Il genio e la macchina
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Il genio e la macchina
Il genio e la macchina Bizzarrini e Lampredi. Due storie dell’auto italiana a c ur a d i Vittorio Riguzzi Catalogo realizzato in occasione della mostra Il genio e la macchina Bizzarrini e Lampredi. Due storie dell’auto italiana Dal 17 luglio al 13 settembre 2010 Sala Esposizioni, Fondazione Geiger Corso Matteotti 47, Cecina (LI) Mostra e catalogo a cura di Vittorio Riguzzi Hanno collaborato: Federico Gavazzi, Alessandra Scalvini Testi in catalogo di: Jack Koobs de Hartog Federico Gavazzi Giorgio Marzolla Vittorio Riguzzi Maurizio Tabucchi Graphic design e impaginazione: Giulia Cassani - Studio Kiro Fotografie automobili: Luca Stazzoni, Mattia Voso, Lorenzo Gori, di SM Photo Art (Firenze) 17-13: dall’ Λ all’ Ω e Ritorno Bandecchi & Vivaldi - Editore ISBN 978-88-8341-937-1 INDICE introduzione.................................................................................................................................................5 GIOTTO BIZZARRINI..........................................................................................................................................9 Giotto Bizzarrini: ingegnere, collaudatore e imprenditore geniale....................................13 Il grande, geniale progettista Giotto Bizzarrini?........................................................................15 Bizzarrini 5300 Strada.............................................................................................................................17 Bizzarrini 128P...........................................................................................................................................21 Bizzarrini 500 “Macchinetta”................................................................................................................25 ASA 1000 GT....................................................................................................................................................29 Bizzarrini Kjara .......................................................................................................................................33 Aurelio Lampredi.......................................................................................................................................39 Ferrari 250 GT.............................................................................................................................................47 FIAT Dino Spider..........................................................................................................................................51 Fiat 125 Special..........................................................................................................................................55 FIAT 131 Abarth...........................................................................................................................................59 6 Giotto Bizzarrini 8 G I OT TO B I ZZ A R R I N I di F e d e r i c o G ava z z i Giotto Bizzarrini nasce il 6 giugno 1926 a Quercianella, pochi chilometri a sud di Livorno, e fin da giovanissimo mostra uno spirito indipendente e intraprendente. Giotto si avvicina a quelle che sono le sue grandi passioni, l’aerodinamica e la progettazione aeronautica, ma la tradizione di famiglia lo conduce al mondo delle automobili. In base all’usanza che voleva i figli ripercorrere le orme del padre, nel 1945 si iscrive alla Facoltà di Ingegneria a Pisa, e sceglie di specializzarsi in Meccanica. Mostra un forte senso pratico e tutti suoi i studi e i suoi progetti sono orientati verso soluzioni immediatamente verificabili al banco prova o su strada. del settore sperimentale e di sviluppo delle auto Gran Turismo e Sport. Qui lavora con Carlo Chiti, ex collega all’Alfa Romeo, che lui stesso aveva fatto assumere. Bizzarrini lavora alla Ferrari Testa Rossa 12 cilindri 3 litri, alla Testa Rossa 500 Mondial 2 litri, alle varie versioni della Ferrari 250 (250 GT SWB, 250 Spider California, 250 GTO). Ancora alle prese con la 250 GTO, è coinvolto nell’episodio che divenne famoso come “l’epurazione” e che vide Enzo Ferrari licenziare Gerolamo Gardini e tutti gli ingegneri che ne presero le difese. Nel 1961 Giotto è fuori dalla Ferrari. La Ferrari 250 GTO è il capolavoro dell’ingegnere in Ferrari e una delle vetture della casa di Maranello più belle di sempre. L’auto è un’evoluzione della 250 SWB che nasce nel 1961 dall’esigenza di difendere il titolo costruttori Gran Turismo dagli assalti della nuova Jaguar E-Type: Bizzarrini arretra il gruppo motore-cambio, spostando il peso verso il centro dell’automobile e consentendo un profilo del muso diverso e più affilato; altre modifiche alla carrozzeria migliorano ancora l’aerodinamica e la GTO fin dalle prime prove è già velocissima. In seguito perfezionata da Mauro Forghieri e Sergio Scaglietti, la vettura vinse tre campionati del mondo consecutivi. Tra i piloti che la guidarono i più famosi furono Lorenzo Bandini e Stirling Moss. Nel 1953 discute una brillantissima tesi di laurea su un motore 750 cc quattro cilindri in linea, raffreddato ad aria, già pronto per la strada. Le sue competenze sulla meccanica e la passione per l’aerodinamica lo portano a modificare il telaio di una Fiat 500 Topolino: nasce la 500 “Macchinetta”, che si distingue dalla versione di serie per il muso basso e lungo in grado di fendere l’aria, l’inclinazione del parabrezza molto più pronunciata, la linea morbida del tetto e della coda bombata; il motore viene arretrato il più possibile per ripartire meglio i pesi e viene aumentata la potenza fino a 30 cavalli. Appena laureato ottiene il posto di Assistente volontario alla Cattedra di “Macchine, tecnologie e meccanica agraria”, sempre presso l’Università di Pisa, e subito comincia ad inviare richieste di colloquio presso le maggiori aziende automobilistiche italiane. Poco dopo è a La Spezia per un incarico alla Oto-Melara, fabbrica che produce armi e cisterne. Nel 1962 insieme a Chiti, Gardini e con il sostegno economico del conte Giovanni Volpi di Misurata, fonda la ATS S.p.a. (Automobili Turismo e Sport), che ebbe vita breve ma permise a Giotto di tornare a lavorare al telaio della Ferrari 250 SWB e realizzare la “Breadvan”, battezzata così per la lunga coda tronca. Nell’estate del 1954 Giotto fa il suo ingresso all’Alfa Romeo dove lavora come ingegnere collaudatore prima sulle vetture di serie e poi al reparto sperimentazioni dell’azienda. Qui è a stretto contatto con piloti famosi come Giovanbattista Guidotti e Consalvo Sanesi e diventa lui stesso un ottimo pilota collaudatore in grado di verificare direttamente l’efficacia delle soluzioni tecniche e delle modifiche che di volta in volta apporta alle vetture. Già nel 1960 comincia la collaborazione con l’ASA (Autocostruzioni Società per Azioni), azienda di proprietà dei De Nora, che aveva acquistato i diritti per produrre la “Ferrarina”, una piccola GT carrozzata Bertone. Bizzarrini apporta alcune modifiche su quella che era già l’ASA 1000 GT che ne migliorano assetto e tenuta di strada. L’ASA 1000 GTC è la versione con carrozzeria in alluminio e motore elaborato da 994 cc. Nel 1957 Bizzarrini entra in Ferrari, scelto da Enzo Ferrari, proprio per rimpiazzare uno dei piloti collaudatori, Sighinolfi, morto in un incidente all’Abetone. Alla fine degli anni Cinquanta è già responsabile Negli stessi anni Bizzarrini dà vita a Livorno ad una società battezzata Autostar con lo scopo di progettare nuovi motori. Il lavoro più importante fu per Ferruccio Lamborghini che commissionò un motore 9 di grossa cilindrata da installare su vetture da Gran Turismo. Nelle intenzioni del committente, il motore doveva avere almeno 350 cavalli. Bizzarrini crea un V12 di 3,5 litri di potenza addirittura superiore che, ceduto alla Lamborghini, viene installato sulla prima auto della casa modenese, la 350 GTV, ed in seguito sulla celebre Miura. Le Mans, Nürburgring) ottenendo ottimi risultati, e tali affermazioni favorirono la vendita della versione stradale. Rotti i rapporti con la ISO, Bizzarrini si mette in proprio e converte la Autostar in Società Prototipi Bizzarrini, poi Bizzarrini s.p.a. Con alcune lievi modifiche alla carrozzeria la A3C diventa una vettura stradale e prende il nome di Bizzarrini 5300 GT Strada (5300 GT America, per il mercato americano): questo è senza dubbio la creatura più celebre dell’ingegnere livornese, che continua ad affidarsi al V8 Chevrolet. La fabbrica a Salviano (LI) produsse circa 150 vetture tra il 1964 e il 1969. La versione scoperta è il bellissimo 5300 Spider SI. Anche se le vendite vanno molto bene, subentrano problemi con i fornitori di motori e carrozzerie. Interrotta la collaborazione con la Drogo Sports Cars, una vettura viene carrozzata da Neri e Bonacini e fornita di un motore Ford V8: nasce la “Nembo”. In seguito il carrozziere a cui si affida è ancora una volta Salvatore Diomante di Torino. Per le carrozzerie in vetroresina invece ha rapporti con i Cantieri Nautici Catarsi di San Pietro in Palazzi (LI). Dal 1961 Bizzarrini lavora per la ISO Rivolta di Bresso (MI), l’azienda di Renzo Rivolta che produce elettrodomestici e piccole auto e che vuole cominciare la produzione di vetture Gran Turismo. L’ingegnere lavora