Sodalizio Siculo Savonese
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Sodalizio Siculo Savonese
2013 numero 6 giugno Email: [email protected] Picciotti carissimi,vasamu li mani. (Non domandare o Leuconoe, non è lecito saperlo, qual termine della vita gli dei abbiano assegnato a me e a te.. Cogli l’attimo che fugge fidando il meno possibile a l’avvenire ) e l’ode VIII del secondo libro, dove Orazio ci presenta l’indimenticabile figura di Barine che è “ troppo bella, è un pericolo pubblico: passa per le vie e suscita incendi, trepidano per sua cagione padri, madri, giovani spose, fidanzate..”. Gugliemino è autore di tanti altri studi dedicati al mondo classico e anche alla letteratura italiana contemporanea. Citiamo, tra i più noti, Arte e artifizio nel dramma greco, La parodia nella commedia greca antica , Poeti della commedia attica greca, Il teatro di Ibsen, Preconcetti teorici erealismo in Platone, Il nucleo lirico della poesia di Mario Rapisardi.. Si tratta di saggi di notevole valore che, ancora oggi, possono fornire preziose riflessioni. Ma Francesco Guglielmino non è soltanto un appassionato e vivace studioso del mondo classico. Egli è anche poeta delicatissimo e misurato, autore di uno dei più validi e fortunati libri di poesia dialettale del Novecento: Ciuri di strata . A questo volume, più volte ristampato, hanno dedicato notevole attenzione illustri studiosi e scrittori, fra cui ricordiamo Federico de Roberto, Vitaliano Brancati e Leonardo Sciascia. E, grazie a questo “ gioiello” della poesia dialettale, Francesco Guglielmino è uscito dall’ambito degli studiosi del mondo classico ed è diventato familiare ad un pubblico numeroso ed entusiasta. Il titolo della raccolta fa riferimento ai ciuri di strata che nascono ammenzu di li petri e li rivetti sutta l’irvuzza tennira ammucchiati unni cu l’api runzunu l’insetti. Con questi versi il poeta ci vuol dire chiaramente che le sue poesie sono umili e semplici come i ciuriddi che spesso vengono calpestati senza essere mancu guardati. E i temi che vengono affrontati sono vari e in tante poesie si avverte la nostalgia del tempo che passa velocemente e un forte pessimismo. Il lettore smaliziato potrà magari sentire, qua e là, l’eco degli amati poeti greci e di Mimnermo, forse, 5 x mille 2013 Cari Soci e Amici del “Pirandello”, il nostro Sodalizio, iscritto al Registro Regionale delle Associazioni di Promozione Sociale, ha bisogno del Vostro sostegno e tutti possiamo contribuire a dare una mano. Pertanto Vi invitiamo caldamente ad indicare e a consigliare agli amici, quale soggetto beneficiario del 5 x mille il “Sodalizio Siculo Savonese “L.Pirandello” Codice fiscale 92011570097 Tale intervento, che ricordiamo essere del tutto gratuito, contribuirà a mantenere sempre viva e vitale la nostra attività. Un Grazie anticipato a tutti. Forse perché era il cognome di mia madre mi piace ricordare Francesco Guglielmino Francesco Guglielmino era un uomo cui piaceva vivere, stare tra la gente, guardare, scrutare, pensare e leggere. Con queste parole Leonardo Sciascia ci presenta l’autore di Ciuri di strada, nato ad Acicatena nel marzo del 1872, che dedicò la sua vita allo studio, all’insegnamento, agli amici e ai discepoli. Per molti anni, infatti, insegnò Latino e Greco nel liceo classico “Spedalieri” di Catania e Letteratura Greca all’università. Fu professore anche all’istituto “San Michele” e pubblicò un interessante saggio, letto per la solenne inaugurazione dell’anno scolastico 1934-35, sui “Motivi lirici oraziani”. A distanza di tanti anni questo saggio si legge ancora con gusto e profitto perché lo studioso ha lumeggiato con parole chiare ed efficaci “l’epicureismo malinconico ed il mirabile equilibrio del poeta venosino, equilibrio che, prima di tradursi in armonia di immagini e di ritmi, è già un equilibrio interiore di pensieri, di sentimenti, di aspirazioni”. Tra le cose “più belle e squisite” di Orazio, Guglielmino indica “l’odicina” XI del primo libro 1 in particolare modo, soprattutto quando si parla della dolorosa vecchiaia. Leggendo Li vecchi di l’asilu, Cungedu e altri componimenti non si può non ricordare la famosa elegia del poeta di Colofone, che ci presenta una melanconica riflessione sulla sorte dell’uomo soggetto ad una inevitabile legge di decadenza e di morte (la traduzione è di Salvatore Quasimodo): Queste parole di Brancati ci sembrano le più efficaci per ricordare un grande protagonista della cultura siciliana del Novecento, che ha insegnato a tanti giovani ad amare le cose belle e ad essere uomini completi. Ciuri di strata ‘N campagna, cantu cantu di li strati, ammenzu di li petri e li rivetti, sutta l’irvuzza tennira ammucciati Quale vita, che dolcezza senza Afrodite d’oro? ...... Quando viene la dolorosa vecchiaia che rende l’uomo bello simile al brutto, sempre nella mente lo consumano malvagi pensieri; né più s’allieta guardando la luce del sole; ma è odioso ai fanciulli e sprezzato dalle donne: tanto grave Zeus volle la vecchiaia. unni cu l’api runzunu l’insetti, ci sunu di ciuriddi in quantitati ca spissu ‘n coddu lu pedi ci metti, ciuriddi ca non su’ mancu guardati, ciuri ca si li cogghi poi li jetti. Aduri non ci nn’è, non si nni senti, oppure è troppu forti e pizzicanti e non è fattu pri lu vostru nasu; e iu ca l’hè ricotu certamenti vi paru ‘na tistazza stravaganti, a quantu m’haiu fattu pirsuasu. Però è da dire subito che mai il verso di Guglielmino è appesantito da riferimenti eruditi. E’ certamente vero, come ha scritto Pasolini, che sotto il siciliano di Guglielmino scorre una lingua classica; ma il canto del poeta, in definitiva, è semplice e misurato. Il pessimismo del poeta, inoltre, è in tanta parte da collegare alla scomparsa del giovane figlio, come risulta in maniera assai evidente in : C’è sempri ‘na nuvola ‘n funnu…. Ora macari si chiaru è lu celu pri mia d’attornu c’è sempri fruscia, su tuttu stenni ‘na negghia lu velu, tuttu mi pari chiù vecchiu di mia. Ma oltre al pessimismo e alla “malinconia crepuscolare” di cui parla il critico Giuseppe Savoca, nella produzione del Guglielmino ci sono anche momenti di gioia (Unni camini tu...; A la Sicilia mia Sittemmiru.. e di forte e profonda religiosità (O crisiuddi..;Stidduzzi di lu celu). E non mancano inoltre poesie in cui vengono ricordati amici e poeti, segnate da un’autentica e sentita esperienza di amicizia e di stima. Di Guglielmino, che morì a Catania nel 1956, ci resta il ricordo di un discepolo d’eccezione, Vitaliano Brancati, (con lui nella foto) il quale parlando degli amici siciliani così scrive: “C’è anche un vecchio professore, poeta vernacolo, privo di capelli, sempre con l’orecchio sinistro in avanti per sentire dal filo di udito che solo gli resta da quella parte, e tuttavia così amabile e ricco di pensieri. Egli per primo mi parlò della Grecia in greco, in un’aula luccicante del sole di Sicilia. Educato dalla Cortesia, dalla Poesia, dal Rispetto per gli altri, dalla Serenità di giudizio, egli parla la più saggia e umana lingua che si sia mai parlata..”. Cungedu Cantai, comu ’n’aceddu ’n primavera ca è chinu d’amuri e d’alligrizza, e a la campagna fà la sò prijera o arrenni cu lu cantu ’na carizza; ddu tempu ora passò; tannu non c’era né scunfortu pri mia né scuntintizza, ma ora manca l’ogghiu a la lumera ora la vela è rutta e non s’addrizza. E comu l’acidduzzu a lu tramuntu si cogghi la tistuzza sutta l’ala o sia pri sonnu, o pri malincunia, iu puru m’arrizzettu e fazzu puntu; lu mè jornu finiu, l’ummira cala e annegghia tutta la mè fantasia. 