione patrimoniale di Mr Fofò Camarrone
Pirocotto esula dalle informazioni riservate di
competenza della C.I.A.” comunichiamo che:
L'ammontare dei beni di Cola Camarrone
Pirocotto è pari a un milione di dollari contanti
IL COMMERCIO DELLE CHIACCHIERE
Sesta puntata
Il jorno appresso alle dieci in puntu gli squillò il
telefono: <<..studio legale Caruana come posso
esserle utile?>>
esclamò Peppinello con voce di unu appena friscu
di lettu,
<<Peppì Anna sono…chiffà potresti passare per
quelle cose che mi hai chiesto visto che sono già
pronte? perché stasera ho un appuntamento di
lavoro a cui non posso mancare....vienimi a
trovare all’ospedale che....>>
non fece in tempo a risponderle di si , e Peppinello
già currìa sulla sua cinquecento spingendo
l'acceleratore a manetta in direzione S.Citrolo di
Girgenti dove la Dottoressa Anna Passalacqua
stava ad attenderlo.
Una volta entrato dintra l'ospedale con la machina
che fumiava dal cofano di darrè per l’imprevista
cursa, si diresse tirato verso il reparto trasfusioni.
Comparve di strasatto la bellissima Anna
Passalacqua che aspettava vicino la porta
d'ingresso del reparto, la quale gli andò incontro
tenendo qualcosa in mano; vedendo il finestrino
dell'auto completamente sbarracato all'uso di
Peppinello, la stissa, infilò la mano dintra lo
spazio e lasciò cadere le due provette di sangue sul
sedile posteriore della vettura; po’ proseguì a
passo spigliato verso il bar dell'ospedale senza
rivolgergli minimamente la parola, come se non si
fossero mai canusciuti. Diciamolo pure: un
travaglio veramente impeccabile da agente 007,
dinanzi a cui ci si poteva solamenti scappellare.
Per purtari a termine l'opera, a Peppinello
occorreva bypassare un altro iter al quale sarebbe
certamente potuto arrivare per vie legali, ma che
certo avrebbe cumminato un polverone accussì
enorme da costringere alla latitanza diverse
persone nel mirino delle indagini epperciò di
attuare una strategia alternativa.
Nel mese di Dicembre del 1995 al camposanto di
Fifidali, Peppinello Caruana improvvisò assieme a
due suoi amici di Porto Empedocle, un infermiere,
che faceva di nome Tonino Lo Presti ed un titolare
di agenzia funebre di nome Rosario Sisusi, una
farsa eclatante che se andava a minchia, gli
avrebbe assicurato il carcere eterno alla banda dei:
“Dottori per un dì.”
Presentatisi dinanzi al capusantaro Orlandino
Zirrico, che come titolo di studio avea la quarta
elementari conseguita come candidato privatista,
l’avvucato gli mostrò una fattura commerciale
elencante del materiale edile accattato a
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depositati presso la American Central Bank di
New York, il cui vincolo di deposito bancario
risulta essere decaduto da dodici mesi ."
Totò Kriminal Tanko non aveva raccontato
minchiate. Adesso molte cose arrisultarono chiare
agli occhi del legale; epperciò ..venne il tempo di
accuminciare a fare bonu i santi cunti a tavolino.
Il venticinque di Aprile dello stesso anno, nella
caserma dei carabinieri di Fifidali il cumannande
Enzuccio Montaperto assieme alla truppa, si stava
priparando, per la cerimonia di ricorrenza della
liberazione d'Italia che si svurgìa al chiano
Progresso, piazza ubicata all'interno del paisi, ove
c'erano prisenti le massime autorità locali e più
esattamente: l' arciprete, il sinnaco il capo dei
vigili urbani ed ex combattenti partigiani
miracolosamente turnati dalla guerra.
Quella che sarebbe dovuta essere una matinata di
routine per Enzuccio Montaperto si trasformò
presto in un burdellu catastroficu.
A Peppinello Caruana bono gli parse; quel giorno
ebbe la trovata di telefonare in caserma con una
delle sue sparate fora loco, cu tempi e modi che
l'avvocato solo aveva nel rivolgersi alla gente; fici
il nummaro di tilefonu e attaccò l’opira:
<<Pronto….qui Comando Stazione di Fifidali con
chi parlo?>>
rispose dall.altro capo del filo, una voce pimpante
e sicura di sé!
<<sono l'avvocato Peppinello Caruana.. che c'è il
cumannande Montapero in caserma ?
…picchì avevo bisognu di parlare con lui
direttamenti và.>>
<<Ah avvocato lei è…buon giorno! >>
ribatte l'appuntato Giacomelli, che fu chiddru che
purtroppo, prese in mano pì primo la cornetta ;
<<il cumannande nun c’è, si trova alla cerimonia
della liberazioni della Patria assieme a tutte le
autorità; se addesidera parlari con lui dovesse
telefonare nel pommeriggiu che lo angaglia di
certu....capì?>>
<<sentimi beddu mio …forse non mi spiegai
bene….; io vogliu che Enzuccio Montapertu sia
nel mio studio alle deci in puntu di stà matina …e
digli puru di portare seco due sbirri belli trunzuti
picchì pensu che ci sarà d'attaccari in manette un
omicida assieme ai suoi complici…passu e
chiudo!>>
Peppinello riattaccò sbattendo la cornetta ,senza
concessione alcuna di tempo, per l'appuntato
Giacomelli, che mischino avrebbe potuto dare nà
risposta sensata alla questioni tilefonica.
<<Oh San Caloriu di Naru! mi consumai ! >>
principiò l'appuntato, << come faccio adesso a
rintracciare il maresciallo Montaperto ?
..pozzu sulu chiudiri a caserma e andare a circarlo
per i strati du paisi? ma poi...poi… chiddu mi
disse chiaramenti che oggi non volia rutti i
cugliuna picchì… finuta la cirimonia, deve andare
a mangiare da sua socera che gli cucinò per
l'occasioni ù cunigliu flambè.>>
La mente di Giacomelli si intasò in manera che
sentì il bisogno di sedersi di botto sulla seggia,
cercando di capire chi minchia di pesce pigliare in
quella circostanza.
In caserma ai tempi, travagliava 'Ziu Giuannino
Milliliri comu addetto alle pulizie.
Quel jorno 'Zì Giuannino concordò con il
comandante Montaperto che le ore delle pulizie
presso gli uffici del comando , si sarebbero svolte
solamenti la matina picchì, anche Giuannino per la
ricorrenza della liberazioni d'Italia, venne invitato
a pranzo nella robba di campagna al Vanchiteddu
(zona limitrofa al paese) da suo cugino Linuzzo
Vella.
<< Sentimi Giovannino….>> attaccò l'appuntato
Giacomelli,
<< non è che tu potresti sorvegliare da solo ,per
deci minuti precisi, la caserma, senza cumminare
catunii intendiamoci..! Picchì capitò una mergenza
e devo comunicarla sobito al maresciallo
Montaperto ..che ne dici mù fai stu favore?>>
<<Va bene come dice vossia appuntà, ma mi
raccumannu ......! Non perdisse tanto tempu
pecchè oggi sogno invitato ad una schiticchiata e
non volisse mancari ….con tutto rispettu per
l'Arma dei Carrabunieri, se no chiuiu , mi ni vaiu,
e lassu a tutti fora!>>
<<Appostu nun ti preoccupari,grazie Giovannì! >
L'appuntato , fece le scale del Comando, montò
sulla camionetta d'ordinanza e si diresse alla
ricerca del maresciallo Montaperto.
Girato l'angolo che purtava da via Roma alla
chiazza, con la marmitta fumante di niuru,
l'appuntato Giacomelli, disegnò sulla facciata
appena finuta del cinema PARADISE ,un Picasso
di inestimabile valore e dopo un difficile iter in
opposto senso di marcia, l'appuntato vitti e sbitti
da lontano la lucerna del suo cumannande
emanare riflessi da tutte le parti .
