La gestione del servizio igiene urbana
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La gestione del servizio igiene urbana
LA GESTIONE DEL SERVIZIO DI IGIENE URBANA: LA SCELTA DEGLI ENTI LOCALI NELLE MORE DELLA REALIZZAZIONE DELLA GESTIONE IN AMBITI TERRITORIALI OTTIMALI di Viviana Cavarra Avvocato in Milano Il quadro normativo di riferimento in tema di gestione del servizio di igiene urbana, la posizione della giurisprudenza anche contabile sulla titolarità, in capo ai Comuni, della funzione di organizzare il servizio e il problema degli affidamenti scaduti o prossimi alla scadenza Il servizio di igiene urbana rientra nella categoria dei servizi locali essenziali e, con riguardo alla sua gestione, non poche perplessità sorgono nell’attuale contesto normativo. In effetti, per i Comuni di quelle Regioni, in cui non è ancora operativa la gestione associata del servizio in discorso per ambiti territoriali ottimali e in cui è necessario procedere ad un nuovo affidamento, è attuale la questione sulla possibilità di procedere autonomamente alla riorganizzazione del servizio. La qualificazione del servizio di igiene urbana E’ orami consolidato l’orientamento che considera il servizio di igiene urbana in termini di servizio pubblico locale e, nello specifico, quale servizio a rilevanza economica, tenuto conto della struttura dello stesso, delle concrete modalità del suo espletamento, dei suoi specifici connotati economico-organizzativi e, soprattutto, della disciplina normativa ad esso applicabile. In effetti, la giurisprudenza contabile, in più occasioni, ha affermato che “la natura del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti è quella di servizio pubblico locale di rilevanza economica (Consiglio di Stato, Sez. V, 03/05/2012 n. 2537), in quanto reso direttamente al singolo cittadino, con pagamento da parte dell’utente di una tariffa, obbligatoria per legge, di importo tale da coprire interamente il costo del servizio (cfr. art. 238 d.lgs. n. 152/2006 e, prima, art. 49 d.lgs. n. 22/1997)” (Corte Conti, Sezione Regionale di Controllo, Lombardia, parere del 27 giugno 2013, n. 263). 1 Detta qualificazione resta tale anche nel caso in cui, in luogo di una concessione (struttura contrattuale tipica per la gestione dei servizi pubblici locali), sia aggiudicato un contratto di appalto “(rapporto bilaterale, con versamento diretto da parte del committente)”. In tal caso, è tuttavia sempre necessario che “l'attività sia rivolta direttamente all'utenza e quest’ultima sia chiamata a pagare un compenso, o tariffa, per la fruizione del servizio” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 3 maggio 2012 n. 2537). Ad ogni modo, il dibattito giurisprudenziale sulla sua natura di servizio pubblico locale a rilevanza economica appare oramai superato dal fatto che è lo stesso impianto normativo – e, in particolare, l’art. 3-bis, del D. L. n. 138/2011, convertito nella L. n. 148/2011, a seguito delle modificazioni introdotte dall’art. 34, comma 23, del D. L. n. 179/2012 – a qualificare il Servizio in termini, appunto, di servizi pubblici locali a rilevanza economica a rete. Il quadro normativo di riferimento in merito all’organizzazione del servizio di igiene urbana La qualificazione del servizio in discorso come servizio pubblico locale a rete di rilevanza economica determina significativi riflessi sotto il profilo della sua organizzazione. E in effetti, l’art. 3-bis, comma 1-bis, del D. Lgs. n. 138/2011 precisa che “le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti urbani, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle tariffe all'utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione e relativo controllo sono esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi del comma 1 del presente articolo”. Tale disposizione individua anche la modalità di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. Più precisamente, la norma in questione imponeva alle Regioni ed alle Province Autonome di: (i) organizzare lo svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, definendo il perimetro degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei, oltre che di istituire o