2 Continua a firma di Riki Ragusa S.Elisabetta, spacciando il pizzino fiscale per un autorizzazione della Questura a riesumare il cadavere del fù 'Zi Luigi Lo Bello. Il capusantaro che non sapia ne leggiri ne diri di no ad una persona seria ed istruita come Peppinello Caruana, li fece accomodare concedendo loro anchi l’onuri del caffè appena fatto. I tre cumpari purtarono eccellentemente a termine il mandato mai ricevuto dal Sig.Questioni di Girgenti, che della facenna era completamenti all.oscuru..come di tante altre cose. Arrivò il 17 marzo del 1996 e Peppinello Caruana truvò sotto la porta dello Studio ligale, una lettera speditagli dal –Texas Genetic Research- di Palermo; si dava comunicazione che sulla base dei referti analizzati di fù Fofò Camarrone Pirocotto e del Sig.Tanino Scassato, risultava scientificamente impossibile che i due fossero rispettivamente padre e figlio, il tutto corredato di vaglia postale con accredito per la prestazione effettuata da effettuare presso qualsiasi ufficio delle Poste Italiane pari a lire centoquarantanovemila. A questo punto l'avvocato Caruana volle giocare la briscola e si passò il piaciri ,di spedire al -Texas Genetic Research- di Palermo , le due provette di sangue avute abusivamente dalla Dottoressa Anna Passalacqua, con i campioni di tessuto prelevati dalla riesumazione della salma di 'Zi Luigi Lo Bello anzi tempore , chiedendo di verificare se tra i fratelli Camarroni Pirocotto esisteva un legame di parentela con il fù Luigi Lo Bello. Intanto per Peppino, il processo impiantato da Rosa Trivvoti non stava più nè in cielo nè in terra. Non sarebbe più stata la legge a dover dire se il figlio di Rosa Trivvoti, Tanino Scossato, fosse figlio naturale della bonarma Fofò Camarrone Pirocotto;ci pinsò pi direttissima la scienza con tutti i sentimenti a dare la risposta unica e risolutiva alla questioni. Dunque, quella di Tanino Scassato e rosa Tri Voti era matematicamente causa persa. A distanza di una settimana e dintra la casella delle lettere, Peppinello Caruana truvò un avutra lettera proveniente dal Consolato Italiano di New York che arriportava queste parole: " Scusandoci per i disguidi e i lunghi tempi tecnici d'attesa, via ufficio competente, inviamo il presente stato patrimoniale riguardante Mr Fofò Camarrone Pirocotto ,vista Vs. richiesta in quanto, dato rilevante per sue indagini e considerato che la posizione patrimoniale di Mr Fofò Camarrone Pirocotto esula dalle informazioni riservate di competenza della C.I.A.” comunichiamo che: L'ammontare dei beni di Cola Camarrone Pirocotto è pari a un milione di dollari contanti IL COMMERCIO DELLE CHIACCHIERE Sesta puntata Il jorno appresso alle dieci in puntu gli squillò il telefono: <<..studio legale Caruana come posso esserle utile?>> esclamò Peppinello con voce di unu appena friscu di lettu, <<Peppì Anna sono…chiffà potresti passare per quelle cose che mi hai chiesto visto che sono già pronte? perché stasera ho un appuntamento di lavoro a cui non posso mancare....vienimi a trovare all’ospedale che....>> non fece in tempo a risponderle di si , e Peppinello già currìa sulla sua cinquecento spingendo l'acceleratore a manetta in direzione S.Citrolo di Girgenti dove la Dottoressa Anna Passalacqua stava ad attenderlo. Una volta entrato dintra l'ospedale con la machina che fumiava dal cofano di darrè per l’imprevista cursa, si diresse tirato verso il reparto trasfusioni. Comparve di strasatto la bellissima Anna Passalacqua che aspettava vicino la porta d'ingresso del reparto, la quale gli andò incontro tenendo qualcosa in mano; vedendo il finestrino dell'auto completamente sbarracato all'uso di Peppinello, la stissa, infilò la mano dintra lo spazio e lasciò cadere le due provette di sangue sul sedile posteriore della vettura; po’ proseguì a passo spigliato verso il bar dell'ospedale senza rivolgergli minimamente la parola, come se non si fossero mai canusciuti. Diciamolo pure: un travaglio veramente impeccabile da agente 007, dinanzi a cui ci si poteva solamenti scappellare. Per purtari a termine l'opera, a Peppinello occorreva bypassare un altro iter al quale sarebbe certamente potuto arrivare per vie legali, ma che certo avrebbe cumminato un polverone accussì enorme da costringere alla latitanza diverse persone nel mirino delle indagini epperciò di attuare una strategia alternativa. Nel mese di Dicembre del 1995 al camposanto di Fifidali, Peppinello Caruana improvvisò assieme a due suoi amici di Porto Empedocle, un infermiere, che faceva di nome Tonino Lo Presti ed un titolare di agenzia funebre di nome Rosario Sisusi, una farsa eclatante che se andava a minchia, gli avrebbe assicurato il carcere eterno alla banda dei: “Dottori per un dì.” Presentatisi dinanzi al capusantaro Orlandino Zirrico, che come titolo di studio avea la quarta elementari conseguita come candidato privatista, l’avvucato gli mostrò una fattura commerciale elencante del materiale edile accattato a 3 depositati presso la American Central Bank di New York, il cui vincolo di deposito bancario risulta essere decaduto da dodici mesi ." Totò Kriminal Tanko non aveva raccontato minchiate. Adesso molte cose arrisultarono chiare agli occhi del legale; epperciò ..venne il tempo di accuminciare a fare bonu i santi cunti a tavolino. Il venticinque di Aprile dello stesso anno, nella caserma dei carabinieri di Fifidali il cumannande Enzuccio Montaperto assieme alla truppa, si stava priparando, per la cerimonia di ricorrenza della liberazione d'Italia che si svurgìa al chiano Progresso, piazza ubicata all'interno del paisi, ove c'erano prisenti le massime autorità locali e più esattamente: l' arciprete, il sinnaco il capo dei vigili urbani ed ex combattenti partigiani miracolosamente turnati dalla guerra. Quella che sarebbe dovuta essere una matinata di routine per Enzuccio Montaperto si trasformò presto in un burdellu catastroficu. A Peppinello Caruana bono gli parse; quel giorno ebbe la trovata di telefonare in caserma con una delle sue sparate fora loco, cu tempi e modi che l'avvocato solo aveva nel rivolgersi alla gente; fici il nummaro di tilefonu e attaccò l’opira: <<Pronto….qui Comando Stazione di Fifidali con chi parlo?>> rispose dall.altro capo del filo, una voce pimpante e sicura di sé! <<sono l'avvocato Peppinello Caruana.. che c'è il cumannande Montapero in caserma ? …picchì avevo bisognu di parlare con lui direttamenti và.>> <<Ah avvocato lei è…buon giorno! >> ribatte l'appuntato Giacomelli, che fu chiddru che purtroppo, prese in mano pì primo la cornetta ; <<il cumannande nun c’è, si trova alla cerimonia della liberazioni della Patria assieme a tutte le autorità; se addesidera parlari con lui dovesse telefonare nel pommeriggiu che lo angaglia di certu....capì?>> <<sentimi beddu mio …forse non mi spiegai bene….; io vogliu che Enzuccio Montapertu sia nel mio studio alle deci in puntu di stà matina …e digli puru di portare seco due sbirri belli trunzuti picchì pensu che ci sarà d'attaccari in manette un omicida assieme ai suoi complici…passu e chiudo!>> Peppinello riattaccò sbattendo la cornetta ,senza concessione alcuna di tempo, per l'appuntato Giacomelli, che mischino avrebbe potuto dare nà risposta sensata alla questioni tilefonica. <<Oh San Caloriu di Naru! mi consumai ! >> principiò l'appuntato, << come faccio adesso a rintracciare il maresciallo Montaperto ? ..pozzu sulu chiudiri a caserma e andare a circarlo per i strati du paisi? ma poi...poi… chiddu mi disse chiaramenti che oggi non volia rutti i cugliuna picchì… finuta la cirimonia, deve andare a mangiare da sua socera che gli cucinò per l'occasioni ù cunigliu flambè.>> La mente di Giacomelli si intasò in manera che sentì il bisogno di sedersi di botto sulla seggia, cercando di capire chi minchia di pesce pigliare in quella circostanza. In caserma ai tempi, travagliava 'Ziu Giuannino Milliliri comu addetto alle pulizie. Quel jorno 'Zì Giuannino concordò con il comandante Montaperto che le ore delle pulizie presso gli uffici del comando , si sarebbero svolte solamenti la matina picchì, anche Giuannino per la ricorrenza della liberazioni d'Italia, venne invitato a pranzo nella robba di campagna al Vanchiteddu (zona limitrofa al paese) da suo cugino Linuzzo Vella. << Sentimi Giovannino….>> attaccò l'appuntato Giacomelli, << non è che tu potresti sorvegliare da solo ,per deci minuti precisi, la caserma, senza cumminare catunii intendiamoci..! Picchì capitò una mergenza e devo comunicarla sobito al maresciallo Montaperto ..che ne dici mù fai stu favore?