Lo aveva truvato.
Sistemò di prescia e come meglio potè la machina
e fici una corsa verso il maresciallo Enzuccio
Montaperto, già da un bel pezzo siddriato, di
sentire la predica di patre Di Caro che nel suo
discurso implicitamente, lanciava frecciate al
sinnaco di Fifidali, il quale tra le tante mancanze
negli anni di amministrazione comunale
rigorosamente di sinistra, non era mai arrinisciuto
a trovare i piccioli bastevoli per asfaltare il
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davanzale della chiesa matrice dove i fideli
sistematicamente sfasciavano lo zzoccolo delle
scarpe rinviando spesso di godersi la missa.
Giacomelli arrivo in piazza cercando in mezzo alla
fuddra di genti ,di avvicinarsi al cumannande.
<<Brigadiere Lo Torto! >>
esclamò il maresciallo Montaperto rivolgendosi ad
uno dei sui uomini misi di picchetto, fermu e
risoluto come una rocca firrigna;
<< lo spiegastivu all'appuntato Giacomelli prima
di nesciri e venire quà, che la caserma luogo sacro
è ! e che da lì si trasi e si nesci solo quando lo dico
io o no?>> il brigadiere, sicurissimo che il sole
caldo accuminciava novamenti a fari sentire il suo
effetto sulla testa del Montaperto , non vedendo la
scena dell'appuntato Giacomelli alle prese con una
interminabile corsa verso il suo cumannande,
preferì non arrispondere alla dumanna del
Maresciallo
Montaperto,
comportandosi
giustamente ,come da cerimuniale; e facendo la
sua parte di picchettaro si ni stetti mutu in
silenziu. Montaperto stava quasi per santiare
davanti all’arciprete. Se Diu nì scanzi, Giacomelli
non avesse avuto una bona ragione per mettere in
quel mumentu un subbuglio generali, gli avrebbe
certamente fracassato il pedi mancino prima,
mandandolo qualche mese all'ospitali militare;
doppo gli avrebbe fatto cangiare travaglio,
raccumannannolo di persona per la legione
straniera.
<<Comandi maresciallo Montaperto! io…io.io>>
<< comandi una benamata minchia …appuntato
Giacomelli….che cosa è successo di accussì grave
da fare tutto questo tiatro ….sintiamo…..cos'e
questo furgareddu n'culo che ha quest'oggi la sua
pirsona?>>
Montaperto con voce bassissima e pacata teneva
con i crocchi, come volesse dire:
”quando saremo soli tu ed io caru mio Giacomelli
ti sdireno.”
<<Cumannande …telefonò l'avvocato Peppinello
Caruana e mi disse con tonu di incazzato comu
cane arraggiato, che vole vossia e due sbirri belli
trunzuti nel suo studio ligali picchì c'è da fari un
arresto di un omicida e dei suoi complici , il tutto
deve avveniri proprio adesso!>>
l'appuntato finalmenti sbarrò lu stomaco di ciò che
aveva da dire al suo capo.
In quel momentu Enzuccio Montaperto capì che
Dio esisteva veramenti e che a iddru ci vulia
davvero beni trovandogli la scusa giusta per
lasciar perdere la noiosa cerimonia giunta mancu a
metà. …………………………
Nello scorso numero abbiamo parlato del poeta
Nino Muccioli. Ecco due poesie sulla nostra amata
Sicilia:
LE ROVINE DELLA ZISA
Sul frontone della Zisa
i tredici diavoli mi sembrano l’immagine
dei vizi degli uomini,
alla patina ipocrita del tempo.
Il gioco degli arabeschi
Su questa antica inferriata
è corroso da una tabe di ruggine.
Così la paura corrode
le anime degli uomini.
Questo antico castello, che sfalda nei secoli
i suoi sogni di potenza,
come somiglia a questa nostra vita!
M’ero aspettato iil fragore
delle tempeste,
anche l’urlo dell’odio e della passione
non questo andare via dei giorni
fra la ruggine dell’invida paura
dei piccoli uomini
nei piccoli affanni
delle piccole anime,
in un lento cadere,
giorno per giorno,
dell’intonaco
in polvere giallastra che s’accumula
fra i detriti dell’esistenza.
Ad ognuno il suo niente.
Sogni algosi di asteroidi ippocampi
viscidi strisciano, con paure di topi,
fuori dalla torre dell’inconscio
e gli ofidi hanno mani
insidie e visi umani.
Lo smog dello spirito
avanza
con bava velenosa
e gli uomini
alfabetizzati in sigle,
partoriscono ogni giorno
nuovi connubi di formule.
Le stelle rifulgenti si offuscano
di nebbia opaca
Le stelle sono tornate ad esser stelle
Ad ognuno il suo niente
Cigola la porta del silenzio
con piagnisteo gnaulante.
Un fiore di nebbia reciso
Affiora da questo rimpianto di sole.
L’obliquo volto della luna
fascia di luce surreale
le rovine del castello.
Il tempo stanco
si conclude nel prossimo numero
5
Ancora poesia…. questa un poco maliziosa di
Rosa Balistreri in arte Rusidda a Licatisa
arranca con scarpe di noia
e le sue dita esitanti
tracciano sulla polvere
l’estrema speranza nostra:
no, la paura non ha vinto mai.
L' ACIDDUZZU
Acidduzzu di me' cummari
senza pinni e senza ali, cci vulò supra la testa
e me' cummari cci fici gran festa.
"Ch'è bidduzzu sta acidduzzu,
chi cantari chi mi fa!
Notti e ghiornu m'acchiana e mi scinni,
mi pizzica e vasa e poi si nni và ".
Ile
Ile,
toi seule à jamais
dans mon âme
comme solitude.
Que la mer t'entoure
de ses caresses labiles
ou qu'elle t'assaille
de ses lames qui mordent
tu ne perds pas ton essence
d'irremplaçable présence.
Les chevaux frémissants du petit jour
soufflent des vapeurs
sur ton chemin de mer et sel
les algues du couchant
flottent dans la lumière
comme les cheveux d'une noyée…
Le vent murmure le chant des citronniers
sur des cordes bruissantes qui respirent
et toi, tu pares les oiseaux des airs
tu déshabilles d'ombre les étoiles
tu écartes les branchages des forêts
vers un frisson durable de lumière,
œil vivant de la mer solitude solaire
compagne fidèle de mon amour
Sicile.
Nino MUCCIOLI (1922 – 1999)
Acidduzzu di me' cummari
senza pinni e senza ali,
cci vulò supra lu nasu
e me' cummari s'u strinsi 'nto vasu.
"Ch'è bidduzzu sta acidduzzu,
chi cantari chi mi fà!
Notti e ghiornu m'acchiana e mi scinni,
mi pizzica e vasa e poi si nni và ".
Acidduzzu di me' cummari
senza pinni e senza ali, cci vulò supra la panza
e me' cummari cci fici gran bardanza.
"Ch'è bidduzzu sta acidduzzu,
chi cantari chi mi fà!
Notti e ghiornu m'acchiana e mi scinni,
mi pizzica e vasa e poi si nni và ".
L'acidduzzu di me` cummari
senza pinni e senza ali, cci vulò supra à scagghiola,
a testa rintra e a testa n fora.
"Ch'è bidduzzu sta acidduzzu,
chi cantari chi mi fà!
Notti e ghiornu m 'acchiana e mi scinni,
mi pizzica e vasa e poi si nni và ".
Per i non francofoni:
Isola
Isola,
tu sola mai nella mia anima come solitudine.
Sia che il mare ti circondi di delicate carezze o che
ti aggredisca con i suoi flutti che dilaniano, tu non
perdi mai il tuo essere immancabilmente presente.