designare gli enti di governo degli stessi, entro il 30 giugno 2012; 2 (ii) prevedere la dimensione degli ambiti o bacini territoriali ottimali, di norma non inferiore a quella del territorio provinciale (le regioni avrebbero dovuto individuare bacini territoriali di dimensione diversa motivando la scelta in base a criteri di differenziazione territoriale o socio-economica e in base a principi di proporzionalità, anche su proposta dei Comuni, presentata entro il 31 maggio 2012, previa lettera di adesione dei sindaci interessati o delibera di un organismo associato già costituito, ai sensi dell’art. 30 del D. Lgs. n. 267/2000). L’art. 3-bis, del D. L. n. 138/2011 faceva poi salva l’organizzazione di servizi pubblici locali in ambiti o bacini territoriali ottimali già previsti in attuazione di specifiche direttive europee, delle discipline di settore vigenti o, infine, delle disposizioni regionali che avessero già avviato la costituzione di ambiti o bacini territoriali in coerenza con le previsioni indicate dalla presente disposizione normativa. Si tratta, appare opportuno sottolinearlo, di disciplina che risulta ancora oggi in vigore, nonostante il recente intervento normativo operato dal D.L. n. 150/2013, convertito con modificazioni nella L. n. 15/2014 di cui si dirà infra. L’art. 3-bis in commento, inoltre, prevede quale conseguenza sanzionatoria rispetto in caso di inadempienza delle Regioni al suddetto obbligo, quella (invero poco efficace) dell’esercizio sostitutivo ai sensi dell’art. 8 della L. n. 131/2003, da parte del Consiglio dei Ministri, a cui spetterebbe l’organizzazione dei servizi pubblici locali (compreso il servizio di igiene urbana) in ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei. D’altra parte, nella ricostruzione del quadro normativo di riferimento non può essere trascurato che, con riguardo al servizio in discorso, la gestione in forma associata in ambiti territoriali ottimali era stata già prevista dall’art. 200 del D. Lgs. n. 152/2006. Detta disposizione consentiva comunque alle Regioni di adottare sistemi alternativi o in deroga al modello degli ambiti territoriali ottimali, purché in presenza di un piano regionale dei rifiuti che dimostrasse la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici in materia. In ogni caso, l’attuale quadro normativo (a seguito dell’introduzione art. 3-bis, del D. L. n. 138/2011), prevede un obbligo in capo alle Regioni, anche per la gestione del Servizio, di definire gli ambiti territoriali ottimali. 3 Il quadro normativo sino ad ora delineato è stato di recente integrato dall’art. 13 del D.L. n. 150/2013, convertito con modificazioni nella L. n. 15/2014, in vigore dal 1 marzo 2014. Tale disposizione normativa pare aver lasciato inalterato l’art. 3-bis del D.L. n. 138/2011. In effetti: (i) ha stabilito al 30 giugno 2014 il termine entro cui dovrebbe essere istituito o designato l’ente di governo dell’ambito territoriale e, comunque, adottata la deliberazione di affidamento del servizio a rete; (ii) ha previsto l’esercizio del potere sostitutivo, questa volta del Prefetto competente per territorio nel caso di mancato adempimento degli obblighi di cui al punto (i) che precede; (iii) ha individuato la data del 31 dicembre 2014 quale termine entro cui il Prefetto deve provvedere, in caso di esercizio del potere sostitutivo sopra menzionato, agli adempimenti necessari al completamento della procedura di affidamento; (iv) ha stabilito al 31 dicembre 2014 il termine entro cui dovrà divenire operativa la gestione unica, per ambiti territoriali ottimali, dei servizi a rete; (v) ha previsto, in caso di violazione degli obblighi di cui al punto (i) che precede, la sanzione della cessazione (parrebbe automatica) alla data del 31 dicembre 2014 degli affidamenti non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea. Peraltro, la nuova disposizione pone significativi problemi di interpretazione e coordinamento con l’art. 3-bis del D.L. n. 138/2011, che già individua il Consiglio dei Ministri quale organo competente ad esercitare i poteri sostitutivi in casi di inerzia da parte delle Regioni. L’unica forma, allo stato, ipotizzabile di