PROLITTERIS È UN`ORGANIZZAZIONE DI AUTOAIUTO
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PROLITTERIS È UN`ORGANIZZAZIONE DI AUTOAIUTO
Gazzetta 55 | 2 0 1 4 47 intervista di stefan keller e jacques scherrer PROLITTERIS È UN’ORGANIZZAZIONE DI AUTOAIUTO Ernst Hefti parla dei suoi 40 anni passati con ProLitteris e delle sfide che ci aspettano in futuro e r n s t h e f t i , 1947, si laurea in giurispru denza nell’estate 1973 presso l’Università di Zurigo, nel settembre dello stesso anno inizia a collaborare con la s u i s a , dove si occupa del servizio legale. Dopo la tesi di dottorato nel 1976 ottiene la licenza di avvocato s t e fa n k e l l e r , nel 1978. Nel 1982 diventa 1958, giornalista e storico, direttore di ProLitteris. è membro del consiglio di amministrazione e vicepresidente di ProLitteris. j a c q u e s s c h e r r e r , 1952, già editore e oggi amministratore di Association Suisse des Diffuseurs, Editeurs et Libraires (a s d e l ), è membro del consiglio di amministrazione di ProLitteris. Ernst Hefti, ProLitteris compie 40 anni. Lei è stato presente sin dall’inizio come direttore e ora sta per andare in pensione. Come può descrivere quest’opera della sua vita, che adesso passerà ai suoi successori? Devo correggere: non sono stato presente sin dall’inizio come direttore. Ho assunto questa funzione solo nel 1982, quando ProLitteris aveva già otto anni. Ma è vero, ho assistito alla sua fondazione – in qualità di collaboratore della su i sa, dalla quale ero stato incaricato di accompagnare l’evoluzione di ProLitteris, anzi di renderla possibile. Sì, ProLitteris è l’opera della mia vita e in questi quarant’anni il rapporto che mi unisce a questa società è diventato molto stretto – quasi come con la famiglia. È risaputo, ci sono persone che nella vita privata seguono un percorso chiaro e continuo, mentre in quella professionale continuano a cambiare lavoro. Per me è stato proprio il contrario: subito dopo gli studi nel 1973 sono entrato alla su i sa e lì ho lavorato per ProLitteris a partire dal 1974. In compenso, la mia vita privata è stata molto più movimentata. Di che cosa è fiero? Che cos’è che contraddistingue la società ProLitteris? ProLitteris fa ciò che fanno anche le altre società di gestione, vale a dire riscuotere denaro e ridistribuirlo. Non si può dire che si tratti proprio di un’attività estremamente originale, anche se in passato qualcuno diceva che questi soldi che noi incassavamo per i titolari dei diritti erano lì per strada, bastava solo raccoglierli, che si trattava di denaro che giaceva lì, ma di cui nessuno si era accorto. Ma sono soprattutto fiero di essere riuscito a imprimere a 48 Gazzetta 55 | 2 0 1 4 intervista con ernst hefti ProLitteris uno stile proprio. Ho partecipato alla costruzione di questa casa per esempio, qui dove ProLitteris ha la propria sede, ho influenzato l’immagine di ProLitteris nel suo insieme. ProLitteris non deve essere solo una società di riscossione, ha uno stretto legame con il mondo culturale e ciò – almeno credo – si vede anche da fuori. Come è nata ProLitteris? Nel confronto con l’estero è stato un parto tardivo. La prima società di gestione di diritti letterari fu costituita nell’Ottocento da Honoré de Balzac e dai suoi colleghi scrittori – la Société des Gens de Lettres a Parigi, che esiste tutt’oggi. In Germania vi era la vg Wort, in Italia la Società Italiana degli Autori ed Editori (s iae), in Austria la lvg, l’attuale Literar-Mechana. In Svizzera i letterati si barcamenavano come potevano. Qui esisteva solo la su i sa, che esercitava i diritti dei compositori, degli autori di testi e degli editori nel settore della musica. Con l’avvento della fotocopia negli anni 1960 di colpo divenne possibile copiare opere tutelate dal diritto d’autore, in tutta semplicità e senza pagare alcun compenso. Molti editori e scrittori erano preoccupati e così vennero organizzati i primi colloqui fra la federazione svizzera degli scrittori e la su i sa. Nel 1971 la su i sa preparò un congresso di fondazione, che tuttavia fu un fallimento. Gli statuti erano già stati abbozzati, molti editori e scrittori si recarono all’Assemblea al Casino Zürichhorn, erano stati invitati anche i rappresentanti delle società estere. Poi però si formò una forte resistenza. La maggioranza degli scrittori presenti temeva di perdere la sovranità sulle proprie opere, se si fosse intromessa una società di gestione. Molti editori condividevano le critiche e mettevano in guardia gli autori dal rischio di perdere la loro autonomia. Così la fondazione della società venne sospesa. Due anni dopo, Hermann J. Stern, l’allora capo del servizio legale della su i sa, fece un secondo tentativo. Nel frattempo vi erano stati nuovi colloqui. Io vi avevo partecipato sin da quando ero stato assunto alla su i sa nell’autunno del 1973. Il 19 settembre 1974 avvenne la costituzione formale della società. I padri fondatori erano sei scrittori e tre editori: Hans Mühlethaler, Manfred Schwarz, Arnold Schwengeler, Otto Steiger, ErnestFrançois Vollenweider, Otto F. Walter, Hans Christof Sauerländer, Peter Oprecht e Anton Hegglin. tualmente, fra i nostri soci annoveriamo circa 1300 persone dalla svizzera francofona. È stata stilata una convenzione per cui i soci ssa non devono per forza aderire anche a ProLitteris per ricevere i compensi