alla ISO Rivolta GT 2+2 e progetta la ISO Grifo A3L e la ISO Grifo A3C. La Grifo è un coupé con meccanica e telaio progettati da Bizzarrini, carrozzeria disegnata da Bertone, e motore Chevrolet V8 da 5300 cc in grado di erogare 400 cv di potenza. La Grifo A3L viene presentata al Salone dell’Automobile di Torino nel 1963. Da subito l’idea di Bizzarrini è quella di orientare questa vettura alle corse e la versione che ne deriva viene denominata Grifo A3C, dove la C sta per “corsa” o “competizione”: la carrozzeria è in lamiera o vetroresina e realizzata da Piero Drogo. L’auto partecipò a diverse corse (Sebring, 10 Bizzarrini lavorò anche ad una versione più piccola della GT Strada, la 1900 GT Europa: l’auto che in origine doveva essere spinta da un propulsore Fiat 1500 cc, alla presentazione al Salone di Torino del 1966 monta un motore Opel-GM da 1900 cc. La vettura fu prodotta in soli 17 esemplari, uno di essi spider. Allo stesso salone, è presente anche una vettura dalle caratteristiche opposte, la GT America 7000, con motore Chevrolet da 7 litri, derivata ancora dalla 5300 GT Strada. Con questa vettura Giotto fa il suo sostanziale debutto in America, cominciando rapidamente a farsi conoscere al pubblico statunitense e costruire quello che sarà poi il mito del genio dei motori italiano. Già l’anno dopo, nell’agosto del ’67, Playboy Usa parla della vettura come “il bambino prodigio dell’ingegnere italiano Giotto Bizzarrini”. Tra l’inverno del 1965 e la primavera del 1966 nasce anche la P538 (posteriore, 5.3 litri, 8 cilindri), pensata esclusivamente per le corse: si tratta di una barchetta a motore posteriore con telaio tubolare leggero; il motore montato sul primo prototipo è un Lamborghini V12 da oltre 400 cv, poi viene installato il solito affidabile Chevrolet Corvette V8 da 5300 cc alimentato da carburatori Weber. Due vetture, iscritte ufficialmente dalla casa, parteciparono in quell’anno alla 24 Ore di Le Mans con ottime prestazioni ma scarsa fortuna, dovendosi ritirare dopo pochi giri. Furono apportate alcune modifiche ai prototipi originali, che montarono tetti in plexiglass, e su commissione del Duca d’Aosta venne realizzata anche una versione coupé. Il telaio della P538 sarà la base della Bizzarrini Manta, la prima realizzazione di Giorgetto Giugiaro dopo il suo divorzio da Bertone e la creazione della sua nuova società Italdesign. tra gli altri la AMX/3, prototipo sviluppato per l’American Motors Corporation, il prototipo P128, che monta il motore della Fiat 128 Rally elaborato e partecipa alla Targa Florio del 1973, e la monoposto Bizzarrini F3 del 1981. Collabora anche con Kawasaki al motore 900 cc testata 4 valvole e con Gilera per un motore 350 cc. Nel 1989 un gruppo di ingegneri di Ascoli Piceno ha avuto l’idea di avviare una società con l’intenzione di costruire “copie” delle vetture prodotte negli anni Sessanta da Bizzarrini. Giotto, poco propenso per carattere ad autocelebrarsi o a tornare su progetti passati, si rifiuta di sostenere il progetto ma li aiuta nella realizzazione di una nuova vettura sportiva, la Picchio, con motore BMW. La vettura riscosse un discreto successo nei diversi campionati nazionali, soprattutto nelle gare in salita. L’attività di Bizzarrini prosegue intensa e con la stessa determinazione, nonostante gli anni che scorrono. Nel 1990 viene presentata la Bizzarrini BZ-2001, derivata dalla meccanica della Ferrari Testarossa. Il progetto è sviluppato con gli studenti messicani della scuola di Pasadena, California, per conto di una società privata. Il motore è un V8 6000 cc da 650 cv. Nel 1998 inizia un progetto in collaborazione fra la Scuderia Bizzarrini e l’Università La Sapienza di Roma: il prototipo Bizzarrini Kjara viene esposto al Salone di Torino nel 2000, si tratta di una vettura ibrida spinta da un propulsore 2.5 litri Turbodiesel Lancia e un motore elettrico da 40 KW. La ricerca su forme di propulsione alternative ed ecologiche lo interessa e lo porta a collaborare anche con la ETA S.r.l. Nel 1969, per le difficoltà economiche incontrate dalla piccola impresa in un mercato dominato dalle grandi case automobilistiche, ma soprattutto per la speculazione di alcuni finanziatori, la Bizzarrini s.p.a. è costretta a chiudere. Il marchio “Scuderie Bizzarrini” ha diversi passaggi di proprietà, mentre l’ingegnere prosegue la sua attività di progettista realizzando numerosi prototipi e offrendo consulenze e lavori di ricerca a svariate aziende automobilistiche. Si ricordano Superati gli ottanta anni di età Bizzarrini continua ad essere totalmente preso dalla sua passione. A livello internazionale è considerato dagli esperti uno dei più grandi ingegneri di sempre, personaggio di culto nel mondo dell’automobilismo. I suoi capolavori sono realizzazioni immortali che hanno rivoluzionato la storia delle auto da corsa e delle vetture Sport e GT. 11 12 Giotto Bizzarrini: ingegnere, collaudatore e imprenditore geniale di Jack Koobs de Hartog costruiti grazie alle competenze tecniche e alla fama di questo personaggio proveniente dalla Ferrari e ideatore del motore Lamborghini V12. Grazie al nome di Bizzarrini, la Iso ha potuto anche rilanciare l’immagine dei propri frigoriferi e delle proprie motociclette. In caso contrario avrebbe continuato per sempre a produrre “ovetti su ruote”. Nato in una bellissima località costiera a sud di Livorno in Toscana, il motto personale di Giotto Bizzarrini è: “Memento Audere Semper” cioè “Ricorda di osare sempre”. Inutile dire che lo ha sempre seguito alla lettera. Fin da giovane, quando lavorava come ingegnere e collaudatore all’Alfa Romeo e alla Ferrari, Bizzarrini ha sempre coltivato il desiderio di diventare pilota di Grand Prix. Questa speranza era ben fondata, in quanto sui tracciati staccava tempi migliori rispetto ai piloti ufficiali Ferrari delle categorie Formula 1, GT e Sport Cars. Questo sogno fece capolino dal cassetto quando incontrò Juan Manuel Fangio. Nel circuito di Modena, l’ingegnere ebbe l’opportunità di gareggiare contro l’argentino e rimase esterrefatto. “Quel pazzo non aveva paura di niente! Era impossibile batterlo”, mi disse. “Oltre al suo straordinario talento, contava al 150% anche sulla vettura preparata per lui dagli ingegneri”. In seguito a questa sconfitta capì che non avrebbe mai eguagliato la bravura di Juan Manuel Fangio. Ripose quindi il suo sogno nel cassetto per diventare il famoso ingegnere che è oggi. E Giotto, infatti, ha davvero lasciato il segno! In particolare ricordiamo il telaio dell’Alfa Romeo Giulietta, la Ferrari 250 Testa Rossa, gli altri modelli 250, la 250 GT SWB, la famosa 250 GTO, la Ferrari “Breadvan”, il motore Lamborghini V12, la ASA 1000 GTC, tutti i modelli Iso Rivolta e, ovviamente, i suoi fantastici prototipi (A3C, 5300 GT Strada, 1900 GT Europa e P538). C’è forse un altro ingegnere in grado di esibire un curriculum del genere? È un vero peccato che la comunità automobilistica italiana non abbia ancora conferito a Bizzarrini i dovuti riconoscimenti per tutte le sue creazioni passate, mentre il rispetto che merita giunge puntuale dalla stampa internazionale. Inoltre, viene addirittura sminuita la forte influenza che Bizzarrini ha avuto sui modelli Iso Rivolta, in netto contrasto con i comunicati stampa risalenti al periodo in cui furono lanciati tali modelli. A quei tempi era necessario sfruttare al massimo l’affermata reputazione di cui godeva Bizzarrini nel settore automobilistico. Ora sembra che tutti abbiano dimenticato che i modelli Iso Rivolta furono Giotto è un uomo testardo, puntiglioso, difficile? Di sicuro lavorare con lui può non essere semplice. Ma non c’è niente di strano in questo, stando a quanto ho imparato da uno dei miei guru del marketing Paul Arden: “I migliori [creativi] hanno la mente a senso unico, dispongono di una visione “a tunnel”. È ciò che li rende unici nel loro genere. Non amano i compromessi e rischiano facilmente di mettere in soggezione gli altri, soprattutto i giovani. Ma se si fa capire loro che si desidera davvero realizzare qualcosa di buono, la risposta sarà positiva. Perché anche loro condividono lo stesso desiderio. L’importante è far capire loro di avere le idee chiare e di volerle perseguire fortemente. Così facendo, anche in caso di discussioni, vi sarete guadagnati il loro rispetto. Se non dovessero mostrarlo subito, non preoccupatevi, avverrà in seguito. Non ho mai detto infatti che sarebbe stato facile! Le probabilità di raggiungere una posizione lavorativa migliore non sono molto elevate, ma sicuramente sarà stato più stimolante che lavorare per il tipico datore di lavoro mediocre”. Una saggia lezione che mi ha sempre accompagnato e che è sempre stata efficace ogni volta che ho avuto a che fare con questo genio. Non abbiamo mai avuto scontri veri e propri perché sono sempre stato attento a lasciargli lo spazio necessario e meritato, a differenza di quanto hanno fatto molte altre persone. Mia moglie Marijke ed io siamo sempre desiderosi di incontrare nuovamente Giotto e Rosanna. Giotto Bizzarrini avrebbe la reputazione di cattivo manager? Ma non esiste! Spesso le sue qualità gestionali vengono messe in dubbio? Ingiustamente! A metà degli anni ‘60 ha fondato in poco tempo una rinomata azienda in grado di fornire consulenze e produrre vetture ammirate da tutto il settore automobilistico. Le sue