I cavalli impazienti nell’alba
soffiano aliti sul tuo percorso di mare e sale,
le alghe del tramonto fluttuano nella luce
come i capelli di una annegata.
Il vento mormora il canto dei limonai
su fruscianti corde che respirano e tu,
dai ripari agli uccelli dell’aria,
tu spogli dell’ombra le stelle,
tu spogli i rami delle foreste
verso un brivido infinito di luce,
occhio vivente del mare solare solitudine
compagna fedele del mio amore.
Sicilia.
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autoalimenta ed è addirittura amplificata dalla
pochezza dei malavitosi che lo circondano, a volte
inadeguati nella loro goffaggine e spesso ridicoli.
Rispetto a un intreccio ben costruito ma semplice, a
rendere sapida la vicenda c’è l’introspezione dei
personaggi, non solo del protagonista ma anche dei
comprimari come la taciturna ineccepibile
segretaria di Sari, come la sorellastra Laura e come
Alessio, muti testimoni della tragedia di fronte alla
quale non hanno altre armi se non quella di
comprendere le ragioni di Sari De Luca e
assecondarlo.
E’ così che Di Piazza anima un teatro che è
soprattutto rappresentazioni dei sentimenti nel
momento stesso in cui il dramma rende sfocati i
contorni tra bene e male, amplifica la sofferenza e
trasforma i protagonisti in attori da tragedia greca
attraverso i quali il lettore può rivivere la
disperazione così come non avverrebbe in un
comune noir. Proprio per questo il colpo che Di
Piazza infligge alla realtà è apparentemente
“leggero” ma colpisce con precisione e
profondamente. Perché il solo modo per esorcizzare
il male sta nella possibilità di rappresentarlo nel
momento in cui esso si compie.
Sari De Luca è il più importante editore italiano.
Vive a Milano, ha una ex moglie che gli ha dato un
figlio, Alessio; una seconda moglie rifatta e
superficiale ma con la quale ha un’ottima intesa
sessuale ma, soprattutto, ha un’amante, Valeria, che
lui preferisce definire una fidanzata. E’ giovane,
bellissima e Sari è follemente innamorato di lei.
Intorno a Sari, self-made man e manager di
successo, Giuseppe Di Piazza costruisce un noir
intelligente capace di uscire dagli schemi di genere.
Dopo I quattro canti di Palermo (2012), lo scrittore
che si dice grato per essere nato nel capoluogo
siciliano, con Un uomo molto cattivo – uscito da
Bompiani come il suo romanzo d’esordio - guarda
la Sicilia e i molti mali che la affliggono da lontano,
non più attraverso le memorie dei suoi anni a
“L’Ora” ma indagando i meccanismi dell’amore e
della morte sotto l’ombra opprimente di Cosa nostra
e delle sue trame.
I sette giorni dell’editore
milanese raccontati da Di
Piazza rappresentano una
caduta all’inferno ma
anche una sorta di
espiazione per mali più e
per paure moderne.
La porta d’ingresso per
questo inferno privato è
proprio il passato
siciliano di Sari. A
cominciare dal suo nome
di battesimo: il suono
così esotico di quel diminutivo nasconde in realtà
origini isolane che Rosario De Luca, rimasto presto
orfano e trasferitosi in Lombardia, ha cancellato
scoprendo però troppo tardi che il peso del passato
non si può dimenticare quando si ha alle spalle una
famiglia troppo ingombrante. La vicenda
essenzialmente metropolitana, con un’azione divisa
tra Barcellona, la Svizzera e una Milano splendida,
assediata da un’afa ristagnante, si apre con un
rapimento: Sari viene privato inaspettatamente della
sua unica ragione di vita, Valeria.
E per salvarla il manager deve scendere a
compromessi con la mafia, accettare il ricatto di
cosa nostra e scoprire che chi è “molto cattivo” non
si piega nemmeno di fronte ai sentimenti, anzi, usa
proprio le debolezze passionali per scardinare le
certezze e piegare ogni volere.
Il personaggio negativo, il cugino Momo, è infatti
un cattivo puro, di quelli ormai sempre più rari nella
letteratura, confinati per lo più nei gialli.
Ma Momo ha qualcosa di diverso rispetto a un
comune cattivo, la sua malvagità, priva di qualsiasi
tentativo di giustificazione psicologica, si
Emanuela E. Abbadessa
Un’antica canzone popolare legata
alla fame atavica dei contadini
FAVI AMARI
A sira quannu scura m’arricampu senza grana
Me muglieri m’abbatte e deci figli ca vonnu pani
duru pi manciari la minestra/ quattru favi
Ma li favi l’agghiri arrubbari
E stamu tutti murennu di fami
Matina favi/e giornu favi/la sira favi/la notti favi
E mentre campu m’aiu a arricurdari/
cu unn’avi nenti e cu n’avi assai
cu dibulizza a fari l’amuri sugnu arriduttu
comu un cuniglio e la famiglia crisici.
Matina favi/ e ghiornu favi/ la sira favi/la notti favi
E lu Signuri m’avi a aiutari,
Ma chista vita ‘cca non si po’ fari
Aiu fattu lo varberi e lu scarparu e lu viddranu
E si cadi malato Don Peppi
mi tocca fari lu sacristanu quann’è festa a lu paisi/
Su nichiati li carusi ,pedi nudi e panza vacanti/
Di lu chiù nicu a lu cchiù ranni..
Matina favi/ e ghiornu favi/ la sira favi/la notti favi
E mentre campu m’aiu a arricurdari/
cu unn’avi nenti e cu n’avi assai
Matina favi/e ghiornu favi/la sira favi/e sempre favi
E lu Signuri m’avi a aiutari,
Ma chista vita ‘cca non si po’ fari.
7
della popolazione che in un momento della propria
vita aveva desiderato di uccidere qualcuno.
Ci sarà chi si stupirà di una percentuale così elevata,
ma io vi assicuro che è rigorosamente esatta e molti
di voi lo ammetteranno se saranno sinceri con loro
stessi. Naturalmente la percentuale scende
notevolmente quando si considera il campione di
quelli tra il 37,5% che questa uccisione cominciano
a progettarla. Io entrai a fare parte di una
percentuale del 4,8 % di quel 37,5 %, la percentuale
che fa dei reali progetti sulla realizzazione del suo
desiderio. Cominciai a seguire Luigi Pistacchi
(c’era il 61,9 % di possibilità che se ne accorgesse,
ma io rientrai nel 38,1, %, cioè non se ne accorse)
prendendo nota delle sue abitudini ed elaborandole
statisticamente sul mio PC. Di lui scoprii tutto
quello che era possibile scoprire: quando mangiava
fuori ordinava un filetto al sangue nel 55 % dei casi,
andava a trovare l’amante il 45 % dei mercoledì ed
il 60 % dei venerdì (una sola volta lo fece di
domenica, ma il dato era troppo isolato per rientrare
nella curva delle probabilità).
La percentuale più interessante per le mie intenzioni
riguardava la sua passione per il gioco.
Andava a giocare in una bisca clandestina
(clandestina… si fa per dire… il 57 % della
popolazione ed il 94 % delle forze dell’ordine
conoscono la sua esistenza) il 58 % delle sere.
Ne usciva tra l’una e le due di notte nel 35 % dei
casi, tra le due e le tre nel 55 %, oltre le tre soltanto
il 10 %.A questo punto sapevo dove colpire. Ma il
problema era che non volevo essere tra quel 64 %
degli omicidi che vengono arrestati, quindi avevo
bisogno di un buon alibi perché sapevo che
nonostante Luigi Pistacchi avesse parecchi nemici,
la polizia avrebbe senz’altro accreditato almeno il
36 % di possibilità che lo avessi ammazzato io.
Studiai un alibi che aveva l’87 % di possibilità di
riuscita. Uno più sicuro non mi riuscì di trovarlo.