per reprografia e utilizzazione delle opere nelle reti telematiche cui hanno diritto. Dunque inizialmente si trattava solo di una questione svizzero-tedesca? Sì. Nella Svizzera francese, già dal 1947 era attiva una sezione della sac d, la francese Société des Auteurs & Compositeurs Dramatiques, che si occupava di gestire i diritti relativi al repertorio francese di opere drammatiche e in Svizzera aveva già un certo peso. Immediatamente dopo l’introduzione dell’obbligo di autorizzazione per l’esercizio del diritto di ritrasmissione, nel 1981 la sac d fondò una nuova società, la Cablauteurs, e più tardi una cooperativa svizzera, la Société Suisse des Auteurs (ssa). Ci sono voluti circa due anni prima che i primi romandi aderissero a ProLitteris. At- È stato detto che bastava raccogliere i soldi dalla strada. Ma come era la situazione legale? All’inizio l’elemento più importante era il diritto di trasmissione. Nel 1974 la su i sa riceveva circa 4,7 milioni di franchi all’anno per i diritti di trasmissione di compositori, autori di testi di brani musicali ed editori del settore della musica. Per la trasmissione di opere letterarie invece la ss r pagava solo circa 50 000 franchi all’anno. E lo faceva esclusivamente a propria discrezione. La ss r non faceva che seminare zizzania tra gli autori. Un Max Frisch o un Gazzetta 55 | 2 0 1 4 intervista con ernst hefti Friedrich Dürrenmatt ricevevano un mucchio di soldi, ad un autore sconosciuto invece spesso non si pagava neanche un quattrino. fiche delle opere trasmesse, ma ai tempi non avevamo ancora nessun contratto con la ss r. Solo nel 1978 ProLitteris ricevette le segnalazioni delle opere trasmesse e per la prima volta fu in grado di distribuire il denaro: stiamo parlando di 1,1 milioni di franchi. La s s r poteva decidere da sola? Sì. Finché il numero dei nostri soci era ancora esiguo, era difficile trattare con la SSR, che diceva: noi non abbiamo bisogno di ProLitteris ci sono abbastanza scrittori che non sono suoi soci e con i quali possiamo negoziare direttamente. Solo dopo che ProLitteris incominciò a crescere diventam mo abbastanza forti da poter imporre una prima Tariffa per i diritti di trasmissione. Di che cosa viveva la cooperativa fin lì? I primi due anni, dal 1974 al 1976, ci occupavamo soprattutto di reclutare soci, per crescere e poter trattare con la ss r e con gli altri soggetti. Non era un’attività costosa, l’onere finanziario era sostenuto dalla su i sa; io ero l’unico dipendente. Insieme a ProLitteris, sotto il tetto della s u i s a era stata fondata anche una seconda società, la Teledrama. Di che cosa si occupava? Al momento della costituzione di ProLitteris sfociò un conflitto relativo al diritto di trasmissione. Gli editori di libri erano disposti a cedere il diritto di trasmissione a ProLitteris. Gli editori di opere di teatro e di opere musicali invece volevano gestire loro stessi tali diritti e intendevano cedere solamente il diritto di ricezione pubblica. Un accordo era impossibile, sicché fummo costretti a fondare due società. Fra l’altro tutte e due lo stesso giorno, con due consigli di amministrazione e due presidenti. Questo nel 1974. Dopo due anni potemmo riscuotere le prime indennità per diritti di ricezione pubblica. Incassammo 270 000 franchi, ma non fu possibile ripartire i soldi perché non sapevamo a chi appartenes sero. Avremmo avuto bisogno delle noti- 49 entrai nella sala, notai immediatamente che la tensione era altissima. Il segretario del Gruppo Olten, Hans Mühletaler, e l’editore Hans Christof Sauerländer si erano messi d’accordo prima. Ulrich Uchtenhagen era alterato, perché le loro rivendicazioni proprio non gli andavano a genio. Si alzarono Tutti i soldi di ProLitteris provenivano le voci e Sauerländer pronunciò la frase dalla s s r? decisiva: «Adesso ne abbiamo abbastanza di questa su i sa di merda!» Io lo misi a verbale La maggior parte proveniva dalla proprio così, con le parole testuali. Ulrich ss r, dalla Tariffa A della su i sa per l’esatUchtenhagen disse: «Non accetto che mi si tezza. Il resto era composto dai compensi verparli in questi toni! Il signor Sauerländer sati per la ricetrasmissione pubblica, che ricedeve farmi le sue scuse!», al che il presidente vevamo dalla Tariffa Ab, poi ribattezzata della Teledrama, lo scrittore Manfred in Tariffa comune 3a. Verso la fine degli anni Schwarz, dichiarò: «Qua dentro ognuno è 1970, scoppiò un conflitto legato al diritto libero di parlare come vuole.» di ritrasmissione: le trasmissioni radio e tv Allora Uchtenhagen si alzò e disse: «Noi oramai venivano diffuse nelle case via cavo. dell’amministrazione lasceremo la sala Le società di comunicazione via cavo guariunioni!» Eravamo in quattro o cinque didagnavano milioni con la ricezione e la ridifpendenti, ci alzammo e uscimmo dalla fusione di programmi televisivi esteri. I sala, camminando dietro Uchtenhagen uno canoni che chiedevano per questi servizi eradietro l’altro come un gruppetto di oche. no relativamente alti, ma le autrici e gli auLui in testa, io in coda. Percorremmo il cortori, i produttori, gli editori, le case ediridoio in direzione del suo ufficio. A metà trici e le emittenti restavano a mani vuote. strada mi chiesi: «Ma perché sto andando Più o meno nello stesso momento della con loro? Gli altri hanno ragione.» Mi voltai s u i sa, l’o r