LA MACCHINA PERFETTA

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LA MACCHINA PERFETTA
LA MACCHINA
PERFETTA
I)
Un robot non può far del male ad un essere umano o permettere che la sua inazione causi un
danno ad un essere umano.
II) Un robot deve obbedire agli ordini di un essere umano, a meno che questo non contrasti con la
prima legge.
III) Un robot deve proteggere la sua esistenza, a meno che questo non contrasti con la prima o con
la seconda legge.
I)
Un robot deve proteggere la vita degli ammiragli della flotta.
II) Un robot deve obbedire agli ordini degli ammiragli, a meno che ciò non contravvenga alla
prima legge.
III) Un robot ha il dovere di preservare la sua esistenza, a meno che ciò non contravvenga alla
prima o alla seconda legge.
IV) Un robot ha il diritto di fare ciò che vuole, a meno che ciò non contravvenga alla prima o alla
seconda o alla terza legge.
-1-
L’
ammiraglio Harry Seldon si stava dirigendo in tutta fretta verso il ponte di comando della nave. I sensori avevano individuato una flotta sconosciuta che procedeva verso il suo
sistema solare e la cosa lo allarmava parecchio. Durante gli ultimi dieci anni lui ed i suoi
robot si erano preparati per affrontare una circostanza simile, ma nonostante ciò in cuor
suo aveva sempre sperato di non doverla mai vivere.
Mentre attraversava i corridoi della sua nave notò con una punta di orgoglio l’efficienza e
l’organizzazione che i robot dimostravano di avere. Nessun equipaggio umano, anche il più affiatato, avrebbe potuto raggiungere un tale livello di perfezione: i robot, al contrario degli uomini, non
hanno emozioni o bisogni fisiologici che intralcino il loro lavoro, fatta eccezione per la necessità di
poter ricevere costantemente l’energia necessaria al loro funzionamento, irradiata da speciali antenne in modo da poter mantenere la percentuale di carica della loro batteria sempre al di sopra del
95%.
Sebbene infatti ogni robot avesse inserito nel suo corpo una speciale batteria che gli garantiva
un’autonomia di parecchie settimane, Manella aveva ritenuto necessario installare un sistema che
permettesse ai robot di attingere da una fonte esterna l’energia di cui avevano bisogno per funzionare, almeno sulle navi su cui prestavano servizio. In questo modo sarebbero stati in grado di operare
all’esterno delle navi in qualsiasi istante e con la riserva energetica della batteria praticamente intatta. Harry e gli altri ammiragli avevano capito subito che quell’idea avrebbe aumentato notevolmente l’efficienza della flotta ed avevano deciso di dare immediatamente inizio alle operazioni di installazione delle antenne irradianti. Il problema di poter rifornire i robot di energia in modo da mantenerli efficienti era stato uno degli ostacoli maggiori che avevano affrontato: i robot che prestavano
il loro servizio sulle navi della flotta erano stati progettati per il combattimento. Erano loro infatti
che costituivano l’esercito al comando dei quattro ammiragli. Erano costruiti in modo da poter essere impiegati come forze d’assalto o come fanteria. Le loro banche dati individuali erano collegate
tra loro e con il computer centrale via iper-onda in modo che ciascun robot potesse ottenere le informazioni ed i dati che gli necessitavano in qualsiasi momento. I loro corpi avevano uno strato corazzato esterno molto resistente e leggero allo stesso tempo; inoltre, per aumentare la loro efficienza
ed utilità, ogni meccanismo interno che era vitale per il loro funzionamento era presente all’interno
del loro corpo in due o tre esemplari in modo da garantire la funzionalità del robot anche se uno di
essi veniva danneggiato o distrutto. Questi standard avevano indotto Tryma a scartare l’ipotesi di
inserire come fonte di energia nei robot un micro-reattore a fusione nucleare, normalmente impiegato nella costruzione dei robot in quanto, anche se garantiva un costante rifornimento di energia per
parecchi anni, il suo peso e la sua delicatezza costituivano un limite molto serio per il robot. Aveva
quindi optato per una serie di piccole pile accumulatrici collegate tra di loro che venivano inserite
in varie parti del robot per garantire che la perdita di una di esse in battaglia non lasciasse sprovvisto di energia il robot, cosa che si sarebbe sicuramente verificata invece se fosse stato danneggiato
il micro-reattore a fusione nucleare o una normale batteria.
Harry era assorto in quelle considerazioni quando vide un gruppo di robot lasciare le loro nicchie
ricavate nelle paratie della nave per dirigersi verso il vicino turboascensore e sorrise soddisfatto
pensando che molto probabilmente il computer centrale aveva individuato la necessità di assegnare
una squadra a qualche postazione ed avesse provveduto comunicando ai robot la necessità. Ogni
robot era infatti equipaggiato con un piccolo sistema portatile ad iper-onda, chiamato iperwave, che
trasmetteva i suoi segnali attraverso il sub-spazio. Fondamentalmente era un sistema abbastanza
semplice: un generatore di onde trans-paziali creava una breccia nel continuum spazio-temporale
permettendo alle onde elettromagnetiche, opportunamente modificate, di entrare nel sub-spazio do-
1
ve potevano viaggiare ad una velocità enormemente maggiore del limite imposto nello spazio normale, cioè la velocità della luce1. Lì infatti le leggi della fisica del nostro universo non valevano
più. Qualsiasi cosa dell’universo da noi abitato vi fosse entrata si sarebbe trasformata istantaneamente in energia in quanto le leggi che avevano costituito gli atomi ed i legami chimici non valevano più in quell’universo parallelo al nostro dotato di proprie leggi fisiche condensatesi, molto probabilmente, qualche miliardesimo di secondo dopo la sua creazione. Le onde elettromagnetiche riuscivano invece a ‘sopravvivere’ perché il loro livello energetico veniva notevolmente aumentato. In
questo modo si creava una distorsione elettromagnetica che costituiva uno schermo che impediva
alle onde elettromagnetiche di entrare in contatto con le leggi fisiche sub-spaziali.
Finalmente Harry arrivò sul ponte di comando e si sedette sulla sua poltrona. In quell’istante il timore che aveva provato svanì del tutto; ora sentiva che la sua nave era pronta ad eseguire ogni suo
ordine senza ritardi o errori; ora sentiva che poteva risolvere qualsiasi problema gli si fosse posto
dinanzi. Immediatamente la sua mente iniziò ad elaborare la strategia da adottare in quella situazione.
“Comunicazioni. Collegamento in video-conferenza con gli altri ammiragli. Postazione tattica, situazione?”
Dietro il quadro di controllo della consolle tattica sedeva il robot IHS-599, denominato molto più
semplicemente I-5. Era di un colore grigio metallizzato, il colore che distingueva i robot destinati
ad operare alle varie consolle dei ponti di comando delle navi della flotta di Harry.
“I sensori a lungo raggio hanno individuato ottanta navi sconosciute in formazione serrata che si
stanno dirigendo verso il nostro sistema nel sub-spazio a fattore 2.5, Signore.”
Non appena ebbe finito di parlare, il robot seduto vicino a lui prese la parola:
“Signore, gli ammiragli sono collegati adesso.”
Era BDC-201, denominato Bdoc. Aveva il compito di gestire le comunicazioni dell’SDF1, la nave
di Harry.
Il grande soffitto inclinato del ponte di comando si illuminò per un istante di un color bianco latte
molto intenso, poi apparvero tre ragazze riprese a mezzo busto, ognuna occupava un terzo del lato
superiore del soffitto mentre la metà inferiore era ritornata nera.
In realtà il soffitto non era altro che un grande schermo inclinato in modo tale da poter essere guardato senza problemi dalla poltrona dell’ammiraglio. In questo modo, Harry poteva controllare le
immagini che venivano trasmesse al ponte di comando senza doversi allontanare dalla sua postazione e contemporaneamente gestire le informazioni che le varie Console del ponte gli fornivano.
“Allora Manella, credo che ora potremo controllare se i nostri sistemi di occultamento funzionano.
Speravo che ci fossimo spinti abbastanza lontano da non dover più aver a che fare con gli esseri
umani, ma evidentemente mi sbagliavo.”
“Io non credo che correremo alcun rischio: se continueranno a seguire l’attuale rotta non passeranno vicino a nessun pianeta del sistema. Penso che si limiteranno a passare oltre senza curarsi di
noi.”
“E’ quello che spero. Comunque sia, sarà meglio non fidarsi. Non sappiamo se quella flotta sia destinata a combattere un’altra stupida guerra tra sistemi o se sia una spedizione di colonizzazione di
nuovi pianeti. E’ meglio dare inizio alle procedure previste.”
1
Circa 199·218 volte la velocità della luce, viaggiando a fattore 9.9999.
2
Gli altri ammiragli furono d’accordo e la comunicazione fu interrotta. Da quel momento tutta la
flotta iniziò il silenzio radio, come previsto dalla procedura di emergenza di Manella. I dati raccolti
dai sensori sparsi sui pianeti e sui loro satelliti venivano trasmessi alle quattro navi ammiraglie grazie a brevi trasmissioni ad altissima frequenza, studiate in modo da confondersi con la normale radiazione che ogni pianeta irradiava nello spazio. In questo modo ogni ammiraglio era a conoscenza
della situazione del Sistema nella sua globalità ed era così in grado di valutare la situazione.
Il Sistema era un sistema solare composto da un sole di classe IV1 e da cinque pianeti, uno dei quali
di classe M2, e da una decina di lune che ruotavano intorno ai vari pianeti. Non vi erano cinture
d’asteroidi o planetoidi3 di alcuna specie. I pianeti stessi erano poveri di risorse minerarie e la loro
atmosfera era molto rarefatta o non esisteva affatto; inoltre la posizione del sistema solare era strategicamente pessima, o almeno lo era stata fino a quel momento. In fondo, in vent’anni le cose
cambiano parecchio e senza nessuna conoscenza sulla dislocazione attuale dei vari sistemi solari abitati, Harry non poteva escludere che lo scopo degli uomini a bordo di quelle navi sconosciute fosse quello di installare una base militare nel Sistema. Comunque, fatta eccezione per questa considerazione, il sistema non avrebbe potuto interessare nessun colono o minatore ed era stato per questo
che i quattro ragazzi lo avevano scelto: loro volevano isolarsi il più possibile dal resto dell’universo
occupato da un’umanità ormai corrotta ed in declino distribuita su oltre dieci milioni di pianeti, perennemente coinvolta in guerre interne tra vari sistemi confinanti che si disputavano pochi mesiluce di spazio. Loro avevano trovato quel piccolo sistema al confine estremo della galassia e vi si
erano stabiliti. Con un lavoro paziente durato parecchi anni avevano scavato enormi hangar sotto la
sterile ed inospitale superficie dei vari pianeti e vi avevano nascosto le navi della loro flotta. Avevano costruito sistemi di rilevamento e difesa sulla superficie dei pianeti e delle lune, avevano installato una fitta rete di controllo elettronica su tutto il sistema che rivelava la presenza di qualsiasi
cosa si trovasse entro 17·770·533·000·000 di chilometri4 dal sistema, sia che essi viaggiassero nello
spazio normale5 che nel sub-spazio6. Il loro funzionamento era sempre stato eccellente ed il loro rilevamenti precisi ed affidabili. Non c’era quindi motivo di dubitare del fatto che là fuori c’era una
flotta di ottanta navi, la prima che avessero mai rilevato da dieci anni. D’altra parte era comprensibile l’apprensione di Harry: i quattro ammiragli sapevano che c’era il rischio di essere scoperti da
qualche esploratore o qualche compagnia mineraria che avrebbe sicuramente approfittato della situazione per acquisire le loro tecnologie avanzate e per prendere possesso degli hangar sotterranei
per farne una base, molto probabilmente militare. Molte volte Harry si era svegliato nel cuore della
notte dopo aver fatto quell’incubo ed ora doveva affrontarlo, senza la possibilità di interromperlo
svegliandosi. Harry si sforzò ancora una volta di mantenere saldi i nervi e chiese alla Console tattica:
“Tempo stimato di arrivo della flotta?”
“Venti minuti Signore.”
Ora non gli rimaneva altro che fare la cosa più dura per il comandante di una nave: aspettare.
I minuti che seguirono furono per Harry i più lunghi di tutta la sua vita.
1
Sole classe IV. Questo sole ha le stesse caratteristiche di quello che si trova al centro del sistema solare terrestre.
Pianeta di classe L. Pianeta avente le stesse caratteristiche geologiche della Terra, ma dotato di un’atmosfera non respirabile o completamente assente.
3
Planetoide. Pianete avente un diametro all’equatore non superiore a mille chilometri.
4
Mezzo Parsec.
5
Ciò significava avere un preavviso di oltre due anni per oggetti la cui velocità era prossima a quella della luce.
6
Il tempo impiegato per percorrere la distanza che separava il perimetro sensoriale esterno dal sistema solare variava a
seconda del fattore di accelerazione a cui la nave stava viaggiando, ma era garantito comunque un preavviso minimo di
cinque minuti nel caso che l’oggetto penetrato nel campo sensoriale viaggiasse a fattore 9.9, il limite massimo raggiungibile da una nave dotata di motori ad induzione gravitazionale.
2
3
Sentiva la tensione crescere istante per istante. Si sforzò di distrarre la sua mente per cercare di distenderla un po' ma non vi riuscì molto bene.
Si alzò e scendendo i tre gradini che separavano la sua poltrona, situata dietro una grande consolle
su un piano rialzato di forma cilindrica alto circa tre metri, dal resto del ponte di comando si diresse
verso la postazione tattica che si trovava dall’altra parte della grande sala rettangolare che costituiva
il cervello della nave. Percorse i dieci metri che lo separavano dalla sua meta ammirando il lavoro
perfettamente coordinato dei robot indaffarati ai controlli delle varie postazioni che regolavano ogni
attività della possente ammiraglia. Si fermò alle spalle di I-5 ed osservò attentamente lo schermo
che mostrava una miriade di punti luminosi che lentamente si dirigevano verso una grande ellisse
bianca. Ognuno di quei puntini rappresentava una nave stellare molto probabilmente piena di uomini intenzionati a stabilirsi su uno dei suoi pianeti.
“Siete riusciti ad identificare quelle navi?”
Fece quella domanda al robot in modo distratto, quasi automatico, retaggio di un passato vissuto
combattendo decine e decine di battaglie. Sapeva comunque già la risposta: i loro archivi dati non
venivano aggiornati da più di quindici anni ed era quindi impossibile che potessero contenere dati
su navi costruite dopo che si erano nascosti dal resto dell’universo. Il robot rispose:
“Non abbiamo nessun dato in memoria Signore. Devo effettuare una scansione attiva delle navi?”
“No. I nostri sensori attivi ci farebbero scoprire subito. Mantieni i sensori passivi puntati su quella
flotta. Se ci passerà vicino forse potremo scoprire qualcosa di interessante.”
“Si Signore.”
Harry trascorse lunghi minuti a fissare lo schermo, poi si costrinse a ritornare alla sua postazione.
Improvvisamente I-5 disse:
“Signore, la flotta nemica sta cambiando rotta e velocità. La correzione la porterà a meno di centocinquantamila chilometri dalla superficie di Ganimede. La sua velocità è scesa a 1/1,5 della velocità
d’impulso.1”
Ganimede era il pianeta più esterno del sistema. Al suo interno era stata scavata un’enorme grotta
che fungeva da hangar per tutte le navi della flotta di Harry, tranne le quatto ammiraglie che erano
riparate ognuna su uno dei restanti quattro pianeti in hangar sotterranei simile a quello di Ganimede.
La distribuzione della flotta era stata stabilita in questo modo per due semplici motivi: anzitutto
l’equipaggio delle oltre duecento navi della Flotta era costituito da un’infinità di robot e da quatto
esseri umani che ne avevano il comando. Si era quindi deciso di ammassare le navi con equipaggio
interamente robotico su un solo pianete, lasciando ad ognuno dei quattro ammiragli un pianeta
‘privato’ che potevano gestire in modo totalmente autonomo evitando in questo modo l’insorgere di
eventuali litigi o animosità che avrebbero sicuramente minato l’unità della flotta.
In secondo luogo si era deciso di adottare questa dislocazione delle navi al comando di Harry per un
motivo prettamente tattico: Ganimede, essendo il pianeta più piccolo e più esterno del sistema era il
meno alettante dal punto di minerario e dal punto di vista strategico. Se un eventuale invasore avesse deciso di conquistare il sistema di si curo sarebbe passato oltre Ganimede per attaccare i pianeti
1
Velocità d’impulso. La velocità d’impulso non è altro che una scala metrica con la quale si è soliti misurare la velocità degli oggetti che si muovono ad una velocità non superiore a quella della luce. La scala varia da Zero (assenza di
movimento) ad Uno (velocità della luce), mentre le misure intermedie vengono quantificate in frazioni di unità (es. 1/4,
1/6, ...).
4
più interni trovandoli più ‘appetibili’. Una volta che avesse oltrepassato l’orbita di Ganimede sarebbe stato preso alla sprovvista da un attacco alle spalle e sarebbe stato sconfitto più facilmente.
“Tempo stimato di arrivo?”
“Otto minuti Signore.”
Il tempo sembrò fermarsi e quegli otto minuti sembrarono interminabili per Harry.
“Signore, la flotta sta iniziando una scansione attiva di Ganimede.”
“Che tipo di scansione?”
“Stanno utilizzando rivelatori di energia e di forme di vita Signore. Nessuna nave sembra avere
l’intenzione di lasciare la formazione ed atterrare.”
“Forse hanno soltanto intenzione di catalogare il sistema per stabilire se un’eventuale colonizzazione sia o meno conveniente.”
Anche se sapeva che era perfettamente inutile rispondere ai robot del suo equipaggio in quanto non
erano stati programmati per controbattere un’affermazione dell’ammiraglio, Harry aveva preso
l’abitudine di riflettere ad alta voce, come se stesse parlando con un essere umano. Questo gli permetteva di valutare meglio la situazione ripercorrendo più volte i passaggi logici che lo avevano
portato ad una determinata conclusione.
“Le navi nemiche stanno effettuando un nuovo cambio di rotta. Si stanno portando verso Cerbero.
La nuova rotta li porterà ad una distanza di centocinquantamila chilometri dalla superficie entro sei
minuti.”
“Sembra che vogliano scandagliare tutti i pianeti, ma stanno effettuando una scansione troppo superficiale e limitata solamente ad una piccola parte della superficie. Se stessero cercando qualcosa
come una nave fuggiasca non la troverebbero mai in questo modo. Eppure, se hanno deciso di scandagliare tutti i pianeti un motivo ci deve pur essere. La cosa incomincia a preoccuparmi.”
“Cosa dicono i dati dei sensori?”
“Le nostre analisi mostrano che all’interno di ogni nave vi sono cinque gruppi distinti di venti esseri umani ciascuno situati in aree separate tra loro. Ci risulta inoltre che le navi siano protette da scudi molto potenti. Il loro livello energetico ricorda vagamente la nostra vecchia barriera Signore.”
“La cosa non mi piace neanche un po’. Anche se sono passati più di vent’anni da quando abbiamo
lasciato l’ultimo sistema abitato non penso che l’umanità abbia già scoperto il modo di creare degli
scudi così potenti.”
I-5 interruppe Harry parlando col solito tono neutro dei sintetizzatori vocali in dotazione a tutti i robot della flotta:
“Signore, una seconda flotta di navi si sta dirigendo verso il Sistema seguendo la vecchia rotta della
prima flotta a fattore 7.5; secondo i rilevamenti è composta da un centinaio di navi. Designazione
prima flotta: Alpha; designazione seconda flotta: Beta. La flotta Alpha ha appena raggiunto Cerbero, ma non sta effettuando nessuna scansione del pianeta.”
“Le navi della flotta Beta sono dello stesso tipo di quelle della flotta Alpha?”
“No Signore. Sono di un tipo completamente diverso.”
“Allarme rosso. Tutti ai posti di combattimento.”
L’attività all’interno dell’SDF1 si fece frenetica. Ora i corridoi erano pieni di robot che procedevano con passo spedito verso le diverse postazioni di controllo della nave. I generatori di energia vennero messi a pieno regime e le sicure dei sistemi d’arma vennero tolte. Gli accumulatori dei potenti
5
cannoni della nave vennero collegati ai sistemi energetici principali, anche se non vennero caricati
per evitare che le navi nemiche si accorgessero dell’accumulo energetico.
Il respiro del giovane ammiraglio si fece affannoso. Sentì il suo cuore accelerare il battito e la tensione salire sempre di più.
“Quanto impiegherà la flotta Beta a raggiungere il punto in cui la flotta Alpha ha mutato rotta?”
“Quattro minuti Signore.”
“I-5, dammi la situazione generale sullo schermo.”
Lo schermo gigante del ponte di comando visualizzò due distinti gruppi di puntini, denominati con
le lettere Alpha e Beta, e cinque ellissi di diversi colori con una sfera al centro dell’ellissi più interna. Su ognuna delle cinque ellissi si trovavano delle piccole sfere distribuite in modo non uniforme
che indicavano la posizione dei pianeti e dei loro rispettivi satelliti mentre seguivano le loro orbite
tracciate intorno al sole del sistema. Il gruppetto di navi che si trovava al di fuori dell’ellissi più esterna, di un colore bianco latte, sembrava muoversi più velocemente dell’altro. Ad un certo punto
il gruppo Alpha iniziò a muoversi in una direzione diversa.
“Cosa sta succedendo I-5?”.
“La flotta Alpha sta invertendo la rotta; ha dato energia alle proprie armi ed è passata sotto-luce ad
un quarto della velocità d’impulso1, Signore. La flotta Beta invece non ha modificato né rotta né velocità e le sue armi sono ancora inattive.”
“Forse i loro sensori hanno un raggio d’azione più limitato. Qual è lo stato della nostra flotta?”
“Tutta la flotta è in stato di allarme rosso, Signore, anche se le navi sul pianeta Ganimede e su Cerbero non hanno ancora attivato i loro generatori per evitare di essere rilevate.”
Passarono quasi dieci minuti durante i quali Harry non distolse mai gli occhi dallo schermo.
“Signore, la flotta Beta ha attivato i sistemi d’arma ed ha modificato la rotta in modo da intercettare
la flotta Alpha; sta inoltre riducendo la sua velocità scendendo ad un quarto della velocità
d’impulso. I sensori rilevano che a bordo di ciascuna nave si trovano circa trecento uomini.”
In quel momento Bdoc prese la parola:
“Signore, riceviamo una trasmissione proveniente da una nave della flotta Beta.”
“Ascoltiamola.”
Una voce distorta sibilò nel ponte comando:
“Sono... Console... di Rigel. ... ordino... vare le armi e spegn... motor... permetterci di abbordarvi.
Avete attaccato... nia... rapito i suoi abitanti. ... giudicati dal trib... Rigel-II. Arrendetevi... ad attaccarvi.”
La comunicazione si interruppe.
1
. Questa era la velocità massima che una nave poteva mantenere durante una battaglia. Infatti, la nave doveva muoversi più lentamente dei missili o dei fasci d’energia che sparava, altrimenti sarebbe stata colpita dai suoi stessi colpi. Assolutamente impossibile era anche poter viaggiare nel sub-spazio ed utilizzare al contempo delle armi per semplice motivo che i ‘proiettili’ (missili o fasci di energia), una volta usciti dal campo d’integrità strutturale della nave, si trasformerebbero in energia innocua.
6
“Signore, i telescopi di una delle lune di Ganimede riescono ad inquadrare le navi abbastanza nitidamente adesso. Se desidera, posso attivare i sensori a ricerca attiva ed elaborare un’immagine
computerizzata di una di quelle navi.”
“No. Vi ho già detto che non possiamo rischiare di essere scoperti ed usando i sensori attivi correremmo un rischio inutile. Inoltre, l’avere un’immagine precisa di quelle navi non ci aiuterebbe un
gran ché. No, le immagini mandate dai telescopi vanno benissimo; mandatele sullo schermo.”
I punti luminosi e le linee colorate vennero sostituiti da piccole astronavi raccolte in due gruppi separati. Le navi dei due gruppi sembravano diverse anche se l’enorme distanza rendeva i particolari
un po' sfocati. All’improvviso ci fu un lampo luminoso proveniente da una nave del gruppo Alpha,
immediatamente seguito da una miriade di altri lampi simili. Pochi secondi dopo alcune delle navi
della flotta rigeliana iniziarono a brillare di luce propria, poi il bagliore si espanse con
un’improvvisa esplosione che si disperse nel vuoto dello spazio.
“La flotta Beta ha perso dieci navi Signore. Adesso sta rispondendo al fuoco.”
Infatti, dalle navi superstiti al primo attacco si stavano allontanando centinaia di piccoli puntini luminosi diretti verso le navi nemiche. Molte di esse vennero colpite, ma una volte che il bagliore delle esplosioni si dissolse, nessuna delle navi sembrava danneggiata in alcun modo.
Del resto Harry non si aspettava qualcosa di diverso: se quelle navi erano davvero protette da una
barriera, niente poteva scalfirle, almeno fintanto ché i generatori dello scudo difensivo fossero stati
in grado di reggere il carico energetico.
Altre serie di lampi partirono dalle navi del primo gruppo in rapida successione. La loro superiorità
era palese ed anche se i loro avversari si erano battuti con coraggio, alla fine vennero ridotte ad un
cumulo di detriti vaganti.
Harry fu preso da un senso di sconforto. In dieci minuti fu spazzata via dall’universo una flotta capace da sola di conquistare un intero sistema solare. Le navi vincitrici erano le più potenti che
Harry avesse mai incontrato, fatta eccezione per una. Harry si stupì di quel fugace pensiero. Sentiva
che la sua mente aveva visto qualcosa di strano in quel combattimento e con quell’associazione di
idee il suo subconscio voleva avvertirlo di qualcosa, ma lui non riusciva a comprendere il messaggio. Né, del resto, quello era il momento migliore per lasciarsi trasportare dai suoi pensieri inconsci:
se le navi vincitrici avessero scoperto la verità sui pianeti che stavano scandagliando le cose sarebbero diventate difficili per Harry ed il suo gruppo e lui doveva rimanere il più concentrato possibile
per affrontare al meglio la situazione. Si alzò di nuovo e camminò per qualche minuto tra le postazioni del ponte di comando per cercare di distendere un po' i suoi nervi.
“Signore, la flotta Alpha sta abbandonando il piano dell’eclittica e si sta allontanando a fattore 8.”
Harry tirò un respiro di sollievo.
“Lanciate una sonda di tracciamento. Aspettate che siano fuori dalla portata dei sensori, poi inviate
delle squadre di soccorso per cercare eventuali superstiti o capsule di salvataggio tra i rottami.”
I robot diedero ricevuta dell’ordine ed Harry concesse alla sua mente un attimo di tregua. Si diresse
con decisione verso la sua poltrona e si mise ad osservare molto attentamente i dati che i sensori avevano raccolto durante la battaglia. Secondo i rilevamenti, i missili e le bordate dei cannoni al plasma delle navi rigeliane avevano raggiunto il loro bersaglio con una precisione del 96%, eppure
nessuna delle navi della flotta Alpha era stata distrutta, né sembrava aver riportato danni gravi. La
situazione piaceva sempre meno al giovane ammiraglio che continuava a ripensare a quella potente
nave che aveva affrontato e sconfitto in una dura battaglia parecchi anni prima. Era sempre più sicuro che il suo subconscio aveva rilevato qualcosa di molto pericoloso in quella situazione, ma i
suoi pensieri erano troppo profondi perché riuscisse a focalizzarli e leggerli. Decise quindi di di7
stendersi e lasciare che la sua mente si liberasse da qualsiasi freno e rilasciasse tutti i pensieri che
aveva immagazzinato, nella speranza che uno di essi lo illuminasse.
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-2-
D
erek Parrel ricopriva ormai da più di un anno la carica di ViceConsole del sistema di Rigel
ed aveva imparato ad apprezzare il modo con cui il Console Ennius Fallay aveva saputo risanare la terribile piaga della pirateria spaziale. Il suo pugno di ferro e la sua politica intransigente gli avevano procurato la fama di uomo duro ed insensibile ai problemi della
gente povera che si inseriva nelle schiere sempre più fitte dei pirati spinti non tanto dall’avversione
al regime rigeliano, ma piuttosto dalla disperazione provocata dalla sempre più dilagante povertà
che colpiva i ceti sociali meno abbienti. Adesso, mentre si trovavano a bordo della FARSTAR,
l’ammiraglia della flotta rigeliana, Derek poteva vedere il Console all’opera. Sebbene Ennius non
fosse più giovane, il suo sguardo poteva ancora lanciare occhiate capaci di far trasalire anche il più
coraggioso combattente se l’ira prendeva il sopravvento sul suo carattere, ed in quel momento il
Console stava lanciando delle vere e proprie saette. L’attacco all’avamposto su Rigel-XII ed il rapimento di centinaia di persone che lo popolavano lo avevano fatto infervorare come mai era successo prima. Derek guardò la figura bassa e snella del Console balzare da una postazione all’altra
del ponte di comando, dando ordini e controllando i dati dei sensori. Fortunatamente le navi assalitrici non avevano un grande vantaggio ed alla velocità attuale sarebbero riusciti a raggiungerle in
poco tempo. Inoltre, loro erano in superiorità numerica e questo avrebbe costretto il comandante
nemico a prendere in seria considerazione la possibilità di arrendersi.
Il vecchio Console aveva combattuto nella Grande Guerra come comandante di una fregata interplanetaria, la più leggera nave in forza nella marina rigeliana. Nonostante la ridotta potenza della
nave era riuscito a distruggere una ventina di incrociatori stellari ed aveva contribuito in modo notevole alla distruzione di una corazzata stellare. Le sue imprese gli avevano fornito la fama di un
cacciatore attento e spietato che non lascia mai la sua preda se non quando non l’ha ridotta ad un
cumulo di detriti spaziali. A guerra finita lasciò la marina per dedicarsi alla politica ed in pochi anni
venne eletto Consigliere Supremo e poi Console. Da molti era considerato un uomo troppo anziano
per ricoprire quella carica, ma lui ribatteva ogni contestazione che gli veniva mossa ottenendo sempre delle brillanti vittorie politiche. Ed ora aveva indossato di nuovo i panni del comandante di marina per dare la caccia a dei pirati senza scrupoli che avevano massacrato degli innocenti senza un
motivo apparente.
L’avamposto attaccato era il più esterno del sistema rigeliano. Da molti anni non si riscontravano
problemi in quella zona e così la forza di pattugliamento era stata ridotta, anche per far fronte a problemi di bilancio. Questo, purtroppo, aveva dato un vantaggio alle navi assalitrici che avevano
sbaragliato senza troppa difficoltà i pochi caccia stellari rimasti a difesa dell’avamposto ed avevano
bombardato pesantemente la superficie del pianeta prima di atterrare e rapire i superstiti. Quando le
squadre di soccorso arrivarono sul pianeta, gli aggressori erano scomparsi. Degli oltre diecimila coloni soltanto sei erano sopravvissuti. Degli altri erano rimasti soltanto poche centinaia di corpi dilaniati dalle esplosioni. I pochi sopravvissuti che erano riusciti a nascondersi ed a non farsi prendere
raccontarono di aver visto parecchie navi atterrare per poi ripartire non appena le operazioni
d’imbarco dei superstiti erano terminate. Lo stesso ViceConsole, vista la gravità dell’azione, accompagnò i soccorsi sul piccolo pianeta esterno e lo scenario che vide fu impressionante.
Derek, dietro richiesta formale del capo del progetto di terraformazione1 di Rigel-XII, si era recato
in visita sul pianeta solamente due settimane prima dell’attacco ed aveva trovato una comunità la-
1
Terraformazione. Processo mediante il quale la biosfera di un pianeta ostile alla vita umana viene trasformata in modo da supportarla. Questo processo prevede l’impianto di piante e l’allevamento di animali sotto grandi cupole che vengono continuamente costruite fino a quando non ricoprono tutta la superficie del pianeta. Una volta che l’ecosistema
protetto si è stabilizzato, il processo di terraformazione prevede l’abbattimento progressivo di tutte le cupole in modo
(segue)
9
boriosa e ben organizzata. Le cupole sotto le quali si stava coltivando la vegetazione che avrebbe
dovuto colonizzare la nuda superficie rocciosa si alzavano orgogliose verso il cielo rossastro del
pianeta, il cui colore era dovuto alla bassissima pressione atmosferica. Ciascuna cupola, costituita
da migliaia di lastre di titanio, ricopriva un’area di tremila ettari che erano coltivati con svariate varietà di vegetali. In alcune zone si era dato inizio al tentativo di inserire nell’ecosistema in formazione alcune specie di animali, ma gli esperimenti erano soltanto all’inizio. Dopo aver visitato tre
delle venti cupole che costituivano l’avamposto, il giovane politico si recò nell’ufficio del dottor
Bor Alurin per ascoltare il suo rapporto e le sue lamentele. Derek nutriva un odio innato nei confronti di quello scienziato, anche se non era mai riuscito a spiegarne il motivo. Fin dal loro primo
incontro il modo di fare pomposo del vecchio scienziato lo aveva irritato profondamente e non si
aspettava certo che questo incontro fosse diverso dal primo.
Dopo aver attraversato una grande radura che si estendeva per più di seicento ettari, il veicolo con a
bordo il ViceConsole si fermò ai piedi di un piccolo palazzo situato proprio al centro di una delle
cupole. Ad attenderlo c’erano i dodici membri del consiglio d’amministrazione dell’avamposto e,
naturalmente, il dottor Alurin. Questi strinse energicamente la mano a Derek e gli presentò i consiglieri soffermandosi davanti ad ognuno per indicarne il luogo di provenienza. Finita questa formalità, i due uomini entrarono nel palazzo e si accomodarono nel grande ufficio del capo del progetto.
“Allora ViceConsole Parrel, prima di tutto vorrei che lei mi confermasse una notizia che circola in
questo avamposto da qualche giorno e che sta creando qualche tensione tra i membri del progetto:
ho sentito dire che il nostro benamato Console si vuole ritirare dalla vita politica prima della fine
del suo mandato e che ha già designato lei come suo successore. È vero questo oppure è soltanto
una voce infondata?”
“Le assicuro dottor Alurin che, seppur mi senta lusingato da quanto lei mi ha riferito, quella notizia
è del tutto infondata. Appena ieri mattina il Console Fallay si è difeso brillantemente da un attacco
della fazione orientale che lo accusava di adottare una politica iniqua nei confronti dei settori di Rigel-VI.”
“È davvero incredibile che sia ancora permesso alla fazione orientale di presiedere alle riunioni del
governo. Secondo il mio parere, quelli sono soltanto degli esseri incivili che mascherano la loro voglia di creare il caos dietro una facciata rispettabile.”
“Anche se fossero dei teppisti hanno comunque il diritto di esprimere la loro opinione e nessuno
può far nulla per impedirlo.”
“Purtroppo è così, ma veniamo a noi. La visita ai nostri laboratori ed alle nostre cupole è stata di
suo gradimento?”
“Sono rimasto davvero sorpreso dei progressi fatti in soli cinque mesi e naturalmente non mancherò
di segnalare al Console che state compiendo un lavoro magnifico.”
“Ora sono io ad essere lusingato dalle sue parole ViceConsole. Devo comunque sottoporre alla sua
attenzione qualche particolare non troppo gradevole purtroppo. Tre mesi fa, durante l’ultima riunione del comitato per la gestione degli avamposti si è deciso di decurtare i nostri fondi di quasi il
10%. Temo che questa decisione provocherà un brusco rallentamento della nostra tabella di marcia
che molto probabilmente verrà attribuito alla mia incompetenza o a quella dei miei collaboratori.”
“Non credo che ci sia nessuno disposto ad accusarla di essere un incompetente dottor Alurin. Lei è
considerato da molti anni il più grande esperto in campo di terraformazione planetaria. Sono sicuro
che se lei spiegherà le sue ragioni nessuno metterà in discussione la sua parola.”
“Forse una volta le cose stavano così, ma ora le cose sono cambiate purtroppo.”
Il vecchio scienziato fece un lungo sospiro prima di continuare:
da modificare l’atmosfera del pianeta rendendolo infine abitabile. L’intero processo richiede in media duecento anni,
ma la sua durata varia da pianeta a pianeta.
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“Oggigiorno ci sono molti giovani scienziati che stanno aspettando al varco, pronti a saltarmi alla
gola non appena il mio prestigio in campo accademico diminuirà per prendere il mio posto. Alcuni
di loro fanno parte del mio stesso progetto e devo dire che fino ad ora hanno compiuto un lavoro
eccellente. Non mi fraintenda ViceConsole Parrel, non sono un vecchio che ritiene tutti i giovani
incapaci; io stesso sono il primo ad ammettere che quei giovani a volte hanno dei veri e propri lampi di genio, ma vorrei che fossi io a decidere quando ritirarmi, non il comitato.”
“Con tutto il dovuto rispetto che nutro per l’opera che fino ad ora ha compiuto signor Alurin, io
credo che lei stia esagerando la sua preoccupazione. Come le ho già detto, lei è considerato un insigne scienziato ed un brillante accademico e nessuno oserebbe mai mettere in dubbio le sue capacità
insinuando che sono state minate dall’avanzare della sua età. Io stesso mi impegno a difenderla da
qualsiasi attacco alla sua immagine in quanto, devo confessarlo, io stesso sono un grande estimatore
del suo lavoro.”
Derek pronunciò quell’affermazione sapendo che in realtà sarebbe stato ben felice di vedere l’uomo
che gli stava seduto davanti farsi da parte lasciando libera la scena a dei giovani pieni di energia e
di voglia di entrare a far parte dell’Olimpo dei grandi scienziati. Derek, però, era anche perfettamente conscio di dove il suo interlocutore aveva intenzione di condurre la conversazione e stava
cercando in tutti i modi di facilitargli il compito in modo da concludere il più in fretta possibile
quell’incontro. Proseguì quindi dicendo:
“Comunque, visto che lei si sente minacciato da questa situazione, cercherò di esporre al Console le
sue riserve, del tutto legittime, sulla decisione del comitato per la gestione degli avamposti e vedrò
se sarà possibile convogliare verso il suo progetto dei fondi aggiuntivi; sempre che, naturalmente,
lei sia d’accordo.”
“Mantenere il livello delle sovvenzioni a nostro favore sui valori attuali sarebbe la cosa migliore,
ma spero che la sua decisione non sia stata dettata solamente dall’ammirazione che nutre nei miei
confronti. Se davvero ha intenzione di intercedere in favore del progetto presso il console, lo deve
fare pensando unicamente al benessere ed ai benefici che questo pianeta riuscirà a fornire alla popolazione rigeliana una volta che sarà stato completamente terraformato. È questa la motivazione che
spinge me ed i miei collaboratori a lavorare duramente sotto queste cupole, non certo l’ingannevole
luccichio della fama della nostra impresa. La fama e gli onori sono passeggeri, ma i nostri sacrifici
saranno ricordati ogni volta che un contadino arerà il suo campo o ogni volta che un bambino uscirà
per correre all’aria aperta sotto uno splendido cielo azzurro. È questo che mi spinge a continuare e
niente altro.”
“Sarò felice di farmi ambasciatore del suo desiderio dottor Alurin e le assicuro che esprimerò al
Console le sue esatte parole. Purtroppo però non posso farmi garante che la sua richiesta verrà accolta e che i fondi a vostra disposizione saranno aumentati. Purtroppo questo non è un periodo molto favorevole per la nostra economia e tutto il sistema governativo ne risente.”
Bor Alurin ringraziò di nuovo Derek e poi lo accompagnò al suo veicolo in attesa nella grande radura. Fu un vero sollievo per Derek potersi allontanare da quell’uomo che lo irritava tanto anche se
non poteva negare che i motivi che lo spingevano a compiere la sua opera erano molto nobili, quasi
inaspettati in un uomo di quel tipo.
Per un istante il ricordo di quella visita riaffiorò nella mente di Derek che si sentì ancora più
impotente di fronte alla distruzione provocata dall’attacco nemico. Le cupole che si alzavano
orgogliose verso il cielo ora erano ridotte ad un mucchio di rottami destinati ad arrugginire mentre
le poche piante superstiti sarebbero morte per l’assenza di un’atmosfera sufficientemente densa
capace di fornire loro i gas di cui avevano bisogno per sopravvivere. Derek fece una lunga
ispezione dei resti dell’avamposto ripercorrendo il tragitto che aveva seguito due settimane prima.
Questa volta però il paesaggio era desolante. Di tanto in tanto il giovane politico si soffermava
osservando un particolare punto che sembrava ricordare più nitidamente. Si soffermò davanti ad un
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re punto che sembrava ricordare più nitidamente. Si soffermò davanti ad un grosso tronco abbattuto
ed annerito dalla scarica di un fulminatore. Una volta quello era il tronco della pianta più vecchia di
tutto il sistema di Rigel, la ‘Prima Pianta’. Secondo una antica tradizione, per Derek del tutto priva
di fondamento, la Prima Pianta era stata piantata dai primi pionieri che avevano terraformato e colonizzato Rigel-I. Il ViceConsole naturalmente era ben conscio del fatto che nessun essere vivente
che aveva partecipato alla colonizzazione di Rigel-I era ancora in vita visto che quel fatto era avvenuto oltre un millennio fa, ma comunque il suo animo sognatore non riusciva a rimanere immune
dalle tesi sostenute da vari scienziati che cercavano, con stravaganti teorie sulla ibernazione naturale o fenomeni simili, di dare un fondamento scientifico alla leggenda della Prima Pianta. La leggenda era comunque molto popolare tra la gente ed il comitato per la gestione degli avamposti decise di
servirsene per raccogliere fondi destinati a sostenere il progetto di terraformazione di Rigel-XII
pubblicizzando a dismisura il fatto che la Prima Pianta sarebbe stata trasportata sul nuovo mondo
per contribuire al progetto. Questa notizia, come previsto, appassionò milioni di persone ed i loro
contributi non tardarono a riempire le casse del comitato.
Il ViceConsole, chiamato da un soldato, seguì la squadra di soccorso che si recò dove una volta
sorgeva il complesso residenziale nel quale il dottor Bor Alurin aveva insediato il suo ufficio. Il palazzo era completamente sventrato ed ora minacciava di crollare sotto il suo stesso peso. Cautamente i soccorritori si addentrarono nell’edificio e riuscirono a raggiungere la loro destinazione, ma non
trovarono traccia del direttore e responsabile del progetto di terraformazione di Rigel-XII. La loro
permanenza non fu molto lunga perché le infrastrutture minacciavano di cedere da un momento
all’altro ed alla fine dovettero interrompere le ricerche e dichiarare il dottor Bor Alurin ufficialmente disperso.
Quando il Console fu informato dell’attacco e del rapimento diede immediatamente ordine alla flotta di decollare e di inseguire il nemico. Per fortuna le tracce di gravitoni espulsi dai motori ad induzione gravitazionale delle navi erano ancora abbastanza forti da poter permettere di determinare la
rotta della flotta fuggiasca. Il console diede ordine a Derek di decollare con una nave spoletta e di
raggiungerlo a bordo della FARSTAR non appena la flotta si fosse avvicinata al pianeta. Voleva
dimostrare al giovane amico e collaboratore che lui non era quel vecchio fossile che tutti continuavano a credere. Inoltre, gli disse una volta a bordo, essere coinvolto in una vera battaglia gli sarebbe
stata un’esperienza molto utile da ricordare in futuro.
D’un tratto qualcosa fece ritornare la mente di Derek al presente. Era uno degli ufficiali scientifici
che si stava rivolgendo al Console Ennius dicendo:
“Signore, i nostri gravitometri hanno individuato la distorsione gravitazionale prodotta dai motori
delle navi nemiche.”
“Tracciate la rotta d’intercettazione più rapida e comunicatela al timoniere non appena l’avrete calcolata.”
Pochi secondi più tardi:
“Rotta calcolata, Signore. La nostra flotta sta impostando i computer sui nuovi dati. Tempo stimato
d’intercettazione: quattro minuti.”
“Avvertitemi quando saremo a tiro.”
Pochi minuti più tardi:
“Signore, le navi nemiche sono a tiro ora. Stiamo scendendo ad un quarto della velocità d’impulso.”
“Aprite un canale di comunicazione. Trasmettete su tutte le frequenze.”
L’ufficiale addetto alle comunicazioni manovrò velocemente i comandi.
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“Sono il Console Ennius Fallay del sistema di Rigel. Vi ordino di disattivare le armi e spegnere i
motori in modo da permetterci di abbordarvi. Avete attaccato senza motivo una nostra colonia ed
avete rapito i suoi abitanti. Per questo verrete giudicati dal tribunale supremo di Rigel-II. Arrendetevi o saremo costretti ad attaccarvi.” Fece segno di chiudere il contatto.
“Attivare i sistemi d’arma. Preparare i cannoni al plasma ed i missili a lungo raggio. Fare fuoco appena pronti.”
Derek disse:
“Console, su quelle navi ci sono i nostri coloni. Non possiamo abbatterle.”
“Lo so dannazione!” poi rivolto al comandante della nave: ”Dovete colpire soltanto i motori ed i
generatori principali. Ricordate che su quelle navi c’è la nostra gente e non possiamo...”
Non ebbe ancora finito di parlare che l’allarme risuonò per tutta la nave.
“Signore, la flotta nemica ha iniziato a sparare. Impatto fra dieci secondi.”
“Lanciare i missili. Manovre diversive. Prepararsi all’impatto.”
Le terribili bordate d’energia dei cannoni al plasma nemici sfiorarono la FARSTAR mentre i suoi
computer ed i suoi propulsori erano impegnati nel cercare di evitarle.
“Rapporto danni!”
“Nessun danno alla nave.. la nostra flotta ha perso dieci unità signore.”
“Rispondete al fuoco!”
“I nostri missili a lungo raggio hanno raggiunto i loro obbiettivi Signore. La flotta nemica è ancora
troppo distante per utilizzare i cannoni al plasma.”
“Quante navi nemiche sono state distrutte?”
“Nessuna signore; i missili hanno raggiunto tutti i loro obbiettivi, ma sembra che non abbiano causato nessun danno.”
“Questo è impossibile! Orientate i telescopi su una di quelle navi e mandate l’immagine sullo
schermo principale.”
Vi fu una terribile esplosione che scosse l’intero scafo scaraventando Derek a terra. Cadendo, batté
violentemente la testa contro una paratia ferendosi gravemente. La ferita non era profonda, ma la
violenta caduta gli aveva provocato un trauma cranico che gli fece perdere conoscenza per qualche
secondo. Quando riuscì a riprendere i sensi, Derek avvertì un fortissimo dolore alla testa e si accorse che aveva perso quasi completamente l’uso della vista. Riusciva a distinguere soltanto ombre
sfuocate davanti a sé, mentre i rumori che provenivano dalla nave gli giungevano come dei tuoni e
gli facevano aumentare il dolore che sentiva pulsare allo stesso ritmo del suo cuore. Si guardò in
torno e riuscì a distinguere a fatica delle grosse tubature che erano cadute rovinosamente a terra dal
soffitto della sala di comando. Da quello che restava dei pannelli di controllo del computer e delle
altre attrezzature uscivano delle scintille che minacciavano di far scoppiare un incendio. Derek si
rese conto che per salvarsi doveva raggiungere una scialuppa di salvataggio, ma non sapeva se ci
sarebbe riuscito. Cercò di raccogliere tutte le forze che gli rimanevano e si alzò aggrappandosi ad
uno di quei grossi tubi che aveva intravisto prima. Avanzò di qualche passo verso quella che gli
sembrava l’uscita, ma inciampò in un rottame e cadde di nuovo. Ormai sentiva che per lui era giunta la fine; davvero non si aspettava di morire così giovane ed in una situazione così drammatica, ma
il destino sembrava non essere d’accordo con i suoi progetti. Aveva sempre immaginato che la morte lo avrebbe avvolto con le sue gelide tenebre sulla riva del piccolo laghetto che si trovava di fronte alla sua piccola baita di montagna, su Rigel-VI, mentre lui era seduto a pescare i pesci arcobaleno; altre volte si era visto disteso su di un letto d’ospedale, ormai troppo vecchio per aggrapparsi
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ancora alla vita, mentre sua figlia gli teneva la mano cercando di consolarlo. In quei terribili momenti, mentre sentiva la morte avvicinarsi a grandi passi, ripensò con disperazione alla sua giovinezza sprecata sui palchi politici e tra vecchi uomini ormai mummificati sulle loro poltrone, impegnati più a rimanere in carica che a svolgere il compito per il quale erano stati eletti. Per la sua carriera aveva sacrificato i suoi anni più belli durante i quali non si era certo curato di cercare una persona con cui condividere la propria vita. Aveva sempre rinviato questa ricerca dicendosi di avere
ancora molto tempo davanti a sé, ma ora si rendeva perfettamente conto che il tempo a sua disposizione era terminato e che lui non avrebbe mai potuto provare la gioia di essere un marito ed un padre. Derek si mise a piangere, del tutto consapevole dell’angoscia che si era impossessata della sua
anima, ma incapace ormai di reagire. Sentiva che non poteva più fare niente per ritardare il momento del suo trapasso e così decise di non opporsi oltre e di lasciare che la sua vita gli sfuggisse dalle
mani. Il dolore alla testa continuava a crescere d’intensità, quasi volesse trafiggere l’anima di Derek. Sdraiato immobile sul pavimento della sala comando sentiva le vibrazioni prodotte dalle esplosioni che scuotevano la nave e, mentre la fine si avvicinava sempre di più, si domandava se il Console o qualcun’altro fosse riuscito a fuggire da quell’inferno. D’un tratto sentì che qualcosa lo stava
afferrando per le braccia e lo stava appoggiando contro una paratia. A fatica riuscì ad aprire gli occhi e vide la figura ondeggiante e confusa di un uomo che si stava chinando su di lui, poi sentì una
fitta di dolore fortissima alla testa e svenne di nuovo. Si risvegliò poco dopo, mentre la voce del
Console gli risuonò rimbombante nelle orecchie quasi come il tuono di una tempesta estiva su Rigel-V:
“Dobbiamo uscire di qui. La FARSTAR è andata ormai. Dobbiamo cercare di attivare una scialuppa di salvataggio. Forza, andiamo!”
Ennius e Derek avanzarono a fatica tra i rottami ed i getti di vapore provenienti dai tubi di compensazione atmosferica lungo i corridoi. Ovunque andassero, i due uomini incontravano soltanto distruzione e morte. Sul pavimento c’era ogni genere di detriti e rottami, senza parlare dei corpi dei
membri dell’equipaggio dilaniati dalle esplosioni con ancora sul volto espressioni piene di terrore e
sofferenza. Attraversando un corridoio incontrarono un addetto alle squadre di emergenza che si dibatteva disperatamente cercando di spegnere le fiamme che lo stavano divorando, ma Ennius non
ebbe il tempo per salvarlo: una terribile esplosione investì in pieno il tecnico e lo scaraventò in un
magazzino uccidendolo. A quella vista il vecchio politico invidiò Derek perché lui, molto probabilmente, non si era accorto di nulla. Fu comunque un pensiero fugace, sostituito immediatamente
dall’esigenza di raggiungere una capsula di salvataggio. Fortunatamente il Console riuscì a scorgere
un portello d’emergenza tra il fumo e si diresse in con decisione in quella direzione, sempre sorreggendo Derek che altrimenti non sarebbe riuscito nemmeno a restare in piedi. Una volta raggiunto il
portello, lo aprirono ed Ennius fece sedere il proprio amico su uno dei quattro sedili della piccola
nave; una volta assicuratosi che la capsula fosse funzionante, si accinse a chiudere il portello quando udì una voce che a stento riusciva a sovrapporsi al rumore che riempiva lo scafo che lentamente
stava cedendo sotto l’enorme pressione interna ormai incontrollata.
“Ehi voi, aspettatemi!”
Pochi istanti dopo un guardiamarina addetto alla sala macchine entrò dal portello aperto e lo chiuse
dietro di sé. La piccola capsula, progettata per portare in salvo i superstiti di un eventuale naufragio
spaziale, partì accelerando violentemente. Si trattava di una piccola nave capace di ospitare un massimo di quattro persone. Misurava non più di trenta metri di lunghezza e sette di larghezza. Più della metà del suo volume era occupato dai motori e dai generatori di energia che le permettevano di
muoversi ad una velocità non superiore a fattore 1.9. La cabina era molto piccola (misurava solamente quattordici metri quadrati) ed era occupata in gran parte dai sistemi di navigazione e sostentamento vita lasciando agli occupanti ben poco spazio. Il computer centrale aveva una ridotta capa14
cità di elaborazione, ma in compenso nella sua memoria era inserita una dettagliata ed aggiornata
libreria contenente tutte le mappe stellari che erano state tracciate ed inoltre controllava un sofisticato sistema di rilevamento che permetteva di determinare con estrema esattezza la posizione della
nave con un errore di occhi milioni di chilometri il che, in termini di viaggi spaziali, è un margine
assolutamente gestibile. A parte questo, la scialuppa offriva davvero poche risorse. I motori, a esempio, erano stati studiati per consumare il minor quantitativo di energia possibile visto che i generatori d’energia erano talmente piccoli da non riuscire a ricaricare gli accumulatori della nave,
costringendo così i suoi occupanti ad effettuare periodiche soste forzate. Anche la rete di sensori
della nave era molto debole; riusciva a coprire soltanto una piccola porzione di spazio intorno alla
navetta. Anche il sistema per l’osservazione visiva era molto rudimentale: era infatti costituito da
una serie di piccoli telescopi posti in vari punti dello scafo esterno che offrivano un discreto ingrandimento delle immagini lontane, ma che non erano di nessuna utilità quando la piccola nave viaggiava nel sub-spazio in quanto erano dei semplici telescopi ottici. La loro portata non era paragonabile a quella dei sistemi ottici di una nave stellare, ma comunque consentiva ai naufraghi di individuare dei pianeti anche ad una considerevole distanza. Venivano comunque utilizzati soltanto
quando ci si trovava in prossimità del pianeta da osservare in quanto durante il resto della navigazione la guida migliore era costituita dalle mappe stellari memorizzate nel computer dai gravitometri. Era comunque considerata un mezzo molto sicuro ed il fatto che oltre il 90% dei naufraghi riuscisse a salvarsi costituiva un ottimo indice di affidabilità.
In pochi istanti i controlli automatici fecero saltare il portello esterno dell’alloggiamento in cui era
custodita la piccola scialuppa ed il sistema di catapulte magnetiche fece schizzare fuori dalla FARSTAR il piccolo guscio di titanio. Pochi secondi più tardi la protezione che copriva gli emettitori
gravitonici1 dei motori venne distaccata ed i potenti propulsori ad induzione gravitazionale vennero
attivati facendo acquistare alla nave una notevole velocità in pochissimi secondi.
Nella piccola cabina il Console lavorava freneticamente ai comandi cercando di schivare i detriti
che si erano formati a causa dell’esplosione della FARSTAR mentre il guardiamarina stava cercando di medicare alla bene meglio Derek.
“La ferita non sembra profonda Signore, ma credo che il ViceConsole Parrel abbia un brutto trauma
cranico. Gli darò un tranquillante e lo farò distendere; comunque sarebbe meglio che non riceva
troppi scossoni durante il viaggio oppure le sue condizioni potrebbero aggravassi.”
Detto questo, il giovane guardiamarina prese la cassetta di pronto soccorso ed iniettò nel braccio di
Derek un forte tranquillante, poi reclinò lo schienale della sua poltrona in modo da consentirgli di
riposare meglio e si sedette al suo fianco cercando di assicurarlo al seggiolino legandolo con le cinture di sicurezza in modo da impedirgli di cadere.
Il Console, invece, era sempre impegnato nel tentativo di far uscire la capsula indenne dal campo di
detriti in cui si trovava. Chiese al guardiamarina di osservare con i piccoli telescopi della nave lo
spazio circostante e di avvertirlo se riusciva a scorgere altre scialuppe di salvataggio. Dopo lunghi
minuti di osservazione, il sottufficiale dovette constatare con un grande sconforto che non vi era alcuna traccia di altre scialuppe; apparentemente loro tre erano gli unici sopravvissuti dell’equipaggio
della FARSTAR.
Ennius, dopo aver controllato il livello energetico degli accumulatori, fu costretto a cercare un riparo temporaneo che potesse proteggere la scialuppa per qualche ora dando così modo ai piccoli generatori della navi di ricaricare gli accumulatori energetici dei motori provati dai continui cambiamenti di rotta. Nonostante i suoi sforzi e quelli del giovane soldato, gli ci volle più di mezz’ora per riuscire ad individuare un rottame che riuscisse a nascondere la nave. Cercò di raggiungerlo il più ve1
Emettitori gravitonici. Parte terminale dei motori gravitonici costituita da una serie di circuiti magnetici e di microaccelleratori di particelle che avevano la funzione di accelerare ed emettere i gravitoni sfruttando l’energia cinetica prodotta da questo processo per far avanzare la nave su cui erano installati.
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locemente possibile e, con una lunga manovra, riuscì ad accostassi abbastanza da ritenere la scialuppa al sicuro.
“Per il momento terremo disattivati i motori e tutti i sistemi non essenziali. I generatori dovrebbero
ricostituire le nostre riserve energetiche in qualche ora.”
Derek, disteso sulla sua poltrona, iniziava a sentire gli effetti del sonnifero che gli era stato somministrato. Sentiva che il dolore alla testa si stava attenuando ed al contempo avvertiva un piacevole
senso di torpore. Dopo qualche minuto si addormentò lasciando che il sonno facesse riposare la sua
mente.
Ennius si soffermò qualche istante ad osservare il giovane amico e gli invidiava il fatto di essere inconsapevole di quello che gli stava accadendo intorno.
“Come mai ci è voluto così tanto tempo perché il tranquillante facesse effetto?”
“Gli ho somministrato una dose non troppo forte di tranquillante perché temo che il suo organismo
non riesca a sopportare un dosaggio maggiore, Signore. Mi rendo perfettamente conto che agendo
in questo modo ho prolungato le sofferenze del ViceConsole, ma ho preferito essere cauto.”
“Ha fatto benissimo guardiamarina...”
“Cresh, Alvar Cresh Signore.”
“Guardiamarina Cresh, prenda il mio posto per qualche minuto. Ho bisogno di riposare un po'.”
Il giovane soldato si sedette sulla poltrona del pilota mentre il Console utilizzava gli strumenti medici della cassetta di pronto soccorso per effettuare un rapido controllo delle ferite di Derek. Dopo
aver compiuto un’accurata visita non gli rimase altro che constatare che le ferite del suo giovane
amico erano più gravi di quel che sembravano: il trauma cranico era molto esteso e si stava formando un pericoloso accumulo di sangue che iniziava a premere sul tessuto cerebrale. Dovevano
riuscire a trovare delle attrezzature e del personale medico capaci di effettuare un intervento neurale
di alta precisione e lo dovevano fare entro poche ore, altrimenti per Derek sarebbe stata la fine. Soltanto in quel momento Ennius realizzò che Derek non sarebbe riuscito a sopravvivere: viaggiando a
bordo della FARSTAR, a fattore 7.51, la sua flotta aveva impiegato due giorni per arrivare in quel
sistema. Ciò significava che anche se avessero avuto a disposizione una nave veloce come quella
non sarebbero comunque riusciti a salvare il giovane ViceConsole. L’impresa appariva ancora più
irrealizzabile considerando che ora si trovavano a bordo i una scialuppa di salvataggio che poteva
raggiungere solamente fattore 1.9 e che sarebbe riuscita a raggiungere il sistema di Rigel soltanto
dopo più di otto giorni di viaggio. Il Console provò un terribile senso di vuoto e di morte mentre osservava il suo amico e collaboratore dormire tranquillamente, ignaro del fatto che entro poche ore
sarebbe morto.
Mentre Ennius si stava disperando per la sorte di Derek, Alvar, assecondando la sua indole impulsiva, si mise ad osservare con i telescopi della scialuppa lo spazio circostante. Non riusciva a rimanere in ozio per più di trenta secondi e questo gli aveva causato non pochi guai in passato.
Era sempre vivo in lui il ricordo del primo anno d’accademia. Allora il giovane Alvar, figlio di un
ricco mercante di Rigel-I, era assolutamente ostile a qualsiasi tipo di autorità. Quando fu costretto
dal padre ad entrare nell’Accademia della Maria Stellare Rigeliana (A.M.S.R.) decise che non si sarebbe mai fatto mettere i piedi in testa da nessun soldato o istruttore e per questo motivo iniziò a
mantenere un comportamento assolutamente indisciplinato. Durante le prime tre settimane i suoi istruttori punivano la sua mancanza di rispetto assegnandolo permanentemente ai turni di corvée, ma
quando si accorsero che il rimedio non funzionava, decisero di adottare misure più drastiche. Fu così che il giovane Derek venne chiuso per una settimana in una cella a pressione zero2.
1
Fattore 7.5. Velocità massima raggiungibile dalla nave FARSTAR.
Cella a pressione zero. I detenuti più pericolosi vengono rinchiusi in celle stagne in cui viene creata una condizione
di vuoto assoluto. I prigionieri sono protetti da una tuta spaziale e la loro sopravvivenza dipende totalmente dal flutto
(segue)
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2
Quell’esperienza fu davvero dura per il cadetto che da quel momento cambiò radicalmente comportamento riuscendo a laurearsi con un anticipo di sei mesi rispetto ad i suoi compagni di corso. Purtroppo per lui, però, la sua indole ribelle non era stata cancellata, ma solamente messa sotto stretto
controllo. Quando però il giovane cadetto iniziò a prestare servizio nella sezione ingegneria delle
navi stellari il controllo su di lui si allentò notevolmente e questo permise alla sua vera indole di
riaffiorare e di mettere di nuovo nei guai Derek che passava sempre più tempo libero a prestando
servizio attivo durante i turni di punizione arrivando persino a lavorare ventiquattro ore di filato.
Questo comunque non aveva mai scoraggiato il guardiamarina che continuava a mantenere imperterrito la sua linea di condotta ed il fatto di trovarsi su una scialuppa di salvataggio insieme al Console ed al ViceConsole rigeliani non lo avrebbe scoraggiato di certo. Si mise quindi a scrutare il
campo di detriti in cui si trovavano cercando di individuare la presenza di navi appartenenti alla loro flotta, ma non riuscì a vedere altro che rottami.
“Console Fallay, venga a vedere la prego.”
Alvar parlava con voce tremante ed era visibilmente impallidito.
“Cosa succede guardiamarina?”
Alvar era troppo sconvolto per riuscire a rispondere. A stento riuscì ad alzarsi e ad indicare al Console lo schermo che mostrava le immagini catturare dal sistema di telescopi.
“Guardiamarina, vuole che osservi la zona con i telescopi?”
Il giovane sottufficiale scoppiò a piangere e si accovacciò in un angolo della cabina. Ennius fu sorpreso di quella sua reazione e si mise ad osservare la zona circostante con molta preoccupazione.
Capì quasi subito che cosa avesse sconvolto così tanto il soldato visto che adesso anche lui riusciva
a stento a controllare la sua mente impedendole di abbandonarsi ad una crisi isterica. Non riuscì
comunque a trattenere la sua voce che gli sembrò uscire a forza dalla sua gola ripetendo implacabile
quello che i suoi occhi gli avevano fatto vedere:
“La nostra flotta è stata completamente distrutta, non riesco a crederci. Intorno a noi non ci sono altro che rottami.”
Abbandonò le braccia lungo i fianchi e lentamente si girò a fissare Alvar con un’espressione attonita e continuando a parlare, come se descrivendo la scena questa in qualche modo potesse mutare restituendo alla vita le navi e gli equipaggi ormai persi per sempre:
“Intorno a noi si vedono soltanto dei rottami ed i telescopi della scialuppa non riescono a mostrare
nient’altro. Ci hanno completamente spazzati via, come se le nostre fossero state delle navi giocattolo. Eravamo così impegnati nel cercare di metterci al sicuro che non abbiamo prestato molta attenzione a quello che stava succedendo al resto della nostra flotta. Forse è stato meglio così: se avessi saputo prima cosa stava succedendo, molto probabilmente avrei deciso di distruggere questa
nave facendola schiantare contro un qualsiasi detrito. La nostra flotta, la flotta più potente
dell’universo abitato, spazzata via in pochi minuti da cento navi. Non abbiamo più nessuna sperand’aria e di cibo proveniente dal ‘tubo ombelicale’ connesso alla loro tua. Questo tipo di prigionia comporta un altissimo
stress emotivo in quanto il cordone può facilmente attorcigliarsi su se stesso impedendo così all’aria ed al cibo di arrivare all’interno dello scafandro. In alcuni casi si è verificata la rottura del cordone che non ha resistito alle sollecitazioni a cui è stato sottoposto. È quindi comprensibile che questo tipo di prigionia sia considerato uno dei più rigidi e terrorizzanti di tutta la storia umana.
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za di salvezza ormai. Il nostro popolo non ha più nessuna speranza di salvezza. Come potremo difendere il nostro sistema da un altro attacco se la nostra flotta non è nemmeno riuscita ad abbattere
una di quelle navi? Io ho fallito il mio compito di protettore del popolo rigeliano; gli elettori hanno
mal riposto la loro fiducia in me. Io non sono degno di ricoprire questo incarico; se non sono riuscito nemmeno a proteggere il mio equipaggio e la mia nave, come posso pretendere di proteggere gli
abitanti di dodici pianeti?”
