È orrenda questa Crocifissione1, perché è orrenda
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È orrenda questa Crocifissione1, perché è orrenda
È orrenda questa Crocifissione1, perché è orrenda questa pena capitale e perché tristissimi sono gli occhi che l’hanno “immaginata”. L’autore, vivendo con la prima generazione dei protestanti, ha focalizzato l’attenzione sullo scandalo della croce, sull’inguaribile malvagità dell’uomo e sull’unica possibile via di salvezza: la fede. Vengono meno le consolazioni che vorrebbero impastare la grazia con la natura: il perdono 1 MATHIS GRÜNEWALD, Crocifissione. 1512-1516, Colmar, Museo di Unterlinden 1 sacramentale, l’unzione sacerdotale, la presenza reale del corpo e sangue di Cristo nell’Eucaristia. Maria e i santi tornano tra noi alle prese con la quotidiana lotta della fede senza che la loro carne lasci trasparire nessun riflesso di vita beata. Alcune caratteristiche: Ma tristissimi sono anche gli occhi del XX secolo, che hanno scelto questa opera quale maggior fonte di ispirazione per tutta l’arte figurativa, sia di tema religioso, sia di tema civile. La vita urla il suo non senso e si specchia nello scandalo della croce. Anche a noi è chiesto di non scantonare e di restare attoniti e inorriditi a questo annuncio: “Fu crocifisso sotto Ponzio Pilato”. La luce sui personaggi, in particolare su Gesù in croce, è drammatica, tagliente, violenta, irreale, sprigionata da un temporale che ha un’estensione cosmica. Questa crocifissione fa parte di un polittico, che a sua volta aprendosi ne fa vedere un secondo, dietro al quale ne appare un terzo. Tutta questa «macchina» era stata costruita per un ospedale, che accoglieva i malati di «fuoco di Sant’Antonio». Per i mezzi di allora, la malattia era devastante. In quell’ospedale operavano i religiosi Antoniani, fondati appositamente per essere, nei confronti di quei disgraziati, veri medici del corpo e dello spirito. Sembra un mondo che sta per naufragare lasciandoci osservare ancora per qualche momento i cinque sopravvissuti, quasi incaricati di urlare al cielo le parole dell’ultima pagina del copione di un dramma. Cielo nero, senza speranza. Nella Crocifissione c’è un ambiente plumbeo tutt’intorno, un abisso di tenebre che fanno da cornice alla scena tanto da inghiottire tutto. La composizione è orizzontale: che tende ad abbassarsi sotto la spinta del braccio corto della croce che non ce la fa più a reggere il peso del crocifisso. L’uragano è arrivato. Il vento terribile della morte sta aggredendo Gesù. Sua madre sembra cedere; bianca lei e rosso l’apostolo Giovanni, formano insieme il colore della fiamma. Ma questa fiamma, paurosamente investita dal vento, non regge più. Sta per spegnersi. Sembra già di vederla inghiottita dalla notte (nerissima la notte di questo quadro) dopo aver esalato un batuffolo di fumo. Cos’è stata tutta questa vicenda, in fin dei conti? Straordinaria capacità di conforto veniva affidata a questo polittico di Grünewald: l’ammalato si immedesimava con il Cristo in croce, piagato delle sue stesse piaghe; in un secondo momento, quando le ante si aprivano, si schiudeva anche la speranza. Contemplava l’Annunciazione, si faceva piccolo e adorabile in braccio alla dolcissima madre del Natale e si lasciava avvitare in alto nel lenzuolo di un Risorto, che, abbagliando gli occhi di luce, guariva dalla disperazione; infine, nell’ultimo scomparto veniva rivelato il dramma della fede affidato alla vicenda di Sant’Antonio eremita: una scena in cui i mostri più luridi e inguardabili afferrano il santo e gli incendiano la casa; un’altra in cui l’eremita ritrova la quiete nell’incontro con un altro eremita, san Paolo. Questa quiete è qualcosa che parte da lontano, passa dentro aspri paesaggi e arriva con la figura del corvo che porta il pane quotidiano. La Maddalena, ai piedi della croce, sta per uscire di scena, travolta da un naufragio, è già sommersa, è già inghiottita dalle acque del nulla. Quest’acqua di morte in realtà, non è nel quadro; è nel suo cuore che ella non riesce ad accettare che il suo Signore muoia. Lei sta morendo con lui. Solo le sue mani sembrano recuperare il livello dell’acqua mortale. Le dita delle sue mani sembrano mimare, incrociandosi, l’urlo di quelle inchiodate sulla croce. 