>> <<Va bene come dice vossia appuntà, ma mi raccumannu ......! Non perdisse tanto tempu pecchè oggi sogno invitato ad una schiticchiata e non volisse mancari ….con tutto rispettu per l'Arma dei Carrabunieri, se no chiuiu , mi ni vaiu, e lassu a tutti fora!>> <<Appostu nun ti preoccupari,grazie Giovannì! > L'appuntato , fece le scale del Comando, montò sulla camionetta d'ordinanza e si diresse alla ricerca del maresciallo Montaperto. Girato l'angolo che purtava da via Roma alla chiazza, con la marmitta fumante di niuru, l'appuntato Giacomelli, disegnò sulla facciata appena finuta del cinema PARADISE ,un Picasso di inestimabile valore e dopo un difficile iter in opposto senso di marcia, l'appuntato vitti e sbitti da lontano la lucerna del suo cumannande emanare riflessi da tutte le parti . Lo aveva truvato. Sistemò di prescia e come meglio potè la machina e fici una corsa verso il maresciallo Enzuccio Montaperto, già da un bel pezzo siddriato, di sentire la predica di patre Di Caro che nel suo discurso implicitamente, lanciava frecciate al sinnaco di Fifidali, il quale tra le tante mancanze negli anni di amministrazione comunale rigorosamente di sinistra, non era mai arrinisciuto a trovare i piccioli bastevoli per asfaltare il 4 davanzale della chiesa matrice dove i fideli sistematicamente sfasciavano lo zzoccolo delle scarpe rinviando spesso di godersi la missa. Giacomelli arrivo in piazza cercando in mezzo alla fuddra di genti ,di avvicinarsi al cumannande. <<Brigadiere Lo Torto! >> esclamò il maresciallo Montaperto rivolgendosi ad uno dei sui uomini misi di picchetto, fermu e risoluto come una rocca firrigna; << lo spiegastivu all'appuntato Giacomelli prima di nesciri e venire quà, che la caserma luogo sacro è ! e che da lì si trasi e si nesci solo quando lo dico io o no?>> il brigadiere, sicurissimo che il sole caldo accuminciava novamenti a fari sentire il suo effetto sulla testa del Montaperto , non vedendo la scena dell'appuntato Giacomelli alle prese con una interminabile corsa verso il suo cumannande, preferì non arrispondere alla dumanna del Maresciallo Montaperto, comportandosi giustamente ,come da cerimuniale; e facendo la sua parte di picchettaro si ni stetti mutu in silenziu. Montaperto stava quasi per santiare davanti all’arciprete. Se Diu nì scanzi, Giacomelli non avesse avuto una bona ragione per mettere in quel mumentu un subbuglio generali, gli avrebbe certamente fracassato il pedi mancino prima, mandandolo qualche mese all'ospitali militare; doppo gli avrebbe fatto cangiare travaglio, raccumannannolo di persona per la legione straniera. <<Comandi maresciallo Montaperto! io…io.io>> << comandi una benamata minchia …appuntato Giacomelli….che cosa è successo di accussì grave da fare tutto questo tiatro ….sintiamo…..cos'e questo furgareddu n'culo che ha quest'oggi la sua pirsona?>> Montaperto con voce bassissima e pacata teneva con i crocchi, come volesse dire: ”quando saremo soli tu ed io caru mio Giacomelli ti sdireno.” <<Cumannande …telefonò l'avvocato Peppinello Caruana e mi disse con tonu di incazzato comu cane arraggiato, che vole vossia e due sbirri belli trunzuti nel suo studio ligali picchì c'è da fari un arresto di un omicida e dei suoi complici , il tutto deve avveniri proprio adesso!>> l'appuntato finalmenti sbarrò lu stomaco di ciò che aveva da dire al suo capo. In quel momentu Enzuccio Montaperto capì che Dio esisteva veramenti e che a iddru ci vulia davvero beni trovandogli la scusa giusta per lasciar perdere la noiosa cerimonia giunta mancu a metà. ………………………… Nello scorso numero abbiamo parlato del poeta Nino Muccioli. Ecco due poesie sulla nostra amata Sicilia: LE ROVINE DELLA ZISA Sul frontone della Zisa i tredici diavoli mi sembrano l’immagine dei vizi degli uomini, alla patina ipocrita del tempo. Il gioco degli arabeschi Su questa antica inferriata è corroso da una tabe di ruggine. Così la paura corrode le anime degli uomini. Questo antico castello, che sfalda nei secoli i suoi sogni di potenza, come somiglia a questa nostra vita! M’ero aspettato iil fragore delle tempeste, anche l’urlo dell’odio e della passione non questo andare via dei giorni fra la ruggine dell’invida paura dei piccoli uomini nei piccoli affanni delle piccole anime, in un lento cadere, giorno per giorno, dell’intonaco in polvere giallastra che s’accumula fra i detriti dell’esistenza. Ad ognuno il suo niente. Sogni algosi di asteroidi ippocampi viscidi strisciano, con paure di topi, fuori dalla torre dell’inconscio e gli ofidi hanno mani insidie e visi umani. Lo smog dello spirito avanza con bava velenosa e gli uomini alfabetizzati in sigle, partoriscono ogni giorno nuovi connubi di formule. Le stelle rifulgenti si offuscano di nebbia opaca Le stelle sono tornate ad esser stelle Ad ognuno il suo niente Cigola la porta del silenzio con piagnisteo gnaulante. Un fiore di nebbia reciso Affiora da questo rimpianto di sole. L’obliquo volto della luna fascia di luce surreale le rovine del castello. Il tempo stanco si conclude nel prossimo numero 5 Ancora poesia…. questa un poco maliziosa di Rosa Balistreri in arte Rusidda a Licatisa arranca con scarpe di noia e le sue dita esitanti tracciano sulla polvere l’estrema speranza nostra: no, la paura non ha vinto mai. L' ACIDDUZZU Acidduzzu di me' cummari senza pinni e senza ali, cci vulò supra la testa e me' cummari cci fici gran festa. "Ch'è bidduzzu sta acidduzzu, chi cantari chi mi fa! Notti e ghiornu m'acchiana e mi scinni, mi pizzica e vasa e poi si nni và ". Ile Ile, toi seule à jamais dans mon âme comme solitude. Que la mer t'entoure de ses caresses labiles ou qu'elle t'assaille de ses lames qui mordent tu ne perds pas ton essence d'irremplaçable présence. Les chevaux frémissants du petit jour soufflent des vapeurs sur ton chemin de mer et sel les algues du couchant flottent dans la lumière comme les cheveux d'une noyée… Le vent murmure le chant des citronniers sur des cordes bruissantes qui respirent et toi, tu pares les oiseaux des airs tu déshabilles d'ombre les étoiles tu écartes les branchages des forêts vers un frisson durable de lumière, œil vivant de la mer solitude solaire compagne fidèle de mon amour Sicile. Nino MUCCIOLI (1922 – 1999) Acidduzzu di me' cummari senza pinni e senza ali, cci vulò supra lu nasu e me' cummari s'u strinsi 'nto vasu. "Ch'è bidduzzu sta acidduzzu, chi cantari chi mi fà! Notti e ghiornu m'acchiana e mi scinni, mi pizzica e vasa e poi si nni và ". Acidduzzu di me' cummari senza pinni e senza ali, cci vulò supra la panza e me' cummari cci fici gran bardanza. "Ch'è bidduzzu sta acidduzzu, chi cantari chi mi fà! Notti e ghiornu m'acchiana e mi scinni, mi pizzica e vasa e poi si nni và ". L'acidduzzu di me` cummari senza pinni e senza ali, cci vulò supra à scagghiola, a testa rintra e a testa n fora. "Ch'è bidduzzu sta acidduzzu, chi cantari chi mi fà! Notti e ghiornu m 'acchiana e mi scinni, mi pizzica e vasa e poi si nni và ". Per i non francofoni: Isola Isola, tu sola mai nella mia anima come solitudine. Sia che il mare ti circondi di delicate carezze o che ti aggredisca con i suoi flutti che dilaniano, tu non perdi mai il tuo essere immancabilmente presente. I cavalli impazienti nell’alba soffiano aliti sul tuo percorso di mare e sale, le alghe del tramonto fluttuano nella luce come i capelli di una annegata. Il vento mormora il canto dei limonai su fruscianti corde che respirano e tu, dai ripari agli uccelli dell’aria, tu spogli dell’ombra le stelle, tu spogli i rami delle foreste verso un brivido infinito di luce, occhio vivente del mare solare solitudine compagna fedele del mio amore. Sicilia. 