Alvar guardava il proprio Console incredulo. Non voleva credere di aver udito quello che aveva udito. Improvvisamente si sentì crollare addosso l’intera galassia. Davanti a lui c’era l’uomo che
considerava un esempio da seguire, un punto di riferimento su cui contare sempre ed in ogni situazione ed improvvisamente si accorse che anche lui poteva vacillare e cadere sotto i colpi implacabili degli eventi. Sentì crescere dentro di sé la rabbia e la frustrazione di un uomo che ha visto crollare
davanti a sé tutte le certezze che avevano costituito le fondamenta della sua vita: prima l’attacco ingiustificato ad un pianeta rigeliano portato contravvenendo a tutti i principi, mai scritti, che i combattenti sentono di dover rispettare quando si accingono a combattere una guerra, poi la completa
distruzione della flotta che aveva sempre considerato invincibile ed ora la vista del Console del sistema di Rigel che, in lacrime, si dispera dicendo che vuole morire. Questi sentimenti lo scuoterono
facendolo uscire dallo stato di disperazione in cui si trovava; si alzò in piedi e si avvicinò al Console dicendo:
“Mi ascolti bene Signore, io sono un cittadino rigeliano esattamente come Derek e come tutti gli altri uomini che erano a bordo delle navi della nostra flotta. Io sono un cittadino rigeliano ed un militare che ha giurato di proteggere il sistema di Rigel da tutti i suoi nemici e di rispettare le autorità
precostituite. Oggi, però, non posso più tenere fede al mio giuramento; non posso più provare rispetto nei Suoi confronti e questo perché mi sono accorto che Lei non è l’uomo forte e coraggioso
che io ritenevo. Quando siamo partiti dalla nostra base per dare la caccia alla flotta nemica io ero
fiero di essere a bordo dell’ammiraglia della nostra flotta. Ero fiero non tanto del fatto di essere a
bordo della FARSTAR, ma del fatto che al suo comando ci fosse il Console Ennius Fallay, l’uomo
che è riuscito a sconfiggere i pirati spaziali, l’uomo che più di ogni altro ha contribuito alla grandezza del sistema di Rigel. Quando è iniziata la battaglia mi sentivo pronto a compiere qualsiasi sacrificio per portare la nostra flotta alla vittoria; non mi importava di morire perché sapevo che comunque sarei morto sotto il Suo comando. Ma ora non mi ritengo più onorato di essere al Suo fianco, Signore, perché lei ha tradito la fiducia che nutrivo nei suoi confronti. Lei ha detto che se avesse
saputo della distruzione della nostra flotta si sarebbe ucciso ed avrebbe condotto alla morte anche
noi. Ma non ha pensato a tutti i soldati che stavano combattendo fino all’estremo sacrificio proprio
per cercare di proteggere i cittadini rigeliani minacciati da un nemico spietato? Cosa avrebbero pensato se avessero udito quello che lei ha detto? Loro hanno sacrificato la loro vita in nome della bandiera rigeliana mentre stavano eseguendo i suoi ordini e lo hanno fatto senza esitare perché sapevano che il Console Fallay non avrebbe mai esitato a sacrificare la sua vita se fosse stato necessario a
salvare uno di loro, ma evidentemente si sbagliavano.”
Ennius, apparentemente, non aveva prestato attenzione a quello che il giovane guardiamarina aveva
detto, ma dopo qualche secondo alzò lo sguardo verso i suoi compagni di sventura e si soffermò
lungamente ad osservare gli occhi infervorati di Alvar. Il suo sguardo era fisso su di loro e sembrava che nessuna forza esistente sarebbe riuscita a distoglierlo. Passarono lunghissimi minuti di assoluto silenzio che fu improvvisamente interrotto dalla voce del vecchio Console:
“Signor Cresh, penso di doverle delle scuse. Quello che ha detto è giusto. Io non sono un semplice
uomo, ma il Console di Rigel e come tale ho dei precisi doveri nei confronti del mio popolo. La nostra flotta è stata annientata, è vero, ma è inutile continuare a disperarsi per questo. A suo tempo ne
risponderò personalmente al popolo, ma ora la nostra unica preoccupazione deve essere quella di
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ritornare nel nostro sistema per avvertire il nostro popolo della reale potenza del nemico e per cercare degli alleati disposti ad aiutarci.”
Alvar era visibilmente contento del fatto che il Console fosse riuscito a riprendersi e disse:
“Mi scusi se Le ho parlato in quel modo prima Signore, ma non riuscivo ad accettare il fatto che
l’uomo che più ammiro si fosse fatto prendere dal panico.”
“Non si preoccupi guardiamarina. Ora dobbiamo concentrarci soltanto sul nostro lavoro. Come
prima cosa cercheremo di ottenere dal computer maggiori informazioni sul sistema in cui ci troviamo, poi aspetteremo che il nemico abbandoni la zona prima di muoverci. Le scorte di cibo che sono
a bordo basteranno per una settimana, ma per raggiungere il più vicino sistema abitato ci occorreranno almeno venti giorni viaggiando a fattore 1.9, cioè alla massima velocità raggiungibile da questa navetta. Abbiamo quindi bisogno di trovare del cibo su uno dei pianeti di questo sistema solare
prima di iniziare il nostro viaggio verso casa. E poi c’è anche un’altra questione che purtroppo dobbiamo prendere in considerazione. Le condizioni di Derek sono molto più gravi di quanto non sembri: gli strumenti medici segnalano la presenza di un forte ematoma che sta comprimendo il tessuto
cerebrale. Se non riceverà delle cure mediche entro poche ore non sopravvivrà”
Alvar indietreggiò fino ad abbandonarsi sulla poltrona posta di fronte al terminare del computer. Il
suo sguardo si soffermò sull’uomo che stava dormendo di fianco a lui e provò le stesse sensazioni
che aveva provato Ennius, ma non si abbandonò a discorsi vaneggianti sul suicidio come aveva fatto il Console. Fece girare di scatto la poltrona ritrovandosi di fronte allo schermo del computer centrale ed iniziò a richiedere informazioni sul sistema in cui si trovavano. Non gli ci volle molto per
scoprire che i cinque pianeti che formavano il sistema NDF4456LK, così era catalogato nelle mappe stellari, erano completamente ostili alla vita. La loro atmosfera, anche se diversa da pianeta a
pianeta, aveva comunque una composizione chimica di base formata da una miscela di ammoniaca
ed acido cloridrico che avrebbero ucciso all’istante qualsiasi organismo vivente vi fosse entrato in
contatto. Inoltre le escursioni termiche sui vari pianeti erano tremende: sul pianeta più interno, per
esempio, si passava da una temperatura minima di trecentocinquanta gradi Celsius fino ad un massimo di seicentotrentadue. Era quindi impossibile trovare del cibo sulla loro superficie. Secondo il
computer, inoltre, i pianeti non ospitavano nessun insediamento umano. Il loro interesse scientifico
era infatti praticamente irrilevante ed anche le compagnie minerarie non avevano interesse a stabilire sulla loro superficie delle stazioni di estrazione visto che i pianeti erano poveri di minerali preziosi o utili all’industria.
“Questo significa che Derek non ha nessuna speranza di sopravvivere purtroppo.”
“Non potremmo tentare di attenuare la pressione sul cervello utilizzando gli strumenti medici della
cassetta del pronto soccorso?”
“Non credo proprio a meno che non contenga un bisturi laser ed un neurochirurgo. Non possiamo
fare assolutamente niente per lui, tranne aspettare la...”
Stavano ancora parlando quando il piccolo gravitometro della scialuppa segnalò l’avvicinarsi di
numerose navi. La tensione all’interno della capsula aumentò. I tre uomini erano terrorizzati: sapevano che quelle navi erano le stesse che avevano distrutto la loro flotta. Se li avessero scoperti per
loro non ci sarebbe stato più scampo. La tensione stava crescendo di attimo in attimo man mano che
le navi si avvicinavano. Il Console orientò i piccoli telescopi della nave nella direzione indicata dagli strumenti e vide una mezza dozzina di navi che lentamente stavano avanzando. Avevano le stesse dimensioni dell’ELLICON, la grande nave ammiraglia della flotta imperiale di Nuova Sirio che
aveva potuto ammirare durante una sua visita diplomatica in quel sistema solare, e, come allora,
provò lo stesso stupore nel vedere quelle navi solcare lo spazio. Erano lunghe più di mezzo chilometro e larghe forse duecento metri. Il loro scafo esterno era ricoperto di cannoni al plasma e torret19
te laser di grandi dimensioni visto che si potevano distinguere da quella distanza. Dieci minuti più
tardi le grandi navi sorvolavano il pezzo di chiglia dietro il quale si era rifugiata la scialuppa di salvataggio e proseguirono oltre senza accorgersi della sua presenza. Lentamente cambiarono rotta e si
allontanarono per poi sparire nel caratteristico lampo di luce causato dall’entrata nel sub-spazio di
una nave.
“Pensate che siamo al sicuro ora Console?”
La voce di Derek scosse Ennius che, ormai abituatosi a quel silenzio irreale che aveva regnato fino
a quel momento, si era lasciato trasportare dai suoi pensieri più profondi. Dopo qualche attimo di
smarrimento disse:
“Non ne ho idea. Quelle che abbiamo visto erano soltanto sei navi, ma la flotta che abbiamo
incontrato ne contava cento. Forse le altre navi sono ancora qui intorno in perlustrazione, ma
purtroppo noi non abbiamo alcun mezzo per accertarci di questo fatto.”
“Forse quelle potrebbero essere le uniche navi superstiti della flotta nemica. Infondo la FARSTAR
è stata distrutta soltanto all’inizio della battaglia e noi non abbiamo alcuna idea su come si siano
svolti i fatti.”
“Vorrei essere altrettanto ottimista guardiamarina, ma penso che la realtà sia del tutto diversa.
Quando noi abbiamo portato il nostro primo attacco abbiamo sparato quasi un migliaio di missili al
plasma, ma, a quanto ci hanno detto i nostri sensori, nessuna delle navi nemiche sembra aver subito
danni. Al contrario, le nostre navi sono state gravemente danneggiate, se non distrutte, alla prima
bordata dei loro cannoni al plasma.”
“Con ciò cosa vuole dire Signore?”
“Voglio dire che la nostra flotta è stata completamente annientata senza che nessuna delle navi
nemiche sia stata danneggiata. È stata una disfatta totale, una vera e propria carneficina.”
Ancora una volta Derek provò la sensazione di inutilità e di profondo sconforto che aveva avvertito
quando aveva osservato la distesa infinita di rottami che circondava la scialuppa, ma questa volta
non le permise di prendere il sopravvento. Si limitò invece a restare in silenzio e vi rimase fino a
quando un urto improvviso scosse lo scafo della piccola nave. Gli allarmi iniziarono a suonare creando un fastidioso frastuono che venne subito interrotto dal Console. Alvar controllò il quadro degli
strumenti e disse:
“Qualcosa ci ha colpiti nella sezione motori, forse un rottame di qualche tipo Signore. Ha penetrato
lo scafo esterno ed ha messo fuori uso due motori; il terzo sembra non aver subito alcun danno. Gli
accumulatori sono operativi al 64% ed i generatori al 91%. Lo scafo interno non sembra essere stato
danneggiato; la pressione interna si mantiene costante ed i rigeneratori d’aria funzionano
normalmente. Il computer ed i comandi sono in ordine.”
Ennius si agitò sul proprio sedile imprecando tra sé e sé.
“Dannazione, avrei dovuto prestare più attenzione ai comandi. Adesso siamo nei guai fino al collo.
Come stiamo ad energia?”
“Gli accumulatori erano carichi per il 70% quando siamo stati colpiti. Tra qualche secondo avremo
i nuovi dati dal computer.”
Ma il computer non diede mai quei dati ad Alvar: pochi istanti dopo che ebbe finito di parlare le luci si spensero e con esse tutti i sistemi. La scialuppa era rimasta completamente priva di energia: infatti il danno agli accumulatori era più grave di quello che Alvar ed Ennius pensassero. Questo provoco la totale perdita di funzionalità degli accumulatori e quindi di tutti gli altri sistemi della nave.
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L’unica possibilità di ripristinare l’afflusso energetico era quello di uscire dalla nave e ricollegare i
circuiti in modo che l’energia passasse direttamente dai generatori a tutte le altre sezioni della nave,
bypassando quindi gli accumulatori energetici ormai fuori uso. Comunque sia, né Alvar né Ennius
ebbero la possibilità di indossare una tuta spaziale e di fare una passeggiata nel vuoto dell’infinito:
infatti il gravitometro, uno strumento che funziona senza bisogno una fonte di energia esterna, rilevò le onde gravitazionali provocate dal movimento di una grossa nave. I due uomini erano disperati.
Sapevano che in quelle condizioni la scialuppa non si poteva più muovere, né poteva utilizzare i
suoi sensori per indicare cosa stesse succedendo. Persino i telescopi erano fuori uso visto che
l’orientazione e la messa a fuoco era gestita automaticamente dal computer.
I minuti sembrarono non passare mai, poi dagli oblò apparve la figura di una grande nave di color
grigio chiaro che avanzava lentamente verso di loro. Sia Alvar che Ennius speravano intensamente
che passasse oltre come avevano fatto le altre navi, ma questa speranza fu quasi subito infranta: la
nave sconosciuta iniziò infatti a rallentare visibilmente e si fermò proprio al di sopra del pezzo di
chiglia della FARSTAR che fungeva da nascondiglio alla scialuppa di salvataggio. Improvvisamente un raggio traente di color azzurro chiaro agganciò il rottame e lo allontanò dalla piccola navicella
scagliandolo nelle profondità dello spazio. La nave sconosciuta si spostò di lato di qualche chilometro, si abbassò e si portò esattamente sotto la verticale della scialuppa. Fu poi la volta della scialuppa di iniziare a muoversi scendendo verso la sagoma sempre più grande della nave sopraggiunta. Si
muoveva lentamente, attirata da un raggio traente molto potente. In pochi minuti i due occupanti
ancora coscienti videro il caratteristico alone che la luce bianca provoca quando una lampada che
irradia la sua luce verso l’alto viene avvicinata alla parte inferiore di una finestra. Ben presto capirono che quella luce era dovuta all’impianto di illuminazione della stiva della nave sconosciuta che
li stava ingoiando. Quando la scialuppa si trovò completamente all’interno della grande nave dagli
oblò laterali si videro due grandi porte che si chiudevano lentamente per formare il soffitto della
stiva la cui chiusura ermetica avrebbe permesso l’immissione nei locali di aria respirabile. Infatti,
una volta che la chiusura ermetica delle porte fu accertata, si iniziò a sentire il sibilo crescente
dell’aria che veniva pompata all’interno della stiva per permettere agli uomini di accedervi. Comunque, la stiva rimase deserta per parecchi minuti dopo che il sibilo prodotto dai potenti getti
d’aria cessò ed i due rigeliani non riuscivano a spiegarsi il perché di quell’attesa che diventava
sempre più insostenibile. All’interno del piccolo guscio di titanio l’atmosfera era carica di tensione
e di paura.
“Chi pensa che ci sia al comando di questa nave Console?”
“Chi può dirlo? Forse il nemico che ci ha aggrediti e che ha distrutto Rigel-XII o forse qualche mercante che per caso incrociava questa rotta e che ha preferito assistere ad una debita distanza di
sicurezza alla nostra battaglia sondando poi con accuratezza i detriti in cerca di qualche ricca preda.”
“O forse si tratta di una nave di un sistema solare vicino che per pura fortuna ha attraversato il campo di battaglia dopo che il nostro nemico lo ha abbandonato.”
“Può essere. Una cosa comunque è chiara e cioè che sarà meglio non far capire chi siamo in realtà,
almeno fin tanto che non siamo riusciti ad accertare le intenzioni del comandante di questa nave.
Guardiamarina, veda se tra i rifornimenti ci sono degli abiti. È più prudente far credere loro che siamo dei semplici civili piuttosto che rivelare subito la nostra identità. Una volta che ne avremmo
saputo di più potremmo decidere sul da farsi.”
Il guardiamarina aprì lo scomparto viveri e diede una rapida occhiata rovistando tra i vari rifornimenti.
“Li ho trovati Signore.”
“Si cambi e da ora in poi non mi chiami più Console o Signore: noi tre siamo delle persone normali,
dei vecchi amici, quindi scordiamoci dei gradi e dei regolamenti e comportiamoci come tali. Faccia
presto! Non sappiamo quanto tempo abbiamo ancora a disposizione.”
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“Sì Con... Emm, Ennius.”
Alvar disse quel nome con disagio mentre cercava di indossare i nuovi vestiti il più velocemente
possibile, lottando con lo spazio ristretto dell’abitacolo della scialuppa di salvataggio. Con fatica
riuscì a liberarsi della tuta a pezzo unico che costituiva la sua uniforme e la buttò distrattamente in
un angolo prima di iniziare ad indossare l’abito civile che aveva trovato. Per compiere l’intera operazione ci impiegò quasi dieci minuti di cui gli ultimi tre riempiti dalle sue imprecazioni di ufficiale
di macchina. Dal canto suo, Ennius continuava a temere che da un momento all’altro sarebbero
comparsi degli uomini che avrebbero ordinato loro di abbandonare la scialuppa di salvataggio mentre Alvar era ancora semi svestito, ma questo non avvenne. Stranamente non si fece vedere nessuno
per più di tre quarti d’ora. La stiva rimase completamente vuota, fatta eccezione per la presenza di
qualche macchinario isolato; dai piccoli oblò della nave in cui si trovavano i tre naufraghi si riuscivano a vedere benissimo, grazie alla buona illuminazione, le quattro pareti della stiva e l’unica porta d’accesso ad essa ermeticamente chiusa. Le pareti erano bianche ed il loro colore contrastava con
il nero del pavimento e del soffitto. L’illuminazione era garantita da pannelli quadrati di materiale
illuminante che integrati nelle due porte che ora costituivano il soffitto. Ennius trovò quel tipo di sistema di illuminazione alquanto strano: erano più di quattro secoli che lo standard in fatto di illuminazione era costituito da pareti o soffitti interamente costruiti con diversi tipi di materiali sintetici
che percorsi da corrente elettrica producono un’illuminazione debole e soffusa molto gradevole e
funzionale. Ma la cosa che lo preoccupava di più in quel momento era l’assenza di merci a bordo di
quella nave. Questo fatto escludeva in modo definitivo la possibilità di essere stati salvati da una
nave mercantile di passaggio. Se fosse stato così infatti la stiva non avrebbe avuto di certo
quell’aspetto così pulito, ma si sarebbe presentata ingombra di ogni genere di merce, o, quantomeno, avrebbe avuto un aspetto molto più logoro.
Ennius era molto pensieroso e questo iniziava a turbare Alvar che decise di rompere il suo silenzio
per accertarsi della situazione.
“Emm... Ennius, cosa devo farne della mia divisa?”
“Gettala nell’inceneritore Alvar, poi prepara tutto il necessario per far rinvenire Derek. Voglio che
sia cosciente quando verranno a prenderci, quanto mento per poterlo mettere al corrente del nostro
piccolo inganno. Certo, sarebbe meglio svergliarlo subito, ma soffrirebbe troppo nell’attesa che
qualcuno venga a prelevarci.”
“Quando pensi che succederà?”
“Non lo so. Sinceramente non riesco a capire perché non sia venuto ancora nessuno.”
“Forse si aspettano che noi facciamo la prima mossa uscendo da qui. In fondo non sanno cosa ci sia
qui dentro.”
“Può essere, ma io preferirei che fossero loro ad ordinarci di uscire. Se noi abbandonassimo la capsula potrebbero interpretare il nostro gesto come un atto ostile.”
“Comunque sia, Derek ha bisogno di immediate cure Ennius. Non credo che riuscirà a sopravvivere
più di un’ora.”
Udendo quelle parole Ennius guardò il suo amico per la prima volta da quando si trovavano nella
stiva, ma distolse quasi subito lo sguardo costringendo la sua mente a prestare attenzione a quello
che accadeva fuori dalla scialuppa. Passarono altri dieci minuti, poi, improvvisamente, si udì uno
scatto sordo provenire dalla stiva. Immediatamente Ennius si precipitò verso gli oblò che guardavano la porta d’accesso della stiva e la vide completamente aperta. Pochi istanti più tardi dieci robot
di un colore rosso vivo e quattro robot bianchi la varcarono per avvicinarsi alla scialuppa. I robot
rossi si affrettarono ad ispezionare tutti i lati della piccola nave per poi radunarsi vicino al portello
non appena terminata l’operazione. Evidentemente quelli erano dei robot di sicurezza e molto probabilmente erano dotati di una notevole potenza; forse avevano di dotazione anche qualche arma,
anche se la cosa non sembrava molto verosimile ad Ennius. Cosa se ne fa’ infatti un robot di
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un’arma se poi non la può in alcun modo usare contro un essere umano? Gli è del tutto inutile, a
meno che non si voglia considerare la remota possibilità di dover sostenere un combattimento contro altri robot, fatto talmente raro che renderebbe totalmente inutile dotare un robot di sicurezza di
un’arma.
Ennius scosse il capo cercando di scacciare quegli inutili pensieri. Si mise a fissare i robot bianchi
che, evidentemente, avevano un compito diverso rispetto agli altri robot; poi, all’improvviso, nel
suo cervello si materializzò un pensiero che non avrebbe mai sperato di formulare in quella situazione: quelli che avevano davanti erano dei robot e fino a quando erano sotto la loro custodia nessuno avrebbe potuto far loro del male. Il cuore di Ennius ebbe un sussulto di gioia e si affrettò a dire
ad Alvar di far rinvenire Derek. Fu talmente felice a quella vista che ebbe anche la voglia di prendersela con se stesso per non aver collegato immediatamente la presenza dei robot con la loro salvezza.
“Che stupidi che siamo stati Alvar. Avremmo dovuto capire di essere al sicuro fin da quando il primo robot è entrato nella stiva.”
Udendo quelle parole la mente di Alvar si aprì ed il giovane soldato si colpì la fronte in segno di
stupidità. Ennius continuò:
Fino a quando saremo sotto la custodia di quei robot nessuno ci potrà far del male e se qualcuno ci
provasse potremmo sempre giocare sulla prima legge della robotica per farci proteggere proprio da
quei robot.”
“In linea di principio è un’ottima idea, ma come faremo se gli uomini che comandano questa nave
ci separassero dai loro robot?”
“Non ne ho idea Alvar, ma penso che se ci troveremo in una situazione del genere di certo riusciremo a trovare qualche soluzione.”
Mentre Ennius continuava a parlare, Derek diede i primi segni di ripresa. Iniziò ad emettere dei
gemiti smorzati, come chi viene svegliato da un sonno profondo e cerca di rimanere addormentato.
Mentre Alvar liberava il ViceConsole dalle cinghie con cui era stato legato Ennius si affrettava a
raccontargli cosa era successo e a dirgli in che cosa consisteva il loro piano. Aveva dovuto ripeterglielo più volte perché Derek era ancora intontito dai sedativi, ma alla fine capì. Quando fu sicuro
che tutto era apposto, il Console aprì il portello della piccola nave facendo cenno ai robot medici di
sbrigarsi. Non appena questi videro lo stato di Derek i loro movimenti iniziarono a divenire più frenetici; indubbiamente in quel momento il potenziale della prima legge era altissimo. Si affrettarono
a chiamare altri robot medici che sopraggiunsero poco dopo con una barella e molte attrezzature
mediche portatili. In meno di venti minuti tutte le funzioni vitali di Derek furono monitorate e, non
appena le sue condizioni divennero stazionarie, venne trasportato d’urgenza nell’infermeria della
nave. Quando l’ultimo dei robot medici che avevano soccorso il ferito ebbe abbandonato la stiva
sparendo dietro la porta i robot sentinella pregarono Ennius ed Alvar, che fino a quel momento erano rimasti in disparte in un angolo della piccola cabina osservando tutto con molta attenzione, di
seguirli. Una volta varcata la porta della stiva, si ritrovarono in un grande corridoio che aveva molte
diramazioni ai suoi lati. I robot pregarono gentilmente i due esseri umani di seguirli e li condussero
in infermeria dove li stavano aspettando due robot medici. Sia Ennius che Alvar vennero presi in
consegna da un robot e furono accompagnati in due ambulatori separati dove vennero fatti spogliare
e vennero visitati accuratamente. La visita durò mezz’ora in tutto, dopo di che i due uomini vennero
fatti rivestire ed accompagnati in una cabina che si trovava sullo stesso corridoio dell’infermeria da
due robot rossi che, una volta fatti entrare nell’alloggio a loro assegnato, li lasciarono soli. I due
naufraghi osservarono stupefatti l’alloggio. Vi erano dieci cuccette disposte su un lato della stanza;
di fronte si trovava il dispensatore automatico di cibo e bevande ed i servizi igienici con una zona
doccia. L’unica cosa che mancava erano degli oblò o delle vetrate che permettessero agli occupanti
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di vedere all’esterno della nave. Superata la sorpresa, Ennius iniziò ad ispezionare la loro cabina
saggiando la comodità delle cuccette e controllando che tutto funzionasse a dovere; infine disse:
“Forse la fortuna non ci ha abbandonati.”
“Cosa vuoi dire Ennius?”
“Credo di essermi sbagliato sul conto di questa nave. Se avessero avuto l’intenzione di renderci
schiavi non credo che ci avrebbero trattato in questo modo, dandoci un alloggio tanto confortevole,
ma piuttosto ci avrebbero sbattuti, quantomeno, in una cella dotata di una povera branda e di servizi
igienici molto meno efficienti di questi. C’è poi da considerare il fatto che i robot non
permetterebbero mai che qualcuno faccia del male ad un altro essere umano e quindi possiamo
escludere con assoluta certezza che questa sia una delle navi che ci hanno attaccato. Credo che sarai
d’accordo con me nel pensare che le navi che hanno rapito i nostri coloni dovevano avere un
equipaggio composto interamente da esseri umani.”
“Penso che abbia ragione. Emm, volevo dire che hai ragione.”
Alvar assunse per un istante un’espressione accigliata. Evidentemente, pensò Ennius, doveva essersi arrabbiato con se stesso per la sua piccola distrazione. Dopo quell’istante di pausa, Alvar proseguì:
“Se a bordo di una di quelle navi ci fosse stato anche un solo robot di si curo si sarebbe rivoltato
contro i suoi padroni all’inizio dell’attacco e si sarebbe fatto distruggere piuttosto che permettere il
proseguire dell’azione.”
Improvvisamente nella sua mente balenò un’altra ipotesi che, se fosse risultata vera, li avrebbe
proiettati in una situazione ben peggiore rispetto a quella in cui credevano di trovarsi. Si affrettò
quindi ad esternare al Console la sua idea:
“Ennius, c’è un’altra possibilità che dovremmo prendere in considerazione. Mentre eravamo chiusi
nella scialuppa tu hai detto che questa potrebbe essere una nave mercantile che, dopo aver assistito
alla battaglia da un luogo sicuro, ha iniziato a scandagliare la zona in cerca di un qualche detrito di
valore, che in questo caso era la nostra scialuppa. Se assumiamo vera questa ipotesi il comportamento dei nostri misteriosi salvatori sarebbe del tutto logico: trattare nel migliore dei modi i superstiti in attesa di identificarli. Una volta scoperta la loro identità chiedere un adeguato compenso alle
autorità del loro sistema solare per averli salvati e, naturalmente, più importanti saranno le persone
salvate, più alto sarà il compenso chiesto. Credimi, una volta che avranno scoperto di aver salvato il
Console ed il ViceConsole di Rigel si precipiteranno a fattore 9.9 verso il nostro sistema chiedendo
un compenso esorbitante al governo.”
“La tua ipotesi è del tutto verosimile, ma non credo che sia applicabile al nostro caso. È vero, fino a
questo momento i nostri misteriosi salvatori, come li hai chiamati tu, si sono comportati seguendo il
tuo ragionamento, ma ci sono alcune cose che non tornano. Consideriamo innanzi tutto la stiva: era
completamente vuota, fatta eccezione per qualche macchinario di servizio. Io ho passato qualche
anno su una nave mercantile prima di entrare in accademia e ti posso garantire che nessun mercantile ha la stiva completamente vuota, nemmeno dopo aver scaricato tutta la merce. La stiva è poi un
luogo male illuminato e pieno di segni del logorio dovuto al continuo carico e scarico di merce; ci
sono casi di mercanti che imitano deliberatamente i danni provocati dall’invecchiamento strutturale
in modo da dimostrare che trattano un gran numero di affari. Al contrario. La stiva di questa nave è
perfetta e ben illuminata il ché farebbe rabbrividire qualsiasi mercante. Tra i comandanti dei mercantili circola questo proverbio: ‘La luce è nemica dell’inganno, la bellezza è nemica degli affari.’
Riferito, evidentemente, alle stive delle loro navi.”
“Forse questa nave è entrata in servizio da poco e non hanno ancora avuto il tempo di adattarla alle
loro esigenze.”
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“Nessun costruttore di navi mercantili costruirebbe una stiva come quella che abbiamo visto. Per i
mercanti la nave migliore è quella che ha la stiva in condizioni peggiori. In base al loro metro, questa sarebbe una pessima nave mercantile e nessuno si azzarderebbe a comprarla. E poi bisogna
prendere in considerazione anche un altro fatto: i robot. Tutti sanno che i mercanti sono gente poco
raccomandabile che non si fa scrupoli ad usare le maniere forti se necessario e per questo odiano
tutti i robot. La presenza dei robot è vista come un impedimento dai mercanti che non possono utilizzare i pugni per concludere gli affari, quando necessario. Con il passare dei secoli quello che
all’inizio era visto come un fastidio si è trasformato in vero e proprio odio nei confronti dei robot
che oggi sono a malapena tollerati dai mercanti. Su questa nave i robot sembrano essere una parte
integrante dell’equipaggio umano il ché è impensabile su un mercantile. Infine c’è un’ultima cosa. I
mercanti, specialmente i comandanti, sono persone che amano mettersi in mostra e non si lasciano
scappare nessuna occasione per farlo. Se a bordo ci fosse stato anche un solo mercante, sarebbe venuto di corsa a porgerci il benvenuto e a decantare il suo altruismo nell’averci salvati. Credimi Alvar, questa non può essere in nessun modo una nave mercantile.”
” Ma allora chi ci ha salvati?”
“Questa è un’ottima domanda alla quale purtroppo non so dare nessuna risposta. In questa cabina ci
sono molte cose che non quadrano del tutto. Innanzitutto considera il lusso: bagno con doccia, distributore di bevande, comode cuccette dotate di lettore per videolibri e videofilm che possiamo richiedere a volontà grazie alla biblioteca automatica. Se fossimo dei prigionieri non credo proprio
che disporremmo di tutta questa comodità.”
“Quindi tu ritieni che chiunque comandi questa nave ci abbia salvato in ottemperanza al trattato intergalattico sui viaggi interstellari?”
“Sembrerebbe di si, ma non mi sembra del tutto convincente. Osserva con attenzione le pareti. Non
ci sono né oblò né terminali del computer né sistemi di comunicazione o comandi per l’apertura
della porta. Se non fosse per tutti gli optional di cui è dotata, direi proprio che questa è una cella e
tu sai benissimo che il trattato intergalattico sui viaggi interstellari dice espressamente che chiunque
tragga in salvo dei naufraghi ha il dovere di trattarli con ogni riguardo e di permettere che si mettano in contatto con il loro sistema d’origine non appena possibile. Se quindi il comandante di questa
nave ci ha salvati in ottemperanza al trattato, ne sta violando un articolo fondamentale. Per il momento, comunque, è inutile continuare a discutere di queste cose poiché le informazioni che abbiamo a disposizione ci lasciano troppe possibilità aperte. Penso che la cosa migliore sia di aspettare
l’arrivo di Derek, forse lui è riuscito ad intravedere qualcosa mentre lo portavano in infermeria.”
“Sei preoccupato per la sua vita?”
“No. So che i robot medici faranno tutto il possibile per salvarlo e fino a quando rimarrà insieme a
loro non correrà nessun pericolo.”
Dopo tre ore di attesa snervante un segnale luminoso lampeggiò sullo stipite della porta e due robot
medici entrarono portando Derek su una barella privo di conoscenza. Lo adagiarono su una branda
e si avvicinarono ad Ennius ed Alvar. Uno di loro disse:
“Il vostro amico si riprenderà tra poche ore. La ferita alla testa gli aveva causato un brutto trauma
cranico ed abbiamo dovuto intervenire chirurgicamente per impedire che provocasse danni permanenti al cervello. Poco fa gli abbiamo somministrato un sedativo che lo farà riposare per qualche
ora. Quando si sveglierà evitate di sottoporlo a forti emozioni, almeno per le prime ore. Il rischio
che insorgano delle complicazioni è praticamente nullo, ma comunque per qualsiasi evenienza premete il bottone rosso che si trova vicino alla porta e noi accorreremo immediatamente.”
Dopo aver detto ciò il robot ed il suo compagno si girarono ed uscirono dall’alloggio.
Alvar era visibilmente scosso, tanto da far preoccupare Ennius:
“Cosa c’è che non va' Alvar?”
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“Hai sentito quello che hanno detto? Secondo loro hanno sottoposto Derek ad un’operazione al cervello molto delicata e dopo quattro ore lo portano in questo alloggio privo di qualsiasi assistenza
medica e medicato in modo superficiale. Io so cosa significa essere operati alla testa ed anche se
non sono un medico riesco ad immaginare il modo in cui questa operazione deve essere svolta.
Sappiamo benissimo che il cervello è protetto dalla calotta cranica e che per poter intervenire su di
esso occorre aprire un varco nelle ossa che formano il cranio. Guarda la sua testa; a parte quella ridicola benda che copre le ferite superficiali, non ha altri segni che indicano l’operazione. Sembra
che quei robot siano riusciti ad accedere al trauma senza intervenire sulle ossa o sui tessuti.”
Ennius diede una rapida occhiata all’amico disteso sul letto poco lontano e disse:
“Tutto sembra darti ragione Alvar, ma io continuo a rifiutare l’idea che quei robot non abbiano fatto
nulla per salvare la vita di Derek. Se dicono di averlo operato, allora significa che lo hanno fatto.”
“Resta sempre il mistero di come ci siano riusciti. Io continuo a ritenere che quei robot non hanno
fatto nulla per aiutare Derek, a parte medicare le sue ferite superficiali.”
“Sai benissimo che la prima legge li obbliga ad operare al meglio delle loro possibilità per far guarire i loro pazienti.”
“E se i loro cervelli positronici non funzionassero in modo corretto?”
“Vuoi forse insinuare che quei robot erano impazziti? Credevo che tu ti fossi ormai reso conto che
le favole che si raccontano ai bambini sul robot impazzito che li viene a prendere mentre dormono
sono solo delle stupide storie raccontate per far sì che si comportino bene. In tutta la lunga storia
della robotica non sono mai esistiti robot impazziti che non riconoscevano più le tre leggi; è una cosa fisicamente impossibile. Se un cervello positronico fosse danneggiato a tal punto da non riconoscere più i potenziali delle tre leggi si bloccherebbe in meno di un decimo di secondo e sarebbe totalmente irrecuperabile.”
“Resta comunque la questione dell’operazione subita da Derek.”
“Sono sicuro che ci sarà una spiegazione razionale a questo, ma al momento non riesco a trovarne
nessuna. La sola cosa che ti posso dire è di non farti prendere dal panico e di abbandonare immediatamente l’idea che su questa nave circolino dei robot fuori controllo. Non devi dimenticare che non
sappiamo chi stia comandando questa nave; siamo riusciti ad escludere che si tratti dei nostri nemici
o di qualche mercante ed abbiamo implicitamente assunto che si tratti di qualche nave appartenente
ad un sistema solare conosciuto, ma questa è soltanto un’ipotesi che non deve necessariamente corrispondere alla realtà.”
“Sinceramente io non riesco a vederne altre.”
“Hai mai sentito parlare del sistema NW1145?”
Alvar scosse il capo in senso di negazione.
“Per la verità lo conoscono in pochi. È un piccolo sistema solare composto da due soli pianeti che
ruotano attorno ad una delle stelle vicine alla nebulosa Testa di Cavallo. Questo sistema, che oggi è
meta di molte spedizioni minerarie, fu scoperto non più di un secolo fa'. Certo, l’esistenza del suo
sole era ben nota agli astronomi antichi, ma si riteneva che per le sue limitate dimensioni non fosse
in grado di mantenere dei pianeti lungo orbite stabili. Comunque sia, su quei pianeti non vi era traccia di forme di vita, ma non è questo quello che conta. A noi interessa il fatto che fino ad un secolo
fa' non si era a conoscenza dell’esistenza di quei pianeti. Non è quindi assurdo pensare che nella
nostra galassia ci siano dei pianeti abitati ancora da scoprire, anche se la cosa diventa di anno in anno sempre più improbabile.”
“Quindi tu ritieni che questa nave appartenga ad un popolo sconosciuto?”
“Esattamente. La prova l’abbiamo davanti agli occhi: di si curo Derek è stato operato, non può essere altrimenti. La cosa sbalorditiva è che sono riusciti a rimediare ai danni subiti al cervello senza
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dover aprire la scatola cranica e questa tecnologia medica è al di sopra delle conoscenze mediche di
tutti i sistemi conosciuti.”
“Se questo è vero dobbiamo cercare di contattare il comandante per informarlo su quanto è avvenuto e su come si sono svolti effettivamente i fatti. Forse ritengono che la battaglia che abbiamo combattuto fosse un atto ostile nei loro confronti.”
“Stai attendo a non commettere lo stesso errore Alvar! Stai dando di nuovo per scontato che questa
sia la realtà dei fatti mentre io mi sono limitato ad esporti una mia teoria. Per il momento non possiamo fare altro che curarci di Derek ed aspettare che sia il comandante della nave a fare la prossima mossa.”
Detto ciò, Ennius si sedette su una cuccetta vicina a quella su cui stava riposando Derek e vi rimase
fino a quando il giovane non riprese conoscenza, due ore dopo.
Derek iniziò ad agitarsi volendosi alzare a tutti i costi ed Alvar intervenne cercando di far calmare il
ferito.
“Non ti agitare Derek, va tutto bene.”
“Come stai?”
“Mi sento ancora un po’ confuso. Dove ci troviamo?”
“Siamo in una cabina da qualche parte della nave. Ci hanno portato qui subito dopo che tu sei stato
preso in consegna dai robot medici. Sei in grado di dirci cos’hai visto? Anche il dettaglio più insignificante ci potrebbe aiutare a capire chi abbiamo di fronte.”
“Purtroppo non ricordo molto... Avlar. Vedevo soltanto una fitta nebbia davanti agli occhi. Ricordo
che sono stato coricato sulla barella. Vedevo le luci sul soffitto della stiva come degli aloni luminosi. Ad un certo punto le luci sono sparite; ho visto un’ombra passare vicino ai miei occhi ed ho sentito una maschera che veniva appoggiata sul mio volto. Ho iniziato a sentire l’odore di uno strano
gas che mi provocava un torpore sempre maggiore. Questa è l’ultima cosa che ricordo.”
Derek guardò quasi rammaricato gli altri due intuendo che si aspettavano qualcosa di più dal suo
racconto.
Ennius disse:
“Quello che ci hai detto non ci è di molta utilità, comunque sia è bello riaverti vicino Derek.”
Ennius si preoccupava di non far agitare troppo l’amico come gli aveva suggerito il robot medico.
“Ti va di mangiare qualcosa? Sono più di otto ore che non tocchiamo cibo.”
“Mi sento ancora debole, ma comunque cercherò di sforzarmi. Voi, piuttosto, perché non avete ancora mangiato?”
“Perché eravamo troppo preoccupati per la tua salute per pensare alla nostra fame. Cercherò di capire come funziona il dispensatore automatico di cibo, nel frattempo Alvar ti aiuterà ad alzarti e a sederti sul bordo del letto.”
Ennius si diresse verso il dispensatore, ma non ebbe il tempo di studiarlo: la porta si aprì di scatto
sorprendendo tutti e tre i rigeliani. Due robot di sentinella entrarono nell’alloggio e si fermarono
pochi centimetri oltre la soglia della porta. Uno di loro disse:
“Scusatemi signori, ma abbiamo ricevuto l’ordine di scortarvi a bordo dell’SDF1, la nostra nave
ammiraglia. Vi preghiamo di seguirci.”
Sorprendendo tutti e senza dare tempo ad Ennius di proferire parola, Alvar disse:
“Io non ho intenzione di andare da nessuna parte brutto pezzo di latta. Io sono un essere umano e ti
ordino di accompagnarci alla cabina di pilotaggio di questa nave. Immediatamente!”
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Invece di obbedire, il robot disse:
“I miei ordini sono di scortarvi a bordo dell’SDF1 negli alloggi a voi assegnati. Vi prego di nuovo
di seguirvi, altrimenti sarò costretto ad usare la forza.”
I tre impallidirono all’udire quelle parole. Alvar, ansimante, urlò:
“Non mi fanno paura le tue minacce robot! So benissimo che la prima legge ti impedisce di far del
male ad un essere umano, quindi non cercare di fare il gradasso con me hai capito?”
L’altro robot gli rispose:
“Noi non abbiamo affatto intenzione di farvi del male. Ci limiteremo ad utilizzare i nostri raggi traenti portatili per sollevarvi e trasportarvi a forza senza che vi venga fatto alcun male.”
Nel dire questo, ognuno dei due robot estrasse da un vano apertosi nel petto un cilindro di metallo
lungo trenta centimetri e lo puntò verso i tre umani.
Alvar fece cenno di rispondere ma Ennius lo interruppe e con la voce ancora tremante per lo spavento di poco prima disse:
“Non sarà necessario ricorrere alla forza. Vi seguiremo di nostra spontanea volontà.”
Poi si rivolse ad Alvar e Derek dicendo:
“Per il momento sarà meglio obbedire. Ne sappiamo ancora troppo poco per poterci ribellare. E...
Alvar, mi raccomando, cerca di mantenere il controllo!”
Poi, di nuovo rivolto ai robot:
“Prima di andare ho una richiesta da fare: sono più di otto ore che non tocchiamo cibo ed ora stiamo
morendo di fame. Vorrei sapere se ci è consentito consumare un rapido pasto prima di lasciare il
nostro alloggio.”
“Chiederò istruzioni a riguardo.”
Il robot che aveva parlato rimase immobile per qualche minuto prima di dare di nuovo segni di vita:
“Se lo desiderate, avete il permesso di consumare un pasto nel vostro alloggio. Torneremo tra
mezz’ora.”
“Vi ringraziamo e vi chiediamo ancora scusa per il nostro comportamento.”
I due robot uscirono lasciando il tempo ai tre naufraghi di consumare un veloce pasto. Quando ritornarono accompagnarono i tre uomini attraverso una lunga serie di corridoi fino ad arrivare ad un
piccolo veicolo automatico che, una volta che tutti furono seduti, iniziò a muoversi ad una moderata
velocità. Il viaggio durò circa quaranta minuti, ma la cosa che stupì maggiormente i tre rigeliani fu
il fatto che il tragitto era stato percorso interamente all’interno della nave: i corridoi erano del tutto
identici a quelli che collegavano la stiva con l’infermeria. Il soffitto ed il pavimento erano costruiti
con un materiale di color nero opaco che, apparentemente, era costituito da un unico blocco senza
alcun segno di giunzioni o saldature. Le pareti erano invece composte da segmenti ben distinti che
frequentemente erano sostituiti da porte che consentivano l’accesso alle varie sale e cabine della
nave. Quando era trascorso più di un quarto d’ora, Alvar chiese:
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“Devo ammettere che la vostra nave è davvero enorme. Siamo partiti più di quindici minuti fa' e
non siamo ancora arrivati alla camera stagna che collega questa nave con la vostra nave ammiraglia.”
“Non è esatto. Noi siamo saliti a bordo dell’SDF1 esattamente tre minuti e trentadue secondi dopo
la nostra partenza. Durante il restante periodo di tempo ci siamo diretti verso i vostri alloggi.”
Improvvisamente il robot si paralizzò per rianimarsi qualche secondo dopo.
“Ho ricevuto nuove istruzioni: mi è stato ordinato di accompagnarvi alla sala riunioni 32 dove i
miei superiori vi stanno aspettando. Vi prego di scusare l’improvviso cambiamento di programma.”
Ennius e gli altri non poterono far altro che prendere atto della situazione e rassegnarsi ad essere
accompagnati verso la nuova meta. Dopo mezz’ora di viaggio il veicolo si fermò improvvisamente
davanti ad una delle tante porte che si aprivano sul corridoio che stavano percorrendo e vennero invitati ad entrare. La porta si richiuse dietro di loro e si ritrovarono ad affrontare un giovane ragazzo
seduto dietro un grande tavolo rettangolare sormontato da tre schermi giganti che mostravano le
immagini di altrettante giovani ragazze riprese a mezzo busto. Tutti e quattro vestivano una strana
uniforme che Ennius non seppe in alcun modo riconoscere. Questo fatto poteva avvalorare la tesi
che quei ragazzi appartenevano all’esercito di un sistema solare sconosciuto, ma Ennius aveva imparato ad essere molto prudente quando rifletteva su una situazione e decise di raccogliere altri elementi prima di esprimere un parere a riguardo. Iniziò quindi ad osservare la sala in cui si trovavamo. Questa non era molto grande, avrebbe potuto accogliere circa cinquanta persone o poco più.
Il centro della sala era occupato da cinque file di dieci poltrone ciascuna che occupavano gran parte
dello spazio, formando tre comodi corridoi vicino alle due pareti laterali ed alla parete posteriore,
dove era situata la porta. Il giovane fece cenno ai tre di avvicinarsi e di sedere nelle poltrone di prima fila.
Erano tutti e quattro molto giovani, forse non avevano più di venticinque anni fisiologici.
<<Questo potrebbe andare a nostro vantaggio>> pensò Ennius mentre si sedeva. Osservando più attentamente le uniformi che portavano i ragazzi Ennius si accorse che non erano uguali, anche se lo
erano i simboli, forse gradi, che portavano sulle spalle e sul colletto. Anche le decorazioni che erano appuntate sulle giacche, all’altezza del cuore, avevano lo stesso disegno e gli stessi colori, ma le
loro dimensioni sembravano diverse. Ennius sussurrò ai suoi due compagni di non aprire bocca, poi
si concentrò interamente sui giovani nella speranza di cogliere qualche particolare che gli potesse
essere utile; di certo comunque la loro giovane età e la loro probabile inesperienza avrebbe giocato
a suo vantaggio, o almeno così credeva il vecchio Console.
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-3-
Q
uando la nave recupero aveva comunicato il ritrovamento di una scialuppa di salvataggio con
dentro tre persone, Harry diede l’ordine di recuperarla e di portare soccorso ai naufraghi.
Diede inoltre l’ordine di far in modo che acquisissero il minor numero di informazioni possibili riguardo la nave e la flotta, poi chiamò gli altri tre ammiragli per decidere sul da farsi.
“...Questi sono i fatti. Cosa mi consigliate di fare?”
Loa fu la prima a parlare.
“Come medico ho il dovere di chiederti che i naufraghi vengano portati sull’SDF4. La mia nave ha
le attrezzature mediche più avanzate.”
Manella replicò immediatamente:
“Capisco la tua preoccupazione Loa, ma sai benissimo che le navi recupero hanno reparti medici
molto attrezzati e sono in grado di prestare un ottimo livello di cure. Inoltre portare quegli uomini
sulla tua nave può essere un rischio. Il mio consiglio è quello di portarli sull’SDF1 e di incontrarli
lì.”
Harry annuì e disse:
“Penso che sia la cosa migliore da fare. L’SDF4 ha il livello di sicurezza interna più basso della
flotta, anche se è comunque molto elevato rispetto agli standard a cui la nostra marina era solita operare. Darò ordine che i nostri ospiti vengano condotti a bordo non appena si saranno rifocillati.
L’incontro si svolgerà tra quattro ore. Mi piacerebbe avervi a bordo di persona, ma la flotta Alpha
potrebbe ritornare e non voglio che voi tre lasciate senza comando le vostre ammiraglie. Utilizzeremo il sistema di video conferenza per comunicare ed attiveremo i sistemi di mascheramento sensoriale al 100% della loro potenza per evitare qualsiasi tipo di problemi.”
Le ragazze furono d’accordo, al che Harry attese qualche istante, poi disse:
“Se non ci sono altre obbiezioni, questo è tutto. Stabiliremo il collegamento mezz’ora prima
dell’incontro con i nostri ospiti in modo da discutere la linea di condotta da tenere durante il colloquio.”
Salutò gli altri ammiragli e fece cenno ad un robot di chiudere il collegamento. Dopo aver impartito
le opportune istruzioni ai robot che operavano sul ponte di comando, si diresse verso la sua cabina
per distendere i nervi e concedersi un bagno rinfrescante. Si cambiò l’uniforme e mangiò qualcosa
prima di stendersi sul letto per cercare di riposare qualche ora. Due ore più tardi venne svegliato da
un robot che gli fece un rapido rapporto su quello che era successo durante il suo riposo sulle varie
navi della sua flotta e sulle avarie e problemi che si erano verificati. Harry ascoltò con attenzione il
rapporto (anche se il suo contenuto non era di particolare interesse) e si diresse verso la sala riunioni 32, sul ponte 156. Anche se erano parecchi anni che nessun essere umano vi metteva piede, la sala, come del resto tutto il resto della nave, era tenuta in perfette condizioni dai robot che, instancabilmente, continuavano ad eseguire le operazioni di pulizia e di manutenzione. In prima analisi questo fatto avrebbe potuto essere ritenuto un inutile spreco di energia e di tempo, ma , come Harry sapeva perfettamente, non era affatto così. Le navi che da decenni giacevano sui ponteggi
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d’atterraggio degli hangar sotterranei erano state costruite per compiere una missione di vitale importanza per la sopravvivenza dell’umanità, ma purtroppo avevano fallito il loro compito. Ciò nonostante, Harry e le sue tre amiche si erano rifiutati di riconvertire ad altri scopi le infrastrutture
delle loro navi e per questo i robot addetti alla manutenzione avevano continuato a pulire e riordinare le migliaia di alloggi presenti a bordo delle astronavi.
Harry scacciò violentemente quel ricordo che gli riportava alla mente eventi tristi e lontani nel tempo che cercava di rimuovere dalla sua memoria con tutte le sue forze. Si sedette dietro il grande tavolo nero concentrandosi al massimo sul presente e fece apparire dalla sua superficie perfettamente
levigata un terminale collegato al computer centrale della nave. Agendo rapidamente sui comandi
stabilì il collegamento con gli altri tre ammiragli che si trovavano in sale simili alla sala riunioni 32.
La complessità dei collegamenti che dovevano essere attivati costrinse il giovane ammiraglio a contattare una nave alla volta in quanto ciascun ammiraglio doveva conversare con gli altri tre e questo
comportava una grande quantità di dati da gestire.
Per prima, Harry contattò Manella. Lei era la stratega della flotta. La sua astuzia aveva salvato il loro progetto in più di un’occasione; quando ormai sembrava non esserci più niente da fare, ecco che
lei tirava fuori un piano d’azione che si dimostrava sempre vincente. Dopo tutti gli anni trascorsi insieme, Harry non riusciva ancora a spiegarsi come ci riuscisse. La sua figura graziosa e snella dava
l’impressione di trovarsi di fronte ad una ragazza dolce ed indifesa, ma sapeva benissimo che sarebbe riuscita a spezzare il braccio d’acciaio di un robot se fosse stata costretta a farlo.
“Salve Manella.”
“Salve Harry. Ti sento forte e chiaro; secondo il computer il collegamento ha un rendimento del
96%.”
“Esatto. Possiamo procedere nel contattare Tryma.”
Pochi minuti più tardi entrambi erano collegati con l’SDF3, la nave di Tryma. Era un’abile ingegnere, forse uno dei più capaci dell’intera galassia anche se aveva soltanto ventiquattro anni fisiologici.
Aveva costruito gran parte delle navi della flotta ed aveva continuato a migliorarle fino a renderle
quasi perfette. Erano molti anni che lei ed Harry erano fidanzati ed il loro amore non era diminuito
nonostante i sempre più lunghi periodi di separazione. Era alta un po’ meno di Manella, ma i suoi
capelli biondi erano molto più lunghi di quelli dell’amica. Aveva una pelle candida come il latte
che, assieme al colore dei suoi capelli, faceva risaltare ancora di più i suoi occhi azzurri e profondi
come i grandi oceani del loro pianeta natale. Come al solito, si salutarono scambiandosi quella che
Manella definiva ‘una marea di sdolcinatezze’, ma loro non ci facevano caso. Era anche vero, però
che nessuno dei due dimenticava quali erano i propri doveri e quindi non permettevano ai loro sentimenti di intromettersi per più di un minuto.
Una volta stabilizzato il collegamento venne contattata anche Loa. Era lei che coordinava le squadre mediche e di soccorso della flotta, senza contare che era uno dei medici migliori che Harry avesse a disposizione sul suo piccolo mondo. I suoi capelli corti e castani erano raccolti dietro la nuca da una fascia elastica sottile, quasi invisibile. Il suo sorriso era sempre stato una fonte di conforto
per lui ed le sue due amiche nei momenti più difficili.
Tryma fu la prima a parlare:
“Ce la siamo vista proprio brutta prima. Per fortuna nessuna nave ci ha localizzati.”
“È vero, ma non credo che sia finita. Forse Harry si è mosso troppo presto nel lanciare la missione
di soccorso.”
“Ho aspettato fino a quando le navi nemiche sono uscite dal raggio dei nostri sensori passivi; non
penso che le loro navi abbiano sensori più potenti dei nostri, comunque sia la nave recupero ha attivato tutti i dispositivi di mascheramento e disturbo sensoriale di cui era dotata. Non credo che le
navi della flotta Alpha l’abbiano individuata.”
Loa si disse d’accordo con Harry e Manella continuò:
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“Ormai è inutile discuterne. La cosa importante è prepararsi per ogni eventualità in modo da non
essere colti alla sprovvista. Non sappiano quali siano le potenzialità effettive di quelle navi. Lo avete visto voi stessi del resto.”
Tryma annuì in segno di assenso e disse:
“È vero. Inoltre non scordiamoci del fatto che i sensori hanno raccolto dati molto allarmanti riguardo gli scudi deflettori di quelle navi. Secondo le nostre analisi erano davvero potenti, molto simili
alla nostra vecchia barriera. Il fatto che tutte le navi nemiche abbiano superato praticamente indenni
la prima bordata di missili lanciata dalla flotta che Harry ha denominato Beta ne è una prova.”
“Sono d’accordo. È per questo che mi sono preoccupata quando hai fatto decollare la nave soccorso. Se sono tanto avanzati tecnologicamente da riuscire a creare uno scudo simile alla nostra barriera forse lo sono abbastanza per costruire sensori sub-spaziali ad ampio raggio come quelli montati a
bordo delle nostre navi o anche più potenti.”
Harry rimase pensieroso per qualche istante prima di intervenire:
“Io non credo che i loro sensori siano tanto potenti. In fondo non sono riusciti ad individuare la
scialuppa di salvataggio quando questa si era nascosta dietro un pezzo di chiglia; eppure alcune delle loro navi sono passate a non più di sei chilometri di distanza.”
“Forse li hanno lasciati deliberatamente alla deriva per poter usare la scialuppa come esca per altre
navi.”
“No Manella, non credo neppure a questa ipotesi. Se avessero voluto attirare in trappola altre navi,
perché non hanno attaccato la nostra nave soccorso quando ha recuperato la scialuppa? No. Io ritengo invece che la loro unica preoccupazione fosse quella di abbandonare il più presto possibile il
campo di battaglia, anche se le ragioni di questo comportamento mi sono del tutto ignote.”
Loa, che fino a quel momento era rimasta in silenzio disse:
“Scusate se vi interrompo, ma vorrei sapere dove si trovano ora i tre naufraghi che abbiamo salvato.”
“In questo momento stanno raggiungendo questa sala riunioni accompagnati da due robot sentinella. Visto che siamo in argomento, vorrei che farvi ascoltare qualcosa.”
Manella apparve immediatamente la più interessata:
“Di che cosa si tratta Harry?”
“Di una parte della conversazione che i tre naufraghi hanno avuto mentre erano nella stiva della nave soccorso.”
Manipolando velocemente i comandi fece ascoltare una registrazione alle tre ragazze:
............
“Chi pensa che ci sia al comando di questa nave Console?”
“Chi può dirlo? Forse il nemico che ci ha aggrediti e che ha distrutto Rigel-XII o forse qualche mercante che per caso incrociava questa rotta e che ha preferito assistere ad una debita distanza di
sicurezza alla nostra battaglia sondando poi con accuratezza i detriti in cerca di qualche ricca preda.”
“O forse si tratta di una nave di un sistema solare vicino che per pura fortuna ha attraversato il campo di battaglia dopo che il nostro nemico lo ha abbandonato.”
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“Può essere. Una cosa comunque è chiara e cioè che sarà meglio non far capire chi siamo. Guardiamarina, veda se tra i rifornimenti ci sono degli abiti. È più prudente far credere loro che siamo
dei semplici civili piuttosto che rivelare subito la nostra vera identità. Una volta che ne avremmo
saputo di più potremmo decidere sul dafarsi.”
............
“Li ho trovati Signore.”
“Si cambi e da ora in poi non mi chiami più Console o Signore: noi tre siamo delle persone normali,
dei vecchi amici, quindi scordiamoci dei gradi e dei regolamenti e comportiamoci come tali. Faccia
presto! Non sappiamo quanto tempo abbiamo ancora a disposizione.”
“Sì con... Emm, Ennius.”
...........
“Emm... Ennius, cosa devo farne della mia divisa?”
“Gettala nell’inceneritore Alvar, poi prepara tutto il necessario per far rinvenire Derek. Voglio che
sia cosciente quando verranno a prenderci, quanto mento per poterlo mettere al corrente del nostro
piccolo inganno. Certo, sarebbe meglio svergliarlo subito, ma soffrirebbe troppo nell’attesa che
qualcuno venga a prelevarci.”
............
Manella inarcò leggermente le ciglia in segno di sorpresa:
“Quell’uomo ha davvero molto sangue freddo.“
“Hai ragione Manella; sono sicuro che poche persone sarebbero state in grado di preoccuparsi di tenere celata la loro vera identità in una situazione simile. Sono convinto che sia un abile politico e
non dobbiamo assolutamente commettere l’errore di sottovalutarlo.”
Le ragazze furono d’accordo con Harry e decisero di stare al gioco del Console fingendo di ignorare
quanto avevano appena udito.
Venti minuti più tardi una luce intermittente colse l’attenzione di Harry:
“Signori, i nostri ospiti stanno arrivando, prepariamoci ad accoglierli.”
Dopo qualche istante di attesa, il segnale di preavviso lampeggiò sulla porta che si aprì permettendo
ai tre uomini di entrare. Indossavano vestiti dai colori sgargianti e dal taglio strano che portavano
ancora evidenti i segni del naufragio: vi erano vistose macchie e bruciature un po' dappertutto e si
notava anche qualche strappo. I tre uomini che li indossavano erano invece perfettamente puliti; le
loro pettinature un po' stravaganti erano perfette. Uno di loro aveva una benda autocicatrizzante sulla fronte e su un braccio sinistro e veniva sostenuto dagli altri suoi compagni; sicuramente era lui il
ferito che i robot medici avevano curato a bordo della nave soccorso. Sul rapporto che era stato stilato risultava che l’uomo presentava un grave trauma cranico con la presenza di un esteso ematoma
che rischiava di compromettere seriamente le funzioni cerebrali. I robot medici avevano dovuto operarlo utilizzando un disgregatore medico per eliminare il sangue stagnante e per far cicatrizzare i
vasi sanguigni danneggiati. Harry si soffermò ad osservarli con più attenzione; in fondo erano i
primi esseri umani che vedeva da più di settant’anni, a parte gli altri re ammiragli ovviamente. La
loro età era molto differente; il più anziano dei tre aveva i capelli bianchi e non era tanto alto. Il suo
portamento era distinto ed il suo volto solcato da profonde rughe. Sicuramente era il Console Ennius ed Harry studiò con particolare attenzione quell’uomo dall’aspetto innocuo, ma dotato di
un’astuzia fuori dal comune.
Alla sua destra sedeva un uomo più giovane dal volto asciutto che indossava un bizzarro vestito con
le maniche a sbuffo di un colore viola intenso che risaltava evidentissimo rispetto al blu scuro del
resto dell’abito e rispetto al bianco latte delle bende che coprivano le sue ferite.
<<Dopo tutto è valsa la pena di correre il rischio di essere scoperti>> pensò Harry mentre il suo
sguardo si posava sulla persona alla sinistra del vecchio.
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Questo era un giovane alto e robusto. Il suo aspetto ed il suo portamento erano simili a quello di un
soldato e questo aumentava il senso di contrasto che Harry sentiva nel vederlo indossare un vestito
dai colori molto vivaci che non si intonava per niente alla sua persona.
Il silenzio che regnò nei primi momenti dell’incontro si stava protraendo per troppo tempo e questo
Harry lo percepiva benissimo insieme alla crescente tensione che esso generava. Si decise quindi ad
iniziare la conversazione presentandosi:
“Sono l’ammiraglio Harry Seldon comandante dell’SDF1. Le tre ragazze che vedete sugli schermi
alle mie spalle sono i comandanti di altre tre navi: esse sono gli ammiragli Manella Dubanqua,
Tryma Arcanio e Loa Maren.”
Ognuna delle tre ragazze accennò un lieve saluto col capo mentre Harry pronunciava i loro nomi.
Ennius rispose:
“Io sono Ennius Fallay. Questi sono i miei amici Derek Parrel ed Alvar Cresh. Vi ringraziamo per
averci aiutati; senza di Voi saremmo sicuramente morti a quest’ora. Sono sicuro che il nostro governo vi saprà ricompensare adeguatamente quando ci ricondurrete nel nostro sistema natale, il sistema di Rigel. Il Console che attualmente guida il nostro governo è una persona ragionevole che sa
ricompensare chi aiuta dei cittadini rigeliani in difficoltà.”
“Sono contento che in questa galassia ci sia ancora qualcuno capace di apprezzare e ricompensare
chi aiuta il prossimo, tuttavia per il momento ci è impossibile esaudire la vostra richiesta.”
Ennius sentì un brivido lungo la schiena. Si era forse sbagliato sul loro conto? Forse Alvar aveva
ragione; forse avevano scoperto di aver salvato il Console di Rigel ed ora si preparavano a chiedere
un riscatto. Doveva a tutti i costi dissipare questi dubbi. Stava per ricominciare a parlare quando
Alvar proruppe:
“Il codice interstellare di salvataggio impone a chiunque soccorra dei superstiti di un naufragio di
accompagnarli sul più vicino pianeta o avamposto controllato dal governo del loro sistema solare di
origine. Infrangere tale codice prevede una pena molto severa.”
“Non siamo a conoscenza di questo codice, signor... Cresh giusto? Comunque sia ci sono dei motivi
più che validi che ci impediscono di accogliere la vostra richiesta. Non appena ci sarà possibile, vi
trasporteremo su un pianeta abitato da cui potrete raggiungere qualsiasi destinazione vogliate, ma
per il momento temo che dovrete rimanere nostri ospiti.”
Manella continuò dopo che Harry le aveva fatto un cenno:
“Poche ore fa la vostra flotta è stata attaccata da navi molto potenti che l’hanno sbaragliata in pochi
minuti. Noi non avevamo mai visto quel tipo di navi prima d’ora e quindi non siamo in grado di valutarne la potenza, anche se è chiaro che è tremendamente grande. Dai dati raccolti dai nostri sensori abbiamo dedotto che il livello tecnologico del popolo che le ha costruite è molto elevato. Basandoci su queste considerazioni siamo giunti alla conclusione che siano riusciti a sviluppare un sistema di sensori molto avanzato in grado di segnalare la presenza di una nave a grande distanza. Per
questo motivo abbiamo deciso di aspettare prima di lanciare una missione di soccorso per recuperarvi. Se entro un ragionevole periodo di tempo quelle navi non torneranno, avremo la conferma che
non ci hanno individuato ed allora potremo farvi lasciare la nostra nave.”
Tryma aggiunse:
“Dovete considerare poi il fatto che la vostra scialuppa è gravemente danneggiata e ci occorrerà del
tempo per poterla riparare.”
“In concreto, quanto dovremo trattenerci sulla Vostra nave?”
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“Se non accadrà nessun imprevisto, direi che fra qualche giorno lei, signor Fallay, ed i suoi amici
potrete andarvene. Se invece dovessimo avere delle brutte sorprese, cercheremo di abbreviare il più
possibile la vostra permanenza a bordo.”
Alvar, per nulla colpito dal tono riconciliante della voce di Manella, insistette nel uso comportamento arrogante:
“Senta ammiraglio, noi non possiamo aspettare qualche giorno! A bordo di quelle navi c’erano dei
coloni innocenti che sono stati rapiti da un nostro avamposto su Rigel-XII che è stato completamente distrutto. Il compito della nostra flotta era quello di riportarli a casa.”
Loa intervenne:
“Signor Fallay, voi siete dei soldati? Fate parte dell’esercito rigeliano?”
Ennius ebbe una piccola incertezza nella voce, ma si riprese immediatamente. I lunghi anni passati
in politica lo avevano reso esperto nell’uscire da situazioni imbarazzanti come quella. Disse quindi
fermamente:
“No. Noi facevamo parte del gruppo di consiglieri del Console, la massima autorità governativa del
sistema di Rigel. Quando ha saputo dell’attacco è andato su tutte le furie ed ha voluto comandare
egli stesso la flotta, ma noi siamo riusciti a farlo desistere dal suo intento ed abbiamo preso il suo
posto a bordo della nave ammiraglia. Adesso che la nostra flotta è stata completamente distrutta noi
ci sentiamo in dovere di continuare la missione cercando appoggio dai nostri alleati militari. Vi prego di scusare il comportamento del giovane Alvar: lui è stato nominato consigliere soltanto da qualche mese e non ha ancora avuto il tempo di dimenticare l’educazione ricevuta all’accademia militare dove ha studiato.”