f decise perciò di avviare un’azioe tornai in sala riunioni. Lì mi domandane legale contro la società via cavo Redifrono: «Cosa vuoi tu qui?» – «Devo ancora fifusion. Fu così avviato il primo processo monire il verbale e trovo che avete ragione!» dello dinanzi al Tribunale federale. Alla Quel giorno, a grande sorpresa di tutti, fine, il diritto di ritrasmissione e i diritti dei avvenne la separazione dalla su i sa: il titolari furono confermati. Da allora anche direttore Uchtenhagen fu destituito, l’ammile società via cavo devono pagare i compensi nistrazione di ProLitteris e Teledrama fu dovuti. affidata a me. Nel 1982 ProLitteris e Teledrama si sono staccate dalla s u i s a. Perché? ProLitteris e Teledrama diventarono immediatamente indipendenti? Sotto il tetto su i sa erano riunite Uchtenhagen aveva già dichiarato quattro società: da un lato ProLitteris e in passato che le due società dovevano diTeledrama, dall’altro lato su i sa e Mechanli ventare autonome e staccarsi dalla su i sa. Ma zenz – una società consorella della su i sa come succede spesso con le madri, a parole per registrazioni su supporti audio. Il diretdicono così, ma poi non lasciano andare via tore di tutte e quattro le società si chiamava i figli. Dopo la memorabile riunione del Ulrich Uchtenhagen, io ero segretario di maggio 1982 affittammo tre piccoli locali direzione, capo del servizio legale e facevo il d’ufficio a Zurigo-Enge e iniziammo a verbalista nelle riunioni del consiglio di lavorare con tre collaboratori. Ora eravamo amministrazione di tutte e quattro le società. completamente indipendenti dalla su i sa. Col tempo, i conflitti fra la direzione della Già lo stesso anno proposi ai consigli di su i sa e i consigli di amministrazione di amministrazione di ProLitteris e Teledrama ProLitteris e Teledrama divennero sempre più una fusione, visto che il 90 per cento dei frequenti, soprattutto per le divergenze di idee a proposito del rilascio di concessioni per l’esercizio del diritto di ritrasmissione. L’escalation avvenne nella riunione del 3 maggio 1982, perché ProLitteris e Teledrama non erano d’accordo con una mozione presentata dalla su i sa relativa alla legislazione sulla gestione dei diritti. Quando 50 Gazzetta 55 | 2 0 1 4 soci era comune alle due società. E siccome sapevo che la su i sa voleva costituire una società di gestione dei diritti di arte visiva, proposi di modificare gli statuti nel senso che anche gli autori e le autrici di opere d’arte visiva e i fotografi potessero diventare nostri soci. Nel dicembre del 1982 organizzammo due assemblee generali straordinarie che decisero la fusione praticamente all’unanimità. La nuova società per i primi due anni portò il nome di ProLitteris-Teledrama, poi cambiò nome in ProLitteris e basta. Ora ne facevano parte anche gli autori di arte visiva. Ma la gestione dei diritti di arte visiva non è un compito completamente diverso dalla gestione dei diritti su opere in testo? A livello giuridico praticamente non c’è nessuna differenza. Ma le opere dell’arte visiva e della fotografia non venivano utilizzate nella stessa misura delle opere letterarie e drammatiche. La radio era esclusa già in partenza e alla televisione le utilizzazioni e dunque anche gli introiti erano assai modesti. Il diritto di seguito era assolutamente sconosciuto in Svizzera, il diritto di fotocopia non era disciplinato così come lo è oggi – alla fine in realtà per gli autori di arte visiva come fonte di reddito restava solo il diritto di riproduzione. Ciononostante volevamo mettere almeno un piede nella porta e evitare che venisse costituita una società specifica per la gestione dei diritti di arte visiva. Comunque, non sarebbe stata in grado di finanziarsi. Attualmente la situazione è ancora questa: le intervista con ernst hefti consigli di amministrazione furono sempre ottimi, a prescindere dalla loro composizione. Se penso ad altre società invece … Non vi furono mai conflitti fondamentali? Sì, una volta vi è fu un conflitto davvero fondamentale, nel 1984 con il presidente allora in carica. Prima i nostri rapporti erano buoni. Ma quando nel 1982 ProLitteris si aprì anche agli autori di arte visiva, il presidente e alcuni dei suoi seguaci videro in ciò un enorme pericolo. Temevano che milioni di pittori della domenica si sarebbero avventati su ProLitteris e che avrebbero scacciato gli autori «veri» – vale a dire le autrici e gli autori di arte letteraria – o che grazie alla loro forza numerica avrebbero potuto dettar legge e decidere le loro sorti. Per l’assemblea generale furono preparate mozioni che miravano a bandire di nuovo l’arte visiva dalle fila di ProLitteris. Io invece proposi un sistema suddiviso in camere, che ancora oggi è radicato negli statuti: la camera a1 per gli scrittori, la a2 per gli autori d’arte visiva e la a3 per i utilizzazioni di opere d’arte visiva e della giornalisti e per gli autori di opere scienti fotografia coperte da ProLitteris sono fiche. Per alcune votazioni è richiesta la molto più modeste rispetto a quelle delle maggioranza in tutte le camere – per evitare opere in testo. il predominio di un gruppo su di un altro. La proposta fu accettata dall’assemblea geneCome era il rapporto fra consiglio rale e l’arte visiva poté restare. Qualche di amministrazione e nuovo direttore? tempo dopo, questo presidente arrivò