Solo che non mi decidevo ad entrare nel 4,1 % di
quel 4,8 di quel 37,5 %. Cioè il 4,1 che prova
veramente ad uccidere una persona (a proposito
solo il 48,3 ci riesce). Non riuscivo a scegliere se
farlo o non farlo. E, a questo punto, maledizione!
uscii fuori da tutte le statistiche!
Luigi Pistacchi morì alle 3,27 della mattina ucciso
mentre usciva dalla bisca. La polizia arrivò a casa
mia alle 7,42 di quella stessa mattina e trovò sul
mio PC tutti gli appunti che progettavano il delitto
come in realtà era poi avvenuto, tutto preciso nei
minimi particolari.
Non avevo distrutto quegli appunti prima di
commettere l’omicidio per la semplice ragione che
l’omicidio non lo avevo commesso io.
STATISTICHE
Statistiche. Soltanto statistiche.
Sì, noi ci affanniamo, ne combiniamo di tutti i
colori, nel bene e nel male, ma alla fine tutte le
nostre azioni non possono che portarci a essere dei
numeri di una qualche statistica.
E non dico questo soltanto perché le statistiche sono
sempre state il mio lavoro, oltre che la mia
passione. La mia passione fin da ragazzo, quando in
classe chiedevo a miei compagni cosa mangiavano
a merenda, per volgere
le loro risposte in
percentuali. E in questa passione li avevo coinvolto
a tal punto che si affrettavano a segnalarmi i
cambiamenti delle loro abitudini.
Ricordo che il partito della Nutella col 58%
surclassava il pane, burro e marmellata fermo al
23%. Così dopo la mia laurea in Scienze Statistiche,
mi parve naturale - sfruttando i soldi, non troppi per
la verità, che i miei mi avevano lasciato,
concludendo in un incidente d’auto una vita
statisticamente molto più breve di quella che le
statistiche di quel tempo prevedevano per loro –
fondare una piccola ditta che si occupava di
ricerche di mercato. Ma se pure il lavoro non
mancava i soldi non bastavano mai, c’erano sempre
problemi economici e io che, stranamente, non
avevo nessuna attitudine per l’economia, anzi, per
essere più precisi non avevo nessuna attitudine per
qualunque cosa che non fossero le statistiche, non
riuscivo a venirne a capo.
Allora mi presi un socio, un mio amico con un
sacco di grana disposto a rischiarne una piccola
parte, Luigi Pistacchi, e gli affidai il completo
controllo degli affari, libero finalmente di
occuparmi delle mie amate statistiche. La Cigibase,
così l’avevo chiamata dalle mie iniziali, sotto la
gestione di Luigi Pistacchi si espanse e cominciò a
produrre utili. Dopo undici mesi di utili mi trovai
fuori dalla mia creatura, estromesso dalla ditta che
io stesso avevo fondato, che portava le mie iniziali
come nome e continuò a portarle anche quando io
non ne facevo più parte.
Era successo che Luigi Pistacchi mi aveva fatto
firmare (naturalmente io non leggo mai quello che
firmo), quando era entrato nella ditta, un accordo
che prevedeva tra le altre cose una clausola, scritta
in un linguaggio incomprensibile per i comuni
mortali (nel caso io mi fossi preso il disturbo di
leggerla), che gli dava diritto di rilevare, qualora lo
volesse, l’intera quota della ditta, pagandomi un
indennizzo ridicolo anche per il valore che aveva la
ditta quando lui c’era entrato, figuriamoci adesso.
Fu così che io entrai a fare parte di quel 37,5 %
8
Naturalmente del mio elaboratissimo alibi non se ne
parlava, perché proprio quella notte avrei dovuto
procurarmi un alibi?
Uscii dalle statistiche perché tra quelli che
progettano delitti non c’è mai stato un altro tanto
sfortunato da prendersi l’ergastolo per un delitto da
lui progettato, ma da lui non commesso.
Insomma, un solo coglione non è un dato statistico
significativo!
GIOVANNI MERENDA
si spostano a bordo di carretti siciliani e mangiano
cannoli? Ecco: questo di Giuseppe Rizzo è l’esatto
contrario. Senza contare il miglior incipit che io
conosca da “Chiamatemi Ismaele” a oggi:
“La Sicilia non esiste, io lo so perché ci sono
nato”. …..
Le righe precedenti sono il commento di Roberto
Alaymo scrittore e giornalista (Palermo 1959) a cui
ogni tanto rubo un pezzo per proporvelo.
da (TUTTI COLORI DEL GIALLO) opera inedita
QUESTO NON E' UN
ROMANZO
AL GUSTO SICILIA
Secondo romanzo
consecutivo che ho letto
per intero e mi è
piaciuto: praticamente
un record.
Questo si intitola
“Piccola guerra lampo
per radere al suolo la
Sicilia”, lo ha scritto un
giovane, Giuseppe
Rizzo, ed è un petardo piazzato sotto il sedere di un
genere letterario ormai a sé stante.
Eccone qualche riga:
Bullshit, la Sicilia non esiste. Io lo so perché ci
sono nato. Senza offesa, bro’, ma è tutta la sera che
dici cazzate. Gaga, l’alcol gli fa questo effetto: lo fa
diventare una bella persona. O perlomeno, questa è
la sua versione dei fatti. Per tutto il resto del
mondo, ovvero per quella fetta che gli sta intorno
quando ha bevuto un po’ troppo, le cose stanno
diversamente. Di solito si finisce per ascoltarlo
insultare gente che non conosce perché troppo
stupida cretina banale imbecille vestita male,
oppure per vedersi attaccare perché non lo si è
difeso mentre lui progredisce nei suoi insulti contro
quei mischini: in genere rovina le serate.
Ma però questa è una serata che non è bello,
rovinarla. Pupetta da qualche tempo vive a Berlino,
cura progetti per una ong che opera in Africa e uno
suo personale, avere un moccioso da un americano
ricchissimo e bellissimo, per questo ci ha invitato:
Dovete conoscere assolutamente il padre di mio
figli.o
Il genere Romanzo al Gusto di Sicilia.
Qualcuno aveva notato che una cosa sono le
spremute d'arancia e un'altra le "bevande al gusto di
arancia". Lo stesso vale per i romanzi: sui banchi
del supermercato non si trovano mai spremute, ma
solo romanzi al gusto di Sicilia. Avete presente quei
romanzi in cui i protagonisti indossano la coppola,
Lo scrittore catanese Ottavio Cappellani, classe
'69, negli ultimi mesi è stato protagonista di una
sperimentazione tipica della nuova editoria digitale.
Nato su Facebook, infatti, il provocatorio
"Cinquanta sfumature di minchia"
è diventato un e-book di successo.
Quest'originale
parodia del
bestseller-mommy
porn "Cinquanta
sfumature di grigio",
scritta
in uno spassosissimo
siculoitaliano e
ambientata nel
mondo
“sadomaschio” di
Catania, ora esce
anche in versione
cartacea, per
Imprimatur, il nuovo
marchio Aliberti.
Cappellani (che è anche giornalista, drammaturgo e
sceneggiatore), ha esordito nel 2001 con il libro di
filosofia "La morale del cavallo"; nel 2004 ha
pubblicato con Mondadori il suo primo romanzo,
"Chi è Lou Sciortino?", tradotto in oltre trenta Paesi
e inserito nel Reading the World (i quaranta titoli
più significativi tradotti e pubblicati in America
durante l’anno).
Nel 2006 è uscito "Sicilian Tragedi", (da noi
recensito in passato) e nel 2009 è quindi arrivato il
prequel dell'esordio, "Chi ha incastrato Lou
Sciortino?".
Un anno fa, ancora Mondadori ha proposto "L’isola
prigione".
9
UN ESTRATTO DAL LIBRO:
Dalla rivista La Casana,
la bella pubblicazione edita da Banca Carige
«Allora signora... com’è andata il rientro di suo
marito? Ci ha fatto una bella sorpresa? Ma perché
ha quella faccia?»