“Capisco le sue intenzioni, ma non deve aver timore di perdere il contatto con la flotta fuggitiva:
abbiamo lanciato una sonda di tracciamento che ci sta inviando continuamente la sua posizione. Se
la sonda continuerà a segnalarci che si sta allontanando, allora saremo sicuri che il vostro nemico
non ci ha individuato, nel qual caso, come ho detto, vi lasceremo andare senza alcun ritardo ulteriore.”
Ennius fece per replicare, ma Alvar lo precedette:
“Senta ammiraglio Dubanqua, o come diavolo si chiama, io non so chi lei sia o di quale esercito
faccia parte. L’unica cosa che so è che noi siamo cittadini rigeliani, il che significa che se ci tratterrete con la forza ed il nostro governo lo verrà a sapere verrete spazzati via dalla faccia dell’universo
da una delle nostre flotte.”
Alvar ansimava ed aveva gli occhi fissi su Harry il quale con molta calma rispose:
“A quanto sembra l’uomo non è cambiato molto in questi ultimi vent’anni. Non vi sono forse bastati i caduti della battaglia di poco fa? Sono passate appena poche ore da quando il vostro popolo ha
perso più di tremila soldati e voi volete iniziare una nuova guerra contro di noi. Noi, che al posto di
rimanere indifferenti vi abbiamo aiutato a rischio della nostra esistenza. Forse era meglio se vi avessimo lasciati morire! Avevo dimenticato quanto disgusto mi provocasse la vista degli uomini!”
Ennius, dopo aver lanciato occhiate infuocate verso Alvar ed aver atteso che Harry si sfogasse, disse:
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“Lei ha perfettamente ragione ammiraglio Seldon. Mi scuso per il mio sciocco amico; Le prometto
che non La infastidirà più. Noi Vi siamo immensamente grati per tutto l’aiuto che ci avete offerto e
siamo sicuri che non appena la situazione si sarà calmata ci lascerete liberi di andare.”
“Lei mi sembra una persona ragionevole signor Fallay; spero che sia anche sincera. Voglio credere
a quello che ci ha detto. Comunque sia noi non possiamo aiutarvi al momento. Forse tra un paio di
giorni potremo riprendere la discussione, ma per ora ...”
Fu interrotto dal suono acuto di un allarme. Dopo pochi secondi il suono cessò ed iniziarono a lampeggiare delle luci rosse sulla parete. Si sentì la voce di un robot provenire da un altoparlante nascosto sotto la superficie liscia e nera del tavolo dietro al quale sedeva Harry:.
“Signore, una flotta di duecento navi si sta avvicinando al Sistema. La loro rotta è identica a quella
seguita dalle navi della flotta designata con il nominativo Alpha.”
Harry scattò immediatamente in piedi mentre le immagini delle tre ragazze svanivano lasciando gli
schermi vuoti alle sue spalle. Si diresse deciso verso la porta che conduceva sul corridoio e quando
fu sulla soglia si girò e disse:
“Seguitemi signori, forse vi interesserà sapere quello che ci diranno i sensori.”
“Grazie ammiraglio.”
Ennius, dopo aver ringraziato l'ammiraglio, si alzò ed insieme ai suoi due compagni seguì il ragazzo
nei lunghi corridoi dell’SDF1 fino a raggiungere un turboascensore che in pochi minuti portò i
quattro uomini a destinazione. Le porte del veloce turboscensore si aprirono permettendo l’accesso
al ponte di comando. Harry corse immediatamente alla sua postazione, una grande consolle rialzata
posta in fondo alla grande sala rettangolare. I tre rigeliani, rimanendo nel turboscensore che si apriva su una parete laterale del ponte di comando, potevano vedere chiaramente decine di robot indaffarati a gestire le varie postazioni installate sul ponte.
“Entrate pure signori, i robot sentinella vi indicheranno dove accomodarvi.”
Mentre l'ammiraglio pronunciava quelle parole, due robot sentinella si avvicinarono all’entrata de
turboascensore e fecero cenno agli uomini che lo occupavano di seguirli. Li accompagnarono vicino
alla parete opposta, ai piedi del piano rialzato dove era seduto Harry, e li fecero accomodare su una
fila di poltrone stranamente dotate di cinture di sicurezza fissate lungo la parete stessa.
“I-5, qual è la situazione?”
“Confermo che la rotta è identica a quella della flotta Alpha. La struttura delle navi sembra la stessa, ma non riesco a rilevare alcun segno di vita a bordo. Tutti i sistemi di occultamento sono attivati
ed operativi al 100%; non vi sono anomalie o guasti da segnalare Signore. Designazione della flotta: Gamma.”
“I Vostri sensori riescono a rilevare la presenza di vita a bordo di una nave? È incredibile!”
“Non mi stupisce che lei sia rimasto sorpreso signor Fallay, e sono sicuro che il fatto di sapere che
tutte le navi della nostra flotta sono dotate di questo tipo di sensori la sorprenderà ancora di più.”
I tre si guardarono perplessi. Non avevano mai incontrato una tecnologia così avanzata da permettere di determinare la presenza o meno di forme di vita a bordo di una nave spaziale che viaggiava nel
sub-spazio. Per quello che ne sapevano loro i gravitometri erano in grado d’individuare la distorsione gravitazionale prodotta dai motori delle navi in modo da rilevarne la presenza e, con opportuni
calcoli ed un tempo di rilevamento abbastanza lungo, i tecnici erano in grado di determinare la rotta della nave rilevata, ma questo era tutto. Se le navi erano abbastanza vicine e se viaggiavano sot36
to-luce i telescopi a bordo delle navi erano in grado di mostrare l’obbiettivo rilevato dai gravitometri con una discreta risoluzione, ma rilevare la presenza di vita umana a bordo era una cosa davvero
impossibile per la tecnologia rigeliana. Udendo quelle parole Derek riuscì a capire come facesse
l'ammiraglio Seldon a conoscere il numero esatto di uomini che componevano l’equipaggio della
loro flotta: evidentemente l'ammiraglio aveva dato ordine di sondare le loro navi con questi straordinari sensori per raccogliere più informazioni possibile, esattamente come accadeva ora. Mentre
stava momentaneamente distraendo la sua mente, Derek realizzò anche un’altra cosa, e cioè che,
pur sapendo quante vite erano in gioco, l'ammiraglio Seldon non aveva fatto nulla per venire in loro
aiuto durante la battaglia. Si era semplicemente messo in disparte osservando centinaia di persone
morire, pur sapendo che possedeva i mezzi per salvarle.
Una volta che questa idea si era formata nella sua mente, il ViceConsole si accorse che aveva
iniziato a guardare Harry sotto una luce nuova e molto più inquietante rispetto a prima. Una volta
che aveva realizzato appieno che tipo d’uomo fosse in realtà, si rese conto che la gratitudine che
nutriva fino a qualche istante prima verso l'ammiraglio Seldon si era trasformata in disprezzo ed in
timore. Si era infatti reso conto del fatto che quel ragazzo non si sarebbe fatto scrupolo a lasciarlo
morire, se questo avesse potuto favorire i suoi progetti.
Il giovane fu riportato alla realtà dalla voce del robot color grigio metallizzato che l'ammiraglio
Seldon aveva identificato con il nominativo I-5:
“Attenzione! I sensori a lungo raggio rilevano la presenza di una nave gigantesca. Stessa rotta e velocità delle altre. Secondo i dati dovrebbe avere una massa quindici volte maggiore di quella
dell’SDF1.”
“Si rilevano forme di vita a bordo?”
“Secondo i sensori ne è piena. Riesco a rilevare circa quaranta milioni di segni vitali distinti, Signore.”
“Forse si tratta di una gigantesca nave per il trasporto di coloni su pianeti disabitati, ma questa mi
sembra un’ipotesi molto azzardata. Durante tutti i millecinquecento millenni di storia del volo subspaziale, la colonizzazione di nuovi pianeti si è svolta sempre seguendo una serie di regole non
scritte che sono variate molto poco durante i secoli: reclutare solo personale volontario, effettuare
un’accurata mappatura del pianeta prima di installare i primi insediamenti, ecc. Una di queste regole indica che è consigliabile, ai fini della buona riuscita della missione, che le squadre di coloni siano formate da un centinaio di persone al massimo. Una missione che contempli quaranta milioni di
persone è del tutto improponibile.”
“Se mi permette, ammiraglio, vorrei esprimere una mia ipotesi: forse non si tratta di una spedizione
che ha il fine di iniziare la terraformazione di un pianeta; forse si tratta di coloni che stanno andando ad occupare un pianeta la cui terraformazione è stata appena terminata.”
“Potrebbe essere signor Parrel, ma non dobbiamo dimenticare la flotta Gamma. Quelle navi sono
del tutto identiche a quelle che vi hanno attaccato e di sicuro sono perfettamente a conoscenza della
presenza di quella gigantesca nave. Eppure non sembrano aver nessuna intenzione di intraprendere
azioni ostili nei suoi confronti; se si trattasse di una nave di dimensioni normali direi che le duecento navi che la precedono hanno il compito di difenderla da eventuali attacchi, ma una nave di questa
stazza e con un equipaggio formato da così tanti individui mi lascia del tutto perplesso. Il fatto stesso che sia scortata da una flotta di navi così numerosa è strano. Se assumiamo che il popolo che ha
costruito le navi che hanno attaccato il vostro sistema ha costruito anche quella nave gigantesca
possiamo pensare che l’abbia dotata di tutti i mezzi difensivi ed offensivi che la sua tecnologia è in
grado di costruire. Se sommiamo a questa prima ipotesi le dimensioni dello scafo esterno, possiamo
tranquillamente dire di trovarci di fronte ad una nave con un potere offensivo e difensivo enorme.
Sotto questa ottica non riesco davvero ad immaginare a cosa possano servire le navi scorta.”
Alvar chiese:
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“A che distanza si trova quella nave?”
“A circa mezzo Parsec dal pianeta più esterno di questo sistema.”
“Vuole prendermi in giro? Non esistono sensori talmente potenti da rilevare qualcosa a quella distanza! Persino i nostri gravitometri sono inutili se l’obbiettivo dista più di dieci milioni di chilometri.”
“Non conosco il vostro livello tecnologico signor Cresh, ma so qual è il nostro. Lei è libero di crederci o meno, ma questa è la verità.”
Ennius, percependo l’irritazione dell’ammiraglio si affrettò ad intervenire per cercare di rimediare
alla situazione creata da Alvar.
“Sono sicuro che il mio amico non intendeva mettere in dubbio Le sue affermazioni ammiraglio
Seldon, ma il fatto è che per noi è difficile pensare ad una tecnologia sofisticata come la vostra. La
prego di nuovo di scusarlo; come Le ho detto nella sala riunioni, lui è entrato in politica da poco
tempo ed è ancora troppo legato all’educazione militare che ha ricevuto..”
Harry disse:
“Non è questo il momento per mettersi a discutere. Signor Fallay, se non riesce a far tacere il suo
amico sarò costretto ad allontanarvi dalla plancia. Avete capito?”
“Le garantisco che rimarremo nel più assoluto silenzio ammiraglio.”
Harry tornò a concentrarsi sulle navi sconosciute cercando di non pensare all’irritante presenza del
guardiamarina:
“Tempo stimato di arrivo?”
“Venti minuti Signore. Sta viaggiando a fattore 2.5, esattamente come la flotta Gamma.”
Bdoc intervenne dicendo:
“Signore, stiamo intercettando un segnale sub-spaziale molto disturbato e molto debole.”
“Da dove proviene?”
“Non siamo riusciti a stabilirlo Signore; sembra provenire da tutte le direzioni. Probabilmente il segnale ha incontrato forti anomalie sub-spaziali durante il suo percorso.”
“Ascoltiamolo.”
Dagli altoparlanti posti sulle pareti del ponte di comando si udì una voce molto bassa che a stento
riusciva a non farsi sopraffare dai disturbi e dalle eco del messaggio; forse l’uomo che si era messo
in contatto era ferito ed allo stremo delle forze.
“Centro di difesa planetaria di Rigel-X chiama ammiraglia FARSTAR. Messaggio urgente per il
Cons... us Fallay comandante... FARSTAR... Il nostro sistema... stato attaccato da forze scon... sogno di immediato soccorso. Le nostre forze difensive non... capaci di fermare gli invasori. Le nostre
pattuglie più est..ne hanno segn...to la... una nave gigantesca... pesanti bombardamenti... cittadini
superstiti vengono catturati ed imbarcati... Richiediamo immediato soccorso... Presto!... Non possiamo resistere... ungo; le... difese stanno per cade...”
Si sentì una forte esplosione provenire da molto vicino, poi la comunicazione si interruppe lasciando i tre rigeliani completamente attoniti.
Dopo aver lasciato ai tre qualche minuto per riprendersi da quella notizia, Harry decise che era il
momento di porre fine alla sceneggiata organizzata dal vecchio console, anche se comprendeva be38
nissimo che quello non era certo il momento giusto. Aveva comunque bisogno di sapere le reali intenzioni del Console e doveva saperlo il più presto possibile. Ormai la situazione incominciava a
divenire critica ed Harry lo percepiva fin troppo bene. Disse quindi:
“E così ci ha mentito... Console Fallay.”
Ennius alzò lo sguardo inespressivo verso Harry, ma rimase in silenzio ancora per qualche secondo
prima di rispondere con una voce sommessa:
“Sì, è inutile negarlo ammiraglio. La prego di perdonarmi se Le ho nascosto la verità, ma non avevo
altra scelta: ci trovavamo su una nave sconosciuta il cui equipaggio molto probabilmente era nostro
nemico. Se avessimo rivelato immediatamente la nostra identità, di sicuro ci saremmo condannati a
morte da soli.”
Disse quelle parole quasi in modo automatico, recitando alla perfezione il discorso che mentalmente
si era preparato durante la sua permanenza a bordo della nave soccorso nell’eventualità di dover
spiegare in maniera convincente il motivo che lo aveva indotto a celare la sua vera identità. La sua
mente era infatti ancora sconvolta da quel messaggio distorto che era stato captato dai sistemi
dell’SDF1 e non riusciva a trovare la forza per reagire.
Harry sospirò, poi disse:
“Conosciamo il motivo che vi ha spinti ad agire in questo modo Console; infatti siamo riusciti ad
intercettare la vostra conversazione a bordo della scialuppa di salvataggio durante la vostra
permanenza nella stiva della nave soccorso. Abbiamo preferito farvi credere di essere all’oscuro di
tutto per non allarmarvi. Accetto le vostre scuse, ma vorrei che ora vi presentaste dicendo chi siete
in realtà.”
Ennius, in base alla sua lunga esperienza politica sapeva benissimo che doveva esaudire la richiesta
dell’ammiraglio; se non lo avesse fatto la loro situazione sarebbe di certo peggiorata. Cercò quindi
di riacquistare il controllo delle sue emozioni e disse:
“Io sono il Console Ennius Fallay del sistema di Rigel. Questi è il ViceConsole Derek Parrel mentre
l’altro mio compagno è il guardiamarina Alvar Cresh in forza presso la sala macchine della FARSTAR, l’ammiraglia della nostra flotta.
Sfortunatamente, il vecchio politico non fu il solo a scuotersi da quello stato di assoluta impotenza.
Infatti, non appena il Console finì di parlare, Alvar esclamò:
“Adesso che sapete la verità, cosa avete intenzione di fare di noi? Avete forse l’intenzione di richiedere un riscatto per la nostra liberazione?”
Harry guardò accigliato Alvar.
“Nella vostra marina gli ufficiali sono così impudenti con gli ammiragli?”
Ennius rivolse occhiate di fuoco verso il giovane ufficiale.
“Guardiamarina Cresh! Le ordino di chiedere scusa all’ammiraglio e di rimanere al suo posto senza
più fiatare, o forse la licenza che le ho dato nella capsula le ha fatto perdere l’educazione militare
che ha ricevuto? Se non lo ha ancora capito, la nostra piccola mascherata è finita ed i ranghi sono
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stati ristabiliti. Le consiglio quindi di mantenere un comportamento adeguato alla circostanza, o sarò costretto a prendere provvedimenti.”
Alvar si sentì furioso con se stesso perché aveva permesso che la libertà che il Console gli aveva
dato prendesse il sopravvento su di lui. Si alzò in piedi e si mise sugli attenti appoggiando il pugno
chiuso su una grande macchia viola del vestito civile che ancora indossava situata proprio sul cuore.
“Mi scuso con l'ammiraglio e Lo prego di perdonarmi. Vorrei scusarmi con Lui anche per l’abito
civile che sto indossando, ma mi è stato ordinato di incenerire la mia uniforme e non ho a disposizione un cambio.”
Detto questo rimase immobile in attesa della risposta dell’ammiraglio.
“Accetto le sue scuse guardiamarina. Può sedersi adesso.”
Alvar si sedette rimanendo composto ed immobile guardando fisso di fronte a lui.
Harry continuò:
“Voglio comunque risponderle signor Cresh. Noi non abbiamo intenzione di richiedere un riscatto
per la vostra liberazione, anche perché non credo che ci sia qualcuno disposto a pagarlo ormai. Come vi abbiamo già detto, non appena le circostanze lo permetteranno vi lasceremo liberi di andare.”
Adesso fu Derek ad interrompere Harry.
“Cosa intende dire col fatto che non c’è nessuno disposto a pagare per la nostra liberazione? I rigeliani sono molto legati al Console e sono sicuro che sarebbero disposti ad attaccarvi pur di liberarlo.”
“Adesso basta Derek! Io sono il Console, non tu, Ricordatelo! La nostra sceneggiata è finita; adesso
ho ripreso il mio posto e mi aspetto che tu faccia lo stesso. Capito!?”
Derek si immobilizzò e capì come si doveva essere sentito Alvar poco prima. Non era riuscito a
trattenersi dal fare quell’osservazione in quanto voleva essere sicuro del fatto che Harry capisse
quanto importante fosse il Console per gli abitanti del sistema di Rigel.
Ennius continuò alzandosi in piedi e voltandosi verso Harry:
“Sono certo che le Vostre intenzioni siano state sempre quelle di venire in nostro soccorso e per
questo permettetemi di ringraziarVi ancora. Tuttavia ora sono costretto ad abusare ancora della Vostra pazienza chiedendovi di andare in soccorso del nostro sistema. Da quanto abbiamo udito nel
messaggio, le difese di Rigel-X non riusciranno a resistere ancora per molto. Forse, se ci sbrighiamo, faremo in tempo a respingere l’attacco nemico. In meno di una settimana il nostro sistema solare è stato attaccato per due volte e durante ogni attacco uno dei nostri pianeti è stato completamente
raso al suolo. Le nostre forze di attacco più ingenti sono state completamente distrutte lasciandoci
praticamente in balia del nemico. In qualità di Console ho il potere ed il dovere di chiedere aiuto a
tutti i sistemi vicini ed ai nostri alleati militari affinché inviino navi in nostro aiuto. Purtroppo, ora
io sono impossibilitato a svolgere questo compito e quindi mi vedo costretto a chiedere il Vostro
aiuto conscio del fatto che così facendo io abuso della Vostra disponibilità e della Vostra pazienza.”
“Console Ennius, quante persone vivono nel vostro sistema solare?”
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La domanda colse di sorpresa il vecchio politico che infatti ebbe un attimo di smarrimento prima di
iniziare a parlare:
“L’ultimo censimento che abbiamo indetto ha rilevato circa novanta miliardi di persone distribuite
su dodici pianeti. Perché me lo chiede?”
Harry ripeté quella cifra a bassa voce con un tono che esprimeva tristezza e rassegnazione.
“Come lei sicuramente saprà Console, la comunicazione sub-spaziale si basa sostanzialmente sul
fatto di far viaggiare le onde elettromagnetiche che costituiscono i messaggi trasmessi attraverso il
sub-spazio permettendo loro di viaggiare a fattore 9.9999, cioè ad una velocità pari a 199·516 volte
quella della luce nello spazio ordinario. Nessuna nave è talmente veloce e per questo esse sono state
impiegate come mezzo di comunicazione sia tra sistemi solari che tra navi spaziali sin dai primi
viaggi sub-spaziali. Quello che forse non sa è il fatto che se le iper-onde incontrano nel sub-spazio
una massa sufficientemente grande, il loro campo d’integrità verrà assorbito dal campo gravitazionale prodotto dall’oggetto che hanno incontrato. Questo comporta che, nel sub-spazio, le iper-onde
viaggeranno alla stessa velocità dell’oggetto che le ha catturate e solamente quando questo sarà ritornato nel normale continuum spazio-temporale riprenderanno la loro velocità normale.”
“Lei mi sta dicendo che il messaggio che abbiamo sentito è stato catturato dal campo gravitazionale
di quella gigantesca nave e che Rigel-X è stato probabilmente già distrutto?”
“Mi dispiace, ma credo che sia accaduto proprio questo. Credo inoltre che anche gli altri nove pianeti abbiano subito una sorte simile.”
Ennius si lasciò cadere sulla poltrona alle sue spalle e rimase completamente in silenzio. Il sistema
solare più potente dell’intera galassia era stato spazzato via in poche ore. Il sangue di miliardi di innocenti era stato sparso sul suolo sconvolto dalle esplosioni dei dodici pianteti del suo sistema natale. Forse lui ed i suoi due compagni erano i soli rigeliani sopravvissuti al più grande genocidio
dell’intera storia umana. La plancia rimase silenziosa a lungo, ma alla fine il silenzio fu rotto dalla
voce neutra di un robot:
“Signore, le navi stanno mutando rotta nello stesso punto della flotta Alpha. Si stanno avvicinando
a Ganimede.”
Harry si drizzò di scatto e chiese ad Ennius:
“Signor Fallay, lei mi ha detto che alcuni coloni che vivevano su Rigel-XII sono stati rapiti. Mi potrebbe dire il loro numero?”
Ennius, ancora sconvolto non riusciva a parlare. Fu quindi Derek a rispondere alla domanda dicendo:
“Secondo le nostre stime dovrebbero essere circa otto o nove mila.”
Harry rimase pensieroso per qualche istante prima di parlare di nuovo:
“Credo di aver capito la funzione di quella gigantesca nave Console: le forme di vita che i nostri
sensori hanno rilevato sono i rigeliani che secondo il messaggio venivano rapiti dal nemico che attaccava il vostro sistema. Probabilmente quelli sono gli ultimi rigeliani ancora in vita, oltre agli ottomila che erano presenti sulla flotta con cui avete combattuto. Cosa ha intenzione di fare ore che sa
di non essere uno degli ultimi tre rigeliani rimasti in vita in tutta la galassia?”
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Ennius si scosse; era ancora vivo nella sua mente il ricordo delle parole di Alvar pronunciate
all’interno della scialuppa. Per quelle persone era ancora il capo del governo e dell’esercito rigeliano e molto probabilmente contavano su di lui per essere salvate. Non poteva abbandonarle. Se lo
avesse fatto non avrebbe potuto vivere con quel rimorso sulla coscienza. Si alzò e con voce decisa
disse:
“Io voglio salvarle ammiraglio, a costo di combattere quelle navi con una pistola al plasma ed una
tuta spaziale. Voglio salvare quelle persone e Lei ha il dovere morale di aiutarmi.”
Harry scrutò lo sguardo del vecchio Console. Sebbene sapesse che aiutare il popolo rigeliano fosse
la cosa giusta da fare, il giovane ammiraglio non poteva agire d’impulso. Il Console non si rendeva
assolutamente conto del sacrificio che avrebbe significato accorrere in aiuto di quei prigionieri e
certo Harry non si aspettava che lo facesse.
“Lei mi sta chiedendo di fare un sacrificio molto grande signor Fallay. Ho bisogno di riflettere prima di risponderle. Le navi nemiche raggiungeranno l’orbita del pianeta più esterno di questo sistema tra venti minuti; quando raggiungeranno tale punto le comunicherò la mia decisione, ma fino ad
allora voi dovrete rimanere in silenzio. Come le ho già detto, il sacrifico che mi chiede, che ci chiede di fare è molto grane ed ho bisogno di riflettere con calma.”
“Faremo come desidera ammiraglio.”
I minuti che seguirono furono per Derek, Ennius ed Avlar i più lunghi di tutta la loro vita. Avrebbero voluto cercare di convincere l'ammiraglio ad aiutarli, ma si rendevano conto dell’assoluta necessità di non irritarlo durante quei momenti tanto delicati. Era comunque molto difficile rimanere inerti mentre a qualche miliardo di chilometri stava transitando una nave carica di prigionieri rigeliani che rischiava di sparire da un momento all’altro dagli schermi dell’SDF1 per non essere mai
più rintracciata. Fu un’esperienza davvero snervante, soprattutto per il guardiamarina Cresh che, essendo cresciuto in una delle tante fattorie su Rigel-IX, era abituato ad essere sempre in azione ed a
considerare l’inattività e la diplomazia come un inutile spreco di tempo. Eppure anche lui era riuscito a comprendere quanto fosse importante assecondare il giovane ammiraglio che di sicuro non avrebbe perso tempo a rifiutare il suo aiuto se fosse stato disturbato.
Dopo un periodo di attesa che sembrava essere durato giorni interi, Harry prese la parola cogliendo
di sorpresa i tre naufraghi:
“Va bene Console, l’aiuteremo, ma voglio qualcosa in cambio. Mi dispiace doverle chiedere un
prezzo per il mio aiuto, ma non ho altra scelta, mi creda.”
“Ha la mia parla d’onore, ammiraglio, che soddisferò qualsiasi richiesta Lei avanzerà. Mi faccio
inoltre garante del fatto che il popolo di Rigel si adopererà al meglio delle sue possibilità per fare in
modo che Lei ottenga tutto quello che chiederà.”
Harry fissò intensamente Ennius prima di parlare di nuovo:
“I-5, la sonda di tracciamento che abbiamo lanciato al passaggio della flotta Alpha sta ancora inviando i suoi dati?”
“No Signore, ha interrotto le comunicazioni dieci minuti dopo il suo lancio segnalandoci la presenza di forti campi sensoriali.”
“Capisco. Bdoc, attiva il sistema di video conferenza sulla frequenza d’emergenza. Segnala che
dobbiamo discutere di una questione della massima urgenza.”
Alvar si affretto a dire allarmato:
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“Aspetti ammiraglio, non può farlo! Se stabilirà un contatto via iper-onda di sicuro sarà intercettato
dal nemico che in questo modo scoprirà la nostra presenza.”
Harry, udendo quelle parole sorrise:
“Anche se il suo modo di portarmi rispetto lascia molto a desiderare, voglio comunque rassicurarla
sul fatto che in nessun modo le navi che stanno attraversando questo sistema potranno intercettare il
nostro segnale, glielo garantisco. Vi voglio dire un’ultima cosa prima che il collegamento venga
stabilito: la decisione di intervenire in vostro aiuto deve essere presa dalla maggioranza di noi quattro e, una volta che sono stati esposti i fatti che hanno indotto uno di noi a chiedere di entrare in azione, nessuno può fare pressioni su un ammiraglio per indirizzare la sua scelta in favore di
un’alternativa piuttosto che di un’altra. In poche parole, vi devo chiedere di osservare il più assoluto
silenzio fino a quando non sarà stata presa una decisione riguardo la vostra richiesta di aiuto. Per
evitare chiacchiere inutili, vi dico fin da ora che avete il permesso di alzarvi e di sgranchirvi le
gambe se ne sentirete il bisogno, ma non dovrete allontanarvi più di cinque metri dalla fila di poltrone su cui siete seduti.”
Due minuti più tardi i quattro ragazzi erano di nuovo in collegamento.
“Vi ho chiamate perché dobbiamo prendere una grave decisione. Penso che ormai abbiate capito
che quella gigantesca nave è in realtà una nave prigione su cui, molto probabilmente, si trovano gli
unici rigeliani sopravvissuti alla distruzione del loro sistema. Il Console Fallay ci ha chiesto di aiutarlo a salvarli ed io ho accettato. Ora spetta a voi decidere.”
“Sei sicuro di volerlo fare Harry? Sai che cosa vorrà dire per noi?”
“So benissimo che questo significherà mandare all’aria tutto il lavoro che abbiamo fatto in questi
ultimi anni, ma non vedo altra soluzione. Di certo non possiamo ignorare che quella gente ha bisogno del nostro aiuto; se lo facessimo diventeremo moralmente complici del loro rapimento. Inoltre
non è da escludere il fatto che altre flotte di navi potrebbero attraversare il nostro sistema, nel qual
caso le nostre basi correrebbero sempre il rischio di essere scoperte. Inoltre non dobbiamo dimenticare che se questa mia ipotesi si rivelasse corretta, il nostro sistema potrebbe essere teatro di altre
battaglie e noi finiremmo per continuare a salvare naufraghi che non ci procureranno altro che guai.
I rischi connessi alle missioni di soccorso che saremo costretti a lanciare diventerebbero sempre più
insostenibili ed alla fine diventeranno inaccettabili.”
“Non sono del tutto d’accordo con quello che hai detto Harry.”
Tryma si schiarì la voce prima di continuare:
“A quanto sembra il sistema di Rigel è stato completamente distrutto e molto probabilmente i suoi
pianeti sono stati trasformati in sterili sfere di roccia che dovranno aspettare secoli prima di poter
offrire di nuovo le condizioni ideali per il mantenimento di qualsiasi forma di vita. Se consideriamo
questo scenario, il pericolo che altre navi attraversino il nostro sistema provenienti da quello di Rigel è del tutto assente, non ti pare?”
“È vero, ma nessuno ci garantisce che chi ha distrutto quel sistema non decida di utilizzarlo come
base per attaccare i sistemi vicini; il rischio di altri passaggi di quelle navi esiste e non possiamo ignorare questo fatto. Comunque, non voglio influenzare la vostra decisione insistendo troppo su
questo punto. Avete ascoltato le motivazioni che mi hanno spinto ad agire, ora dovete decidere cosa
è meglio per la flotta. Mi rendo perfettamente conto della gravità della decisione e del fatto che richiederebbe una lunga riflessione, ma il tempo a nostra disposizione è molto poco. La sonda che
abbiamo lanciato all’inseguimento della flotta Alpha ha interrotto le comunicazioni per la presenza
di un campo sensoriale. Molto probabilmente se facessimo inseguire queste navi da un’altra sonda
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tracciante, anche questa interromperebbe le comunicazioni; quindi, se decideremo di intervenire,
dovremo lanciare una delle nostre N.S.1 e sapete benissimo che alle squadre tecniche occorre almeno mezz’ora per prepararne una al decollo. Se le navi sonderanno tutti i pianeti prima di allontanarsi
mantenendo l’attuale velocità, usciranno dal raggio dei nostri sensori tra circa trentasette minuti.
Questo significa che avete meno di dieci minuti per formulare la vostra decisione. Sono perfettamente conscio del fatto che quella che dovete prendere è una grave decisione e che il tempo a vostra
disposizione è un’inezia, ma sono sicuro che agirete nel pieno interesse della flotta.”
Detto questo fece chiudere il collegamento dando ordine a Bdoc di riattivarlo dopo sei minuti. Nella
plancia di comando regnò un silenzio irreale, rotto solamente dal rumore delle dita dei robot che si
muovevano veloci e precise sui comandi delle varie consolle. Soltanto dieci minuti più tardi uno dei
tre Rigeliani si azzardò a romperlo con il fruscio dei suoi vestiti che accompagnavano i movimenti
del suo corpo che si alzava in piedi con qualche difficoltà dovuta ai postumi dell’operazione a cui
era stato sottoposto più di sette ore prima. Lentamente iniziò a camminare avanti ed indietro sotto lo
sguardo vigile di Ennius che, vedendo l’amico di nuovo in grado di camminare da solo, si sentì sollevato da parte del peso che opprimeva il suo animo. I minuti passarono lenti e furono davvero snervanti per i tre rigeliani che sentivano crescere a dismisura il bisogno di passare all’azione. Fu un
sollievo per loro sentire Bdoc comunicare ad Harry che il collegamento di video conferenza era
stato ristabilito.
Seguendo il rigido protocollo che Manella aveva redatto oltre cinque anni prima, Harry disse in tono formale:
“Tutte voi avete udito la mia richiesta ed avete avuto un ragionevole lasso di tempo per poter decidere riguardo la mia richiesta. Ora vi chiedo di comunicarmi la vostra decisione.”
Seguendo l’ordine prestabilito, Loa disse:
“Io sono favorevole ad accogliere la richiesta di aiuto inoltrataci dal Signor Fallay.”
Fu il turno di Tryma:
“Concordo con l'ammiraglio Maren e mi dichiaro favorevole al nostro intervento in favore della liberazione dei prigionieri.”
Infine parlò Manella:
“Dopo una lunga ed attenta riflessione sono giunta alla stessa conclusione degli altri ammiragli e
quindi appoggio fermamente il nostro intervento in risposta alla richiesta di aiuto che il popolo rigeliano ci ha rivolto per bocca del Console Fallay.”
“Bene signori, sembra proprio che torneremo in azione. Da oggi il sistema cui appartengono gli equipaggi delle navi che hanno attaccato e distrutto le forze rigeliane è nostro nemico. Console Fallay, con questa dichiarazione ci siamo impegnati a fornirvi tutto l’aiuto di cui avrete bisogno e ad
operare al meglio delle nostre forze affinché i prigionieri rigeliani vengano liberati.”
“Hai già in mente un piano d’azione?”
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N.S.: Nave Scout. La flotta comandata dall’ammiraglio Seldon e dalle sue tre amiche ha a disposizione svariati
modelli di navi scout. Sebbene differiscano per forma e dimensioni, tutte hanno le stesse caratteristiche tecniche fondamentali: motori ad induzione gravitazionale capaci di spingerle fino a fattore 9.9, motori temporali, cannoni al plasma
ed una discreta quantità di missili. Tra le altre cose è degno di nota segnalare il fatto che i sensori che hanno in dotazione sono gli stessi installati a bordo delle quattro ammiraglie della flotta ed il loro raggio d’azione rende le navi scout
delle importanti piattaforme sensoriali durante le battaglie.
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“Sì Manella, ci ho pensato mentre aspettavo la vostra decisione. Sulle prime ho avevo deciso di
lanciare un’altra sonda tracciante, ma sicuramente avrebbe interrotto le comunicazioni poco dopo il
suo lancio, quindi ho ordinato che venga preparata al decollo l’NS1. Cinque minuti dopo che le navi
nemiche saranno uscite dal nostro campo sensoriale darò ordine al suo comandante di decollare e di
inseguire la nave prigione nella speranza che ci conduca alla sua base. Una volta scoperta la sua ubicazione, attaccheremo utilizzando tutte le navi della flotta e libereremo i prigionieri che riaccompagneremo sul sistema di Rigel.”
Manella rifletté qualche istante prima di dare la sua piena approvazione. Anche Ennius lo giudicò
un buon piano, ma avrebbe preferito avere molte più informazioni sulla reale potenza d’attacco a
disposizione dei quattro ragazzi. Si rese comunque conto del fatto che molto difficilmente avrebbero scoperto subito le loro carte e preferì restare in silenzio ritenendo opportuno aspettare prima di
formulare domande che avrebbero potuto infastidire gli ammiragli. Purtroppo Derek non ebbe
l’accortezza del suo vecchio amico; infatti si rivolse ad Harry dicendo:
“Scusi ammiraglio, ma è da quando ha detto che la prima sonda che avete lanciato ha interrotto le
comunicazioni con la nave che volevo chiederle il motivo di questo mal funzionamento; potrebbe
spiegarmelo per favore?”
“Non è stato un mal funzionamento a determinare il silenzio radio della sonda, ma il suo computer:
se la sonda viene a trovarsi in un campo sensoriale abbastanza sofisticato da riuscire a rilevare la
presenza di un collegamento sub-spaziale attivo, il computer interrompe immediatamente la trasmissione dei dati, immagazzinandoli nella sua memoria, in attesa di poterceli inviare una volta che
la sonda è uscita dal campo sensoriale. Quando le navi della flotta Alpha saranno rientrate alla base
ed avranno disattivato i loro sensori la sonda inizierà di nuovo la trasmissione, a meno che non ci
siano altre condizioni che lo impediscano.”
“Capisco. La ringrazio per la spiegazione e la prego di perdonarmi se continuo ad abusare della sua
pazienza, ma vorrei esprimere una mia riserva sul suo piano d’azione. Secondo quello che ha previsto, intercorreranno circa cinque minuti tra la perdita del contatto con il nemico ed il decollo della
vostra nave. Possiamo quindi supporre che in totale perderemo il contatto per circa dieci minuti e
questo mi preoccupa: il mio timore risiede nel fatto di perdere definitivamente le tracce di quelle
navi, cosa che di fatto significherebbe il fallimento completo della nostra missione.”
“Questa è un’eventualità che ha pochissime probabilità di verificarsi: è vero che la scia di gravitoni
del motore ad induzione gravitazionale di una nave di dimensioni medie diventa instabile dopo una
decina di minuti e diventa irrilevabile dopo mezz’ora, ma questi dati devono essere riconsiderati in
questo caso. La nave che abbiamo di fronte ha dimensioni molto maggiori della media e possiamo
quindi supporre che anche i suoi motori siano fuori dalla media. Volendo semplificare molto i calcoli, possiamo fare una proporzione diretta tra le dimensioni ed il tempo di rilevazione massimo
confrontando i dati dell’SDF1 con quelli della nave nemica. Il risultato, operando gli opportuni arrotondamenti, ci dice che la scia di gravitoni dei motori di quell’enorme nave sarà facilmente rintracciabile anche dopo parecchie ore. Una volta che la nave scout l’avrà rintracciata, viaggerà alla
massima velocità fino a quando la nave non rientrerà nel raggio d’azione dei suoi sensori. Le possibilità di perdere definitivamente il contatto con il nemico sono minime.”
Poi, rivolto alle tre amiche:
“Bene ragazze, credo che abbiamo parecchie cose da sistemare ed il tempo a nostra disposizione è
davvero poco: se la velocità delle navi nemiche non varierà, usciranno dal nostro campo sensoriale
tra quaranta minuti. Se non ci sono altre obiezioni, credo che questo sia tutto.”
Aspettò qualche istante prima di chiudere il collegamento.
“Ora non ci resta altro che aspettare e vedere come si svilupperanno gli eventi.”
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-4-
D
ieci secondi dopo che il segnale raggiunse le antenne riceventi, il computer centrale della
piccola nave iniziò tutte le procedure di ripristino dei sistemi e dei livelli energetici ottimali. Cinque minuti dopo che i generatori principali furono portati a pieno regime
l’equipaggio iniziò a svegliarsi dal suo lungo sonno e si accinse a riprendere le normali attività, come se i settantacinque anni trascorsi in animazione sospesa non fossero mai trascorsi. Venti
minuti più tardi la nave era pronta a partire mentre al suo interno veniva creata un’atmosfera composta per il 95% da anidride carbonica e per il restante 5% da Neon. L’equipaggio, interamente costituito da robot, non era per nulla infastidito da quella miscela di gas che aveva riportato la pressione interna della nave al valore di un’atmosfera. Sul piccolo ponte di comando sei robot stavano
lavorando per verificare lo stato della nave e prepararla al decollo. Il ponte misurava otto metri per
sei e disponeva di cinque consolle disposte a punta di freccia davanti alla poltrona del capitano,
anch’esso un robot, nominato Daneel. Aveva effettuato molte missioni di ricognizione e si era distinto per la sua affinata tecnica di logica deduttiva durante la Grande Guerra; era logico quindi che
l'ammiraglio Seldon gli avesse assegnato un incarico talmente importante e questo lo faceva sentire
in qualche modo diverso dagli altri robot. Non c’era comunque il pericolo che si montasse al testa
visto che i robot non possiedono la facoltà di provare sentimenti, ma percepiscono soltanto delle
deboli sensazioni, vaghe ombre dei sentimenti umani. Sebbene, infatti, il cervello positronico dei
robot riuscisse a formulare pensieri, basati sulla logica deduttiva, utilizzando complicate architetture e sofisticati programmi, era comunque un meccanismo enormemente più semplice rispetto al cervello umano ed era quindi impensabile che potesse riprodurre tutti i fattori e le variabili che permettono ad un uomo di provare dei sentimenti. Era comunque abbastanza complesso per riuscire a produrre, come sottoprodotto della manipolazione dei potenziali delle quattro leggi, delle sensazioni
che erano in grado di influenzare i pensieri coscienti del robot. Non erano infrequenti i casi di robot
che aumentavano il loro rendimento dopo essere stati lodati per essere riusciti ad eseguire con successo un compito particolarmente difficile che era stato portato a termine dopo un lungo lavoro.
Tryma aveva sempre ritenuto che questo fatto fosse dovuto ad un’interazione tra i potenziali della
seconda e della terza legge che in qualche modo contribuivano a stabilire un nuovo assetto psicologico del robot. Nessuno comunque si era mai preoccupato di studiare a fondo la questione visto che
questo strano fenomeno non aveva mai messo a repentaglio l’efficienza dei robot o la sicurezza degli esseri umani. Certo, era un discorso che non aveva molto senso logico, ma ormai era entrato nella tradizione della robotica e ciò bastava a dargli sufficiente autorità per essere considerato giusto.
Harry era sempre stato certo del fatto che Loa
“C’è qualche pensiero che ti turba compagno1 Daneel?”
“No compagno Eto. Stavo soltanto riflettendo sul fatto che questa è la nostra prima missione da
quando la nostra flotta si è insediata in questo sistema. Mi stavo chiedendo se il nostro intervento
possa in qualche modo pregiudicare la sicurezza e la segretezza del nostro rifugio.”
“Sono certo che l'ammiraglio Seldon ha riflettuto a lungo prima di impartire l’ordine di farci intervenire e sono altrettanto certo che lo ha fatto nell’esclusivo interesse della flotta. Se noi porteremo a
termine con successo il nostro compito la flotta avrà scongiurato il pericolo che ora la minaccia ed è
esattamente questo che l'ammiraglio pretende da noi: il successo totale.”
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Compagno. I robot, quando parlano tra di loro, sono soliti far precedere la denominazione, o la sigla, del proprio interlocutore con questa parola. in questo modo essi stabiliscono una specie di solidarietà determinata dalla piena coscienza di essere dei robot, esattamente come tra i membri di un gruppo di esseri umani si instaura una specie di orgoglio determinato dalla sola appartenenza al gruppo stesso.
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“Hai ragione amico mio. L'ammiraglio pretende il successo totale della missione e noi non lo deluderemo.”
Nonostante quella conversazione, nessuna parola fu pronunciata dai due robot che continuavano a
svolgere le proprie mansioni come se nulla fosse. In realtà, i robot non avevano comunicato utilizzando gli altoparlanti che si trovavano appena sopra il loro mento, nella zona corrispondente alla
bocca degli esseri umani, ma avevano utilizzato il loro sistema iperwave. Era infatti inutile, in assenza di esseri umani, utilizzare il sistema di comunicazione vocale in quanto era molto più lento e
meno efficiente di quello via iper-onda. A prima vista, sembrerebbe un controsenso imporre a dei
robot che prestano servizio su navi da guerra di utilizzare il sistema iperwave per comunicare in
quanto le iper-onde prodotte dal sistema sono facilmente individuabili dai sensori di altre navi.
Questo problema non si presenta sulle navi comandate da Harry in quanto i loro scudi difensivi erano stati concepiti in modo da trattenere al loro interno tutte le iper-onde prodotte, tranne naturalmente quelle emesse dalle antenne del sistema di comunicazione via iper-onda della nave. Il comandante della nave aveva comunque la facoltà di ordinare in ogni momento al proprio equipaggio
di utilizzare il sistema di comunicazione vocale in caso di necessità.
Mentre i due robot stavano parlando, il computer centrale dell’SDF1 comunicò all’NS1 di decollare
e di iniziare la missione a essa assegnata. Le pareti dell’hangar costruito sotto la superficie di Ganimede vibrarono sollecitate dai potenti motori ad induzione gravitazionale, ma nessun boato si produsse al suo interno poiché non vi era nessun tipo d’atmosfera che potesse propagarlo ed anche la
vibrazione si spense non appena i pesanti piedi di appoggio della nave si sollevarono da terra.
Lentamente, l’NS1, che misurava non più di cento metri di lunghezza, cinquanta di larghezza e
trenta di altezza, si sollevò dirigendosi verso il bacino stagno che consentiva l’accesso alla superficie del pianeta. Quando i sensori automatici rivelarono che la nave si trovava esattamente al centro
del grande bacino di compensazione atmosferica, le porte inferiori vennero chiuse ermeticamente e
vennero aperti i condotti di ventilazione in modo da permettere all’atmosfera del pianeta di circondare la nave in decollo. Quando la pressione fu stabilizzata le porte superiori vennero aperte consentendo alla pioggia acida che stava bagnando la nuda roccia della crosta superficiale di Ganimede
di penetrare nel bacino e di scrosciare sullo scudo elettromagnetico esterno dell’NS1.
Dieci minuti più tardi la piccola e maneggevole nave stava attraversando la zona più esterna del
campo gravitazionale del pianeta e si stava preparando ad entrare nel sub-spazio per raggiungere
fattore 9.9. Secondo le stime fornite dal computer, i sensori sarebbero stati in grado di individuare
la nave prigione entro venti minuti mentre la scia di gravitoni lasciata dai motori ad induzione gravitazionale sarebbe stata rintracciabile anche dopo qualche giorno. Harry e gli altri ammiragli avevano comunque ritenuto più opportuno rintracciare l’obbiettivo il più presto possibile per evitare
qualsiasi sorpresa: man mano che passavano i minuti, infatti, la scia di gravitoni lasciata si deteriorava confondendosi con la radiazione di fondo onnipresente nell’universo. Inoltre, improvvisi sbalzi
gravitazionali od eruzioni solari avrebbero potuto distorcerla rendendo molto difficile al sua individuazione da parte della nave scout. L’NS1 riuscì a far rientrare la nave inseguita nei suoi schermi
sensoriali i breve tempo, esattamente come ordinato e questo fece piacere a Daneel il quale non aveva nessuna intenzione di deludere le aspettative di Harry.
“Uguagliare la velocità del bersaglio e mantenere i dispositivi di mascheramento sensoriale attivi
alla massima potenza.”
“Daneel, perché hai dato ordine di aumentare la potenza dei sistemi di mascheramento sensoriale al
100%? Temi che il nemico possieda una copertura sensoriale più vasta della nostra?”
“In parte è vero compagno Eto, ma per essere del tutto si cero ho agito in questo modo in quanto ho
ricevuto ordine di adottare ogni possibile provvedimento al fine di tenere nascosta la nostra presenza al nemico. Secondo i dati che mi sono stati forniti via iperwave la tecnologia nemica ci è del tutto sconosciuta; inoltre l'ammiraglio Arcanio è d’accordo con l'ammiraglio Seldon nell’affermare
che esiste la possibilità che i loro sensori siano leggermente più potenti dei nostri e quindi che possano avere una portata leggermente maggiore. Da quanto ho potuto capire, interpretando gli ordini
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ricevuti, i nostri ammiragli sono particolarmente preoccupati del fatto di poter essere scoperti e certo non posso che condividere la loro preoccupazione. Tutti i robot della flotta sono a conoscenza dei
sacrifici che i nostri comandanti hanno dovuto sostenere per realizzare la flotta e le basi in cui essa
è custodita e si rendono conto di dover fare qualsiasi cosa sia in loro potere per impedire la distruzione di ciò che l'ammiraglio Seldon e le sue tre compagne hanno costruito.”
“Scusa se ti importuno ancora compagno, ma ho notato che fai molte volte riferimento
all’ammiraglio Seldon. Da quello che posso capire tu ti senti molto legato a lui, non è vero?”
Daneel, nonostante conoscesse Eto da più di otto decenni, continuava a stupirsi del fatto che il piccolo robot nero che prestava servizio come secondo ufficiale gli chiedesse il motivo che lo spingeva
ad affrontare una situazione agendo in un determinato modo piuttosto che in un altro. La spiegazione, si era convinto Daneel, stava nel fatto che la serie a cui apparteneva Eto era stata progettata per
l’analisi tattica dei dati effettuata ‘a tavolino’ per usare un’espressione umana, e quindi era del tutto
normale per lui cercare di capire le motivazioni che spingevano il comandante di una nave ad agire
in un certo modo. Con il passare del tempo Daneel, il cui color grigio metallizzato risaltava rispetto
al nero degli altri robot presenti sulla plancia di comando, aveva imparato ad apprezzare quel rapporto così particolare ed aveva iniziato a sfruttarlo per compiere analisi più approfondite degli
eventi che era costretto ad affrontare. Molte volte, spiegando la situazione al suo piccolo amico, Daneel si era accorto di aver commesso qualche errore di valutazione o di aver impartito ordini non
del tutto efficaci che, se, non corretti in tempo, avrebbero rischiato di compromettere il buon esito
della missione in cui era impegnata la sua nave. Parlava quindi volentieri con Eto cercando di particolareggiare il più possibile la sua spiegazione in modo da rielaborare una seconda volta tutti i dati
in suo possesso riguardanti il fatto preso in esame. Quella volta, però, il suo compagno si era spinto
oltre il limite che aveva sempre rispettato e gli aveva chiesto delle informazioni che Daneel custodiva da decenni nella sua banca dati ritenendole dei preziosi ricordi da preservare a tutti i costi. Decise comunque di rispondere alla domanda rivoltagli in quanto rievocare quei fatti gli permetteva di
provare una strana sensazione di benessere che non era mai riuscito a classificare con precisione.
Disse dunque:
“È strano che tu mi faccia questa domanda compagno Eto, soprattutto considerando che ci conosciamo da quasi un secolo, ma ti sono comunque grato del fatto di averla formulata. I ricordi che sto
per evocare sono per me molto preziosi e sono sempre felice di poterli rievocare.
I fatti a cui mi riferisco si sono svolti trecentocinquanta anni fa, all’inizio della Grande Guerra,
quando gli ammiragli stavano ancora apprendendo tutte le conoscenze necessarie in battaglia. La
loro inesperienza, anche se diminuiva di giorno in giorno grazie alla rapidità di apprendimento che
riuscivano a dimostrare, giocava comunque un ruolo determinante durante quelle prime battaglie.
Infatti, in qualche occasione l'ammiraglio Seldon aveva seriamente temuto di perdere la nostra ammiraglia in combattimento, ma fortunatamente questo non accadde mai.
In quel periodo io prestavo servizio sul ponte di comando dell’SDF1 come ufficiale tattico. Oggi
questa carica non esiste più in quanto non più necessaria, ma a quel tempo era un ruolo molto importante; in pratica consigliavo l'ammiraglio Seldon sulle varie tattiche da adottare durante le battaglie e lo aiutavo a valutare le diverse situazioni in cui ci trovavamo cercando di fargli apprendere
tutte le tecniche di combattimento che erano contenute nella mia banca dati. In molte occasioni
l'ammiraglio si era avvalso delle mie conoscenze per uscire da situazioni particolarmente delicate in
ci eravamo ritrovati.”
“Scusa se ti interrompo compagno, ma c’è una cosa che non riesco a comprendere nel tuo racconto.
Come tu stesso hai detto, e come del resto testimonia il tuo colore grigio metallizzato, tu hai prestato servizio sul ponte di comando dell’SDF1. Se questo è vero, allora tu dovresti essere ancora in
servizio a bordo della nostra ammiraglia o dovresti essere stato demolito in quanto i robot che prestano sevizio sui ponti di comando delle ammiraglie lo fanno per tutta la loro esistenza, fino a
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quando non sono ritenuti più idonei e vengono smantellati. Vorrei quindi sapere cosa ti ha permesso
di diventare comandante di questa nave, sempre che tu me lo possa dire.”
Quelle parole sembrarono alquanto strane al grande robot grigio che fino a quel momento aveva ritenuto il discorso che stava facendo privo di qualsiasi importanza. Le parole di Eto, però, gli avevano fatto capire che per lui invece era estremamente importante conoscere gli eventi che avevano
permesso a un robot che prestava servizio a bordo di una ammiraglia di diventare comandante di
una piccola nave scout. Evidentemente il cervello positronico del piccolo robot nero, non riuscendo
ad elaborare nessuna spiegazione attendibile, percepiva quella situazione come un pericolo per
l’incolumità della flotta e quindi degli ammiragli. Daneel era perfettamente conscio di dover affrettarsi a dare delle spiegazioni, o la sua presenza a bordo sarebbe stata ritenuta del tutto priva di logica ed i membri del suo equipaggio lo avrebbero reso incapace di compiere la sua missione. Disse
quindi:
“Sarò felice di esporti i fatti che mi hanno permesso di diventare comandante di questa nave, compagno Eto. Come ti ho già detto, io ero un prezioso aiutante per l'ammiraglio Seldon. Ma l’episodio
di cui ti devo riferire non è in nessun modo attinente con il mio compito a bordo dell’SDF1.
Devi sapere che quando sono stato creato, l'ammiraglio Arcanio stava sviluppando molti nuovi sistemi da installare nei corpi dei robot per renderli maggiormente efficienti. Non era quindi infrequente che durante la costruzione di nuove unità lei inserisse nei sistemi dei robot alcuni di questi
apparecchi sperimentali per poterli poi testare in laboratorio prima di dichiarare l’unità prodotta idonea al servizio attivo. Anche nel mio corpo venne inserito uno di questi dispositivi sperimentali;
in poche parole si tratta di un sofisticato sistema sensoriale che mi permette di effettuare scansioni
molto potenti ed accurate di una vasta area di territorio. Gli esperimenti a cui venni sottoposto si rivelarono un pieno successo, cosicché venni abilitato per il servizio attivo ed assegnato al ponte di
comando dell’SDF1. Naturalmente, l'ammiraglio Seldon era pienamente a conoscenza del nuovo
sistema installato nel mio corpo che fu felice di sfruttare non appena ne ebbe bisogno.
Mi ricorderò per tutta la mia esistenza di quel giorno. Avevamo appena distrutto alcune navi nemiche e ci stavamo apprestando ad abbordarle per permettere ad una squadra di ricerca di esaminare i
rottami in modo da scoprire qualche particolare che ci permettesse di capire come sconfiggere il
CORIOS. In quell’occasione era lo stesso ammiraglio Arcanio a comandare la squadra di ricerca,
fatto del tutto normale considerando che a quell’epoca capitava molto spesso che gli stessi ammiragli combattessero in prima linea a fianco delle nostre truppe.
Come ti stavo dicendo, l'ammiraglio Arcanio scese sullo scafo ormai distrutto di una delle navi nemiche. Sembrava una normale operazione di routine, ma qualcosa andò storto: improvvisamente le
comunicazioni con il gruppo si interruppero e non fummo in grado di ristabilirle, man mano che i
minuti passavano l'ammiraglio Seldon diventava sempre più preoccupato ed alla fine ordinò ad una
seconda squadra di scendere sulla nave nemica e portare soccorso all’ammiraglio. Ben presto la seconda squadra riferì di avere trovato l'ammiraglio Arcanio ed i suoi robot: essi venivano tenuti prigionieri da tre sentinelle robot impazzite che, cariche di esplosivo ad alto potenziale, continuavano
ad impedire a chiunque di avvicinarsi. I loro cervelli positronici erano stati gravemente danneggiati
dalle esplosioni provocate dalla distruzione della nave su cui prestavano servizio e questo le aveva
rese prive di qualsiasi controllo. Né le tre leggi della robotica, né la riprogrammazione subita quando furono catturati dai robot nemici avevano più alcun potere su di loro. Questo fatto, se da un lato
costituiva un bene in quanto la nostra squadra non era più considerata un nemico, dall’altro rendeva
i tre robot altamente pericolosi rendendo di secondo in secondo sempre più instabile il loro equilibrio psicologico.
Tutti sentivano di dover agire in qualche modo per poter annullare il pericolo, ma nessuno, nemmeno l'ammiraglio Seldon, riusciva a formulare un piano d’azione accettabile. Infine, quando ormai
era passata mezz’ora da quando la squadra di soccorso aveva stabilito l’ultimo contatto con l’SDF1,
la mia unità di analisi logico-deduttiva riuscì a formulare un’idea che si rivelò poi la soluzione del
problema: avevo richiesto alla mia banca dati di fornirmi tutti gli schemi strutturali del modello di
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sentinella robot che minacciava l’incolumità della squadra di ricerca e, tra le informazioni ottenute,
notai uno schema elettrico in particolare. Rappresentava la connessione tra la fonte di energia principale del robot ed il sistema di distribuzione energetico. In particolare, la mia attenzione fu attirata
da un particolare dispositivo che aveva il compito di modulare la potenza di uscita del microreattore
a fusione che alimentava i sistemi della sentinella. Le mie analisi indicavano che, se colpito da un
fascio di microonde emesse ad una certa frequenza, questo sistema veniva irrimediabilmente danneggiato e si bloccava impedendo il passaggio dell’energia. Comunicai immediatamente la mia
scoperta all’ammiraglio che la trovò un’idea geniale e diede immediatamente ordine affinché venisse messa in pratica. Come previsto, l’azione ebbe successo e, per ringraziarmi di aver salvato l'ammiraglio Arcanio, l'ammiraglio Seldon mi affidò il comando di questa nave dicendo che le mie doti
deduttive erano sprecate sulla plancia di comando e che preferiva che utilizzassi le mie capacità per
comandare una nave.
Per quanto mi riguarda, io mi sento tuttora onorato della fiducia che è stata riposta in me ed è per
questo che cerco sempre di fare di tutto per non deludere le aspettative dell’ammiraglio.”
“Ora riesco a comprendere, compagno Daneel. Finalmente riesco anche a capire il perché ci vengano affidare sempre le missioni più delicate e mi sento onorato di prestare servizio sotto il tuo comando. C’è comunque ancora una cosa che mi lascia perplesso, e cioè il fatto che l’episodio a cui
hai fatto riferimento non si trovi in nessuna banca dati a nostra disposizione.”
“La spiegazione è semplice compagno. Le banche dati a cui abbiamo accesso contengono solamente un rapido riassunto delle vicende della Grande Guerra e lasciano il compito di conservare tutti i
dati storici a memorie protette a cui ha accesso solamente un ristretto numero di robot. Solamente i
robot più vecchi, quelli che hanno prestato servizio fin da quando l’SDF2 non era altro che un semplice progetto, conoscono tutti i particolari e tutti gli eventi accaduti nel passato della flotta. Se tu
richiedessi informazioni al servizio di gestione e conservazione della Zona dell’Energia Primaria
sono certo che troveresti dei dati che ti sorprenderebbero.”
“Sono sicuro che tu abbia ragione; del resto io sono stato creato solamente un secolo fa e quindi non
posso certo avere la tua esperienza e le tue conoscenze. Sono comunque felice che tu mi abbia raccontato questo episodio della nostra storia. Ti chiedo ancora di scusare la mia curiosità e ti prego di
credere nella mia completa fiducia nelle tue capacità.
Ora, se mi permetti, torno ai miei doveri che ho trascurato anche fin troppo a lungo.”
Detto questo, il piccolo robot nero chiuse la comunicazione e si mise a lavorare ai comandi della
sua consolle, incurante dello sguardo fisso di Daneel che continuava ad osservarlo cercando di capire se fosse davvero riuscito a convincerlo. Alla fine concluse che solamente col tempo sarebbe riuscito a comprendere se Eto gli era ancora fedele o meno e per il momento decise di credere a quanto
aveva affermato poco prima.
Una volta che la nave prigione fu di nuovo all’interno del raggio sensoriale dell’NS1, il lavoro
dell’equipaggio diventava semplice routine. Periodicamente i sistemi venivano testati dalle squadre
addette alla manutenzione per controllare la presenza di guasti o errori nei programmi ed anche gli
stessi membri dell’equipaggio dovevano sottoporsi a regolari revisioni per prevenire l’insorgere di
situazioni pericolose come la presenza di un robot con il cervello positronico in avaria in uno dei
punti nevralgici della nave che, per effetto della sua pazzia, provocasse dei danni o mettesse a repentaglio la vita di un ammiraglio. Una situazione del genere si era verificata durante i primi anni di
servizio dell’SDF1. Naturalmente, nessun robot attivo a quel tempo prestava ancora servizio a bordo della flotta, ma la storia dell’accaduto era passata da robot a robot come accadeva nelle popolazioni primitive abitanti sulla Terra, dove i racconti venivano tramandati oralmente di generazione in
generazione da padre a figlio per evitare che la storia e l’esperienza della comunità scomparisse con
la morte della vecchia generazione.
Secondo la storia raccontata, nella sezione 19 del ponte 165 dell’SDF1 era situata una delle tante
centrali di smistamento energetico che erano utilizzare per distribuire energia supplementare ai set50
tori del ponte su cui erano installate che ne facevano richiesta. Le centrali erano gestite da undici
robot, dieci controllori ed un supervisore. A quei tempi i fondi a disposizione della flotta erano limitati e si doveva cercare di ripartirli tra tutte le voci di spesa in modo proporzionale alle esigenze ed
all’importanza dei vari progetti che si volevano realizzare. In quel periodo l’attenzione dei gli ammiragli era concentrata soprattutto sulla costruzione di nuove navi e quindi era logico che gran parte
delle risorse finanziarie venissero assorbite da quella voce di spesa. Questo comportava una drastica
riduzione delle riserve a disposizione degli altri progetti che dovevano essere rinviati nell’attesa di
disporre di sufficienti risorse economiche o che, nell’impossibilità di interrompere il servizio che il
progetto offriva, dovevano essere notevolmente ridimensionati. In pratica, per i robot della centrale
di smistamento del ponte 165 questo significò non essere sottoposti a nessuna revisione per più di
quattordici mesi.
I risultati furono disastrosi: sette degli undici robot impazzirono e, dopo aver distrutto i loro quattro
compagni, smantellarono letteralmente la le consolle di controllo impedendo a chiunque di poter
accedere alla centrale per riparare i danni da loro causati. Il risultato fu che per oltre quattro ore il
ponte di comando dell’SDF1 rimase sprovvisto d’energia e, di conseguenza, tutta l’attività della nave si bloccò. L'ammiraglio Seldon fu costretto ad ordinare ad una squadra di incursori di lanciare
due granate nella centrale di smistamento per distruggere i robot impazziti causando così altri danni
che si andarono ad aggiungere a quelli provocati in precedenza; il ritardo complessivo sulla tabella
di marcia redatta dall’ammiraglio Dubanqua fu di oltre due settimane e questo causò non poche
seccature agli ammiragli che furono costretti a rivedere gran parte degli ordini di servizio dei quattro mesi successivi.
Tutti i robot che operavano a bordo delle navi comandante da Harry e dalle sue tre amiche conosceva questa storia e ciò contribuiva ad accrescere in loro la necessità di sottoporsi con regolarità ad
una revisione completa: se infatti la necessità di far controllare i propri sistemi per prevenire eventuali guasti è normalmente dettata dal potenziale della terza legge, la conoscenza di una storia che
narra di robot impazziti che mettono a repentaglio l’efficienza di una nave ammiraglia entra nel
campo d’azione della prima legge il cui potenziale, molto più potente rispetto a quello della terza
legge, si va a sommare a quest’ultimo e garantisce che sia il robot stesso a provvedere di segnalare
alla sezione ingegneria della nave su cui presta servizio la necessità di essere revisionato.
Questo pensiero iniziava ad intromettersi sempre più frequentemente nella mente di Daneel, segno
che si stava avvicinando per lui il momento di sottoporsi ad un controllo completo, ma ora la necessità di compiere la missione e l’estrema importanza di concluderla positivamente rendeva il bisogno
che il grande robot grigio sentiva meno pressante e più facilmente sopportabile. Daneel decise così
di rinviare momentaneamente la usa revisione in quanto le sue funzioni autodiagnostiche gli segnalavano che tutti i sistemi erano operativi entro i limiti di sicurezza previsti e che non presentavano
alcun indizio di possibili guasti imminenti.
Dopo aver fatto queste considerazioni, Daneel si concentrò completamente sulla missione che doveva svolgere. Erano trascorse più di dieci ore da quando i sensori avevano segnalato la presenza
della nave prigione e fino a quel momento non vi erano stati indizi che avessero fatto ritenere che i
dispositivi di mascheramento sensoriale non fossero efficaci. La nave inseguita non aveva variato
né velocità né rotta e nessun’altra nave le si era avvicinata. C’era comunque una cosa che rendeva
insolita la missione, e cioè il fatto che la rotta che stavano percorrendo le due navi, la nave prigione
e l’NS1, le avrebbe portate direttamente al centro di un buco nero situato nel settore 44587, a circa
62·350 anni luce di distanza dalla loro base, che avrebbero raggiunto tra tre ore. Daneel non riusciva a spiegarsi il motivo per cui un comandante spingesse deliberatamente la sua nave verso una
probabile distruzione, rischiando non soltanto la propria vita e quella del suo equipaggio, ma anche
quella di tutti i prigionieri che si trovavano a bordo della sua nave.