improvLa lasciavano fare come voleva? visamente con l’idea che il diritto di fotocopia in realtà non avesse niente a che fare Quel giorno, alla riunione del con ProLitteris. Che per questo settore 3 maggio 1982, mi chiesero: «Ne sei capace?» occorresse fondare una nuova società. Fino E io risposi: «Certo!» Ero convinto di ad oggi non ho capito per quali motivi voesserne capace. Ma nei primi due anni, la leva una cosa del genere. Per il resto del consicollaborazione con i membri del consiglio glio di amministrazione era chiaro: se di amministrazione a volte era un po’ ProLitteris era riuscita finalmente e mettersi penosa. Erano abbastanza pignoli, vollero su una base finanziaria solida e sana, il creare degli organismi di sorveglianza… merito era solo del diritto di reprografia. L’unico ad opporsi con tutte le sue forze era il ... per controllare l’operato del direttore? presidente, e lo scontro in una delle riunioni No, per vigilare sull’attività commerdel consiglio fu inevitabile. In quell’occaciale. Riscontrammo presto un enorme successo. Da un milione passammo a cinque milioni, poi a otto. Tutt’ad un tratto c’erano tantissimi soldi, e ovviamente i consiglieri volevano sapere come venissero distribuiti, ed era il loro diritto, assolutamente, anzi, era il loro dovere. Tutto sommato però, in tutti questi anni i miei rapporti con i 51 Gazzetta 55 | 2 0 1 4 intervista con ernst hefti sione dissi: «O se ne va il presidente, o me ne vado io. È impensabile che io possa continuare a lavorare così.» Fu uno sfogo spontaneo, non premeditato. Il consiglio si schierò con me e contro il presidente. via cavo eravamo del tutto sconosciuti. Nel 1995 invece dovemmo spedire circa 150 000 fatture, perché il Parlamento insisteva su questo indicibile sistema di riscossione – contrariamente a quanto avveniva in Germania, dove il compenso per fotocopia viene riscosso attraverso una tassa sugli apparecchi. Eravamo costretti a scrivere a ogni azienda, a ogni amministrazione, a ogni scuola in Svizzera e a riscuotere i compensi direttamente da questi soggetti. Furono tempi durissimi, soprattutto per i dipendenti che dovevano emettere le fatture in questione. Ricevemmo le lettere diffamatorie più odiose, vi furono addirittura due minacce di far saltare una bomba. C’era gente che veniva nei nostri uffici e minacciava la signora alla ricezione. Più volte mi telefonarono a casa nel bel mezzo della notte insultandomi: sei un porco, uno stronzo e via di seguito – fu un periodo davvero orribile e durò più di due anni. Non avevamo scelta, dovevamo riscuotere quei soldi, non avevamo solo l’autorizzazione di farlo, ma in realtà avevamo una sorta di mandato dell’allora Ufficio federale della proprietà intellettuale. Ma gli utilizzatori delle opere non lo capivano. Molti erano dell’avviso che io mi fossi inventato questi compensi per fotocopia di sana pianta e di propria iniziativa. Il ruolo del consiglio di amministrazione è cambiato nel corso degli anni? Come detto, nei primi dieci anni il consiglio di amministrazione s’intrometteva di più anche in piccole questioni operative e aveva un atteggiamento diffidente. Ma bisogna anche dire che era tutto nuovo, io da parte del consiglio di amministrazione non godevo ancora della stessa fiducia degli anni successivi. Inoltre avevo un aspetto molto giovane, cosa che si rivelò uno svantaggio. Una volta un membro del consiglio di amministrazione osservò: «Ma quello non sa negoziare, sembra un appren dista, non lo prenderanno sul serio!» Col tempo poi si sono accorti che invece ero capace di fare il mio lavoro; il consiglio di amministrazione allora si allontanò dal lato operativo e si dedicò a quello strategico. Oggi il consiglio di amministrazione si vede soprattutto come un organismo strategico. E io è da tantissimo tempo che non posso più lamentarmi di mancanza di fiducia. L’attività di ProLitteris ha fatto scorrere flussi di denaro enormi. Cosa dicevano coloro che dovevano pagare? Una pietra miliare nella storia di ProLitteris fu l’anno 1995. Dopo l’entrata in vigore della nuova Legge sul diritto d’autore potemmo avanzare in tutta la Svizzera la rivendicazione del diritto ai compensi per l’allestimento di fotocopie di opere protette. Prima di allora la presenza di ProLitteris passava quasi inosservata agli occhi degli utenti. Nessuno aveva mai sollevato accuse pubbliche nei nostri confronti e tranne che per i soci, la ss r e le società di diffusione attività presso la fondazione Carl-Seelig; nella mia funzione di presidente avevo licenziato qualcuno anche lì. Ero presidente della Fondazione Carl-Seelig, che oggi si chiama Fondazione Robert-Walser, ed ero presidente della Fondazione Coninx. Il consiglio di fondazione di ProLitteris era d’accordo con queste mie attività. Più tardi Lei stesso finì nel mirino delle critiche dei media. Uno degli argomenti ricorrenti era il suo stipendio elevato. Se guardiamo ai quarant’anni della mia attività, vediamo che solo negli ultimi cinque anni si è parlato di questo argomento. Pare che le polemiche iniziarono già un po’ prima. Per esempio con un articolo sulla «Weltwoche» nel 1999, in cui Lei veniva accusato di svariate manovre. Sì, venne pubblicata una pagina intera sulla «Weltwoche», allora ancora in formato giornale, con il titolo «Der Kultur baron». Quel servizio fu fatto a seguito delle