6 autoalimenta ed è addirittura amplificata dalla pochezza dei malavitosi che lo circondano, a volte inadeguati nella loro goffaggine e spesso ridicoli. Rispetto a un intreccio ben costruito ma semplice, a rendere sapida la vicenda c’è l’introspezione dei personaggi, non solo del protagonista ma anche dei comprimari come la taciturna ineccepibile segretaria di Sari, come la sorellastra Laura e come Alessio, muti testimoni della tragedia di fronte alla quale non hanno altre armi se non quella di comprendere le ragioni di Sari De Luca e assecondarlo. E’ così che Di Piazza anima un teatro che è soprattutto rappresentazioni dei sentimenti nel momento stesso in cui il dramma rende sfocati i contorni tra bene e male, amplifica la sofferenza e trasforma i protagonisti in attori da tragedia greca attraverso i quali il lettore può rivivere la disperazione così come non avverrebbe in un comune noir. Proprio per questo il colpo che Di Piazza infligge alla realtà è apparentemente “leggero” ma colpisce con precisione e profondamente. Perché il solo modo per esorcizzare il male sta nella possibilità di rappresentarlo nel momento in cui esso si compie. Sari De Luca è il più importante editore italiano. Vive a Milano, ha una ex moglie che gli ha dato un figlio, Alessio; una seconda moglie rifatta e superficiale ma con la quale ha un’ottima intesa sessuale ma, soprattutto, ha un’amante, Valeria, che lui preferisce definire una fidanzata. E’ giovane, bellissima e Sari è follemente innamorato di lei. Intorno a Sari, self-made man e manager di successo, Giuseppe Di Piazza costruisce un noir intelligente capace di uscire dagli schemi di genere. Dopo I quattro canti di Palermo (2012), lo scrittore che si dice grato per essere nato nel capoluogo siciliano, con Un uomo molto cattivo – uscito da Bompiani come il suo romanzo d’esordio - guarda la Sicilia e i molti mali che la affliggono da lontano, non più attraverso le memorie dei suoi anni a “L’Ora” ma indagando i meccanismi dell’amore e della morte sotto l’ombra opprimente di Cosa nostra e delle sue trame. I sette giorni dell’editore milanese raccontati da Di Piazza rappresentano una caduta all’inferno ma anche una sorta di espiazione per mali più e per paure moderne. La porta d’ingresso per questo inferno privato è proprio il passato siciliano di Sari. A cominciare dal suo nome di battesimo: il suono così esotico di quel diminutivo nasconde in realtà origini isolane che Rosario De Luca, rimasto presto orfano e trasferitosi in Lombardia, ha cancellato scoprendo però troppo tardi che il peso del passato non si può dimenticare quando si ha alle spalle una famiglia troppo ingombrante. La vicenda essenzialmente metropolitana, con un’azione divisa tra Barcellona, la Svizzera e una Milano splendida, assediata da un’afa ristagnante, si apre con un rapimento: Sari viene privato inaspettatamente della sua unica ragione di vita, Valeria. E per salvarla il manager deve scendere a compromessi con la mafia, accettare il ricatto di cosa nostra e scoprire che chi è “molto cattivo” non si piega nemmeno di fronte ai sentimenti, anzi, usa proprio le debolezze passionali per scardinare le certezze e piegare ogni volere. Il personaggio negativo, il cugino Momo, è infatti un cattivo puro, di quelli ormai sempre più rari nella letteratura, confinati per lo più nei gialli. Ma Momo ha qualcosa di diverso rispetto a un comune cattivo, la sua malvagità, priva di qualsiasi tentativo di giustificazione psicologica, si Emanuela E. Abbadessa Un’antica canzone popolare legata alla fame atavica dei contadini FAVI AMARI A sira quannu scura m’arricampu senza grana Me muglieri m’abbatte e deci figli ca vonnu pani duru pi manciari la minestra/ quattru favi Ma li favi l’agghiri arrubbari E stamu tutti murennu di fami Matina favi/e giornu favi/la sira favi/la notti favi E mentre campu m’aiu a arricurdari/ cu unn’avi nenti e cu n’avi assai cu dibulizza a fari l’amuri sugnu arriduttu comu un cuniglio e la famiglia crisici. Matina favi/ e ghiornu favi/ la sira favi/la notti favi E lu Signuri m’avi a aiutari, Ma chista vita ‘cca non si po’ fari Aiu fattu lo varberi e lu scarparu e lu viddranu E si cadi malato Don Peppi mi tocca fari lu sacristanu quann’è festa a lu paisi/ Su nichiati li carusi ,pedi nudi e panza vacanti/ Di lu chiù nicu a lu cchiù ranni.. Matina favi/ e ghiornu favi/ la sira favi/la notti favi E mentre campu m’aiu a arricurdari/ cu unn’avi nenti e cu n’avi assai Matina favi/e ghiornu favi/la sira favi/e sempre favi E lu Signuri m’avi a aiutari, Ma chista vita ‘cca non si po’ fari. 7 della popolazione che in un momento della propria vita aveva desiderato di uccidere qualcuno. Ci sarà chi si stupirà di una percentuale così elevata, ma io vi assicuro che è rigorosamente esatta e molti di voi lo ammetteranno se saranno sinceri con loro stessi. Naturalmente la percentuale scende notevolmente quando si considera il campione di quelli tra il 37,5% che questa uccisione cominciano a progettarla. Io entrai a fare parte di una percentuale del 4,8 % di quel 37,5 %, la percentuale che fa dei reali progetti sulla realizzazione del suo desiderio. Cominciai a seguire Luigi Pistacchi (c’era il 61,9 % di possibilità che se ne accorgesse, ma io rientrai nel 38,1, %, cioè non se ne accorse) prendendo nota delle sue abitudini ed elaborandole statisticamente sul mio PC. Di lui scoprii tutto quello che era possibile scoprire: quando mangiava fuori ordinava un filetto al sangue nel 55 % dei casi, andava a trovare l’amante il 45 % dei mercoledì ed il 60 % dei venerdì (una sola volta lo fece di domenica, ma il dato era troppo isolato per rientrare nella curva delle probabilità). La percentuale più interessante per le mie intenzioni riguardava la sua passione per il gioco. Andava a giocare in una bisca clandestina (clandestina… si fa per dire… il 57 % della popolazione ed il 94 % delle forze dell’ordine conoscono la sua esistenza) il 58 % delle sere. Ne usciva tra l’una e le due di notte nel 35 % dei casi, tra le due e le tre nel 55 %, oltre le tre soltanto il 10 %.A questo punto sapevo dove colpire. Ma il problema era che non volevo essere tra quel 64 % degli omicidi che vengono arrestati, quindi avevo bisogno di un buon alibi perché sapevo che nonostante Luigi Pistacchi avesse parecchi nemici, la polizia avrebbe senz’altro accreditato almeno il 36 % di possibilità che lo avessi ammazzato io. Studiai un alibi che aveva l’87 % di possibilità di riuscita. Uno più sicuro non mi riuscì di trovarlo. Solo che non mi decidevo ad entrare nel 4,1 % di quel 4,8 di quel 37,5 %. Cioè il 4,1 che prova veramente ad uccidere una persona (a proposito solo il 48,3 ci riesce). Non riuscivo a scegliere se farlo o non farlo. E, a questo punto, maledizione! uscii fuori da tutte le statistiche! Luigi Pistacchi morì alle 3,27 della mattina ucciso mentre usciva dalla bisca. La polizia arrivò a casa mia alle 7,42 di quella stessa mattina e trovò sul mio PC tutti gli appunti che progettavano il delitto come in realtà era poi avvenuto, tutto preciso nei minimi particolari. Non avevo distrutto quegli appunti prima di commettere l’omicidio per la semplice ragione che l’omicidio non lo avevo commesso io. STATISTICHE Statistiche. Soltanto statistiche. Sì, noi ci affanniamo, ne combiniamo di tutti i colori, nel bene e nel male, ma alla fine tutte le nostre azioni non possono che portarci a essere dei numeri di una qualche statistica. E non dico questo soltanto perché le statistiche sono sempre state il mio lavoro, oltre che la mia passione. La mia passione fin da ragazzo, quando in classe chiedevo a miei compagni cosa mangiavano a merenda, per volgere le loro risposte in percentuali. E in questa passione li avevo coinvolto a tal punto che si affrettavano a segnalarmi i cambiamenti delle loro abitudini. Ricordo che il partito della Nutella col 58% surclassava il pane, burro e marmellata fermo al 23%. Così dopo la mia laurea in Scienze Statistiche, mi parve naturale - sfruttando i soldi, non troppi per la verità, che i miei mi avevano lasciato, concludendo in un incidente d’auto una vita statisticamente molto più breve di quella che le statistiche di quel tempo prevedevano per loro – fondare una piccola ditta che si occupava di ricerche di mercato. Ma se pure il lavoro non mancava i soldi non bastavano mai, c’erano sempre problemi economici e io che, stranamente, non avevo nessuna attitudine per l’economia, anzi, per essere più precisi non avevo nessuna attitudine per qualunque cosa che non fossero le statistiche, non riuscivo a venirne a capo. Allora mi presi un socio, un mio amico con un sacco di grana disposto