competenze nell’ambito del mar13 keting erano del tutto innovative ed era estremamente temuto dalla concorrenza. Un ottimo inizio con la A3C! Un’eccellente vettura che ha progettato, prodotto e messo su pista. Con un budget estremamente contenuto, Bizzarrini ha catturato l’attenzione della stampa di settore italiana e internazionale. Tuttavia, a causa delle normative italiane, l’omologazione del modello ha richiesto circa due anni. Anche il settore delle automobili sportive si è opposto insieme ad alcuni fornitori ausiliari che a volte arrivavano a triplicare i prezzi nel momento in cui capivano che la società di Bizzarrini avrebbe avuto un grande successo. Nonostante ciò, il giovane imprenditore si affermò sul mercato e nei primi due anni di vita della sua società, riuscì a vendere ben 30 automobili destinate ai mercati esteri sportivi più importanti. La maggior parte di queste vetture è stata venduta in seguito alla partecipazione e ai risultati conseguiti nei principali eventi sportivi del settore. Infatti, la sua società aveva raggiunto il successo in brevissimo tempo dopo la sua fondazione, dimostrando di avere familiarità con le quattro P del marketing: Prodotto, Prezzo, Punto vendita e Promozione. Inoltre, Bizzarrini ha dimostrato di possedere anche la rarissima quinta “P”, ovvero la Passione! Sono convinto che, attualmente, tra computer e strategie di marketing, sia impossibile trovare un imprenditore alle prime armi alle prese con questa nicchia estremamente specializzata del settore automobilistico, in grado di eguagliare i risultati conseguiti da Bizzarrini. Ufficialmente, gli furono promessi sussidi e fondi governativi per lo sviluppo d’impresa. rono a dover abbandonare la sua carica all’interno del Consiglio di amministrazione, privandolo di tutti gli asset dell’azienda. Accadde addirittura che gli ultimi prototipi dell’azienda, furono costruiti senza l’intervento di Bizzarrini, che aveva già lasciato il consiglio d’amministrazione. Tale fallimento non è quindi da attribuire a Giotto Bizzarrini. Nessun imprenditore (forse a causa della concorrenza) può sopravvivere a lungo in una tale situazione senza cadere in bancarotta. Nemmeno Bizzarrini è stato risparmiato. Egli sostiene di essere stato vittima di una sorta di complotto organizzato segretamente per escluderlo dal mercato poiché costituiva una spina nel fianco al consolidato potere politico di grandi aziende come Ferrari, Maserati e Lamborghini. Eventi del passato a parte, Bizzarrini, dall’alto della sua professionalità, sa esattamente cosa vuole creare e come affrontare i problemi tecnici e le trappole disseminate sul percorso verso il raggiungimento dei propri obiettivi. A differenza di molti altri ingegneri, conosce ogni più recondito aspetto della fase produttiva e, ancora più importante, ne conosce le ragioni. È estremamente difficile trovare un ingegnere-collaudatore preparato come Bizzarrini, dotato anche della passione per la progettazione. E viene rispettato per questa sua qualità. Nel corso degli anni, molti importanti costruttori del settore automobilistico hanno bussato alla sua porta per ricevere consulenze. Forse non tutti sanno che, perfino la Ferrari ha segretamente richiesto la consulenza di Bizzarrini: le vetture venivano trasferite nella sua piccola officina per chiedergli di risolvere i problemi tecnici riscontrati nei progetti di Formula 1. Bizzarrini ha osato e non ha mai dimenticato di osare! Sulla base di queste garanzie e promesse, Bizzarrini fece crescere l’azienda investendo in risorse umane, nuovi edifici, pacchetti azionari e attrezzature. Ma, per ragioni non dichiarate e a volte dubbie, non ricevette mai alcun finanziamento. Abstract da: Bizzarrini P538 Anniversario, di Jack Koobs de Hartog, di prossima pubblicazione. [email protected] Di conseguenza, Bizzarrini dovette cercare altre fonti di capitale cadendo purtroppo nelle mani di finanziatori disonesti che lo porta14 Il grande, geniale progettista Giotto Bizzarrini? No, lui si definisce meccanico collaudatore! di M aur i z i o T a b u c c h i L’officina ce l’ha a Rosignano Solvay, ma l’ha chiusa “per raggiunti limiti di età” ci disse quasi un anno fa. dici vollero la città porto franco per favorirne il popolamento. E fu così che a Livorno arrivarono da tutto il Mediterraneo, dall’Oriente, dalla Spagna, portando le loro culture, le loro storie, le loro religioni, il loro carattere. Un’abitudine (si fa per dire) dei livornesi, dei “risicatori”, come si chiamavano da queste parti, era quella di aspettare che le navi si arenassero sulle famose Secche della Meloria per prenderne possesso. E il primo coraggioso che riusciva a salirvi, superando indenne non tanto il braccio di mare che le separava dalla costa, ma la competizione con gli altri contendenti, ne diventava per legge il proprietario. Oggi si può incontrare a Quercianella, dove ha le sue radici. Abita in una traversa della Via Aurelia, quella strada divenuta famosa per “Il Sorpasso” del grande regista Dino Risi; in quei giorni - era il 1962 - quando venne girato il film Giotto aveva trentasei anni, l’anno prima aveva lasciato la Ferrari abbandonando un posto sicuro, il suo sogno di progettista, pardon meccanico collaudatore, come lui ama definirsi. E si accingeva ad intraprendere l’attività di costruttore con quelle bellissime per tutti e solo per lui fallimentari (dal punto di vista economico) GT Strada, tutte fatte a Livorno, tranne il motore il 5300 otto cilindri Chevrolet, ma che lui aveva reso più potente. Questo racconta Bizzarrini quando parla della sua storia, delle sue avventure, dei suoi successi, delle sue sconfitte. Da noi è famoso, ma in America, quando lo invitano per gli eventi legati alle sue automobili gli stendono il tappeto rosso. Perché, come un altro celebre toscano, l’immenso artista di Vicchio del Mugello, ha inventato la Ferrari GTO, l’altra O di un altro Giotto. La carrozzeria in vetroresina gliela realizza il cantiere Catarsi di San Pietro in Palazzi, nei pressi di Cecina, il resto lo fa da sé. Di cosa non è capace Giotto? un’avventura la sua, un’avventura che finirà male sotto l’aspetto imprenditoriale, ma magnificamente per il successo internazionale che otterranno le sue berlinette. Un’avventura delle tante, come quando durante la guerra, mentre piovevano i bombardamenti americani, si tuffava in mare a raccogliere i pesci morti per le esplosioni. “Il ponte non lo prendevano mai... ma il fritto era assicurato”. Un nome che ricorre nella famiglia; il nonno Giotto non aveva studiato, ma divenne dottore honoris causa, tante furono le sue pubblicazioni scientifiche. Autodidatta, geniale, straordinario. Come il nipote? Sì come il nipote. Il quale ricevette da Enzo Ferrari un ordine: Bizzarrini mi devi fare una macchina che vada forte, ma forte da essere la più veloce Granturismo di tutti i tempi. E nacque il mito, la vettura più famosa al mondo. “Io non ho mica fatto granché; Ferrari mi dette una vecchia berlinetta da modificare e mi rinchiuse in un piccolo locale ricavato in fabbrica, a Maranello, lontano da occhi indiscreti. Nessuno, dico nessuno, nemmeno la progettazione, doveva sapere quello che stavo facendo. Tutti i giorni veniva a vedere cosa combinavo e alla fine gli dissi: ingegnere, guardi, non s’illuda, I livornesi sono un po’ matti, coraggiosi, allegri, estroversi, un po’ diversi dagli altri toscani, perché Livorno ha una storia particolare, affascinante; la città la vollero sviluppare i Medici, più o meno quando ormai Pisa, l’antica Repubblica Marinara, era agli sgoccioli è proprio il caso di dirlo, perché il mare si stava lentamente allontanando; ma soprattutto ormai sotto il dominio della Repubblica Fiorentina. I Me15 Oppure quando, non molto tempo fa, lo chiamarono alla Ferrari: “Ci avevano finito la strada da me! Per risolvere il problema alla galleria del vento”. Lui aveva realizzato la sua galleria artigianale, meccanica, con due stadere, rudimentale, ma che andava benissimo; quella supertecnologica di Maranello, invece, non voleva proprio funzionare. “O non lo vedete che lo strumento sente le vibrazioni dell’automobile; cambiategli posto no?”. E da quel giorno il sonno dei tecnici Ferrari fu molto più tranquillo. Onoriamo Giotto Bizzarrini, teniamocelo stretto; dopo di lui fine della leggenda, in un mondo ormai preda dei computer, freddo, globalizzato. Quelli della sua generazione se ne sono andati e non è un caso che questa Toscana, una regione all’avanguardia, culla della cultura rinascimentale, lungimirante, saggia, prima nazione al mondo - il Granducato - ad abolire nel 1787 pena di morte e tortura, abbia dato i natali a tanti personaggi dell’automobile che oggi purtroppo non ci sono più. Se ne sono andati Aurelio Lampredi, livornese anche lui, grande progettista Ferrari e non solo. Se n’è andato il pistoiese Carlo Chiti, che tutti ricordano in Ferrari nel 1961, trionfatore tanto con le Formula 1, quanto con le Sport, e poi alla testa dell’Autodelta. E se n’è andato anche Franco Scaglione, lo straordinario designer fiorentino che viveva a Suvereto. I magnifici Quattro? Forse sì, perché in questa zona d’Italia si sono concentrati alcuni dei più grandi cervelli dell’Automobile, quella con l’A maiuscola. Grazie Giotto, grazie della tua storia, grazie del tuo mito, grazie della tua amicizia. che un po’ di tempo ci vuole! Ma rimasi anch’io sorpreso, quando la macchina, la “Papera”, fu pronta. Finì che avevo fatto presto, quasi non ci credevo, ma io non ho compiuto alcun miracolo, la macchina c’era già! La carrozzeria? Mi servii di un volenteroso carrozziere lì vicino che modellò l’alluminio; niente di speciale. La vera GTO, quella di serie - si fa per dire - arrivò dopo, ma anche la mia andava, eccome se andava!”