dimissioni dell’allora redattore della «Gazzetta». Nacque su iniziativa ... ... della persona licenziata? Sì, e non si trattava del mio stipendio, ma dell’accusa che io fossi un direttore estremamente autoritario, dittatoriale, che curava rapporti assolutamente arbitrari con il personale. Si trattava anche della mia La sua attività presso le fondazioni fu ripetutamente oggetto di articoli di giornale molto critici. La sua attività per la fondazione Carl-Seelig, ma poi soprattutto quella per la Fondazione Coninx. Come mai svolgeva queste attività? La Fondazione Carl-Seelig era socio di ProLitteris, perché era la titolare dei diritti e della successione di Robert Walser. L’allora presidente, Elio Fröhlich, si rivolse a me durante un’assemblea generale e mi disse di avere diverse domande relative al diritto di autore di Robert Walser. Ci incontrammo e discutemmo delle questioni. Mi mise in contatto anche con Siegfried Unseld della casa editrice Suhrkamp, per problemi relativi a contratti di editoria. Non vi era nulla di particolare, spesso fornivamo consulenza ai soci a riguardo di questioni come queste. Anni dopo, il signor Fröhlich mi telefonò e mi chiese se con le mie conoscenze non volessi diventare membro del consiglio di fondazione della Fondazione Carl-Seelig. Non esitai, perché apprezzo moltissimo Robert Walser e il consiglio di amministrazione era d’accordo. Circa tre anni dopo diventai anche membro del consi- 52 Gazzetta 55 | 2 0 1 4 intervista con ernst hefti glio di fondazione della Fondazione Coninx – Fröhlich era il presidente anche di questa fondazione. Mi consultai nuovamente con il consiglio di amministrazione e di nuovo mi fu detto: «Nessun problema!» Dopo la morte di Elio Fröhlich nel 1991, la Fondazione Coninx e la Fondazione Carl-Seelig mi vollero come presidente, cosa che ovviamente mi fece molto piacere. Fra l’altro vi era una terza fondazione presieduta da Fröhlich: la Fondazione Steinberg. Era stata fondata da due sorelle, le proprietarie della casa editrice Steinberg, che lasciarono in eredità una casa a Zollikon. La finalità della fondazione era di mettere la casa a disposizione di scrittori. Dopo la morte di Fröhlich anche la Fondazione Steinberg si rivolse a me e così divenni presidente anche di questa fondazione. Tuttavia la Fondazione Steinberg non aveva soldi, aveva solamente quella casa. Una fusione con un’altra fondazione che disponeva di più denaro e perseguiva uno scopo simile mi sembrò la cosa più sensata. Così la Fondazione Steinberg fu sciolta, anzi vi fu una fusione con la Fondazione Forberg, nel cui consiglio di fondazione io però non sedetti mai. Il gran polverone alzato attorno alla Fondazione Coninx, queste polemiche degli ultimi anni – fu tutto orchestrato dalla famiglia Coninx ... beratamente e in modo mirato. La cosa che mi fece più rabbia è che ProLitteris fosse stata coinvolta in tutta la faccenda. ... e tutto ad un tratto il direttore di ProLitteris si ritrovò proprio nell’occhio del ciclone e nel mirino dei media. In retrospettiva, direbbe che forse sono stati commessi anche degli errori? Se guardo indietro oggi, forse non avrei dovuto farmi eleggere in seno a queste fondazioni, o comunque non come presidente. Valutai male il contesto difficile e ostile e naturalmente i media fecero di tutta l’erba un fascio, confondendo questa attività con la mia attività per ProLitteris, lo fecero deli- Torniamo a ProLitteris e al suo anniversario. Abbiamo citato alcune delle pietre miliari degli ultimi quarant’anni: il diritto di ritrasmissione nel 1982, il diritto di fotocopia nel 1993, attuato poi nel 1995, e poi il momento culminante, quando ProLitteris, con una mossa di strategia mediatica estremamente intelligente si presentò al pubblico per la prima volta con l’emissione di 150 000 fatture. Vi sono altri momenti cruciali nella storia di ProLitteris? L’introduzione dell’indennità per fotocopia fu preceduta da un secondo processo modello dinanzi al Tribunale federale, stavolta contro le ptt. Secondo il vecchissimo diritto d’autore del 1921, che era stato leggermente riveduto nel 1940 e che restò in vigore fino al 1993, la fotocopia senza l’autorizzazione dei titolari dei diritti era proibita. Cercammo di metterci d’accordo con i grandi utenti su questa base legale e sulla base del nostro repertorio per pattuire accor di corrispondenti. Visto che l’impresa era estremamente difficile – perché già da tempo ci si era abituati alla fotocopia illegale e senza autorizzazione – il consiglio di amministrazione di ProLitteris decise di avviare un processo modello, affinché le condizioni giuridiche vigenti fossero confermate dal Tribunale federale. Scegliemmo le ptt e nel 1985 il Tribunale federale diede inequivocabilmente ragione a ProLitteris. Negli anni seguenti riuscimmo poi a stipulare i primi contratti per l’allestimento di fotocopie con l’industria chimica e con alcune scuole. Si trattò di un successo clamoroso, ancor prima dell’introduzione del diritto per fotocopia. ProLitteris si è distinta per qualcosa in particolare nel suo percorso evolutivo rispetto alle altre società di gestione? Noi ci distinguiamo soprattutto per l’eterogeneità dei nostri soci. ProLitteris conta fra i suoi soci molti autori diversi, attivi nei settori più disparati: scrittori, autori di arte visiva, giuristi, scienziati, fotografi, scenografi