Tutti infatti sanno che i buchi neri, che possono essere raffigurati come pozzi di gravità incredibilmente ripidi, sono dotati di una forza gravitazionale così potente che per riuscire a sfuggirle, un og51
getto dovrebbe viaggiare ad una velocità superiore a quella della luce, cosa che una nave spaziale è
in grado di fare. È anche vero, però, che una nave che viaggia ad una velocità maggiore di quella
della luce si trova nel sub-spazio, cioè in un universo completamente distinto dal nostro. Quindi,
almeno in teoria, il buco nero non dovrebbe esistere nell’universo parallelo in quanto è un fenomeno fisico che si manifesta nel nostro universo. Purtroppo, però, la natura non rispecchia i rigidi
schemi logici stabiliti dall’uomo ed a volte genera dei veri e propri controsensi: in pratica, la singolarità del buco nero che, nel nostro universo, percepiamo come un punto adimensionale avente una
massa praticamente infinita capace di distorcere al limite lo spazio-tempo nel sub-spazio viene vista
come un ammasso di materia supercompatta la cui forza gravitazionale si riflette sul nostro universo
generando appunto un buco nero. Bisogna poi dire che se da un lato una nave stellare dotata di motori abbastanza potenti può riuscire a sfuggire alla forza attrattiva di questo ammasso di materia
sub-spaziale, la manovra presenta rischi altissimi in quanto l’astronave può essere risucchiata
all’interno di un tunnel gravitazionale creato dalle onde d’urto dei suoi stessi motori e ricondotta nel
nostro universo esattamente nel punto occupato dalla singolarità del buco nero.
È facile immaginare che il risultato di questo evento è la totale disgregazione dei legami atomici
che formano la materia di cui è formata la nave, i cui atomi verranno ricondotti nel sub-spazio grazie ad un effetto di rimbalzo gravitazionale, dove diventeranno pura energia dopo essere entrati in
contatto con le leggi fisiche che governano quel particolare universo.
Si può quindi comprendere la preoccupazione di Daneel nel vedere la grande nave puntare direttamente verso l’ammasso di materia sub-spaziale. Avrebbe voluto comunicare all’SDF1 la situazione,
ma gli ordini ricevuti dicevano chiaramente di rompere il silenzio radio solo nel caso in cui l’NS1
avesse localizzato la base nemica. A Daneel non rimaneva quindi altro da fare che rassegnarsi ed
aspettare l’evolversi degli eventi sperando che la situazione si chiarisse con il passare del tempo.
Del resto, non dovette attendere molto: poche ore più tardi, infatti, Eto comunicò al suo compagno
che la nave inseguita stava aumentando la sua velocità, cosa che continuò a fare fino a quando il
suo valore non raggiunse fattore 8.0. Mantenendo costante la nuova velocità, il buco nero sarebbe
stato raggiunto in poco più di diciannove minuti.
La mente di Daneel iniziò a lavorare freneticamente cercando di dare una spiegazione all’illogico
comportamento dell’equipaggio di quella nave che si stava dirigendo volutamente verso una zona
ad alto rischio, incurante di mettere a repentaglio la vita di tutti gli esseri umani che si trovavano a
bordo. Il robot si rifiutava di accettare l’idea che l’intero equipaggio si volesse suicidare o che volesse abbandonare la nave qualche minuto prima di raggiungere il punto critico lasciando morire inutilmente tutti i prigionieri che avevano catturato durante il loro attacco al sistema rigeliano. Doveva esistere un’altra spiegazione, ma non riusciva a trovarla.
Inaspettatamente, gli venne in aiuto Eto il quale disse:
“Compagno Daneel, il nostro obbiettivo sta mutando rotta. Secondo i dati del nostro computer, si
sta inserendo su una rotta temporale1. Ho dato ordine di calcoli la data esatta di rientro, ma
l’operazione richiederà qualche minuto.”
La notizia colse di sorpresa Daneel il quale disse:
“Tra quanto raggiungerà il punto di fuga temporale2?”
1
Rotta temporale. I viaggi temporali possono essere effettuati in vari modi. Uno di questi prevede di sfruttare l’effetto
catapulta del campo gravitazionale di una stella o di un buco nero per squarciare il continuum spazio-temporale. La rotta seguita per utilizzare tale effetto viene appunto chiamata ‘rotta temporale’.
2
Punto di fuga temporale. Una volta che una nave che si trova su una rotta temporale raggiunge il punto di fuga temporale di quella particolare rotta inizia il viaggio nel tempo. Essa può viaggiare nel passato o nel futuro e può raggiun(segue)
52
“Il nostro obiettivo dovrebbe iniziare il viaggio temporale tra circa quattro minuti.”
Dopo pochi istanti, uno dei robot che si trovavano alla destra di Eto disse:
“Il computer indica di possedere tutti i dati necessari compagno Daneel.”
Daneel rimase immobile per qualche secondo prima di iniziare ad impartire i suoi ordini:
“Arresto totale. Iniziare le procedure di preparazione dei motori temporali. Dare inizio a tutte le
procedure previste. Salvare i dati sui sistemi e ripristinare la situazione attuale non appena i circuiti
temporali saranno disattivati. La console tattica si prepari a sondare tutto lo spazio circostante non
appena arrivati. Dobbiamo a tutti i costi ripristinare il contatto con il nostro obbiettivo nel più breve
tempo possibile.”
“Compagno Daneel, credi davvero che il popolo che ha costruito quella nave conosca l’esistenza
dei viaggi temporali?”
“Tutto lo fa pensare compagno Eto. Tu stesso di sei accertato del fatto che quella nave sta seguendo
una rotta temporale.”
“Potrebbe trattarsi soltanto di un caso fortuito. In fondo, anche se è pericoloso, avvicinarsi ad un
ammasso sub-spaziale per sfruttarne il suo effetto fionda non implica per forza la distruzione della
nave stellare che tenta di eseguire la manovra.”
“Questo è vero compagno Eto, ma io non riesco a giustificare la tua ipotesi. Non riesco a comprendere il motivo per cui il comandante di quella nave è stato spinto ad utilizzare l’effetto fionda, a
meno ché non voglia viaggiare nel tempo. Inoltre, la mia teoria è supportata anche da un altro fatto,
e cioè dalla velocità raggiunta dal nostro obbiettivo. Tu sai meglio di me che per poter viaggiare nel
tempo utilizzando un campo gravitazionale si deve raggiungere almeno fattore 8.0, cosa che la nave
nemica ha fatto.”
Eto rimase qualche secondo assorto nelle sue riflessioni prima di ribattere:
“Comprendo il tuo ragionamento e concordo con la tua valutazione. Credo che ci siano forti probabilità che il nostro bersaglio si prepari ad effettuare un viaggio temporale. Concordo appieno con la
tua linea di condotta.”
Daneel si sentì in qualche modo sollevato dalle parole del suo amico ed ora sentiva che i suoi
processi mentali si sviluppavano più facilmente. Il fatto stesso che il loro rapporto non pareva
mutato lo rassicurò del fatto di aver convinto appieno il piccolo robot nero della veridicità del suo
racconto e questo fatto liberò la sua mente da una ulteriore preoccupazione che rendeva meno
agevoli i suoi processi mentali.
Mentre Daneel era impegnato in queste riflessioni, l’equipaggio della piccola nave scout si preparava per dare inizio alle procedure che permettevano di squarciare il contiuum spazio-temporale. I
motori temporali vennero attivati e testati mentre i livelli energetici si stavano assestando sui valori
ottimali. Il computer iniziò le procedure automatiche di inizializzazione, non appena la rotta fu calcolata ed impostata e quando fu tutto pronto, l’NS1 scomparì dal presente per materializzarsi seicento anni più tardi nello stesso punto da cui era partita.
“Iniziare la scansione sensoriale. Riattivare i sistemi di occultamento al 100%.”
gere qualsiasi istante passato o futuro. Il momento preciso in cui rientrerà nel normale continuum spazio-temporale è
determinato dalla rotta che ha seguito per giungere al punto di fuga.
53
I potenti sensori della piccola nave iniziarono una scansione completa dello spazio circostante e del
sub-spazio. Oltre che segnalare eventuali asteroidi o ammassi di materia che avrebbero potuto in
qualche modo mettere a repentaglio la sicurezza della nave, questa volta i sensori dovevano anche
cercare di rintracciare la scia di gravitoni della nave prigione. Fortunatamente, i calcoli eseguiti dal
potente computer centrale erano molto precisi e l’NS1 ricomparve qualche minuto dopo la nave inseguita. In questo modo l’equipaggio di Daneel riuscì facilmente ad individuare nuovamente le
tracce lasciate dai grandi motori ad induzione gravitazionale. Non appena il computer calcolò la rotta, la nave scout entrò nel sub-spazio a fattore 8.5 e ridusse la propria velocità solamente quando la
nave inseguita rientrò di nuovo all’interno del raggio d’azione dei suoi sensori.
“A quanto pare siamo proprio fortunati compagno Eto.”
“Anche se il concetto di una dea bendata che con il suo bacio doni la buona sorte è assolutamente
privo di ogni logica, posso ritenere la tua affermazione accettabile. Devo comunque avvertirti che
un eccesso di ottimismo a volte può portare a conseguenze disastrose.”
“Sono assolutamente d’accordo con te compagno Eto. La mia voleva essere solamente una citazione tratta dal linguaggio umano e niente di più. Sono perfettamente conscio delle difficoltà che dobbiamo ancora affrontare e dell’importanza della missione che ci è stata affidata, ma ho pensato che
un umano che si fosse trovato nella nostra stessa situazione avrebbe detto qualcosa di simile.”
“Seppure io ti conosca da tante decadi non sono ancora riuscito a spiegarmi il motivo che ti lega così tanto alla cultura umana. Infondo essa non è altro che un insieme di miti e leggende che si collegano con il presente grazie ad aneddoti e modi di dire. Francamente, io non riesco a trovare nulla di
interessante in tutto questo.”
“Anch’io all’inizio non capivo il perché di questa mia necessità, ma dopo aver riflettuto a lungo su
questo fatto ho realizzato che questa mia attività serve ai miei sistemi logico-deduttivi per poter riequilibrare i potenziali delle quattro leggi. Naturalmente, ogni robot ha un suo sistema che utilizza
quando ne sente la necessità; tu stesso, compagno Eto, sei un abile intagliatore di legno, eppure la
tua attività non ha nessuna utilità per gli ammiragli. Il suo unico fine è quello di aiutarti a ritrovare
l’equilibrio perso durante le missioni.”
“Hai perfettamente ragione compagno Daneel. Ti ringrazio per la spiegazione e ti garantisco che…”
Non riuscì a finire la frase: un allarme risuonò sul ponte di comando. Eto si diresse verso la
consolle tattica e disse:
“I sensori stanno rilevando la presenza di una flotta di navi leggere e caccia stellari a centocinquanta gradi1. Designazione flotta: F1. Secondo il computer sono circa trecento e si stanno dirigendo a
fattore 5.3 verso la nave che stiamo inseguendo. La raggiungeranno tra cinquantasei secondi.”
“Allarme rosso. Attivate i sistemi d’arma e predisponete i generatori per un riarmo rapido delle armi. Mantenete l’attuale livello di occultamento e preparatevi per qualsiasi evenienza. Se la nostra
copertura dovesse saltare, inviate immediatamente tutti i dati che abbiamo raccolto all’SDF1 con un
segnale codificato. Per il momento ci limiteremo a mantenere la stessa distanza dalla nave nemica e
dalla flotta che abbiamo individuato.”
“Quali intenzioni pensi che abbiano quelle navi?”
“Non lo so compagno Eto, ma penso che lo scopriremo presto.”
Trentadue secondi dopo che la flotta F1 fu individuata, anche la flotta Beta, che continuava evidentemente a precedere la nave prigione, entrò nel raggio d’azione dei sensori dell’NS1 seguendo una
rotta di intercettazione con altra flotta ad alta velocità, mentre la nave prigione aumentava la sua ve1
. Ad ore cinque.
54
locità fino a fattore 8.2 mantenendo costante la propria rotta. Quando i due gruppi di navi furono
abbastanza vicini, entrambi scesero sotto-luce per ingaggiare battaglia. L’NS1 riuscì a monitorare
lo scontro per più di quaranta minuti. Sorprendentemente, le navi che avevano distrutto facilmente
la flotta rigeliana incontravano molte difficoltà a sopraffare quelle piccole e maneggevoli navi che
furono in grado di distruggere persino due unità nemiche. Daneel rimase sorpreso di questo fatto e
lo fu ancor più quando Eto gli riferì che i sensori passivi non riuscivano a raccogliere nessun dato
sulla flotta F1.
“I nostri sensori non riescono a penetrare i loro scudi difensivi. Il popolo che ha costruito quelle navi di si curo deve aver raggiunto un livello di sviluppo tecnologico molto simile al nostro. Questo
fatto potrebbe rivelarsi molto pericolo se non verrà considerato con la giusta importanza.”
“Sono perfettamente d’accordo con te compagno Eto. Dobbiamo fare di tutto per non rivelare la nostra presenza o altrimenti la nostra missione fallirà.”
“Non credi sia possibile l’eventualità che altre navi simili a quelle della flotta F1 stiano aspettando
la nave che stiamo inseguendo per tenderle una trappola?”
“Se consideriamo solamente l’entità della sua scorta, arriveremo facilmente alla conclusione che la
tua teoria rappresenta un valido piano d’azione; se però consideriamo anche le dimensioni di quella
nave ed il suo potenziale potere di fuoco possiamo ritenere che un attacco condotto utilizzando delle navi di così ridotta potenza sarebbe destinato a fallire. Solamente una nave come l’SDF1 avrebbe
qualche possibilità di riuscita in un’azione del genere, anche se l’azione comporterebbe dei rischi
non trascurabili. In conclusione compagno Eto, ritengo che un attacco diretto ai danni del nostro obiettivo sia del tutto fuori discussione.”
“Allora quale scopo ha l’azione militare a cui abbiamo assistito?”
“Per il momento non abbiamo abbastanza elementi per poter concludere un processo logicodeduttivo a riguardo. Forse durante la missione riusciremo a raccogliere altri dati utili che ci aiuteranno in questo senso.”
Come Daneel aveva previsto, non vi furono attacchi alla nave prigione che continuò a seguire la sua
rotta variando molte volte la propria velocità. Tre giorni più tardi, mentre si stava avvicinando ad
un sistema solare composto da tre soli pianeti di grandi dimensioni, mutò improvvisamente rotta dirigendosi verso il secondo pianeta. Quando fu vicina ad esso scese sotto-luce e continuò il proprio
avvicinamento ad 1/6 della velocità d’impulso. Due ore dopo gli scudi termici della nave gigantesca
erano diventati roventi a causa del tremendo calore prodotto dall’attrito con strati superficiali
dell’atmosfera. Pochi minuti più tardi, la sagoma scura della nave era scomparsa sotto la fitta coltre
di nubi che ricopriva uniformemente la superficie del pianeta. Daneel aveva ordinato di rimanere a
debita distanza dal pianeta in modo da non rischiare più del necessario di essere scoperti. I sensori
passivi dell’NS1 erano attivi alla massima potenza e stavano ascoltando il ‘rumore’ del pianeta,
cioè l’insieme di emissioni elettromagnetiche ed energetiche che si propagavano dalla sua superficie. I robot della nave scout avevano scoperto, fra le altre cose, anche un potentissimo segnale subspaziale che costituiva un radiofaro il cui compito era quello di dirigere le navi verso la sua fonte di
origine favorendo ai comandanti delle navi il compito di tracciare la rotta verso il corpo celeste.
L’NS1 iniziò a sondare il pianeta utilizzando tutti i sensori passivi di cui era provvista cercando di
raccogliere anche il dato più insignificante. Durante la sua permanenza nell’orbita del pianeta, Daneel ed il suo equipaggio contarono l’arrivo di altre tre navi prigione, del tutto simili a quella che
avevano inseguito. Quando Eto ritenne di avere raccolto dati a sufficienza, la piccola nave si diresse
verso gli altri due pianeti per accertarsi che non nascondessero altre basi nemiche.
Infatti, come Daneel aveva sospettato, sul pianeta più esterno era situata una vasta base che raccoglieva tutte le navi da combattimento a disposizione delle forze nemiche. I sensori avevano rilevato
più di duemilacinquecento segnali distinti provenienti dal nucleo a curvatura dei motori ad induzione gravitazionale, ma non si poteva escludere la possibilità che le navi presenti fossero un numero
maggiore in quanto i sensori passivi sono capaci di rilevare solamente le radiazioni emesse da un
55
nucleo funzionante, ma non percepiscono in alcun modo la presenza di un motore ad induzione se
questo ha il nucleo a curvatura in fase di shoot-down. Durante il monitoraggio del pianeta più esterno, la nave scout riuscì anche a registrare il rientro della flotta Beta potendo così accertare il numero esatto di navi distrutte durante l’attacco. Secondo i dati forniti dal computer, dodici delle duecento navi formanti la scorta della nave prigione furono distrutte.
“Secondo le intercettazioni delle trasmissioni sub-spaziali tra la flotta Beta e la base situata sul
pianeta, l’attacco è stato portato da parte dei ‘ribelli umani’ che hanno subito, comunque, la perdita
del 74% delle loro forze d’attacco.”
“È strano che il messaggio faccia riferimento agli assalitori definendoli ribelli umani. Una
denominazione di questo tipo implicherebbe che l’individuo che la pronuncia non appartenga alla
specie umana, ma ciò è impossibile.”
“Non è esatto compagno Eto. La cosa è solamente improbabile, ma non impossibile. Ti voglio ricordare che gli ammiragli hanno già combattuto contro un individuo dotato di intelligenza e di coscienza, ma non appartenente alla specie umana. Devi inoltre ricordare che anche se questa galassia
ha dato vita ad una sola specie di essere senziente, e cioè l’uomo, non possiamo assolutamente escludere il fatto che nelle altre galassie vicine, ancora del tutto inesplorate, non vi siano altre specie
senzienti tecnologicamente avanzate quanto la civiltà umana od anche di più. Se per un istante ipotizzassimo che una di queste razze aliene avesse attraversato il cosmo fino a giungere nella nostra
galassia, il messaggio che abbiamo intercettato sarebbe del tutto coerente con l’ipotesi iniziale.”
“Sarebbe anche contraria a tale ipotesi, però. Quello che hai detto è molto interessante compagno
Daneel, ma forse non hai soppesato opportunamente le basi del tuo ragionamento. Se davvero siamo di fronte ad un essere intelligente alieno alla nostra galassia, allora risulta inspiegabile il fatto
che per comunicare utilizzi il linguaggio galattico standard. Sarebbe più logico aspettarsi una sequenza di suoni incomprensibili, non credi?”
Ancora una volta Daneel fu compiaciuto del fatto di poter discutere con il suo vecchio compagno.
“Credo che tu abbia ragione compagno Eto. Le conclusioni a cui ero giunto si basavano su di un fato in parte privo di fondamenti logici. Riflettendo maggiormente sulla situazione attuale, ritengo
che possiamo escludere completamene di essere di fronte ad una specie aliena alla nostra galassia.
Resta comunque l’interrogativo del perché nel messaggio si faccia riferimento ai ‘ribelli umani’. I
dati inseriti nella mia memoria non sono sufficienti per permettermi di trarre una conclusione accettabile.”
“Nemmeno io sono in possesso di dati sufficienti. Ritengo che sarebbe più saggio, a questo punto,
interrompere i tentativi di trovare una spiegazione razionale e limitarci a registrare tutti gli elementi
in nostro possesso per poterli riferire in modo corretto al nostro rientro.”
Daneel si disse favorevole a questa soluzione e si affrettò a dare gli opportuni ordini; nel frattempo
l’NS1 si avvicinava al pianeta più interno del sistema solare per effettuare un’accurata analisi della
sua superficie mantenendo attivi al 100% i suoi sistemi di mascheramento sensoriale.
La piccola nave si muoveva silenziosamente negli immensi spazi siderali incurante della tenue luce
che la illuminava proveniente dalla nana bianca ormai morente che cercava di dare ancora energia
ai pianeti che le ruotavano attorno. La scansione del pianeta non rivelò niente di anormale: la superficie risultò completamente deserta e priva di qualsiasi struttura artificiale. Non vi era traccia di
nessuna forma di vita e del resto era prevedibile visto che quando il sole del sistema stava ancora
utilizzando l’idrogeno per alimentare le reazioni termonucleari che gli davano vita la temperatura
dell’esigua atmosfera del pianeta si aggirava sui millesettecento gradi Celsius mentre l’atmosfera,
se mai ve ne fosse stata una, venne risucchiata dalla potente forza attrattiva del sole durante i primi
secoli di vita del sistema.
56
Una volta raccolti tutti i dati, la piccola nave iniziò il viaggio di ritorno ripercorrendo a ritroso la
stessa rotta seguita dalla nave prigione nemica continuando a sondare lo spazio intorno a sé per
controllare di non essere seguita e di non lasciare tracce troppo evidenti della sua presenza. Quando
giunse nei pressi della zona in cui la flotta nemica e quella dei ribelli si erano scontrate fece una
breve sosta per cercare di recuperare informazioni utili.
Naturalmente, come era facile aspettarsi, i detriti lasciati dalle navi distrutte non si trovavamo più
nella zona in quanto, in assenza di un campo gravitazionale sufficientemente potente da trattenerli
su un’orbita stabile, avevano continuato a muoversi seguendo la traiettoria che era stata impressa
loro dall’esplosione che li aveva distaccati dallo scafo della nave a cui un tempo erano appartenuti
e si erano persi nel vuoto dello spazio. L’NS1, infatti, non si era fermata per più di dieci minuti ed
era immediatamente ripartita per raggiungere la sua base dove giunse dopo due giorni di viaggio.
Come previsto dalle procedure di rientro, Daneel ordinò di effettuare una lunga virata di trecentosessanta gradi in modo da accertarsi che nessuna nave si trovasse nella zona. Solamente quando i
sensori sentenziarono che lo spazio era libero l’NS1 poté finalmente dirigersi verso Ganimede ed
entrare in contatto con la torre di controllo della base sotterranea per chiedere il permesso di atterrare.
Mezz’ora più tardi le porte esterne della camera stagna si aprirono permettendo alla piccola nave
esploratrice di entrare per poi accedere all’hangar dove atterrò. Immediatamente, le squadre di manutenzione iniziarono ad effettuare tutti i controlli per determinare se la nave aveva subito qualche
tipo di danno, mentre l’equipaggio predisponeva tutto il necessario per poter ritornare nelle proprie
nicchie e riprendere lo stato di animazione sospesa fin tanto ché non fosse arrivato un altro ordine
di risveglio. Solamente Eto e Daneel rimasero svegli; essi dovevano sbarcare e presentarsi di persona davanti all’ammiraglio Seldon per esporre il loro rapporto.
Infatti, non appena tutti i membri dell’equipaggio furono ibernati, il robot grigio ed il suo amico abbandonarono la nave per la prima volta da più di ottant’anni e si diressero verso una nave spoletta1
che doveva condurli sino ad un ponte d’attracco dell’SDF1. Mentre camminavano, i due robot guardavano con una certa curiosità le navi che erano state costruite durante il loro lungo sonno e pensarono a quanto lavoro gli ammiragli continuavano a fare anche quando loro erano in uno stato di animazione sospesa. Naturalmente, loro erano a conoscenza di ogni particolare di quelle navi in quanto
la banca dati a cui avevano accesso era continuamente aggiornata da dei robot che avevano il
compito di raccogliere, catalogare e memorizzare tutte le informazioni che ogni giorno venivano
acquisite dalla flotta, ma anche se nella loro memoria erano conservate delle fotografie di quelle
navi, vederle dal vivo generava nei due robot un senso di profonda ammirazione nei confronti dei
quattro ragazzi che avevano reso possibile tutto questo.
Prima di salire a bordo, diedero un ultimo sguardo alle navi protette all’interno del gigantesco hangar, poi chiusero il portello e si concentrarono sul loro rapporto. Iniziarono a riassumere ed ordinare
tutti i dati acquisiti e formularono un discorso logico che li riassumesse tutti. La mole di dati da riferire era elevata, ma i due compagni riuscirono a vagliarli tutti prima del loro arrivo a bordo
dell’SDF1. Scesi dalla spoletta vennero presi in consegna da un robot rosso del servizio di sicurezza
che li accompagnò direttamente sul ponte di comando dove, disse loro, l'ammiraglio Seldon li stava
aspettando con impazienza.
All’udire quelle parole, Daneel provò una forte sensazione di gioia ed iniziò a sentire il bisogno di
rivedere quel ragazzo a cui aveva insegnato molte tecniche di combattimento e che gli aveva affidato il comando di una nave spaziale. Quando arrivarono di fronte alla porta d’accesso della plancia
di comando, il grande robot grigio ebbe un lieve sussulto. Per un istante la sua mente fu inondata
1
Nave spoletta. Piccola nave, non più lunga di sessanta metri, avente il compito principale di effettuare mansioni di
servizio tra le navi della flotta. I suoi compiti principali sono quelli di trasportare materiali tra le varie navi e di effettuare voli di rifornimento tra la superficie di un pianeta e le navi che orbitano intorno ad esso. Il suo armamento è molto
leggero ed anche i suoi scudi non sono particolarmente potenti. In compenso la nave è molto maneggevole ed in grado
di raggiungere velocità vicine a fattore 6.0.
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dai ricordi; rivide i volti dei robot che erano stati suoi compagni e ne sentì di nuovo le voci; riascoltò di nuovo tutte le discussioni che aveva avuto con loro e, nel far questo, si sentì intristire pensando che, molto probabilmente, quei robot non erano più attivi da svariati anni. Si fece comunque forza ed entrò, seguito dal suo compagno Eto che si ritirò immediatamente in una delle nicchie ricavate nel muro vicino alla porta d’accesso. Daneel invece continuò ad avanzare fino a giungere di fronte alla postazione dell’ammiraglio che aveva continuato a fissarlo da quando era entrato.
Per nulla intimorito da questo fatto, il comandante dell’NS1 fece il saluto militare e rimase immobile sugli attenti in attesa che l'ammiraglio iniziasse a parlare.
“Salve Daneel, vedo con piacere che sei in ottima forma. Sono contento di rivederti; penso che sarai
felice di aver rimesso piede sulla plancia di comando di questa nave, non è vero?”
“Sì Signore; devo ammettere che quando ho visto la porta di accesso i potenziali all’interno del mio
cervello positronico hanno avuto un leggero sussulto, ma Le assicuro che sono pronto ad eseguire
qualsiasi Suo ordine senza alcun indugio ed impegnandomi al meglio delle mie capacità.”
“Ne sono più che convinto Daneel. La mia non voleva essere un’accusa, ma solamente una domanda priva di alcun significato nascosto. È un atteggiamento che noi umani adottiamo per iniziare una
conversazione con una persona che non vediamo da tanto tempo, tutto qui. Ma adesso è ora di pensare alle cose serie: penso che tu abbia preparato un dettagliato rapporto da sottopormi.”
“Sì Signore, io ed il mio secondo Eto abbiamo ordinato ed analizzato tutti i dati raccolti e siamo
pronti a sottoporli alla Sua attenzione. Se Lei permette, abbiamo preparato una presentazione riassuntiva che vorremmo mostrarLe. Naturalmente, le nostre analisi sono solamente superficiali e richiedono delle attente revisioni da parte dei nostri tecnici, ma riescono comunque a dare un quadro
abbastanza dettagliato della situazione.”
“Incominciate pure.”
Harry ascoltò con estrema attenzione il rapporto del robot interrompendolo in alcuni punti per chiedere ulteriori chiarimenti sulle notizie riferite. Come previsto da Daneel, Harry risultò particolarmente interessato nei riguardi dei ribelli che avevano attaccato la flotta Beta e che erano riusciti a
distruggerne alcune navi.
“Non avete idea di chi possano essere?”
“Purtroppo non siamo riusciti a reperire nessun tipo di informazioni riguardo la loro identità, Signore; avevamo il timore di perdere il contatto con il nostro obiettivo e quindi non ci siamo soffermati
ad osservare lo scontro. Inoltre, non abbiamo potuto lanciare nessuna sonda visto che ciò avrebbe
significato far saltare la nostra copertura. Mi dispiace Signore; evidentemente la mia valutazione
circa l’importanza di scoprire l’identità di quelle navi è stata del tutto errata ritenendo questa ricerca di secondaria importanza rispetto ai fini della nostra missione.”
“Non ti preoccupare Daneel, tu hai agito nel migliore dei modi ed hai preso la giusta decisione
quando hai deciso di seguire la nave prigione. Conoscere l’identità dei ribelli non avrebbe certo potuto compensare il non aver scoperto l’ubicazione della base nemica. Sono certo che incontreremo i
ribelli altre volte in futuro ed allora cercheremo di ottenere maggiori dati su di loro. Hai condotto la
missione che ti era stata affidata in modo egregio, quindi non ti devi in alcun modo biasimare nulla;
semplicemente non avresti potuto fare altro e di questo ne sono perfettamente a conoscenza. È impossibile che una sola nave possa seguire due obiettivi che seguono rotte distinte. Se mai, l’errore è
stato mio visto che ho assegnato una sola nave a questa missione credendo che sarebbe stata più che
sufficiente. Comunque sia, sono contento che tu non abbia deluso le mie aspettative. Nonostante sia
passato così tanto tempo dall’ultima volta in cui sei entrato in azione, rimani ancora il miglior comandante di navi esplorative che la flotta ha a disposizione. Non appena l’emergenza che stiamo affrontando sarà finita, ti farò ritornare in servizio per qualche mese qui, sulla plancia di comando
della mia ammiraglia; consideralo un premio speciale per quanto hai fatto. Per il momento rimarrai
ancora a bordo per poter esporre il tuo rapporto ai nostri ospiti, dopo di ché dovrai recarti
58
sull’SDF3. L'ammiraglio Arcanio vuole effettuare alcune modifiche sui tuoi sistemi, ma penso che
lei saprà spiegarti molto meglio di me quello che intende fare.”
Detto questo fece segno al robot di ritirarsi in una nicchia accanto al suo compagno. Mentre guardava il robot grigio allontanarsi gli ordinò di preparare un rapporto sintetico da esporre ai tre rigeliani che entro breve tempo sarebbero giunti sul ponte.
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-5-
E
nnius, Alvar e Derek accolsero la notizia del rientro della nave scout con sollievo, sia perché
avrebbero ottenuto delle informazioni riguardanti il loro nemico, sia perché l’atmosfera che
si era venuta a creare a bordo dell’SDF1 era diventata ormai insopportabile. Durante il giorno precedente la tensione provata dai tre rigeliani aveva raggiunto livelli insostenibili e rischiava di provocare dei disordini se non si fosse trovato il modo di allentarla, ma fortunatamente la
situazione si era sbloccata da sola, con gran sollievo di Derek ed Ennius che ormai faticavano non
poco a contenere il loro giovane compagno.
In effetti, già poche ore dopo il decollo dell’NS1 Alvar si trovava in uno stato d’animo quasi incontenibile. Il suo carattere impulsivo era stato imbrigliato già per troppo tempo ed ora il giovane guardiamarina non riusciva quasi più a frenarlo. In fondo, a bordo della FARSTAR c’era sempre qualche mansione da svolgere in sala macchine, qualche sistema da controllare o qualche baruffa da
provocare, ma ora che si trovava sull’SDF1 in qualità di passeggero non invitato si sentiva come un
animale in gabbia. Quei pensieri fecero riaffiorare alla mente del guardiamarina un ricordo molto
divertente che gli strappò un breve sorriso.
Il fatto di cui si era ricordato era accaduto quasi sette anni prima, ma lui lo ricordava molto chiaramente. In quel periodo stava prestando servizio a bordo di una nave-sonda1 che aveva il compito di
esplorare una parte della nebulosa di Andromeda. Era del tutto normale per i giovani cadetti fare
esperienza su delle piccole navi di esplorazione prima di essere assegnati a navi da guerra, ma venire assegnati alle ‘pulci volanti’, come venivano scherzosamente chiamate quelle piccole navi, era
considerata una vera sfortuna che scatenava molta ilarità tra i compagni di corso più fortunati. Nel
caso di Alvar, comunque, non si trattò di sfortuna: il comandante dell’accademia aveva ritenuto che
essere assegnato ad una nave-sonda avrebbe impedito al giovane guardiamarina di combinare dei
guai, almeno durante il periodo di addestramento nella nebulosa di Andromeda. Era comunque certo che
Alvar Cresh non avrebbe perso occasione di rifarsi del tempo perduto una volta a bordo di un’altra
nave, ma questo non preoccupava il vecchio militare che si divertì ad immaginare la reazione del
comandante della nave dopo aver udito quanto combinato dal nuovo membro dell’equipaggio.
Chi invece non si divertì affatto fu Alvar che non poté far altro che accettare l’incarico e tener testa
alle battute dei suoi amici.
Neppure l’emozione di trovarsi per la prima volta nello spazio ad osservare Rigel-III riuscì a cancellare la sensazione di tristezza che aveva provato quando vide per la prima volta la PRIMULA
ROSSA, forse la più piccola delle ‘pulci volanti’. Era stata chiamata in quel modo poiché il suo scafo aveva lo stesso colore delle primule rosse che fioriscono su Rigel-III, ma oltre a questo non aveva nessun altro particolare in comune con quei fiori così aggraziati. La particolare forma del suo
scafo e l’inclinazione degli ugelli dei suoi propulsori primari facevano somigliare la PRIMUILA
ROSSA ad un teschio umano con due bastoni che, entrando dalle orbite degli occhi, hanno perforato la parte posteriore della scatola cranica.
Il comandante della nave era una giovane donna, ma il suo aspetto gradevole non le impediva di essere ferrea con il suo equipaggio, ed Alvar sperimentò a sue spese questo lato del suo carattere alla
sua prima mancanza. Come suo solito, il cadetto si era immischiato in una piccola rissa ed aveva
1
Nave-sonda. Piccola nave scientifica avente un equipaggio di sei persone progettata per effettuare osservazioni scientifiche in zone di spazio caratterizzata da una elevata concentrazione di cariche elettromagnetiche che danneggiano i
normali sistemi sensoriali. Le ristrette dimensioni della nave e la sua notevole maneggevolezza hanno contribuito a far
conoscere queste navi con il nomignolo di ‘pulci volanti’, ma ciò non sminuisce in alcun modo l’importanza che queste
navi rivestono nell’ambito della ricerca scientifica.
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spedito un uomo in infermeria con gli occhi neri ed un taglio sul labbro. Per punizione, Alvar fu
confinato nei suoi alloggi per due settimane ed il suo periodo di addestramento fu allungato di ben
due mesi.
I sentimenti che quel ricordo suscitava in Alvar erano cambiati durante gli anni ed ora provava un
certo orgoglio ad avere fatto quello che aveva fatto. In fondo, si disse il guardiamarina, sono stato il
primo a mettere al tappeto quello spaccone e questo mi basta. Quel pensiero riuscì a far sorridere di
nuovo Alvar, ma l’euforia l’abbandonò rapidamente e si ritrovò di nuovo ad osservare le pareti del
ponte di comando ed i robot che vi lavoravano. Di nuovo iniziò ad avvertire la tensione di quei
momenti ed un’agitazione incontenibile che lo faceva agitare sulla poltrona.
Anche Harry aveva iniziato a notare il crescente nervosismo del soldato e, per evitare di creare situazioni sgradevoli, si decise ad indagare:
“Signor Cresh, la vedo teso; vorrei conoscerne il motivo, sempre che io non sia troppo indiscreto.”
Quell’affermazione colse tutti di sorpresa, soprattutto Alvar che impiegò qualche istante prima di
riordinare le sue idee. Scattò in piedi e disse:
“Ecco, Signore, il fatto è che non sono abituato a rimanere con le mani in mano per così tanto tempo. Quando ero in servizio sulla FARSTAR cercavo di tenermi occupato più tempo possibile, ma
ora non ho nulla da fare e mi sento inutile.”
“Credo di comprendere quello che prova. A volte anch’io stento a sopportare le snervanti attese a
cui la mia carica mi costringe. A volte mi piacerebbe essere un semplice ufficiale impegnato a combattere sul campo di battaglia; se avessi anche solo sospettato che la carica di ammiraglio mi avrebbe costretto a fare una simile vita le garantisco che mi sarei astenuto dal fare quello che ho fatto e
che mi ha permesso di essere promosso. Comunque, ritornando al suo problema, se vuole le posso
trovare qualcosa da fare, anche se, è chiaro, sarà un incarico di scarsa importanza visto che non posso permetterle di acquisire troppi dati riguardo la mia nave.”
“La ringrazio Signore.”
“Scusi ammiraglio, ma anch’io vorrei essere assegnato a qualche mansione, sempre che questo non
Le sia di troppo disturbo naturalmente.”
Harry accolse la richiesta di Derek che, insieme ad Alvar, fu assegnato alla sorveglianza di un sottosistema del controllo climatico interno della nave. In questo modo aveva esaudito la loro richiesta
impedendo nel contempo che essi scoprissero troppe cose. Ennius invece continuava a rimanere seduto sulla sua poltrona. Aveva passato troppi anni in politica per farsi sopraffare dallo stress delle
attese interminabili. Capiva benissimo le ragioni che avevano spinto i suoi due giovani compagni a
fare quella richiesta, ma comunque avrebbe preferito che fossero rimasti in silenzio continuando ad
attendere l’evolversi della situazione seduti al suo fianco invece di abusare nuovamente della disponibilità dell’ammiraglio Seldon.
Mentre rifletteva, Harry gli si era avvicinato senza che lui se ne accorgesse e quando lo vide seduto
vicino a lui, Ennius sussultò per lo stupore.
“Mi dispiace di averla spaventata signor Fallay, ma l’ho vista seduto qui da solo ed ho pensato che
forse voleva parlare un altro po' con me. E poi, se devo essere sincero, mi sono stancato di questa
attesa, forse per il fatto che sono più di otto anni che le nostre forze non sono impegnate in
un’azione militare.”
“La ringrazio per essersi preoccupato, ma Le garantisco che sono completamente a mio agio. Ho
trascorso quasi la metà della mia vita in politica e Le assicuro che le attese snervanti non mi fanno
più alcun effetto. Forse per Lei sarà difficile comprenderlo visto che è ancora giovane, ma noi vecchi riusciamo a sopportare in maniera incredibile lo scorrere del tempo, forse perché ormai sappiamo che non ce ne è rimasto molto.”
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“Non credo che lei sia così vecchio Console. Sono invece d’accordo sul fatto che la politica aiuta la
gente a controllare la sua impazienza. Mi creda, io so cosa significa trattare con dei politici e cercare di convincerli a prendere un’iniziativa; una volta ho perso più di tre mesi in inutili chiacchiere
cercando di ottenere uno stanziamento speciale da parte del mio governo. Fu una delle più brutte
esperienze della mia vita. In fondo, in battaglia le cose sono enormemente più semplici: tu devi distruggere il tuo nemico cercando di subire il minor numero di perdite, niente di più. In politica invece le cose sono completamente diverse: per ogni decisione che viene presa devono essere vagliate
decine di possibili conseguenze cercando di prevedere quali saranno le critiche e come si possano
affrontare, ed alla fine, il più delle volte, decidi che non sarebbe conveniente rendere pubbliche le
tue intenzioni così rinunci al tuo progetto sperando che qualcun altro ne stia portando avanti uno
simile e che decida un giorno di proporlo all’attenzione del governo. Fare politica è davvero un mestiere pieno di contraddizioni: in teoria si deve lavorare per il bene comune, ma in pratica si sceglie
di agire in modo prudente cercando di preservare prima la propria posizione all’interno delle istituzioni, ma forse il mio giudizio è troppo legato a quanto è successo al nostro pianeta natale.”
Ennius fu incuriosito dalle ultime parole di Harry e decise di indagare, cercando comunque di non
sembrare troppo insistente:
“Da quanto ho capito, la Sua esperienza politica non l’ha affatto entusiasmata.”
“Ha perfettamente ragione Console, ma non vorrei offenderla continuando a parlare in questo modo
dei politici. Preferirei cambiare discorso, se non le dispiace.”
“Come vuole Lei. Sa ammiraglio, ad essere sinceri ci sarebbe una cosa della quale vorrei discutere
col Lei.”
“Di cosa si tratta signor Fallay?”
“Volevo innanzi tutto ringraziarVi per tutto l’aiuto che ci state dando e dirVi che lo apprezziamo
molto, ma purtroppo la mia vita politica mi ha insegnato che l’uomo, il più delle volte, non fa mai
niente senza sperare di ottenere qualcosa in cambio.
Non mi fraintenda, La prego; sono più che sicuro che le Vostre intenzioni sono state da sempre
quelle di prestare soccorso al nostro popolo, ma ormai sono abituato ad aspettarmi sempre delle richieste in casi come questo. Quindi, per evitare qualsiasi tipo di malinteso futuro, ho deciso di essere franco con Lei e chiederLe se ha intenzione di chiedere una ricompensa in cambio dei suoi servigi.”
“Potrei dirle che lo facciamo perché ci sentiamo in dovere di farlo, ma sono certo che capirebbe
subito che si tratta solamente di una menzogna.
In realtà i motivi che ci hanno spinto ad entrare in azione in vostro favore sono tutt’altro che altruistici: innanzitutto quelle navi, molto probabilmente, continueranno ad attraversare il nostro sistema
solare fintanto che riterranno sicura la rotta che hanno deciso di seguire e noi non possiamo continuare a correre il rischio di essere scoperti; finora siamo stati fortunati, ma la situazione potrebbe
facilmente precipitare. Inoltre lei mi ha promesso di esaudire ogni mia richiesta una volta che saremo ritornati nel sistema di Rigel e questo ci consente un ampio margine di guadagno, non crede?”
“Ma sa benissimo che il nostro sistema è stato saccheggiato e distrutto. Noi non abbiamo più niente
da offrirVi, non capisco proprio cosa possiate volere da noi.”
“Avevo intenzione di rivelarle le mie richieste quando tutto era finito, ma visto che è entrato in argomento gliele elencherò subito.
Primo: vogliamo che il sistema di Rigel si dimentichi della nostra esistenza e delle nostre basi. In
altre parole, dovrà dire ai rigeliani che la vostra flotta è stata sconfitta in un qualche altro settore e
che siete stati salvati da un mercantile che per puro caso stava passando vicino al campo di battaglia. Il comandante del mercantile vi ha condotto sul suo sistema natale dove il capo del governo vi
ha offerto pieno appoggio concedendovi la possibilità di utilizzare la sua più potente flotta da guerra, cioè la nostra. Quel sistema, però, ha preteso in cambio il diritto di attraversare il vostro sistema
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solare senza alcun controllo del carico dei suoi mercantili ed altre concessioni del genere che sono
certo lei sarà in grado d’inventare meglio di me.
Secondo: vogliamo poter estrarre dalle vostre miniere, o da quel che ne rimane, tremila tonnellate di
oro utilizzando i nostri mezzi e senza alcuna vostra ingerenza, tranne il controllo del peso del minerale estratto, naturalmente.
Terzo: vogliamo poter disporre di tutte le informazioni memorizzate nelle vostre banche dati, sempre che siano ancora utilizzabili. Noi siamo rimasti isolati sul nostro sistema solare per più di
vent’anni e, come lei potrà benissimo immaginare, le informazioni che abbiamo memorizzato nei
nostri computer riguardo l’assetto politico e militare della nostra galassia sono diventate ormai inutili.”
“Ritengo che siano richieste del tutto lecite, anche se la seconda mi sembra un po’ troppo elevata. Il
nostro popolo, per poter sopravvivere, avrà bisogno di tutte le risorse naturali che riuscirà ad ottenere dal suolo dei pianeti del nostro sistema solare. ConsegnarVi un quantitativo d’oro così ingente
costituisce un grande sacrificio da parte nostra. Non potete riconsiderare la Vostra richiesta diminuendo il quantitativo d’oro richiesto?”
“Mi creda signor Fallay, sarei ben felice di ridimensionare la mia richiesta, ma purtroppo non lo
posso fare. Per ragioni che non le posso rivelare, ma che sono importantissime, mi vedo costretto,
mio malgrado, a ripetere la mia richiesta senza avere la possibilità di modificarla. Noi abbiamo bisogno di quell’oro e non ne possiamo chiedere neppure un chilogrammo di meno.”
“Sono certo che quello che dice corrisponde alla verità e non posso far altro che accettare le Sue richieste, anche se questo costituirà, come ho già detto, un grave sacrificio per il nostro popolo.”
Harry guardò per qualche istante il vecchio uomo, poi ritornò alla sua postazione e vi rimase per le
successive sei ore. Durante questo tempo, Alvar e Derek impararono a manovrare i controlli della
consolle a cui erano stati assegnati, ed avevano iniziato a trovare interessante il loro compito. A dire
il vero, la loro autonomia operativa era davvero scarsa visto che quasi tutti i comandi richiedevano
una parola d’accesso per essere attivati. Il robot che li aveva istruiti continuava a sorvegliarli, permettendo loro di accedere solamente a funzioni di scarsa importanza come, per esempio, la sorveglianza della carica presente all’interno degli accumulatori energetici di una decina di sistemi sensoriali interni alla nave. Per Alvar era comunque piacevole poter lavorare e non gli interessava affatto che il suo contributo al funzionamento dei sistemi della nave fosse praticamente nullo. La sua
mente era impegnata in qualcosa e ciò lo rendeva felice.
Derek, invece, era rimasto deluso; aveva chiesto di essere assegnato a qualche mansione solamente
nella speranza di scoprire qualcosa sulla nave su cui si trovava e sulla flotta in generale. Purtroppo,
però, si era quasi subito reso conto dell’impossibilità di attuare il suo piano ed ora era costretto ad
impegnarsi in un’attività di scarso interesse per cercare di salvare almeno l’apparenza di gratitudine
che avrebbe dovuto nutrire nei confronti di Harry. Fu quindi un sollievo sentire l’ammiraglio invitare lui , Alvar ed Ennius a ritirarsi nei loro nuovi alloggi.
“Penso che sia utile per tutti cercare di riposare qualche ora. Darò ordine agli uomini di guardia di
avvertirci se ci dovessero essere delle novità, ma ritengo che la situazione non muterà prima di
qualche giorno. Penso che per voi sia inutile continuare a frequentare questo ponte fin tanto che la
nave scout non rientrerà; ciò significa che per qualche giorno sarete confinati sul ponte in cui si trovano le cabine a voi assegnate. Potrete accedere a qualsiasi alloggio o laboratorio presente su quel
ponte, ma delle sentinelle vi impediranno di accedere ad altri settori dalla nave. Mi dispiace dover
prendere questo provvedimento, ma non posso permettere che voi apprendiate troppe informazioni
riguardo la nostra flotta. Vi garantisco che se ci saranno delle novità vi farò avvertire immediatamente, ma fino ad allora vi dovrete considerare solamente degli ospiti.”
Ennius avrebbe potuto protestare, ma non lo fece. Si rese conto che in una situazione simile lui avrebbe agito allo stesso modo. L’ammiraglio era stato fin troppo paziente con loro ed era del tutto
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inutile cercare di fargli cambiare idea rischiando di far esaurire prima del tempo la pazienza e la disponibilità del ragazzo. Si limitò quindi a dire:
“Comprendiamo benissimo le Sue ragioni ammiraglio e Le garantiamo che saremo degli ospiti perfetti. Attenderemo con fiducia una Sua comunicazione; fino a quel momento cercheremo di darLe il
minor disturbo possibile. Siamo perfettamente consci dei problemi che Le abbiamo procurato e cercheremo quindi di evitare di abusare ancora della Sua pazienza.”
Harry annuì e diede gli opportuni ordini ai robot sentinella presenti sul ponte di comando. Dieci
minuti dopo i tre rigeliani si trovavano sul ponte quindici della torre della plancia1. Questo ponte
ospitava una trentina di alloggi per cinque persone ognuno, oltre a due sale ologrammi2 ed a tre laboratori di ricerca biologica. I robot sentinella mostrarono ai tre rigeliani il funzionamento di alcuni
sistemi, come il dispensatore di cibo e bevande o l’interfono che permetteva la comunicazione con i
posti di guardia situati vicino ai quattro turbo ascensori del ponte. I robot, inoltre, ribadirono ai tre
uomini che era tassativamente proibito abbandonare il ponte e che effettuare un tentativo in tal senso sarebbe stato considerato una grave violazione della sicurezza interna della nave.
Quando le sentinelle si allontanarono, Ennius raccomandò ai suoi compagni di obbedire agli ordini
ricevuti e di non cercare di fare nulla che potesse compromettere la loro situazione.
“La salvezza del nostro popolo dipende da questa flotta. Non possiamo permettere che un nostro
gesto impulsivo irriti i quattro ammiragli. Se ci tolgono il loro appoggio, per la nostra gente sarà la
fine.”
“Potremo sempre cercare altri alleati, non crede Console?”
“Questo è vero guardiamarina, ma lei dimentica che la traccia lasciata dalla nave prigione non durerà per sempre. L’ammiraglio è stato chiaro durante il nostro primo incontro: ci lasceranno andare
solamente quando saranno assolutamente certi di essere al sicuro e questo potrebbe significare aspettare anche dei giorni interi. Dobbiamo fare il possibile per impedire che questo accada.”
“Se mi permette, Console, vorrei esprimere anche la mia opinione. Io ritengo che la sua previsione
sia errata. Secondo me quei quattro ragazzi hanno un notevole interesse ad aiutarci. In fondo Lei ha
promesso loro di acconsentire a qualsiasi loro richiesta e questo li mette in una situazione particolarmente avvantaggiata. Secondo il mio punto di vista la prospettiva del guadagno ricopre ampiamente il disturbo che arrechiamo loro.”
“In effetti durante la vostra assenza l’ammiraglio Seldon mi ha esposto le sue richieste che comportano un notevole margine di guadagno.”
Derek parve particolarmente interessato; anche Alvar prestò molta attenzione a quello che aveva
detto il Console e si affrettò a chiedere:
“Possiamo sapere in cosa consistono queste richieste Signore?”
“Certamente guardiamarina. Loro ci chiedono di mantenere segreta l’esistenza della flotta, poter
estrarre un notevole quantitativo d’oro dal sottosuolo dei nostri pianteti e poter disporre dei dati
contenuti nelle nostre banche dati.”
1
Torre della plancia. La plancia di comando dell’SDF1 è posta su una torre alta cento metri, divisa in cinquanta ponti
occupati da alloggi, laboratori e magazzini. Nella parte terminale, inoltre, sono presenti due hangar navette che ospitano
ciascuno una scialuppa di salvataggio capace di ospitare fino a cinquecento persone.
2
Sala ologrammi. Stanza di cento metri quadrati le cui pareti sono completamente ricoperte di proiettori di immagini a
conversione materia-energia capaci di far comparire qualsiasi oggetto e dotandolo della stessa consistenza materiale di
un oggetto reale. La persona che utilizza la sala ologrammi è in grado di interagire con essi esattamente come se si trovasse nel mondo reale. Il computer è inoltre in grado di far apparire persone ed animali animati da intelligenza artificiale con cui si può interagire in maniera assolutamente naturale.
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“Per essere delle persone che si sentono moralmente in dovere di aiutarci pretendono una ricompensa davvero elevata. Ha intenzione di accogliere davvero tutte le richieste che Le hanno fatto?”
“Anche se le ritengo molto elevate, purtroppo non ho altra scelta Derek. Forse riusciremo a scoprire
qualcosa di più su quei quattro ragazzi, ma al momento non abbiamo altra scelta. Bisogna poi tener
presente che al momento tutte le nostre azioni devono essere volte a favorire la liberazione del nostro popolo; non possiamo concederci il lusso di pensare a niente altro. Forse, quando questa brutta
avventura sarà finita, riusciremo a ragionare con l'ammiraglio Seldon, ma per il momento la situazione è questa.”
In cuor suo, il vecchio Console sentiva che non sarebbe mai riuscito a trovare il modo per infrangere quell’accordo, ma stranamente, questo non lo preoccupava affatto.
Sebbene Ennius fosse un uomo che cercava di mantenere sempre la sua parola, a meno che non si
trovasse in circostanze particolari, quella volta non si sentiva affatto dispiaciuto di non poterlo fare,
forse perché riteneva le richieste rivoltegli troppo spropositate.
Il problema principale era costituito dalla richiesta di estrarre quella montagna d’oro: l’oro era la
moneta dell’intero universo che veniva utilizzata per i commerci tra i vari sistemi solari abitati. Ogni pianeta doveva chiedere un permesso annuale di estrazione indicante a chiare lettere la massima
quota di minerale estraibile durante l’anno. La quota assegnata a ciascun pianeta teneva conto di vari fattori, tra cui la crescita economica prevista per l’anno preso in considerazione e le esigenze ed il
livello economico raggiunto al momento della domanda. Tutto questo era necessario per evitare che
il metallo prezioso si deprezzasse in seguito ad una sua massiccia estrazione. Del resto, non erano
certo mancati casi di frode in tal senso che avevano determinato non pochi problemi, sfiorando, a
volte, una totale crisi economica causata da una sovrapproduzione di oro che.
Era quindi chiaro che per la ricostruzione del sistema di Rigel sarebbe occorso ogni grammo d’oro
presente nelle miniere dei dodici pianeti e permettere che degli estranei ne estraessero tremila tonnellate costituiva una grave perdita che forse si sarebbe rivelata mortale per il futuro del popolo rigeliano.
Ennius provava sentimenti contrastanti. Da un lato avrebbe voluto rispettare la parola data, ma
dall’altro avrebbe voluto impedire che Harry ed il suo equipaggio estraessero anche un solo grammo d’oro dal suolo dei suoi pianeti. Alla fine decise di aspettare lo svolgersi degli eventi; forse agendo in questo modo la soluzione del problema si sarebbe presentata da sola, ma questo suo pensiero non lo convinceva per niente.
I giorni che seguirono passarono lenti mentre la tensione che i tre rigeliani provavano continuava ad
aumentare. La situazione sembrava dovesse precipitare da un momento all’altro, con Alvar sempre
più impegnato a studiare strani piani d’azione volti ad ottenere l’accesso ad altri ponti e con Derek
che incominciava ad essere influenzato dal giovane guardiamarina, anche se il suo attaccamento al
Console riusciva ancora a frenare la sua voglia di azione.
Già quindici ore dopo che le guardie presero posto ai lati dei turboascensori il giovane soldato rigeliano aveva iniziato a diventare irrequieto. Evidentemente, il suo limite di sopportazione era stato
raggiunto e superato e questo costituiva un grave problema. Sia Ennius che Derek avevano cercato
di farlo calmare, ma non vi erano riusciti. Alvar era deciso ad esplorare il resto della nave per tentare di scoprire tutto quello che Harry gli aveva tenuto nascosto. Voleva costringerlo a mettere a disposizione del governo rigeliano le sue navi senza pretendere nulla in cambio. Iniziò quindi a darsi
da fare: per prima cosa esplorò ogni angolo del ponte sul quale era tenuto prigioniero cercando
qualsiasi cosa gli sarebbe potuta essere utile, ma trovò solo dei laboratori di bio-tecnologia e di manipolazione genetica le cui attrezzature non potevano fornirgli alcun aiuto.
Decise quindi ci cercare di distrarre le guardie e intrufolarsi di nascosto a bordo di un turboascensore, ma fortunatamente Derek riuscì a fermarlo in tempo, sorprendendolo mentre cercava di appiccare un incendio ad uno dei laboratori biologici. Il ViceConsole decise di non riferire nulla al suo su65
periore; tentò invece di far ragionare il suo amico spiegandogli per l’ennesima volta quanto fosse
importante l’aiuto di Harry e delle sue navi.
“Devo ammettere, Alvar, che ho incontrato davvero poche persone cocciute come te. Ti rendi conto
del fatto che posso denunciarti al Console con l’accusa di alto tradimento e disubbidienza agli ordini di un tuo superiore?”
“Se ti stai riferendo ai tuoi ordini, mi dispiace ma non ho nessuna intenzione di obbedirti. Forse su
Rigel-I tu eri il ViceConsole, ma qui sei solamente il mio amico Derek e niente altro. Solamente il
Console ha l’autorità di impartire ordini alle forze armate rigeliane senza avere l’appoggio del Gran
Consiglio dei Dodici, quindi, come puoi vedere, tu non hai nessuna autorità su di me.”
“Al contrario invece: il Console stesso mi ha pregato di tenerti sotto controllo e di impedirti di compiere qualche sciocchezza.”
“E con questo? Non ti ha dato l’autorizzazione esplicita a darmi degli ordini e questo mi basta.
Dannazione Derek, vuoi ascoltarmi per un solo secondo?!
Sai benissimo anche tu che fino a quando non ne sapremo di più sull’ammiraglio Seldon e sulla sua
flotta dovremo obbedire ciecamente ai suoi ordini e sottostare a tutte le sue richieste. Il Console ha
il timore di perdere il suo appoggio e questo gli impedisce di agire per il bene del nostro popolo.
Solamente se riusciremo ad ottenere lo stesso potere dell’ammiraglio riusciremo a far sentire anche
le nostre ragioni. Credimi, non lo faccio per me stesso o per placare la mia sete di violenza; non mi
diverto affatto a ficcarmi nei guai, o perlomeno in questo genere di guai, ma non ho altra scelta.
Tutte le persone tenute prigioniere possono contare soltanto su di noi per riottenere la libertà e noi
non possiamo deluderle. Non dobbiamo deluderle.”
Alvar guardò fisso negli occhi Derek sperando che le sue parole fossero servite a creare una breccia
nella sicurezza del ragazzo.
“Anche ammettendo che tu abbia ragione, cosa hai intenzione di fare? Vuoi forse iniziare una rivolta sperando di sopraffare tutto l’equipaggio di questa nave per poter dettare legge? Il tuo piano fallirebbe di sicuro; non riusciresti nemmeno ad abbandonare questo ponte.”
“Lo so benissimo, ed infatti non ho intenzione di cercare lo scontro diretto. Mi limiterò a dare
un’occhiata in giro nella speranza di trovare qualche informazione utile, tutto qui. Senti Derek, se
davvero ti interessa la sorte del nostro popolo, ti prego, ti supplico: aiutami. Dammi una mano ad
abbandonare questo ponte e ti assicuro che non te ne pentirai.”
Derek rimase zitto per parecchi minuti continuando a fissare gli occhi di Alvar. La sua espressione
era tesa ed irrequieta. Alla fine disse:
“Forse sto impazzando, ma sento che hai ragione tu. Io ho sempre considerato l'ammiraglio un uomo privo di scrupoli, capace di qualsiasi cosa pur di raggiungere i suoi scopi e non vedo perché io
debba obbedire ai suoi ordini.”
“E gli ordini del console?”
“Se avremo successo nella nostra impresa, il Console non potrà obiettare nulla. Noi agiamo
nell’interesse del popolo rigeliano ed è questo che conta per me.”
“Ottimo amico mio. Per prima cosa mi devi aiutare a creare un qualche diversivo per distrarre quei
maledetti robot, dopo di ché ci introdurremo in un turboascensore e raggiungeremo un altro ponte.”
“Ottimo piano, anche se è pieno di lacune. Innanzitutto, che genere di diversivo hai intenzione di
utilizzare per coprire la nostra fuga? Di certo non puoi appiccare un incendio a bordo; questo atto
sarebbe considerato un grave affronto dall’ammiraglio Seldon e sono sicuro che non esiterebbe a
scaricarci abbandonandoci a bordo della nostra scialuppa di salvataggio. Dobbiamo trovare qualche
altro stratagemma molto più astuto.”
“Va bene cervellone, immagino che tu abbia già in mente qualche idea, o mi sbaglio forse?”
“In effetti un’idea ce l’avrei, ma forse è troppo azzardata per poter funzionare.”
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“Credi forse che io abbia paura?”
“No di certo; sto soltanto dicendo che le probabilità di riuscita sono scarse.”
“Per me sono più che sufficienti. Allora, cosa dovremmo fare?”
“Innanzitutto dobbiamo andare in una sala ologrammi.”
“E cosa dobbiamo fare in una sala ologrammi?”
“Abbi fede amico mio.”
Detto questo, Derek si diresse verso la più vicina sala ologrammi e vi entrò seguito da Alvar.
“Allora, ti vuoi decidere a dirmi quello che hai in mente?”
“Abbi un po’ di pazienza, ti prego. Fra qualche minuto di sarà tutto chiaro.”
Detto questo Derek iniziò ad manovrare i comandi del computer mentre Alvar camminava nervosamente in mezzo alla sala. Dopo dieci minuti, il giovane ViceConsole disse:
“Sono pronto Alvar. Adesso vedrai come ho intenzione di distrarre le guardie.”
Il soldato fece per avvicinarsi all’amico, ma dopo pochi passi sbatté contro un campo di forza del
tipo utilizzato nelle prigioni per chiudere l’entrata delle celle, ed in effetti Alvar si trovava proprio
in una cella riprodotta perfettamente dal computer.
“Ma che razza di scherzo è questo Derek! Liberami subito oppure dovrai vedertela con me!”
“Mi dispiace, ma non ho alcuna intenzione di lasciarti andare, non prima di aver finito di fare quello
che ho in mente. Credimi, quando uscirai da questa sala ologrammi ti sentirai un altro uomo.”
“Io invece di garantisco che quando uscirò da questa cella ti spaccherò la faccia traditore! Non avrò
pace fino a quando non ti vedrò a terra con tutte le ossa rotte.”
Derek fece un sorriso di scherno in direzione di Alvar e si chinò nuovamente sui comandi del
computer. In pochi minuti la cella nella quale era rinchiuso il guardiamarina si riempì di un potente
gas soporifero che fece svenire Alvar. A questo punto, Derek fece in modo di far sentire all’amico
dei messaggi subliminali in modo da fargli dimenticare tutti i suoi folli propositi e, naturalmente,
quanto era accaduto dopo il suo tentativo di appiccare l’incendio. Derek era ben conscio del fatto
che se Alvar avesse ricordato, lui avrebbe passato di sicuro un bruttissimo quarto d’ora.
Nel frattempo Ennius, del tutto inconsapevole dell’accaduto, cercava di isolarsi il più possibile da
quello che gli accadeva intorno. Dopo aver dato a Derek l’incarico di sorvegliare Alvar e di avvertirlo se avesse combinato qualcosa di grave, si era ritirato nella sua cabina per cercare di riposare.
Anche se odiava ammetterlo, Ennius era ormai vecchio ed il suo organismo aveva bisogno di riposo
per poter riacquistare le energie spese durante quei giorni. Era triste per lui pensare che solamente
qualche anno prima non avrebbe avuto nessuna difficoltà a sostenere la situazione dormendo solamente qualche ora per notte, ma purtroppo, pensò il Console, il tempo scorreva inesorabile e non
aveva pietà di nessuno.
Si avviò quindi verso il suo alloggio che raggiunse in poco tempo; non appena la porta automatica
si aprì, Ennius provò per un istante lo stesso stupore che aveva provato la prima volta che aveva visto l’interno della sua cabina. Il lusso e le comodità che caratterizzavano le tre stanze del locale lo
rendevano degno di essere occupato da un reggente di settore, ma non certo da un semplice console
come lui.
Appena entrati ci si ritrovava in un ampio soggiorno di forma circolare illuminato a giorno da
lampade poste ad intervalli regolari sulla parete, vicino al soffitto. Di fronte alla porta d’ingresso
c’era un dispensatore di bevande e di cibo con un menù molto ricco che poteva soddisfare anche i
gusti più sofisticati. Non molto distante vi erano quattro comode poltrone ed un tavolo con
incorporato un piccolo computer ed un interfono che permettevano di effettuare moltissime
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un piccolo computer ed un interfono che permettevano di effettuare moltissime operazioni, anche se
i tre rigeliani, non conoscendo le parole chiave necessarie per sbloccare i sistemi di sicurezza, avevano accesso solamente a qualche sottoprogramma di nessuna importanza.
Dando le spalle alla porta di ingresso, sulla sinistra, si apriva la porta che permetteva di accedere
alla camera da letto, mentre sulla destra si potevano osservare graziosi quadri rappresentanti paesaggi naturali.
Ennius si distese sul letto, costituito da un generatore di campo di forza che faceva fluttuare il corpo
di chi lo utilizzava a mezzo metro da terra inclinandolo leggermente in modo da favorire il deflusso
del sangue dal cervello verso il cuore. Prima di addormentarsi osservò distrattamente la porta aperta
della terza ed ultima stanza dell’alloggio. Era un piccolo bagno che comprendeva i servizi igienici,
una vasca da bagno ed anche un piccolo boxe doccia con asciugatore a getto d’aria calda. Si rigirò
sul fianco sinistro ed osservò il piccolo armadio posto di fronte al generatore di campo di forza che
conteneva qualche uniforme e dei cambi di biancheria forniti dai robot sentinella. Chiuse gli occhi e
si addormentò, ma il suo sonno non fu affatto tranquillo.
Ennius si ritrovò a galleggiare nello spazio. Riusciva a respirare nonostante non avesse la tuta spaziale, ma lui non ci fece troppo caso. Era intento ad osservare una moltitudine di navi stellari in lontananza che si stavano avvicinando velocemente. Un istante più tardi si ritrovò su Rigel-VII, nel suo
villaggio natale. Vide chiaramente gli stabilimenti minerari dove lavoravano i suoi genitori ed il
grande monte Syrom che si stagliava all’orizzonte con la sua particolare sagoma a forma di kahboh1. Iniziò a girovagare tra i semplici moduli abitativi dell’insediamento e si ritrovò davanti a
quello che per i primi venti anni della sua vita aveva considerato la sua casa, tuttora occupato dai
suoi genitori che avevano continuato a vivere in quel piccolo villaggio anche quando lui era stato
nominato Console. Si ricordò benissimo del giorno in cui l’aveva abbandonata per entrare come volontario nell’accademia spaziale rigeliana su Rigel-II seguendo il suo grande sogno di diventare
comandante di una nave spaziale. Si ricordò del pianto triste di sua madre e del fermo rifiuto di suo
padre a concedergli il permesso di andare, ma Ennius una notte scappò di casa e si imbarcò su una
nave mercantile diretta verso Rigel-II dove si arruolò.