. 16 Bizzarrini 5300 Strada 1968 Bizzarrini 5300 Strada Dimensioni L/W/H Passo Peso Capacità serbatoio 4394/1730/1110 mm 2451 mm 1252 kg 130 litri Motore e trasmissione Motore Distribuzione Posizione motore Alesaggio x corsa Cilindri Valvole Valvole per cilindro Volume Cambio Rapporto di compressione Alimentazione Potenza massima Picco di potenza Trazione GM / Chevrolet Corvette punterie meccaniche centrale – anteriore 101.6 x 82.55 mm V8 OHV due 5359 cc 4 rapporti + RM 11:1 un carburatore Holley 365 CV 6000 giri posteriore Telaio Tipo Sospensione anteriore Sospensione posteriore Freni Sterzo Ruote, cerchi ant./post. Carrozzeria Prestazioni Velocità massima 20 Pianale di lamiera con struttura tubolare a ruote indipendenti, bracci triangolari, molle elicoidali, ammortizzatori telescopici, barra stabilizzatrice Ponte De Dion, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici, montanti longitudinali, barra stabilizzatrice a disco (posteriori montati all’uscita del differenziale) a circolazione di sfere 6x15 / 7x15 alluminio 259 kmh Bizzarrini 128P 1971 Bizzarrini 128 Prototipo Dimensioni L/W/H Passo Peso Capacità serbatoio Motore e trasmissione Motore Distribuzione Posizione motore Alesaggio x corsa Cilindri Valvole Valvole per cilindro Volume Cambio Rapporto di compressione Alimentazione Potenza massima Picco di potenza Trazione 4394/1730/1110 mm 2451 mm 1252 kg 130 litri GM / Chevrolet Corvette punterie meccaniche centrale – anteriore 101.6 x 82.55 mm V8 OHV due 5359 cc 4 rapporti + RM 11:1 un carburatore Holley 365 CV 6000 giri posteriore Telaio Tipo Sospensione anteriore Sterzo Ruote, cerchi ant./post. Carrozzeria Pianale di lamiera con struttura tubolare a ruote indipendenti, bracci triangolari, molle elicoidali, ammortizzatori telescopici, barra stabilizzatrice Ponte De Dion, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici, montanti longitudinali, barra stabilizzatrice a disco (posteriori montati all’uscita del differenziale) a circolazione di sfere 6x15 / 7x15 alluminio Prestazioni Velocità massima 259 kmh Sospensione posteriore Freni Bizzarrini 500 “Macchinetta” 1 9 5 3 Bizzarrini 5 0 0 “ M a c c h i n e t t a ” Dimensioni L/W/H Passo Peso 3225/1270/1320 mm 1990 mm 500 kg Motore e trasmissione Motore Distribuzione Posizione motore Cilindri Valvole per cilindro Volume Cambio Rapporto di compressione Alimentazione Potenza massima Trazione Fiat monoalbero in testa anteriore 4 in linea due 569 cc 4 rapporti + RM 7:1 Due carburatori Dell’Orto 28 CV posteriore Telaio Tipo Sospensione anteriore Freni Sterzo Ruote, cerchi ant./post. tubolare a ruote indipendenti, bracci oscillanti, balestra trasversale, ammortizzatori idraulici a ruote indipendenti, balestra, ammortizzatori idraulici, supporti in gomma, barra stabilizzatrice a tamburo a vite e settore 4.25x15 / 4.25x15 Prestazioni Velocità massima 150 kmh Sospensione posteriore ASA 1000 GT 1964 ASA 1000 GT Dimensioni L/W/H Passo Peso Capacità serbatoio Motore e trasmissione Motore Distribuzione Posizione motore Alesaggio x corsa Cilindri Valvole per cilindro Volume Cambio 3900/1550/1200 mm 2200 mm 780 kg 60 litri ASA monoalbero in testa anteriore 69 x 66.5 mm 4 in linea quattro 1092 cc 4+2 rapporti (overdrive su terza e quarta marcia) + RM Rapporto di compressione 9.1:1 Alimentazione due carburatori Weber doppio corpo DC0E 40 Potenza massima 102 CV Picco di potenza 6800 giri Trazione posteriore Telaio Tipo Sospensione anteriore Freni Sterzo Ruote, cerchi ant./post. Carrozzeria a traliccio in tubi d’acciaio a ruote indipendenti, bracci oscillanti, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici ponte rigido, bracci oscillanti, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici a disco con servofreno a cremagliera 5.70x13 alluminio Prestazioni Velocità massima 190 kmh Sospensione posteriore Bizzarrini Kjara 1998 Bizzarrini Kjara Dimensioni L/W/H Passo Peso Motore e trasmissione Motore Posizione motore Cilindri Valvole per cilindro Volume Cambio Alimentazione Potenza massima Trazione 4100/1950/1180 mm 2500 mm 1116 kg FIAT Lancia 2.4 turbodiesel + Motore elettrico OEMER da 40 kW centrale – posteriore 4 due 2400 cc 5 rapporti + RM Sovralimentato 170 CV integrale Telaio Tipo Freni Ruote, cerchi ant./post. Carrozzeria struttura space frame in acciaio con elementi in carbonio a ruote indipendenti, quadrilateri sovrapposti, ammortizzatore idraulico, molle coassiali a ruote indipendenti, quadrilateri sovrapposti, ammortizzatore idraulico, molle coassiali a disco autoventilati 11x17 fibra di vetro Prestazioni Velocità massima 230 Km/h Sospensione anteriore Sospensione posteriore Aurelio Lampredi 38 Aureli o L ampredi di Giorgio Marzolla Lampredi alla Ferrari Era nato a Livorno verso la fine della Prima Guerra Mondiale, il 16 giugno 1917, da famiglia tipicamente livornese con il padre vice capo ufficio in un’azienda cantieristica per la riparazione dei rimorchiatori. Dopo i regolari studi tecnici consegue il diploma in ingegneria meccanica all’istituto Tecnico Superiore di Friburgo nel Baden Württemberg in Germania, sede di un’antica Università. Intanto Enzo Ferrari, che si è ormai definitivamente staccato dall’Alfa Romeo, si mette in proprio a costruire automobili ed ha necessità di ingegneri progettisti con esperienza nel campo dei motori. Ferrari era uno straordinario progettista e animatore di uomini, non di motori, ed aveva estremo bisogno di un valido elemento con preparazione e capacità tecniche elevate. Alle Reggiane lavorava un professore di Modena a cui Ferrari chiese se conosceva qualche giovane ingegnere bravo e il professore, che aveva molto apprezzato il giovane Lampredi, glielo segnalò. Quindi fu convocato alla Ferrari dove Giuseppe Busso gli fece un interrogatorio di terzo grado, rimandandolo a casa con l’auto stop, senza una parola. Una domenica mattina di due settimane dopo, suonano alla porta di casa ed è Ferrari in persona che gli dice “Venga subito con me, da domani stesso”. Così nel 1946 Lampredi entra alla Ferrari, che era allora una piccola fabbrica artigianale, come vice capo dell’Ufficio Tecnico diretto da Giuseppe Busso, un ingegnere di valore e di vecchia maniera con cui si scontra Lampredi, il quale non sempre è d’accordo con lui per completa diversità di vedute nel tipo di motori da costruire e nel modo di farli. Il suo primo lavoro a 20 anni è già impegnativo: dal 1937 al ‘39 lavora infatti all’ufficio progetti motori avio della Piaggio. Questa era un’azienda ligure fondata a Genova nel 1884 da Rinaldo Piaggio per la lavorazione del legno e degli arredamenti navali. La società, passata nelle mani dei figli Armando ed Enrico, si occupò anche di aeronautica, quando gli aerei erano prevalentemente di legno. Erano i tempi in cui l’aeronautica italiana era all’avanguardia e l’esperienza acquisita in questi due anni tra questi motori gli sarà preziosa per i suoi progetti nel campo delle automobili. La Piaggio é più nota al pubblico perché nel 1946, grazie all’ingegner Corradino D’Ascanio, realizzò la Vespa, successo mondiale. Per un breve periodo di circa un anno, Lampredi è assunto come progettista all’acciaieria Bossoli di Livorno ed impara molte cose sui metalli e sul modo di trattarli; la conoscenza dei metalli e delle loro lavorazioni sarà un’esperienza fondamentale per il suo lavoro futuro nel campo dei motori. Si ricorda che anche Henry Ford, all’inizio della sua carriera, lavorò in una fonderia e questa esperienza gli fu poi preziosa quando si trattò di far fondere il monoblocco del suo motore 8 V. Per cui, quando gli viene prospettata la possibilità di inserirsi in una fabbrica dal nome glorioso come l’Isotta Fraschini di Saronno, che ha la velleità di far rinascere la marca e di rilanciarla sui mercati internazionali con una nuova prestigiosa automobile di lusso, Lampredi accetta. Dobbiamo ricordare che nel 1946 la Ferrari era una piccola azienda appena nata mentre l’Isotta Fraschini, fondata il primo gennaio 1900, era stata una delle fabbriche più rinomate nella costruzione di auto di gran lusso, ampiamente esportate e con fama mondiale. In piena Seconda Guerra Mondiale, nel 1941, fu assunto da un’altra azienda aeronautica prestigiosa, le Officine Reggiane Caproni di Reggio Emilia dove rimane alla progettazione motori fino al 1945, al termine delle ostilità. Le Officine Reggiane producevano il famoso caccia RE 2000, considerato uno dei migliori di tutta la guerra. Lampredi viene assunto nel 1946 e si trasferisce a Milano per metter mano al progetto del motore a 8 cilindri a V della Monterosa che sarà prodotta in due esemplari, funzionerà benissimo ma rimarrà allo stato di prototipo e non entrerà mai in produzione. 