eccetera. La struttura del nostro effettivo di soci è molto più complessa di quella di altre società, che perciò possono presentarsi anche in modo più unito e co- erente. E anche il diritto di fotocopia è qualcosa di molto particolare. Per via delle difficoltà del sistema di riscossione abbiamo un tasso di spese molto elevato. Ecco, questa sarebbe stata la prossima domanda. Perché abbiamo un tasso di spese più alto di quello di altre società? Appunto, ciò ha a che fare con il complesso sistema di riscossione che ci è stato imposto dal legislatore... ... facendo sì che ProLitteris debba scrivere individualmente a ogni azienda in cui vi è una fotocopiatrice? Esattamente. Inoltre ha a che fare anche con la struttura delle entrate. L’anno scorso abbiamo incassato 32 milioni di franchi e abbiamo avuto un tasso di spese pari al 20 per cento circa. Se avessimo percepito dieci milioni in più, il tasso di spese sarebbe stato del 15 per cento circa. Suissimage riscuote più di 100 milioni e ha un tasso di spese del 5 o 6 per cento circa. Loro ricevono i soldi quasi automaticamente, in pratici pagamenti a rate. Non hanno un vero dispositivo di riscossione, quasi quasi non devono neanche scrivere e inviare le fatture. Se ProLitteris incassasse 100 milioni di franchi, anche il suo tasso di spese sarebbe del sei per cento. Nel corso della sua storia ProLitteris ha mancato qualche opportunità? Vi sono stati disguidi, sviste o sviluppi sbagliati? Non ci siamo persi nulla. Una società di gestione non è che può accrescere le proprie entrate a piacere, inventandosi nuovi diritti: può fare solo quello che è sancito dalla legge. E l’iter che bisogna percorrere affinché la rivendicazione di nuovi diritti per nuove tipologie di utilizzazione sia disciplinata dalla legge è lungo e tortuoso. Ci siamo conquistati il diritto di ritrasmissione Gazzetta 55 | 2 0 1 4 53 intervista con ernst hefti e il diritto per fotocopia, per quanto riguarda il diritto di prestito e il diritto di seguito purtroppo la situazione politica finora non ci ha permesso di affermarci. Ma ora si sta scendendo nuovamente in campo. ProLitteris sottostà ad una autorità di vigilanza che esercita un severo controllo su di lei. I rapporti non sono sempre rose e fiori. Una vigilanza ovviamente è necessaria, soprattutto perché per il nostro lavoro abbiamo bisogno di un’autorizzazione e perché ci è stata concessa una posizione di monopolio. Oggi nessuno potrebbe costituire una seconda ProLitteris ed esercitare la stessa attività. Che in cambio di questo privilegio si controlli ciò che facciamo mi sembra del tutto normale e giusto. Tuttavia l’Istituto della proprietà intellettuale i p i negli ultimi tempi è sotto pressione a livello politico. Vi sono politici e società dei consumatori che hanno affermato che nelle società di gestione manca la trasparenza. Da allora la rivendicazione di trasparenza è diventata l’eterno pomo della discordia. Chi legge i nostri conti annuali vede chiaramente a quanto ammontano le nostre entrate e quanti soldi distribuiamo. Da cinque, sei anni sono riportati nei conti annuali anche gli stipendi dei membri della direzione. Per questo motivo ogni tanto le continue rivendicazioni da parte dell’autorità di vigilanza di una trasparenza sempre maggiore diventano un po’ penose. ed autori, come quelle che invece esistono all’estero, con le lunghe procedure penali che ne conseguono; da noi questi problemi quasi non esistono e se esistono li risolviamo fra di noi. Anche il consiglio di amministrazione ha un mandato di vigilanza. Nel consiglio siedono sia rappresentanti delle associazioni professionali, sia rappresentanti degli imprenditori. Si tratta di una composizione ragionevole? All’estero vi sono delle società che rappresentano solo case editrici o solo autrici ed autori. In seno a ProLitteris abbiamo proposto sin dall’inizio di integrare entrambe le parti. Alla fine la proposta è stata approvata e secondo me è stata una scelta felice, che ha comprovato la sua validità. Non vi sono lotte di distribuzione fra editori Gli autori si trovano bene con questa soluzione? Sì. E inoltre non esiste il rischio che possano essere imbrogliati o che si approfitti di loro. Per le votazioni sulle regole inerenti alla ripartizione o per gli emendamenti statutari è richiesto che la maggioranza di ognuno dei gruppi rappresentati nel consiglio di amministrazione sia d’accordo con la modifica proposta. Se gli editori dicono di volere più denaro a scapito degli autori e se gli autori non sono d’accordo, gli editori non potranno vincere. Secondo me questo sistema si è affermato perché è giusto e valido. Quale è il ruolo dell’assemblea generale? Vi sono mai state decisioni dell’assemblea generale contrarie alla posizione del consiglio di amministrazione, contrarie all’amministrazione e alla direzione? Sì, a riguardo del regolamento di ripartizione. Il primo regolamento di ripartizione di ProLitteris era praticamente identico a quello della su i sa. Era un regolamento commisurato alle prestazioni. I soci che nel corso degli anni della loro appartenenza a ProLitteris avevano percepito indennità elevate ricevevano anche una rendita più alta. Era un po’ come con le assicurazioni sulla vita: più contributi venivano versati e più alte erano le rendite. Un sistema che inizialmente era stato ripreso