coordinamento tra le due disposizioni pare essere quella che riserva al Consiglio dei Ministri il potere di individuare gli ambiti territoriali ottimali e che attribuisce al Prefetto il compito della designazione degli enti di governo e l’effettuazione delle eventuali procedure di affidamento. Ciò, peraltro, significherebbe che, nelle Regioni che non hanno ancora dato attuazione all’art. 3-bis sopra richiamato, la stessa Regione oppure il Consiglio 4 dei Ministri potrebbero disporre l’individuazione degli ambiti territoriali entro, al più tardi, il 30 giugno 2014. L’obbligo in capo alle Regioni di dare attuazione all’art. 3-bis del D. L. n. 138/2011 Innanzitutto occorre segnalare che, ad oggi, e’ priva di rilievo la scelta, a suo tempo fatta da alcune Regioni, di avvalersi della sopracitata facoltà, prevista dall’art. 200 del D. Lgs. 152/2006, di non individuare gli ambiti territoriali ottimali. In effetti l’avvenuto esercizio in passato di tale facoltà certamente non esime le Regioni dall’obbligo introdotto dalla successiva normativa che ha disciplina il settore dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, ossia l’art. 3-bis del D. L. n. 138/2011. Detta conclusione emerge chiaramente anche dalle pronunce emesse dalla Corte dei Conti, Sezione Regionale per la Lombardia, nell’esercizio dell’attività consultiva (cfr. Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo, Lombardia, pareri del 18 novembre 2013, n. 486; del 2 settembre 2013, n. 362; del 27 giugno 2013, n. 263; del 6 marzo 2013, n. 71). Più precisamente, è stato affermato che “il legislatore nazionale, in sostanza, all’interno del complesso quadro di riordino della gestione dei servizi pubblici locali, ha imposto alle Regioni di individuare aree ottimali e omogenee per l’organizzazione e la gestione dei servizi pubblici a rete e di istituire, altresì, gli enti di governo di tali bacini. La norma nazionale, inoltre, per rafforzare l’obiettivo di razionalizzare la gestione dei servizi a rete, ha previsto anche un intervento sostitutivo del Governo centrale in caso di mancato adempimento, entro prestabiliti termini (30/06/2012), da parte delle Regioni, con eventuale utilizzo dei potervi previsti dall’art. 8 della legge n. 131/2003”. Ed ancora è stato ribadito che “il legislatore nazionale ha imposto alle Regioni un modello di organizzazione e gestione dei servizi pubblici locali, a rete, di rilevanza economica, incentrato necessariamente sulla creazione di ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei” (cfr. Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo, Lombardia, pareri del 6 marzo 2013, n. 71; di recente Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo, Lombardia, parere del 17 gennaio 2014, n. 20). Ma non solo. 5 Questa conclusione pare essere confermata anche dalle recenti disposizioni normative introdotte dall’art. 13 del D. L. n. 150/2013, sopra esaminate, che hanno previsto termini precisi di scadenza entro cui dovrà essere realizzato il sistema organizzativo della gestione integrata dei servizi a rete (30 giugno 2014 e in ogni caso 31 dicembre 2014). Le problematiche operative della gestione del servizio nelle more della realizzazione dell’organizzazione unitaria per ambiti territoriali ottimali Nelle more della suddetta riorganizzazione da parte della Regione (o da parte dei competenti organi con funzioni sostitutive), la gestione del servizio di igiene urbana prosegue ad essere una funzione di spettanza dei singoli Comuni. In realtà, una volta realizzata la gestione del servizio in ambiti territoriali ottimali, la titolarità della suddetta funzione dovrebbe ritenersi comunque in capo ai singoli Comuni. Si rammenta che l’art. 14, comma 27, lett. f), del D.L. n. 78/2010 afferma la titolarità, in capo ai Comuni, della funzione fondamentale relativa alla “organizzazione e gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e riscossione dei relativi tributi”. Pertanto, una volta individuato l’ente di governo dell’ambito territoriale ottimale, quest’ultimo si limiterebbe ad eseguire le scelte di gestione che, a monte, dovrebbero essere assunte dai Comuni. Dunque non è la titolarità bensì la potestà di gestione