39 Alla fine del 1947 arriva Aurelio Lampredi. I due tecnici, entrambi validissimi, hanno differenti vedute e si accende tra di loro una rivalità che Ferrari non frena fino a quando il più anziano Colombo torna per un breve periodo all’Alfa Romeo e poi si trasferisce alla Maserati dove progetta gli straordinari motori a 6 cilindri 2000 e 2500. Questo primo motore 1500 a 12 cilindri aveva avuto una gestazione difficile. Colombo aveva fatto girare l’albero motore su cuscinetti di banco in “metalbianco” come si usava negli anni ‘30, ma questi non reggevano il carico. Allora aveva ideato dei cuscinetti flottanti, non bloccati all’esterno “per dimezzare le velocità periferiche”, che però si rivelarono un disastro. Allora ripiegò sui rullini di banco e di biella (i cuscinetti “ad aghi”), sistema complicato e costoso che obbligava ad una lavorazione particolare dell’albero motore e alla costruzione di speciali rullini, sistema che non dette mai grandi risultati specialmente in affidabilità. Eppure pochi anni dopo, il giovane ingegnere Giulio Cesare Carcano progettò la famosa Guzzi 500 a 8 cilindri a V con l’albero e le bielle che giravano su rullini. Quel motore sviluppava 68 CV a 12.000 giri che, all’epoca, erano un’enormità. A Hockenheim nel ‘56 la 8 V stabilì il giro più veloce a 199 km/h di media col pilota Kavanag e nel ‘57 raggiunse 275 km/h sul rettifilo di Terracina. Ancora migliorata fino a portarla a 75 CV vinse la prima gara del Campionato Italiano e la Coppa d’Oro a Imola nel ‘57, quando un accordo tra le maggiori case motociclistiche italiane fece terminare la partecipazione alle gare. Fu un tentativo prematuro di far rinascere la prestigiosa marca Isotta Fraschini, in un’epoca dell’immediato dopo guerra, il 1947, in cui la motorizzazione era prevalentemente su due ruote e c’era una grande richiesta di auto minime ed economiche, come la 500 e poi la 600 Fiat. Uscito Busso dalla Ferrari, Lampredi, dopo pochi mesi di assenza, viene richiamato dal Commendatore nel settembre 1946 ma con il patto “io torno, ma voglio trovare strada libera” e diventa Responsabile della Progettazione, incarico principe in una fabbrica di macchine da corsa, ruolo che manterrà per otto anni fino al 1955, libero quindi di esprimere le sue idee, sempre sotto la guida di Ferrari. Qui trova l’ingegner Giacchino Colombo come collaboratore esterno di Ferrari, valente progettista di motori da competizione, considerato uno degli uomini più importanti nell’automobilismo sportivo italiano. Aveva iniziato nel lontano 1924 all’Alfa Romeo sotto Vittorio Jano che nel 1937 l’aveva mandato alla scuderia Ferrari di Modena dove progettò l’Alfa Romeo 158, la 308, la 312 e la 316 assieme all’ingegner Ricart, tutte vetture molto innovative. Tornò alla sede di Milano dell’Alfa dopo due anni nel 1939 dove passò tutto il periodo della guerra. Enzo Ferrari, che lavorando per l’Alfa aveva già conosciuto le sue capacità, lo chiamò come collaboratore a Modena nel 1945 all’inizio delle sua attività di costruttore. Colombo, con la sua esperienza in Alfa fatta con Jano e Ricart, gli progettò quel primissimo 1500 a 12 cilindri a V, progenitore di tutta la serie dei motori a 12 cilindri della Ferrari ed anche la vettura, la 166 che doveva ospitarlo. Questo motore Ferrari da 1500 cc. era troppo frazionato ed addirittura c’era un modello, la 125 di F. 1, munito di compressore come l’Alfetta 159. Lampredi mette subito le mani sul 12 cilindri di Colombo che dava solo 60/65 cavalli a 5600 giri e lo progetta da capo, togliendone i difetti e specialmente i diabolici rullini, incrementandone decisamente la cilindrata a 3300, poi 4100 ed infine a 4500 cc e naturalmente la potenza che raggiunge i 350 CV a 7000 giri. Con la sua esperienza in campo aeronautico, non crede nei turbo per i motori della auto ed infatti il suo 12 cilindri è un motore aspirato, contrariamente all’Alfetta. Quando al banco provano il motore con il capo della sala prove Luigi Bazzi, fedelissimo di Ferrari fin dal tempo dell’Alfa, questo sviluppa una tale potenza che Bazzi dice subito “Si è sballato 40 il banco prova”: per due giorni smontano e rimontano il banco ma il motore dà sempre la stessa altissima potenza. Lampredi azzarda: “E se fosse proprio questa la potenza giusta? I miei motori sono sempre stati potentissimi. Vengo da un campo, l’aeronautica, dove l’uomo del cielo è attaccato al motore e se il motore non è potente viene giù come una pera”. finito, noi ci ritiriamo dalle gare”. Il primo telegramma di felicitazioni che Lampredi ricevette fu proprio quello dell’Alfa Romeo. Così finì imbattuta la straordinaria Affetta 159 superata da un altro astro nascente italiano: la Ferrari. Il motore 4500 a 12 cilindri a V, ridotto in seguito di cilindrata a 3000, equipaggiò la famosa Ferrari 250 e le serie successive che, vestite magistralmente dai più abili carrozzieri, ne fanno ancor oggi le più ambite automobili d’epoca. Questo propulsore aveva parecchie particolarità tecniche tra cui le canne avvitate alla testa senza l’interposizione di guarnizioni di tenuta. Un grande passo avanti nei motori sportivi fu l’adozione di cuscinetti di banco e di biella a guscio sottile. Lampredi li aveva già visti durante la guerra sui motori aeronautici, preda bellica Pratt & Whitney americani e Rolls Royce inglesi, ma nel ‘47 aveva fatto la conoscenza col signor Vandervell che produceva questi cuscinetti a guscio sottile. Precedentemente il motore Ferrari, come si è detto, ruotava su rullini ma era una soluzione costosissima e fragile. Quindi vengono adottati i cuscinetti inglesi a guscio sottile acquistando in prestazioni e specialmente in affidabilità. Nel 1951, una domenica mattina verso le 11, Ferrari entrò nell’ufficio di Lampredi informandolo che avevano cambiato i regolamenti della Formula 1 e che bisognava progettare un nuovo motore, non più da 4500 cc ma solamente da 2000. Data l’ora, Lampredi voleva andarsene a casa a pranzare in famiglia ma Ferrari gli chiese solo “di buttare giù un’idea” e mentre Lampredi disegnava, lo rifornì di panini e Lambrusco per non distaccarlo dal tavolo di lavoro. Alle 5 del pomeriggio il progetto di un motore 2000 col frazionamento ridotto a 4 cilindri era pronto. Passato poi ai collaboratori Rocchi, Salvarani, Fochi che lo misero al “pulito”, dopo due mesi il motore altamente competitivo girava al banco prova. Nel 1950 si corre il primo campionato mondiale di piloti e marche. L’Alfa Romeo partecipa con la 159 e i piloti delle tre F, Farina, Fangio e Fagioli vincendo undici gare e facendo conquistare a Farina il primo titolo mondiale. Le Ferrari 4500 di Lampredi invece mancavano ancora di affidabilità. Ma l’anno dopo, nel 1951, la Ferrari guadagna il suo primo successo in Formula 1 con Froilan Gonzales (el Cabezon) a Silverstone con la 375 F 1 e Ascari al Nürburgring vince di forza con la sua Ferrari dimostrando che il motore di Lampredi è veramente molto potente ed ora anche affidabile. Questo aveva ormai sorpassato in prestazioni l’Affetta 159 che, dopo quell’anno, pur vincendo il campionato del mondo con Fangio, abbandonò le corse. All’Alfa correvano con una macchina del 1938 che, anche se aggiornata e potenziata, non poteva più competere con i nuovi motori. Anzi, già troppo aveva fatto e vinto. Nacque così la 4 cilindri 2000 “500 di Formula 2”, doppia accensione col cambio in blocco col differenziale, che non perse mai una corsa e con cui Alberto Ascari vinse per due anni il campionato del mondo di Formula 2 nel 1952 e nel 1953, che aveva sostituito la Formula 1. Da questi successi venne l’idea di fare una macchina Sport con questo motore e un telaio sempre a passo corto; così nacque la Sport Mondial (che dal ‘56 si chiamerà Testa Rossa), altra vettura sempre vincente. Nella Mille Miglia del 1954 arrivò prima nella sua classe di due litri. Con la cilindrata aumentata a 2500 questo motore equipaggiò l’imbarcazione di Achille Castoldi che batté il record mondiale di velocità nel 1953. Su questo motore Lampredi montò per la prima volta il tubo di scarico sdoppiato 1-3 e 2-4, che oggi si trova su molti motori a quattro cilindri. La dote principale era, oltre all’alta potenza, l’affabilità. Lampredi aveva fatto il basamento in ghisa a doppia parete per avere la massima rigidità accoppiata alla massima leggerezza. La qualità di questo basamento era tale che fu adoperato Quando a Monza al Gran Premio d’Italia, le Ferrari arrivarono prima, terza, quarta e quinta con il solo Farina inserito al secondo posto sull’Alfetta 159, si capì che questa macchina aveva fatto il suo tempo. Raccontava Lampredi: “All’Alfa Romeo si comportarono da gran signori. Mi chiamarono subito al loro box dove c’era il direttore generale dell’Alfa che mi disse: “Così giovane! Lei ha ucciso l’Alfa, questa macchina gloriosa l’anno prossimo non correrà più. Il nostro ciclo è 41 anche per motori di cilindrata superiore come il 3000 e poi il 3500. Con il motore a 4 cilindri, Ferrari tenta l’avventura di Indianapolis e si presenta alla corsa con una monoposto, alla guida di Alberto Ascari, ancora con le ruote a raggi Borrani rinforzate, mentre tutte le macchine americane montano robuste ruote a disco. Sono proprio le ruote che tradiscono Ascari in corsa, che si trova a gareggiare tra macchine altamente specializzate e con grande esperienza per quel tipo particolare di competizione. Lampredi, quando rimase solo al reparto progettazione, chiamò presso di sé due ragazzi, Rocchi e Salvarani, che avevano lavorato con lui alle Reggiane e che “si era tirato su” insegnando loro per bene il mestiere. Il primo lo adibì ai