2 Lassù esse sembrano due pianticelle sradicate e capovolte verso l’alto: morte sicura. Laggiù invece sembrano l’ultimo disperato tentativo della Maddalena di frenare la morte, di tornare a galla, di credere ancora. Anche Maria le tiene alte le mani, ma le sue sanno già di preghiera. Pur nello svenimento, ella resta scolpita e solidificata nello stesso atteggiamento di fondo di fronte all’Angelo annunziate; là era pronta a farsi grembo di mistero; qui è riversa nell’atto dell’espropriazione: quel Figlio è donato. E nel dono si muore. E finalmente il Battista. Il personaggio di destra non vacilla; regge un libro e con la mano destra (facendo tendere con energia l’indice e il pollice) indica l’uomo in croce e l’agnello. Che cosa significa questo abbinamento? È in sintesi l’annuncio cristiano: quello che ai nostri occhi è uno scandalo, in realtà è il manifestarsi supremo dell’amore di Dio per noi; è così che risplende la sua gloria. Il sangue del costato non va perso: viene raccolto nel calice, che viene offerto ad ogni uomo. Tu puoi dire sì a questa offerta. Puoi accettare che Dio sia pazzo d’amore (vedi quello che ha fatto!) per te: e sarai salvo. E finalmente Lui. Sta morendo di tutta la morte. Va guardato a fondo perché è orrendo. Non lui, ma la sua corona di spine che rende la morte avvolta di cattiveria. La corona di spine è forse la più potente macchina di guerra, di distruzione, di diabolica fonte di dolore che l’uomo abbia mai immaginato a livello artistico Inguardabile dal punto di vista psicologico, crudele dal punto di vista umano (anche l’uomo peggiore non meriterebbe un simile trattamento), desolante dal punto di vista religioso, ma bellissima dal punto di vista estetico. Essa è un’architettura viva, un insignificante cespuglio di spine reso monumento, un campo di battaglia in cui un’invisibile lama di luce accarezza atrocemente le lance e le spade di morte. Non lui, ma le sue ferite che sono tante e già puzzolenti. Non lui, ma i suoi piedi, che sono un ammasso di ossa, quasi assemblate insieme casualmente dopo un grave incidente. Non lui, ma il suo volto, che non ha più il controllo della bocca: impresentabile perfino agli occhi dei parenti. Non lui, ma il suo perizoma, lurido straccio raccolto dalla spazzatura. Non lui, ma le sue mani, che sono come le radici di alberi sradicati e capovolti. Cercano linfa, ma trovano solo il vuoto; scavano nervosamente attorno, ma non trovano niente. Chi sono io? Chi sei tu? Noi siamo coloro per i quali Dio ha donato il suo Figlio. È questo dono la vera ricchezza dell’umanità. Non ti dimenticare mai l’orrore di questa scena. Ti farai lo stomaco forte anche per guardare in faccia il male di questo mondo, senza lasciarti prendere dal voler trovare subito le singole motivazioni e senza lasciarti andare a facili accuse a Dio. Bisogna essere stati a lungo di fronte a questo quadro (vero e non riprodotto tipograficamente) per vedere finalmente apparire la luce. Essa c’è non solo sul libro del Battista, ma proprio là dove arrivano le mani della Maddalena. Questa luce attraversa in orizzontale il quadro e sta per aggredire la notte. È pochissima, è flebile, ma c’è. E c’è anche quel vaso di profumo che la Maddalena ha portato con sé. È forse lo stesso olio profumato che la porterà all’incontro con il Risorto: «Non è