a rischiarne una piccola parte, Luigi Pistacchi, e gli affidai il completo controllo degli affari, libero finalmente di occuparmi delle mie amate statistiche. La Cigibase, così l’avevo chiamata dalle mie iniziali, sotto la gestione di Luigi Pistacchi si espanse e cominciò a produrre utili. Dopo undici mesi di utili mi trovai fuori dalla mia creatura, estromesso dalla ditta che io stesso avevo fondato, che portava le mie iniziali come nome e continuò a portarle anche quando io non ne facevo più parte. Era successo che Luigi Pistacchi mi aveva fatto firmare (naturalmente io non leggo mai quello che firmo), quando era entrato nella ditta, un accordo che prevedeva tra le altre cose una clausola, scritta in un linguaggio incomprensibile per i comuni mortali (nel caso io mi fossi preso il disturbo di leggerla), che gli dava diritto di rilevare, qualora lo volesse, l’intera quota della ditta, pagandomi un indennizzo ridicolo anche per il valore che aveva la ditta quando lui c’era entrato, figuriamoci adesso. Fu così che io entrai a fare parte di quel 37,5 % 8 Naturalmente del mio elaboratissimo alibi non se ne parlava, perché proprio quella notte avrei dovuto procurarmi un alibi? Uscii dalle statistiche perché tra quelli che progettano delitti non c’è mai stato un altro tanto sfortunato da prendersi l’ergastolo per un delitto da lui progettato, ma da lui non commesso. Insomma, un solo coglione non è un dato statistico significativo! GIOVANNI MERENDA si spostano a bordo di carretti siciliani e mangiano cannoli? Ecco: questo di Giuseppe Rizzo è l’esatto contrario. Senza contare il miglior incipit che io conosca da “Chiamatemi Ismaele” a oggi: “La Sicilia non esiste, io lo so perché ci sono nato”. ….. Le righe precedenti sono il commento di Roberto Alaymo scrittore e giornalista (Palermo 1959) a cui ogni tanto rubo un pezzo per proporvelo. da (TUTTI COLORI DEL GIALLO) opera inedita QUESTO NON E' UN ROMANZO AL GUSTO SICILIA Secondo romanzo consecutivo che ho letto per intero e mi è piaciuto: praticamente un record. Questo si intitola “Piccola guerra lampo per radere al suolo la Sicilia”, lo ha scritto un giovane, Giuseppe Rizzo, ed è un petardo piazzato sotto il sedere di un genere letterario ormai a sé stante. Eccone qualche riga: Bullshit, la Sicilia non esiste. Io lo so perché ci sono nato. Senza offesa, bro’, ma è tutta la sera che dici cazzate. Gaga, l’alcol gli fa questo effetto: lo fa diventare una bella persona. O perlomeno, questa è la sua versione dei fatti. Per tutto il resto del mondo, ovvero per quella fetta che gli sta intorno quando ha bevuto un po’ troppo, le cose stanno diversamente. Di solito si finisce per ascoltarlo insultare gente che non conosce perché troppo stupida cretina banale imbecille vestita male, oppure per vedersi attaccare perché non lo si è difeso mentre lui progredisce nei suoi insulti contro quei mischini: in genere rovina le serate. Ma però questa è una serata che non è bello, rovinarla. Pupetta da qualche tempo vive a Berlino, cura progetti per una ong che opera in Africa e uno suo personale, avere un moccioso da un americano ricchissimo e bellissimo, per questo ci ha invitato: Dovete conoscere assolutamente il padre di mio figli.o Il genere Romanzo al Gusto di Sicilia. Qualcuno aveva notato che una cosa sono le spremute d'arancia e un'altra le "bevande al gusto di arancia". Lo stesso vale per i romanzi: sui banchi del supermercato non si trovano mai spremute, ma solo romanzi al gusto di Sicilia. Avete presente quei romanzi in cui i protagonisti indossano la coppola, Lo scrittore catanese Ottavio Cappellani, classe '69, negli ultimi mesi è stato protagonista di una sperimentazione tipica della nuova editoria digitale. Nato su Facebook, infatti, il provocatorio "Cinquanta sfumature di minchia" è diventato un e-book di successo. Quest'originale parodia del bestseller-mommy porn "Cinquanta sfumature di grigio", scritta in uno spassosissimo siculoitaliano e ambientata nel mondo “sadomaschio” di Catania, ora esce anche in versione cartacea, per Imprimatur, il nuovo marchio Aliberti. Cappellani (che è anche giornalista, drammaturgo e sceneggiatore), ha esordito nel 2001 con il libro di filosofia "La morale del cavallo"; nel 2004 ha pubblicato con Mondadori il suo primo romanzo, "Chi è Lou Sciortino?", tradotto in oltre trenta Paesi e inserito nel Reading the World (i quaranta titoli più significativi tradotti e pubblicati in America durante l’anno). Nel 2006 è uscito "Sicilian Tragedi", (da noi recensito in passato) e nel 2009 è quindi arrivato il prequel dell'esordio, "Chi ha incastrato Lou Sciortino?". Un anno fa, ancora Mondadori ha proposto "L’isola prigione". 9 UN ESTRATTO DAL LIBRO: Dalla rivista La Casana, la bella pubblicazione edita da Banca Carige «Allora signora... com’è andata il rientro di suo marito? Ci ha fatto una bella sorpresa? Ma perché ha quella faccia?» «Non me ne parli signora, non me ne parli». «Ma perché? Che è succeduto?» «Vuole sapere che è succeduto? E ora ce lo conto. Allora, come mi ha consigliato lei, c’ho preparato una bella sorpresa a mio marito che erano sei mesi che non lo vedevo... sa, con il lavoro che fa ogni tanto capita...» «E certo che lo so! Mio marito non fa lo stesso lavoro?» «Esatto. Insomma, era un mese che mi preparavo. Pensa oggi, pensa domani, e che cosa ci faccio, e che cosa ci preparo... e alla fine mi venne l’ideona! Me ne ho andata alla libreria e mi ho comprato il libro, quello lì alla moda, le Cinquanta sfumature che se ne fanno di tutti i colori... e minchia me lo sono studiato tutto quanto... ma comunque... mi sono letta il libro e mi sono fatta venire l’idea...me ne ho andata a fare shamping in via Etnea e mi ho comprato tutto l’occorrente per farci la sorpresa...» «Sì». «Ca quale sì. Insomma è arrivato finalmente il giorno, sono andato a prenderlo, me lo sono portato a casa, e quando che siamo arrivati ci ho dato il pacco regalo... e ci ho detto: “Adesso, amore mio, dopo che è tanto tempo che non lo facciamo, lo facciamo alla moda”, e ho tirato fuori le manette... Al che, mio marito, piglia e se n’è andato a dormire da sua sorella!» «Maria Maria Maria... Ma suo marito non si era fatto sei mesi di carcere?» «Minchia sì... Mi ero talmente compartecipata nello sbuttaniamento del libro che non ci ho pensato che potevo fare la gaffe...» La gemma che arriva al mare La gaffe di Paolo Ibico L’aria è ancora intrisa di sale anche se la mareggiata s’è chetata da diverse ore; sulla spiaggia umida giacciono sparsi rami secchi e detriti di origine umana sino ai cespugli di oleandro oltre i quali una campagna di sassi, fichi d’india e bassi vigneti intiepidisce sotto il sole appena sorto. Sulla battigia un uomo cammina lento a capo chino, ha in mano un rastrello, si ferma, si china, appoggia l’attrezzo sulla sabbia e vi traccia segni dal vago sapore zen. A volte i denti dello strumento trattengono ciò che paiono piccole pietruzze di colore bruno; l’uomo le prende fra le dita, le osserva sorridendo piano, le ripone in tasca, poi riprende il cammino… “La terza memoria di singolar pregio che aggiunger devo, é quella dell’ambra, la qual nelle marine di Catania é di tanta grandezza che a quella di un grosso melarancio si agguaglia; molte se ne ritrovano, ma picciole, dentro le quali sta chiuso e morto un picciolo animaluccio, o formica, o zanzara, o mosca, o pulce, o altro simile”. Pietro Carrera, Memorie historiche della città di Catania, tomo I, Catania, 1639 Ambra: pietra-non-pietra, gioiello diverso da ogni altro che non nasce nelle viscere della terra, non è frutto del lavoro dei nani nel buio delle miniere, ma esce come Venere dalle onde del mare, bagnata dal sale e riscaldata dal sole. Nel pensare comune degli europei questo strano materiale viene associato al Mar Baltico e alle nazioni che su di esso si affacciano perché è da lì che la maggior parte dell’ambra europea proviene, sia come materia prima grezza sia come oggetti lavorati. Viene usata in gioielleria, da sola o con gemme e pietre preziose, per realizzare orecchini, braccialetti, anelli, collane o per oggetti d’uso oggidì meno comune quali bottoni eleganti, impugnature di bastoni, bocchini per sigarette e cannelli di pipe; alcuni mastri liutai usavano la polvere d’ambra per lucidare gli strumenti musicali di pregio. 