motori e il secondo alle ruote dentate e poi ai telai quando in Ferrari arrivò Colotti che aveva la passione degli ingranaggi. Costui si specializzò proprio nei cambi e creò poi una sua attività per la costruzione dei cambi per le macchine sportive. L’ufficio tecnico diretto da Lampredi aveva quindi Rocchi ai motori, Salvarani ai telai e Colotti alle trasmissioni, coadiuvati da altri più giovani tra cui Fochi, che lo seguirà poi all’Abarth e con cui progetterà e porterà in produzione il Volumex per le Lancia da Rally. Aveva quindi creato un gruppo formidabile di tecnici che, nel tempo, faranno grande la Ferrari. pesante e quindi difficilmente manovrabile. Renzetti voleva seguire un’altra via e provare a costruire un motore monocilindrico da 500 cc. che sperava sviluppasse almeno 50 CV, creando quindi una Guzzi da corsa molto più leggera e manovrabile della 8 cilindri e abbastanza potente da essere competitiva. Nel 1955 Ferrari, che aveva saputo di questo progetto, pensa che un motore da competizione a due soli cilindri ad alta potenza possa avere delle caratteristiche di leggerezza e di coppia vincenti nei circuiti ovali americani ed incarica Lampredi di progettarne uno. Nasce quindi il progetto della 252 F.1 da 2500 cc., di cui viene costruito il solo motore con l’altissimo rapporto di compressione di 13:1 che, messo al banco, scoppiò letteralmente sparando la testata sul soffitto della sala prove. Da questo episodio iniziò il famoso “scontro silente” finito con la rottura con Ferrari che si risolse nel 1956, quando Lampredi approdò alla Fiat chiamato da Gianni Agnelli in persona che gli aveva detto tempo prima “Se lascia la Ferrari, venga da noi”. Al momento della liquidazione Enzo Ferrari voleva da Lampredi la ricevuta a testimonianza che tutto fosse stato saldato, l’altro invece voleva prima l’assegno per poi consegnare in seguito la ricevuta. Finì che in una mano uno teneva la ricevuta e nell’altra mano l’altro teneva l’assegno che si scambiarono nello stesso tempo. L’attività di Lampredi alla Ferrari è frenetica e produce a getto continuo motori e soluzioni tecniche che portano le auto del Cavallino a vincere in tutte le categorie e in tutte le gare. Nel 1948 e nel ‘49 Clemente Biondetti vinse la 1000 Miglia con la Ferrari 166 S e Luigi Chinetti la prima 24 Ore di Le Mans del dopoguerra. Nel ‘50 fu la volta del gentleman driver Giannino Marzotto che vinse la 1000 Miglia con la 195 S (motore da 2341 cc.) in abiti borghesi e passerà alla storia come “il pilota in doppio petto blu”. Lampredi alla Fiat La struttura tecnica del reparto progettazione della Fiat era composta da 4 persone: l’ing. Ettore Cordiano (direttore progettazione), l’ing. Felice Cornacchia (direttore progettazione vetture), l’ing. Aurelio Lampredi (direttore progettazione motopropulsori, cioè motori e relative trasmissioni) e l’ing. Zandonà (capo sperimentazione); l’ingegner Ildo Renzetti (che veniva dalla Guzzi) era invece alla sperimentazione e dipendeva da Zandonà. Solo negli anni 1951/53 in Ferrari si costruirono 21 tipi di motori che portarono a vincere la 1000 Miglia nel ‘51 con Villoresi, nel ‘52 con Bracco e nel ‘53 con Giannino Marzotto. In realtà dal 1948 al 1957 (l’era di Lampredi), tutte le 1000 Miglia furono vinte dalla Ferrari eccetto negli anni ‘54 e ‘55, mentre nel ‘56 e ‘57 le auto col Cavallino fecero il vuoto dietro di loro arrivando I, II e III. Alla Fiat quella era l’epoca dei “Cavalieri” che, pur non essendo laureati, detenevano il potere nei reparti tecnici, che erano detti “trita ingegneri”. Molti giovani ingegneri furono infatti “tritati” ma Lampredi resistette. Era un motorista completo con buone conoscenze di sala prova ma era soprattutto un grande progettista, un vero genio nel disegno e nella velocità ad eseguire disegni schematici in cui non L’ingegner Ildo Renzetti era stato a lungo alla Moto Guzzi all’epoca della famosa 8 cilindri 500 cc., moto potente e vincente ma anche 42 compariva mai il numero 17, magari un 16,99 ma mai un 17. Lampredi era molto prolifico e progettò per la Fiat, come aveva fatto alla Ferrari, tutta una serie di motori per auto di grande serie e sportive. Inventò la camera polisferica con albero a camme semilaterale per il motore modulare (quasi una novità per l’epoca) con 4 cilindri in linea per le nuove berline 1300/1500 e con 6 cilindri per le “ammiraglie” 1800/2100 poi evoluto in 2300 cc. Per la 124 berlina progettò un motore ancora ad albero a camme laterale e valvole allineate comandate con aste e bilancieri secondo la tecnica corrente all’epoca ma per le sue versioni sportive, le ben note 124 Sport Coupé e Spider, progettò il bialbero mosso da cinghia dentata. (1974), la 128 Coupé 3 P (1975), la nuova 128 (1976) e la Coupé 3P speciale (1979). La Fiat doveva ancora stupire perché nel 1980 uscì dal reparto progettazione un motore completamente nuovo, non nella sua struttura ma nel metodo di costruzione. Si trattava del famoso FIRE, il primo motore italiano costruito interamente da sofisticati robot. Robot che costruivano interamente motori, da noi non si erano mai visti. Questo fu il primo di una serie di nuovi propulsori che non avevano nessuna derivazione dai motori dell’era Lampredi (che intanto nel ‘77 era andato in pensione ma era rimasto come consulente) e rappresentò un grande punto di svolta nell’industria automobilistica in quanto, eliminata ormai la vecchia catena di montaggio di tipo fordiano, a cui tutte le fabbriche del mondo si erano ispirate senza mai uguagliarla, venne costruito senza mano d’opera. Solo tecnici. Fu quindi una svolta epocale che tese ad eliminare l’operaio generico trasformandolo in un lavoratore molto più qualificato che venne chiamato tecnico. La qualità di questo progetto è dimostrata dal fatto che il “bialbero Lampredi” è stato montato su diverse automobili con cilindrate differenti ed è stato in produzione dal 1966 fino all’anno 2000, equipaggiando vetture Fiat e Lancia, veicoli commerciali e macchine sportive. Era partito da una cilindrata 1200 per arrivare al 2000 Abarth da corsa. C’era allora in Fiat una guerra feroce tra i reparti Progettazione e Sperimentazione; quello che proponeva l’uno veniva bocciato dall’altro, ma anche in questo caso Lampredi dimostrò il suo straordinario senso pratico facendo sperimentare i suoi motori da un altro reparto e mettendo poi tutti davanti al fatto compiuto e a motori sempre innovativi e di alte prestazioni. Oltre a tutti i motori sportivi e da corsa come aveva prodotto alla Ferrari, Lampredi si dedicò anche ad una auto economica e nuova per la Fiat: la prima “trazione anteriore”, la 128, uscita nel 1969 con il gravoso compito di sostituire la straordinaria 1100, uno dei grandi successi della Casa. Risolse l’eterno problema tra economia di costruzione e prestazioni adottando la trazione anteriore, mantenendo lo schema dei 4 cilindri 1100 cc. ma progettando il motore posto di traverso e con valvole inclinate a comando diretto mosse da un asse a camme in testa comandato da cinghia dentata. La configurazione detta ad F, dette ottimi risultati ed una potenza di 55 CV del motore che equipaggiò la berlina a due o quattro porte e la familiare, tutte dotate di sospensioni a quattro ruote indipendenti. Come tutte le costruzioni di Lampredi, quest’auto era suscettibile di evoluzione tanto che presto le si affiancarono la Sport Coupé 1100 e 1300 (1971), la Rally (1972), la Special 1100/1300 Lampredi aveva come principio che ogni idea doveva avere uno sviluppo nel tempo per cui i suoi motori erano suscettibili non solo di miglioramenti ma di notevoli incrementi di cilindrata e di potenza. Quando con l’accordo Fiat - Ferrari il motore Dino arrivò in fabbrica, era un 2000 cc ed aveva il basamento in alluminio. Lampredi non amava molto l’alluminio che era stato invece il cavallo di battaglia del mitico ingegner Cappa della Fiat degli anni ‘20, perché riteneva che l’alluminio non avesse le caratteristiche meccaniche adatte a realizzare componenti strutturali quali un basamento motore; quindi lo trasformò in 2400 cambiando il basamento da alluminio in ghisa, più pesante ma anche molto più rigido. Alla Fiat mancava anche da tempo un’auto di prestigio; c’era l’ottima e veloce 125 ma occorreva una macchina di livello superiore. L’occasione del motore Ferrari fece nascere il progetto dell’ammiraglia 130. Il motore della Fiat 130, pur con la stessa impostazione generale del Dino, era un progetto totalmente di Lampredi quindi completamente diverso dal Dino. Nacque infatti con la cilindrata di 2800 cc. nel 1969, con il cambio automatico di serie (a richiesta quello meccanico), ma c’era già in cantiere la 3200 che uscì due anni dopo, con nuovi interni molto eleganti, più potente e veloce, affiancata da uno splendido Coupé dovuto alla Pi43 ninfarina. Purtroppo la prima versione della 130, più povera e meno potente, aveva bruciato l’immagine del modello che non ebbe mai successo commerciale in Italia, anche per l’elevato bollo di circolazione, ma ne ebbe un po’ di più all’estero, specialmente in Germania. Aveva all’inizio anche qualche difetto: soffriva di vaporizzazione della benzina nel carburatore a motore molto caldo. L’auto si fermava e non voleva più saperne di partire. Queste grandi Fiat erano usate anche da molti importanti funzionari e parlamentari tra cui Giulio Andreotti