qui, non cercate tra i morti colui che vive». E quel vaso resterà disponibile a lenire le piaghe a tutti i lebbrosi del mondo. Il tumulto, anche psicologico, prodotto da questo gigantesco sconquasso di terra e di cielo, 3 ha forse coperto il rumore prodotto dallo strappo del velo del tempio. Come spiegare diversamente questa luce che sta vincendo le tenebre? Per gli occhi frettolosi è ancora notte. Per gli occhi della fede è stato tolto il velo che copriva il volto misericordioso di Dio. Ora di fronte al Crocifisso, lo si può dire: Dio è amore e solo amore. Non c’è più velo che copra questa verità. Dalle tenebre egli ha generato una luce nuova, che le ha annientate, e ci ha messo a disposizione quella stessa potenza radiosa. Quella stessa luce che vediamo è diventata per noi l’eucaristia, il pane luminoso della vita che ci rende a nostra volta luminosi. È la stessa luce che ci investe tutte le volte che ci riconciliamo con Dio confessandoci o mangiando il Suo Corpo e Sangue. O semplicemente pregandolo. Da tutto un secolo Colmar, la cittadina che attualmente ospita il polittico che fu di Isenheim (luogo dell’ospedale per i malati di fuoco di Sant’Antonio), è la meta privilegiata degli artisti occidentali. Ma nessuno può esimersi dall’esclamare: «Ecco l’uomo». Quale? Quello lì sulla croce. Ci sono passati tutti, se non fisicamente, almeno idealmente. Se continuiamo ad accreditare gli artisti di un certo fiuto, di una certa capacità di imprimere nella materia anche i problemi, le speranze e le inquietudini delle loro epoche, sarebbe interessante confondersi in questo pellegrinaggio e chiedersi il perché di questa meta. Certo c’è chi tende a condolère con Maria e Giovanni, c’è chi semplicemente è affascinato dalla notte o chi ama quel tormento di vestito e di capelli che è la Maddalena, c’è chi (anche laicamente) si avvicina in spirito al coraggio del Battista («Anche nella notte, comunque, l’uomo deve vegliare»), c’è chi nella fede guarda il calice e l’agnello e pensa già al polittico che sta dietro. Ma chi sta realmente su quella croce? MATHIS GRÜNEWALD – Si forma alla bottega di Hans Fuyell e diviene, ma non è certo, allievo di Dürer. La vita di Grünewald ci appare come sfumata (pare sia nato a Würzburg intorno al 1480), e si può tentare di ricostruirla solo attraverso la sue opere note. Attorno al 1503 esegue il trittico nella chiesa di Linderhardt. Nel 1510 è attivo come ingegnere idraulico per il capitolo del Duomo di Magonza. Il grande polittico per la chiesa del convento di Sant’Antonio di Isenheim è realizzato tra il 1511 e il 1516, data che segna il ritorno a Magonza al servizio di un mecenate, l’arcivescovo Arberto di Brandeburgo. Prima di lasciare Magonza, nel 1526, dipinge la pala del Miracolo della neve, della chiesa d’Aschaffenburg. Negli ultimi anni si dedica a lavori di ingegneria idraulica, alla pittura (l’Andata al Calvario, 1525, Karlsruhe), ed esegue una trentina di splendidi disegni. Muore ad Halle nel 1528. Cosa ha compreso Grünewald quando ha riflettuto sulla morte e passione di Cristo? Cosa ha immaginato per giungere ad una immagine così radiosa della “luce dentro Gesù”? Gesù ha assunto le nostre tenebre, le ha caricate su di sé, nel suo corpo e nel suo spirito, ma misteriosamente e divinamente le ha trasformate in luce, annientandole nel suo amore così forte per noi. Ha letteralmente ingoiato la morte per noi. Ma non vogliamo puntare solo su un aspetto, quello della sua sofferenza: sarebbe deleterio e parziale. Sarebbe fermarsi solo all’immagine della Crocifissione. (G. SALA – G. ZANCHI, Un volto da contemplare, Ancora, Milano 2001, pp. 128-137). C’è di più… 4 La divisione in cinque tappe del tempo quaresimale. Seconda Domenica di Quaresima Per la nostra assemblea e per ciascuno di noi, perché in questo cammino