Con un po' di esitazione varcò la soglia, ma invece di vedere il piccolo ambiente di color bianco latte che era sempre presente nei suoi più cari ricordi, si ritrovò di nuovo nello spazio. Stava orbitando
a migliaia di chilometri intorno a Rigel-VII, ma riusciva comunque a vedere quello che stava avvenendo sulla sua superficie. Intorno al pianeta c’erano le stesse navi che aveva visto all’inizio del sogno. Vide poi i potenti fasci di plasma attraversare l’atmosfera del pianeta e schiantarsi al suolo distruggendo laghi, foreste, pianure.
Infine vide il suo villaggio completamente distrutto; le strutture minerarie che si elevavano orgogliose verso il cielo erano state ridotte in un cumulo di macerie ancora arroventate. Tutti gli abitanti
erano morti. Vide benissimo i corpi dei suoi genitori riversi al suolo in mezzo alla grande piazza del
paese ed accanto a loro vide anche il suo corpo dilaniato da un’esplosione che veniva divorato dai
roditori e da ogni genere di insetto.
Ennius si svegliò ansimando. Era sudato ed il cuore gli stava battendo velocemente. Gli ci volle
qualche momento prima di ricordare dove si trovasse. Si guardò in torno e vide il viso di Derek chino su di lui con un’espressione molto preoccupata.
“Tutto bene Console?”
“Sì Derek, ho fatto un brutto sogno, ma ora sto bene. Che cosa vuoi?”
“L’ammiraglio chi ha chiamati Console; sembra che la nave esploratrice sia ritornata dalla sua missione.”
1
Kahboh. Animale da traino indigeno del pianeta, utilizzato dagli agricoltori e dai minatori per le sue sorprendenti doti
di resistenza, forza e mansuetudine.
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Fu con sollievo che il vecchio politico accolse la notizia del rientro dell’NS1. Una volta che si fu
lavato e cambiato, Ennius raggiunse i suoi due compagni e si affrettò a presentarsi sul ponte di comando dell’ammiraglia di Harry.
Appena li vide, Harry li accolse con un sorriso notando come le uniformi da lavoro che indossavano
davano ai tre un aspetto più dignitoso rispetto agli strani abiti che provenivano dalla loro scialuppa
di salvataggio. Senza perdere ulteriore tempo, disse:
“Accomodatevi pure signori. Daneel vi esporrà quanto ha scoperto durante la sua missione.”
Derek, seguendo il gesto di indicazione dell’ammiraglio, osservò il grande robot che si trovava esattamente di fronte alla postazione rialzata. Era alto più di due metri ed aveva gli occhi che emanavano una luce azzurra molto intensa. Derek trovò molto strano il fatto che fosse un robot a fare rapporto all’ammiraglio e non il comandante della nave scout, che di sicuro doveva essere un essere
umano. Anche l’espressione che aveva usato, ‘la SUA missione’, gli sembrava molto strana.
“Signore, sono pronto ad esporre il mio rapporto.”
“Procedi Daneel.”
“Mezz’ora dopo il nostro decollo la nave prigione è entrata nel raggio d’azione dei nostri sensori
passivi e vi è rimasta fino a quando non ha raggiunto il punto di fuga temporale vicino ad un buco
nero nel settore 44587. Noi l’abbiamo seguita fino a quando siamo riusciti a calcolare il punto di
rientro nel normale spazio-tempo, quindi abbiamo interrotto l’inseguimento ed abbiamo utilizzato i
motori temporali per raggiungere la nave nemica. Fortunatamente i nostri calcoli erano abbastanza
precisi e siamo riusciti a ristabilire il contatto con il nostro obbiettivo in poco tempo. Pochi minuti
più tardi i nostri sensori hanno rilevato la presenza di una flotta di navi leggere che stava seguendo
una rotta di intercettazione con il nostro contatto. Pochi istanti più tardi anche la flotta Gamma, che
evidentemente continuava a precedere la nave prigione, è entrata nel nostro campo sensoriale dirigendosi verso la flotta sconosciuta e, una volta raggiunta, ha ingaggiato battaglia mentre la nave
prigione proseguiva verso la sua destinazione. Tre giorni più tardi abbiamo raggiunto un sistema solare costituito da una nana bianca e da tre pianeti. Secondo quanto abbiamo appreso, quello è il sistema natale del nostro nemico. Solamente i due pianeti più esterni sono abitati; essi presentano
un’atmosfera totalmente ostile alla vita e sulla loro superficie sono presenti solamente poche costruzioni. Dai dati raccolti abbiamo motivi di ritenere che la civiltà che ospitano si sia evoluta sotto
la loro superficie anche se il motivo di questa scelta ci è del tutto sconosciuto.
Devo inoltre segnalare un fatto che non siamo riusciti ad analizzare: si tratta di un brano di una comunicazione stabilita tra il secondo pianeta e la nave prigione. In questa comunicazione si fa riferimento all’attacco subito e lo si attribuisce ai così detti ‘ribelli umani’. In un primo momento noi siamo giunti alla conclusione che ci eravamo imbattuti in una intelligenza aliena alla nostra galassia
ma abbiamo scartato quest’idea in quanto il la comunicazione era effettuata in un corretto linguaggio galattico standard. Abbiamo quindi deciso di sottoporre alla Sua attenzione, signore, il problema.”
Harry rimase pensieroso per qualche minuto mentre continuava a fissare il grande robot grigio che
rimase del tutto indifferente ed inespressivo.
“Ottimo lavoro Daneel. Non appena avrai completato di redigere il rapporto scritto fate rientro su
Ganimede e completate le procedure standard. Se riusciremo a scoprire qualcosa di interessante riguardo il problema che mi hai sottoposto farò in modo di dartene comunicazione.”
Daneel ringraziò il suo superiore e si ritirò all’interno del turboascensore insieme al suo compagno
Eto.
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I tre rigeliani erano rimasti molto sorpresi da quello che avevano udito, ma Ennius era anche molto
preoccupato del fatto che la nave prigione si era diretta verso un buco nero. disse quindi:
“Il rapporto che abbiamo udito non mi è sembrato del tutto chiaro. Secondo quel robot, la nave prigione si è diretta verso un buco nero fino a raggiungere il ‘punto di fuga temporale’, per poi ‘materializzarsi’ in un altro punto dello spazio e proseguire la sua rotta. Non riesco a comprendere in che
modo questo sia potuto accadere.”
“Per ovvie ragioni di segretezza non posso entrare nei dettagli, posso comunque fornirvi alcune informazioni per permettervi di farvi un’idea della situazione. Lei, signor Fallay, ha detto che la nave
prigione si è materializzata in un altro punto dello spazio. Questo non è del tutto esatto: in questo
caso si deve parlare di spazio-tempo. In altre parole, la nave prigione ha utilizzato la forza di gravità
del buco nero per viaggiare nello spazio e nel tempo raggiungendo in questo modo un altro luogo
ed un’altra epoca.”
Alvar, che si riteneva un buon conoscitore delle leggi fisiche che governano l’universo, si alzò e
protestò ritenendosi offeso per quello che aveva udito:
“Nessuna nave può sopravvivere se entra nell’orizzonte degli eventi di un buco nero. È fisicamente
impossibile che la sua struttura rimanga integra. Anche se sta viaggiando nel sub-spazio, l’enorme
attrazione gravitazionale del buco nero ne farebbe deviare la rotta facendola dirigere direttamente al
suo interno. Quando il campo gravitazionale diventa troppo intenso il campo d’integrità strutturale
della nave si dissolve e la nave svanisce nel sub-spazio essendo entrata in contatto con le sue leggi
fisiche.”
“Grazie per il suo contributo signor Cresh, ma questi concetti di fisica quantistica sono un po' troppo obsoleti per noi: se la nave entra nel buco nero seguendo la giusta orbita mentre sta viaggiando
nel sub-spazio e se il suo campo strutturale è abbastanza potente potrebbe riuscire a creare una distorsione sub-spaziale anomala che le permetterebbe di viaggiare nel tempo.”
Adesso furono Ennius ed Derek ad alzarsi e girarsi di scatto verso Harry mentre Alvar diceva:
“È un’assurdità, Signore. I viaggi nel tempo sono fisicamente impossibili in quanto implicherebbero
una diminuzione di entropia, fatto che è inconcepibile anche per un’astronave che viaggi nel subspazio. È vero che le leggi fisiche sub-spaziali sono completamente diverse rispetto a quelle presenti nel nostro universo, ma i viaggi nel tempo rimangono comunque inconcepibili. Se una nave spaziale, cioè un sistema caratterizzato da un determinato livello di entropia, viaggiasse indietro nel
tempo di un secolo, verrebbe a contatto con un universo caratterizzato da un livello di entropia inferiore e questo creerebbe un paradosso nel secondo principio termodinamico che è inammissibile.
Naturalmente, lo stesso paradosso si avrebbe se la nave viaggiasse di un secolo nel futuro dove entrerebbe in contatto con un livello di entropia maggiore del suo.”
Harry sorrise e disse scherzosamente:
“Lei ha superato l’esame con successo signor Cresh, anche se le sue informazioni non corrispondono completamente al vero. Quando la nave rientra nello spazio normale dopo aver viaggiato, ad esempio, indietro nel tempo di un secolo, il residuo transitorio del suo campo d’integrità strutturale,
entrando in contatto con il nuovo livello d’entropia, genera una serie di interazioni quantistiche che
hanno come risultato finale un adeguamento dell’entropia della nave al nuovo valore presente
nell’universo: i generatori del campo strutturale della nave ricevono energia dal resto dell’universo
con cui la neve è entrata in contatto e ciò provoca una diminuzione dell’entropia della nave, nel rispetto dell’equazione E=MC². Se invece una nave viaggiasse nel futuro, si avrebbe la comparsa di
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materia vicino allo scafo della nave a scapito dell’energia prodotta dai generatori del campo
d’integrità.
Come vede, i viaggi nel tempo sono fisicamente possibili, anche se questo non vuol dire che realizzarli sia facile.”
“In pratica Lei ci sta dicendo che i rigeliani prigionieri sono stati trasportati in un’altra epoca.”
“Esattamente signor Fallay. Per essere più precisi, la nave prigione ha viaggiato nel futuro per settecento anni e poi si è diretta verso il sistema solare oggi chiamato Camantos-VI, nella costellazione
dell’Idra.”
“Quindi non abbiamo più speranze di poter salvare il nostro popolo. Per loro ormai tutto è perduto.”
“Non è assolutamente vero Console. Non è affatto vero che tutto è perduto. Il fatto che il nostro
nemico abbia trasportato i prigionieri nel futuro renderà il salvataggio più lungo, ma di certo non
impossibile. Allo stato attuale mancano ancora settecento anni prima che la nave prigione rientri alla base. ciò ci dà un notevole vantaggio, non crede anche lei?”
“Ma come possiamo raggiungerli ammiraglio? Ha forse intenzione di lanciare tutta la Sua flotta
contro un buco nero sperando che riesca a superare il tremendo campo gravitazionale e a creare la
distorsione necessaria per viaggiare nel tempo?”
“Niente di tutto questo. Fortunatamente per noi, Manella è un superbo ingegnere, nonché un ottimo
scienziato. Lei è riuscita a ricavare le equazioni matematiche che descrivono i fenomeni che regolano i viaggi temporali ed è così riuscita a costruire dei motori capaci di riprodurli. La nostra flotta è
in grado di raggiungere qualsiasi epoca noi desideriamo, ma utilizziamo il meno possibile questa
nostra facoltà.”
Derek rimase pensieroso per qualche istante mentre guardava i suoi due compagni ancora increduli,
poi espresse l’idea che gli era balenata nella mente credendo che avrebbe lasciato tutti a bocca aperta:
“Scusi ammiraglio, ma se quello che ci ha detto è vero, se cioè Voi riuscite davvero a viaggiare nel
tempo, allora il nostro problema non sussiste: ci basterà tornare indietro nel tempo di tre settimane e
mettere in guardia il sistema di Rigel dall’attacco che subirà. In questo modo potremmo salvare milioni di vite innocenti.”
“In linea di principio è un’ottima idea signor Parrel, ma sfortunatamente per voi, noi non abbiamo
nessuna intenzione di fare quello che lei ha suggerito. I viaggi nel tempo non possono essere effettuati con leggerezza; prima di intraprenderne uno devono essere considerate tutte le potenziali varianti che esso introduce nella storia che noi conosciamo. Modificare un evento in una data epoca
può causare effetti imprevedibili sulla linea temporale del futuro. È per questo che noi cerchiamo di
utilizzare il meno possibile questa nostra facoltà e comunque, quando ne facciamo uso, viaggiamo
sempre nel futuro e mai nel passato. Molto probabilmente utilizzeremo i motori temporali per raggiungere l’epoca in qui sono stati condotti i vostri compagni, ma non ritorneremo in questo anno
quando la nostra missione sarà terminata.”
“Che cosa sta cercando di dirci ammiraglio?”
“Semplicemente, signor Fallay, che una volta liberati i prigionieri, voi sarete condotti su di un sistema abitato e lì sbarcati. Voi vivrete nel futuro e non farete più ritorno in questa epoca..”
“Ma nel futuro noi saremo degli sconosciuti, dei profughi che verranno ospitati a malavoglia da
qualsiasi governo. Agendo in questo modo Lei ci costringerà a vivere ai margini della società come
dei poveri esuli.”
“Non si disperi Console. Penso di aver trovato una soluzione anche per questo problema. Le assicuro che lei ed il suo popolo non farete quella fine, glielo garantisco. Le chiedo solamente di fidarsi di
noi.”
“Non vedo altre alternative ammiraglio.”
“Ed infatti non ce ne sono Console e con questo io ritengo chiuso l’argomento: non ci possono essere ripensamenti da parte nostra e non esistono soluzioni alternative. Noi non possiamo ritornare nel
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passato una volta liberati i prigionieri. Se lo facessimo si creerebbe un paradosso temporale con
conseguenze assolutamente imprevedibili e noi non possiamo correre questo rischio.
Cambiando discorso, volevo sottoporre alla vostra attenzione un particolare del rapporto che ci ha
esposto Daneel, e cioè il fatto che nel messaggio intercettato si faccia riferimento ai ‘ribelli umani’.
Come mi ha già fatto notare il robot, un’espressione del genere sembrerebbe essere stata pronunciata da qualcuno che non appartiene alla nostra specie. In prima analisi potremmo quindi supporre che
i nostri nemici siano degli alieni provenienti da un’altra galassia, visto che nella nostra l’unica forma di vita intelligente è l’uomo.”
“Il Suo ragionamento è perfettamente logico ammiraglio. Quindi ora sappiamo che abbiamo di
fronte degli invasori provenienti da un’altra galassia e che molto probabilmente hanno intenzione di
conquistare la nostra.”
“Aspetti solamente un istante, la prego signor Fallay. Da quello che ha appena detto vedo che anche
lei è caduto nello stesso errore di Daneel. L’aggettivo ‘umani’ le ha fatto subito pensare di trovarsi
di fronte ad un’intelligenza completamente aliena alla nostra galassia. Se così fosse, allora anche la
cultura sviluppata da questa civiltà dovrebbe essere del tutto incompatibile con la nostra, eppure il
messaggio intercettato era formulato in un corretto linguaggio galattico standard, il che è un fatto
assolutamente incompatibile con la teoria che vi ho esposto poc’anzi.”
“Allora Lei che cosa suggerisce? Chi è il nostro nemico?”
“Purtroppo penso di sapere anche fin troppo bene chi è il nostro nemico, ma ancora non voglio pronunciarmi: c’è ancora una parte di me che spera con tutte le sue forze che la mia idea sia totalmente
sbagliata, anche se le speranze in tal senso sono minime. Comunque sia signori, non posso prendere
nessuna decisone prima di aver contattato gli altri ammiragli ed aver discusso con loro.”
Detto questo fece aprire un canale di comunicazione con le altre tre ammiraglie della flotta per discutere sul da farsi. Alla fine venne presa la decisione di ordinare il decollo immediato della flotta.
Per il Console ed i suoi due compagni le ore che precedettero il decollo furono snervanti.
Tutt’intorno a loro l’attività procedeva frenetica. I quattro ammiragli, che rimanevano in contatto
attraverso video-conferenza, continuavano ad impartire istruzioni ai robot presenti sul ponte delle
rispettive ammiraglie i quali manovravano velocemente i comandi sulle varie consolle. Ennius si
immaginò i corridoi dell’ammiraglia pieni di robot e di uomini che si dirigevano veloci verso le loro
postazioni. Non sapeva quante navi facessero parte della flotta comandata dai quattro ragazzi, né
sapeva a quale sistema solare appartenessero. L’unica certezza che aveva era il fatto che loro erano
la sua unica speranza di poter portare in salvo i suoi compatrioti rapiti. Era comunque essenziale,
visto lo svolgersi degli eventi, che avesse ulteriori informazioni riguardo la flotta che si stava preparando a decollare. Si decise quindi a chiedere delle informazioni cercando di essere il più diplomatico possibile:
“Scusi ammiraglio, ma vorrei farLe una domanda. Visto che ormai avete deciso di entrare in azione,
vorrei sapere quante navi fanno parte della Vostra flotta, sempre che me lo possa dire.”
“Normalmente signor Fallay le risponderei di no, ma visto che ci apprestiamo a combattere il vostro
nemico mi sento in dovere di dirvelo. La nostra flotta è composta da quattro corazzate stellari:
l’SDF1, l’SDF2, l’SDF3 e l’SDF4 e da centocinquanta navi di varia dimensione e funzione.”
“Una gran bella flotta. Speriamo soltanto che la sua sorte non sia la stessa di quella della nostra flotta”
Tryma, in collegamento dall’SDF3, si affrettò a ribattere dicendo:
“Di questo ne sono più che sicura. I miei ingegneri hanno progettato e costruito queste navi utilizzando le tecnologie più avanzate a nostra disposizione. Io stessa ho apportato continue modifiche ai
sistemi ogni qual volta il nostro settore ricerche riusciva a scoprire qualcosa di nuovo.”
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“È vero. Tryma ha continuato a modificare i sistemi rendendo queste navi praticamente imbattibili.
”
“Adesso non esagerare Harry. Ho semplicemente fatto il mio dovere.”
I due si guardarono sorridendo, ma le loro espressioni ritornarono immediatamente serie e si rimisero al lavoro.
Tre ore dopo che l’ordine di preparare la flotta fu impartito, Tryma segnalò agli altri ammiragli che
tutte le navi erano pronte alla partenza.
“Le squadre di manutenzione delle basi sono ai loro posti. È tutto pronto, aspettiamo solamente il
tuo segnale.”
“Postazione tattica: situazione.”
“I sensori a lungo raggio non rivelano la presenza di nessuna nave Signore. Tutti i sistemi sono operativi al 100%. I dispositivi di mascheramento del Sistema sono operativi al 100%. La flotta è pronta alla partenza.”
“Attenzione, a tutte le navi. Decollo immediato. Non appena le procedure di decollo saranno terminate, entrare immediatamente in formazione ed aspettare ulteriori istruzioni.”
Le ragazze diedero ricevuta dell’ordine e chiusero il contatto mentre i robot presenti sul ponte di
comando iniziavano le procedure per il decollo dell’SDF1. Pochi istanti dopo un leggero ronzio,
provocato dai giganteschi motori ad induzione gravitazionale, si propagò per tutta la nave mentre il
grande schermo del ponte di comando mostrava ciò che le telecamere poste a prua della grande corazzata inquadravano. Si videro le pareti lisce di un hangar scivolare lentamente verso il basso, ma
in realtà tutti erano ben cosci del fatto che era la nave a muoversi verso il soffitto dell’hangar.
Quando lo raggiunse, la grande nave entrò nella camera stagna il cui portellone si richiuse non appena la corazzata fu completamente entrata.
“Ci vorrà qualche minuto di pazienza signori. L’hangar si trova ad una pressione zero ed è quindi
necessario entrare in una camera stagna prima di poter uscire. Non appena la pressione si sarà stabilizzata, i portelloni esterni si apriranno e noi potremo decollare.”
Come aveva detto l’ammiraglio, dopo sei minuti la corazzata iniziò nuovamente a muoversi guadagnando velocemente l’uscita dell’hangar. All’esterno stava infuriando una tempesta; la pioggia cadeva violentemente mentre grandi fulmini si scaricavano al suolo. La nave di Harry aumentò la sua
velocità di ascesa e presto si ritrovò nello spazio aperto. A questo punto lo schermo diventò di nuovo nero.
“Ci vorrà circa un’ora prima che tutte le nostre navi siano decollate ed abbiano raggiunto la loro posizione nella formazione di crociera. Nel frattempo vi consiglio di rilassarvi e di godervi gli ultimi
istanti di quiete prima dell’inizio della missione.”
Come previsto, cinquanta minuti dopo tutta la flotta era disposta in formazione e pronta alla partenza. Harry diede ordine di entrare nel sub-spazio a fattore 2.0 e di riattivare la visione sullo schermo
gigante.
Il panorama che ora si poteva osservare sullo schermo gigante era molto suggestivo. Si vedevano
una miriade di stelle distribuite quasi uniformemente su un grande e profondo sfondo nero. Man
mano che la velocità si approssimava a quella della luce i puntini luminosi iniziavano ad allungarsi
formando bastoncini di luce sempre più lunghi e sottili che sfrecciavano lungo i bordi dello schermo ad una velocità sempre maggiore fino a quando la grande nave riuscì a squarciare il continuum
spazio-temporale e si ritrovò nel sub-spazio. Qui lo scenario praticamente non esisteva: qualsiasi
tipo di radiazione, quindi anche la luce, proveniente dall’universo parallelo si dissolveva quando
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veniva a contatto con il campo di integrità strutturale della nave. In pratica non si riusciva a vedere
nulla nel sub-spazio, tranne il buio assoluto, anche se probabilmente l’aspetto di questo universo
era molto diverso da quello.
“È sconcertante, non è vero Console? Anche se ho viaggiato molte volte nel sub-spazio non riesco
ancora ad abituarmi a quell’immenso nulla.”
“Nemmeno io riesco ad abituarmici ammiraglio. A proposito, era da molto che volevo farLe questa
domanda: perché ha deciso di utilizzare dei robot nella plancia di comando al posto degli uomini
del suo equipaggio?”
“Per il semplice motivo che il mio equipaggio, come del resto quello di tutte le altre navi della flotta, è costituito interamente da robot. Gli unici esseri umani siamo io e gli altri tre ammiragli.”
“Mi sta forse dicendo che tutto è affidato ai robot? È davvero notevole. Sui nostri pianeti gli uomini
hanno convissuto da sempre con i robot, ma nessuno aveva mai pensato di utilizzarli come equipaggio per le navi spaziali.”
“Mi sorprende. I robot sono un equipaggio fantastico. Non hanno sentimenti o bisogni fisiologici
che intralcino il loro lavoro. Attraverso i loro comunicatori iper-onda possono tenersi costantemente
in contatto tra loro e con il computer centrale. Il loro livello di efficienza è massimo, irraggiungibile
da un equipaggio umano.”
“È anche vero che i robot non possono fare del male ad un essere umano ed hanno il compito di impedire in qualsiasi maniera che ad un essere umano sia arrecato danno. La prima legge li rende totalmente inadatti all’impiego sulle navi spaziali visto che ci sono situazioni nelle quali è praticamente obbligatorio l’uso della forza. Se voi tentaste di attaccare delle navi con degli uomini a bordo
i vostri robot vi si rivolterebbero contro tentando di proteggere i vostri stessi nemici. Quindi ammiraglio mi vorrà scusare se non capisco come voi riusciate a combattere pur avendo gli equipaggi
delle vostre navi interamente costituiti da robot, è assolutamente assurdo.”
“Perché dice questo? Non vedo il motivo che dovrebbe spingere i nostri robot a rivoltarsi contro di
noi durante un combattimento.”
Poi, come se improvvisamente avesse avuto una folgorazione disse:
“Credo di aver capito l’origine del nostro malinteso: evidentemente i vostri robot sono ancora condizionati dalle tre leggi standard della robotica. Credevo che ormai fossero state abbandonate, ma
evidentemente mi sbagliavo.”
Ennius impallidì visibilmente e per un istante guardò Harry con uno sguardo spaurito.
“Vuole forse dirmi che i robot che operano a bordo della Sua nave non sono governati da alcuna
legge?”
“Si tranquillizzi signor Fallay; i nostri robot sono governati da quattro leggi, ma sono leggi diverse
da quelle che voi conoscete. Vede, quando è stata costruita questa flotta si è deciso di dotarla di un
equipaggio formato sia da uomini che da robot. Al tempo della sua costruzione questa flotta era
considerata all’avanguardia sotto qualsiasi profilo tecnologico e per questo si era deciso di effettuare l’esperimento azzardato di affiancare agli uomini dei robot. Naturalmente, visto che questa flotta
era stata progettata per essere impiegata in battaglia si era capito immediatamente che i robot che
sarebbero stati utilizzati a bordo delle navi non potevano essere governati dalle tre leggi della robotica che lei conosce, per il motivo che lei stesso ha ricordato.
Venne così costituita una squadra di roboticisti con il compito di formulare delle nuove leggi in sostituzione di quelle vecchie. Il risultato del lavoro di quella commissione furono quattro postulati
che possono essere considerati la più grande innovazione in campo robotico di questi ultimi tre millenni. Tutti i robot della flotta sono governati da queste quattro leggi e devo ammettere che fino ad
oggi non hanno mai fallito il loro obbiettivo, anche se in alcune occasioni si sono presentate delle
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lacune impreviste che sono state comunque corrette da molto tempo ormai. Oggi posso affermare
con assoluta sicurezza che i nostri robot sono perfetti, almeno per quanto riguarda la programmazione dei loro cervelli positronici.
Comunque sia, nessuna di queste nuove leggi impedisce ad un robot di far del male ad un essere
umano e quindi consentono l’impiego dei robot anche in battaglia. Voi non avete comunque nulla
da temere da loro: ad ogni robot che presta servizio nella nostra flotta è stato ordinato di usare la
forza con un essere umano solo in caso di bisogno e di cercare di procurargli il minor danno possibile, fatta eccezione per i nemici incontrati in battaglia naturalmente. È per questo che i robot della
sicurezza sono stati dotati di un raggio traente portatile; nella lunga storia di questa flotta solamente
in rarissime occasioni dei robot sono stati costretti a ferire degli uomini che comunque hanno riportato solamente qualche livido e qualche escoriazione.”
All’udire queste parole i rigeliani sembrarono visibilmente tranquillizzati. Il solo pensiero di essere
circondati da robot senza nessun controllo li aveva terrorizzati. Era comunque evidente che volevano saperne di più visto che Alvar chiese:
“Potrei sapere cosa dicono queste nuove leggi Signore?”
“Temo proprio di no. L’umanità non è ancora pronta per conoscerle. Solamente quando le condizioni socioeconomiche saranno favorevoli qualche grande roboticista deciderà di cercare di trovare
nuove leggi sulle quali gettare le basi della robotica. Vedere signori, le leggi della robotica sono
spesso considerate come delle leggi naturali, esattamente come le leggi che regolano il moto dei
corpi celesti e, come tali, vengono ritenute immutabili. È questo che l’uomo comune crede e questa
convinzione si è talmente radicata nella cultura collettiva che persino i roboticisti sono convinti della sua esattezza e nessuno penserebbe di metterle in discussione.
Verrà comunque un giorno in cui alcuni grandi scienziati si accorgeranno del grande errore di fondo
insito nelle tre leggi e le modificheranno in modo tale da correggere questo errore.”
“Anche se io non sono un esperto in questo campo, ritengo che le tre leggi della robotica abbiano
saputo far fronte in modo egregio a qualsiasi prova a cui sono state sottoposte e le ritengo assolutamente perfette.”
“Vede signor Fallay, come le dicevo l’uomo le considera leggi immutabili.
Le assicuro signor Parrel che le tre leggi non sono affatto perfette, anzi sotto un certo punto di vista
sono addirittura dannose per gli esseri umani. Le leggi non sono principi naturali, ma sono state formulate dagli uomini decine di millenni fa. I loro postulati sono stati espressi in base alle esigenze
sociali di quell’epoca e ne rispecchiano tutti i timori. È un grave errore credere che possano continuare a rispecchiare ancora oggi tali esigenze: oggi l’umanità ha esigenze molto diverse da quelle
dei suoi antenati e non può continuare ad appoggiarsi alle tre leggi. Alla fine si arriverà ad un punto
di rottura dove si presenteranno due scelte obbligate: o continuare a seguire le tre leggi, o abbandonarle per sempre. Tutto questo è inevitabile.”
“Se quello che dice è vero, allora come mai non siamo ancora arrivati al punto di svolta? In fondo
sono parecchi millenni che gli uomini usufruiscono dell’aiuto dei robot, eppure finora non si è presentato alcun problema.”
“L’uomo deve fare ancora molta strada prima di raggiungere il bivio, ma, credetemi, un giorno vi
arriverà ed allora sarà costretto a decidere. Se la sua scelta sarà quella giusta, allora potrà continuare
ad estendere il suo dominio sull’universo, altrimenti si condannerà da solo ad una morte lenta, ma
inevitabile.”
“Immagino che sia inutile chiederle quale sia la decisione giusta da prendere.”
“Esattamente signor Parrel. Noi non abbiamo nessuna intenzione di modificare il naturale corso della storia umana. Se il destino dell’uomo è quello di perire per sua stessa volontà, noi non possiamo
fare niente per impedirlo. Possiamo solamente sperare che scelga la strada giusta, ma indicargliela
potrebbe risultare un grave sbaglio.”
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“Non ha mai pensato che lo sbaglio potrebbe invece essere il non intervenire in favore di una delle
due scelte?”
“Certo, ma in quel caso, quale delle due…”
Harry fu distratto da un segnale che iniziò a lampeggiare sulla sua consolle. Iniziò a lavorare freneticamente sui comandi, poi disse:
“La flotta si è disposta in formazione ed è pronta alla partenza.
I-5, calcola una rotta temporale per raggiungere le coordinate in memoria. Avvertimi quando hai finito.”
Il robot diede ricevuta dell’ordine.
Cinque minuti più tardi I-5 comunicò di aver terminato i calcoli ed Harry ordinò di essere messo in
comunicazione con tutte le navi:
“Attenzione, a tutta la flotta. L’SDF1 sta iniziando a trasmettere la rotta temporale che la flotta dovrà seguire. Attivare i motori temporali e prepararsi alla partenza. Iniziare un conto alla rovescia di
dieci minuti. La partenza sarà automatica, non ci saranno altri messaggi di conferma.”
La comunicazione venne interrotta e si diede inizio ai preparativi per la partenza. I tre rigeliani vennero invitati ad allacciarsi le cinture di sicurezza delle poltrone su cui sedevano e vennero avvertiti
del fatto che il viaggio temporale avrebbe provocato loro un lieve senso di disorientamento e di
nausea. Harry continuava ad impartire ordini ai robot della plancia indicando tutte le varie procedure da seguire. Man mano che i robot eseguivano le specifiche dell’ammiraglio, i dispositivi autodiagnostici dei motori temporali continuavano ad inviare i dati sullo stato dei sistemi e delle varie
componenti, mentre i grandi accumulatori d’energia si caricavano sino a quando non furono saturi
d’energia.
Di minuto in minuto i propulsori capaci di distorcere e squarciare il continuum spazio-temporale
aumentavano la loro temperatura e la loro efficienza che in breve tempo venne portata al 100%; se
questo non fosse avvenuto, il salto temporale sarebbe stato interrotto automaticamente dal computer
centrale senza che ci fosse in alcun modo la possibilità di ripristinare il conto alla rovescia. Questo
avveniva in quanto la percentuale d’errore riguardo sia l’epoca, sia il luogo in cui la nave sarebbe
riapparsa una volta effettuato il balzo temporale si innalzava vertiginosamente qualora l’efficienza
dei sistemi si fosse discostata anche di pochi punti dal 100%. Era per questo motivo che le revisioni
ai motori temporali ed ai loro sistemi di guida venivano eseguite quotidianamente da decine di robot della manutenzione.
“Signore, tutti i sistemi sono pronti. Il computer sta aspettando l’autorizzazione per attivare le connessioni con i sistemi dell’Energia Primaria.”
“Computer, autorizzazione per la connessione con i sistemi S.E.I.: Seldon, Harry, ammiraglio,
772139557A00.”
Per la prima volta da quando erano a bordo, i tre rigeliani poterono udire la voce artificiale del computer centrale della nave.
“Autorizzazione valida Ammiraglio. Prego indicare quali connessioni attivare.”
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“Attivare connessioni 78, 65, 112. Fornire trecento unità energetiche1 e disconnettere i sistemi
S.E.I.”
Qualche minuto più tardi I-5 comunicò che l’operazione era stata eseguita con successo.
Nel frattempo il conto alla rovescia proseguiva lento e regolare. Tutto sembrava funzionare alla perfezione, ma Harry sapeva che in qualsiasi istante si sarebbe potuto verificare un guasto che avrebbe
potuto impedire il viaggio temporale. Anche se era del tutto sicuro che ciò non sarebbe accaduto,
doveva comunque ammettere che la possibilità di una tale evenienza non era nulla e quindi era suo
dovere essere pronto ad affrontare il peggio.
Anche quella volta, comunque, tutto funzionò alla perfezione; quando il conteggio giunse al termine i motori temporali iniziarono a distorcere lo spazio-tempo intorno all’SDF1 creando una specie
di tunnel temporale che risucchiò tutte le navi della flotta e si richiuse immediatamente dopo il loro
passaggio. Sullo schermo della plancia di comando dell’SDF1 lo scenario che si presentava era incredibile: la nave sembrava viaggiare attraverso un universo di color bianco latte. Non vi era nessuna stella a punteggiare quell’immensa distesa bianca; vi erano solamente dei fulmini, migliaia di
fulmini, che continuavano a saettare intorno all’ammiraglia.
“Quei fulmini rappresentano i pozzi gravitazionali di pianeti, stelle e buchi neri del nostro universo
che modificano lo spazio temporale in cui adesso ci troviamo. Se uno di quei fulmini ci colpisse,
noi finiremmo il nostro viaggio senza neanche accorgercene ritrovandoci istantaneamente al centro
di un pianeta o di un sole oppure nella singolarità di un buco nero.”
Quando i tre rigeliani sentirono le parole di Harry impallidirono. Fino a quel momento non si erano
resi perfettamente conto del reale pericolo che implicava un viaggio temporale, pensando che
l’unico momento critico fosse quello in cui avviene la rottura del continuum spazio-temporale
dell’universo, ma evidentemente si sbagliavano ed anche di molto. Iniziarono così ad osservare atterriti lo spettacolo che fino a qualche minuto prima gli era sembrato affascinante.
“Comunque”
Continuò Harry
“Non dovete pensare che il paesaggio che state vedendo sia quello che effettivamente vedreste se
guardaste attraverso degli oblò: quello che sta visualizzando lo schermo in questo momento è la
rappresentazione che il computer riesce ad elaborare in base ai dati che riceve dai sensori. Qualche
volta il computer, al posto dei fulmini, ha visualizzato dei piccoli vortici che roteavano vorticosamente attorno al proprio asse, ma comunque il paesaggio reale che si vede là fuori è praticamente
uguale a quello che vediamo quando viaggiamo nel sub-spazio, niente di più.”
“Come mai questa scelta allora? In fondo state soltanto sprecando il potenziale di calcolo del vostro
computer per visualizzare qualcosa che non serve a nulla, non crede?”
“Beh signor Parrel, fondamentalmente lo facciamo per rendere tutto un po' più poetico. In fondo
non ci capita tutti i giorni di viaggiare nel tempo e così ci siamo detti: perché non rendere il nulla
che accompagna il nostro viaggio più affascinante? Bisogna poi considerare il fatto che durante
questo tipo di viaggi sono i computer secondari addetti al controllo della rotta e della propulsione a
fare tutto il lavoro lasciando l’unità centrale inoperosa. Non abbiamo quindi sottratto nessuna risorsa all’elaboratore che altrimenti rimarrebbe inutilizzato.”
1
Unità energetica. Unità di misura definita dall’ammiraglio Manella Dubanqua utilizzata per misurare i consumi energetici della flotta.
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Poco dopo I-5 avvertì l’ammiraglio che il flusso energetico dei motori temporali sarebbe stato interrotto entro breve tempo. Appena i motori temporali furono fermati, la flotta rientrò nell’universo da
cui era partita mentre i sistemi iniziarono una scansione automatica dello spazio circostante per determinare la posizione della flotta nelle quattro variabili spazio-temporali.
“Avete determinato la nostra posizione?”
“Signore, secondo il computer siamo a quattordici miliardi di chilometri dal punto di partenza, settecento anni nel futuro. Secondo il computer siamo rientrati nel normale flusso temporale quindici
ore dopo che la nostra nave scout ha iniziato il suo viaggio di ritorno.”
“Ottimo. Stabilite il contatto con la nostra base e chiedete un rapporto dettagliato della situazione.”
“Cosa ha intenzione di fare ora ammiraglio?”
“Se i robot della manutenzione che abbiamo lasciato a terra quando siamo partiti e che hanno continuato a prendersi cura delle attrezzature durante tutti questi secoli segnaleranno che non vi sono
particolari problemi, allora potremo elaborare con calma una strategia che ci permetta di salvare i
prigionieri e di distruggere completamente le basi nemiche, altrimenti faremo immediatamente ritorno alla nostra base per risolvere i problemi che sono sopraggiunti.”
Bdoc informò Harry del fatto che le squadre di manutenzione non dovevano segnalare nulla di particolare. Durante il periodo di assenza della flotta non era accaduto nulla che fosse stato meritevole
di attenzione da parte dell’ammiraglio, a parte il transito di qualche altro convoglio nemico attraverso il sistema.
“Evidentemente parecchi altri sistemi sono stati attaccati e distrutti durante il nostro viaggio.”
All’udire questo Alvar rimase sorpreso e disse:
“Scusi Signore, ma il nostro viaggio è durato solamente qualche ora. Non vedo come il nemico abbia potuto distruggere altri sistemi in così poco tempo.”
“Non mi sorprende affatto la sua obiezione guardiamarina, visto che lei è abituato a ragionare in
termini tridimensionali.
Vede, mentre per noi il viaggio è durato solamente qualche ora, nello spazio normale noi siamo
scomparsi per sette secoli. È per questo motivo che abbiamo lasciato delle squadre di manutenzione
a guardia della base. In pratica, lo stesso risultato lo avremmo ottenuto restando in uno stato di ibernazione artificiale per settecento anni. Noi ci saremmo svegliati sette secoli nel futuro ed il risultato non sarebbe mutato. Il problema, però è dato dal fatto che, agendo in questo modo, determineremmo una biforcazione della linea temporale creando due realtà parallele. Da un lato avremmo un
mondo in cui la vostra gente ha vissuto il resto della sua vita in schiavitù ; dall’altro avremmo invece una realtà nella quale il nostro intervento ha distrutto le basi nemiche ed ha liberato il vostro popolo.
È vero, comunque, che il nostro viaggio comporterà degli sconvolgimenti nella linea temporale e la
creazione di realtà parallele. Infatti, quando distruggeremo le basi nemiche, nessuna nave verrà
mandata indietro nel tempo per attaccare altri sistemi. Questo implica la creazione di realtà parallele
nelle quali i sistemi attaccati sono completamente distrutti o non hanno mai subito un attacco nemico. I dati stessi che ci hanno inviato le nostre squadre di manutenzione muteranno in una realtà parallela in quanto parecchie di quelle navi che sono state segnalate non transiteranno mai attraverso il
nostro sistema in quanto verranno completamente distrutte o non saranno mai create.
Come vedete signori, i viaggi temporali implicano sempre l’insorgere di molti problemi, anche se a
prima vista appaiono molto semplici. È per questo che noi siamo molto restii ad utilizzarli, e comunque viaggiamo sempre avanzando lungo la linea temporale, senza mai ritornare indietro.”
“Scusi se intervengo Ammiraglio, ma quello che ha detto non è del tutto esatto: in fondo, la nave
scout che avete inviato in perlustrazione ha viaggiato sia nel futuro per poi ritornare nel passato.”
78
“È vero signore Parrel, ma è anche vero che quella nave non ha interferito in alcun modo con gli
eventi futuri. Non ha lasciato nessuna traccia della sua presenza; saremo noi che, sfruttando le informazioni che ha raccolto, agiremo modificando il naturale corso degli eventi. Nessuna realtà parallela si è creata a causa del viaggio dell’NS1 ed è unicamente per questa ragione che ha avuto il
permesso di ritornare indietro.
A questo punto, comunque, non mi sembra il caso continuare a discutere di queste cose: noi siamo
qui solamente per salvare la vostra gente, non dimenticatevelo. Durante il viaggio ho parlato con gli
altri tre ammiragli ed insieme abbiamo studiato il piano d’azione che seguiremo: come prima cosa
dobbiamo entrare in contatto con i ribelli che lottano contro il nostro nemico ed ottenere il loro appoggio. Sicuramente hanno a loro disposizione molte più informazioni rispetto a noi e probabilmente sapranno come riuscire a penetrare attraverso le difese nemiche senza essere scoperti. Per la riuscita dell’impresa è indispensabile che le nostre truppe possano penetrare all’interno della base senza essere scoperte. Il nostro problema, infatti, è quello di far allontanare tutte le persone rapite prima di iniziare l’attacco. Una volta che il vostro popolo sarà al sicuro a bordo delle nostre navi potremo dare inizio all’attacco vero e proprio. Ci aspettiamo una notevole concentrazione di navi nemiche, ma questo non sarà affatto un problema.”
“Lei sembra molto sicuro di riuscire ad annientare il nemico, ma non si deve dimenticare che la nostra flotta è stata spazzata via dall’universo in pochi minuti.”
“Mi creda signor Fallay, non ho affatto intenzione di sottovalutare i nostri avversari. Semplicemente confido nella nostra potenza militare e questa fiducia mi rende sicuro di riuscire nell’impresa. Le
nostre navi sono praticamente invulnerabili e le loro armi sono molto potenti.”
Ennius, notando il tono difensivo assunto dall’ammiraglio si affrettò a dire:
“Non era certo mia intenzione mettere in discussione la potenza della Sua flotta ammiraglio, ma volevo essere sicuro che non avesse sottovalutato il nemico. Sono certo della buona riuscita della missione anche se alcuni punti non mi sono ancora del tutto chiari. Per esempio, come ha intenzione di
entrare in contatto con i ribelli e come intende guadagnare la loro fiducia?”
“È molto semplice Console. Ho intenzione di ingaggiare battaglia con loro e di mettere fuori uso
una delle loro flotte d’attacco.”
Ennius non riusciva a credere alle sue orecchie. Quel ragazzo aveva intenzione di distruggere una
flotta dei ribelli e pretendeva che agendo in quel modo si sarebbe conquistato la loro fiducia. Per
qualche istante pensò che il ragazzo fosse completamente impazzito, ma poi giunse alla conclusione
che era a conoscenza di cose che lui ignorava completamente e decise quindi di aspettare lo svolgersi degli eventi. Per essere sicuro che anche i suoi due giovani compagni facessero lo stesso, si
affrettò a dire loro di restare in silenzio e di non obbiettare a questo piano d’azione. Infine si mise
ad attendere la prossima mossa decisa dai quattro ragazzi.
Il vecchio politico non dovette attendere molto tempo: Harry diede ordine di dirigere verso il campo
di battaglia in cui la flotta Gamma aveva ingaggiato battaglia con le navi dei ribelli.
“Quasi sicuramente non riusciremo a trovare nessuna traccia delle loro navi o di una loro attività,
ma comunque è l’unica mossa che possiamo fare. Se avremo fortuna riusciremo a scoprire qualcosa
di interessante, altrimenti dovremo pensare a qualche altro stratagemma per entrare in contatto con
loro.”
La flotta di Harry, che viaggiava a fattore 6.0, impiegò trentasei ore per arrivare a destinazione. La
zona di spazio interessata dalla battaglia era ormai sgombra dai detriti lasciati dalle navi colpite. I
sensori passivi non rivelavano la presenza di alcun frammento di dimensioni tali da essere utilizzato
79
per una analisi scientifica mirata alla scoperta di informazioni utili sul nemico. Sembrava proprio
che quella traccia non avrebbe portato a nulla di concreto, quando I-5 disse:
“Signore, i sensori passivi rilevano una debolissima distorsione spaziale nel quadrante sensoriale1
158.”
“Riesci a stabilirne la natura?”
“Secondo il computer potrebbe essere di origine naturale, ma il livello di fluttuazione energetica è
troppo regolare perché sia causato da un fenomeno spontaneo.”
“Allarme rosso. Ordinate ad un incrociatore leggero di inquadrare la distorsione in assetto da combattimento e di prepararsi a fare fuoco con i cannoni particellari al mio comando. Attivare i sistemi
di disturbo sensoriale e delle comunicazioni alla massima potenza. Iniziate una scansione di questa
zona e controllate che non ci siano altre distorsioni di questo tipo.”
I robot diedero ricevuta degli ordini ed iniziarono immediatamente ad eseguirli. Lavoravano molto
velocemente ed infatti dopo pochi minuti tutti gli ordini impartiti erano stati eseguiti correttamente.
“Signore, non si rilevano altri fenomeni oltre a quello individuato; l’incrociatore ci segnala che è
pronto a fare fuoco quando desidera.”
“Fuoco!”
Dai canoni principali dell’incrociatore leggero fu emesso un potente fascio di particelle altamente
ionizzanti che si diressero velocemente verso il loro obbiettivo. Pochi istanti dopo che l’obbiettivo
fu raggiunto; la distorsione spaziale si dissolse, sostituita da una nave di media grandezza che iniziò
a muoversi lentamente andando alla deriva nello spazio.
“Si rilevano segni vitali a bordo?”
“Sì Signore. Secondo i sensori vi sono circa trenta persone a bordo.”
“Lanciate una missione di soccorso per recuperare la nave colpita ed il suo equipaggio. Ordinate
all’incrociatore di rimanere in zona come scorta alla nave di soccorso. Mettete sotto stretta sorveglianza tutti i naufraghi e cercate di far acquisire loro il minor numero di informazioni possibile. Isolate gli uomini più alti in grado e conduceteli a bordo il più in fretta possibile; voglio parlare con
loro.”
Sul ponte di comando l’ammiraglio seguiva le operazioni attraverso la rappresentazione schematica
elaborata dal computer e visualizzata sul grande schermo che sormontava la plancia. Si videro due
puntini rossi allontanarsi da un grande cerchio bianco e dirigersi verso una X ben visibile. Una volta
raggiunta, uno dei due puntini si mise proprio al centro della X mentre l’altro continuava a girovagare nelle vicinanze. Venti minuti più tardi le navi erano di ritorno con a bordo i prigionieri e la nave neutralizzata a traino di un raggio traente. Dovettero passare altri quaranta minuti prima che i robot riuscissero ad identificare il comandante della nave, che venne immediatamente condotto sulla
plancia di comando scortato da quattro robot della sicurezza.
1
Quadrante sensoriale. La sfera che costituiva il confine entro i quali i sensori (attivi o passivi) riescono ad operare è
equamente divisa in duecento settori.
80
-6-
L
‘uomo che entrò nella plancia aveva un aspetto molto orgoglioso; sebbene si trovasse tra
quattro robot di sicurezza, continuava a guardare i quattro uomini che aveva di fronte a sé a
testa alta, senza mai distogliere lo sguardo. Il vestito che indossava non poteva certo essere
definita un’uniforme, ma comunque riusciva ad assegnare all’uomo un vago aspetto militare,
aiutata in questo dai capelli corti e dalla perfetta rasatura del viso.
Uno dei robot della sicurezza disse:
“Signore, questi è il capitano Settin Pavel comandante della nave da osservazione scientifica SOLARIA.”
Harry si soffermò qualche istante ad osservare il prigioniero prima di iniziare a parlare. L’uomo che
aveva di fronte aveva circa quarant’anni. I suoi occhi castani contrastavano con il colore biondo dei
suoi capelli; indossava un’uniforme anonima che non mostrava alcun emblema di nessun sistema.
Si notavano solamente i gradi che erano ben visibili sulle sue spalle e sul petto, all’altezza del cuore.
Notando che il silenzio stava facendo accrescere troppo la tensione, Harry disse:
“Bene arrivato a bordo capitano. Io sono l’ammiraglio Harry Seldon e la nave su cui si trova è
l’SDF1.”
“Sappi, traditore, che ho inviato segnali di soccorso alla mia base. Entro breve tempo una delle nostre flotte giungerà in nostro aiuto e vi spazzerà via dalla galassia.”
“Non credo che i suoi segnali siano giunti a destinazione capitano Pavel visto che i sistemi di disturbo elettronico delle mie navi sono ancora attivati alla massima potenza. In quanto poi al fatto
che le vostre navi siano in grado di distruggerci, ritengo che la questione non possa nemmeno essere sollevata; qualche decina di caccia stellari e di incrociatori leggeri non possono fare molto contro
quattro supercorazzate stellari.”
“Tu non mi inganni, conosco bene i trucchi di voi vili traditori. Già molte altre volte siamo riusciti
ad abbattere delle vostre navi senza nessun problema. Hai voluto tradire l’umanità alleandoti con i
robot per avere salva la vita, ma ti pentirai di questa scelta.”
Ennius osservava con attenzione Harry cercando di immaginare cosa avesse in mente. Fu con sorpresa che vide il ragazzo impallidire nell’udire quelle parole. Harry si avvicinò al prigioniero avanzando in modo piuttosto allarmato dicendo:
“Come ha detto? Io mi sarei alleato con i robot? Che cosa intende dire con questo?”
“Lo sai benissimo cosa intendo dire, bastardo. I robot impazziti ti hanno catturato e, pur di avere
salva la vita, hai deciso di infiltrarti nelle nostre forze come traditore. Ammetti che questa flotta di
navi ha il solo scopo di tenderci una trappola nella speranza che tu possa unirti a noi. Io non permetterò mai che tu continui a vivere!”
Il capitano si mosse di scatto sorprendendo i robot che lo stavano sorvegliando e si scagliò contro
Harry brandendo un piccolo coltello laser nella mano destra. Sferrò un fendente che, però, mancò il
bersaglio in quanto Harry, muovendosi fulmineamente, si era accucciato a terra e, facendo perno sul
piede sinistro, girò su sé stesso colpendo violentemente le caviglie del prigioniero con la gamba destra distesa provocandone la frattura. Il capitano Parrel cadde a terra dolorante mentre il suo coltello
veniva raccolto da uno dei robot di sicurezza.
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“Capitano, lei sta abusando troppo della mia pazienza. Se avessi voluto uccidervi, avrei disintegrato
la sua nave senza pensarci due volte invece di mettere fuori uso tutti i suoi sistemi. Ora sarà accompagnato in infermeria dove verrà curato, dopo ci rivedremo e questa volta mi aspetto un comportamento più civile da parte sua, altrimenti sarò costretto a passare per le armi il suo equipaggio e le
assicuro che farò soffrire in maniera atroce ogni uomo al suo comando prima di ucciderlo.”
Disse quelle parole fissando il prigioniero ferito con uno sguardo gelido e spietato che fece rabbrividire persino Ennius. Harry fece cenno ai robot di portare il comandante Pavel in infermeria e ritornò alla sua postazione dove rimase indaffarato per parecchi minuti. Alvar lo osservava con un
certo rispetto. Le mosse di combattimento in cui si era esibito erano degne di un vecchio maestro di
tecniche di combattimento corpo a corpo. Anche i suoi riflessi e la sua velocità erano notevoli. Se
avesse dovuto affrontarlo a mani nude, molto probabilmente sarebbe stato atterrato in meno di un
minuto, nonostante lui stesso fosse un abile combattente. Iniziò a convincersi che Harry non fosse
solamente un giovane ragazzo presuntuoso che si diverte a sventolare ai quattro venti la potenza
della sua flotta.
Harry continuò a lavorare per quasi un quarto d’ora prima di rivolgere di nuovo la parola ai tre rigeliani:
“Mi dispiace che abbiate dovuto assistere ad un incidente così increscioso, ma purtroppo con certa
gente non si può trattare; l’unico modo per farli ragionare è quello di metterli fuori combattimento.
Fortunatamente i miei riflessi sono ancora eccellenti, altrimenti ora mi ritroverei con una bella ferita
ed il mio aggressore con un braccio fratturato e quattro pistole disgregatrici puntate alla testa.”
“Del resto, ammiraglio, se mi permette l’ardire, quell’uomo non ha tutti i torti: in fondo è stato lei il
primo a fare fuoco contro la sua nave ed a danneggiarla gravemente. È stato un vero miracolo che
non ci siano state delle perdite fra il suo equipaggio, non crede?”
“Non c’era la minima possibilità che un’eventualità del genere si verificasse signor Fallay. I cannoni particellari non sono stati concepiti per creare danni alla struttura della nave, ma solamente per
mettere irrimediabilmente fuori uso tutti i suoi sistemi elettronici. Le bordate che l’incrociatore leggero ha sparato contro la nave del nostro capitano Pavel non erano altro che potenti onde elettromagnetiche studiate per causare la fusione di qualsiasi sistema elettronico che si trovi sotto tensione
elettrica durante l’attacco. Questi cannoni sono stati costruiti con lo scopo preciso di immobilizzare
l’avversario per renderne più semplice la cattura.”
“Resta comunque il fatto che siamo stati noi ad attaccare per primi; la nostra è stata un’azione di
aggressione.”
“Non è esatto Console. La nostra è stata un’azione difensiva e non offensiva. Lei stesso ha udito il
prigioniero dire di aver chiamato rinforzi. La verità, da quel che sono riuscito a capire dal rapporto
fatto da Daneel, è che i ribelli attaccano qualsiasi nave esca da un tunnel temporale. Probabilmente
hanno navi simili a quella che abbiamo catturato sparse per tutto questo settore1 ed in quelli adiacenti; molto probabilmente la loro funzione è quella di segnalare qualsiasi nave o flotta entri nel
raggio d’azione dei loro sensori in modo da coordinare con il loro centro operativo i vari attacchi
portati dalle loro squadriglie.”
“Da quello che ho capito, il comandante Pavel ha scambiato questa flotta per una flotta nemica solamente perché siamo usciti da un tunnel temporale.”
“Esattamente”
“Se le cose stanno così, allora come intende guadagnare la fiducia del capitano Pavel e del suo equipaggio?”
1
Settore. Lo spazio, per rendere più agevole la navigazione e la mappatura dei vari sistemi solari, è stato diviso in zone
di forma cubica il cui lato misura diecimila Parsec chiamate settori.
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“Ammetto che non sono ancora riuscito a trovare un modo, ma sono sicuro che saprò inventarmi
qualcosa, non si preoccupi. C’è comunque un’altra questione da considerare, e cioè il fatto che la
nave scientifica sia riuscita a comunicare qualche dato alla sua base. Anche se la possibilità è minima, dobbiamo comunque prenderla in considerazione; inoltre, non possiamo escludere che la nave dovesse mettersi periodicamente in contatto con la sua base. Se questo fosse vero, una sua mancata trasmissione farebbe scattare immediatamente le operazioni di soccorso.
I-5, traccia una rotta verso il sistema scoperto dall’NS1 e comunica a tutta la flotta di procedere a
fattore 2.5 mantenendo sempre attive le misure di mascheramento sensoriale al 100% della potenza.
Intendo allontanarmi da questa zona il più presto possibile; è inutile rischiare più del necessario.”
Tre ore più tardi il capitano Pavel era di nuovo in piedi di fronte ad Harry. I tre rigeliani, come del
resto lo stesso prigioniero, si erano stupiti che in così poco tempo i robot medici fossero riusciti a
rigenerare le fratture che, utilizzando le conoscenze mediche tradizionali, avrebbero richiesto più di
due mesi per guarire.
“Bene capitano Pavel, spero che questa volta le sue intenzioni siano ben diverse da quelle che
l’hanno spinta ad attaccarmi durante il nostro precedente incontro. Come le ho detto, se lei cercherà
di compiere un altro atto ostile nei nostri confronti inizierò a torturare i membri del suo equipaggio
fino a quando non saranno tutti morti. Io le ho dato prova di non volere la sua morte mettendo fuori
uso la sua nave e curando le ferite che io le ho provocato, e questo è logico visto che ho bisogno di
lei; al contrario, il suo equipaggio non mi è di nessuna utilità, quindi veda di regolarsi di conseguenza.
Se poi ha intenzione di accusarmi di averla attaccata, le voglio ricordare che stava inviando una richiesta di rinforzi segnalando l’arrivo di un convoglio nemico appena uscito da un tunnel temporale. In fondo era questa la sua missione, o mi sbaglio; la sua nave doveva fungere da stazione di osservazione mobile, ma lei ha commesso un errore che le è stato fatale. Ha dato troppa energia ai dispositivi di mascheramento sensoriale e così facendo ha indotto i sensori a segnalare una lieve distorsione spaziale. È stato per questa lieve distorsione che siamo riusciti a scoprire la vostra presenza.”
“Devo ammettere il mio errore, ‘ammiraglio’, ma resta comunque il fatto che io ritengo tuttora che
tu e questi altri uomini siate dei traditori e per questo meritate di morire.”
Harry iniziava ad essere infastidito dal comportamento altezzoso del prigioniero. Disse quindi con
un tono autoritario:
“Io non sono un traditore che si è alleato con i robot per causare l’estinzione della specie umana! I
robot che finora ha visto sono stati costruiti dai miei tecnici per il solo scopo di lavorare a bordo
delle mie navi. Questi tre uomini che vede seduti su quelle poltrone non sono miei prigionieri o
miei complici, ma vittime dei robot che voi state combattendo. Il loro sistema natale, Rigel, è stato
completamente distrutto e loro hanno chiesto il mio aiuto per salvare le persone che sono state rapite e portate sul secondo pianeta del sistema UKN990 situato nella costellazione del cigno dove noi
abbiamo intenzione di dirigerci il più presto possibile.”
“Le tue stesse parole ti hanno tradito. Non ci furono superstiti all’attacco, nessun sopravvissuto fu
mai ritrovato. Anche la flotta che il Console Ennius Fallay aveva mandato all’inseguimento delle
navi che hanno attaccato per prime il sistema fu completamente distrutta senza che nessuno riuscisse a mettersi in salvo. È impossibile che questi tre uomini siano dei rigeliani sopravvissuti
all’attacco e quindi ciò significa che queste persone non possono essere chi sostieni che siano.”
“Invece ci furono tre superstiti all’attacco subito dalla flotta comandata dal Console Fallay; tre
uomini che erano a bordo della nave ammiraglia della flotta rigeliana, la FARSTAR, e che
riuscirono a fuggire prima che la nave venisse distrutta. Le tre persone che vedi sono il Console
Ennius Fallay, il ViceConsole Derek Parrel ed uno dei guardiamarina che prestavano servizio a
bordo della nave, il signor Alvar Cresh. Loro ci hanno chiesto di aiutarli a liberare le persone fatte
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signor Alvar Cresh. Loro ci hanno chiesto di aiutarli a liberare le persone fatte prigioniere dal nemico che li ha attaccati e noi abbiamo acconsentito.”
“Finora ho sentito solamente delle storie. Dove sono le prove che attestano la verità di quello che
dici?”
“Dove sono le prove che attestano che tu stesso non sia un traditore al servizio dei robot che tu sostieni di combattere? Dove sono le prove del fatto che tu agisca in favore della specie umana piuttosto? Chi mi garantisce che tu non sita spiando i tuoi compagni per poi attirarli in trappola? La tua
unica scelta è quella di fidarti di noi e della nostra parola. Del resto, il fatto di avervi risparmiato la
vita mi sembra una prova più che sufficiente della nostra sincerità, non ti sembra?”
“Niente affatto. Per come la vedo io, il solo motivo che vi ha spinto a risparmiarci la vita è quello di
farci cadere in una trappola. Mi dispiace, ma dovrete esporre fatti ben più inequivocabili per convincerci. Anche se tu sostieni di aver costruito tutti i robot che si trovano a bordo delle tue navi, io
non ti credo. I robot che ci hanno prelevato dalla nostra nave hanno minacciato più volte di usare la
forza pur di condurci in cella, e questo non è certo il comportamento che un normale robot terrebbe
in una situazione analoga. Il motivo di questo strano comportamento è fin troppo semplice: quelli
sono robot impazziti e questa è una nave nemica che ospita dei traditori che si vogliono infiltrare
nelle nostre basi per poter scoprire la loro ubicazione.”
Derek intervenne credendo, ingenuamente, di riuscire a convincere il prigioniero dicendo la verità:
“Non è affatto vero; i robot si sono comportati in quel modo perché sono governati dalle nuove leggi della robotica che sono completamente diverse da quelle che noi conosciamo.”
“Certo che sono diverse, altrimenti i robot non avrebbero nessuna possibilità di attaccare i pianeti
abitati e sterminare miliardi di persone ogni mese. Quei maledetti; ormai sono più di cinquanta i sistemi solari devastati da quelle maledette macchine e la loro sete di violenza non sembra ancora
placarsi.”
“Né si placherà in breve tempo purtroppo.”
Ennius guardò stupito Harry chiedendosi che senso avessero quelle parole. Forse era vero quello
che aveva detto Settin, e cioè che Harry e le sue tre amiche erano dei traditori che lavoravano con i
robot; infondo lui aveva creduto a tutto quello che gli era stato detto senza mettere mai in dubbio
nemmeno una parola ed ora, per la prima volta, si chiedeva se avesse fatto bene ad agire in quel
modo o se si fosse comportato da perfetto ingenuo. Questo dubbio si insinuò profondamente nella
mente del Console che era perfettamente conscio di essersi comportato come un uomo disperato che
aveva il disperato bisogno di trovare qualcuno a cui chiedere aiuto ed a cui affidarsi completamente.
Adesso, dopo aver udito la frase pronunciata da Harry, vedeva tutte le speranze e le certezze che
aveva riposto nel ragazzo infrangersi contro la realtà e sentiva di nuovo la pressante morsa
dell’angoscia chiudersi attorno a lui.
Inconscio dello stato d’animo dell’anziano politico, il capitano Pavel ribatté all’affermazione di
Harry:
“Allora ammetti di essere a conoscenza…”
I-5 interruppe il prigioniero per comunicare ad Harry l’arrivo di una flotta di sessanta navi nemiche,
del tutto simili a quelle che avevano attaccato il sistema di Rigel.
“Come sospettavo. Voi non siete altro che degli impostori, ma non siete riusciti ad ingannarmi. Ho
fatto bene a non fidarvi di voi.”
“Mi dispiace deluderla signor Pavel, ma quelli non sono i nostri rinforzi.”
Poi, rivolto ai suoi robot:
84
“Allarme rosso, ordinate a tutta la flotta di attivare tutti i sistemi d’arma e di mantenere l’attuale livello di mascheramento sensoriale. Bdoc, avverti tutti gli equipaggi di tenersi pronti ad effettuare
un disimpegno rapido dai piloni d’attracco della nave; in caso di necessità voglio la flotta disposta
in formazione d’attacco entro cinque minuti dalla comunicazione dell’ordine.”
I-5 diede ricevuta dell’ordine e si mise immediatamente al lavoro all’unisono con Bdoc.
Il prigioniero continuava a guardare con sguardo divertito Harry, pensando che tutto quello a cui
stava assistendo fosse solamente una commedia ben orchestrata, ma si dovette ricredere molto presto. La flotta nemica stava infatti seguendo una rotta di collisione con le navi di Harry a fattore 6.2
e non sembrava avere nessuna intenzione di mutare direzione. Quando la distanza tra le due formazioni scese sotto i limiti di sicurezza, Harry si dovette rassegnare ad ingaggiare battaglia; diede
quindi ordine di disattivare i sistemi di mascheramento e di scendere sotto luce per prepararsi alla
battaglia.
“Attivare i sensori a ricerca attiva ed iniziare una scansione approfondita delle navi nemiche.
Ordinate a tutte le navi attraccate di decollare e di unirsi al resto della flotta. Voglio che le navi
siano il più possibile distanziate e che continuino a bombardare il bersaglio acquisito dai sensori
fino a quando non sarà completamente distrutto. I comandanti hanno il permesso di utilizzare tutti i
sistemi che ritengono necessari, ma non devono utilizzare più di mille unità energetiche.”
Non appena la velocità fu ridotta ad un quarto d’impulso, le navi che erano ancorate ai piloni
d’attracco posti sullo scafo esterno delle quattro ammiraglie1 decollarono e si unirono alle altre navi
che normalmente formano il convoglio che precede e circonda le quattro potenti supercorazzate
stellari e si disposero in una formazione d’attacco distribuita su un’area abbastanza estesa, in modo
da non offrire un facile bersaglio al nemico. Settin era ancora convinto che tutto quello a cui stava
assistendo fosse solamente una sceneggiata, anche se la sua sicurezza iniziò a vacillare quando le
navi avversarie, dopo essere uscite dall’iperspazio, avevano lanciato parecchie bordate di missili al
plasma.
“Signore, sono segnalati in arrivo parecchie centinaia di missili al plasma. Impatto fra sessanta secondi.”
Il conto alla rovescia che I-5 stava scandendo era lento e regolare. Man mano che i secondi passavano la tensione provata dai tre naufraghi e da Settin stesso stava crescendo in maniera esponenziale. L’unico che sembrava mantenere la calma era Harry il quale si limitava ad osservare il grande
schermo mentre mostrava una miriade di puniti luminosi avvicinarsi al loro obbiettivo. Quando il
conteggio giunse al termine i missili iniziarono ad abbattersi contro la barriera dell’SDF1 e gli scudi
difensivi delle altre navi, ma nessuno di loro riuscì a penetrarli.
“Non vi preoccupate signori, la nostra barriera non potrà essere dissolta da quei ridicoli missili, né
potranno dissolvere gli scudi delle altre navi.”