«Non me ne parli signora, non me ne parli».
«Ma perché? Che è succeduto?»
«Vuole sapere che è succeduto?
E ora ce lo conto.
Allora, come mi ha consigliato lei, c’ho preparato
una bella sorpresa a mio marito che erano sei mesi
che non lo vedevo... sa, con il lavoro che fa ogni
tanto capita...»
«E certo che lo so!
Mio marito non fa lo stesso lavoro?»
«Esatto. Insomma, era un mese che mi preparavo.
Pensa oggi, pensa domani, e che cosa ci faccio, e
che cosa ci preparo... e alla fine mi venne l’ideona!
Me ne ho andata alla libreria e mi ho comprato il
libro, quello lì alla moda, le Cinquanta sfumature
che se ne fanno di tutti i colori... e minchia me lo
sono studiato tutto quanto... ma comunque... mi
sono letta il libro e mi sono fatta venire l’idea...me
ne ho andata a fare shamping in via Etnea e mi ho
comprato tutto l’occorrente per farci la sorpresa...»
«Sì».
«Ca quale sì. Insomma è arrivato finalmente il
giorno, sono andato a prenderlo, me lo sono
portato a casa, e quando che siamo arrivati ci ho
dato il pacco regalo... e ci ho detto:
“Adesso, amore mio, dopo che è tanto tempo che
non lo facciamo, lo facciamo alla moda”,
e ho tirato fuori le manette...
Al che, mio marito, piglia e se n’è andato a dormire
da sua sorella!»
«Maria Maria Maria... Ma suo marito non si era
fatto sei mesi di carcere?»
«Minchia sì...
Mi ero talmente compartecipata nello
sbuttaniamento del libro che non ci ho pensato che
potevo fare la gaffe...»
La gemma che arriva al mare
La gaffe
di Paolo Ibico
L’aria è ancora
intrisa di sale anche
se la mareggiata s’è
chetata da diverse
ore; sulla spiaggia
umida giacciono
sparsi rami secchi e
detriti di origine
umana sino ai
cespugli di oleandro
oltre i quali una
campagna di sassi,
fichi d’india e bassi vigneti intiepidisce sotto il sole
appena sorto.
Sulla battigia un uomo cammina lento a capo chino,
ha in mano un rastrello, si ferma, si china, appoggia
l’attrezzo sulla sabbia e vi traccia segni dal vago
sapore zen. A volte i denti dello strumento
trattengono ciò che paiono piccole pietruzze di
colore bruno; l’uomo le prende fra le dita, le
osserva sorridendo piano, le ripone in tasca, poi
riprende il cammino…
“La terza memoria di singolar pregio che
aggiunger devo, é quella dell’ambra, la qual nelle
marine di Catania é di tanta grandezza che a quella
di un grosso melarancio si agguaglia; molte se ne
ritrovano, ma picciole, dentro le quali sta chiuso e
morto un picciolo animaluccio, o formica, o
zanzara, o mosca, o pulce, o altro simile”.
Pietro Carrera, Memorie historiche della città di Catania, tomo
I, Catania, 1639
Ambra: pietra-non-pietra, gioiello diverso da ogni
altro che non nasce nelle viscere della terra, non è
frutto del lavoro dei nani nel buio delle miniere, ma
esce come Venere dalle onde del mare, bagnata dal
sale e riscaldata dal sole.
Nel pensare comune degli europei questo strano
materiale viene associato al Mar Baltico e alle
nazioni che su di esso si affacciano perché è da lì
che la maggior parte dell’ambra europea proviene,
sia come materia prima grezza sia come oggetti
lavorati.
Viene usata in gioielleria, da sola o con gemme e
pietre preziose, per realizzare orecchini, braccialetti,
anelli, collane o per oggetti d’uso oggidì meno
comune quali bottoni eleganti, impugnature di
bastoni, bocchini per sigarette e cannelli di pipe;
alcuni mastri liutai usavano la polvere d’ambra per
lucidare gli strumenti musicali di pregio.
10
fossile è oggetto di una passione plurimillenaria,
che la rende ricercata e apprezzata come materiale
ornamentale: la si trova nell’antico Egitto e nelle
tombe greche di età egea-micenea (più o meno tra il
1600 e il 1000 a.C.) ma un po’ dappertutto in
Europa questa pseudo-pietra preziosa accompagna
lo svilupparsi della civiltà almeno da 6.000 anni.
È anche un’importante indicatrice dell’esistenza di
vie commerciali internazionali già in epoche
preistoriche o almeno protostoriche: non esiste
ambra in Grecia e la sua presenza nella civiltà
micenea implica che essa veniva commerciata e
viaggiava attraverso il continente dai “giacimenti”
del Nord Europa alla penisola balcanica.
L’etimologia del nome ambra non è certa ma
dovrebbe derivare dall’arabo anbar che indicava la
cosiddetta “ambra grigia”*; ma non è chiaro come il
nome sia passato a indicare la resina fossile.
Gioiello realizzato con ambra del fiume Simeto.
Catania, archivio Gioielleria Fratelli Fecarotta
*L’ambra grigia è una sostanza molto odorosa prodotta
dall’intestino dei capodogli, dove protegge le mucose
intestinali dai resti indigeribili dei molluschi cefalopodi di cui
essi si cibano. Seccata al sole si ammorbidisce e diventa
deliziosamente profumata, grazie soprattutto al suo notevole
contenuto di feromoni. In passato era bruciata perché
sprigionava un odore gradevole simile all’incenso ed ebbe
fama di afrodisiaco potente. Era uno dei prodotti più ricercati
dai cacciatori di balene, come si narra anche nel Moby Dick,
perché è stata per secoli un ingrediente di base nella
preparazione dei profumi. Ormai l’ambra grigia naturale è
molto rara perché il capodoglioè una specie quasi ovunque
protetta; la si ricava dagli animali trovati morti arenati sulle
spiagge, o da blocchi rigurgitati naturalmente di tanto in tanto
che galleggiano sino a essere spinti sulle coste dalle correnti.
Dal punto di vista chimico l’ambra è resina fossile:
questo “succo” viscoso e appiccicoso che esce dalle
ferite dei tronchi delle conifere, quando cade nel
terreno e ne viene coperto, col trascorrere del tempo
si fossilizza - il fenomeno è detto “amberizzazione”
- sino a diventare un corpo solido amorfo, gocce di
materiale traslucido di un colore che a seconda delle
impurezze biologiche e chimiche che contiene varia
dal giallo al rossiccio al bruno fino a raggiungere
rare tonalità di verde o di blu fluorescente.
La trasformazione della resina in ambra è un
processo che ha tempi “geologici” e che avviene
sulla Terra almeno dal periodo Carbonifero (dai 360 ai
299 milioni di anni fa).
Sovente cadendo a terra la resina cattura e ingloba
insetti, piccoli animali o parti di essi, foglie, polline,
semi, frammenti di materiali organici o polveri di
minerali, che vengono come mummificati
conservando in ottime condizioni le loro
caratteristiche anatomiche; ciò permette lo studio
dei caratteri fisici e morfologici degli organismi
fornendo dati di grande importanza per la
comprensione dell’evoluzione biologica.
L’ambra nasce quindi sulla terraferma ma noi
umani che tanto l’apprezziamo, dobbiamo andarla a
cercare sulle coste e sulle spiagge, perché gli alberi
la producono ma i fiumi la portano giù sino al mare
ed esso, con la calma che si conviene a un “antico”
di tal fatta, la getta sulla riva in forma di granuli,
gocce, schegge, quando ne ha voglia, anche dopo
milioni di anni, durante le mareggiate con cui si
libera delle “inutili macerie del suo abisso”.