10 fossile è oggetto di una passione plurimillenaria, che la rende ricercata e apprezzata come materiale ornamentale: la si trova nell’antico Egitto e nelle tombe greche di età egea-micenea (più o meno tra il 1600 e il 1000 a.C.) ma un po’ dappertutto in Europa questa pseudo-pietra preziosa accompagna lo svilupparsi della civiltà almeno da 6.000 anni. È anche un’importante indicatrice dell’esistenza di vie commerciali internazionali già in epoche preistoriche o almeno protostoriche: non esiste ambra in Grecia e la sua presenza nella civiltà micenea implica che essa veniva commerciata e viaggiava attraverso il continente dai “giacimenti” del Nord Europa alla penisola balcanica. L’etimologia del nome ambra non è certa ma dovrebbe derivare dall’arabo anbar che indicava la cosiddetta “ambra grigia”*; ma non è chiaro come il nome sia passato a indicare la resina fossile. Gioiello realizzato con ambra del fiume Simeto. Catania, archivio Gioielleria Fratelli Fecarotta *L’ambra grigia è una sostanza molto odorosa prodotta dall’intestino dei capodogli, dove protegge le mucose intestinali dai resti indigeribili dei molluschi cefalopodi di cui essi si cibano. Seccata al sole si ammorbidisce e diventa deliziosamente profumata, grazie soprattutto al suo notevole contenuto di feromoni. In passato era bruciata perché sprigionava un odore gradevole simile all’incenso ed ebbe fama di afrodisiaco potente. Era uno dei prodotti più ricercati dai cacciatori di balene, come si narra anche nel Moby Dick, perché è stata per secoli un ingrediente di base nella preparazione dei profumi. Ormai l’ambra grigia naturale è molto rara perché il capodoglioè una specie quasi ovunque protetta; la si ricava dagli animali trovati morti arenati sulle spiagge, o da blocchi rigurgitati naturalmente di tanto in tanto che galleggiano sino a essere spinti sulle coste dalle correnti. Dal punto di vista chimico l’ambra è resina fossile: questo “succo” viscoso e appiccicoso che esce dalle ferite dei tronchi delle conifere, quando cade nel terreno e ne viene coperto, col trascorrere del tempo si fossilizza - il fenomeno è detto “amberizzazione” - sino a diventare un corpo solido amorfo, gocce di materiale traslucido di un colore che a seconda delle impurezze biologiche e chimiche che contiene varia dal giallo al rossiccio al bruno fino a raggiungere rare tonalità di verde o di blu fluorescente. La trasformazione della resina in ambra è un processo che ha tempi “geologici” e che avviene sulla Terra almeno dal periodo Carbonifero (dai 360 ai 299 milioni di anni fa). Sovente cadendo a terra la resina cattura e ingloba insetti, piccoli animali o parti di essi, foglie, polline, semi, frammenti di materiali organici o polveri di minerali, che vengono come mummificati conservando in ottime condizioni le loro caratteristiche anatomiche; ciò permette lo studio dei caratteri fisici e morfologici degli organismi fornendo dati di grande importanza per la comprensione dell’evoluzione biologica. L’ambra nasce quindi sulla terraferma ma noi umani che tanto l’apprezziamo, dobbiamo andarla a cercare sulle coste e sulle spiagge, perché gli alberi la producono ma i fiumi la portano giù sino al mare ed esso, con la calma che si conviene a un “antico” di tal fatta, la getta sulla riva in forma di granuli, gocce, schegge, quando ne ha voglia, anche dopo milioni di anni, durante le mareggiate con cui si libera delle “inutili macerie del suo abisso”. Che per il mare certamente è una piccola maceria inutile, ma per i popoli europei questa gemma Ciò che è certo è che l’ambra ha la proprietà di elettrizzarsi se viene strofinata e perciò l’elettricità ha preso il nome proprio dal termine con cui era indicata dagli antichi greci: , (èlektron). Numerose tradizioni popolari le attribuiscono poteri medicamentosi, forse collegandoli alle sue proprietà elettrostatiche, e alcune fonti citano una favola turca in cui si affermerebbe che i boccagli in ambra prevengono le infezioni quando ci si scambia il narghilè per fumare. Ambra del Mar Baltico, si diceva... ma non si trova solo lì, questa bella gemma lucida dai colori caldi. Nel mondo “al di là delle Colonne d’Ercole” vi sono depositi significativi in Canada e nel New Jersey, nel Chiapas messicano e nella Repubblica Dominicana, in Birmania. In Europa se ne trova in Romania e un po’ anche in Italia: giovane (intorno ai 10-15 milioni di anni) nell’Appennino Emiliano-Romagnolo e un po’ più agée (tra i 25 e i 35 milioni di anni) in Sicilia, un’ambra – quella siciliana - di alta qualità, trasparenza e bellezza. E di corrispondente valore economico. 11 Il Simeto è il principale fiume dell’isola più grande delMediterraneo; è il secondo per lunghezza dopo il fiume Salso, con 113 km di corso, ma è assolutamente il primo per estensione del bacino idrografico (4.186 km2 in un’area abitata da oltre unmilione di persone) e portata d’acqua alla foce (una media 25m3/s). Attraversa la provincia di Catania e il suo bacino si estende anche nelle province di Messina ed Enna. Le sue sorgenti sono sulle pendici dei monti Nèbrodi, “polmone verdissimo” della Sicilia nordorientale, e mentre si avvicina al mare Ionio scorre accanto all’Etna, a muntagna regina del fuoco, dimora di dei. È dalle foreste di conifere dei proto-Nebrodi e delle limitrofe proto-Madonie della proto-Sicilia dell’era Terziaria (epoche Oligocene e Miocene soprattutto, intorno ai 20-30 milioni di anni) che l’ambra si è generata, si è depositata dentro le rocce sedimentarie di quell’epoca ed è stata durante i millenni portata giù dall’erosione meteorica e idrologica sino allo Ionio, per essere da esso restituita alla terra soprattutto intorno alla foce del Simeto nei pressi di Catania (da qui deriva il nome di “simetite” con cui si definisce l’ambra siciliana), e in alcune spiagge del litorale ibleo, tra le province di Siracusa e Ragusa, lungo un tratto di costa chiamato da alcuni proprio “costa dell’ambra”. Secondo alcuni studiosi, quali l’etnologo polacco Piotr Szacki, la Sicilia sudorientale può essere considerata il capolinea meridionale di una “via dell’ambra” che dalle coste delMar Baltico raggiunge il Mediterraneo centrale a brevissima distanza dalle coste del Nordafrica, attraversando quasi l’intera Europa da nord a sud e quasi l’intera storia del nostro vecchio e un po’ acciaccato continente. Insomma, l’ambra che unisce i popoli europei in nome della bellezza, un’unione di cui avremmo un certo bisogno anche in questo scampolo di XXI secolo governato dal Re Mercato... vegetali e come questi siano ottime fonti di informazioni sugli ecosistemi del territorio e dell’epoca geologica in cui l’ambra si è formata. A maggior gloria della simetite va detto che nelle sue “gocce” è stata rinvenuta almeno una nuova specie animale, la Emeria simetitia, un insetto scoperto nel 1984 e attribuito alla famiglia dei Trichogrammatidae. In realtà l’ambra contiene anche inclusioni liquide e gassose che forniscono utili notizie anche sul clima e sulla composizione dell’atmosfera di quelle ere lontane. Non solo valore estetico, quindi, per la nostra resina, ma una grande importanza scientifica. I raccoglitori di ambra sono paragonabili in un certo senso ai cercatori di funghi: quando le condizioni meteorologiche sono idonee si va là dove si sa che è più probabile trovare ciò che si cerca e si cammina con calma, osservando attentamente il terreno. Un’attività della mente e dello spirito, che può appagare il cercatore anche se torna a casa senza un bottino, perché prima di essere una forma di sfruttamento delle risorse naturali a scopo economico la ricerca – dei funghi come dell’ambra – è un modo per entrare in comunione con la natura, per sentirsi parte di un tutto cosmico in cui ciascuno ha un suo ruolo e un suo spazio, il fungo, la gemma d’ambra, il cercatore… I cercatori d’ambra - oggi come un tempo