la cui 130, quando arrivava ad un certo punto del percorso dalla casa del politico al Parlamento, ad una curva intorno ad una fontana nel traffico cittadino si fermava e l’autista non era capace di avviare nuovamente il motore. Bisognava lasciarlo raffreddare. Andreotti, ormai abituato al problema, scendeva e faceva la piccola parte del percorso restante a piedi. Questo fatto preoccupò molto la Fiat per la figura e l’immagine della marca, per cui spedirono a Roma il Capo delle Progettazione Lampredi per risolvere il problema. E lui lo risolse abbastanza rapidamente, sistemando un piccolo serbatoio a fianco del carburatore in modo tale che potesse assorbire i vapori della benzina, continuando così a far funzionare il motore. Abarth non aveva conoscenze ed esperienze scolastiche ma aveva alcuni interessanti principi: diceva infatti che “non sei padrone di una cosa, se non sai spiegarla anche a tua nonna”, ovvero bisogna essere semplici anche nelle questioni tecniche. Infatti alla Cisitalia, lui aveva semplificato la D 46 sostituendo il sofisticato cambio a tre rapporti semi automatico con un normale cambio a 4 rapporti della Fiat 1100 e apportando altre semplificazioni che incrementarono le prestazioni della piccola monoposto. Diceva anche che “se si capiscono le ragioni dell’errore, quello diventa esperienza”. Citava Tom Edison : “Il genio è formato dall’ 1% di intuizione e dal 99% di sudore” ed aveva un forte senso di autocensura. In modo quasi unico, Carlo Abarth sapeva trovare il buono anche nelle idee sbagliate. La famosa Marmitta Abarth, che fece la fortuna dell’Azienda, era stata progettata dall’Ing. Savonuzzi della Cisitalia, dopo aver osservato il silenziatore di un fucile. Queste marmitte erano anche esteticamente molto belle e Carlo Abarth, che aveva uno spiccato senso commerciale, le piazzò in tutte le vetrine dei negozi di abbigliamento di moda anche femminile di Torino, facendole notare al pubblico elegante. Nel 1971 Carlo Abarth cedette la sua Azienda alla Fiat ma si trovò in casa parecchie auto usate nelle corse. Il suo spirito commerciale gli suggerì di metterle in vendita nel modo più appropriato e infatti riuscì a vendere con grande successo queste sportive non come “auto usate” ma come auto “ex Casa” e a caro prezzo. Gianfranco Bossù, che aveva lavorato con l’ing. Lampredi, ricorda che quest’ultimo, quando era all’Abarth, fece la Fiat 124 Rally Abarth, la 131 Abarth, la 128 Abarth e la Ritmo da 125 CV. Tutti questi motori erano derivati dal famoso ed eclettico bialbero Lampredi mosso da cinghie dentate. Lampredi conosceva bene i compressori volumetrici, provenendo dall’aeronautica prima alla Piaggio e poi alle Reggiane e infatti, quando si trattò di fare una vettura sovralimentata, nel 1980/81 non scelse il turbo ma il compressore volumetrico e riprogettò da capo il Volumex per la Lancia. Quando Lampredi era amministratore delegato e responsabile progettazione motori della Fiat, un suo allievo livornese come lui, l’ingegner Iacoponi, responsabile dei motopropulsori dell’Abarth, riprese in mano il motore Lampredi della Ritmo riuscendo a portarlo a 130 CV. Proprio in quell’epoca fu fatta una prova comparativa di partenza a freddo tra un auto di una nota casa automobilistica tedesca e la 130; la prima partiva al primo colpo mentre la 130 faticava. Questo esperimento fu ripetuto più volte la mattina presto con le due macchine affiancate e lasciate all’aperto tutta la notte ottenendo sempre gli stessi risultati finché un tecnico Fiat si accorse che il motore dell’autovettura tedesca prima della prova era già caldo in quanto un meccanico della casa, la mattina prestissimo, si incaricava di metterlo in moto e di scaldarlo ben bene! Un altro progetto di Lampredi in collaborazione con la Fiat Brasiliana di Belo Horizonte fu quello del piccolo motore di 1050 cc., che fu montato anche in Italia sulla Fiat 127 seconda serie e sulla Ritmo. Intanto negli anni ‘50 c’era stata l’uscita dalla Cisitalia di Carlo Abarth che, dopo aver diretto la Fabbrica per alcuni anni, si mise in proprio con la sua società “Abarth” affiancandosi, per la progettazione motori, all’ingegner Stefano Iacoponi; la fabbrica era allora molto piccola e nel 1959 non vi lavoravano più di 150/180 persone. Carlo Nel 1976 Iacoponi passò alla progettazione motori alla Fiat, sotto 44 la direzione di Lampredi, di cui prese il posto quando questi andò in pensione un anno dopo; a quel tempo in questo reparto lavoravano circa 100 persone. L’ing. Lampredi era un uomo un po’ difficile e non era molto diretto come Abarth o Ferrari tuttavia, a detta di molti, era un vero maestro per quanto riguardava i motori ma era meno abile nella messa a punto degli stessi. Lampredi divenne amministratore delegato dell’Abarth nel 1974 e mantenne i due cappelli all’Abarth e alla progettazione motori della Fiat; qui lavorava, come suo assistente, l’ing. Mario Petronio che Lampredi volle trasferire all’Abarth nel 1975 con l’incarico di Responsabile dei Motori. Per ragioni commerciali all’Abarth, che di fatto era il reparto corse della Fiat e poi della Lancia, arrivò dall’alto l’ordine di far correre al campionato rally la Fiat 131, che in realtà era l’automobile meno adatta sia per correre che per disputare un tale tipo di competizione. In quel periodo di lavoro frenetico (l’obiettivo era molto ambizioso e il tempo estremamente compresso), finito il consueto lavoro in Fiat, Lampredi passava la notte in Abarth, obbligando Petronio a ricominciare da capo la sua giornata lavorativa invece di terminarla. Lampredi volle un motore adatto ai rally che avesse una buona coppia ai bassi regimi e un regime massimo di rotazione non troppo elevato. Si misero tutti d’impegno e a forza di modificare, di trasformare, di incrementare e di irrobustire, montando il bialbero a 4 valvole “Lampredi”, riuscirono a far vincere il Campionato del Mondo Rally alla Fiat 131. Correva voce a quei tempi che la Fiat avesse speso 7 miliardi di lire per ottenere una macchina capace di vincere il Campionato del Mondo. Diceva Angiolini, il direttore della Scuderia Jolly Club di Milano, che con i soldi si può far vincere un Gran Premio anche ad una macchina da cucire. un po’ offuscato, aveva un motore di nuova progettazione a 4 cilindri contrapposti 2000 e poi 2500 cc, che ebbe una lunga serie di problemi tecnici legati soprattutto alla scarsa rigidezza del suo basamento in alluminio (avvalorando quindi la teoria di Lampredi) e che non fu certo un successo commerciale. Questa fu l’occasione di un grande cambiamento: incorporare tutto il reparto progettazione motori della Lancia (che era ancora separato) nel reparto progettazione della Fiat diretto da Lampredi. Finirono quindi i motori Lancia e quella tradizione che in passato aveva dato tanti capolavori ma che, da parecchi anni ormai, non riusciva più ad esprimere nulla di significativo. Un’altra notevole realizzazione di Lampredi fu creare un Diesel per le automobili, abbandonando i pesanti motori di derivazione dagli autocarri e partendo invece da un motore a benzina quindi più leggero e di dimensioni più ridotte anche se opportunamente rinforzato. Fu un’idea poi seguita da altri costruttori che dette luogo ai moderni motori Diesel ad alto rendimento. Così nacque il Diesel 1700 che equipaggiò la Ritmo Diesel; la testata di tale motore progettata da Lampredi aveva la precamera di combustione “Ricardo”, secondo la tecnica corrente all’epoca. In quegli stessi anni la Cadillac Americana, sotto la pressione di severe leggi anti inquinamento, aveva tentato la stessa via: far derivare i motori Diesel dai motori 8 cilindri a benzina di alta cilindrata che equipaggiavano da anni le vetture, senza rinforzarli opportunamente come aveva fatto Lampredi. La conclusione fu disastrosa perché questi grossi Diesel Cadillac non avevano durata e si rompevano. La pressione delle pompe di iniezione dei motori Diesel era allora di 125/150 bar mentre ora, con l’attuale sistema Common Rail ideato dalla Fiat ed ora standard praticamente universale di tutti i motori Diesel per autotrazione, arriva a 2.000 bar. Le Abarth dell’epoca di Lampredi vinsero il Campionato del Mondo Rally nel 1977, nel 1978 e nel 1980, inoltre il motore della Lancia Delta integrale che vinse era l’ultimo derivato dal motore Lampredi per i rally. Alla progettazione dell’Abarth e della Fiat c’erano rispettivamente l’Ing. Iacoponi e l’Ing. Petronio. Quando Lampredi andò in pensione nel 1977 ai due furono scambiate le posizioni: Petronio all’Abarth e Iacoponi alla Fiat. Intanto successe che alla Lancia (ormai diventata Fiat) la nuova Gamma del 1976, l’auto più prestigiosa della marca che avrebbe dovuto rilanciare il nome della Lancia ormai Lasciata la Fiat per limiti di età nel 1977 la Casa non volle perdere un così geniale progettista e ne fece un consulente nel Centro Ricerche con un proprio staff tecnico.Dal 1981 Lampredi fu docente al Politecnico di Torino dove insegnò ciò che aveva fatto per tutta la sua carriera: Progettazione dei motori di autoveicolo. Terminò la sua vita a 72 anni, nella sua casa paterna a Livorno, sua città natale, il 1 giugno 1989. 