Che per il mare certamente è una piccola maceria
inutile, ma per i popoli europei questa gemma
Ciò che è certo è che l’ambra ha la proprietà di
elettrizzarsi se viene strofinata e perciò l’elettricità
ha preso il nome proprio dal termine con cui era
indicata dagli antichi greci: , (èlektron).
Numerose tradizioni popolari le attribuiscono poteri
medicamentosi, forse collegandoli alle sue proprietà
elettrostatiche, e alcune fonti citano una favola turca
in cui si affermerebbe che i boccagli in ambra
prevengono le infezioni quando ci si scambia il
narghilè per fumare.
Ambra del Mar Baltico, si diceva... ma non si trova
solo lì, questa bella gemma lucida dai colori caldi.
Nel mondo “al di là delle Colonne d’Ercole” vi
sono depositi significativi in Canada e nel New
Jersey, nel Chiapas messicano e nella Repubblica
Dominicana, in Birmania.
In Europa se ne trova in Romania e un po’ anche in
Italia: giovane (intorno ai 10-15 milioni di anni)
nell’Appennino Emiliano-Romagnolo e un po’ più
agée (tra i 25 e i 35 milioni di anni) in Sicilia,
un’ambra – quella siciliana - di alta qualità,
trasparenza e bellezza. E di corrispondente valore
economico.
11
Il Simeto è il principale fiume dell’isola più grande
delMediterraneo; è il secondo per lunghezza dopo il
fiume Salso, con 113 km di corso, ma è
assolutamente il primo per estensione del bacino
idrografico (4.186 km2 in un’area abitata da oltre
unmilione di persone) e portata d’acqua alla foce
(una media 25m3/s).
Attraversa la provincia di Catania e il suo bacino si
estende anche nelle province di Messina ed Enna.
Le sue sorgenti sono sulle pendici dei monti
Nèbrodi, “polmone verdissimo” della Sicilia nordorientale, e mentre si avvicina al mare Ionio scorre
accanto all’Etna, a muntagna regina del fuoco,
dimora di dei.
È dalle foreste di conifere dei proto-Nebrodi e delle
limitrofe proto-Madonie della proto-Sicilia dell’era
Terziaria (epoche Oligocene e Miocene soprattutto,
intorno ai 20-30 milioni di anni) che l’ambra si è
generata, si è depositata dentro le rocce
sedimentarie di quell’epoca ed è stata durante i
millenni portata giù dall’erosione meteorica e
idrologica sino allo Ionio, per essere da esso
restituita alla terra soprattutto intorno alla foce del
Simeto nei pressi di Catania (da qui deriva il nome
di “simetite” con cui si definisce l’ambra siciliana),
e in alcune spiagge del litorale ibleo, tra le province
di Siracusa e Ragusa, lungo un tratto di costa
chiamato da alcuni proprio “costa dell’ambra”.
Secondo alcuni studiosi, quali l’etnologo polacco
Piotr Szacki, la Sicilia sudorientale può essere
considerata il capolinea meridionale di una “via
dell’ambra” che dalle coste delMar Baltico
raggiunge il Mediterraneo centrale a brevissima
distanza dalle coste del Nordafrica, attraversando
quasi l’intera Europa da nord a sud e quasi l’intera
storia del nostro vecchio e un po’ acciaccato
continente.
Insomma, l’ambra che unisce i popoli europei in
nome della bellezza, un’unione di cui avremmo un
certo bisogno anche in questo scampolo di XXI
secolo governato dal Re Mercato...
vegetali e come questi siano ottime fonti di
informazioni sugli ecosistemi del territorio e
dell’epoca geologica in cui l’ambra si è formata.
A maggior gloria della simetite va detto che nelle
sue “gocce” è stata rinvenuta almeno una nuova
specie animale, la Emeria simetitia, un insetto
scoperto nel 1984 e attribuito alla famiglia dei
Trichogrammatidae.
In realtà l’ambra contiene anche inclusioni liquide e
gassose che forniscono utili notizie anche sul clima
e sulla composizione dell’atmosfera di quelle ere
lontane.
Non solo valore estetico, quindi, per la nostra
resina, ma una grande importanza scientifica.
I raccoglitori di ambra sono paragonabili in un certo
senso ai cercatori di funghi: quando le condizioni
meteorologiche sono idonee si va là dove si sa che è
più probabile trovare ciò che si cerca e si cammina
con calma, osservando attentamente il terreno.
Un’attività della mente e dello spirito, che può
appagare il cercatore anche se torna a casa senza un
bottino, perché prima di essere una forma di
sfruttamento delle risorse naturali a scopo
economico la ricerca – dei funghi come dell’ambra
– è un modo per entrare in comunione con la natura,
per sentirsi parte di un tutto cosmico in cui ciascuno
ha un suo ruolo e un suo spazio, il fungo, la gemma
d’ambra, il cercatore…
I cercatori d’ambra - oggi come un tempo anche se
oggi si fanno sempre più rari – spesso sono
raccoglitori di telline e pescatori di rizzaglio che
vanno esplorando le spiagge e le coste dopo le
mareggiate, aiutandosi con un rastrello che trattiene
l’eventuale pietruzza resinosa presente nella sabbia.
O sono studenti che cercano di ricavare qualche
piccolo guadagno da questa attività plurimillenaria
e solo apparentemente demodé.
La simetite è sempre stata oggetto di appassionato
collezionismo;
di grande magnificenza doveva essere la celebre
collezione del quinto principe di Biscari, Ignazio
Paternò Castello,mecenate e archeologo catanese
(1719-1786), che fu ammirata anche da Goethe
durante uno dei suoi soggiorni siciliani.
Oggi è il Museo di Scienze Naturali di Bologna a
custodire la maggiore collezione di ambra siciliana,
ma raccolte di assoluto valore sono possedute anche
da alcune celebri gioiellerie di Catania e da qualche
collezionista privato; a Catania si trovano pezzi
pregiati anche nel Tesoro di Sant’Agata, che è come
dire nel centro emotivo di quella splendida città
dall’insolita eleganza “nera”, coi suoi palazzi e le
sue chiese barocche edificati con la scura lava
dell’Etna.
Si diceva che caratteristica dell’ambra è la facilità
con cui ingloba e conserva piccoli animali e parti di
12
Su segnalazione dell’amico Renato Cesarò
"Il Melograno"
due testate parrocchiali di Zinola e Cinisi
laddove “ogni chicco del Melograno - spiegano i
giovani - è una persona della famiglia cristiana,
della nostra parrocchia”.
“Il Melograno” savonese nasce nel 2007 come
foglio parrocchiale “per mettere in pratica - spiega
il direttore responsabile, Alessandro Raso - gli
insegnamenti del magistero sulle comunicazioni
sociali, valorizzando quei talenti che si trovano in
ogni parrocchia”, e “raccontare il bello che c’è nella
vita dei credenti”.
Alla base, le sollecitazioni giunte da un laboratorio
sulla comunicazione del Copercom (Coordinamento
associazioni per la comunicazione), “dopo il quale
siamo tornati nelle nostre diocesi con il mandato di
realizzare un’iniziativa per trasmettere i valori del
Vangelo
sfruttando
gli
strumenti
della
comunicazione”. Il giornale di Savona “per sua
natura - precisa Raso - è espressione dell’intera
parrocchia: bambini, giovani, adulti e anziani”.
Ciascuno dà il suo contributo e i giovani, in
particolare, curano un inserto mensile di
approfondimento, “Sos”, “ciambella di salvataggio
culturale - così si presenta il supplemento - per
‘salvarsi dall’ovvio’”. Per evitare personalismi e
“consegnarla al parroco come ‘strumento’ della
comunità parrocchiale”, nel 2011 la testata è stata
registrata in Tribunale divenendo un mensile a tutti
gli effetti. Obiettivo di fondo è “realizzare una
pastorale delle comunicazioni, ovvero fare un passo
avanti nella catechesi usando stimoli e strumenti
nuovi”.