sinodale, l’ascolto quotidiano delle parole e della opere di Gesù, trasfiguri le nostre povere vite in capolavoro di comunione. Preghiamo. Prima settimana: La Parola. Centri Ascolto della Parola, Lectio Divina… Seconda settimana: La Conversione. Celebrazione Penitenziale… Terza Settimana: L’Eucaristia. Adorazione Eucaristica prolungata Visita agli Ammalati… Terza Domenica di Quaresima Per la nostra comunità, perché l’esperienza del Sinodo diocesano aiuti a riconoscere e ad accogliere il dono di Dio: Gesù Cristo; e scoprire in noi una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna. Preghiamo. Quarta Settimana: Gli Esercizi Spirituali alla Parrocchia. Quinta Settimana: La Testimonianza. È in preparazione un sussidio per la Via Crucis. Sarà pubblicato sul sito della Diocesi. Quarta Domenica di Quaresima Per la Chiesa di Nola, perché diventi sempre più luogo di perdono e di riconciliazione e, grazie al Sinodo diocesano, sperimenti un’autentica vita di comunione. Preghiamo. Intenzioni per la Preghiera Universale In questo tempo di Sinodo Diocesano si propongono alcune intenzioni da aggiungere a quelle preparate dalla Comunità per la celebrazione domenicale. Quinta Domenica di Quaresima Per la nostra Chiesa di Nola in cammino sinodale, perché sia credibile testimone di Cristo, il crocifisso-risorto che vive per sempre. Preghiamo Mercoledì delle Ceneri Per la nostra Chiesa Diocesana: perché attraverso il Sinodo, dia vita ad esperienze forti di comunione, di condivisione della Parola di Dio e della vita di ognuno. Preghiamo. Domenica delle Palme Per la nostra comunità e per ciascuno di noi perché in questo tempo di Sinodo, maturiamo la capacità di spendere e offrire la nostra vita per i fratelli e di essere testimoni della carità che non verrà mai meno. Preghiamo Prima Domenica di Quaresima Per la nostra Chiesa di Nola che vive il cammino Sinodale, perché, in questo tempo di Quaresima testimoni la verità di Cristo con il coraggio, frutto dell’ascolto della Parola. Preghiamo. 5 Una proposta per gli Esercizi Spirituali alla Parrocchia. Sera Meditazione Vespri e Benedizione Eucaristica È desiderio del Vescovo offrire alle parrocchie, una proposta per vivere, durante la prossima Quaresima, l’esperienza degli Esercizi Spirituali parrocchiali. Una proposta per il tema degli Esercizi Spirituali in questo tempo di Sinodo Lunedì Un’unica Chiesa nell’ascolto della Parola Dei Verbum Gli Esercizi Spirituali sono sempre un momento forte nella vita di un credente, noi li proponiamo a tutti, con una formula che vuole inserirsi nella vita quotidiana. Chiediamo di rinunciare a tutto ciò che è possibile mettere da parte in questi giorni: impegni e divertimenti, chiacchierate con amici e hobby, letture e divagazioni…, mantenendo solo le responsabilità di lavoro e di famiglia; così ci si potrà dedicare all’ascolto della Parola di Dio e alla meditazione personale. Martedì Un’unica Chiesa nello spezzare il Pane Sacrosantum Concilium Mercoledì Un’unica Chiesa nel vivere e testimoniare la comunione Lumen Gentium Sembra giusto dare qualche indicazione perché l’esperienza possa essere ben condotta e portare frutti per la vita delle persone che vi parteciperanno. Giovedì Un’unica Chiesa nell’annunciare al mondo il Vangelo Gaudium et spes 1. Fondamentale è il clima che si crea già al momento dell’ingresso in Chiesa, favorendo un vivo senso di comunione e di partecipazione. Venerdì Un’unica Chiesa sotto la Croce di Cristo Via Crucis 2. È importante il momento introduttivo con il quale si aiutano i fedeli a disporre l’animo al silenzio e all’ascolto del Signore. 3. Il momento della riflessione personale può essere vissuto anche nella forma dell’Adorazione del SS. Sacramento o della Venerazione della Santa Croce. Valorizzazione del “Venerdì” come giorno per contemplare il Signore crocifisso con la pia pratica della Via crucis quale momento di preghiera dell’intera comunità. 