anche da ProLitteris. Quando poi volemmo apportare alcune modifiche minori al regolamento in occasione dell’assemblea generale, lo scrittore Otto F. Walter si oppose, dicendo che si trattava di un sistema assolutamente non solidale e che non era accettabile che chi era già messo bene ricevesse ancora di più, mentre ai veri poveri non spettava quasi niente. Dopo l’intervento di Otto F. Walter la proposta del consiglio di amministrazione venne respinta. Per fortuna, come vediamo oggi. Walter poi ha collaborato all’elaborazione di un nuovo regolamento solidale, che è in vigore ancora oggi: i soci che in età pensionabile dichiarano un reddito imponibile inferiore ai 50 000 franchi ricevono una rendita dalla Fondazione sociale. Più basso è il reddito imponibile e maggiore sarà la rendita. Proprio il contrario dunque di quanto previsto dal vecchio sistema. Naturalmente il diritto alla rendita aumenta anche con l’ammontare dei compensi versati, questo sì, ma solo i soci che hanno davvero bisogno di una rendita ne riceveranno una. L’assemblea generale ha 54 Gazzetta 55 | 2 0 1 4 intervista con ernst hefti immediatamente accolto il cambiamento. Otto F. Walter fu poi presidente della Fondazione sociale per molti anni. Dopo la sua morte gli succedette in questa carica Hugo Loetscher. sue case per 9,5 milioni di franchi, assoluta mente troppo. Continuammo a incontrarci nel corso dell’anno e alla fine ci vendette la proprietà per 6,1 milioni. Dopo l’acquisto venne il 2002, un anno nero per i mercati borsistici e nel giro di sei mesi il capitale proprio della Fondazione sociale, pari a 6,1 milioni di franchi, investito in titoli mobiliari, si sarebbe sciolto come la neve al sole, riducendosi a tre milioni, se non avessimo acquistato l’immobile. È stato dunque un bel colpo di fortuna. All’inizio volevamo ristrutturare le case, poi però mi venne l’idea di demolire tutto e di osare una costruzione nuova di zecca. Commissionam mo uno studio di redditività, il consiglio di fondazione approvò la nuova costruzione – il tutto si rivelò essere una soluzione assolutamente straordinaria: la casa appartiene alla Fondazione sociale, ProLitteris paga mezzo milione di franchi di affitto all’anno. La Fondazione a sua volta versa a ProLitteris circa 300 000 franchi per l’amministrazione della Fondazione sociale, inoltre paga gli interessi per un mutuo garantito da ipoteca fondiaria, ricevuto da ProLitteris, e ogni anno percepisce 1,2 milioni di franchi di redditi da locazione. Resta dunque tutto in famiglia. La Fondazione sociale è del tutto incontestata? Assolutamente sì. Anche gli editori contribuiscono a finanziarla. Anche se loro non ne beneficiano. Si tratta davvero di una cosa unica nel suo genere. La Fondazione sociale risponde anche al fatto che ProLitteris stessa non ha la possibilità di accumulare un patrimonio… In virtù della legge ProLitteris non può generare utili, tutte le entrate devono essere ripartite agli aventi diritto. Ma la Legge sul diritto d’autore prevede anche che una determinata aliquota delle entrate possa essere dedotta per scopi sociali e cultu rali. Ecco perché il dieci per cento è devoluto alla Fondazione sociale, l’uno per cento alla Fondazione Fondo culturale… ... e alla Fondazione sociale appartiene anche la palazzina in cui ha sede ProLitteris. Questa casa è una storia di successo. Nel 1982 ci siamo trasferiti qui in un immobile vecchissimo. Al pianterreno vi erano i locali della macelleria Niedermann. Nel 2001 il proprietario, il signor Niedermann, mi chiese se non volevamo comprare le La Fondazione paga anche contributi a titolo di sussidi ai soci che vengono a trovarsi in una situazione di difficoltà. Sì, anche questi contributi a titolo di sussidi sono molto importanti. Ogni anno vi sono dai trenta ai quaranta soci che inoltrano una domanda, perché sono venuti a trovarsi senza colpa in una situazione di necessità. O perché devono sostenere le spese per costosi interventi dentari o perché il loro laboratorio è stato distrutto da un incendio o un’inondazione o ancora perché devono affrontare un intervento chirurgico i cui costi non sono assunti dalla cassa malati, visto che il socio in questione non aderisce a nessuna cassa e via di seguito… Vi sono delle storie estremamente deprimenti in Svizzera, non riusciamo neanche a immaginarci le bizze del destino. Negli ultimi 35 anni ProLitteris ha incassato complessivamente circa 800 milioni di franchi. Di questi soldi la Fondazione sociale ne ha rice- vuti all’incirca 45 milioni a titolo di sussidi sociali e sotto forma di rendite per i soci disagiati. Oggi l’organico di ProLitteris si compone di 28 fra collaboratrici e collabora tori. Abbiamo l’impressione che la gente lavori qui volentieri e che tutti restino relativamente a lungo. È vero. Esiste una ricetta? Ho sempre assunto e sostenuto persone che sono in grado di lavorare nella più grande autonomia. Non tutti sanno farlo e non tutti vogliono farlo. Ma la gente cui bisogna dire ogni giorno cosa c’è da fare qui è al posto sbagliato. Naturalmente è importante che le condizioni di lavoro siano buone. Degli uffici piacevoli, abbastanza spazio, di modo che la gente non sia costretta a lavorare gli uni addosso agli altri. Inoltre, prestazioni sociali buone, normali, e in generale un buon ambiente di lavoro, un ambiente umano. E che ci si prenda