Il modo con cui Harry stava conducendo la battaglia era comunque molto strano: lasciava la sua
flotta immobile e completamente esposta al fuoco nemico senza accennare una ben che minima reazione. Ennius aveva persino pensato che il ragazzo fosse paralizzato dalla paura, ma il modo con
1
. Sullo scafo esterno delle quattro ammiraglie sono attraccate metà delle navi che formano la flotta. Le stesse SDF3 ed
SDF4 sono normalmente attraccate, rispettivamente, sui piloni dell’SDF2 e dell’SDF1. Le uniche ragioni che giustificano questa particolare ed inusuale scelta logistica sono di tipo storico e devono essere ricercate nel periodo di costruzione delle prime navi della flotta.
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cui aveva affrontato il capitano Pavel quando lo aveva assalito non era certo il comportamento di un
vigliacco. Doveva esserci una spiegazione che giustificasse gli ordini impartiti alla flotta, ma il
Console non riusciva a trovarne nessuna che riuscisse a convincerlo. Un fatto era comunque chiaro,
e cioè che gli scudi esterni, la barriera, come continuava a chiamarla Harry, non avrebbero resistito
ancora a lungo sotto un così pesante bombardamento. Ogni minuto che passava infatti centinaia di
missili al plasma si abbattevano contro la protezione d’energia delle navi della flotta e, scaricando
la loro tremenda energia, li indebolivano sempre più. Il vecchio rigeliano non sapeva per quanto ancora i generatori degli scudi sarebbero riusciti a reggere lo sforzo ed avrebbe voluto intervenire,
chiedere spiegazioni, ma si rendeva perfettamente conto che un atto di quel genere avrebbe significato un grave affronto per l’ammiraglio. Del resto, se qualcuno si fosse permesso di mettere in discussione la sua linea di condotta mentre, al comando di una nave, stava combattendo una battaglia,
Ennius l’avrebbe fatto sicuramente arrestare sentendosi particolarmente offeso ed irritato del fatto
che qualcuno dubitasse delle sue doti di comandante.
L’unico che osava ancora sfidare Harry era il prigioniero che continuava a dire, con fare arrogante:
“Allora ‘ammiraglio’ cosa ha intenzione di fare? Perché non distrugge le navi che ci stanno attaccando?
Te lo dico io il perché traditore: non puoi distruggere le navi dei tuoi amici robot, non è vero? Finora hai detto tante belle parole, ma quando si tratta di passare ai fatti non concludi un bel niente. Non
mi hai incantato nemmeno con la storia degli scudi impenetrabili. Tutti sanno che gli scudi di qualsiasi nave si sarebbero dissolti dopo le prime due bordate di missili se questi fossero stati davvero
missili al plasma. Credi forse che io sia diventato capitano senza aver studiato il funzionamento dei
dispositivi principali di una nave? So’ benissimo quale livello di resistenza riescono a raggiungere
gli scudi e sono perfettamente cosciente del fatto che l’unico motivo che permette loro di essere ancora interi è il fatto che i missili che li colpiscono sono stati armati con il livello energetico minimo
possibile.”
Harry non replicò a quelle affermazioni limitandosi a distogliere per qualche istante lo sguardo dai
monitor che aveva di fronte per osservare il prigioniero. Nella sua mente il piano d’azione era perfettamente chiaro, ma doveva attendere un segnale da parte di I-5 prima di poter agire. Fortunatamente non dovette attendere molto a lungo; pochi minuti più tardi infatti il robot addetto alla
consolle tattica disse:
“Signore, abbiamo raccolto sufficiente energia per riuscire a compensare quella da utilizzare durante l’attacco; inoltre il 10% delle navi segnalano che il livello energetico dei loro scudi è sceso
all’80% e continua a scendere.”
“Segnalate a tutte le batterie della nave di fare fuoco con i cannoni particellari e di sparare una sola
bordata.”
Tutti i centocinquanta cannoni particellari installati sullo scafo esterno dell’SDF1 fecero fuoco dirigendo i loro potenti fasci energetici verso una sola nave.
“Effettuare un’accurata scansione della nave colpita; determinare lo stato di tutti i suoi sistemi e dei
suoi scudi.”
Qualche istante più tardi I-5 comunicò ad Harry che i cannoni particellari non avevano avuto nessun effetto sulla nave attaccata.
“Come sospettavo. I loro scudi sono troppo resistenti per essere dissolti dai cannoni particellari; dovremo utilizzare le armi pesanti e distruggere quelle navi. I-5, attiva i cannoni al plasma primari e le
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torrette difensive. Attiva le procedure di lancio dei missili al plasma. Dai ordine a tutta la flotta di
attaccare e distruggere tutte le navi nemiche.
Bdoc, contatta l'ammiraglio Arcanio e dille di attenersi agli ordini senza tentare di compiere manovre azzardate. Dille che se proverà a fare qualche sciocchezza, salirò personalmente a bordo della
sua nave e la sculaccerò davanti a tutto il suo equipaggio.”
Le agili dita del robot manovravano velocemente i comandi mentre le navi della flotta di Harry iniziavano ad allontanarsi per ingaggiare battaglia. A centinaia i missili al plasma, armati alla massima
potenza, venivano lanciati verso le navi nemiche mentre i potenti cannoni al plasma riversavano sui
loro obbiettivi micidiali bordate d’energia.
Le navi di Harry si gettarono ad alta velocità verso i loro obbiettivi insinuandosi come agili serpenti
all’interno della formazione nemica riuscendo a sparpagliare le navi che la formavano. Una volta
che le navi si ritrovarono isolate le une dalle altre, per loro non ci fu più scampo visto che ognuna di
loro doveva affrontare tre navi molto più agili e veloci che disponevano di un’elevata potenza di
fuoco. Il risultato fu la totale distruzione di tutte e sessanta le navi, a fronte di nessuna perdita da
parte delle forze comandate da Harry che si complimentò con gli equipaggi per il lavoro svolto.
In meno di due ore tutte le navi furono completamente distrutte ed i loro rottami riempirono lo spazio vagando senza meta. Una volta che i sensori diedero la garanzia che nessun’altra nave nemica
era nella zona vennero lanciate molte spolette con il compito di recuperare quanto più materiale
possibile in modo da permettere ai tecnici di Tryma di analizzarli e scoprire, forse, qualcosa di utile.
Le operazioni durarono circa tre ore durante le quali Harry ed i tre rigeliani tentarono di convincere
il prigioniero delle loro buone intenzioni.
Anche se il capitano Pavel era un uomo tenace e determinato, il fatto che Harry avesse distrutto tutte le sessanta navi individuate lo aveva costretto a riflettere sulle parole di Harry. Se davvero quella
a cui aveva assistito fosse stata una commedia, le navi distrutte sarebbero state al massimo un paio e
non una flotta intera. Non era pensabile che un’operazione di spionaggio fosse talmente importante
da giustificare la distruzione di sessanta navi. La resistenza opposta dai ribelli non aveva ancora
raggiunto un livello tale da poter essere ritenuta particolarmente pericolosa. Nelle missioni più fortunate, infatti, i compagni di Settin riuscivano a distruggere cinque o sei navi, ma il prezzo che dovevano pagare era altissimo in termini di perdite subite. Il gruppo di comando aveva discusso a lungo di questo ed era ormai giunto alla conclusione che le azioni di quel tipo dovevano essere
completamente bloccate.
Era anche vero, comunque, il fatto che non poteva permettersi di condurre delle probabili spie alla
base dei ribelli, né poteva permettere che il suo comportamento mettesse a repentaglio la vita del
suo equipaggio. Era stato stupido da parte sua tentare di uccidere quel ragazzo che si faceva chiamare altezzosamente ‘ammiraglio’, ma era ancora troppo infuriato per la perdita della sua nave e
questo gli aveva fatto perdere completamente il controllo. Il fatto di perdere una nave è di per sé
una cosa molto irritante per un comandante, ma il modo con il quale la SOLARIA era stata catturata
lo aveva fatto uscire dai gangheri. Le armi utilizzate da Harry avevano messo completamente fuori
uso qualsiasi sistema a bordo lasciando la nave completamente alla mercé delle navi che l’avevano
attaccata. Molte volte Settin si era immaginato il momento in cui si fosse trovato a combattere la
sua ultima battaglia a bordo della sua nave, ma di certo non si era mai immaginato che sarebbe stato
sconfitto così tanto facilmente ed in un modo così poco glorioso.
Soltanto dopo dieci ore di discussione con Harry e gli altri tre uomini il capitano Pavel si convinse
ed acconsentì a condurre una delegazione sulla base ribelle dove avrebbe incontrato il gruppo di
comando della resistenza. Volle comunque delle garanzie da parte di Harry, a cominciare dal permesso di poter comunicare con la sua base, unitamente alla pretesa che il suo equipaggio fosse liberato.
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“Sarò ben lieto di accettare le sue richieste signor Pavel. Installeremo un sistema di sostentamento
vita di emergenza a bordo della sua nave e la traineremo alla vostra base. Io, lei, il signor Fallay, il
signor Parrel ed il signor Cresh saliremo a bordo della nave traino e, quando saremo sufficientemente distanti dalla flotta, le darò il permesso di comunicare con le forze che presiedono la vostra
base.”
“Come avrò la garanzia che non ci farà seguire dalle altre navi per poter attaccare la nostra base una
volta che sarà inquadrata sui vostri schermi sensoriali?”
“Non potrà avere questa certezza; si dovrà semplicemente fidare di noi, come noi dovremo fidarci
di lei accompagnandola completamente disarmati a bordo di una nave spoletta anch’essa priva di
sistemi d’arma.”
Il capitano Pavel si disse soddisfatto e fu così che le due navi lasciarono il resto della flotta che si
diresse verso un’altra zona più sicura sotto il comando dell’ammiraglio Dubanqua.
La spoletta era pilotata da Harry, mentre gli altri quattro uomini erano seduti alle sue spalle, nella
piccola stiva della nave occupata anche da un sistema di comunicazione d’emergenza fatto installare per dare la possibilità al comandante Pavel di comunicare con la sua base. Il viaggio si svolse
tranquillamente; i cinque uomini non parlarono molto, ma questo era del tutto prevedibile considerando le circostanze che li avevano fatti incontrare. Harry si dimostrò un abile pilota e questo impressionò sia Settin che Alvar. Soprattutto il ribelle era rimasto sorpreso di come quel ragazzo, che
aveva ritenuto un presuntuoso privo di qualsiasi esperienza e non dotato di alcuna qualità, riuscisse
a controllare sia la spoletta che la nave che aveva a traino. Se, infatti, pilotare una spoletta era considerato uno dei compiti più facili per un pilota ben addestrato, avere un carico agganciato con un
raggio traente rendeva la navigazione molto più difficoltosa, in quanto rendeva la nave meno manovrabile e meno pronta ad assecondare i comandi del pilota. Molti piloti considerati esperti avevano
avuto problemi quando si trattava di portare a traino una nave e gli incidenti non erano affatto rari;
quindi un pilota che riusciva a manovrare in maniera eccellente nonostante il carico a traino era
considerato un vero veterano della navigazione e veniva trattato con lo stesso riguardo del più abile
pilota di caccia stellari. Da parte sua, Harry era perfettamente conscio dello stupore dei suoi passeggeri e rise tra sé immaginando quello che stava pensando in quel momento il capitano Pavel.
Comunque, a parte questo, il viaggio non riservò nessun’altra sorpresa ai quattro passeggeri che si
limitarono ad osservare il panorama visibile dagli oblò della piccola nave. Lo spazio circostante era
riempito in maniera uniforme dal luccichio delle stesse che punteggiavano il buio del cosmo con la
loro debole luce bianca. Guardando quello spettacolo, Settin si domandò quante di quei soli erano
stati spettatori impassibili della scomparsa della razza umana ad opera dei robot impazziti che aveva
giurato di distruggere per vendicare la morte della sua famiglia. A quel pensiero il su sguardo si era
incupito ed ora l’espressione del suo volto era triste e sconsolata, al punto da spingere Derek ad avvicinarsi al capitando dicendo:
“È uno spettacolo magnifico non trova anche lei?”
“Sì, davvero magnifico. Mia figlia era innamorata di questo spettacolo e continuava a fissarlo anche
per ore dalla grande vetrata della sua stanza, sulla stazione spaziale dove vivevamo. Diceva che un
giorno avrebbe comandato una grande nave ed avrebbe continuato a viaggiare per sempre in mezzo
a quelle stelle.”
“Spero che riesca a realizzare questo sogno.”
“Non lo potrà più fare, purtroppo. Mia figlia è morta due anni fa, quando i robot hanno attaccato il
nostro sistema solare. Anche mia moglie è morta durante quell’attacco; da allora il solo scopo della
mia vita è quello di distruggere quelle maledette macchine per poter vendicare la loro morte.”
“Mi dispiace capitano, non avevo nessuna intenzione di farle ricordare un episodio così triste.”
“Non si preoccupi, la verità è che i ricordi riaffiorano da soli ogni volta che guardo le stelle, ma non
si preoccupi, tra poco sarà tutto passato. E poi penso che anche voi proviate i miei stessi sentimenti;
in fondo anche il vostro sistema è stato distrutto da quei maledetti.”
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“Per noi è diverso: è vero che quasi tutto il nostro popolo è stato sterminato, ma nessuno di noi tre
aveva una famiglia e quindi il nostro dolore è molto meno straziante del suo. È vero, abbiamo perso i nostri genitori, i nostri parenti ed anche i nostri amici, ma io ritengo che il dolore che un genitore prova quando perde un figlio sia inconsolabile. Inoltre, noi siamo impegnati nel tentativo di liberare la nostra gente che è tenuta prigioniera dal nemico e questo ci aiuta a non pensare troppo a
quello che è successo.”
Harrry continuava a pilotare apparentemente indifferente a quanto detto da Derek e Settin, ma in
cuor suo sentiva una rabbia incontenibile crescere dentro di sé. Quella rabbia aveva radici molto antiche ed era continuamente alimentata dalla consapevolezza di aver assistito impotente all’inizio
dell’incubo. Harry si scosse ed impedì alla sua mente di far riaffiorare dalla sua memoria i giorni
più cupi e tristi della storia dell’intera umanità. Si concentrò sui comandi e sul modo di convincere i
ribelli a collaborare con lui per aiutarlo a finire il lavoro che aveva iniziato più di sette secoli prima.
Solamente dopo parecchie ore dalla partenza Harry concesse al capitano Pavel di comunicare con
la sua base. Mezz’ora più tardi il convoglio veniva raggiunto da una trentina di caccia stellari che lo
scortarono sino alla base dei ribelli, situata su uno dei tanti asteroidi che si trovavano tra le orbite di
due pianeti in un sistema solare del tutto disabitato.
“È davvero curioso Ammiraglio: anche i ribelli hanno scelto di costruire la loro base all’interno di
un sistema solare del tutto disabitato.”
“Una volta, signor Parrel questo era uno dei sistemi solari più ricchi della galassia; i suoi abitanti
vivevano di commercio ed i gioielli che gli artigiani riuscivano a realizzare erano indossati dai regnanti di tutta la galassia.
Un giorno, però, una flotta di robot attaccò il sistema e lo lasciò in totale rovina; uccise quasi tutta
la popolazione, risparmiando solamente qualche milione di persone che vennero deportate per chissà quali scopi.”
L’atmosfera all’interno della piccola nave divenne cupa e silenziosa; nessuno aprì più bocca fino al
momento dell’atterraggio sull’asteroide. La spoletta fece atterrare delicatamente la nave trainata su
di una piattaforma d’attracco per poi attraccare essa stessa su di una piattaforma vicina.
Una volta finite le operazioni di aggancio, i quattro membri dell’equipaggio della spoletta vennero
presi in consegna da una decina di guardie armate e scortati in una piccola stanza per nulla paragonabile alle lussuose cabine dell’SDF1.
“Cosa pensa che abbiano intenzione di fare di noi ammiraglio? Crede davvero che il capitano Pavel
farà in modo di combinare un incontro con i capi della resistenza?”
“Spero di sì Console Fallay, altrimenti sarò costretto ad organizzarlo da solo, il ché mi costringerebbe a mettere fuori combattimento l’intera guarnigione di guardie della base, e questo sarebbe
davvero il modo peggiore per iniziare un dialogo pacifico, non crede?.”
“Sembra davvero sicuro di sé ammiraglio, ma sono davvero curioso di sapere come ha intenzione di
attuare il Suo piano visto che non abbiamo nessuna arma a disposizione e che siamo rinchiusi in
questa cella, apparentemente senza alcuna via d’uscita.”
“Non si preoccupi guardiamarina; a suo tempo, se sarà necessario, le mostrerò come sia facile mettere in pratica il mio piano avendo le giuste conoscenze tecnologiche. Spero comunque di non essere costretto ad usare le maniere forti; preferirei che il capitano Pavel mantenesse la sua parola. Come ho già detto, sarebbe davvero il peggior modo di fare conoscenza con queste persone.”
“Sono pienamente d’accordo con lei ammiraglio. Durante la mia carriera politica sono stato costretto ad utilizzare le maniere forti per costringere alcune fazioni a sedersi ad un tavolo diplomatico,
ma quasi sempre i risultati sono stati disastrosi. Se ci vedremo rifiutata la nostra richiesta di incon89
trare i capi di questi ribelli, non avremo praticamente speranze di poter stipulare un’alleanza sincera
con loro e per il nostro popolo sarà la fine.”
“Non è del tutto corretto Console. Infondo, la flotta dell’ammiraglio…”
Harry si affrettò a porsi alle spalle di Derek e a premere una mano sulla sua bocca per impedire che
pronunciasse un’altra parola. Si affrettò poi a dire a voce bassa:
“In questa stanza sono stati installati dei microfoni; cercate di non dire nulla che possa in qualche
modo fornire informazioni utili al nemico.”
Lasciò infine libero il giovane rigeliano che si massaggiò il visto dolorante allontanandosi istintivamente dal suo assalitore mentre diceva a bassa voce.
“Come fa a sapere che i nostri dialoghi sono sotto controllo?”
“Sto utilizzando un sistema sensoriale portatile che sono riuscito a non far scoprire durante la
perquisizione a cui siamo stati sottoposti. Adesso, comunque, dobbiamo concentrare tutti i nostri
sforzi nel tentativo di riuscire ad ottenere l’appoggio dei ribelli. Per riuscire a salvare i prigionieri è
di vitale importanza per noi riuscire ad ottenere il maggior numero di informazioni possibile e gli
unici che siano in grado di fornircele sono questi uomini.
Per il momento quindi cercheremo di restare tranquilli e di non irritare i compagni del capitano Pavel; se comunque entro sei ore la situazione non muterà interverrò per sbloccarla. Purtroppo il tempo a nostra disposizione scarseggia e non possiamo permetterci di essere troppo diplomatici.”
Passarono più di cinque ore da quando Harry pronunciò quelle parole. Furono ore cariche di tensione che stava velocemente logorando i nervi dei tre rigeliani.
Ognuno dei prigionieri rimaneva in silenzio per evitare di lasciarsi sfuggire qualche particolare che
fosse stato utile ai loro carcerieri. Ad Harry la situazione non dispiaceva affatto, anzi, il fatto di trovarsi in quel luogo isolato e tranquillo gli permetteva di rilassare la sua mente. Essere seduto con la
schiena appoggiata alla parete, l’ascoltare il ritmo regolare del suo respiro ed osservare senza nessun interesse la parete davanti a lui lo aiutava a liberare i suoi ricordi e di suoi pensieri che solitamente doveva tenere imbrigliati per impedire che lo distraessero.
Fu così che i frammenti dei suoi ricordi iniziarono a riaffiorare, dapprima in maniera confusa, poi
con sempre maggior chiarezza ed alla fine presero corpo in un susseguirsi logico di immagini. Iniziò a rivedere l’esterno della sua fabbrica, la grande vetrata che permetteva l’ingresso nell’ampio
atrio. Rivide la segretaria robot che gli dava il buon giorno da dietro il bancone delle informazioni,
mentre il suo segretario lo raggiungeva con passo svelto e si affrettava a prendere la sua valigetta
mettendolo al corrente degli appuntamenti più importanti.
“Davvero una giornata pesante, non credi anche tu John?”
“Indubbiamente signore. Se mi permette, vorrei suggerirle di leggere gli ultimi aggiornamenti sul
rapporto riguardante la situazione economica della Simatec: da quello che ho sentito, ieri è stata
davvero una giornata nera per le loro azioni in borsa.”
“Sì, credo che il loro valore si sia abbassato di oltre dieci punti. Penso che riusciremo ad ottenere un
ottimo prezzo d’acquisto; non penso che i loro dirigenti si possano permettere di aspettare ancora ed
ormai non ci sono molte società disposte ad accollarsi i loro debiti.”
I due uomini giunsero di fronte alla porta dell’ufficio di Harry e si salutarono mentre il presidente
della RoboticheRiunite entrava nell’ampia sala. Si diresse verso la scrivania, odorando l’invitante
profumo del caffè caldo che saliva dal vassoio che era appoggiato sul tavolo. Harry si sedette e,
mentre gustava i primi sorsi, attivò il suo computer e si connetté alla rete protetta che lo metteva in
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comunicazione con le altre tre fabbriche che facevano parte del gruppo RR. Le tre società, di cui
Harry deteneva il pieno controllo, erano presiedute da Manella Dubanqua, Tryma Arcanio e Loa
Maren. Loro condividevano con Harry un grande sogno, quello di costruire dei robot che non fossero più controllati dalle tre leggi della robotica, ma da nuove leggi che dessero nuovo vigore
all’umanità, che spronassero gli uomini ad alzarsi dalla sedia dorata su cui si erano seduti per riprendere la conquista della galassia.
La connessione fu stabilita in breve tempo e venne immediatamente protetta da un complesso programma che criptava il segnale in modo da renderlo completamente incomprensibile a chiunque
cercasse di intercettarlo senza avere l’opportuno software. Harry iniziò a scrivere.
H-Salve. Tutto bene?
M-Qui tutto bene. Hai letto le ultime stime azionarie della Simatec?
L-Credo che oggi riusciremo ad acquisirla finalmente.
H-Lo penso anch’io. Penso di ridurre di qualche milione i termini della nostra offerta, in fondo ora
possiamo anche permetterci di fare i nostri interessi.
M-Ottima idea, ma stai attento a non esagerare.
H-Naturalemte.
H-Cambiando discorso, avete fatto qualche progresso nelle vostre ricerche?
L-I miei ricercatori stanno ultimando i progetti di cui ti ho parlato ieri, ma incontrano delle difficoltà per quanto riguarda la stabilizzazione del segnale d’uscita del bisturi ad ultrasuoni. Ha delle
fluttuazioni improvvise che degenerano i tessuti sani e causano gravi danni al paziente. Il dottor
Fushima, il coordinatore di quel progetto, non riesce a capirne l’origine e fino a quando non saremo riusciti a farlo, sarò costretta a rimandare l'inizio degli altri progetti che si basano su quella
tecnologia.
H-Potresti chiedere a Tryma di darci un’occhiata, in fondo le sue conoscenze in questo campo sono
molto più approfondite rispetto alle nostre. A proposito, come mai non si è ancora connessa stamattina?
M-Non lo so. Ieri sera abbiamo parlato e mi ha detto che si sarebbe riconnessa stamattina dandoci
una splendida notizia. Ha detto che non poteva dirmi di più perché altrimenti avrebbe rovinato la
sorpresa.
H-Proverò a chiamarla con il videotelefono. Forse è impegnata in laboratorio e non può contattarci. Aspettate in linea mentre chiamo.
Harry attivò il videotelefono e chiamò l’ufficio di Tryma. Come al solito, rispose la sua segretaria
che disse:
“Buon giorno signor Seldon, cosa posso fare per lei?”
“Salve Nicolle. Vorrei parlare con la signorina Arcanio, per favore.”
“Mi dispiace signore, ma la signorina Arcanio non è ancora arrivata… Aspetti un momento; è entrata proprio in questo momento.”
Lo schermo del video telefono mostrò Nicolle mentre, coprendo con una mano il microfono del telefono, parlava con qualcuno non inquadrato dalla telecamera. Pochi istanti più tardi accostò di nuovo la cornetta all’orecchio dicendo:
“La signorina Arcanio ha detto di riferirle che la chiamerà dal suo ufficio.”
“La ringrazio Nicolle. Arrivederci.”
“Arrivederci signore.”
Harry riappese la cornetta e ritornò al suo computer.
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H-Tutto bene; è arrivata solamene un po’ in ritardo. Si dovrebbe connettere tra poco.
Dopo qualche minuto, infatti, Tryma iniziò a scrivere:
T-Salve a tutti. Scusate per il ritardo, ma stamattina il traffico qui è davvero un infermo. Ormai
siamo arrivati ad una situazione insostenibile. In meno di dieci chilometri si sono contati più di
venti incidenti.
L-Mi domando come fai a vivere in quella città. Ormai la popolazione è diventata talmente numerosa che la gente non riesce quasi più a spostarsi a piedi.
T-Adesso non esageriamo. È vero. La popolazione ha raggiunto i cento milioni di abitanti, ma la
situazione è ancora abbastanza sopportabile. Comunque, credo che non dovrò sopportare ancora
per molto questa vita.
H-Hai intenzione di trasferire la sede della tua industria?
T-In un certo senso sì: ho terminato i progetti del’SDF1 e sono pronta ad iniziare la sua costruzione quando volete. Se daremo immediatamente inizio ai lavori, entro un anno avremo a disposizione
una nave in grado di raggiungere la superficie lunare.
H-Questa è davvero una splendida notizia.
L-Dobbiano complimentarci con te per lo splendido lavoro svolto.
T-Oh, andiamo ragazzi. Ho semplicemente fatto la mia parte, esattamente come state facendo voi.
M-Certo, ma tu dovevi fare la parte più difficile del lavoro. Non credo affatto che il progettare una
supercorazzata stellare ed il suo computer centrale si possa in qualche modo paragonare a quello
che stiamo facendo noi.
T-Manella, ti prego. Se non sbaglio, tu hai il compito di progettare e costruire la stazione sulla luna ed anche questa è una cosa che certo non è facile. Anche Harry e Loa devono svolgere compito
lunghi e complessi, quindi cerchiamo di non esagerare con i complimenti. Ho semplicemente progettato una nave che tra l’altro avrà bisogno di un’infinità di modifiche una volta che saremo riusciti a portarla fuori dalla giurisdizione terrestre1.
H-Quello che dici è vero, ma resta comunque il fatto che questo è un gran giorno per noi. Oggi il
nostro sogno inizia finalmente a realizzarsi. Quello che fino a poco tempo fa ci sembrava un’utopia
ora sta finalmente divenendo realtà.
M-Ricordati Harry che comunque dobbiamo fare ancora molta strada prima che qualcosa inizi a
concretizzarsi e durante il cammino si possono presentare ancora innumerevoli ostacoli.
L-Sono d’accordo. Per esempio, come hai intenzione di costruire l’SDF1 se non siamo proprietari
di nessun cantiere navale?
M-A questo ho già pensato io: su richiesta di Harry ho contattato una società specializzata nella
costruzione di grossi mercantili che aspetta solamente i progetti di Tryma per iniziare i lavori.
L-Come mai io non ne sapevo niente?
T-Non abbiamo avuto il tempo di avvertirti visto che l’occasione ci si è presentata durante l’ultimo
convegno a cui abbiamo partecipato io e Manella. Harry l’ha saputo solamente ieri, ma si è detto
soddisfatto; spero che lo sia anche tu.
L-Naturalmente. In fondo, ogni nuovo progresso che riusciamo a fare ci avvicina sempre di più alla meta; volevo solamente sapere come mai non ero stata informata. Comunque, ora che mi avete
spiegato tutto, sono ansiosa di festeggiare il lavoro fatto da Tryma.
H-Credimi, anch’io sarei felice di festeggiare insieme a tutte voi, ma purtroppo ultimamente gli agenti della sicurezza planetaria controllano in maniera sempre più insistente i miei movimenti. In
1
Giurisdizione terrestre. Durante gli ultimi tre secoli di predominio della Terra nei confronti delle colonie spaziali, le
autorità militari convinsero i capi di stato ad approvare una legge che impediva la costruzione di navi da guerra private
su tutti i territori posti sotto il diretto controllo amministrativo e giudiziario della Terra. Questa legge era stata voluta
per tentare di arginare e rendere impossibile qualsiasi tentativo di ribellione delle colonie che con sempre maggiore insistenza continuavano a chiedere il riconoscimento della loro indipendenza.
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questi giorni non posso permettermi di avere degli incontri con altri soci al di fuori dell’orario di
lavoro. Se lo facessi, sicuramente i servizi sguinzaglierebbero degli altri agenti per sorvegliarli,
rendendo ancora più difficile la situazione.
M-Se è per questo, anche i nostri collegamenti protetti sono un chiaro invito rivolto agli agenti di
iniziare a mettere sotto controllo anche noi tre, non credi?
L-Non necessariamente; al giorno d’oggi non è affatto infrequente che i dirigenti di una multinazionale contattino i loro soci attraverso linee protette, piuttosto che spostarsi di persona od affidarsi a loro dipendenti. Ormai lo spionaggio industriale ha raggiunto livelli quasi intollerabili, continuamente alimentato dalla concorrenza di mercato. Sono convinta che arriveremo a vedere lo
scoppio di vere e proprie guerre fra le varie multinazionali per avere il controllo delle ultime scoperte tecnologiche.
T-Fortunatamente per noi, se tutto andrà secondo i nostri piani non ci dovremo preoccupare di
questa eventualità. Entro due anni saremo in grado di stabilirci definitivamente sulla Luna, e li sarà molto difficile riuscire a spiarci, non credete?
H-Non ti dimenticare che le nostre industrie continueranno ad operare sulla Terra; anche se tutta
l’attività riguardante la flotta si svolgerà sulla luna, le risorse economiche necessarie a portare
avanti il nostro progetto continueranno a provenire dai proventi del gruppo RR. Dobbiamo sempre
tener presente che le nostre industrie e le loro subordinate non devono in nessun modo essere sospettare di svolgere attività occulte, altrimenti per noi sarebbe impossibile continuare a perseguire
i nostri scopi.
……..
“Ammiraglio Seldon… Ammiraglio Seldon…”
Harry fu distratto dalla voce di Derek che lo stava chiamando indicando la porta della cella che si
stava aprendo lasciando entrare una guardia che disse:
“Signori, siete attesi dal comitato della resistenza. Vi prego di seguirmi senza fare troppe storie; vi
avverto che la mia squadra ha ricevuto il permesso di uccidervi se vi azzarderete a tentare di sfuggire alla nostra custodia.”
“Le garantisco che non tenteremo alcuna mossa azzardata. La nostra unica intenzione è quella di
parlare al comitato e quindi saremo ben lieti di seguirvi.”
I prigionieri vennero accompagnati fuori dal piccolo palazzo adibito a prigione e si ritrovarono nella grande grotta sotterranea che ospitava la base della resistenza dove erano attesi da una decina di
guardie di sicurezza che avevano il compito di scortarli. Harry ed i rigeliani vennero accompagnati
verso un'altra struttura vicina costruita interamente in metallo e sovrastate dalle grandi antenne per
la comunicazione via iper-onda. Apparentemente era stata costruita per resistere ai colpi dei cannoni al plasma visto che l’intera struttura era ricoperta da lastre di tritanio1, riconoscibili per il caratteristico colore marrone chiaro.
Le guardie scortarono i prigionieri all’interno della struttura, in una piccola sala riunioni arredata
solamente con un piccolo tavolo di metallo e da una decina di sedie. Le pareti erano spoglie ed anche l’illuminazione era scarsa; evidentemente le risorse dei ribelli non erano molte e quindi, durante
la costruzione della base, si era cercato di eliminare ogni possibile spreco. Le guardie fecero cenno
ai quattro di sedersi ed uscirono; pochi istanti più tardi la porta della sala si aprì di nuovo lasciando
entrare due uomini. Erano abbastanza giovani, non dovevano avere più di quarantacinque anni fi1
Tritanio. Lega metallica altamente resistente. Le sue caratteristiche la rendono ideale per la costruzione degli scafi
delle navi stellari, sia civili che militari. Il solo inconveniente di questa lega è costituito dall’elevato costo di produzione
che impedisce la sua diffusione su larga scala.
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siologici, ma nonostante questo incutevano un certo timore reverenziale. Questo, naturalmente, non
avrebbe influenzato minimamente il giudizio o le azioni di Harry che iniziò immediatamente a studiare quelli che, molto probabilmente, sarebbero stati i suoi interlocutori con cui si sarebbe dovuto
scontrare. I due si sedettero su due poltrone poste all’altro capo del tavolo, parzialmente nascoste
dalla sua ombra, ed aspettarono qualche istante prima di iniziare a parlare:
“Chi di voi è l’ammiraglio Harry Seldon?”
“Sono io. Potrei sapere con chi ho il piacere di parlare?”
“I nostri nomi non hanno importanza. Lei parlerà solamente con me e quindi non ha nessun bisogno
di conoscere il mio nome. Facciamo parte del gruppo che guida la rivolta contro le macchine assassine; il capitano Pavel è uno dei nostri uomini migliori ed il motivo che ci ha convinti a concedervi
questo colloquio è il semplice fatto che ce lo avete riconsegnato vivo assieme al suo equipaggio.
Non illudetevi, comunque, altre volte le macchine ci hanno teso delle trappole, ma ormai abbiamo
imparato la lezione.”
“Visto che avete deciso di non fidarvi, è inutile da parte mia garantirvi che non si tratta di una trappola. Arriverò quindi subito al nocciolo della questione: l’uomo che è seduto alla mia destra, che ci
crediate o no, è l’ultimo Console eletto dal popolo rigeliano prima che le macchine razziassero il sistema di Rigel oltre trecento anni fa. Lui mi ha chiesto di aiutarlo a salvare le migliaia di persone
che sono state catturate dalle macchine e portate sulla loro base ed io ho accettato. Durante una missione di ricognizione, un nostro ricognitore ha assistito ad uno scontro tra una flotta di navi nemiche
ed uno dei vostri gruppi di intercettori ed incrociatori leggeri ed ho capito quasi subito che avrei
dovuto contattarvi per chiedere il vostro aiuto visto che sicuramente voi disponete di informazioni
più dettagliate sulla base nemica rispetto a noi.”
“Lei è completamente pazzo, ammiraglio. Come può pretendere che le crediamo quando afferma il
fatto che quest’uomo è il Console Ennius Fallay, un uomo che è nato più di trecentocinquanta anni
fa. Come avrebbe potuto sopravvivere fino ad oggi? All’apparenza non dimostra di avere più di settant’anni.”
“La spiegazione è molto semplice: abbiamo viaggiato attraverso un tunnel temporale per inseguire
la nave prigione che trasportava i prigionieri rigeliani.”
Quella frase sembrava aver stupito l’altro uomo che fino a quel momento era rimasto seduto in penombra ad osservare tutta la scena. Le sue movenze erano molto lente, quasi volessero trasmettere
un senso di importanza e di saggezza. L’interlocutore di Harry proseguì:
“Quindi voi ammettere di conoscere la tecnica del viaggio temporale, non è così? Mi dispiace amico, ma ti sei tradito con le tue stesse mani: nessuno, a parte le macchine, conosce il modo per aprire
un tunnel temporale. Molte volte i nostri tecnici hanno provato a replicare quella tecnologia, ma tutti i nostri tentativi sono falliti. Dicendo che avete viaggiato nel tempo avete ammesso di essere alleati dei nostri nemici e quindi delle spie al loro servizio. Mi dispiace, ma verrete giustiziati.”
Derek ed Alvar iniziarono ad agitarsi sulle loro sedie mentre Ennius ed Harry, invece, rimanevano
impassibili. I due giovani rigeliani avrebbero voluto gridare la loro innocenza da quelle accuse, ma
si trattennero confidando nelle capacità del loro Console. Fu invece Harry a controbattere dicendo:
“Vi sembra tanto strano pensare che altri, oltre alle macchine, siano riusciti a scoprire i segreti dei
viaggi temporali? Il semplice fatto che i vostri tecnici non siano riusciti a portare a termine i loro
esperimenti non significa necessariamente che l’uomo non possa in alcun modo padroneggiare tale
tecnologia. Del resto, se dovessimo seguire il suo ragionamento, anche voi dovreste essere nostri
alleati visto che, come noi, avete sviluppato la tecnologia del mascheramento sensoriale eppure non
è affatto così.”
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“Questo lo ammetto ammiraglio; resta comunque il fatto che nessuno dei sistemi solari abitati di
questa galassia è in possesso di una tecnologia tanto avanzata da permettergli di viaggiare nel tempo. Quindi, fino a quando non riuscirete a portarci una prova contraria, noi vi riterremo dei traditori
della razza umana e vi tratteremo come tali.”
“Agite pure come meglio credete. Io non ho alcun problema ad essere imprigionato; posso comunque garantirle due cose: innanzitutto i vostri tecnici che ora stanno cercando di analizzare la mia
nave non riusciranno nemmeno a scalfire la sua vernice; in secondo luogo, voi sarete costretti ad
aiutarci, volenti o nolenti. Non mi interessa se ci vorranno dei giorni o dei mesi, ma questo accadrà,
ve lo prometto.”
“Lei può dire quello che vuole, ma per il momento siamo noi a dettare le regole del gioco. Per il
momento verrete ricondotti in cella, in attesa che il gruppo di comando decida cosa fare di voi.
Il membro del gruppo che guidava la rivolta chiamò le guardie e diede ordine di imprigionare nuovamente Harry ed i tre rigeliani, ma questa volta in una cella di massima sicurezza.
Prima di varcare la porta, Harry ebbe il tempo di udire l’uomo dire al suo compagno:
“Vedremo come quello sbruffone ha intenzione di costringerci ad aiutarli.”
Per tutto il percorso il giovane ammiraglio non disse una parola continuando a guardare fisso davanti a sé. Continuò a rimanere in silenzio anche quando si trovò di nuovo in cella, restando seduto
in un angolo con lo sguardo perso nel vuoto. Infine, dopo qualche ora, aprì improvvisamente gli
occhi che fino a quel momento aveva tenuto chiusi e disse con voce decisa:
“Vi prego, avvicinatevi alla parete di fronte a me e copritevi gli occhi.”
Ennius fece segno ai suoi due compagni di fare quanto aveva detto Harry. Quando fu certo che i tre
rigeliani erano abbastanza lontani, Harry pronunciò una frase a bassa voce, mormorando tra sé e sé
qualcosa che né Ennius, né gli altri due uomini riuscirono ad udire.
Dopo di ciò, nella cella si iniziò ad udire il rumore di un generatore d’energia. Era un ronzio regolare e sommesso che poteva essere udito chiaramente soltanto se il silenzio era assoluto. I tre rigeliani, d’istinto, aprirono gli occhi e videro la sorgente di quel rumore: Harry era all’interno di una
strana armatura di color marrone chiaro. Il suo volto era appena riconoscibile attraverso la visiera
trasparente del casco che indossava. Sulle spalle c’erano due grandi sporgenze a forma di semisfera,
anch’esse costruite, apparentemente, dallo stesso materiale dell’armatura. Questa non era troppo voluminosa e rispecchiava abbastanza fedelmente la fisionomia del corpo di Harry. Derek non riuscì a
trattenere oltre il suo stupore ed esclamò:
“Ammiraglio, ma da dove proviene questa armatura?”
“Adesso non ha importanza signor Parrel. Voglio che voi rimaniate qui dentro; qualsiasi cosa succeda non vi dovete muovere. Non appena uscirò da questa cella si scatenerà una battaglia furibonda
e non voglio preoccuparmi di proteggervi. Se saprò che voi siete qui potrò agire più liberamente.”
“D’accordo ammiraglio, faremo come vuole Lei, ma preferiremmo avere qualche arma per difenderci.”
“Capisco le sue esigenze Console, ma non posso accontentarvi. Le mie armi funzionano solamente
se alimentate dal generatore di questa armatura, altrimenti non sono altro che un mucchio di ferri
vecchi.
Adesso è ora di andare; mi raccomando: rimanete qui dentro e cercate di non attirare troppo
l’attenzione.”
Detto questo si avvicinò alla porta e, dopo qualche secondo, l’aprì come se non fosse mai stata
bloccata da un sofisticato sistema di serrature elettroniche molto resistenti. Appena uscito, saldò tra
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di loro le due sezioni della porta scorrevole in modo da impedire che si aprissero scomparendo
all’interno dei due lati della parete e si diresse con passo deciso verso quello che il computer che
equipaggiava la sua armatura aveva identificato come l’hangar principale della base.
Come aveva previsto, la battaglia scoppiò presto, non appena un gruppo di guardie individuò Harry
e diede l’allarme. Immediatamente i colpi delle armi al plasma iniziarono a sfrecciare all’interno dei
corridoi della prigione mentre le pesanti porte di sicurezza che avevano il compito di bloccare i corridoi della base venivano abbassate in modo da intrappolare l’intruso. La cosa non preoccupava minimamente Harry visto che i servomotori dell’armatura riuscivano ad amplificare di centinaia di
volte la forza dell’uomo che la stava utilizzando, permettendo al ragazzo di abbattere le spesse lastre d’acciaio temperato che gli bloccavano la strada, nonostante pesassero parecchie tonnellate.
Quando infine riuscì a raggiungere l’esterno della prigione e si trovò di fronte alcuni battaglioni di
guardie che lo attaccavano con dei fucili al plasma, attivò i sistemi d’arma della sua armatura, ma
non utilizzò le sue armi al plasma. Si limitò invece ad attivare le armi meno potenti che aveva a disposizione, cioè due mitragliatrici leggere che sparavano dei proiettili di xentox1 cavi che contenevano un forte anestetico il cui effetto narcotizzante aveva effetto pochi decimi di secondo dopo essere stato iniettato. I proiettili erano mossi da una serie di potenti campi elettromagnetici che venivano generati dalla mitragliatrice stessa con una frequenza tale da permettere all’arma di sparare
cinquecento colpi al minuto. Questo rendeva possibile all’ammiraglio di abbattere qualsiasi soldato
gli si parasse innanzi senza dargli la possibilità di attaccarlo ed al contempo lo rendeva sicuro di
non nuocere a nessuno, cosa che era di estrema importanza per la riuscita del suo piano.
Nonostante si trovasse sotto un pesante fuoco incrociato, lo scudo dell’armatura di Harry, costruita
da Tryma e da lei battezzata ‘armatura d’assalto’ per le sue doti di estrema maneggevolezza e leggerezza riusciva a proteggere senza alcun problema l’ammiraglio, permettendogli di attraversare le
varie linee di difesa che venivano approntate dalle forze ribelli. Utilizzando i propulsori al plasma
di cui era dotata l’armatura, Harry riusciva a piombare alle spalle delle postazioni nemiche effettuando dei balzi che gli facevano sfiorare l’alta volta della grotta in cui si trovava.
Seguendo il suo piano, il ragazzo rinunciò ad avanzare verso l’hangar principale, soffermandosi ad
ingaggiare battaglia con le forze di sicurezza e cercando di procurare loro il maggior numero di
perdite. Non si preoccupò minimamente del fatto che molte delle navi che erano custodite nella base fossero riuscite a decollare, in fondo non era sua intenzione danneggiarle, e comunque sarebbe
riuscito comunque a sabotarle, anche se ora si stavano allontanando a grande velocità dall’asteroide.
In breve tempo riuscì ad avere ragione delle forze nemiche, costringendo le guardie a retrocedere ed
a rifugiarsi nei vari edifici che erano stati costruiti nella grotta, lasciando quindi Harry libero di raggiungere il suo obbiettivo. Una volta penetrato all’interno dell’hangar, si guardò intorno aspettando
che il computer gli desse le coordinate esatte del suo obbiettivo. Dopo pochi secondi il mirino automatico comparì sulla visiera del casco indicando al giovane ammiraglio il punto esatto da colpire.
Harry, attraverso gli impulsi elettrici del suo cervello, ordinò al computer dell’armatura di aprire le
estremità inferiori delle due sporgenze semi sferiche sulla parte posteriore del busto dell’armatura
in modo da permetterli di utilizzare i propulsori: le semisfere, infatti, non erano altro che due propulsori al plasma che avevano molteplici funzioni; oltre a permettere ad Harry di compiere balzi fenomenali, erano in grado di far volare l’armatura fornendo una notevole spinta propulsiva talmente
elevata da permettere ad Harry di sfuggire persino all’attrazione gravitazionale di un pianeta.
Harry fece un balzo e si diresse verso la volta dell’hangar continuando a schivare i colpi delle armi
nemiche e mettendo fuori combattimento molte guardie utilizzando le sue mitragliatrici.
Quando ebbe raggiunto il grande soffitto a volta illuminato da decine di potenti fari, piazzò una
bomba ad alto potenziale in un punto ben preciso e si allontanò di qualche decina di metri. Quando
1
Xentox. Tipo di materiale plastico utilizzato per applicazioni di carattere medico. Tra le sue particolarità degne di nota vi è la sua scarsa resistenza agli urti.
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si trovò a distanza di sicurezza, fece brillare l’esplosivo che squarciò gli spessi pannelli quadrati di
acciaio di cui era costituito il soffitto facendone precipitare al suolo alcuni. Quando la polvere generata dall’esplosione si diradò, gli uomini a terra poterono vedere la breccia che si era formata; era
larga qualche metro e permise ad Harry di raggiungere il suo vero obbiettivo, cioè il livello superiore dove si trovava il computer centrale della base. Fortunatamente le forze ribelli non avevano intuito il piano di Harry e, credendo che volesse distruggere le navette protette dall’hangar, vi avevano
fatto convergere tutte le forze di sicurezza lasciando sguarnito il resto della base. Fu quindi facile
per Harry aver ragione delle poche guardie rimaste a controllare la porta d’accesso alla sala del
computer centrale. In pochi istanti la fece saltare e finalmente poté accedere alla consolle di
controllo del potente calcolatore, mentre i microfoni del casco gli permettevano di udire le grida dei
comandanti dei vari battaglioni mentre incitavano i loro uomini a correre verso la sala del computer
centrale.
Per un istante Harry sorrise, poi si riconcentrò su quanto doveva ancora fare ed iniziò a portare a
termine la parte finale del suo piano. Le sue dita si muovevano agili sulla tastiera del computer, per
nulla impacciate dai guanti di tritanio dell’armatura; in pochi minuti riuscì a finire il suo lavoro ed
uscì nel corridoio per aspettare di essere raggiunto dalle forze di sicurezza che sopraggiunsero poco
dopo. Harry si affrettò a dire:
“Vi avverto che ho introdotto un potente e devastante virus all’interno del vostro computer centrale.
Se non convocherete immediatamente i vostri capi e non mi farete parlare con loro attiverò il virus
e per la vostra ribellione sarà la fine.”
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-7-
L
e guardie rimasero immobili e non tentarono nessuna azione per catturare l’intruso; si limitavano a tenerlo sotto tiro. Evidentemente le parole che Harry aveva pronunciato avevano in
qualche modo avuto effetto ed ora nessuno si arrischiava a fare una mossa per paura delle
conseguenze che quell’azione avrebbe potuto comportare. Da parte sua, Harry si limitava a
rimanere immobile davanti alla porta spalancata della sala computer, protetto all’interno della sua
armatura d’assalto che, con la sua mole, occupava gran parte della porta, lasciando intravedere a
malapena qualche particolare della consolle principale del computer. Il ragazzo lasciò trascorrere
qualche minuto prima di ribadire la sua richiesta di parlare con i capi della resistenza.
“Fatemi parlare con i vostri capi, altrimenti attiverò il virus e per voi sarà la fine.”
Questa volta sembrava che le minacce avessero convinto alcuni ufficiali che infatti si allontanarono
di corsa per ritornare qualche minuto più tardi accompagnati da una decina di uomini, tra cui anche
il capitano Pavel ed i due che Harry aveva incontrato nella sala riunioni.
“Ammiraglio, mi hanno riferito che Lei ha infettato il nostro computer centrale con un virus, è vero
questo?"
“Sì, è vero. Se qualcuno cercherà di eliminarlo, il virus si attiverà da solo e per i vostri sistemi informatici sarà la fine. Voglio essere il più chiaro possibile signori: non mi sto riferendo ai soli sistemi di questa base, ma anche a tutti quelli installati a bordo delle vostre navi. Se il virus venisse
attivato trasformerebbe in pezzi si silicio bruciato qualsiasi circuito elettronico collegato con un sistema di trasmissione via iper-onda.”
“Comprendo ammiraglio.”
“È anche inutile disconnettere le vostre antenne di trasmissione visto che ho collegato il computer
con una mia antenna portatile. Se qualcuno cercasse di disconnetterla il virus si attiverebbe ed entro
tre secondi sarebbe trasmesso integralmente. Come vedete non potete in alcun modo neutralizzare il
mio programma; la sola cosa che vi resta da fare è quella di trattare.”
Sorprendentemente fu l’altro uomo a rispondere, quello che si trovava nella sala riunioni protetto
dalla penombra creata dalla tenue luce delle lampade poste sul soffitto. Ora finalmente Harry poteva vederlo chiaramente e rimase sorpreso nel vedere che, contrariamente a quello che aveva creduto, era un uomo anziano, probabilmente aveva superato la soglia dei sessantacinque anni fisiologici
già da qualche tempo. Il suo fisico sembrava comunque ancora ben allenato ed anche le rughe sul
suo viso si distinguevano a malapena; era sicuramente per questo che la prima volta aveva creduto
di trovarsi di fronte ad un quarantenne. L’uomo aveva i capelli completamente bianchi, ma gli occhi
sembravano quelli di un ragazzo e questo ricordava ad Harry il vecchio Console rigeliano,
all’apparenza inoffensivo, ma in realtà capace di dare ancora del filo da torcere ad un uomo molto
più giovane di lui.
Lo sconosciuto disse:
“A quanto sembra ammiraglio non ci ha lasciato molta scelta. Potremmo sapere quali sono le Sue
richieste?”
“Io ho bisogno di una sola cosa, e cioè del vostro aiuto per riuscire a liberare le persone imprigionate all’interno della base dei robot e per riuscire a distruggerla; non chiedo altro. Se voi aveste acconsentito di aiutarmi fin dall’inizio, tutto questo non sarebbe mai accaduto.”
“Faremo come dice ammiraglio visto che non possiamo in alcun modo ribellarci; prima, però, le
vorrei esprimere tutta la mia ammirazione per quello che ha fatto oggi. Da solo è riuscito a mettere
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fuori combattimento più della metà delle nostre truppe senza uccidere nessuno dei nostri uomini. La
Sua è stata davvero un’impresa degna di un valoroso. Ciò non toglie, comunque, che noi collaboriamo con Lei contro la nostra volontà, costretti dal suo ricatto e quindi non può certo aspettarsi la
nostra piena comprensione ed il nostro pieno appoggio.”
“Invece è proprio quello che mi aspetto, non tanto per il fatto che posso distruggere tutti i vostri
computer con un semplice comando, ma per il fatto che anche a voi serve il mio aiuto. Ho visto di
quali forse disponete ed ho visto con quanto coraggio sapete combattere, ma le vostre navi sono solamente dei giocattoli se paragonate a quelle di cui dispone il vostro nemico. Al contrario, la mia
flotta è composta da navi molto potenti che sono già riuscite ad abbattere sessanta navi dei robot
che ci hanno attaccato poco meno di dieci ore fa; lo stesso capitano Pavel ve lo può testimoniare.”
“Settin ci ha già riferito tutto ciò che è accaduto e devo ammettere che siamo rimasti molto sorpresi
nell’udire la facilità con cui quelle navi sono state distrutte, ma nonostante questo, la distruzione
della base nemica sarà un’impresa estremamente difficile anche per le Sue forze ammiraglio Seldon.”
“Questo lo so, signor…”
“Illis Corbin, presidente del comitato per la ribellione.”
“Bene signor Corbin, come le stavo dicendo, sono già a conoscenza del fatto che espugnare la base
nemica sarà un compito estremamente arduo, considerando anche il fatto che dovremo far fuggire
tutti i prigionieri prima di iniziare l’attacco, ma è comunque un’impresa che può essere portata a
termine con successo, avendo sufficienti informazioni e sufficienti forze a disposizione. Ora, voi disponete delle informazioni mentre noi possediamo le navi. Se decidessimo di unire i nostri sforzi
fidandoci gli uni degli altri potremo porre fine a questo incubo. Io vi ho dimostrato di cosa sono capace; vi ho dimostrato che voglio collaborare con voi non uccidendo i vostri soldati, ma la mia disponibilità ha comunque un limite. Se deciderete di non collaborare, libererò solamente i rigeliani e
lascerò alla mercé dei robot gli altri prigionieri. No avrò nessuno scrupolo, né sarò sopraffatto dal
rimorso di aver condannato a morte certa tutte quelle persone, di questo potete essere certi.”
“È facile per Lei parlare di fiducia considerando che ci sta ricattando minacciando di attivare il suo
virus.”
“Se il problema è soltanto questo…
Computer, eliminare file OMEGA.
Ora il virus è stato eliminato dalla memoria del computer; cosa decidete di fare?”
La tensione raggiunse il limite, tutte le guardie erano pronte ad aprire il fuoco contro quel ragazzo
che, da solo, aveva mandato in infermeria più della metà dei loro compagni mettendo in ridicolo
tutte le forze ribelli. La tentazione di sparare era altissima, ma la rigida disciplina a cui erano stati
sottoposti riusciva ancora ad impedire loro di compiere quell’atto di insubordinazione.
Illis continuava a fissare la visiera del casco di quella strana armatura indossata da Harry, cercando
di capire quale decisione fosse la più giusta da prendere. Da una parte c’era la possibilità di far terminare per sempre il regime di terrore creato dai robot impazziti, ma questo comportava fidarsi ciecamente di quel ragazzo che aveva dimostrato di possedere una potenza incredibile che poteva utilizzare in qualsiasi momento.
Dall’altra parte c’era la possibilità di opporsi, cercando in ogni modo di ostacolare il suo piano nella
speranza di impadronirsi delle sue navi, ma sicuramente ogni tentativo fatto in tal senso sarebbe
risultato del tutto inutile.
Il tempo sembrava essersi fermato mentre il corridoio, pieno di uomini con le armi spianate, era
immerso in un silenzio quasi irreale. Nessuno si azzardava a muovere un muscolo per paura di scatenare involontariamente la battaglia che tutti si aspettavano di dover combattere. Persino Harry iniziava a preoccuparsi per il protrassi di quella situazione di stallo che si era formata. Nessuno voleva prendere l’iniziativa, aspettando la decisione di Illis che sembrava ipnotizzato dalla figura metallica che continuava ad occupare la porta d’accesso alla sala computer della base. Ci vollero più di
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dieci minuti perché l’uomo si decidesse, ma alla fine sentiva che aveva preso la decisione più giusta.
Illis disse dunque:
“Va bene ammiraglio, ho deciso di fidarmi di lei. Da adesso le forze ribelli considereranno lei e le
sue navi degli alleati; spero solamente che questo corrisponda alla verità.”
“Le assicuro signor Corbin che il mio unico scopo è quello di cancellare da questa galassia ogni robot che non risponde alle tre leggi della robotica.”
“Questo al fine aiutare il console rigeliano, naturalmente.”
“No, affatto. È vero che all’inizio mi sono mosso dietro la richiesta del Console Fallay, ma le assicuro che quanto ho scoperto durante la nostra missione mi ha costretto ad andare oltre questo mio
dovere; quello che ho scoperto ha riaperto una antica e profonda ferita legata alla nostra storia questa ferita supplica di essere richiusa vendicando tutte le vittime innocenti delle macchine assassine.
Al Console Fallay ho fatto alcune richieste per essere ripagato del disturbo che la missione comportava, ma ora non mi interessa più nessuna ricompensa, voglio solamente vendicarmi e vendicare tutta la razza umana per la perdita subita oltre settecento anni fa.”
Quelle parole risuonarono misteriose ad Illis il quale comunque capiva che per quel ragazzo la distruzione di quei dannati robot era molto importante, forse la desiderava più fortemente delle forze
della ribellione. Comunque sia, non poteva certo accontentarsi di quella sua intuizione e decise
quindi di indagare.
“Vedo che anche lei ha un motivo molto valido per odiare quelle macchine.”
“Mi creda, non potrebbe esserci motivazione più forte a spingere le azioni di un uomo. Qui c’è
troppa gente per poter discutere in pace di queste cose; trovi un luogo un po’ più tranquillo per parlare mentre io vado a recuperare i miei tre compagni e mi tolgo questa armatura.”
“Come vuole.”
Illis ordinò a due guardie di accompagnare Harry alla cella e, quando fosse stato pronto, di accompagnarlo alla sala del comitato. Si raccomandò di trattarlo come un amico e di ricordare che adesso
era anche lui un membro della resistenza.
Le guardie diedero ricevuta dell’ordine e fecero cenno ad Harry, ancora protetto dalla sua armatura,
di seguirlo. Durante il tragitto i due soldati rimasero in silenzio continuando a dare fugaci occhiate
all’uomo che li seguiva. Harry capiva benissimo il motivo di questo loro comportamento, ma nonostante questo non riusciva a tollerarlo; in fondo il buon esito dell’intera operazione si basava sulla
fiducia reciproca e se questa fosse mancata ogni sforzo sarebbe stato inutile.
“Vedo che siete alquanto nervosi signori; potrei saperne il motivo?”
La più giovane delle guardie si girò di scatto e disse:
“Hai anche il coraggio di chiederci il motivo del nostro comportamento? Hai appena espugnato la
nostra base, hai minacciato di trasformare tutte le nostre navi in inutili ferri vecchi e adesso pretendi
che ci congratuliamo con te per quello che hai fatto? Scordatelo amico.”
“Da quel che mi risulta nessuno si è fatto male, o sbaglio. Se avessi davvero voluto distruggere questa base mi sarei diretto direttamente ai generatori principali e li avrei fatti saltare con una carica al
plasma; in questo modo la potenza dell’esplosione avrebbe fatto crollare l’intera volta di questa
grotta polverizzando la vostra preziosa base.
Invece mi sono limitato ad addormentare qualche guardia ed a fare un piccolo buco nel soffitto del
vostro hangar principale, cosa che le vostre squadre di manutenzione riusciranno a riparare entro
poche settimane. Come vedete le mie intenzioni sono sempre state quelle di allearmi con voi; sono
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stati i vostri capi che mi hanno costretto a ricorrere alle maniere forti non fidandosi di me sin
dall’inizio.”
“Per te è facile parlare protetto da quella armatura; sono sicuro che la tua spavalderia scomparirebbe se ti ritrovassi qui solo e disarmato.”
Harry non ribatté a quella affermazione limitandosi ad accennare un lieve sorriso di divertimento
che i due soldati non poterono notare attraverso la visiera del casco. Il resto del tragitto fu percorso
senza altri problemi e ben presto i tre uomini giunsero davanti alla porta della cella in cui erano ancora rinchiusi Ennius, Derek ed Alvar.
“Ammiraglio Seldon, tutto mene? C’è stata una furiosa sparatoria là fuori.”
“Sì, è stata davvero una bella battaglia, ma ora dobbiamo pensare al nostro lavoro. Scostatevi dalla
porta e preparatevi: fra poco sarete liberi.”
Detto questo portò le braccia sul petto, all’altezza del cuore, e, chiudendo i pugni, incrociò i polsi
sfiorando il metallo dell’armatura. Immediatamente Harry venne avvolto da una sfera di luce nera
che scomparve pochi istanti più tardi assieme all’armatura d’assalto.
Ora Harry era di nuovo disarmato e privo di qualsiasi difesa come aveva desiderato la giovane guardia, o almeno questo era quello che pensava il militare. Senza indugio l’ammiraglio si diresse verso
la porta della cella che aveva bloccato prima di iniziare la battaglia e si fermò a due metri da essa.
Stese il braccio desto e con l’indice tracciò una linea immaginaria dall’alto verso il basso che
seguiva la saldatura fatta sulla porta. Quando ebbe raggiunto il pavimento spostò il dito puntando
verso l’angolo superiore desto della porta e percorse, sempre molto lentamente, tutto il suo perimetro esterno seguendo la linea della parete e del pavimento. Due minuti più tardi, quando ebbe finito,
avanzò di nuovo sotto gli sguardi stupiti delle due guardie che lo avevano accompagnato e che non
si erano ancora ripresi dallo stupore che avevano provato vedendo come Harry si fosse sbarazzato
della sua armatura. Solamente il forte rumore metallico che le lastre metalliche della porta provocarono quando si abbatterono con violenza sul pavimento fecero sobbalzare i due soldati che –
finalmente realizzarono quanto era successo: Harry, in qualche modo, era riuscito a tagliare lo spesso strato di acciaio della porta e, nonostante le due sezioni che la costituivano pesassero qualche
quintale, furono spostate come se fossero due piume. Era davvero uno spettacolo impressionante
che le due guardie non avrebbero certo dimenticato facilmente.
I tre rigeliani uscirono un po’ frastornati dal forte rumore e gli ci volle qualche minuto prima di
riambientarsi.
“Allora ammiraglio, è andato tutto secondo i suoi piani?”
Ennius si interruppe vedendo solamente in quel momento le due guardie di sicurezza.
“Non si preoccupi Console, ora i ribelli sono nostri alleati anche se nutrono ancora un po’ di risentimento nei miei confronti per il fatto che sono riuscito, da solo, a mettere fuori combattimento metà
dei loro uomini. Adesso dobbiamo incontrare i capi della resistenza; se vuole, durante il tragitto le
farò un breve riassunto di quanto è successo, ma adesso dobbiamo andare. Purtroppo per no, il tempo a nostra disposizione non è molto.”
Detto questo fece cenno alle due guardie di accompagnarli alla sala del comitato mentre iniziava il
racconto di quanto avvenuto lasciando a bocca aperta i suoi tre compagni.
La sala del comitato era molto spaziosa e molto ben illuminata. Al centro vi era un tavolo circolare
di legno di color marrone scuro che gli conferiva un aspetto molto antico. Intorno vi erano una
quindicina di poltrone ognuna delle quali disposta di fronte ad un terminale di computer. Evidente101
mente i membri del comitato volevano essere costantemente aggiornati anche durante le loro riunioni e questo era più che comprensibile considerando che le situazioni di emergenza si possono
presentare in qualsiasi momento.
Una guardia vestita in uniforme, la prima che Harry vedeva, fece cenno ai quattro uomini di
accomodarsi e poi si posizionò di fianco alla porta in una posa marziale.
Harry riconobbe immediatamente Illis ed il suo amico che sedevano proprio di fronte a Derek ed a
Alvar. L'ammiraglio non si curò di osservare gli altri membri del consiglio sapendo che comunque
la decisione finale sarebbe spettata ad Illis.
Anche il presidente del comitato continuava a fissare Harry dopo aver dato una rapida occhiata agli
altri tre uomini che sedevano vicino a lui. Non era ancora del tutto convinto che si trovava di fronte
al Console Ennius Fallay, nato oltre tre secoli prima, ma in fondo quello era il particolare che aveva
meno importanza in tutta quella faccenda.
“Bene ammiraglio Seldon, adesso che ci troviamo in un luogo tranquillo ci potrà dire quali sono le
motivazioni che la spingono a volere la distruzione dei nostri nemici. Non mi fraintenda: noi ci fidiamo di lei, ma il fatto è…”
“Che non volete rischiare che io mi ritiri quando mi accorgerò che l’impresa è più rischiosa e più
difficile del previsto, lasciandovi così alla mercé dei robot che annienterebbero le vostre deboli forze in pochissimo tempo. Non si preoccupi signor Illis, questo non potrà mai accadere.
Non sarà affatto facile per me spiegarvi come stanno realmente le cose e soprattutto non sarà facile
per voi riuscire a credere al mio racconto, ma vi prego di tener sempre presente, durante la mia esposizione, il livello tecnologico raggiunto dalla mia flotta. I tre rigeliani lo hanno potuto constatare
di persona vivendo per qualche settimana a bordo delle mie navi, mentre voi ribelli avete potuto vedere solamente la mia armatura e l’esterno della mia nave spoletta, ma questo vi dovrebbe essere
bastato per farvi un’idea generale. Detto questo, devo iniziare facendo una rapida osservazione sui
viaggi temporali ed in particolare sulla tecnologia che li rende possibili.
Come voi avete potuto constatare, io sono in possesso delle conoscenze necessarie per poter effettuare dei viaggi temporali, ma contrariamente a quello che voi credete signor Illis, io non li effettuo
utilizzando l’effetto catapulta di un buco nero. Il mio ingegnere capo, l'ammiraglio Tryma Arcanio,
è riuscita a costruire dei motori che hanno il potere di squarciare il continuum spazio-temporale aprendo lo stesso varco che generebbe una nave catapultata dalla forza di gravità di un buco nero.
Come sottoprodotto di questa tecnologia, Tryma è riuscita a costruire un generatore di campo, come
quello che sto portando al polso, capace di annullare gli effetti del tempo: in pratica, io mi muovo
nelle quattro dimensioni esattamente come voi, ma per me gli effetti del passaggio del tempo non
esistono. Mi rendo perfettamente conto del fatto che questa è una cosa molto difficile da credere,
ma aspettare che io finisca il mio racconto prima di giudicare.”
Harry fece una breve pausa per osservare le reazioni dei suoi ascoltatori, poi continuò:
“Io sono nato circa tremila anni fa in una delle grandi metropoli sotterranee della Terra. La mia
famiglia era molto ricca e ciò mi diede la possibilità di frequentare le migliori scuole
permettendomi di diventare uno dei più famosi roboticisti della Terra all’età di soli ventisei anni.
Grazie alle cospicue risorse dei miei genitori fondai un’industria specializzata nella programmazione dei cervelli posistronici dei robot, la RoboticheRiunite il cui logo, a quanto vedo, è presente nel
vostro logo.”