4. A conclusione è bene offrire qualche suggerimento che aiuti a rispondere con generosità alla Parola ascoltata. Nel pio esercizio della Via Crucis confluiscono pure varie espressioni caratteristiche della spiritualità cristiana: la concezione della vita come cammino o pellegrinaggio; come passaggio, attraverso il mistero della Croce, dall’esilio terreno alla patria celeste; il desiderio di conformarsi profondamente alla Passione di Cristo; le esigenze della sequela Christi, per cui il discepolo deve Mattino Meditazione / Celebrazione Eucaristica Adorazione personale Ora media Pomeriggio Disponibilità per le Confessioni e colloqui 6 camminare dietro il Maestro, portando quotidianamente la propria croce (cf. Lc 9, 23). Uno svolgimento sapiente della Via Crucis, in cui parola, silenzio, canto, incedere processionale e sostare riflessivo si alternino in modo equilibrato contribuisce al conseguimento dei frutti spirituali del pio esercizio (Direttorio su dinamismo proprio dell’anno liturgico significa vivere in comunione con tutta la Chiesa» (CEI, L’iniziazione cristiana, Nota 3, 36). Ora il battesimo, unitamente agli altri due sacramenti dell’iniziazione (Confermazione e prima partecipazione all’Eucaristia), per il loro stretto e fondamentale rapporto con il mistero pasquale, trovano la loro più significativa collocazione nella Veglia pasquale, come attesta l’antica tradizione liturgica della Chiesa, oppure, se vi sono difficoltà, nel tempo pasquale (cf RICA 55 e 58). Nel corso dell’anno, soprattutto per quanto riguarda i bambini, per i quali la tradizione della Chiesa non ama procrastinare troppo questo sacramento (cf CDC 867), le norme raccomandano che il battesimo sia celebrato in domenica, Pasqua settimanale (cf RBB 9; CDC 856). La Quaresima è il tempo della preparazione che dispone tutti i fedeli, senza distinzione, «alla celebrazione del mistero pasquale, in cui i sacramenti dell’iniziazione vengono inseriti» (RICA 21). «Solo per gravi necessità pastorali… è consentito di scegliere, oltre al periodo dell’iniziazione (= riti preparatori) che si svolge abitualmente in Quaresima, un altro tempo e particolarmente il tempo pasquale per celebrare i sacramenti dell’iniziazione» (RICA 58). Da questo testo si evince che, eccetto il caso di grave necessità (da intendersi anche di carattere pastorale e non solo in pericolo di morte; cf RBB 8), la Quaresima non è affatto il tempo opportuno per celebrare il battesimo se si vuole dare ad esso pienezza di senso nel giusto contesto ecclesiale. pietà popolare e liturgia, 131-135). Si invitano, altresì, le parrocchie della stessa Città a celebrare insieme la via Crucis, utilizzando il testo proposto dalla Diocesi. È opportuno evitare di pregare la Via Crucis di domenica, giorno del Signore Risorto. Il tempo quaresimale è anche l’occasione propizia per incontrare la gente dove vive. Nella relazione con il territorio si vive il mandato di Cristo, che raccomandò ai suoi discepoli «In qualunque casa entriate, dite Pace a questa casa» (Lc 10,5). Pertanto si consiglia di riprendere la visita alle Famiglie nella modalità e nei tempi più opportuni. La celebrazione del Battesimo in Quaresima. È opportuno? Nessuna norma proibisce di celebrare il battesimo in Quaresima. Una tale proibizione sarebbe del tutto fuori luogo. Tuttavia il battesimo è anche aggregazione alla Chiesa e inserimento nel suo cammino (Cf RICA, Introduzione Generale, 4). L’anno liturgico è l’espressione di questo cammino ecclesiale e il contesto entro il quale si svolgono «tutti gli itinerari catecumenali propri delle diverse età della vita umana» (cf RICA, Present. 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