del servizio che viene esercitato dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei. Ciò premesso, prima che diventi operativa la nuova forma organizzativa del servizio, i Comuni devono fare i conti con la questione circa la possibilità o meno di procedere autonomamente alla riorganizzazione del servizio alla gestione del servizio, ove gli affidamenti in corso siano scaduti o prossimi alla scadenza. Innanzitutto, in base al contesto normativo sopra delineato, nelle more dell’individuazione del gestore unico, i Comuni non possono liberamente disporre della funzione organizzativa, prescindendo dunque dalle scelte effettuate a monte a livello legislativo. Entro questo limite, dunque, i Comuni potrebbero provvedere, autonomamente, ad un nuovo affidamento del servizio, nel rispetto comunque delle modalità di affidamento che l’ordinamento oggi ammette. 6 Il servizio, in tali casi, potrebbe essere affidato secondo una delle seguenti modalità: (i) procedura di gara nel rispetto dei principi del Trattato di funzionamento dell'Unione Europea; (ii) società mista con socio operativo, secondo le indicazioni comunitarie in materia di partenariato tra pubblico e privato; (iii) società in house, nel rispetto dei requisiti (capitale totalmente pubblico; esercizio del controllo analogo sulla società da parte degli enti soci come avviene su un proprio ufficio; parte dell'attività svolta in relazione al territorio dei comuni soci) individuati dalla giurisprudenza comunitaria. Tuttavia, il rischio di affidare autonomamente il servizio potrebbe essere quello che – una volta realizzata la gestione associata del servizio in ambiti territoriali ottimali come richiesto dalla legge – detto affidamento cessi anticipatamente rispetto alla propria scadenza naturale. Ciò in ragione del fatto che il quadro normativo sopra delineato non prevede una disciplina transitoria per gli affidamenti in corso non conformi all’art. 3-bis del D. L. n. 138/2011 (cfr. Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo, Lombardia, parere del 2 settembre 2013, n. 362). Ad ogni modo, ove intenda procedere ad un nuovo affidamento del servizio, il Comune dovrà affrontare anche le diverse problematiche operative inerenti il rispetto di particolari incombenze previste dalla legge in materia di organizzazione dei servizi pubblici. Innanzitutto l’onere di motivare tale scelta attraverso una valutazione comparativa di convenienza nel rispetto di quanto richiesto dall’art. 34, comma 20, del D. L. n. 179/2012, convertito con modificazioni nella L. n. 221/2012. La ratio dell’obbligo in discorso risiede evidentemente nell’intento di garantire maggiore trasparenza nelle scelte gestionali intraprese dal Comune. Ma non solo. Si tratta di un obbligo volto anche a verificare che la scelta sulla modalità di affidamento risulti efficace rispetto alle finalità di interesse generale perseguite dagli enti territoriali nonché efficiente ed economica in termini di costi di fornitura dei servizi Ciò non può che valere anche nel caso in cui si intenda realizzare una gestione associata del servizio pubblico. 7 Inoltre, l’art. 3, comma 28, della L. n. 244/2007 prevede l’onere di trasmettere la relativa deliberazione alla Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti, nei casi in cui si optasse per la gestione del servizio mediante società in house o società a capitale pubblico-privato. Conclusioni Alla luce delle considerazioni che precedono, una cosa è certa: entro il 31 dicembre 2014 dovrà divenire operativa la gestione unica, per ambiti territoriali ottimali, del servizio di igiene urbana. Nelle more della realizzazione di questa forma organizzativa, in caso di affidamenti scaduti o prossimi alla scadenza, i Comuni potrebbero autonomamente riorganizzare la gestione del servizio. Tuttavia, i nuovi affidamenti potrebbero incorrere nel rischio di una cessazione anticipata una volta divenuta operativa la gestione unica in ambiti territoriali ottimali. In questo contesto, allora, perché non considerare opportuna, anche sotto il profilo economico, la scelta di un Comune di prorogare gli affidamenti in corso in attesa dell’individuazione del gestore unico? 8