45 Bialbero Lampredi Dizionarietto Il motore bialbero FIAT, progettato da Lampredi e conosciuto anche come “bialbero Lampredi” è il propulsore montato su quasi tutti i modelli FIAT e Lancia a partire dal 1966 fino al 2000. Albero a camme - Albero dotato di una serie di eccentrici che comandano il movimento delle valvole nei motori a quattro tempi. Questo organo meccanico ruota con velocità dimezzata rispetto all’albero a gomiti, dal quale viene azionato per mezzo di catene, cinghie dentate o ingranaggi Il nome deriva dal sistema di distribuzione, che presenta due alberi a camme in testa, ovvero posizionati direttamente sulla testata del motore e azionati da cinghie dentate in gomma con armatura in acciaio (se il motore ha due bancate di cilindri ovviamente gli alberi sono due per ogni testata). Gli alberi a camme in testa, agiscono direttamente sulle valvole con punterie a bicchiere o bilanciere a dito, in un sistema di grande rigidità e precisione. Questo sistema evita i lunghi bilancieri presenti su altri sistemi di distribuzione, come quelli montati dalla stessa FIAT e basati sulle punterie meccaniche (come quello in mostra), consentendo di ridurre al minimo le masse degli organi preposti all’azionamento di ciascuna valvola ed ottenendo un controllo estremamente preciso della stessa. Il motore può così raggiungere regimi di rotazione particolarmente elevati, cosa che lo rende ideale per le competizioni. Le valvole sono disposte con un’angolazione di 90° e possono indifferentemente essere due o quattro per cilindro (in questo caso con l’aggiunta di controalberi di equilibratura). Aste - Sono piccoli alberi metallici che trasmettono il movimento comandato dall’albero a camme quando questo non si trova montato sulla testata. Sono quindi necessarie solo nei motori che hanno gli alberi a camme nel carter. Il “bialbero Lampredi” fu montato per la prima volta sulla FIAT 124 Sport, introducendo nel campo delle vetture di serie italiane una soluzione sperimentata fino a quel momento solo nelle vetture da gara americane; il motore della 124 presentava già, per il comando degli alberi, la cinghia dentata in gomma, soluzione inedita per il periodo. Tutte le versioni del motore furono create sullo stesso basamento e, con il semplice aumento dell’alesaggio dei cilindri, fu facile aumentare la cilindrata senza stravolgere l’architettura di base del motore. Furono prodotte anche versioni ad iniezione e sovralimentate. Bilancieri - Sono elementi meccanici che hanno il compito di trasmettere allo stelo della valvola il movimento originato dalla camma. I bilancieri oscillano intorno a un perno situato in posizione quasi centrale rispetto alla propria lunghezza. Camme - Sono superfici cilindriche non circolari che nella rotazione si comportano in modo eccentrico rispetto all’albero al quale sono solidali. Sono ricavate in un unico pezzo solidale all’albero con il quale ruotano e che si chiama, appunto, albero a camme. Cilindro - L’organo all’interno del quale scorre il pistone che, con il suo movimento rettilineo alternato, determina lo svolgimento delle varie fasi del ciclo di funzionamento del motore. Cinghia dentata - La trasmissione può avvenire tramite una cinghia che agisce su tamburi, o rulli, dentati. corredata di tendi cinghia con rullini e richiede la messa a punto solo al montaggio, poiché la cinghia non presenta dilatazione con l’uso. Distribuzione - Viene detto “complesso della distribuzione” l’insieme degli organi preposti al controllo del flusso dei gas che entrano ed escono dai cilindri, ossia le valvole e tutti i componenti che ne assicurano il funzionamento (albero a camme con le relative ruote dentate di comando, bilancieri, punterie, ecc.). Molle - Le molle a spirale sono interposte fra lo stelo della valvola e la testata, e hanno il com- 46 pito di mantenere la valvola permanentemente in contatto con il profilo della camma, oppure con la sede circolare praticata nella testata. Le molle si fissano allo stelo per mezzo di piattelli a forma di semiluna, che si incastrano in una scanalatura praticata nello stelo. Pistone - È l’organo mobile, alloggiato all’interno del cilindro e collegato tramite lo spinotto alla biella, che funge da autentica “parete mobile” della camera di combustione e che, con il suo movimento, provvede a richiamare la miscela aria-benzina dall’esterno, a comprimerla successivamente, a ricevere quindi la pressione dei gas in espansione e infine a espellere i gas combusti dal cilindro. Punterie e pastiglie - Le punterie mettono “a punto” la posizione di riposo fra le valvole e i relativi organi di azionamento a freddo. Questi elementi si incorporano ai bilancieri o alle aste di spinta. In altre soluzioni, alle punterie si intercalano delle pastiglie calibrate collocate dentro bussole di alloggiamento oppure sulla stessa valvola. Testa - Detta anche testata, è il componente che chiude superiormente il cilindro e nel quale, nei motori a quattro tempi, sono alloggiati organi come le valvole, le punterie (o i bilancieri) e assai spesso uno o due alberi a camme. Valvola - Nella meccanica (come pure nell’idraulica e nella pneumatica) si indica con questo termine un dispositivo per mezzo del quale si regola il passaggio di un fluido: consentendolo, parzializzandolo o impedendolo del tutto a seconda dei casi. Le valvole possono essere a funzionamento automatico oppure essere pilotate da un sistema di comando. Hanno forma a fungo e la corona circolare della loro testa appoggia su una sede circolare al termine del condotto; l’estremità opposta costituisce lo stelo, che riceve la spinta dall’organo di azionamento. Ferrari 250 GT 1959-63 Ferrari 250 GT/E 2+2 “Pininfarina” Dimensioni L/W/H Passo Peso Capacità serbatoio Motore e trasmissione Motore Distribuzione Posizione motore Alesaggio x corsa Cilindri Valvole per cilindro Volume Cambio Rapporto di compressione Alimentazione Potenza massima Picco di potenza Trazione 4700/1710/1350 mm 2600 mm 1280 kg 100 litri Ferrari Monoalbero a camme in testa anteriore longitudinale 73 x 58,8 mm V12 2 2953 cc 4 rapporti + RM 8.8:1 3 carburatori doppio corpo Weber 36 DCL 6235 CV 240 CV 7000 giri posteriore Telaio Tipo Sospensione anteriore Sospensione posteriore Freni Sterzo Ruote, cerchi ant./post. Carrozzeria Prestazioni Velocità massima traliccio tubolare in acciaio a ruote indipendenti, quadrilateri deformabili, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici, barra stabilizzatrice ponte rigido, bielle longitudinali e balestra longitudinale semiellittica, ammortizzatori idraulici, montanti longitudinali a disco (posteriori montati all’uscita del differenziale) a vite e settore 6.50x15 alluminio/acciaio 230 kmh FIAT Dino Spider 1 9 6 8 F I AT D i n o S p i d e r 2 0 0 0 Dimensioni L/W/H Passo Peso 4134/1710/1270 mm 2280 mm 1150 Motore e trasmissione Motore Distribuzione Posizione motore Alesaggio x corsa Cilindri Valvole Valvole per cilindro Volume Cambio Rapporto di compressione Alimentazione Potenza massima Picco di potenza Trazione Ferrari/FIAT quattro alberi a camme in testa anteriore 86 x 57 mm V6 OHV 2 1987 cc 5 rapporti + RM 9:1 3 carburatori Weber 40 DCN 14 invertiti 160 CV 7200 giri posteriore Telaio Tipo Sospensione anteriore Sospensione posteriore Freni Sterzo Ruote, cerchi ant./post. tubolare a ruote indipendenti, con triangoli sovrapposti, molle elicoidali ponte rigido a disco a cremagliera 6x14 Prestazioni Velocità massima 201 Km/h Fiat 125 Special Auto 1 9 7 1 F I AT 1 2 5 S p e c i a l Dimensioni L/W/H Passo Peso Capacità serbatoio 4223/1313/1440 2505 1055 45 litri Motore e trasmissione Motore Distribuzione Posizione motore Alesaggio x corsa Cilindri Valvole per cilindro Volume Cambio Rapporto di compressione Alimentazione Potenza massima Picco di potenza Trazione Fiat doppio albero a camme in testa anteriore 80 x 80 mm 4 in linea 2 1608 cc 5 rapporti + RM 8.1:1 un carburatore Solex C 43 paia 31 101 CV 6400 giri posteriore Telaio Tipo Sospensione anteriore Freni Sterzo Ruote, cerchi ant./post. carrozzeria autoportante ruote indipendenti, bracci trasversali inferiori, molloni elicoidali, ammortizzatori telescopici, barra stabilizzatrice trasversale, puntoni per bracci inferiori assale rigido, balestra (bilama), due puntoni longitudinali, ammortizzatori telescopici a disco vite e rullo 5x13 Prestazioni Velocità massima 170 Km/h Sospensione posteriore FIAT 131 Abarth 1 9 7 7 F I AT 1 3 1 A b a r t h Dimensioni L/W/H Passo Peso Capacità serbatoio Motore e trasmissione Motore Distribuzione Posizione motore Alesaggio x corsa Cilindri Valvole per cilindro Volume Cambio Rapporto di compressione Alimentazione Potenza massima Picco di potenza Trazione 4190/1820/1360 mm 2490 mm 980 kg 60 litri Fiat doppio albero a camme in testa anteriore 84 x 90 mm 4 in linea quattro 1995 cc 5 rapporti + RM 11:1 iniezione indiretta Kugelfisher 240 CV 8000 giri posteriore Telaio Tipo Sospensione anteriore Carrozzeria monoscocca portante in acciaio a ruote indipendenti tipo McPherson, barra antirollio, montanti telescopici e ammortizzatori a gas a ruote indipendenti tipo McPherson, barra antirollio, montanti telescopici e ammortizzatori a gas a disco autoventilanti a cremagliera 10x15 / 11x15 su asfalto; 8x15 / 8x15 su terra profilati in fibra e vetroresina, alluminio Prestazioni Velocità massima Oltre 200 km/h Sospensione posteriore Freni Sterzo Ruote, cerchi ant./post. Finito di stampare nel mese di luglio 2010 presso Bandecchi & Vivaldi - Pontedera (PI)
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