Disse quelle parole indicando il disegno che riempiva lo schermo del computer davanti a sé.
Su uno sfondo blu scuro vi erano vari disegni ed intrecci di linee di color oro ed in un angolo era
possibile distinguere chiaramente due lettere: RR.
Uno degli uomini alla destra di Illis esclamò:
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“Questo ragazzo è pazzo. Tutti sanno che la leggenda della Terra, il pianeta d’origine di tutta
l’umanità, è solamente una favola. Tutti sanno che l’umanità ha sempre popolato i milioni di mondi
abitati oggi, altrimenti come si potrebbe spiegare il fatto che tutti i miliardi di miliardi di esseri umani che vivono in questa galassia siano nati su un solo pianeta?”
Harry sospirò prima di rispondere:
“Ammettiamo per un istante che io sia un folle, che la Terra sia solamente un pianta leggendario e
che l’umanità abbia sempre vissuto su tutti i milioni di mondi oggi abitati. Ammettiamo inoltre che
l’umanità fosse sempre stata in possesso della tecnologia necessaria per effettuare i viaggi a velocità
curvatura. Se consideriamo che tutte queste affermazioni siano vere, allora la teoria che l’uomo ha
sempre abitato la galassia è vera.
Queste affermazioni, però, mi fanno sorgere sempre molti dubbi. Consideri il problema in termini
evolutivi: noi sappiamo benissimo che il nostro universo è stato generato da un’immensa esplosione, il così detto ‘Big Bang’; sappiamo inoltre che i pianeti e le stelle si sono formati grazie ad un
processo durato miliardi di anni durante i quali le molecole elementari generate dal Big Bang si sono aggregate in ammassi sempre più grandi fino a formare i corpi celesti. Sappiamo anche che alla
fine della loro formazione i pianeti erano delle immense sfere di lava fusa che impiegò milioni e milioni di anni per raffreddassi e solidificarsi fino a creare la crosta superficiale dei pianeti. Infine,
quando i pianeti iniziarono a possedere tutte le caratteristiche necessarie per poter sostenere la vita
umana, ecco che appare l’uomo, identico a come lo conosciamo oggi; non solo: egli dispone già di
tutte le conoscenze necessarie per poter viaggiare nel cosmo e padroneggia una lingua, il galattico
standard, che è usata su tutti i pianeti su cui vive l’umanità. Deve ammettere che questa è davvero
una cosa portentosa, non le sembra?
Da come la vedo io, sono queste le fandonie e non la leggenda della Terra, ma comunque sia non
abbiamo il tempo di discutere di questo ora. Quando tutto sarà finito ed avremo portato a termine la
nostra missione sarò ben felice di continuare questa discussione, ma per il momento dobbiamo concentrarci sul nemico.”
Fece un’altra pausa, poi continuò:
“Come stavo dicendo prima che fossi interrotto, io fondai le RoboticheRiunite e mi operai al fine di
farle diventare il gruppo industriale più importante nel settore della robotica. Contemporaneamente
avevo iniziato le ricerche per un ambizioso progetto: formulare nuove leggi che fossero in grado di
sostituire le tre leggi della robotica al fine di favorire l’espansione dell’umanità su altri pianeti. Per
farlo non potevo certo rivolgermi ai tecnici che lavoravano nelle mie industrie in quanto mi avrebbero ritenuto un folle; fu così che iniziai a cercare altri individui che avessero le giuste conoscenze
scientifiche e che condividessero il mio stesso sogno. Ammetto che non fu facile, ma alla fine riuscii ad individuare un numero sufficiente di persone, tra cui altri tre importanti industriali che operavano in settori diversi.”
“Immagino che Lei stia parlando degli altri tre ammiragli che comandano la sua flotta.”
“Esattamente Console Fallay. Insieme abbiamo costruito una base permanente sulla Luna, l’unico
satellite naturale della Terra, e lì abbiamo iniziato la costruzione delle prime navi che hanno fatto
parte della nostra flotta, compresa la prima versione dell’SDF1.”
“Tutto questo è molto interessante ammiraglio, ma a cosa centra con i nostri nemici?”
Harry alzò lo sguardo ed osservò brevemente il consigliere che lo aveva interrotto, poi proseguì:
“Signori, vi prego: abbiate ancora un attimo di pazienza.
Come vi stavo dicendo, il nostro sogno era quello di costruire cervelli positronici guidati da nuove
leggi della robotica, ma c’erano anche altre persone interessate al nostro lavoro. Una parte delle for103
forze militari aveva studiava da anni il modo di replicare la complessa struttura cerebrale umana per
poter donare ai robot dei sentimenti, intesi nel senso umano del termine e non come deboli sensazioni percepite di tanto in tanto. Per far questo avevano creato una base segreta dove venivano condotti esperimenti di robotica ad altissimo livello. Venivano costruiti centinaia di cervelli positronici
prototipo ogni mese, ma nonostante tutti gli sforzi dei migliori ricercatori i risultati erano deludenti;
per questo i militari iniziarono a rivolgersi alle industrie civili per reclutare scienziati ed acquisire le
tecnologie più avanzate. Era quindi più che normale che si rivolgessero anche a noi chiedendoci di
aiutarli a realizzare il loro progetto in nome del bene del nostro pianeta, ma noi rifiutammo perché
eravamo convinti, a ragione, che la costruzione di robot non guidati da nessun tipo di postulato
fondamentale avrebbe costituito un costante pericolo per gli uomini.
Naturalmente, il nostro rifiuto fu considerato un atto di tradimento e, come era sempre accaduto in
quei rari casi in cui l’industria interpellata si era rifiutata di collaborare, venne aperta una campagna
denigratoria nei nostri confronti talmente persuasiva che dopo pochi mesi il volume delle nostre
vendite si era dimezzato; anche i nostri ricercatori iniziavano ad abbandonare l’impresa licenziandosi con un ritmo sempre crescente. Fra di essi vi era anche un giovane molto ambizioso di cui non
riesco più a ricordare il nome. Egli si mise al servizio dei militari ed iniziò a collaborare al loro
progetto. La sua intelligenza fuori dal comune e la sua abilità ed esperienza gli permisero di dare
nuovo impulso alla ricerca e pochi anni più tardi la CORIOS venne varata in un bacino di carenaggio protetto da un imponente apparato di sicurezza. Questa era la prima nave al mondo ad avere un
equipaggio composto interamente da robot; era comandata da un grande cervello positronico che
costituiva il computer centrale della nave e che guidava un centinaio di robot imbarcati a bordo.
Quel cervello positronico era il frutto di cinquant’anni di studio ed era il primo ad essere dotato di
una rete neurale posistronica capace di replicare il pensiero umano arrivando ad una percentuale di
compatibilità del 90%, contro il 15% di un normale robot. Naturalmente erano stati realizzati decine
di prototipi ed effettuati centinaia di test prima di dare il consenso per la costruzione della CORIOS,
ma ciò, evidentemente, non fu sufficiente.”
Harry fece un’ultima pausa prima di giungere alla fine del suo racconto.
“La prima missione affidata alla nave era il semplice pattugliamento della fascia più esterna del sistema Solare; in tutto la CORIOS doveva compiere un viaggio di sole due settimane ed infatti così
avvenne. La nave si comportò esattamente come previsto dai progettisti e non si riscontrarono avarie di nessun genere; tutto era andato nel migliore dei modi dissipando così qualsiasi dubbio sulla
sua efficienza e sulla possibilità di farla entrare in servizio attivo all’interno della marina terrestre.
Mentre avveniva tutto ciò, noi avevamo ultimato la costruzione della prima versione dell’SDF1, la
nave ammiraglia della nostra flotta, e di un’altra nave, un incrociatore pesante che purtroppo venne
distrutto poco tempo dopo.
Nonostante le notizie confortanti che ci giungevano dalle nostre fonti di informazione all’interno
del progetto CORIOS-I, la nostra preoccupazione riguardo l’affidabilità del nuovo cervello positronico era molto elevata; continuavamo a chiederci se davvero quel cervello, programmato in modo
così particolare, fosse totalmente sotto il controllo delle tre leggi. Il nostro timore era che esistesse
la possibilità di riuscire ad aggirare il blocco costituito dalle tre leggi in modo da permettere al CORIOS di poter agire seguendo solamente quello che i suoi circuiti logico-deduttivi riuscivano ad elaborare.”
“Aggirare le tre leggi? In che modo ammiraglio?”
“Vede signor Corbin, mentre la struttura di platino-iridio che normalmente viene utilizzata per la
costruzione dei cervelli positronici racchiude al suo interno innumerevoli raggruppamenti di microcelle la cui struttura implementa le tre leggi, la rete neurale inserita all’interno del cervello della
CORIOS le vede tutte raggruppate in un unico nucleo di controllo che può essere facilmente disconnesso dai normali canali lungo i quali viaggiano i positroni effettuando una semplice riconfigu104
razione dei percorsi positronici. Il nostro timore risiedeva proprio nel verificarsi di questa eventualità.”
“E si verificò?”
“Noi pensiamo di sì. Dopo tre anni di servizio, esattamente l’otto Giugno dell’anno 2856, secondo
il Calendario Terrestre Standard, l’astronave CORIOS decollò dalla stazione orbitante lunare Enden
per una missione di esplorazione in un sistema solare vicino alla ricerca di nuovi asteroidi da sfruttare come giacimenti minerari. La sua missione doveva durare in tutto due settimane e la nave doveva effettuare rapporti giornalieri sullo stato della missione e dei suoi sistemi. Tre giorni dopo il
suo decollo, la stazione orbitante perse ogni contatto con la CORIOS, dopo che il computer centrale
aveva rilevato un’avaria al supporto energetico del cervello positronico della nave. I pochi dati che
la stazione aveva ricevuto rilevavano la presenza di forti fluttuazioni sui condotti energetici del
computer centrale; in vano i tecnici a terra tentarono di ristabilire il contatto, né le varie squadre di
soccorso inviate in rapida successione sulle ultime coordinate conosciute riuscirono a trovare alcuna traccia della nave: la CORIOS era semplicemente sparita nel nulla. Per tre mesi non si ebbero
sue notizie, dopodiché, improvvisamente, la CORIOS riapparve nel sistema di Proxima Centauri,
distane quattro anni luce dalla Terra, ma il suo scopo non era quello di far ritorno alla base da cui
era partita.
I primi a scoprirlo furono gli abitanti di Arborea, il pianeta più esterno del sistema che venne trasformato da pianeta ricoperto di foreste lussureggianti ad immensa distesa di roccia desolata in meno di un giorno. La nave sembrava impazzita; attaccava qualsiasi nave le si avvicinasse e qualsiasi
pianeta o asteroide abitato incontrasse sulla propria rotta. Non rispondeva a nessuna chiamata ed
anche il trasmettitore automatico che aveva il compito di inviare informazioni sullo stato della nave
era stato disinserito.
Come potete ben immaginare, non appena la notizia raggiunse la Terra venne dato l’ordine di mobilitare tutta la flotta per distruggere la CORIOS, ma tutte le navi inviate in missione vennero distrutte
nel giro di poche ore; nulla poté nemmeno la NOGUMO, la gemella della CORIOS, che era stata
varata solamente tre giorni prima e che venne lanciata in tutta fretta nonostante la sua efficienza non
fosse ancora al 100%. In meno di tre giorni l’unico pianeta del sistema di Proxima Centauri che non
era ancora intatto era il pianeta più interno, quello dove venivano trasferiti tutti i detenuti ed i condannati dai tribunali del sistema per scontare la propria pena.”
“Ma voi ammiraglio non interveniste per cercare di distruggere quella nave impazzita?”
“Purtroppo signor Parrel le nostre navi non erano ancora operative. L’SDF1 era priva di fonti energetiche e la costruzione dell’incrociatore pesante era ancora più lontana dall’essere ultimata. Noi
potemmo solamente assistere inerti all’avanzata della CORIOS ed alla morte di milioni di esseri
umani che non poterono in alcun modo sfuggire al loro destino.”
“Quello che ci ha appena descritto sembra uno degli attacchi che i robot normalmente compiono
contro i sistemi solari abitati.”
“Questo perché io ritengo che quei robot impazziti siano stati riprogrammati dalla CORIOS anche
se non riesco a spiegarmi come sia potuto succedere visto che quella nave è stata ridotta ad un cumulo di rottami dall’SDF1. Vedete signori, dopo aver devastato tutti i sette pianeti del sistema di
Proxima Centauri, la CORIOS fece di nuovo perdere le proprie tracce, nonostante la cercassero più
di trecento navi ed un’infinità di caccia stellari.
Durante quel periodo di tregua noi riuscimmo a rendere operative le nostre navi e lasciammo la nostra base sulla Luna per unirci alle ricerche. Solamente tre settimane dopo la nostra partenza riuscimmo ad intercettare una richiesta di soccorso da un mercantile che incrociava in una zona vicino
al limite esterno del sistema solare terrestre. Il messaggio diceva che erano stati attaccati da due navi gemelle sconosciute che avevano spazzato via la piccola flotta di difesa che faceva da scorta alla
nave mercantile. Noi non avemmo nessun dubbio: si trattava sicuramente del CORIOS.”
“Scusi ammiraglio, ma lei ha detto che le navi erano due; se una era il CORIOS, l’altra nave a chi
apparteneva?”
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“Questo è l’aspetto più inquietante di tutta la storia signor Corbin: secondo noi, il cervello positronico della nave divenne cosciente di sé. In qualche modo, per una combinazione assolutamente unica di eventi fortuiti, la rete neurale ha reagito agli scompensi energetici a cui è stata sottoposta generando al suo interno dei percorsi positronici alternativi che hanno permesso di disconnettere il
nucleo di controllo all’interno del quale erano contenute le tre leggi, rendendo il cervello positronico libero da qualsiasi costrizione, esattamente come noi avevamo sempre temuto. In pratica, possiamo dire che la nave è diventata un essere cosciente nel senso dato agli esseri viventi dotati di intelligenza come l’uomo. Basandosi su queste considerazioni, è poi facile capire il perché le navi
riapparse erano due e non una: la CORIOS, seguendo uno dei più basilari istinti di sopravvivenza
aveva cercato un alleato per poter avere più possibilità di sopravvivenza. L’alleato i questione era
la NOGUMO che in qualche modo è stata riprogrammata dal cervello positronico della sua nave
gemella e che ora sembrava essere ai suoi ordini”
Ennius, Derek ed Alvar si guardarono increduli.
“Purtroppo, quando arrivammo noi, delle due navi e del mercantile non c’era più alcuna traccia. Per
altre due settimane non si ebbe più alcuna notizia di avvistamenti, dopo di che un altro convoglio
mercantile segnalò l’avvistamento di tre navi, di cui una era la CORIOS. Anche quella volta, quando i soccorsi riuscirono ad arrivare sul posto non trovarono altro che i rottami delle navi scorta,
mentre i mercantili i mercantili sembravano essere spariti nel nulla.
La stessa storia si ripeté per quasi un anno. Durante questo tempo, venti pianeti vennero trasformati
in sterili ammassi rocciosi ed un centinaio di navi tra civili e militari vennero catturate e riprogrammate.”
“Riprogrammate?”
“Sì Console Fallay. Secondo Manella, la CORIOS in qualche modo riesce a controllare i robot presenti sulle navi catturate e li utilizza catturare l’equipaggio umano e per riconvertire la nave ai suoi
scopi modificando la programmazione del computer centrale. Se volete, possiamo dire che il computer riconvertito subisce una specie di ‘lavaggio del cervello’ che lo rende totalmente federe alla
CORIOS.
Comunque sia, alla fine, quando ormai la flotta nemica era costituita da un centinaio di navi, riuscimmo a scovare la CORIOS ed la costringemmo ad ingaggiare battaglia con noi. Lo scontro fu
violento e molto lungo, ma alla fine tutte le navi nemiche vennero distrutte e la CORIOS si schiantò
sulla superficie di un piccolo pianeta chiamato Canaris-III dove, dopo essere stata accuratamente
ispezionata dai nostri tecnici, venne fatta esplodere e trasformata in un grande ammasso di rottami.”
Gli uomini seduti dietro la grande tavola rotonda rimasero in silenzio per parecchi minuti.
“Tutto quello che ci ha detto ammiraglio è stato interessante, anche se è molto difficile per me pensare che sia accaduto realmente; comunque, voglio supporre che ciò che ci ha raccontato non sia
soltanto una bella leggenda, ma corrisponda alla realtà. Supponiamo dunque che questa nave, la
CORIOS, abbia iniziato ad attaccare gli insediamenti umani e sia riuscita a catturare e riprogrammare altre navi; resta comunque il fatto che Lei sostiene di averla distrutta oltre mille anni fa, dunque non capisco cosa centri questa storia con quanto sta accadendo oggi.”
“Il motivo che mi ha spinto a raccontare questa storia, signor Corbin, è molto semplice: vede, quando ci siamo scontrati con la flotta dei vostri nemici, dopo aver catturato la SOLARIA, Tryma ha registrato tutte le scie lasciate dai motori ad induzione gravitazionale di quelle navi e le ha analizzate
sotto mia richiesta. Il risultato ci ha lasciati del tutto sconvolti: secondo le analisi quei motori sono
un’evoluzione di quello montato a bordo della CORIOS.”
“Come potete affermare questo?”
“Vede signor Corbin, il nucleo a curvatura della CORIOS era basato su un principio di
funzionamento del tutto rivoluzionario rispetto a quello tradizionale che oggi è l’unico esistente.
Neppure noi siamo riusciti a scoprire il contenuto delle scoperte del dottor Kiros, l’inventore 106
del
noi siamo riusciti a scoprire il contenuto delle scoperte del dottor Kiros, l’inventore del nuovo nucleo a curvatura, ma sappiamo per certo che l’innovazione era basata su un sistema di trasformazione dell’energia chiamato ‘partitore di plasma’ e che le scie di gravitoni lasciate dai motori equipaggiati con questo particolare dispositivo avevano una forma molto precisa ed unica che noi registrammo durante il nostro scontro con la CORIOS. Siamo assolutamente certi di quello che Tryma
ha scoperto.”
“Ma se la nave è stata distrutta, allora come è possibile che un’evoluzione dei suoi motori, che da
quanto ho capito erano unici nel loro genere, equipaggino le navi dei robot? Forse qualcuno è riuscito ad utilizzare i rottami su Canaris-III per ricostruire il partitore al plasma.”
“Impossibile: i nostri guastatori sono stati particolarmente attenti a far sì che non rimanesse nessun
rottame utilizzabile; quando ebbero finito il pezzo più rande misurava appena due centimetri quadrati.”
“Forse qualche nave vi è sfuggita o non ha partecipato all’azione.”
“Nemmeno questa ipotesi è accettabile: il numero di navi che formavano quella flotta corrispondeva
a quello delle navi scomparse.”
“Allora questo mistero sembra proprio senza spiegazione ammiraglio.”
“Forse lo svolgersi degli eventi ci darà la risposta a questo enigma; per ora credo che dovremmo
concentrare i nostri sforzi verso altre direzioni. Per iniziare, dovremmo chiederci il motivo che
spinge i robot a risparmiare la vita a qualche essere umano che viene catturato e trasportato sulla loro base centrale. Rispondendo a questa domanda potremo capire quanto tempo abbiamo a disposizione prima che ai prigionieri rigeliani venga fatto del male.”
Per la prima volta dall’inizio del colloquio Illis si sentiva di nuovo protagonista. Le parole
dell’ammiraglio Seldon gli erano giunte come una chiara richiesta di informazioni e ciò significava
che ora toccava a lui prendere in mano la discussione.
“Prima di iniziare vorrei mettere in chiaro una cosa ammiraglio. Le informazioni che sto per rivelare non devono assolutamente essere comunicate a nessun altro perché se cadessero in mano alle
spie dei robot la ribellione subirebbe un grave colpo.”
“Comprendiamo la sua preoccupazione e le assicuro che nessuno al di fuori dei presenti, e degli altri tre ammiragli naturalmente, verranno ne verranno a conoscenza.”
“Bene allora. Cinque mesi fa siamo riusciti ad introdurre nella base nemica alcune spie che riescono
a mandarci dei rapporti con una certa regolarità. Secondo tali rapporti i prigionieri vengono utilizzati come mano d’opera negli impianti dove i robot non possono lavorare; mi sto riferendo in particolare a quelli adibiti alla costruzione e programmazione dei cervelli positronici.”
Derek interruppe Illis dicendo:
“Scusi signor Corbin, ma la mia conoscenza in questa materia è molto scarsa. Io so solamente che i
cervelli positronici si ricavano da blocchi di lega di platino-iridio che vengono tagliati in pezzi cubici di varie dimensioni a seconda della complessità del cervello positronico che deve essere costruito per poi essere trattati con particolari procedimenti che rendono la loro struttura interna porosa, simile a quella di una spugna. Dopo queste due fasi, il cubo ottenuto viene esposto a particolari
radiazioni elettromagnetiche che vengono utilizzate per costruire i circuiti che dovranno essere percorsi dai positroni.”
“Una descrizione molto vaga, ma essenzialmente giusta signor Parrel. Vede, la struttura interna dei
cubi di platino-iridio, una volta rifiniti, deve essere riorganizzata in modo da renderli ottimi
conduttori di positroni. Inoltre, in questa fase vengono costruiti anche i nodi che implementeranno
le tre leggi della robotica una volta che il cervello sarà in funzione. Ma queste operazioni non
possono essere eseguite con degli utensili ‘tradizionali’ e questo sia perché il tempo impiegato per
la costruzione di un singolo cervello sarebbe enorme, sia perché si dovrebbe scomporre il cubo di
platino-iridio in fogli sottilissimi, di spessore inferiore al millesimo di millimetro. Solo in questo
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iridio in fogli sottilissimi, di spessore inferiore al millesimo di millimetro. Solo in questo modo infatti si riuscirebbe a costruire la struttura necessaria per il funzionamento del cervello positronico.
Ai primi studiosi di robotica il problema era apparso praticamente irrisolvibile, almeno fino a quando non si è scoperto come realizzare un campo energetico a raggi gamma, chiamato semplicemente
‘Campo Gamma’. Questo campo infatti ha la proprietà di dissolvere la lega platino-iridio scindendo
i legami chimici tra le sue molecole ed espellendo gli atomi in eccesso dal reticolo molecolare di
cui facevano parte.
Attualmente i cervelli positronici vengono costruiti esponendo i cubi di lega platino-iridio a Campi
Gamma variabili e, come lei capirà, questa operazione può essere eseguita solamente da esseri umani in quanto i campi gamma non fanno distinzione tra inerti blocchi di lega platino-iridio e cervelli positronici funzionanti. Se un robot dovesse entrare in un campo gamma il suo cervello si
bloccherebbe in breve tempo e sarebbe irrecuperabile; è per questo che il nemico ha bisogno di mano d’opera umana ed il fatto che ne abbia bisogno in tale quantità può significare solamente che sta
portando avanti una produzione su larga scala di robot.”
“A quale scopo?”
“Secondo le nostre informazioni ammiraglio il nemico ha intenzione di rafforzare le sue forze in vista di un incremento del numero di azioni contro insediamenti umani; evidentemente si sono resi
conto che lo sterminio della razza umana richiede più tempo del previsto e non hanno intenzione di
aspettare così a lungo.”
“Le vostre spie sono venute a conoscenza di piani d’attacco rivolti in tal senso?”
“Per il momento non ne sanno nulla, ma la posizione che occupano all’interno dell’organizzazione
nemica gli permette di essere costantemente aggiornati: se ci saranno delle novità ce le comunicheranno immediatamente.”
“Bene. Ora sappiamo di avere un po’ di tempo a nostra disposizione per elaborare un piano
d’azione sufficientemente sicuro, anche se comunque resta sempre molto poco.
Dobbiamo metterci subito al lavoro, altrimenti rischiamo di non farcela. Innanzitutto signor Corbin
dobbiamo sapere esattamente di quali forze possiamo disporre, dopo di ché potremo iniziare a studiare la strategia da adottare. Devo conoscere il numero esatto ed i dati tecnici di tutte le navi che
siete in grado di trovare: non mi riferisco solamente a quelle che vengono utilizzate dalle forze della
resistenza, ma anche a tutte le navi che potete farvi dare dai sistemi vostri alleati.”
“Inoltrerò immediatamente la richiesta ammiraglio.”
“Bene. Io contatterò la mia flotta e la farò spostare in una zona più vicina mentre chiederò a Manella ed a Tryma di raggiungerci per poterci aiutare; le loro conoscenze di strategia militare e di ingegneria ci potranno essere molto utili. Un’ultima cosa: ci serve conoscere il numero, anche approssimato, delle persone che sono detenute all’interno della base nemica per poter determinare il numero di navi che ci serviranno per farle evacuare.”
“È davvero convinto di poter impedire ai robot di sterminare tutti i fuggitivi? Molte volte noi abbiamo tentato di penetrare le difese di quella base, ma tutti i nostri tentativi sono sempre falliti miseramente in un inutile bagno di sangue.”
“Abbia fede signor Corbin, vedrà che questa volta riusciremo nell’impresa. Ho ancora qualche asso
nella manica e, se riusciremo a giocarli nel momento giusto, liberare i prigionieri sarà una passeggiata.”
Con quelle parole Harry concluse l’incontro ed espresse il desiderio di mettersi in contatto con la
sua flotta mentre attendeva che i ribelli gli fornissero i dati che aveva chiesto; si fece condurre in
uno degli alloggi presenti all’interno del dormitorio delle guardie di sicurezza e chiamò la sua flotta. Fece un rapporto abbastanza dettagliato alle sue tre amiche in modo da metterle al corrente degli
ultimi sviluppi prima di iniziare a discutere su quale fosse la prossima mossa da compiere.
“Mi sarebbe piaciuto vedere la faccia di quell’Illis quando gli hai detto di aver inserito il virus nel
computer centrale.”
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“Sinceramente Loa non ho avuto il tempo di soffermarmi su quel particolare: ero troppo impegnato
a controllare tutte le mosse delle guardie di sicurezza accorse sul posto.
Comunque sia, ora Manella e Tryma mi devono raggiungere per aiutarmi ad ideare una strategia
per sconfiggere una volta per tutte quella maledetta nave.”
“Hai perfettamente ragione Harry. Sono convinta che fino a quando la CORIOS esisterà noi non potremo avere pace, ma soltanto un po’ di tranquillità tra una guerra e la successiva visto che solamente noi siamo nelle condizioni di poter fronteggiare quei robot.”
“Di questo ne sono convinto anch’io Manella ed è per questo che mi servite voi due: tu sei la più
qualificata tra di noi per elaborare la tattica di combattimento mentre Tryma è l’unica in grado di
fornirti tutti i dati di cui hai bisogno.”
“Allora immagino che io dovrò rimanere sola al comando della flotta a guardarvi fare tutto il lavoro.”
“Non è affatto così Loa: mi sono convinto che l’unico modo per portare fuori tutta quella gente nel
minor tempo possibile e senza esporla ad inutili rischi sia quello di teletrasportarla a bordo delle
navi che predisporremo per il trasporto.”
“Hai intenzione di utilizzare le nostre?”
“Secondo me non dovremmo farlo, ma credo che una volta che tu e Tryma sarete qui riusciremo a
discutere meglio di queste cose; se partirete subito ci potremo incontrare tra circa sei ore.”
Le due ragazze si dissero d’accordo ed interruppero il collegamento per dirigersi verso il ponte
d’attracco delle spolette riservate attraccate su un puntone d’attracco delle rispettive navi.
Loa invece rimase in contatto per ricevere da Harry le ultime istruzioni. I due concordarono che la
flotta doveva essere avvicinata alla base dei ribelli, mantenendo comunque una distanza di sicurezza di qualche decina di Parsec in modo tale che, nell’eventualità che la flotta fosse stata scoperta, la
base si trovasse ancora al sicuro. Harry chiese inoltre all’amica di predisporre tutto il necessario per
imbarcare a bordo loro navi tutti prigionieri salvati; era infatti stupido non tenere in considerazione
l’eventualità che dovessero essere le stesse navi della flotta a salvare i prigionieri, oltre che a dover
fronteggiare il nemico. In fondo, quella era una possibilità tutt’altro che remota se si considera
l’enorme divario tecnologico tra le navi dei ribelli e quelle comandate dalla CORIOS; molto probabilmente le navi che si sarebbero dovute affiancare a quelle controllate dai robot di Harry non si sarebbero potute avvicinare a sufficienza al pianeta su cui era stata costruita la base nemica per poter
effettuare l’operazione di teletrasporto dei prigionieri. Secondo l’idea che Harry aveva formulato, le
navi dei ribelli si sarebbero dovute avvicinare in rapida successione a meno di duecento chilometri
dalla superficie del pianeta nemico per poter utilizzare gli apparati di teletrasporto montati in precedenza. Una volta caricato a bordo il numero fissato di prigionieri, si sarebbero i caccia stellari dei
ribelli avrebbero dovuto scortare queste ‘navi della salvezza’ sino a raggiungere un determinato
punto di incontro dove l’SDF4 sarebbe stata in attesa assieme a qualche altra nave della flotta di
Harry per eliminare eventuali navi inseguitrici. Una volta sistemati gli ultimi dettagli, disse a Loa di
iniziare immediatamente le operazioni e di tenersi pronta a ricevere ulteriori istruzioni in qualsiasi
momento; detto questo chiuse il collegamento e ritornò nella sala riunioni dove si erano formati vari
gruppetti di persone che discutevano tra di loro. Da uno di questi si levò una voce che disse:
“Ammiraglio, devo ammettere che il suo discorso è stato piuttosto interessante; soprattutto la parte
riguardante la Terra ed il fatto che sia stato Lei a fondare le RoboticheRiunite.”
Harry si soffermò qualche istante per osservare il suo interlocutore: era un uomo grasso che aveva
da poco superato la soglia della mezza età; i capelli erano corti e bianchi ed accentuavano enormemente il contrasto che un osservatore sentiva nel guardare le folte sopracciglia ancora nere. Gli occhi azzurri, quasi trasparenti, rendevano lo sguardo dell’uomo quasi spettrale, capace di far provare
dei brividi a chiunque lo incrociasse.
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“Vedo che lei è ancora scettico e me ne dispiace molto, ma le assicuro che quello che ho detto davanti a questa assemblea è la pura verità signor…”
“Mi chiamo Rial Nevas e sono un archeologo dilettante che per qualche anno si è appassionato alla
ricerca della leggendaria Terra, il pianeta che ha visto la nascita della razza umana; il primo, e per
migliaia di anni l’unico, pianeta abitato dall’uomo, ma purtroppo dalle mie ricerche non sono riuscito a ricavare nessuna prova dell’esistenza della Terra ed alla fine mi sono convinto che è solamente
una leggenda e niente più.”
“Sono davvero sorpreso di questo sua passione per l’archeologia signor Nevas; dal modo in cui oggi ha respinto le mie affermazioni credevo che lei considerasse gli archeologi come degli illusi perditempo.”
“Al contrario ammiraglio, io ritengo che scoprire le proprie origini sia una cosa molto importante in
quanto permette di rafforzare gli ideali che legano gli appartenenti ad un certo popolo; semplicemente non credo all’esistenza della Terra e credo ormai che nessun archeologo sia in grado di provarmi il contrario, ma a differenza di molta gente, io non considero affatto dei folli gli studiosi che
credono ancora alla sua esistenza. Io credo invece che siano solamente degli illusi, dei sognatori che
sono rimasti abbagliati dal fascino di quella leggenda, esattamente come era capitato a me.”
“Bene signor Nevas, forse quando tutta questa faccenda sarà finita potremo discutere con più tranquillità di queste cose, ma per il momento la inviterei a riflettere su quanto ho detto durante la riunione senza tener conto delle influenze religiose a riguardo. So benissimo che ci sono centinaia di
diverse religioni ed un’infinità di sette che giustificano la presenza dell’uomo su tutti i pianeti abitati basandosi su vari dogmi di fede dettati da varie divinità, ma in realtà io so che quelle religioni sono fasulle e per ricordarmelo mi basta fare appello alla mia memoria dove sono ancora vive le immagini della Terra quando la vidi per la prima volta dallo spazio, con gli immensi oceani che le
conferivano uno stupendo colore blu unico in tutto l’universo. A volte penso che sia davvero un
peccato che gli uomini abbiano dimenticato quanto fosse stupendo il loro pianeta natale, ma come
possono ricordarselo se loro per primi ne hanno ignorato la bellezza asservendo la natura ai loro
scopi senza considerare le conseguenze delle loro azioni. Sa signor Nevas, molte volte ho sentito gli
anziani raccontare le leggende della Terra ai giovani e ho visto nostalgia nei loro occhi mentre narravano le gesta dei leggendari eroi che hanno permesso all’umanità di prosperare in questa galassia,
ma nonostante io capissi quegli anziani, non riuscivo comunque a perdonare la razza umana del fatto che fosse stata la causa della distruzione di quel pianeta che ora tanto rimpiange e di cui sente così tanto la mancanza.”
“Interessante ammiraglio: dopo tanti anni passati alla ricerca di tutti i racconti riguardanti la Terra,
questa è la prima volta che sento qualcuno parlare della sua fine.”
“Questo perché gli uomini utilizzano le leggende per mitizzare ciò che reputano degno di essere ricordato; le leggende servono agli uomini per tramandare i loro ideali ai posteri in modo tale da far
capire loro che solamente seguendoli potranno rendere la loro vita meravigliosa. Per questo costruiscono le leggende esaltando gli aspetti migliori della loro vita e del periodo storico in cui vivono,
tralasciando volutamente gli aspetti meno affascinanti della storia che potrebbero rendere meno poetica la realtà narrata dalla leggenda.”
Harry venne interrotto da una guardia che gli comunicò che Illis voleva parlargli da solo nel suo
studio.
“Sono pronto, mi accompagni pure da lui.”
Il soldato guidò Harry fuori dalla sala ed i due scesero fino a giungere in un rifugio sotterraneo che
era stato costruito per proteggere i capi della ribellione nel caso in cui le forze dei robot fossero riuscite a penetrare all’interno della base.
L’ambiente era piuttosto piccolo, ma confortevole; in tutto vi erano cinque stanze: tre camere da letto per quattro persone, una piccola cucina ed un attrezzatissimo centro di controllo dotato di un po110
tente sistema di comunicazione e di un computer in grado di gestire tutte le attività della base
bypassando i sistemi di controllo del computer centrale; in questo modo, una volta rifugiatisi nel
bunker, i ribelli sarebbero stati in grado di impedire agli intrusi di prendere il controllo dei sistemi
della base, almeno fin tanto che le porte blindate del rifugio avrebbero resistito.
Illis Corbin stava aspettando il suo nuovo alleato seduto su di un letto; quando Harry entrò lo vide
intendo a leggere alcuni rapporti apparentemente senza importanza.
Quando si accorse della presenza del ragazzo, alzò lo sguardo e fece cenno alla guardia di lasciarli
soli.
“Bene arrivato ammiraglio, spero di non aver interrotto qualche importante discussione chiamandoLa qua giù.”
“Niente affatto signor Corbin, anzi le sono debitore: avevo incominciato una discussione con il signor Nevas e non riuscivo a trovare il modo per andarmene.”
“Rial Nevas è famoso per questo, ed il suo difetto si aggrava se si tocca il suo argomento preferito:
l’archeologia. Immagino che avesse ripreso la discussione iniziata durante la riunione e che stesse
cercando di convincerLa del fatto che la Terra sia solamente una fantasia. Magari raccontandole
dell’insuccesso ottenuto durante le sue ricerche.”
“Esattamente. Devo ammettere che sono rimasto stupito quando mi ha detto di essere un appassionato delle leggende della Terra e pensavo che me lo stesse dicendo solamente per tentare di darsi
delle arie, ma dal modo in cui esponeva le sue idee mi sono reso conto che le sue affermazioni si
dovevano basare su delle conoscenze molto approfondite della materia.”
“Già. Quel vecchio pazzo si era messo in testa di voler trovare la Terra e per non so quanti anni ha
continuato a spostarsi da un’università all’altra in cerca di materiale per i suoi studi. Credo che sia
riuscito a visitare quasi tutte le università e le biblioteche della galassia, ma nonostante questo non è
riuscito a trovare nessun indizio utile che gli indicasse la posizione del sistema solare terrestre e
questo per lui fu davvero un brutto colpo.”
“Mi dispiace per lui. Comunque sia, credo che lei non mi abbia fatto chiamare solamente per parlare del signor Nevas o mi sbaglio?”
“No, Lei non si sbaglia ammiraglio. Vede, devo confessarLe che anch’io sono rimasto colpito da
quanto ha affermato, e cioè dal fatto che Lei sostiene di essere il fondatore delle RR.
Vede, durante tutta la sua storia l’uomo ha sempre cercato di dare una ragione alla sua esistenza e
per farlo si è sempre rivolto a delle divinità onnipotenti che guidano e proteggono la vita dell’uomo;
naturalmente queste divinità sono solamente il frutto della fantasia umana e della necessità di poter
sempre confidare nell’aiuto di qualcuno nei momenti più difficili della vita. È per questo che al
giorno d’oggi esistono più di mille religioni ufficiali ed un’infinità di sette che possono contare su
un numero più o meno alto di adepti. Ciascuna di queste religioni vuole diffondere nella galassia il
vero credo, ma in realtà comunica solamente le fantasie dei suoi fondatori che, in base alla loro cultura ed alle difficoltà che hanno dovuto affrontare durante la loro vita, hanno creato delle entità soprannaturali il cui compito è quello di aiutarli e di assicurare loro una qualche ricompensa dopo la
morte. Sa, a volte io provo quasi pietà per loro, piccoli esseri impauriti che tremano al pensiero di
dover affrontare il nulla angosciante che accompagna la morte.”
“Quindi, secondo lei, è questo che dobbiamo aspettarci quando moriremo: il nulla eterno.”
“Esatto ammiraglio. Un profondo ed interminabile oblio, un doloroso vuoto che corrompe il nostro
io e che ci lascia sempre più vuoti ed prostrati fino a quando in noi non scatterà il desiderio di morire per porre fine a quell’interminabile sofferenza, ma noi non potremo morire perché i nostri corpi
saranno già marciti e si saranno trasformati in polvere.”
“Devo ammetterlo signor Corbin, lei ha davvero una visione cupa della vita.”
“Davanti ai miei occhi ho visto commettere atrocità di ogni genere, durante la mia vita si sono consumate decine di tragedie e centinaia di massacri ed ormai la fede che io provavo nei confronti dei
miei dei è svanita lasciando il posto alla consapevolezza che siamo soli in questo universo, ognuno
di noi è solo e lo sarà anche in punto di morte, nel momento più terrificante di tutta la sua esistenza.
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Dalla sua espressione vedo che Lei è di un altro avviso.”
“Sì, in effetti io non condivido affatto il suo punto di vista, anche se devo ammettere che anch’io
sono diventato ateo da molti anni ormai. Una volta, quando ero ancora giovane ed il mio destino
non mi era ancora stato rivelato, credevo nell’esistenza di un dio supremo ed onnipresente che aveva il compito di confortare ciascuno di noi, ma ormai la fede che mi muoveva mi ha abbandonato
travolta dalle vicende che hanno irrimediabilmente segnato la mia vita. C’è una cosa che comunque
voglio dirle, e cioè che io non credo affatto che, dopo la morte, ci consumeremo nell’angoscia del
nulla; credo invece che ognuno di noi pochi istanti prima di morire focalizzi tutto se stesso in un unico momento della sua vita e continuerà a viverlo in eterno inconsapevole del suo stato. Tutte le
emozioni, i pensieri e le sensazioni provate durante quell’istante creeranno una protezione che impedirà a qualsiasi consapevolezza di raggiungerci e farci capire, in un solo istante, la futilità di quel
sogno.”
“Quindi, anche Lei ha creato una realtà in qualche modo confortante, una fantasia che attenui in
parte il dolore provocato dalla perdita della vita.”
“Forse lei ha ragione, ma deve comunque ricordare che la mente umana, per sua natura, ha bisogno
di aggrapparsi costantemente a delle speranze per poter continuare a vivere: la sua visione della
morte, così pessimista, rende la vita inutile e priva di qualsiasi significato. Oh, ceto, ora lei potrà
obbiettare dicendo di voler distruggere i robot assassini, ma una volta che lo avrà fatto, cosa la
spingerà a vivere, cosa le impedirà di porre fine alla sua esistenza, cosa? No signor Corbin, la sua
idea della morte è completamente sbagliata perché impedisce alla sua mente di sperare e quindi le
impedisce di vivere.”
“Forse ha ragione Lei ammiraglio, forse.”
Disse quelle parole con in tono cupo, rassegnato ed Harry non riusciva a capire cosa avesse provocato quello stato d’animo in Illis.
“Signor Corbin, c’è forse qualcosa che non va? Da quando sono arrivato non ha fatto altro che fare
riferimento alla morte ed alla negatività della vita.”
“Mi scusi ammiraglio, ma è stato più forte di me. Vede, due anni fa mi è stata diagnosticata la sindrome della Medusa, una malattia molto rara ed incurabile che irrigidisce a poco a poco tutti i muscoli del corpo fino a provocare la morte. I medici mi hanno dato solamente cinque anni di vita ed
io ne ho già sprecati due nella lotta contro i robot. La morte mi terrorizza ammiraglio ed io non voglio affrontarla, non voglio!”
“Tutti, prima o poi, lo dobbiamo fare.”
“Certo, per Lei è facile dirlo considerando che, molto probabilmente, vivrà in eterno. Se davvero
credesse a quello che ha appena affermato allora dovrebbe essere morto molti secoli fa, non crede?”
“Quello che dice è più che giusto signor Corbin tranne che per un particolare: io, come del resto le
mie tre amiche, non vivremo affatto in eterno; semplicemente vivremo più a lungo. Per l’esattezza,
noi invecchiamo di un anno fisiologico ogni diecimila anni; in pratica, tra settecento od ottocento
mila anni noi saremo dei poveri vecchi che aspettano la visita della morte da un giorno all’altro.
Vivere in eterno? Sarebbe la condanna più atroce data ad un essere intelligente. Oh, certo, lei ora
obbietterà che da sempre l’uomo ha tentato di scoprire il modo per sconfiggere definitivamente la
morte e gli effetti del tempo sul suo corpo, ma ancora oggi tenta di trovare la soluzione solamente
perché non è conscio delle conseguenze, abbagliato dal fascino del pensiero di non dover mai affrontare il momento che lei, signor Corbin, teme tanto. Certo, il fatto di essere immortali spingerà
l’uomo a provare emozioni che mai vorrebbe vivere in altre circostanze, ma quanto durerà questo
stimolo? Un secolo, un millennio, diecimila anni? E poi? Cosa succederà quando l’uomo si stancherà della sua vita, quando capirà che tutto è diventato una semplice monotonia senza più alcun stimolo?
Alla fine, signor Corbin, l’uomo desidererà semplicemente di porre fine alla sua esistenza ed
invocherà la morte, la invocherà con tutto se stesso, ma la sua invocazione cadrà nel vuoto perché la
112
morte non potrà mai più raggiungerlo ed allora finalmente l’uomo capirà quanto grande sia stato il
suo errore, ma sarà troppo tardi.”
Illis si agitò sul letto, si alzò e camminò avanti ed indietro per la stanza per qualche minuto prima di
dire:
“Ammiraglio, ho deciso di essere franco: quello che le voglio chiedere è di permettermi di vivere
per altri trenta mila anni; so che per lei sarà un sacrificio enorme, ma, la prego, mi aiuti, glielo chiedo spinto da tutta la mia disperazione.”
“No. Quello che mi sta chiedendo non glielo posso concedere, mai! Quello che posso fare, invece, è
curare la sua malattia e permetterle di vivere il resto della sua vita come un qualsiasi altro uomo, ma
non le posso concedere altro.”
Illis era incredulo. Quando aveva udito che Harry possedeva una cura per la sindrome della Medusa
si dimenticò di tutto il resto, concentrandosi solamente su quelle parole.
“Davvero Lei è in grado di guarirmi ammiraglio?”
I suoi occhi, fissi sul ragazzo, iniziavano a luccicare.
“In realtà è l'ammiraglio Loa Maren l’esperta i queste cose, ma comunque la sostanza delle cose
non cambia. Io le sto offrendo la possibilità di riavere il resto della sua vita, ora spetta a lei decidere.”
“La scongiuro, mi aiuti ammiraglio. So che potrò vivere solamente per qualche altro decennio, ma a
me basta. Sono sicuro che durante quell’arco di tempo, mentre il mio corpo continuerà ad invecchiare, io mi saprò preparare alla fine del cammino che sto percorrendo, ne sono certo.”
“Bene dunque, quando avremo annientato il nemico farò in modo che lei riceva le cure adeguate,
ma fino ad allora dovremo concentrarci sul nostro difficile compito senza concederci altre distrazioni.”
“Va bene ammiraglio.”
Illis disse quelle parole sentendo dentro di sé la presenza di una nuova forza che lo spingeva in avanti, un’energia che gli faceva provare sensazioni che da tempo gli erano state del tutto estranee:
quella forza era la speranza che, come aveva detto Harry, infondeva in ogni uomo la voglia di vivere. La speranza di una cura per la sua terribile malattia stava restituendo ad Illis l’entusiasmo per la
vita e lo spronava a rialzarsi ed a continuare il suo viaggio lungo i misteriosi sentieri della vita.
“Bene signor Corbin, sono contento che si stia riprendendo perché avrò bisogno di tutto il suo appoggio, sempre che sia disposto a darmelo s’intende.”
“Le dirò la verità ammiraglio: Lei continua a non piacermi, ma devo ammettere che l’idea di vedere
la base dei nostri nemici ridotta ad un cumulo di macerie e rottami mi attira molto di più e quindi
sono disposto a mettere da parte tutti i miei rancori personali ed a collaborare con Lei per la buona
riuscita della nostra impresa. Mi dica che cosa le serve ed io vedrò di procurargliela.”
“Devo conoscere il numero esatto di prigionieri ed inoltre voglio sapere quante navi mercantili sareste in grado di recuperare. Mi servono dei dati il più preciso possibile e li voglio avere prima della
riunione con gli altri due ammiraglio, domani mattina.”
“Vedrò che cosa posso fare, ma potrebbe spiegarmi a che cosa le servono?”
“Non si preoccupi signor Corbin, a tempo debito le spiegheremo tutto.”
L’incontro tra i due finì con quelle parole; Illis, una volta che si congedò da Harry, iniziò a richiedere le informazioni indicate dal ragazzo. Illis si sentiva a disagio mentre dava gli ordini ai suoi su113
balterni e questo era dovuto principalmente al fatto di ignorare l’utilità di quelle informazioni; una
volta che tutto fu sistemato, il capo dei ribelli si soffermò a riflettere su quanto stava accadendo. Da
quando quel ragazzo era arrivato nella base le cose avevano iniziato a sfuggirgli di mano e questo
non gli piaceva affatto. Senza che lui si rendesse conto di quello che gli accadeva intorno Harry era
riuscito praticamente a prendere il suo posto ed ora era lui che dirigeva le operazioni anche se nessuno gli aveva dato la ben ché minima autorità per farlo.
Se questo non bastasse, la cosa che bruciava di più ad Illis era il fatto di essersi confidato con Harry
e di avergli raccontato della sua malattia che aveva continuato a nascondere a tutti i suoi più stretti
collaboratori ed amici. Ogni volta che il vecchio stratega riviveva l’incontro appena avvenuto continuava a far aumentare la sua meraviglia; ripeteva continuamente a se stesso che quello che era
successo era reale e non un sogno, ma non riusciva a convincersene del tutto. Ormai quel pensiero
iniziava ad ossessionarlo. Ma fortunatamente venne distratto dal segnale dell’interfono posto sulla
consolle comandi dietro la quale si era seduto. Illis riconobbe immediatamente la voce del suo lontano interlocutore: era una delle spie che si erano infiltrate nella base nemica che lo aveva chiamato
per riferirgli le informazioni richieste e per chiedere spiegazioni.
“Non posso dirvi molto; quello che so per certo è che fra poco condurremo un massiccio attacco per
liberare tutti i prigionieri e distruggere definitivamente quella maledetta base.”
“State scherzando vero? Siete consci del fatto che i robot stermineranno tutti gli uomini prima che
voi riusciate a penetrare la prima linea difensiva? Come avete intenzione di agire?”
“Questo ancora dobbiamo deciderlo, ma sono certo che riusciremo a portare tutti in salvo. Ora sarà
meglio interrompere il collegamento, ma vi prometto che avrete presto nostre notizie.”
Illis sentiva che la preoccupazione del ribelle con cui aveva parlato era tutt’altro che infondata.
“Quell’uomo ha ragione dannazione! Quel ragazzo può dire quello che vuole, ma i robot non aspetteranno nemmeno un secondo ed elimineranno tutti gli esseri umani e noi non possiamo fare niente
per impedirglielo.”
Illis continuava a pronunciare frasi di quel tipo ad alta voce fendendo l’aria con le sue parole; gli
era sempre giovato sfogare la sua frustrazione affrontando un interlocutore immaginario che ascoltasse le sue sfuriate sena mai interromperlo, cosa del resto molto difficile anche per un essere umano.
Continuava a sforzarsi tentando di immaginare la strategia che si doveva adottare per condurre a
buon fine la missione, ma tutti i suoi sforzi si infrangevano contro lo stesso scoglio: riuscire a mettere fuori combattimento tutti i robot prima che questi riuscissero a far del male a qualche prigioniero, cosa che era, agli occhi di Illis, impossibile.
Dopo varie ore di tentativi, il capo dei ribelli decise che era inutile continuare a sforzarsi e concluse
che la soluzione migliore fosse quella di aspettare la prossima convocazione del comitato. Per il
momento doveva semplicemente limitarsi ad attendere che i suoi subalterni gli comunicassero il resto dei dati che aveva richiesto e questo era sufficiente per tenerlo occupato.
Tre ore più tardi, quando ormai il resoconto de doveva essere presentato al comitato era pronto, Illis
ricevette la comunicazione che la spoletta dell’ammiraglio Dubanqua stava atterrando nell’hangar
sotterraneo. Il capo dei ribelli sospirò e si preparò a ricevere i due compagni di Harry con tutti gli
onori anche se lo faceva di controvoglia. Illis fece un breve sospiro prima di incamminarsi verso
l’uscita del rifugio. Mentre camminava nella grotta osservò distrattamente le enormi stalattiti che
scendevano imponenti dalla volta della caverna per fondersi con le stalagmiti che spuntavano come
immensi alberi spogli dal pavimento. Quelle incredibili formazioni naturali erano costituite da pura
roccia e non di semplice calcare come accade sui pianeti dotati di acqua: l’asteroide infatti non era
mai stato bagnato dall’acqua e quelle formazioni rocciose non erano il frutto del deposito di calcare
lasciato pazientemente da ogni singola goccia che, penetrata nel terreno, si era arricchita di minera114
li. L’architettura della grotta era stata plasmata da eventi geologici, molto probabilmente gli stessi
che avevano determinato la formazione dell’asteroide stesso e di cui, ormai, si era persa ogni traccia. Nella grotta scelta dai ribelli per installarvi la base vi erano più di un centinaio di colonne formatesi in modo naturale; la varietà delle loro forme e dei loro colori aveva lasciato molti a bocca
aperta compreso Illis che riteneva di trovarsi di fronte ad uno degli spettacoli più belli della natura.
Quel pensiero passò fugace nella mente di Illis Corbin che lo abbandonò per lasciar posto nella sua
mente all’incontro con i due ammiragli.
Nella sua mente fece scorrere ogni passo del breve discorso che aveva preparato e formulò la risposta ad ogni possibile obbiezione che gli altri membri del comitato avrebbero potuto sollevare. Non
voleva che accadessero spiacevoli inconvenienti, non poteva permettere che questo accadesse non
soltanto perché Harry era l’unico in grado di sconfiggere definitivamente i robot, ma soprattutto
perché in gioco c’era anche la sua vita.
Da quando Harry gli aveva promesso di curare la sua malattia, Illis aveva iniziato a vedere tutte le
cose sotto una nuova prospettiva non solamente perché ora aveva delle concrete possibilità di sopravvivere, ma anche perché ora doveva sforzarsi in ogni modo al fine di portare a buon fine la missione che si accingevano a compiere.
Giunse infine davanti alla porta d’accesso all’hangar e la varcò con decisione dirigendosi verso gli
altri componenti il comitato che lo stavano attendendo.
“Così ci siamo Illis: fra poco avremo a che fare con altre due pazzi che sosterranno di provenire dalla Terra e che hanno a disposizione armi tremendamente potenti.”
“Vedo che tu continui a non fidarti di loro Rial, non è così?”
“E tu ti fidi Illis? Rispondi sinceramente.”
“No, non mi fido di loro, ma almeno aspetto prima di giudicarli. Non ti dimenticare che forse loro
sono la nostra unica speranza.”
Quando i tecnici terminarono tutte le normali operazioni di decontaminazione, il portello della spoletta si aprì lasciando intravedere le figure snelle di due ragazze che avanzavano lentamente uscendo dalla semioscurità della nave per discendere la rampa di accesso ed avvicinarsi al gruppo di persone che le stava aspettando.
Rial Nevas rimase impressionato dalla bellezza di quelle dure ragazze e dal loro portamento che esprimeva contemporaneamente decisione e grazia. I lunghi capelli delle due ragazze assecondavano
il loro passo muovendosi in modo armonioso con il resto del loro corpo; l’uomo rimase talmente
colpito da Manella e da Tryma che non riuscì a trattenersi e disse a bassa voce:
“Sono bellissime!”
“Grazie per il complimento signore; siamo liete di sentire che gli uomini riescono ancora ad apprezzare il nostro aspetto fisico nonostante siano passati molti secoli dall’ultima volta che un estraneo al nostro gruppo ci ha viste.”
Rial impiegò qualche istante prima di capire che cosa era accaduto, ma ormai era troppo tardi.
Illis gli si era già fatto davanti e stava tentando di giustificare il comportamento dell’amico mentre
altri membri del consiglio, senza farsi troppo notare, stavano tentando di allontanare ulteriormente
l’incauto ribelle dai due ammiragli.
“Non si preoccupi signor Corbin, va tutto bene. Come ho già detto, siamo sinceramene lusingate del
complimento che ci è stato fatto. Comunque sia, siamo venute qui per aiutare Harry, quindi ora vorremmo incontrarlo se non vi dispiace.”
Illis fece un cenno con una mano e subito un sergente si avvicinò con un piccolo mezzo di trasporto
terrestre su cui salirono le due ragazze ed Illis. Il mezzo non era particolarmente veloce così Tryma,
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dal suo posto dietro il conducente, poté osservare con tutta calma la grande grotta e le sue incredibili colonne di pietra. Quello che la colpiva maggiormente erano le incredibili figure di cui era ricoperta la sua superficie; a volte si riuscivano a distinguere dei rigagnoli di roccia solidificata, altre
volte delle gocce che erano state immortalate qualche istante prima di staccarsi e cadere nel vuoto.
Avanzando verso il centro comunicazioni le due ragazze riuscirono a vedere due colonne affiancate
formanti un grande arco dai tratti non del tutto delineati che rendeva ancora più suggestivo il paesaggio.
“Devo ammettere signor Illis che questa grotta è davvero impressionante.”
“Grazie ammiraglio Arcanio, ma, mi creda, non ci siamo certo installati qui per la bellezza del posto.”
“Ne siamo convinte. Devo infatti ammettere che avete scelto proprio un buon posto per costruire
questa base: un asteroide anonimo in un sistema solare abbastanza lontano da qualsiasi rotta principale battuta dal nemico; una grotta costituita da solida roccia con un’entrata abbastanza ben difendibile ed un’accettabile resistenza ai bombardamenti. Ottimo posto davvero.”
“Sono felice che anche voi approviate la nostra scelta. Immagino che la vostra base sia costruita in
un luogo altrettanto sicuro.”
“No. Veramente la nostra base è una grande stazione spaziale che si muove di sistema solare in sistema solare grazie alla propulsione a curvatura. Riconosco che è una soluzione che presenta un
maggiore grado di vulnerabilità, ma le nostre navi ci garantiscono un ampio margine di sicurezza.”
“Capisco.”
Poco dopo il veicolo si fermò davanti all’entrata del centro comunicazioni. I tre passeggeri scesero
ed entrarono; Illis condusse Manella e Tryma in una piccola stanza e, chiuso un contatto nascosto
nella parete, attivò l’ascensore segreto che iniziò a scendere nel sottosuolo della caverna fino ad una
profondità di trecento metri. Quando la porta si riaprì, le due ragazze poterono osservare la volta di
una caverna circolare posta al di sotto della base e molto piccola, circa trecento metri di diametro.
Dalla loro postazione rialzata rispetto al piano del pavimento Tryma riusciva a vedere Harry seduto
ad un grande tavolo rotondo assieme agli altri membri del comitato che stavano discutendo tra loro.
In pochi istanti i tre amici erano di nuovo insieme e si dissero pronti ad iniziare l’incontro.
“Signori, oggi il comitato è chiamato a prendere una grave decisione: continuare a seguire la nostra
linea di condotta sacrificando inutilmente i nostri soldati oppure accettare l’aiuto che questi tre ragazzi ci offrono ed attaccare la base nemica con lo scopo di liberare tutti i prigionieri e smantellare
per sempre il quartier generale nemico.
So benissimo che molti di voi sono contrari all’alleanza che ho deciso di stipulare con l’ammiraglio
Seldon, ma prima di esprimere il vostro voto, signori, vi chiedo di concedermi il tempo di spiegarvi
le motivazioni che mi hanno spinto ad agire in tal senso.
“Voi mi conoscete da molti anni ormai e sapete che io ho sempre agito nell’interesse della resistenza; è vero, a volte le mie scelte sono state discutibili, ma alla fine si sono sempre rivelate giuste. Fino ad oggi l’unico mezzo di cui disponevamo per cercare di arginare l’espansione del nemico erano
dei caccia stellari e degli incrociatori leggeri che noi mandavamo allo sbaraglio ad affrontare delle
potenti corazzate e delle immense navi prigione. Le perdite che abbiamo subito in tutti questi anni
sono state enormi; ci ritenevamo fortunati se rientrava il 25% delle forze mandate all’attacco, ve lo
ricordate? Purtroppo il nemico è furbo ed impara dai suoi errori ed oggi la situazione si è notevolmente aggravata: l’ultimo attacco che abbiamo lanciato, la settimana scorsa, ha visto la perdita del
96% delle navi che abbiamo mandato in missione, senza parlare del fatto che la frequenza con cui le
navi osservatorio vengono distrutte incomincia a raggiungere livelli preoccupanti.
Tutto questo mi ha fatto giungere ad un’unica conclusione, e cioè al fatto che i mezzi di cui disponiamo non sono più sufficienti per portare avanti la nostra lotta. Se continuassimo ad ignorare questo fatto, la ribellione sarebbe soffocata nel sangue entro un anno e per la razza umana non ci sareb116
be più alcuna speranza. Quello che abbiamo il dovere di fare, oggi, è cercare nuovi alleati che dispongano di conoscenze scientifiche superiori alle nostre e che siano in grado di fornirci delle navi
molto più potenti di quelle che oggi utilizziamo. Questi ragazzi sono in possesso di entrambe le cose e sono disposti ad aiutarci.
In tutta coscienza io non posso non tenere in considerazione questo fatto, non posso voltare le spalle
alla possibilità di veder distrutta la base nemica e non lo potete fare nemmeno voi.”
“Davvero un bel discorso Illis, ma non hai menzionato una cosa molto importante.”
“E quale Rial?”
“La fiducia. Questo ragazzo ha dimostrato di poter distruggere da solo la nostra ribellione, come
possiamo fidarci di lui? Ha dimostrato di possedere conoscenze scientifiche simili a quelle nemiche,
chi ci garantisce che non sia una spia nemica? Il semplice fatto di aver permesso a queste due ragazze di entrare in questa base ci espone ad un pericolo tre volte più grave, non l’hai mai pensato
Illis?”
Illis tacque per qualche istante. Era indeciso se dire tutta la verità o continuare a recitare la parte
dell’amico sincero, ma alla fine prese una decisione a cui, si disse, sarebbe stato coerente fino alla
fine dell’incontro.
“Voglio essere sincero con voi: anche a me brucia il modo con cui questo ragazzo ci ha costretti a
scendere a patti con lui, anche a me, all’inizio, sarebbe piaciuto fargli rimangiare tutte le parole che
ci ha detto dopo essersi introdotto nella sala del computer centrale, ma alla fine sono riuscito a riflettere mettendo da parte la rabbia ed ho visto tutto sotto la giusta luce. Come vi ho detto, oggi
dobbiamo scegliere tra far continuare la carneficina che i robot stanno compiendo oppure fermarla
definitivamente. Non dobbiamo pensare ad altro, non possiamo permettere che i nostri sentimenti
decidano per noi, non oggi. Questi ragazzi ci offrono la fine della guerra su di un piatto d’argento e
noi non possiamo rifiutare.
Certo, Rial sostiene che sono delle spie dei robot, che non possiamo fidarci di loro, ma vorrei farvi
notare un particolare: se davvero l’ammiraglio Seldon fosse una spia nemica, allora perché avrebbe
cancellato il virus che ha introdotto nel nostro computer? Se la sua missione fosse stata quella di estirpare le radici della ribellione, non avrebbe dovuto far altro che attivare il virus lasciando inermi
tutte le nostre navi non credete? Perché ha eliminato il virus, perché ci ha offerto la sua collaborazione, perché?”
“Già, sono proprio curioso di sentire la tua spiegazione Illis.”
“Questo ragazzo ha agito in quel modo perché lo abbiamo costretto noi. Quando lo abbiamo incontrato per la prima volta, Rial ed io, lui ci ha chiesto di aiutarlo fornendogli tutte le informazioni di
cui disponevamo sul nemico, ma noi non lo abbiamo voluto ascoltare, così non gli è rimasto altro
che costringerci con la forza.
Come vi ho detto, non mi è affatto piaciuto il modo in cui ha agito, ma mi piace ancora meno pensare che il nostro nemico è ancora là fuori e che potrebbe attaccare un nuovo sistema solare da un
momento all’altro.”
Illis si sedette ed osservò molto attentamente le espressioni dei volti dei vari membri del comitato
per la resistenza. Sapeva di poter contare sul voto di altri nove membri del comitato, ma questo non
bastava: una decisione così grava doveva essere presa all’unanimità, non solamente dai due terzi
dell’assemblea.
Il presidente del comitato stava sudando tanto era teso; desiderava con tutte le sue forze che le parole che aveva pronunciato avessero sortito l’effetto voluto, ma era ben cosciente del fatto che quello
che stava facendo era del tutto inutile.
Passarono lunghi minuti carichi di un silenzio irreale. Tutti gli sguardi erano fissi sul tavolo rotondo
posto al centro del cerchi di poltrone su cui erano seduti gli uomini. Nessuno osava alzare lo sguardo per timore di dover continuare il dibattito, nessuno voleva accollarsi quella responsabilità; anche
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Rial sembrava aver perso tutta la sua spavalderia ed ora agiva come gli altri tentando di passare il
più inosservato possibile. Gli unici che non seguivano questa linea di comportamento erano i tre
ammiragli ed Ennius, gli uni perché sapevano di trovarsi in una posizione di forza, l’altro perché
aveva acquisito troppa esperienza in politica per trovarsi in difficoltà in una situazione del genere.
Passò comunque un buon quarto d’ora prima che uno dei membri del comitato prendesse la parola;
era uno di quei cinque che, durante le consultazioni fatte da Illis, si erano detti contrari all’alleanza
con Harry. Ora l’uomo stava chiedendo delucidazioni su alcune questioni non del tutto chiare ed ascoltava con attenzione le spiegazioni date da Harry. Illis invece non seguì nemmeno una parola,
era troppo concentrato sull’idea che se quell’uomo avesse cambiato idea, allora anche gli altri lo avrebbero fatto. Per sbloccare la situazione, infatti, bastava che uno dei cinque si schierasse dalla
parte di Illis, scatenando così una serie di dubbi anche negli altri che alla fine si sarebbero ricreduti.
“L’ultima cosa che le volevo chiedere ammiraglio è la sorte dei prigionieri una volta che tutto sarà
finito.”
“Mi sembra ovvio che, una volta che ci saremo accertati che tutte le navi nemiche presenti nella zona sono state distrutte, i prigionieri salvati saranno condotti in questa base, o in un altro luogo da
voi scelto, per essere curati e rifocillati a dovere. Per quel che mi riguarda, una volta che si saranno
ristabiliti, essi potranno andare dove più desiderano anche se purtroppo non potranno ritornare alle
loro case visto che sono state distrutte dal nemico.”
“Da quello che mi ha detto, penso che lei non sia disposto a riportarli nell’epoca da cui provengono.”
“No. Vede, noi abbiamo stabilito un codice morale riguardo l’utilizzo dei viaggi temporali ed una
delle ‘norme’ di quel codice di impedisce di effettuare dei viaggi nel passato. Noi non possiamo
tornare indietro nel tempo perché gli effetti dei nostri viaggi non possono in alcun modo essere previsti e noi non vogliamo correre il rischio di stravolgere il nostro presente avendo modificato, anche
se involontariamente, il nostro passato.”
“Lascerebbe quindi a noi l’onere di pensare ai prigionieri”
“Davvero io non vi capisco. State combattendo per salvare i prigionieri e quando finalmente vi si da
l’opportunità di farlo vi pesa il fatto di dovervene occupare. Mi dica, preferireste forse che fossero
tutti massacrati? Se è così, io non ho alcun problema ad accontentarvi: mi basterà modificare il piano d’attacco che ho progettato; anzi, devo dire che si semplificherà moltissimo se non dovremo occuparci dei prigionieri.”