cura del collaboratore, della collaboratrice, se hanno qualche problema. Da noi lavorano moltissime donne e solo cinque uomini. Alcuni lavorano qui da 15 o 20 anni. Abbiamo parlato molto degli ultimi 40 anni. Per finire parliamo ora un attimo del futuro. Quali sono dal punto di vista del direttore uscente le sfide più importanti che ProLitteris dovrà affrontare nei prossimi tempi? Vedo tre progetti importanti, di cui in parte abbiamo già parlato. Anzitutto il diritto di seguito. Rivendica che le autrici e gli autori, le cui opere sono rivendute a prezzi maggiori rispetto al prezzo di acquisto Gazzetta 55 | 2 0 1 4 originale, ricevano una percentuale del prezzo di vendita. La Svizzera è l’unico paese in Europa che non conosce ancora il diritto di seguito. Secondo, il diritto di prestito. Stiamo lavorando anche su questo fronte. Significa che le autrici e gli autori ricevono un compenso se i loro libri vengono dati in prestito al pubblico. Anche il diritto di prestito è ormai assolutamente scontato in molti paesi. Lo Stato sarebbe in grado senza problemi di finanziarlo, sia nel settore analogico, sia in quello digitale. La terza sfida, secondo me, è l’introduzione di una cosiddetta flat rate per testo e immagine in Internet. Per i film non funziona, me ne rendo conto, l’industria del film e della musica non potrà mai approvare una tassa culturale unica, perché questa non potrà essere abbastanza alta da compensare le perdite di guadagno. Per gli articoli di giornali e periodici e per le immagini in Internet, invece, una flat rate sarebbe senz’altro fattibile. Avrebbe dei vantaggi per gli utenti e anche per i nostri soci. fusione di tutte le società svizzere di gestione dei diritti d’autore o almeno su una possibile stretta collaborazione nei settori riscossione e it. Gli esempi all’estero tuttavia ci confermano il contrario. In Italia la s iae è competente per tutti i repertori e le cose non funzionano bene. Va a sapere perché. Anche in Belgio in passato esisteva una società che gestiva praticamente tutti i repertori. Anche questo sistema non ha funzionato ed è stato cambiato. I vari gruppi di autori hanno interessi troppo divergenti fra di loro affinché possano essere gestiti da un’unica società di gestione. Gli specialisti, anche quelli dell’i p i, sono del parere che non possa funzionare. Il mondo dei media cambia alla velocità della luce, varie forme di utilizzazione si sovrappongono, intersecandosi. Si parla molto di convergenza. Non sarebbe il caso di riflettere sulla domanda se la suddivisione in diverse società di gestione sia ancora adatta alla realtà attuale? Non è un’idea nuova. Ne abbiamo discusso ripetutamente, sin dalla fondazione di ProLitteris. Nell’edizione speciale della «Gazzetta», in occasione del venticinquesimo anniversario di ProLitteris, l’allora presidente, Hans Christof Sauerländer, propose le sue riflessioni su una possibile 55 intervista con ernst hefti Quali altre possibilità di espansione ha ProLitteris? L’ho già detto, le società di gestione possono ottenere nuove fonti di reddito solo attraverso modifiche delle leggi. Esiste però anche una seconda possibilità: se gli aventi diritto, vale a dire le autrici, gli autori, le case editrici, ci cedono determinati diritti di utilizzazione, perché non vogliono o non possono esercitarli loro stessi, ProLitteris può ampliare il suo campo di attività. Sarebbe interessante per esempio per le opere fuori catalogo o le opere orfane, ProLitteris ci sta già riflettendo. Tuttavia: vale tuttora il principio secondo cui, nei limiti del possibile, i diritti devono essere esercitati dagli autori stessi. Una società di gestione dovrebbe intervenire solo in quei settori, in cui le autrici e gli autori non sono più in grado di esercitare i loro diritti. In realtà ProLitteris è un’organizzazione di autoaiuto. E se ora all’improvviso nella legge ci fossero dei cambiamenti, con introduzione delle flat rate o di modelli di compenso e indennizzo completamente nuovi, a livello tecnico ProLitteris sarebbe pronta e abbastanza flessibile da gestirli? Siamo anche fin troppo pronti. La nostra infrastruttura, in particolare la nuova struttura it, in realtà non aspetta altro che nuove opportunità di gestione dei diritti. La nostra apparecchiatura tecnica è come una grossa escavatrice che però lavora solo mezza giornata e potrebbe fare molto di più. Per esempio, saremmo in grado senza problemi di incassare i canoni di ricetrasmissione pubblica che attualmente sono riscossi dalla Billag per conto della su i sa. Un’ultima domanda: come sarebbe il diritto d’autore, come sarebbe una società di gestione in un mondo ideale? Io introdurrei un’«imposta legale sul diritto d’autore»: pagando le tasse, ogni contribuente paga anche una certa somma, diciamo 50, 100 o 200 franchi. In Svizzera avremmo così un importo abbastanza elevato da poter indennizzare in misura adeguata i titolari dei diritti per le svariate utilizzazioni di massa delle loro opere. Tutti i costi di riscossione verrebbero aboliti. L’unico compito delle società di gestione sarebbe quello di ripartire le entrate in modo equo. Se si introducesse una tale tassa unica universale, dalle fila degli utilizzatori si leverebbe un grido di protesta, ma dopo un paio di anni il tutto funzionerebbe alla perfezione e tutti ne sarebbero felici e contenti.