anche se oggi si fanno sempre più rari – spesso sono raccoglitori di telline e pescatori di rizzaglio che vanno esplorando le spiagge e le coste dopo le mareggiate, aiutandosi con un rastrello che trattiene l’eventuale pietruzza resinosa presente nella sabbia. O sono studenti che cercano di ricavare qualche piccolo guadagno da questa attività plurimillenaria e solo apparentemente demodé. La simetite è sempre stata oggetto di appassionato collezionismo; di grande magnificenza doveva essere la celebre collezione del quinto principe di Biscari, Ignazio Paternò Castello,mecenate e archeologo catanese (1719-1786), che fu ammirata anche da Goethe durante uno dei suoi soggiorni siciliani. Oggi è il Museo di Scienze Naturali di Bologna a custodire la maggiore collezione di ambra siciliana, ma raccolte di assoluto valore sono possedute anche da alcune celebri gioiellerie di Catania e da qualche collezionista privato; a Catania si trovano pezzi pregiati anche nel Tesoro di Sant’Agata, che è come dire nel centro emotivo di quella splendida città dall’insolita eleganza “nera”, coi suoi palazzi e le sue chiese barocche edificati con la scura lava dell’Etna. Si diceva che caratteristica dell’ambra è la facilità con cui ingloba e conserva piccoli animali e parti di 12 Su segnalazione dell’amico Renato Cesarò "Il Melograno" due testate parrocchiali di Zinola e Cinisi laddove “ogni chicco del Melograno - spiegano i giovani - è una persona della famiglia cristiana, della nostra parrocchia”. “Il Melograno” savonese nasce nel 2007 come foglio parrocchiale “per mettere in pratica - spiega il direttore responsabile, Alessandro Raso - gli insegnamenti del magistero sulle comunicazioni sociali, valorizzando quei talenti che si trovano in ogni parrocchia”, e “raccontare il bello che c’è nella vita dei credenti”. Alla base, le sollecitazioni giunte da un laboratorio sulla comunicazione del Copercom (Coordinamento associazioni per la comunicazione), “dopo il quale siamo tornati nelle nostre diocesi con il mandato di realizzare un’iniziativa per trasmettere i valori del Vangelo sfruttando gli strumenti della comunicazione”. Il giornale di Savona “per sua natura - precisa Raso - è espressione dell’intera parrocchia: bambini, giovani, adulti e anziani”. Ciascuno dà il suo contributo e i giovani, in particolare, curano un inserto mensile di approfondimento, “Sos”, “ciambella di salvataggio culturale - così si presenta il supplemento - per ‘salvarsi dall’ovvio’”. Per evitare personalismi e “consegnarla al parroco come ‘strumento’ della comunità parrocchiale”, nel 2011 la testata è stata registrata in Tribunale divenendo un mensile a tutti gli effetti. Obiettivo di fondo è “realizzare una pastorale delle comunicazioni, ovvero fare un passo avanti nella catechesi usando stimoli e strumenti nuovi”. …al Sud. Analoga la genesi de “Il Melograno” di Cinisi, nato nel 1992 come bollettino parrocchiale, ma che solo dal 2009 ha l’attuale formulazione, con una periodicità mensile e una redazione che ora è composta da 13 ragazzi e ragazze tra i 16 e i 25 anni. Nelle sue pagine “si alternano cronaca e opinioni - racconta il responsabile, il 25enne Davide Serughetti, che in diocesi è pure vicepresidente giovani dell’Azione cattolica - con un’attenzione particolare alla vita parrocchiale, della diocesi, ma pure alla Chiesa universale”. Tra i giovani della redazione si respira “la passione per comunicare il Vangelo grazie anche ai linguaggi della comunicazione”, per raggiungere “tutta la comunità parrocchiale” ma anche “quanti sono più lontani dalla Chiesa”. “Il nostro - sottolinea Serughetti - si pone come un progetto pilota all’interno delle comunicazioni sociali della diocesi, con l’obiettivo di coinvolgere nuovi siti web e giornali parrocchiali per costruire una pastorale delle comunicazioni sociali”. Crescendo insieme, come giovani impegnati ad “annunciare la vita buona del Vangelo”. Crescere insieme con la passione per comunicare il Vangelo. È quanto accomuna le redazioni de “Il Melograno” di Zinola (parrocchia Santo Spirito e Concezione, diocesi di Savona) e del suo omonimo di Cinisi (parrocchia Ecce homo, diocesi di Monreale), due giornali parrocchiali che uniscono all’informazione la formazione e l’educazione dei giovani impegnati attivamente nella loro realizzazione. Dal 2009 i “due Melograni” realizzano un percorso comune - con appuntamenti periodici tra il capoluogo ligure e la località siciliana e le tappe del gemellaggio vedono cinque giorni scanditi da incontri, attività laboratoriali, condivisione degli impegni parrocchiali e pure di un significativo appuntamento diocesano. All’insegna della legalità. Nei gemellaggi i giovani non solo approfondiscono la conoscenza reciproca, ma trovano nuovi motivi di stimolo per il loro impegno. Filo conduttore è stato la testimonianza di quanti hanno fatto della lotta alla mafia una ragione di vita. Come padre Pino Puglisi, ucciso il 15 settembre 1993 a Brancaccio, quartiere degradato di Palermo nel quale prestava il suo servizio pastorale accanto ai giovani, per contrastare con la forza del Vangelo la virulenza della mafia. L’incontro è stato con i responsabili dell’associazione che porta il nome del sacerdote martire, ma soprattutto con l’attuale parroco di Brancaccio, don Maurizio Francoforte, nelle cui parole e nella cui persona “si respira l’aria di don Pino”. Ancora, la “Casa della memoria Peppino Impastato”, che porta avanti il ricordo del fondatore di “Radio Aut”, colui che ebbe il coraggio di denunciare la mafia pur abitando solo a “cento passi” dalla casa del boss, Tano Badalamenti. Qui l’incontro, ripetuto più volte nelle visite siciliane della redazione savonese, con Giovanni Impastato, fratello di Peppino. Conoscenza di una “redazione a conduzione familiare” che ha come “missione” il contrasto alla criminalità organizzata e al tempo stesso laboratorio giornalistico è stata, inoltre, la visita a “Tele Jato”, la tv rilevata nel 1999 da Pino Maniaci, che assieme ai figli giorno dopo giorno “denuncia” le malefatte locali, incurante di minacce e attentati. Non sono incoscienti, “la paura c’è - ammette Gianni Maniaci, figlio di Pino, davanti ai giovani ma la forza e il coraggio ci vengono da voi e da tutte le persone che ci sostengono”. Alle origini dei Melograni: dal Nord… Fra le caratteristiche comuni delle due testate vi è il nome, 13 Ah!, si deve fare l'amore tutti i giorni, però senza cadere nella routine: bisogna essere innovatori, creativi, e rinnovare la seduzione. Bisogna anche avere il tempo di spazzare per terra, lavare i piatti, i panni, e non parliamo se hai un cane o . . . . dei FIGLI ??? Insomma, per farla breve, i conti danno 29 ore al giorno. L'unica possibilità che mi viene in mente è fare varie cose contemporaneamente: per esempio: ti fai la doccia con acqua fredda e con la bocca aperta così ti bevi i due litri d'acqua. Mentre esci dal bagno con lo spazzolino in bocca fai l'amore (tantrico) col compagno/a che nel frattempo guarda la tele e ti racconta, mentre tu lavi per terra. Ti è rimasta una mano libera? Chiama i tuoi amici ! E i tuoi genitori. Bevi il vino (dopo aver chiamato i tuoi ne avrai bisogno). Il BioPuritas con la mela te lo può dare il tuo compagno/a, mentre si mangia la banana con l'Actimel, e domani fate cambio. Però se ti rimangono due minuti liberi, invia questo messaggio ai tuoi Amici (che bisogna innaffiare come una pianta). Adesso ti lascio, perché tra lo yogurt, la mela, la birra, il primo litro d'acqua e il terzo pasto con fibra della giornata, già non so più cosa sto facendo ... però devo andare urgentemente al bagno. E ne approfitto per lavarmi i denti . . . . . Ritmi moderni Dicono che tutti i giorni dobbiamo mangiare una mela per il ferro e una banana per il potassio. Anche un'arancia per la vitamina C e una tazza di the verde senza zucchero per prevenire il diabete. Tutti i giorni dobbiamo bere due litri d'acqua (sì, e poi pisciarli, che richiede il doppio del tempo che hai perso per berli). Tutti i giorni bisogna bere un Actimel o mangiare uno yogurt per avere gli 'L.Casei