…al Sud. Analoga la genesi de “Il Melograno” di
Cinisi, nato nel 1992 come bollettino parrocchiale,
ma che solo dal 2009 ha l’attuale formulazione, con
una periodicità mensile e una redazione che ora è
composta da 13 ragazzi e ragazze tra i 16 e i 25
anni. Nelle sue pagine “si alternano cronaca e
opinioni - racconta il responsabile, il 25enne Davide
Serughetti, che in diocesi è pure vicepresidente
giovani dell’Azione cattolica - con un’attenzione
particolare alla vita parrocchiale, della diocesi, ma
pure alla Chiesa universale”. Tra i giovani della
redazione si respira “la passione per comunicare il
Vangelo grazie anche ai linguaggi della
comunicazione”, per raggiungere “tutta la comunità
parrocchiale” ma anche “quanti sono più lontani
dalla Chiesa”.
“Il nostro - sottolinea Serughetti - si pone come un
progetto pilota all’interno delle comunicazioni
sociali della diocesi, con l’obiettivo di coinvolgere
nuovi siti web e giornali parrocchiali per costruire
una pastorale delle comunicazioni sociali”.
Crescendo insieme, come giovani impegnati ad
“annunciare la vita buona del Vangelo”.
Crescere insieme con la passione per comunicare il
Vangelo. È quanto accomuna le redazioni de “Il
Melograno” di Zinola (parrocchia Santo Spirito e
Concezione, diocesi di Savona) e del suo omonimo
di Cinisi (parrocchia Ecce homo, diocesi di
Monreale), due giornali parrocchiali che uniscono
all’informazione la formazione e l’educazione dei
giovani impegnati attivamente nella loro
realizzazione.
Dal 2009 i “due Melograni”
realizzano un percorso comune - con appuntamenti
periodici tra il capoluogo ligure e la località
siciliana e le tappe del gemellaggio vedono cinque
giorni scanditi da incontri, attività laboratoriali,
condivisione degli impegni parrocchiali e pure di un
significativo appuntamento diocesano.
All’insegna della legalità.
Nei gemellaggi i giovani non solo approfondiscono
la conoscenza reciproca, ma trovano nuovi motivi
di stimolo per il loro impegno.
Filo conduttore è stato la testimonianza di quanti
hanno fatto della lotta alla mafia una ragione di vita.
Come padre Pino Puglisi, ucciso il 15 settembre
1993 a Brancaccio, quartiere degradato di Palermo
nel quale prestava il suo servizio pastorale accanto
ai giovani, per contrastare con la forza del Vangelo
la virulenza della mafia. L’incontro è stato con i
responsabili dell’associazione che porta il nome del
sacerdote martire, ma soprattutto con l’attuale
parroco di Brancaccio, don Maurizio Francoforte,
nelle cui parole e nella cui persona “si respira l’aria
di don Pino”.
Ancora, la “Casa della memoria Peppino
Impastato”, che porta avanti il ricordo del fondatore
di “Radio Aut”, colui che ebbe il coraggio di
denunciare la mafia pur abitando solo a “cento
passi” dalla casa del boss, Tano Badalamenti.
Qui l’incontro, ripetuto più volte nelle visite
siciliane della redazione savonese, con Giovanni
Impastato, fratello di Peppino.
Conoscenza di una “redazione a conduzione
familiare” che ha come “missione” il contrasto alla
criminalità organizzata e al tempo stesso laboratorio
giornalistico è stata, inoltre, la visita a “Tele Jato”,
la tv rilevata nel 1999 da Pino Maniaci, che assieme
ai figli giorno dopo giorno “denuncia” le malefatte
locali, incurante di minacce e attentati.
Non sono incoscienti, “la paura c’è - ammette
Gianni Maniaci, figlio di Pino, davanti ai giovani ma la forza e il coraggio ci vengono da voi e da
tutte le persone che ci sostengono”.
Alle origini dei Melograni: dal Nord… Fra le
caratteristiche comuni delle due testate vi è il nome,
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Ah!, si deve fare l'amore tutti i giorni, però senza
cadere nella routine: bisogna essere innovatori,
creativi,
e
rinnovare
la
seduzione.
Bisogna anche avere il tempo di spazzare per
terra, lavare i piatti, i panni, e non parliamo se
hai un cane o . . . . dei FIGLI ???
Insomma, per farla breve, i conti danno 29 ore
al giorno.
L'unica possibilità che mi viene in mente è fare
varie cose contemporaneamente: per esempio: ti
fai la doccia con acqua fredda e con la bocca
aperta così ti bevi i due litri d'acqua.
Mentre esci dal bagno con lo spazzolino in bocca
fai l'amore (tantrico) col compagno/a che nel
frattempo guarda la tele e ti racconta, mentre tu
lavi per terra.
Ti è rimasta una mano libera?
Chiama i tuoi amici !
E i tuoi genitori.
Bevi il vino (dopo aver chiamato i tuoi ne avrai
bisogno).
Il BioPuritas con la mela te lo può dare il tuo
compagno/a, mentre si mangia la banana con
l'Actimel, e domani fate cambio.
Però se ti rimangono due minuti liberi, invia
questo messaggio ai tuoi Amici (che bisogna
innaffiare come una pianta).
Adesso ti lascio, perché tra lo yogurt, la mela, la
birra, il primo litro d'acqua e il terzo pasto con
fibra della giornata, già non so più cosa sto
facendo ... però devo andare urgentemente al bagno.
E ne approfitto per lavarmi i denti . . . . .
Ritmi moderni
Dicono che tutti i giorni dobbiamo mangiare una
mela per il ferro e una banana per il potassio.
Anche un'arancia per la vitamina C e una tazza
di the verde senza zucchero per prevenire il
diabete.
Tutti i giorni dobbiamo bere due litri d'acqua
(sì, e poi pisciarli, che richiede il doppio del
tempo che hai perso per berli).
Tutti i giorni bisogna bere un Actimel o
mangiare uno yogurt per avere gli 'L.Casei
Defensis', che nessuno sa bene che cosa cavolo
sono però sembra che se non ti ingoi per lo
meno un milione e mezzo di questi bacilli (?) tutti
i giorni inizi a vedere sfocato.
Ogni giorno un'aspirina per prevenire l'infarto, e
un bicchiere di Vino rosso, sempre contro l'infarto
ed un altro di bianco, per il sistema nervoso, ed
uno di birra, che già non mi ricordo per che cosa
era.
Se li bevi tutti insieme, ti può dare un'emorragia
cerebrale, però non ti preoccupare, perché non te
ne renderai neanche conto.
Tutti i giorni bisogna mangiare fibra.
Molta, moltissima fibra, finché riesci a defecare
un maglione.
Si devono fare tra i 4 e i 6 pasti quotidiani,
leggeri, senza dimenticare di masticare 100 volte
ogni boccone.
Facendo i calcoli, solo per mangiare se ne vanno
5 ore.
Ah, e dopo ogni pasto bisogna lavarsi i denti,
ossia dopo l'Actimel e la fibra lavati i denti,
dopo la mela i denti, dopo la banana i denti . . . e
così via finché ti rimangono 3 denti in bocca,
senza dimenticarti di usare il filo interdentale,
massaggiare le gengive, il risciacquo con Listerine .
Bisogna dormire otto ore e lavorare altre otto,
più le 5 necessarie per mangiare, = 21.
Te ne rimangono 3, sempre che non ci sia
traffico.
Secondo le statistiche, vediamo la tele per tre
ore al giorno.
Già, non si può, perché tutti i giorni bisogna
camminare almeno mezz'ora
(attenzione: dopo 15 minuti torna indietro, se no la
mezz'ora diventa una ).
Bisogna mantenere le amicizie perché sono come
le piante, bisogna innaffiarle tutti i giorni.