Defensis', che nessuno sa bene che cosa cavolo sono però sembra che se non ti ingoi per lo meno un milione e mezzo di questi bacilli (?) tutti i giorni inizi a vedere sfocato. Ogni giorno un'aspirina per prevenire l'infarto, e un bicchiere di Vino rosso, sempre contro l'infarto ed un altro di bianco, per il sistema nervoso, ed uno di birra, che già non mi ricordo per che cosa era. Se li bevi tutti insieme, ti può dare un'emorragia cerebrale, però non ti preoccupare, perché non te ne renderai neanche conto. Tutti i giorni bisogna mangiare fibra. Molta, moltissima fibra, finché riesci a defecare un maglione. Si devono fare tra i 4 e i 6 pasti quotidiani, leggeri, senza dimenticare di masticare 100 volte ogni boccone. Facendo i calcoli, solo per mangiare se ne vanno 5 ore. Ah, e dopo ogni pasto bisogna lavarsi i denti, ossia dopo l'Actimel e la fibra lavati i denti, dopo la mela i denti, dopo la banana i denti . . . e così via finché ti rimangono 3 denti in bocca, senza dimenticarti di usare il filo interdentale, massaggiare le gengive, il risciacquo con Listerine . Bisogna dormire otto ore e lavorare altre otto, più le 5 necessarie per mangiare, = 21. Te ne rimangono 3, sempre che non ci sia traffico. Secondo le statistiche, vediamo la tele per tre ore al giorno. Già, non si può, perché tutti i giorni bisogna camminare almeno mezz'ora (attenzione: dopo 15 minuti torna indietro, se no la mezz'ora diventa una ). Bisogna mantenere le amicizie perché sono come le piante, bisogna innaffiarle tutti i giorni. E anche quando vai in vacanza, suppongo. Inoltre, bisogna tenersi informati, e leggere per lo meno due giornali e un paio di articoli di rivista, per una lettura critica. 14 massima apertura alle idee nel rispetto dell’impegno di altri in questi settori. Diamo così spazio agli artisti associati siano giovani promesse, ovvero personalità più conclamate, al pari dei creativi con la “penna”, progettando mostre antologiche e personali,laddove troviamo spazi espositivi acconci, mancando purtroppo diuna nostra sede autonoma, sicché necessita inventare, di volta in volta, i “luoghi” d’incontro, dalla presentazione di libri allo svolgimento di conferenze. Abbiamo aperto, a Savona, con gran volontà e fatica, la Collezione d’Arte Sacra Contemporanea “Santa Rossello”, unica struttura del genere ad avere un catalogo tradotto in codice braille, al fine di presentare nel migliore dei modi la “modernità” dell’operare di una Donna del Risorgimento Italiano, una Santa tra l’altro proclamata “Patrona dei figuli e dei ceramisti liguri”. Grand’attenzione alla nostra storia, alle radici di questa Comunità per offrire spazi d’innovazione per un turismo culturale sempre diverso e scientificamente meglio radicato. Alimentiamo viaggi culturali in Italia, al fine di osservare spazi espositivi con grandi rassegne, architetture, chiese e palazzi, recependo il pensiero di Sant’Agostino: “Il Mondo è un libro e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina”. Ogni anno consegniamo il “Premio Renzo Aiolfi” ad una personalità savonese, o di zone limitrofe, distintasi nel settore culturale, premiando nel passato: il pittore Gigi Caldanzano, la pittrice Renata Minuto, il giornalista Ivo Pastorino, i Fratelli Sabatelli per l’editoria, il Prof. Giuseppe Gallea e il Premio Peagna di Ceriale, il Com. Lelio Speranza presidente del Coni provinciale, l’AIAS di Savona per la disabilità, il critico Silvio Riolfo Marengo, la soprano Linda Campanella. Quest’anno la scelta è caduta sulla vocal coach e woman jazz Danila Satragno, diversificando ancora, in tal modo, la nostra attenzione al mondo della musica. Nondimeno, per il futuro, la promessa è di un maggiore impegno, individuando nuove progettualità, allargando il terreno d’incontro, ritenendo che la cultura, l’istruzione rappresentino un terreno utile, fertile per rendere l’uomo etico, affermando “vecchi” principi quali la eticità, la verità, la trasparenza, la competenza, la solidarietà, la condivisione di obiettivi, il rispetto. Decisi a operare, ma anche in attesa di nuovi associati: l’unica nostra vera fonte di risorse, di stimoli, di motivazioni. Grazie a tutti coloro che, in questi primi dieci anni d’impegno volontaristico, ci hanno seguito con affetto e stima. L’Associazione Culturale e del Paesaggio “Renzo Aiolfi” compie dieci anni. Nel formulare i migliori Auguri ad una Associazione amica del nostro Sodalizio, con cui abbiamo collaborato in passato e intendiamo ancor maggiormente collaborare in futuro, riportiamo uno stralcio delle parole della sua Presidente D.ssa Silvia Bottaro. Siamo nati come Associazione “Renzo Aiolfi” no profit di Savona sulle tracce di una precedente apertura: la Delegazione provinciale del Fai di Savona, da me avviata con alcuni amici, tra cui Giuseppe Robatto, Giovanna Rovere e altri, per cercare con l’iniziativa di presentare l’arte del nostro territorio. Sette i soci fondatori che desidero ricordare e ringraziare per la loro sensibilità: Roberto Debenedetti, Ivana Marabotto, Franco Marabotto, Emma Lerda Coriando, Ferdinando Molteni, Giovanna Rovere, Giuseppe Robatto, oltre a chi scrive, con la volontà di fare cultura, concretizzando progetti per Savona e la sua provincia. Un primo successo: l’adesione all’Aiolfi di oltre seicento soci. Nel nostro atto costitutivo sono ben chiari gli intendimenti che hanno mosso questa scommessa: massima apertura a tutti, l’apoliticità e l’aconfessionalità, il rispetto per la disabilità (attualmente siamo “gemellati” con l’Aias di Savona), nell’obiettivo di esporre il nostro lavoro con semplicità, sia pure con rigore artistico in materia di cultura, iniziando dall’arte, dalla storia, dal paesaggio, dando al Volontariato sostanza e visibilità. Sicché il nostro motto potrebbe configurarsi in una frase di Hans G. Gadamer: “La cultura è l’unico bene dell’ Umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande”. Nel convincimento che “Il verbo leggere non sopporta l’imperativo” (G.Rodari), offriamo la 15 APPUNTAMENTI DA NON PERDERE 14 giugno ore 20 GIUGNO MUSICALE 2013 A VILLA CAMBIASO by Pio Vintera & Giusto Franco Agape Estiva Sociale (insomma si mangia) CIRCOLO CRAL ARTISI Salita S. Giacomo 9-Savona Venerdì 7 GIUSTO FRANCO TRIO/ Classic Jazz GIUSTO FRANCO piano FRANCESCO BARONE contrabbasso MARCO CANAVESE batteria Venerdì 14 EUGENIO de LUCA classic piano Venerdì 21 ALESSANDRO MARTIRE piano/composer GIUSTO FRANCO piano/soundtracks Venerdì 28 GIUSTO FRANCO TRIO/Hits Jazz GIUSTO FRANCO piano FRANCESCO BARONE contrabbasso MARCO CANAVESE batteria guests: ROBERTO STUFFO sax ROBERTO OLIVIERI guitar Prenotiamoci per tempo telefonando a Enzo Motta 339 6586248 o a Mario Di Nicolao 349 5939652 Emanuela Ersilia Abbadessa autrice di “Capo Scirocco” è finalista al premio Rapallo Carige che verrà assegnato a Villa Porticciolo Rapallo Venerdi 28 Giugno ore 17 sabato 15 giugno alle ore 18.00 Gemma Trevisani, junior editor per Rizzoli commenta così la fortuna del romanzo: «Credo che la forza di Capo Scirocco stia anche nel suo essere inattuale. È un romanzo che non rispetta nessuno dei codici del romanzo contemporaneo; è una storia d’amore e sentimenti che si colloca nel solco di una lunga tradizione». E aggiunge «Penso che le scrittrici siciliane sappiano raccontare la famiglia, la passione e il rapporto con la terra come oggi in pochi riescono a fare» Chias, Rizzo e la Abbadessa hanno in comune il fatto di guardare la Sicilia da lontano, da Milano, da Roma, da Savona. Una Sicilia traslata altrove, dove si trova quel fervore creativo alimentato dalle forze del contrasto. Presso l’Oratorio di Albisola Superiore il Circolo”Renzo Aiolfi” e il Sodalizio “Pirandello” in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Albisola Superiore patrocinano il conferimento del premio “PINO CIRONE” allo scultore Giorgio Oikonomoy Emanuela nel frattempo è stata intervistata da Piero Dorfles al Salone del libro di Torino ed è fra i finalisti del Premio "Alassio 100 Libri - Un Autore per l'Europa". Seguirà concerto di pianoforte del Maestro Aurelio Canonici Santuzzo 16