E anche quando vai in vacanza, suppongo.
Inoltre, bisogna tenersi informati, e leggere per lo
meno due giornali e un paio di articoli di rivista,
per una lettura critica.
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massima apertura alle idee nel rispetto
dell’impegno di altri in questi settori.
Diamo così spazio agli artisti associati siano
giovani promesse, ovvero personalità più
conclamate, al pari dei creativi con la “penna”,
progettando
mostre
antologiche
e
personali,laddove troviamo spazi espositivi
acconci, mancando purtroppo diuna nostra sede
autonoma, sicché necessita inventare, di volta in
volta, i “luoghi” d’incontro, dalla presentazione di
libri allo svolgimento di conferenze.
Abbiamo aperto, a Savona, con gran volontà e
fatica, la Collezione d’Arte Sacra Contemporanea
“Santa Rossello”, unica struttura del genere ad
avere un catalogo tradotto in codice braille, al fine
di presentare nel migliore dei modi la “modernità”
dell’operare di una Donna del Risorgimento
Italiano, una Santa tra l’altro proclamata “Patrona
dei figuli e dei ceramisti liguri”.
Grand’attenzione alla nostra storia, alle radici di
questa Comunità per offrire spazi d’innovazione
per un turismo culturale sempre diverso e
scientificamente meglio radicato. Alimentiamo
viaggi culturali in Italia, al fine di osservare spazi
espositivi con grandi rassegne, architetture, chiese
e palazzi, recependo
il pensiero di Sant’Agostino: “Il Mondo è un libro e
quelli che non viaggiano ne leggono solo una
pagina”. Ogni anno consegniamo il “Premio Renzo
Aiolfi” ad una personalità savonese, o di zone
limitrofe, distintasi nel settore culturale, premiando
nel passato: il pittore Gigi Caldanzano, la pittrice
Renata Minuto, il giornalista Ivo Pastorino, i
Fratelli Sabatelli per l’editoria, il Prof. Giuseppe
Gallea e il Premio Peagna di Ceriale, il Com. Lelio
Speranza presidente del Coni provinciale, l’AIAS di
Savona per la disabilità, il critico Silvio Riolfo
Marengo, la soprano Linda Campanella.
Quest’anno la scelta è caduta sulla vocal coach e
woman jazz Danila Satragno, diversificando
ancora, in tal modo, la nostra attenzione al mondo
della musica.
Nondimeno, per il futuro, la promessa è di un
maggiore
impegno,
individuando
nuove
progettualità, allargando il terreno d’incontro,
ritenendo che la cultura, l’istruzione rappresentino
un terreno utile, fertile per rendere l’uomo etico,
affermando “vecchi” principi quali la eticità, la
verità, la trasparenza, la competenza, la
solidarietà, la condivisione di obiettivi, il rispetto.
Decisi a operare, ma anche in attesa di nuovi
associati: l’unica nostra vera fonte di risorse, di
stimoli, di motivazioni. Grazie a tutti coloro che, in
questi primi dieci anni d’impegno volontaristico, ci
hanno seguito con affetto e stima.
L’Associazione
Culturale e del
Paesaggio
“Renzo Aiolfi”
compie
dieci anni.
Nel formulare i
migliori Auguri
ad una
Associazione
amica del nostro
Sodalizio, con cui
abbiamo
collaborato in
passato e
intendiamo ancor
maggiormente
collaborare in futuro, riportiamo uno stralcio delle
parole della sua Presidente D.ssa Silvia Bottaro.
Siamo nati come Associazione “Renzo Aiolfi” no
profit di Savona sulle tracce di una precedente
apertura: la Delegazione provinciale del Fai di
Savona, da me avviata con alcuni amici, tra cui
Giuseppe Robatto, Giovanna Rovere e altri, per
cercare con l’iniziativa di presentare l’arte del
nostro territorio.
Sette i soci fondatori che desidero ricordare e
ringraziare per la loro sensibilità: Roberto
Debenedetti, Ivana Marabotto, Franco Marabotto,
Emma Lerda Coriando, Ferdinando Molteni,
Giovanna Rovere, Giuseppe Robatto, oltre a chi
scrive, con la volontà di fare cultura,
concretizzando progetti per Savona e la sua
provincia. Un primo successo: l’adesione all’Aiolfi
di oltre seicento soci.
Nel nostro atto costitutivo sono ben chiari gli
intendimenti che hanno mosso questa scommessa:
massima apertura a tutti, l’apoliticità e
l’aconfessionalità, il rispetto per la disabilità
(attualmente siamo “gemellati” con l’Aias di
Savona), nell’obiettivo di esporre il nostro lavoro
con semplicità, sia pure con rigore artistico in
materia di cultura, iniziando dall’arte, dalla storia,
dal paesaggio, dando al Volontariato sostanza e
visibilità. Sicché il nostro motto potrebbe
configurarsi in una frase di Hans G. Gadamer:
“La cultura è l’unico bene dell’ Umanità che,
diviso fra tutti, anziché diminuire
diventa più grande”.
Nel convincimento che “Il verbo leggere non
sopporta l’imperativo” (G.Rodari), offriamo la
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APPUNTAMENTI DA NON PERDERE
14 giugno ore 20
GIUGNO MUSICALE 2013
A VILLA CAMBIASO
by Pio Vintera & Giusto Franco
Agape Estiva Sociale
(insomma si mangia)
CIRCOLO CRAL ARTISI
Salita S. Giacomo 9-Savona
Venerdì 7
GIUSTO FRANCO TRIO/ Classic Jazz
GIUSTO FRANCO piano
FRANCESCO BARONE contrabbasso
MARCO CANAVESE batteria
Venerdì 14
EUGENIO de LUCA classic piano
Venerdì 21
ALESSANDRO MARTIRE piano/composer
GIUSTO FRANCO piano/soundtracks
Venerdì 28
GIUSTO FRANCO TRIO/Hits Jazz
GIUSTO FRANCO piano
FRANCESCO BARONE contrabbasso
MARCO CANAVESE batteria
guests: ROBERTO STUFFO sax
ROBERTO OLIVIERI guitar
Prenotiamoci per tempo telefonando a
Enzo Motta 339 6586248
o a Mario Di Nicolao 349 5939652
Emanuela Ersilia Abbadessa autrice di “Capo
Scirocco” è finalista al premio Rapallo Carige
che verrà assegnato a Villa Porticciolo Rapallo
Venerdi 28 Giugno ore 17
sabato 15 giugno alle ore 18.00
Gemma Trevisani, junior editor per Rizzoli
commenta così la fortuna del romanzo:
«Credo che la forza di Capo Scirocco stia anche nel
suo essere inattuale. È un romanzo che non rispetta
nessuno dei codici del romanzo contemporaneo; è
una storia d’amore e sentimenti che si colloca nel
solco di una lunga tradizione».
E aggiunge «Penso che le scrittrici siciliane
sappiano raccontare la famiglia, la passione e il
rapporto con la terra come oggi in pochi riescono a
fare» Chias, Rizzo e la Abbadessa hanno in comune
il fatto di guardare la Sicilia da lontano, da Milano,
da Roma, da Savona.
Una Sicilia traslata altrove, dove si trova quel
fervore creativo alimentato dalle forze del contrasto.
Presso l’Oratorio di Albisola Superiore il
Circolo”Renzo Aiolfi” e il Sodalizio “Pirandello”
in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del
Comune di Albisola Superiore patrocinano il
conferimento del premio
“PINO CIRONE”
allo scultore
Giorgio Oikonomoy
Emanuela nel frattempo è stata intervistata
da Piero Dorfles al Salone del libro di
Torino ed è fra i finalisti del Premio
"Alassio 100 Libri - Un Autore per
l'Europa".
Seguirà concerto di pianoforte del Maestro
Aurelio Canonici
Santuzzo
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