Il membro del comitato tacque imbarazzato capendo di aver fatto una pessima figura davanti a tutti
i suoi colleghi. Rial si stupì delle ultime parole dette da Harry e capì che l’unico scopo del giovane
era quello di distruggere il nemico; come lui stesso aveva detto non gli importava del destino dei
prigionieri, ma in quelle parole era implicitamente espresso il concetto che i prigionieri sarebbero
stati trucidati dai robot come vendetta per l’attacco portato alla loro base. Per la prima volta da
quando aveva conosciuto Harry, Rial iniziò a sentire della simpatia per quel giovane ed iniziò a
rendersi conto che quello che più lo aveva infastidito in tutta quella storia era il fatto che il ragazzo
sosteneva di provenire dalla Terra, dal pianeta che lui aveva cercato per molti anni e che non era
riuscito a trovare.
Il dibattito proseguì per altre tre ore, dopo di che Illis propose mezzora di sospensione per permettere a tutti i membri del comitato di riflettere su quanto avevano udito e di decidere così quale voto
esprimere, se cioè appoggiare le forze di Harry oppure se rifiutare la sua proposta di alleanza.
Quando la riunione riprese venne dato immediatamente inizio alle operazioni di voto a scrutinio segreto in modo da permettere a tutti di votare secondo la propria coscienza e non perché costretti da
un precedente accordo preso con altri membri del comitato. Una volta terminata la votazione, Illis
procedette alla conta dei voti ed incredibilmente annunciò che l’unanimità dell’assemblea aveva
votato a favore dell’alleanza con Harry. Tutte le persone presenti nel rifugio iniziarono ad
applaudire ed a complimentarsi con il ragazzo che a stento riuscì a trattenere un sorriso divertito.
Naturalmente, i più felici erano i tre rigeliani che vedevano quel successo come il primo passo per
118
te, i più felici erano i tre rigeliani che vedevano quel successo come il primo passo per la liberazione dei loro compagni.
“Complimenti ammiraglio.”
“No signor Parrel, i complimenti devono essere fatti al signor Corbin; è stato lui a convincere i più
titubanti.”
“Niente affatto ammiraglio, il merito è solamente suo, mi creda. Comunque sia, il lavoro che resta
ancora da fare è molto e quindi suggerirei di metterci subito all’opera.”
“Sono pienamente d’accordo.”
Harry attese che l’ordine fosse ristabilito prima di iniziare l’esposizione del suo piano d’azione. naturalmente la sua era solamente un’idea di fondo che doveva essere ampliata e, a volte, modificata,
ma a questo avrebbe pensato Manella. Tryma, invece, si sarebbe occupata dell’aspetto tecnico della
missione mentre Harry avrebbe verificato lo stato delle truppe ed addestrato i ribelli esponendo loro
le conoscenze che aveva acquisito sul modo di operare della CORIOS durante il combattimento.
Come aveva detto Illis, la preparazione dell’operazione richiese moltissimo lavoro ed occupò per
molte settimane tutti gli uomini. Quando finalmente mancavano meno di quarantotto ore dal momento scelto per la partenza, ad Harry rimaneva solamente il compito di spiegare ai ribelli come
aveva intenzione di liberare i prigionieri facendoli uscire dalla base nemica prima che i robot li uccidessero. Fece quindi riunire tutti i ribelli nell’antro della grotta che ospitava la base per tenere un
discorso.
“Bene soldati, oggi finalmente possiamo dire di aver terminato il nostro lavoro e di essere pronti per
vendicare tutte le vittime innocenti che in questi anni sono state uccise dai robot.”
Tutta la folla che si era radunata di fronte al palco allestito per tenere il discorso applaudì mentre
Harry faceva loro cenno di calmarsi con le mani.
“Tutti voi siete stati istruiti sulle varie fasi dell’attacco, ma per ragioni di sicurezza abbiamo volutamene ignorato dirvi come saranno salvati i prigionieri. So che tra di voi circola voce che abbiamo
intenzione di lasciarli al loro destino pensando solamente di distruggere la base, ma questo non è
assolutamente vero. La nostra prima azione ha il preciso scopo di salvare i prigionieri e non intendiamo sparare un solo colpo contro la base nemica prima che tutti gli uomini che vi sono tenuti prigionieri non saranno liberati.”
Ci fu un’altra interruzione dovuta agli applausi.
“Per quasi sei settimane tutti i tecnici sono stati impegnati nell’installazione di strane apparecchiature a bordo di tutti i mercantili che sono arrivati in questa base e sicuramente vi sarete chiesti a che
cosa servono. Bene, a bordo di quei mercantili verranno imbarcati i prigionieri che salveremo, anche se la parola ‘imbarcati’ non rende affatto l’idea: in realtà quelle persone saranno teletrasportate
a bordo delle nostre navi.”
Ora la folla taceva cercando di capire il senso di quelle parole.
“Come qualsiasi fisico vi potrà dire, il teletrasporto consiste essenzialmente nel determinare l’esatta
posizione di ogni atomo costituente la struttura dell’oggetto da trasferire, nel disgregare la struttura
atomica dell’oggetto per trasferire i suoi atomi lungo un fascio d’energia e nel ricombinare la struttura atomica a destinazione. È questo che noi faremo: utilizzeremo dei nanodroni1 per dare ad ogni
1
Nanodroni. Microscopici aerei dotati di intelligenza artificiale.
119
prigioniero un emettitore di tachioni facilmente localizzabile dai nostri sensori. Una volta che un rilevatore sarà inquadrato, il robot che si troverà alla consolle del teletrasporto attiverà i sistemi e farà
materializzare il prigioniero a bordo della nave mercantile per poi procedere alla localizzazione ed
al trasporto di una altro uomo. Quando finalmente tutti gli uomini saranno al sicuro, le navi da guerra, che fino a quel momento avevano scortato i mercantili impegnando le forze nemiche, potranno
iniziare l’attacco alla base nemica.”
Alcuni ribelli non avevano creduto affatto alla spiegazione data da Harry ed ora stavano urlandogli
di essere un bugiardo e di prenderli in giro. Vedendo quanto succedeva, Illis si alzò dalla sua sedia
e raggiunse Harry.
“Vi prego ragazzi, cercate di calmarvi. Quanto vi ha detto l’ammiraglio Seldon è la pura verità. Io
stesso insieme al resto del comitato abbiamo assistito ad una dimostrazione del funzionamento di un
teletrasporto e vi assicuro che funziona davvero. Capisco che voi non ci possiate credere, ma quello
che io vi chiedo è di fidarvi del comitato. In tutti questi anni la vostra fiducia è stata sempre ben riposta giusto? Ed allora, perché volete dubitare ora che siamo vicini alla fine di questa guerra? Dopodomani attaccheremo il nemico nel cuore del suo territorio e, se la fortuna ci assisterà, lo annienteremo definitivamente.”
Ci fu qualche momento di esitazione, poi iniziò un lungo applauso che smorzò qualsiasi tensione ed
in fondo non poteva essere altrimenti visto che la stima che i ribelli nutrivano nei confronti di Illis
Corbin era altissima e ben radicata nei loro cuori.
Due giorni più tardi la flotta si mosse dirigendosi verso il suo obbiettivo.
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-8-
D
urante il viaggio non fu rilevata la presenza di alcuna nave nemica e questo fece allentare,
almeno in parte, la tensione provata dagli uomini imbarcati a bordo del convoglio mercantile. Tutti gli uomini erano infatti ben consci dell’assoluta necessità dell’effetto sorpresa: se
il nemico avesse scoperto la flotta e si fosse preparato ad accoglierla l’impresa che i ribelli
si accingevano a compiere sarebbe diventata praticamente impossibile da realizzare in quanto i
mercantili, che avevano il compito di trasportare i prigionieri in un luogo sicuro prima dell’attacco
delle navi da battaglia, sarebbero stati un facile bersaglio per i missili al plasma visto che la loro capacità di manovra era scarsa e che gli scudi che proteggevano i loro scafi erano incapaci di sostenere lo sforzo di un massiccio attacco condotto con armi al plasma.
Era quindi comprensibile capire lo stato d’animo provato dai soldati e dagli equipaggi che da ogni
angolo della galassia abitata si erano riuniti nei pressi della base ribelle per aiutare Harry ed i suoi
robot a porre fine all’incubo generato dalla CORIOS. Anche nella plancia di comando dell’SDF1 la
preoccupazione era diventata quasi palpabile tra i quattro passeggeri umani imbarcati a bordo;
l’unico che si mostrava impassibile era l’ammiraglio Seldon che dirigeva le operazioni mostrandosi
assolutamente calmo ed impassibile.
“Bdoc, ordina a tutte le navi in bacino1 di decollare e di disporsi in formazione d’attacco. L’SDF4
prenderà la testa del convoglio mercantile e lo guiderà lungo la rotta prestabilita scortata da dieci
incrociatori leggeri e da due incrociatori pesanti. Comunica alle navi scout di iniziare le missioni di
pattugliamento delle zone a loro assegnate. Quando saremo in prossimità del limite del campo sensoriale nemico voglio che la flotta sia pronta per fronteggiare qualsiasi evenienza possa presentarsi.
Questa volta non voglio che la CORIOS ci trovi impreparati.”
Dopo qualche minuto il robot disse che le navi avevano iniziato le manovre ordinate.
“Apri un canale di comunicazione con tutta la flotta.
Attenzione, qui è l’ammiraglio Seldon che parla. Abbiamo iniziato la parte più delicata della nostra
missione. Un nostro fallimento equivarrebbe alla condanna a morte di tutti i prigionieri detenuti nella base nemica, quindi mi aspetto che ognuno di voi si impegni al massimo per far si che la nostra
impresa abbia successo. Ricordatevi che entro breve entreremo in territorio nemico dove incontreremo certamente una forte resistenza, ma se eseguirete gli ordini dei vostri superiori e vi impegnerete al massimo sono certo che riusciremo a battere in nostro nemico.”
Il collegamento venne interrotto.
“Crede davvero che avremo delle possibilità di successo ammiraglio?”
“Certamente Console Fallay. È vero, la missione è altamente rischiosa, ma io sono ottimista sul suo
esito. Mi creda, in tutta la galassia non c’è uno stratega migliore di Manella e finora tutte le sue tattiche si sono rivelate vincenti. Vedrà che tra breve la sua gente sarà al sicuro a bordo di un mercantile, abbia fede.”
“Non crede che sarebbe più opportuno rafforzare la scorta alle navi mercantili ammiraglio?”
“No signor Corbin. Le navi che ho mandato sono più che sufficienti; non si dimentichi che c’è
l’SDF4 a capo del convoglio ed anche se si tratta di una nave soccorso, è pur sempre una superco1
Navi in bacino. Gli scafi delle quattro ammiraglie della flotta di Harry erano attrezzati con decine di ponteggi
d’attracco a cui erano attraccate molte delle navi della flotta. Sulla sola SDF1, ad esempio, vi erano attraccate oltre cinquanta navi, senza contare la stessa SDF4.
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razzata stellare ed il suo armamento non è certo da meno di quello presente su questa nave. Inoltre
Loa, nonostante la sua giovane età, è una veterana di guerra ed ha partecipato a decine di combattimenti comandando la sua nave e riportando sempre vittorie schiaccianti. Comunque, nella peggiore delle ipotesi, abbiamo un margine di sicurezza di venti navi mercantili: i prigionieri che avrebbero dovuto essere ospitati su quelle navi possono essere imbarcati a bordo dell’SDF2 senza alcun
problema.”
“Ma l’SDF2 sarà impegnata duramente nei combattimenti contro le navi nemiche, ciò significa che
i prigionieri verranno esposti ad un grave rischio; io credo che sarebbe meglio imbarcarli a bordo di
questa nave ammiraglio.”
“No. L’SDF1 ha il compito di distruggere definitivamente la CORIOS e non ho affatto intenzione
di lasciarla andare perché costretto ad imbarcare dei passeggeri a bordo. No, la missione che aspetta questa nave sarà molto pericolosa ed impegnativa e noi tutti dobbiamo prepararci ad affrontare
una dura battaglia che potrebbe durare anche parecchi giorni. Quel dannato computer è l’avversario
più temibile che io abbia mai affrontato ed è un maestro in tecniche di combattimento spaziale; questo lo rende un avversario degno di rispetto e per me sarà un onore, oltre che un piacere personale,
spazzarlo via da questo universo.”
“È per questo che ha dato l’ordine di far spiegare la flotta in assetto di combattimento anche se siamo ancora a parecchi anni luce di distanza dal limite del territorio nemico?”
“Sì. Dovete sapere che la storia che vi abbiamo raccontato circa la distruzione della CORIOS nella
vostra base signor Corbin non era del tutto completa: vedete, durante quella missione avevamo deciso di aspettare fino all’ultimo prima di far spiegare la nostra flotta, che a quel tempo era molto
meno numerosa di oggi. Questo per risparmiare più energia possibile per poterla utilizzare contro la
barriera della CORIOS ed essere sicuri di riuscire ad infrangerla. Purtroppo però quella strategia si
affidava moltissimo al caso, basandosi sul fatto che il nemico non si aspettasse un attacco e quindi
non prendesse alcuna contromisura. Invece accadde proprio questo: qualche satellite spia aveva rilevato la nostra presenza ed aveva informato il computer centrale della CORIOS che così ebbe tutto
il tempo per tenderci un’imboscata che ci colse del tutto impreparati. Il risultato fu disastroso: mentre le navi in bacino completavano le procedure di decollo e si preparavano alla battaglia la nostra
flotta perse oltre venti navi e centinaia di caccia stellari. Solamente la fortuna fece volgere il combattimento in nostro favore ed è per questo che mi sono ripromesso di non compiere più l’errore di
aspettare fino all’ultimo prima di dare l’ordine di disporsi in formazione d’attacco.”
I-5 interruppe la conversazione dicendo:
“Signore, ci stiamo avvicinando al limite esterno del settore che i ribelli hanno indicato come completamente controllata dal nemico.”
“Ottimo. Bdoc, ordina il silenzio radio a tutta la flotta; da questo momento in poi su tutte le navi
della flotta sarà in vigore l’allarme rosso. Dovremo stare molto attenti perché il nemico potrà attaccarci in qualsiasi momento e non possiamo farci cogliere impreparati o per noi potrebbe essere la
fine.”
Per oltre sette ore le potenti navi spaziali viaggiarono attraverso il nulla del sub-spazio astenendosi
dall’emettere qualunque tipo di segnale sub-spaziale per impedire che il nemico, intercettando quei
segnali, potesse individuare la presenza del convoglio. Anche l’emissione dei raggi sensorei era stata ridotta al minimo indispensabile ed i generatori d’energia delle navi funzionavano solamente al
70% del regime massimo per impedire che la rete di sensori nemica potesse rilevare l’innaturale accumulo di energia nel sistema energetico dei motori ad induzione gravitazionale. Le navi viaggiavano in formazione serrata mantenendo la loro posizione senza apparente difficoltà nonostante
l’elevata velocità a cui si muovevano, ma del resto non vi era nulla di sorprendente in questo visto
che i navigatori ed i piloti erano dei robot appositamente istruiti per svolgere quel tipo di manovra.
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Nonostante fosse ben conscio di questo fatto, Harry nutriva un certo orgoglio nel vedere la perfetta
formazione delle sue navi sullo schermo della sua consolle. Era insolito per lui provare quella sensazione, ma era perfettamente chiaro che il suo stato d’animo era influenzato dalla presenza dei
quattro estranei; Harry riusciva a leggere sui loro volti lo stupore che provavano nel vedere
l’imponenza delle forze schierate sul campo di battaglia e questo era motivo di vanto per lui. Per essere più precisi, quella era la prima volta che degli estranei mettevano piede a bordo di una delle
sue navi da quando fu combattuta la battaglia di Canaris-III e quindi non c’era nulla di strano se un
uomo era portato a provare orgoglio nel mostrare l’efficienza della sua opera agli estranei, specialmente se quella era la prima occasione che gli si era presentata. Comunque sia, il giovane ammiraglio si sorprese di provare quella sensazione in quel momento, sia perché i tre rigeliani erano saliti a
bordo della sua nave già da parecchi giorni, sia perché quello non era certo il momento migliore per
distrarre la sua attenzione dalla missione che stava conducendo, vista soprattutto la sua natura e la
sua estrema difficoltà. Quella riflessione era assolutamente inopportuna, se non pericolosa, ma infondo era anche piacevole ed Harry rimase sorpreso di sé quando si scoprì riluttante all’idea di lasciar perdere tutta quella riflessione per ritornare ai suoi doveri. La sua mente si opponeva all’idea
di dover ricominciare a pensare alla battaglia che si sarebbe dovuta svolgere di lì a poco ed in quei
momenti di calma apparente durante i quali non si doveva far fronte a nessuna emergenza voleva
distrarsi ed allontanarsi il più possibile da quei pensieri terribili. Fu per questo motivo che, quasi inconsciamente, il ragazzo ordinò di visualizzare sullo schermo principale i dati tecnici riassuntivi di
ciascuna delle navi della flotta e si compiacque del fatto che i suoi ospiti rimasero stupefatti nel
rendersi conto dell’effettiva potenza che Harry aveva a disposizione in qualsiasi momento.
Man mano che i dati scorrevano sopra le loro teste, i quattro passeggeri diventavano sempre più
consci del motivo che rendeva così ottimista Harry sull’esito della missione: egli aveva sempre saputo di poter contare sull’appoggio di un’incredibile armata navale capace di sviluppare,
all’occorrenza, un inimmaginabile volume di fuoco a cui qualsiasi nemico avrebbe difficilmente potuto resistere. Lo stesso Illis si rendeva conto solamente adesso del rischio che aveva corso durante
il suo scontro con l’ammiraglio Seldon. Finora era convinto del fatto che se avesse rifiutato l’offerta
fattagli dal ragazzo di aiutare i ribelli nella lotta contro i robot che seminavano il terrore in tutta la
galassia il ragazzo si sarebbe semplicemente limitato a lasciare la base andando ad affrontare da solo il nemico, ma ora si rendeva conto che il giovane avrebbe anche potuto decidere di occupare la
base con la forza distruggendo tutte le navi che sarebbero accorse in soccorso. Del resto aveva ampiamente dimostrato di riuscire nell’impresa anche da solo, senza alcun bisogno di rinforzi provenienti dall’esterno visto che era riuscito a liberarsi dalla cella dove era prigioniero e ad arrivare fino
al calcolatore centrale praticamente indisturbato indossando quella speciale armatura che lo rendeva
apparentemente invulnerabile.
Il capo dei ribelli fu molto sorpreso di non aver fatto prima quelle considerazioni, quando doveva
decidere se accettare o meno la proposta di Harry che minacciava di attivare il virus OMEGA distruggendo così tutti i sistemi informatici dei ribelli distruggendo così la loro flotta ed ogni loro
speranza di porre fine all’incubo che il genere umano stava vivendo a causa dei robot impazziti.
L’espediente adottato da Harry raggiunse l’effetto voluto, cioè distrarre i passeggeri durante le interminabili ore del viaggio permettendogli di lavorare senza essere continuamente interrotto. Il ragazzo aveva vissuto per troppo tempo nella solitudine della sua nave, attorniato solamente dai suoi
robot, ed ora il continuo contatto con altri esseri umani iniziava ad infastidirlo, o forse, si disse
Harry, il problema stava unicamente nel fatto di dover fornire in continuazioni spiegazioni su argomenti che ormai non prendeva neppure più in considerazione ritenendoli parte integrante delle
leggi della natura, come ad esempio la presenza della barriera difensiva all’esterno delle quattro
ammiraglie.
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Fu quindi ben felice di apprendere che la flotta era prossima al punto in cui il convoglio mercantile
doveva cambiare rotta. Questo significava che l’inizio della battaglia era ormai vicino e che non rimaneva più molto tempo da dedicare alle riflessioni inutili ed alle inutili domande.
Sebbene fosse trascorsa quasi un’eternità da quel giorno, il ragazzo non poteva dimenticare che durante la battaglia che lo vide vincitore aveva perso più della metà della sua flotta e che la stessa
SDF1 uscì malconcia da quell’avventura, ma quelli, si disse, erano altri tempi. Ora poteva contare
su nuove e più avanzate tecnologie di difesa e di offesa che lo rendevano sicuro di una cosa: qualunque fosse stato l’esito di quello scontro, il suo nemico si sarebbe assai stupito delle nuove potenzialità delle navi che avrebbe dovuto affrontare.
“Bdoc, comunica a Loa di staccarsi dal nostro gruppo e di seguire la rotta prestabilita. I-5, aumentiamo la velocità fino a fattore 8.5. timoniere, vai rotta verso il pianeta più esterno del sistema nemico.”
Disse poi sottovoce, parlando tra sé e sé:
“Speriamo che quei dannati siano tanto allarmati da mandarci incontro tutte le loro navi, altrimenti i
mercantili se la vedranno davvero brutta.”
Quelle parole, seppure dette con un filo di fiato, furono udire da Derek e lo turbarono molto in
quanto gli fecero finalmente capire che la chiave di volta su cui tutta la missione consisteva nel fatto che il nemico, una volta individuata la flotta di navi da battaglia, concentrasse tutte le sue forse
all’esterno del sistema, lasciando così sguarnita la base centrale. Il viceConsile si rendeva perfettamente conto del fatto che questo scenario aveva davvero poche possibilità di realizzarsi concretamente e per questo iniziò a temere seriamente per la vita dei prigionieri.
Fino ad ora aveva sempre ritenuto l’ammiraglio capace di compiere qualsiasi sacrificio in nome dei
suoi scopi ed ora aveva una terribile riprova di questa sua sensazione: il ragazzo era disposto a sacrificare la vita di migliaia di innocenti pur di far uscire allo scoperto il suo nemico e per il giovane
politico la frase pronunciata dall’ammiraglio era la prova che la sua intuizione era esatta. Disse
quindi:
“Ammiraglio, ha pensato a cosa accadrebbe se il nemico non lasciasse sguarnita la propria base? I
mercantili andrebbero in contro ad una fine certa ed i robot massacrerebbero i prigionieri senza darci la possibilità di salvarli.”
All’udire quelle inaspettate parole gli altri tre uomini si voltarono per fissare il viceConsole come se
il giovane politico avesse pensato ad un fatto che nessuno aveva mai valutato. Era chiaro che ora
tutti aspettavano la risposta di Harry che non tardò a replicare dicendo:
“È ovvio che ci ho pensato signor Parrel, o mi crede capace di sacrificare chissà quanti innocenti
pur di perseguire i miei piani? Crede davvero che mi sarei dato tanto da fare se davvero fossi un
uomo di quel genere?”
Derek arrossì visibilmente e chinò il capo fissando il pavimento ed indicando così agli altri tre uomini che Harry aveva pienamente colto nel segno. Era sorpreso di come quel giovane soldato avesse intuito i suoi pensieri con tanta facilità e si pentì di aver pronunciato quelle parole, ma ormai era
troppo tardi e non poteva più tornare indietro; ora non gli restava altro che cercare di riparare alla
bene meglio al pasticcio che aveva combinato tentando di limitare il più possibile i danni.
Fortunatamente per lui comunque Harry si dimostrò comprensivo e disse:
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“Non si preoccupi, io non mi sono offeso, anzi: la sua osservazione è più che lecita e sarò felice di
spiegarle in maniera più dettagliata il piano che abbiamo deciso di seguire in modo da fugare ogni
dubbio che ancora la rendono diffidente.”
“Le assicuro che io…”
Harry alzò una mano interrompendo Derek e proseguì:
“Quando saremo sufficientemente vicini al perimetro sensoriale del sistema nemico le mie navi inizieranno a lanciare decine di falsi bersagli1 in modo da far credere ai robot di trovarsi di fronte a
forze molto maggiori di quante in realtà disponiamo. Questo dovrebbe essere sufficiente a costringere la CORIOS a schierare tutte le navi di cui dispone a difesa del perimetro esterno del suo sistema, almeno fino a quando tutte le navi custodite all’interno degli hangar del terzo pianeta non saranno decollate e non si saranno schierate. Questo dovrebbe garantirci almeno venti minuti di tempo durante i quali i mercantili dovranno prendere a bordo tutti i prigionieri e si dovranno allontanare ad una distanza di sicurezza dal campo di battaglia, quando ciò avverrà, noi potremo gestire come vorremo la battaglia e potremo annientare tutte le forze nemiche senza nessun timore, anche se,
per essere del tutto precisi, dovrei dire che saranno le altre navi da battaglia a farlo visto che l’SDF1
sarà impegnata nell’inseguimento della CORIOS che tenterà con ogni mezzo di sfuggirci, ma io non
mi lascerò cogliere impreparato; non sarò così stupido da commettere lo stesso errore due volte.”
Derek si sentì parzialmente sollevato, ma non riusciva ancora a trovare il coraggio di staccare lo
sguardo dal pavimento; sapeva di aver commesso un grave errore di valutazione ed ora era certo
che il suo vecchio amico Ennius gli avrebbe fatto una bella lavata di capo una volta che si fossero
ritrovati soli, ma era comunque contento di aver dissipato quel suo insidioso dubbio che, altrimenti,
lo avrebbe tormentato fino al termine della battaglia.
Lentamente le navi mercantili virarono verso destra rispetto alla testa della flotta e, scortate
dall’SDF3 e dalle altre due navi da guerra, iniziarono a seguire la nuova rotta che avrebbe permesso
loro di avvicinarsi alla base nemica senza essere individuate dai sistemi di sorveglianza impegnati a
tenere sotto costante controllo le navi assalitrici.
Tutti erano ben consci dell’alto rischio che presentava la manovra, ma era l’unico modo per impedire ai robot di compiere un massacro: era infatti chiaro a tutti il fatto che non appena le forze nemiche si sarebbero organizzate riuscendo a tener testa agli assalitori, la CORIOS avrebbe dato ordine
di uccidere tutti i prigionieri come forma di ritorsione compiendo così un altro massacro. Era quindi
facile capire perché Harry fosse così preoccupato di compiere un’azione totalmente inaspettata e
fulminea.
Man mano che i minuti passavano la distanza tra i due convogli aumentava costantemente, ma non
era questo il pensiero più che impegnava le menti dei cinque uomini presenti sul ponte di comando.
La loro attenzione era rivolta unicamente al momento in cui la battaglia avrebbe avuto inizio, ma
mentre i quattro passeggeri temevano per la sorte dei prigionieri, il pensiero di Harry si focalizzava
totalmente sulle possibili perdite che le sue forze avrebbero subito durante la lotta. Nella sua mente
continuavano a scorrere le immagini del combattimento avvenuto secoli prima e nel suo cuore provava una grande apprensione. Continuava a chiedersi quante navi sarebbero state danneggiate o,
peggio, distrutte; si chiedeva se sarebbe riuscito a fermare la fuga della CORIOS e se, questa volta,
sarebbe riuscito a distruggerla. Aveva il timore che gli sarebbe sfuggita di nuovo, magari ingannandolo come aveva fatto l’altra volta.
1
Falsi bersagli. Droni equipaggiati con degli emettitori di impulsi sub-spaziali che imitano le radiazioni emesse da un
nucleo a curvatura. I falsi bersagli vengono normalmente utilizzati per allontanare i missili intelligenti in grado di rilevare e seguire le tracce del proprio bersaglio utilizzando appunto le tracce lasciate dal nucleo a curvatura.
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Ci vollero altre dieci ore prima che l’SDF1 e le altre navi, raggiungendo il perimetro esterno del
campo sensoriale nemico che proteggeva il cuore dell’impero dei robot costituito dal sistema nemico e da un’ampia zona di spazio interstellare, dessero inizio alla battaglia.
Non appena I-5 segnalò l’approssimarsi del confine impalpabile costituito da un’altissima concentrazione di raggi sensorei di ogni genere, tutte le navi attivarono i loro sistemi di occultamento alla
massima potenza per impedire al nemico di scoprire la loro presenza. Secondo il piano messo a
punto dai quattro ammiragli e dal comitato per la ribellione le navi si sarebbero disoccultate quando
la distanza che le separava dal pianeta che ospitava il grosso della flotta nemica fosse stata di appena 1·350·000·000 chilometri, il ché dava al nemico un preavviso di soli venti minuti costringendo in
questo modo, era la speranza di tutti, il nemico ad agire come aveva previsto l’ammiraglio Seldon
dando la possibilità ai mercantili di salvare i prigionieri.
Il tempo passava lentamente ed ormai tutti gli uomini imbarcati a bordo iniziavano a risentire di
questo fatto, persino Harry iniziava a mostrare i primi segni di impazienza. Evidentemente il lungo
isolamento gli aveva fatto dimenticare quanto fosse snervante l’attesa che precede una battaglia; evidentemente, si disse il ragazzo, aveva sbagliato nel pensare che tutti gli anni trascorsi in dolce solitudine all’interno dell’hangar del suo pianeta non gli avrebbero in alcun modo fatto dimenticare lo
spirito che lo animava durane una battaglia, ma ora si rendeva conto di quanto fosse stupida quella
convinzione.
Anche durante il pasto che venne consumato prima dell’inizio dello scontro il clima che si respirava
tra i commensali non era certo dei migliori. La sala mensa era stranamente silenziosa nonostante la
presenza di cinque uomini che non avevano toccato cibo da quasi dodici ore. Le portate servite dai
robot addetti al servizio erano abbondanti e all’apparenza squisite, ma vennero mangiate di controvoglia come se non fossero affatto appetitose.
In realtà Ennius ed Illis tentarono più volte di iniziare una conversazione per cercare di distrarre
l’attenzione dalla battaglia che si apprestavano a combattere, ma ogni volta che ci provavano la discussione andava inevitabilmente a toccare la missione ed il discorso veniva terminato lasciando le
frasi sospese a mezz’aria senza che nessuno tentasse di finirle ben conscio di dove avrebbero portato gli interlocutori. Dopo qualche tentativo i due si arresero e decisero che era molto meglio cercare
di mettere qualcosa nello stomaco per impedire che le loro energie venissero meno proprio nel momento del bisogno.
Vedendo il tipo di atmosfera che aleggiava nella mensa, Harry decise di attivare l’oloschermo1 e
manovrò i comandi in modo da collegarsi con il circuito delle telecamere situate sullo scafo esterno
dell’SDF1. Come aveva previsto, tutti e quattro i suoi ospiti si dimenticarono del cibo che avevano
nei loro piatti e delle preoccupazioni che fino a pochi istanti prima sembravano essere la loro unica
ragione di vita mettendosi a fissare lo schermo tentando di distinguere anche il più piccolo particolare delle immagini che venivano mostrate dall’oloschermo.
La prima telecamera a cui il sistema venne connesso era stata montata in modo da avere
un’inquadratura generale di una decina di portelli che proteggevano i tubi di lancio dei missili al
plasma. Gran parte dell’immagine era occupata dai portelli di color grigio chiaro le cui cerniere erano disposte tutte nella stessa direzione, leggermente orientate verso l’obbiettivo della telecamera
permettendo così all’operatore di controllare la loro tenuta eseguendo un semplice zoom.
Pochi minuti più tardi l’inquadratura cambiò di colpo ed ora era lo schermo offriva una visone di
insieme di una larga parte della fiancata destra della potente corazzata. Da quello che si riusciva a
1
Oloscermo. Si tratta di un particolare generatore di immagini olografiche tradizionali che permette la creazione di uno
schermo olografico a doppia immagine, cioè uno schermo rettangolare costituito solamente da un fascio di raggi laser
che creano all’interno del perimetro che disegnano a mezz’aria un’immagine che può essere visualizzata indistintamente sia frontalmente che posteriormente. Per la praticità ed il minimo ingombro, gli oloschermi vengono largamente utilizzati nei bar e nei ristoranti per offrire viste panoramiche ai commensali o per permettere loro la visione del programma preferito.
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vedere, Ennius concluse che la telecamera era posta nell’estremità di una specie di ala fissata al di
sotto della metà della fiancata della nave.
Contrariamene a quello che aveva sempre pensato, l’SDF1 non aveva affatto la forma affusolata
delle navi da guerra rigeliane; la telecamera infatti visualizzava in modo chiaro la base di un’alta
torre e, in primo piano, una grande paratia che aveva il chiaro compito di proteggere la base della
torre dai colpi nemici. Si potevano osservare inoltre altri portelli per il lancio di missili e una strana
struttura di color rosso acceso: al vecchio Console era parsa come una torre larga e sottile sulla cui
estremità, leggermente inclinata, era stata fissata una grande antenna parabolica circolare, o almeno
quella era l’impressione di Ennius, di colore nero, ma la sua forma era assolutamente inusuale. Contrariamente alle normali antenne paraboliche costituite da una sezione di superficie sferica più o
meno convergente a seconda delle esigenze, sulla torre rossa era stata fissato un grande anello collegato ad un altro anello nero molto più piccolo che circondava il perno centrale solamente da tre
grandi travi anch’esse di color nero. Un’antenna del genere non avrebbe mai potuto funzionare in
quanto avrebbe potuto concentrare nel suo fuoco solamente le onde che avrebbero colpito le tre travi e l’anello circolare, mentre attraverso le tre grandi aperture che le travi delimitavano le onde sarebbero passate indisturbate. Era quindi chiaro che un’antenna parabolica del genere non avrebbe
assolutamente potuto funzionare, ma nonostante questo era stata installata sulla nave apparentemente senza alcun motivo.
Quella riflessione fu comunque fugace visto che l’immagine mostrata dall’oloschermo mutò di
nuovo dopo pochi secondi mostrando la parte terminale di un ponteggio d’attracco vuoto. Erano
chiaramente distinguibili le potenti ganasce che avevano il compito di trattenere la nave attraccata
serrandosi in una morsa potentissima. Il numero e la forma delle ganasce mutava a seconda del tipo
di nave il ponte d’attracco doveva ospitare; nel particolare caso visibile da Ennius erano presenti
quattro dispositivi meccanici, oltre a tre grandi cunei di acciaio disposti lungo la linea di una larga
circonferenza che servivano per agganciare e mantenere in assetto il condotto pressurizzato retrattile che si posizionava sul portello d’accesso della nave attraccata per permettere al suo equipaggio di
sbarcare. Il fatto che la nave dovesse diventare un tutt’uno con il ponteggio d’attracco era l’unico
modo che garantisse l’assoluta tenuta del condotto pressurizzato ed era per questo che le ganasce
venivano costruite utilizzando il tritanio, uno dei materiali più resistenti dell’intera galassia. I dispositivi meccanici che trattenevano la nave attraccata dovevano avere una tenuta perfetta in qualsiasi situazione e, soprattutto nel caso di navi da guerra, dovevano avere una resistenza notevole visto che in combattimento la nave che offriva l’ormeggio era molte volte costretta ad effettuare bruschi mutamenti di rotta. Queste virate, spesso al limite delle capacità di manovra delle navi, sviluppavano notevoli forze di inerzia generate dalla massa inerte delle navi attraccate che si scaricavano
completamente sulle ganasce di attracco.
L’immagine mutò ancora, ma questa volta l’oloschermo mostrò solamente un grafico ed un lungo
elenco di dati incomprensibili ad Ennius. Harry, invece, li trovò molto interessanti, tanto da dimenticarsi degli altri commensali ed iniziare a studiarli con tutta calma. Manovrando opportunamente i
vari comandi dell’oloschermo richiamò altri dati ed alcune mappe stellari della zona in cui si trovava la base nemica. Lo sguardo del giovane era fisso sull’ologramma sospeso a mezz’aria e la sua
espressione era molto seria ed attenta; tutto il suo corpo sembrava concentrato sul problema che
stava studiando come se ogni singola cellula volesse assimilare le nuove informazioni.
Dopo aver aspettato invano per dieci minuti, Ennius riprese a consumare il resto del suo pasto, ma
venne quasi subito interrotto da Illis che gli disse bisbigliando:
“Scusi Console, ma le sembra questo il momento di mangiare?”
Ennius guardò Illis con uno sguardo divertito.
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“Beh signor Corbin, io mi trovo seduto al tavolo di una mensa con davanti un delizioso pasto caldo,
quindi non vedo cosa ci sia di male nel mangiarlo.”
“C’è di male che l’ammiraglio Seldon sta lavorando per aiutarci e non mi sembra rispettoso nei suoi
confronti comportarsi in questo modo; inoltre le informazioni che gli sono giunte devono essere sicuramente molto importanti se si è concentrato in quel modo e credo che non gli farà sapere che
mentre lui stava tentando in tutti i modo di capire come possano influire sulla nostra missione lei si
godeva tranquillamente la minestra che si è fatto servire.”
“Non si arrabbi signor Corbin. Anch’io credo che l’ammiraglio abbia ricevuto delle informazioni
importanti, ma non vedo come io gli possa essere d’aiuto o come possa riuscire a comprendere
qualcosa dai grafici che sta esaminando. Sono convinto che non ci capirei niente neppure se potessi
studiarli per un mese intero, quindi signor Corbin l’unica cosa veramente utile che mi resta da fare è
quella di nutrirmi per evitare che mi manchino le energie proprio quando ne ho più bisogno e credo
che anche voi tre dovreste fare la stessa cosa. Sospetto che quando l’ammiraglio avrà finito non avremo più tempo per terminare il nostro pasto.”
Il capo dei ribelli rifletté per qualche istante prima di prendere in mano la sua forchetta e mettere in
bocca un altro pezzo della bistecca che aveva nel piatto mentre anche Alvar e Derek, dietro invito di
Ennius si accingevano a riprendere il pasto da dove era stato interrotto.
Passò più di mezz’ora prima che Harry distogliesse lo sguardo dall’oloschermo ed osservasse con
un certo stupore i propri commensali. Illis, vedendo la reazione dell’ammiraglio, la male interpretò
credendo che il ragazzo si fosse offeso e stava per porgergli le proprie scuse, ma Harry fu più rapido e disse:
“Vedo che avete finito di pranzare mentre io stavo analizzando i dati che mi sono stati forniti dalla
plancia. Avete fatto proprio bene perché ora non abbiamo più tempo per queste cose: I-5 mi ha fornito gli ultimi dati sulla nostra posizione e voglio comunicarvi che entro dieci minuti entreremo nel
perimetro sensoriale esterno del sistema centrale nemico.”
Harry si alzò ed invitò gli altri a seguirlo fuori dalla mensa, guidandoli nel breve tragitto che li condusse di nuovo al ponte di comando situato sullo stesso livello. Una volta che tutti si furono accomodati nel proprio posto, Harry diede ordine di effettuare gli ultimi controlli dei sistemi e di
preparare i falsi bersagli per il lancio. In ogni angolo della nave risuonò il suono stridulo delle
sirene che segnalavano lo stato di allarme rosso mentre contemporaneamente migliaia di luci
lampeggianti illuminarono i corridoi della nave con lampi di luce rossa che coloravano le pareti
dello stesso colore del sangue che sarebbe stato versato di lì a breve in battaglia.
Harry odiava quei momenti di attesa prima dello scontro; lui era uno di quei comandanti che prediligono l’azione alle parole ed in quel momento lo stava dimostrando a tutti. Più di una volta Tryma
gli aveva detto, scherzando, che il giorno in cui avesse lasciato il comando perché troppo vecchio si
sarebbe arruolato come mercenario in qualche sperduto sistema solare perennemente impegnato in
scaramucce con i sistemi vicini, ma lui aveva sempre negato quella possibilità dicendo che l’unica
persona in grado di fargli abbandonare il comando della sua nave era la morte e non era certo ansioso di incontrarla.
Del resto non ci si poteva spettare un’altra risposta da lui visto che aveva trascorso buona parte della sua vita inseguendo il suo sogno, prima, e tentando di salvare il genere umano, poi. Harry non lo
faceva per cercare l’eccitazione della lotta o la gloria della vittoria; semplicemente quella era la sua
vita fatta di continue battaglie precedute e seguite da lunghe tregue. Quello era il suo destino e, nonostante si sforzasse di negarlo a tutti e soprattutto a se stesso ritirandosi in una volontaria solitudine, Harry non poteva sottrarsi al suo fato ed un’ulteriore prova di questo era il fatto che ora si trovava a combattere contro un nemico che credeva ormai scomparso per conto di tre perfetti sconosciuti. Nonostante ciò, nonostante fosse perfettamente cosciente del fatto che ogni battaglia poteva
significare la fine per lui, per Tryma, per Manella e per Loa, nonostante sapesse che avrebbe potuto
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perdere tutto quello che era riuscito a costruire in pochi istanti, Harry era felice di potersi tuffare in
un nuovo conflitto.
Eppure, nello stesso tempo, ora provava una grande tristezza nel farlo: anche se il suo destino era
quello di combattere per tutta la vita, il giovane ammiraglio si era abituato a vivere in pace ed isolato dal resto del mondo nel suo sistema solare, lontano da tutti i problemi e tutte le infinite questioni
che ogni giorno venivano affrontate dagli uomini. Si era abituato ad essere circondato dai suoi robot
e dall’amore di Tryma; aveva imparato ad apprezzare il fatto di provare affetto per Manella e Loa
ed aveva finalmente capito quanto fosse importante la loro amicizia per lui. Si era reso conto che
fino ad allora aveva considerato le due ragazze solamente come compagne di avventura e non come
delle vere amiche, ma non si poteva certo pretendere altro da un ragazzo che aveva vissuto in una
famiglia i cui componenti per venti generazioni avevano votato la propria vita all’esercito.
Fin da bambino il padre di Harry lo aveva educato secondo principi militari facendogli vivere una
vita solitaria, ma lui si era saputo ribellare e, grazie all’aiuto della madre, era riuscito a far avverare
il suo sogno di diventare uno scienziato. Molte volte si era soffermato a riflettere sul fatto che se in
quel momento si trovava a bordo dell’SDF1 anziché in una tomba lo doveva prima di tutto a sua
madre che gli aveva permesso di salvarsi dalla distruzione del suo pianeta.
Quei pensieri, però, non facevano provare alcuna gioia al ragazzo che sentiva una grande tristezza
ogni volta che ripensava a sua madre ed al fatto di non essere riuscito a salvarla quando la CORIOS
distrusse il suo mondo.
“Attenzione! A tutte le navi: lanciare i falsi bersagli. Predisporre tutti i sistemi per la ricezione del
segnale di attivazione.”
“Aspetti ammiraglio, se lanciamo adesso i falsi bersagli i sistemi di rilevamento nemici li segnaleranno e noi potremo dire addio all’effetto sorpresa.”
“I falsi bersagli che abbiamo lanciato non sono attivi; inoltre sono stati equipaggiati con un sistema
di mascheramento che impedirà ai sensori nemici di rilevare la loro traccia sub-spaziale. Le navi
trasmetteranno il segnale di attivazione solamente quando saremo vicini alla base nemica cogliendo
di sorpresa la sua difesa.”
“Non sarebbe stato più semplice lanciare direttamente i falsi bersagli una volta raggiunte le coordinate giuste?”
“Indubbiamente, ma le mie navi avrebbero avuto meno libertà di movimento dovendo aspettare che
i dispositivi lanciati si fossero allontanati; inoltre il nemico avrebbe immediatamente capito che
quella era solo una manovra diversiva visto che dal nulla sarebbero apparse centinaia di navi apparentemente ammassate le une sulle altre. Agendo in questo modo, invece, quando disattiveremo i
sistemi di mascheramento tutti i falsi bersagli saranno già disposti in formazione e sugli schermi
nemici apparirà un’enorme flotta già schierata e pronta al combattimento.”
Illis sembrò soddisfatto della spiegazione e si voltò nuovamente ad osservare i robot dietro le varie
consolle ed il grande schermo principale. Ennius invece si soffermò a ripensare alle parole di Harry
e dovette ammettere che la sua strategia era davvero perfetta. Si era preoccupato di curare ogni minimo dettaglio, anche quelli che il vecchio Console, abituato alle battaglie spaziali, non era riuscito
a prendere in considerazione.
Anche se continuava a nutrire qualche dubbio sul fatto di avere al proprio comando un equipaggio
costituito interamente da robot ed una flotta costituita da navi comandate da macchine con cervelli
positronici non soggette alle tre leggi classiche della robotica, ma ad altri misteriosi principi, Ennius
si sentiva comunque fiducioso sull’esito finale della battaglia. Da molti giorni ormai non aveva
dubbi sulla vittoria del genere umano e quello che aveva sentito, per lui, era un’altra riprova di quel
fatto: il loro piano era troppo ben curato per poter fallire; erano troppi i particolari presi in considerazione e troppe le astuzie utilizzate per poter permettere che un pugno di stupidi robot avesse il sopravvento sul genere umano.
129
Naturalmente quella era solamente una convinzione personale priva di alcun valore oggettivo; un
semplice trucco che il subconscio di Ennius aveva adottato per tranquillizzarlo in modo da evitare il
pericolo di un crollo nervoso dovuto alla troppa tensione: non era certo necessaria la diagnosi di un
esperto per capire che quel ragionamento era puramente basato sulle speranze del Console e non su
prove concrete. Nonostante quella convenzione c’erano ancora migliaia di cose che avrebbero potuto non funzionare prima di giungere sull’obbiettivo ed ognuna di esse era sufficiente per mandare
all’aria l’intera operazione. Nessuno comunque avrebbe avuto il coraggio di discutere con l’anziano
politico quell’idea tentando di convincerlo di quanto fosse inutile, anzi, molto probabilmente gli altri tre compagni sarebbero stati invidiosi di lui visto che essi non erano ancora riusciti a trovare la
fede necessaria per credere che le cose si sarebbero sistemate per il meglio. In ogni caso, comunque, ora non avrebbero avuto neppure il tempo per farlo visto che il momento decisivo era ormai
prossimo.
La flotta viaggiava veloce e silenziosa attraverso il sub-spazio coprendo la distanza che la separava
dalla base nemica ad una velocità incredibile. Ogni secondo che passava faceva avvicinare il momento in cui si sarebbe dato inizio alla battaglia, il momento in cui l’ammiraglio Harry Seldon
avrebbe gridato:
“Attenzione: ordinate a tutte le navi di attivare i falsi bersagli e di scendere a velocità di battaglia.
Attivate tutti i sistemi d’arma e state pronti a lanciare i caccia stellari. Voglio che tutte le navi abbiano raggiunto le loro posizioni prima che il nemico ci raggiunga.”
Tutti i robot della plancia si misero al lavoro e continuavano a fornire informazioni all’ammiraglio
parlando direttamente con lui o inviandole al suo terminale. Per i quattro uomini che assistevano alla scena era davvero una cosa inusuale: di solito le varie postazioni inviano i dati raccolti al computer del comandante e non le comunicano verbalmente, questo per evitare che le frasi si sovrappongano creando un’inutile confusione che avrebbe reso impossibile la ricezione dei dati.
In quella occasione, invece, i robot comunicavano in modo ordinato con l’ammiraglio, come se fossero stati diretti da un invisibile direttore d’orchestra che con i suoi segnali impediva che le informazioni date da un robot si sovrapponessero a quelle date da un altro.
“Comunicatemi le reazioni del nemico.”
“Signore, i sensori passivi segnalano numerosi raggi esplorativi ad alta energia puntati nella nostra
direzione.”
“Attivate i sistemi di disturbo sensoriale alla massima potenza: dobbiamo proteggere i falsi bersagli
ed impedire che il nemico scopra il nostro trucco, almeno fino a quando l’operazione di salvataggio
non sarà terminata. Per il momento aspetteremo ancora un po’ prima di attivare i sensori attivi; sono
sicuro che la CORIOS si sta chiedendo chi ha di fronte e non voglio certo fornirle la risposta.”
“Devo ordinare alla flotta di terminare di disporsi in formazione d’attacco Signore?”
“No, aspettiamo che le loro navi si avvicinino ancora un po’. Qual è la situazione delle navi custodite nel pianeta esterno?”
“I sensori registrano un notevole aumento del livello energetico dei nuclei a curvatura, ma non siamo in grado di stabilire esattamente lo stato delle singole navi Signore.”
“Non importa. Visualizzate sullo schermo principale la situazione.”
Il grande schermo si illuminò e mostrò agli occupanti della plancia una rappresentazione schematica della situazione presente nella zona interessata alle operazioni belliche. Seguendo la normale
procedura i computer incaricati di elaborare la simulazione in base ai dati ricevuti dai sensori rappresentarono le navi nemiche usando punti luminosi di color rosso acceso, mentre le navi comandate da Harry erano segnalate da dei quadratini bianchi in modo da renderne più facile
l’individuazione anche quando le navi si fossero cimentate in un combattimento serrato.
130
Il programma che creava e gestiva la simulazione era stato sviluppato tenendo in considerazione
qualsiasi tipo di situazione: innanzitutto il computer acquisiva la posizione dell’SDF1 e una serie di
informazioni dettagliate della zona in cui si trovava per poter creare una mappa molto dettagliata
che serviva anche per aggiornare i dati presenti negli archivi astronomici. Una volta fatto questo,
prendeva come punti di riferimento il centro della mappa e posizionava le varie navi in base alla loro distanza da esso in modo tale da dare un quadro il più generale possibile all’ammiraglio. Una
volta terminato di calcolare e rappresentare le orbite degli oggetti astronomici di interesse maggiore
e, se richiesto, delle navi, il sistema non doveva far altro che controllare ad intervalli prestabiliti di
tempo le informazioni in suo possesso e, se necessario, aggiornare lo schema con i nuovi dati, il tutto veniva fatto senza un eccessivo costo a livello computazionale ed in pochi decimi di secondo. Il
risultato era magnifico: sullo schermo si potevano osservare le navi muoversi lentamente in linea
retta mentre si apprestavano ad attraversare un grande arco blu che rappresentava l’orbita del pianeta più esterno, quello che serviva come base navale al grosso della flotta nemica.
Altrettanto chiaramente si potevano osservare le navi avversarie avvicinarsi provenienti dall’interno
del sistema con il chiaro compito di affrontare gli invasori nel tentativo di dare il tempo ai rinforzi
di decollare. Sicuramente in altre circostanze sarebbe stato divertente osservare i vari movimenti
delle navi pensando a quante migliaia di chilometri riuscissero a percorrere in pochi secondi, ma in
quell’occasione nessuno riuscì a soffermarsi su quella riflessione. A tutti era chiaro il fatto che
quando i due schieramenti si fossero trovati sufficientemente vicini sarebbe iniziata una delle più
tremende e più drammatiche battaglie mai combattute il cui esito non avrebbe segnato solamente il
destino dei due popoli in lotta, ma dell’intera razza umana presente nella galassia.
“Attenzione, a tutte le navi: attivare i sistemi d’arma dei falsi bersagli. Lanciare tutte le squadriglie
di caccia stellari e rompere la formazione. Appena a tiro fate fuoco a volontà e buona fortuna a tutti.
Tempo stimato di arrivo delle navi soccorso?”
“Dieci minuti signore.”
“Dobbiamo riuscire a raggiungere la base nemica prima del loro arrivo. Entro quanto potremo fare
fuoco?”
“Entro due minuti Signore.”
“Prepara tutti i sistemi d’arma standard e stai pronto ad attivare i sistemi primari se sarà necessario.
Questa volta non dobbiamo fallire, altrimenti la prossima volta sarà davvero difficile per noi riuscire a farcela. Qual è la situazione nella Z.E.P.?”
“Tutte le postazioni segnalano di essere pronte Signore.”
“Ottimo. Situazione delle navi nemiche?”
“Sono ancora fuori tiro, mentre quelle custodite nell’hangar impiegheranno circa trenta minuti per
giungere in questa zona. Secondo i sensori passivi il livello energetico dei lori nuclei a curvatura è
ancora troppo basso per poter essere operative; evidentemente avevano i motori completamente disattivati, davvero una scelta inopportuna se mi è concesso esprimere un’opinione Signore.”
“Evidentemente il nemico si sentiva troppo sicuro di sé per pesare di dover affrontare una situazione del genere un giorno. Dalla CORIOS
non mi sarei mai aspettato un errore del genere; evidentemente credeva di essersi sbarazzata di noi quando abbiamo creduto di averla distrutta e per noi
questo suo errore di valutazione si sta' rivelando davvero una fortuna inattesa che ci ha fornito almeno dieci minuti in più di tempo a nostra disposizione.”
Mentre il tempo trascorreva inesorabile i grandi accumulatori d’energia dei cannoni dell’SDF1
iniziarono a caricarsi e le bocce di fuoco vennero orientate vero gli obbiettivi inquadrati dal sistema
di puntamento automatico della nave. Quando i sensori stabilirono che le navi nemiche avevano
raggiunto il limite della distanza di tiro decine di bordate di energia sembrarono eruttare da tutto lo
scafo dell’SDF1 sfrecciando ad altissima velocità verso il nemico, squarciando il vuoto dello spazio
con lunghissime scie luminose costituiti da fotoni e particelle subatomiche.
131
I portelli che avevano il compito di proteggere i silos dei missili si aprirono e lasciarono partire
centinaia di missili al plasma.
Mentre ciò avveniva, decine e decine di piccoli ed agili caccia stellari decollarono dalle rampe di
lancio di tutte le navi ed iniziarono ad attaccare le forze avversarie. I piloti robot dei caccia si lanciavano ad alta velocità verso il loro bersaglio continuando a sparare con i loro cannoni ad impulsi
virando solamente pochi istanti prima di entrare in collisione con la nave nemica bombardata in
modo colpire il più possibile il bersaglio prima di allontanarsi per iniziare un nuovo attacco. Tutto
questo, naturalmente, doveva essere fatto mentre la nave attaccata si proteggeva dietro ad un intenso fuoco di sbarramento tentando di difendersi disperatamente in attesa che qualche caccia venisse a
prestarle soccorso.
Pochi istanti dopo che l’attacco ebbe inizio, anche il nemico aprì il fuoco concentrandolo il particolar modo sulle tre navi ammiraglie che erano quelle meno maneggevoli dell’intera flotta e per questo costituivano un facile bersaglio. Quello che i robot ignoravano, però, era il fatto che quelle navi
erano protette da una barriera impenetrabile che riusciva ad assorbire l’energia dei colpi nemici e a
convogliarla nel sistema energetico della nave che risultava così avvantaggiata da quel pesante
bombardamento.
Lo stesso discorso non lo si poteva purtroppo fare per il resto delle navi comandate da Harry: i generatori che creavano quel particolare tipo di scudo difensivo che Tryma aveva nominato barriera
erano molto ingombranti e necessitavano di molta energia per poter funzionare. Per questi motivi
era stato possibile installarli solamente sulle quattro ammiraglie mentre le altre navi risultavano
protette solamente da scudi di tipo tradizionale, anche se leggermente più resistenti della media. Il
risultato era che la nave attaccata era ancora in grado di sopportare un notevole volume di fuoco,
ma solamente per un breve periodo visto che le notevoli sollecitazioni alle quali erano sottoposti i
generatori a lungo andare li danneggiavano rendendoli incapaci di fornire tutta l’energia richiesta.
Comunque, questo handicap era in parte compensato dal grado di agilità della nave che permetteva
al suo pilota di evitare buona parte dei colpi lasciando in questo modo il tempo ai generatori di stabilizzare le fluttuazioni degli scudi rinforzandoli e permettendo loro di essere efficienti per un tempo maggiore.
In poco meno di cinque minuti le navi nemiche si ritrovarono praticamente le une a ridosso delle altre costringendo i piloti ed i comandanti ad impegnarsi in un combattimento ravvicinato.
Il punto di incontro era letteralmente saturo di astronavi e missili al punto tale che un osservatore
che si trovasse a scrutare da lontano il combattimento avrebbe fatto fatica a distinguere il bagliore
dei notori ad impulso delle navi dai missili e dalle bordate d’energia che facevano sembrare il campo di battaglia una grandissima sfera brillante; un’immagine che celava in modo egregio il terribile
conflitto che si svolgeva al suo interno.
Dal ponte di comando dell’SDF1 Harry osservava con aria preoccupata lo scontro mentre la sua
mente si concedeva qualche attimo di tregua soffermandosi a fare riflessioni di questo genere. Purtroppo, però, quei momenti di libertà erano davvero rari e subito il ragazzo riprendeva il controllo
della situazione analizzando nuovi dati o impartendo ordini alle navi impegnate nel combattimento
qualora fosse stato necessario.
Anche se apparentemente il combattimento stava volgendo in suo favore, Harry pareva preoccupato
agli occhi di Alvar ed in effetti così era: si rendeva perfettamente conto del fatto che l’avanzata delle sue navi verso la base nemica stava procedendo più lentamente di quanto programmato avendo
incontrato una resistenza maggiore di quella immaginata. La situazione comunque non era ancora
disperata visto che rimaneva un quarto d’ora abbondante prima dell’arrivo dei rinforzi nemici, ma
era comunque necessario velocizzare l’azione altrimenti le cose si sarebbero messe davvero male.
In realtà Harry sapeva benissimo quello che era necessario fare per risolvere il problema, ma non
era ancora disposto a scoprire una carta così importante e per questo decise di attendere ancora
qualche minuto prima di usare la sua arma segreta.
132
“Bdoc, ordina al 14° squadrone di avanzare verso l’obbiettivo principale e di distruggere tutti i
campi minati che incontreranno. Il 7° squadrone dovrà proteggere la loro azione impedendo al nemico di inseguirli. L’azione è molto rischiosa, ma deve comunque essere portata a termine, anche a
costo di perdere tutti i caccia.
Quando il campo sarà sgombro, voglio che due incrociatori pesanti e quattro leggeri inizino a bombardare la superficie del pianeta.
Ordina a tutte le navi di velocizzare la loro avanzata verso la base nemica e comunica loro che se le
cose non cambieranno entro pochi minuti sarò costretto ad utilizzare il cannone U.M.P. 1”
Il robot diede ricevuta degli ordini e comunicò quanto richiesto in breve tempo.
Sebbene non sapessero di cosa si trattasse, i quattro passeggeri erano comunque certi del fatto che il
cannone U.M.P. fosse un’arma molto potente visto che avrebbe permesso di sbloccare la situazione
qualora le forze impegnate nella battaglia non ci fossero riuscite e si domandarono il motivo che induceva Harry ad indugiare tanto prima di utilizzarlo. Nonostante questa perplessità nessuno si azzardo comunque ad aprire bocca, sia per il fatto che quello non era certo il momento più adatto per
fare domande, sia per il fatto che un’osservazione del genere avrebbe fatto erroneamente ritenere
all’ammiraglio che i suoi ospiti consideravano sbagliata la sua strategia di combattimento e volevano suggerirgli le mosse giuste da fare.
Se questo fosse accaduto, le conseguenze sarebbero state di certo disastrose, soprattutto per il fatto
che il giovane soldato, almeno per il momento, si era dimostrato molto orgoglioso del suo comando
mostrandosi poco propendo a mettere in discussione le proprie decisioni; del resto questa sua caratteristica era risultata quasi lampante durante la riunione del comitato per la ribellione durante il quale si era decisa la strategia da adottare per affrontare il nemico: quasi tutte le osservazioni ed i suggerimenti che erano stati proposti dai ribelli erano stati scartati perché ritenuti inutili o comunque
non efficaci quanto dovuto.
Trascorsero altri quattro minuti da quando l’ammiraglio aveva parlato ed ora la battaglia aveva raggiunto il suo culmine scatenando tutta la sua furia. Il ritmo degli scontri era diventato assolutamente
insostenibile per un essere umano che si fosse ritrovato a pilotare un caccia. Il campo di battaglia
era diventato un vero e proprio inferno di fuoco dove un solo attimo di distrazione significava la fine per una nave. Nessuno dei presenti, a parte Harry naturalmente, aveva mai visto una battaglia
spingersi tanto oltre. I combattimenti erano talmente rapidi e veloci che era diventato impossibile
seguire le evoluzioni di una singola nave e ai quattro uomini non restava altro che osservare la lotta
nel suo complesso attraverso la rappresentazione fornita dal computer.
Lo spettacolo in sé non era niente di eccezionale: in fondo sullo schermo si poteva osservare solamente un gran numero di punti luminosi che si muovevano apparentemente in maniera casuale esattamente come fanno le lucciole, ma se si considera che ognuno di quei puntini rappresentava una
nave si può comprendere appieno tutta l’emozione che Ennius e gli altri provavano. Era come osservare con un potente microscopio un gruppo di atomi sottoposto al fenomeno dell’agitazione termica: non vi era un solo istante in cui si potesse osservare l’assoluta mancanza di movimento, anche solo in una piccolissima parte della zona rappresentata. Era come osservare l’evento che diede
origine all’intero universo: tutta l’energia che costituisce oggi il cosmo racchiusa in un punto infinitesimo e pronta ad esplodere sotto l’effetto della sua stessa pressione.
1
Cannone U.M.P. I cannoni posti a prua delle quattro ammiraglie normalmente operano indipendentemente l’uno
dall’altro utilizzando l’energia standard per alimentare i propri accumulatori. Quando la situazione lo richiede, però,
questi cannoni possono essere collegati in modo che sparino all’unisono un’unica bordata di energia costituita per il
99.9% di Energia Primaria. La potenza del cannone U.M.P. è tale che sarebbe in grado di disintegrare un intero sistema
solare con un solo colpo; questo perché gli artiglieri possono controllare sia l’ampiezza del fascio di energia che la sua
densità energetica per unità di volume.
133
Questa era la situazione che si era andata a formare durante la battaglia ed Harry lo sapeva benissimo. Sapeva che doveva a tutti i costi allentare la pressione allargando la zona dei combattimenti,
ma purtroppo il suo non era un compito facile, anzi, pareva che la battaglia avesse una volontà propria che costringeva i contendenti a ridurre al minimo le dimensioni del campo di battaglia, come se
sapesse che quello era l’unico modo per esistere. Più volte l’ammiraglio aveva mandato squadriglie
all’assalto della base nemica, ma queste non erano mai riuscite ad allontanarsi troppo dal centro del
conflitto.
“Purtroppo ogni mio sforzo si è rivelato vano; non mi resta altro da fare che ricorrere all’Energia
Primaria purtroppo.
I-5, attiva i sensori attivi ed effettua una scansione di tutto il sistema. Manda i dati all’SDF3 perché
vengano analizzati e inserisci i dati riguardanti la base nemica nel sistema di puntamento del cannone U.M.P.”
Il robot diede ricevuta dell’ordine e si mise al lavoro. Impiegò meno di due minuti per effettuare la
scansione ed inviare i dati a Tryma, quindi disse:
“Le coordinate sono state impostate Signore; aspetto solamente il permesso di mettere in linea il
cannone.”
“Attivare tutti i sistemi dell’Energia Primaria, codice di attivazione AGGI88763-HH784.”
“Codice riconosciuto. Pronti per l’attivazione.
Tre, due, uno… sistemi dell’Energia Primaria attivati e connessi al circuito centrale di alimentazione. Collegamenti CS2 e CS4 attivi ed in piena efficienza. I sistemi saranno operativi al 110% entro
dieci secondi.”
“Preparare il cannone U.M.P. per il fuoco. Togliere tutti i blocchi di sicurezza ed iniziare
l’accumulo di energia. Spareremo un colpo ad alta energia e larga banda davanti a noi in modo da
eliminare tutte quelle navi stellari che ci ingombrano la strada. Dite a tutte le squadriglie di caccia
stellari di tenersi pronti ad avanzare verso l’obbiettivo principale mentre le nostre navi stellari dovranno proteggerli dagli attacchi del nemico. Questa volta dobbiamo riuscire a tutti i costi, non abbiamo altra scelta."
I cannoni di prua dell’SDF1 smisero di sparare e si allinearono tutti assumendo una ben determinata
angolazione. Al di sotto dello scafo esterno della grande nave giganteschi blocchi elettronici di sicurezza venivano disattivati lasciando passare il flusso di Energia Primaria che avrebbe caricato
l’accumulatore del cannone. Il computer centrale era impegnato in complessi calcoli per determinare la millimetrica angolazione che ognuno dei venti cannoni avrebbe dovuto assumere per ottenere
il fascio di energia con le caratteristiche desiderate.
In questo caso in particolare si trattava di sparare una bordata di energia di grande ampiezza in modo da creare un fascio energetico il più largo possibile creando così un passaggio attraverso le linee
nemiche che permettesse alle navi di Harry di giungere abbastanza vicino alla base nemica per poter distruggere le sue difese, o quanto meno tenerle occupate mentre i mercantili prendevano a bordo i prigionieri.
Nella plancia di comando l’ammiraglio teneva sotto controllo ogni fase di preparazione del cannone
osservando con attenzione i dati che scorrevano sullo schermo della sua postazione. Osservava il
livello di energia dell’accumulatore aumentare man mano che l’Energia Primaria vi fluiva partendo
dalla Zona dell’Energia Primaria dove era generata e dove si trovava il computer centrale
dell’SDF1. Harry nutriva molta preoccupazione per la decisione che aveva preso, ma si rendeva anche conto che non aveva altra scelta. Avrebbe voluto aspettare a scoprire la sua carta migliore,
l’arma più micidiale a sua disposizione soprattutto perché era sicuro del fatto che la CORIOS avrebbe di certo riconosciuto il suo vecchio nemico e, capendo di trovarsi in grande pericolo, sareb134
be ricorsa a qualunque mezzo pur di riuscire a sopravvivere e questo avrebbe di certo complicato la
situazione.
Intanto, nel campo di battaglia la lotta continuava furiosa. Ogni istante decine di caccia venivano
abbattuti e le squadriglie di entrambi gli schieramenti avevano accusato gravi perdite; per quanto
riguardava le navi stellari invece, la flotta di Harry non aveva perso neppure una nave anche se
quelle danneggiate più o meno lievemente costituivano circa il 25% del totale. La situazione era
comunque a suo pieno vantaggio visto che il nemico aveva perso il 49% delle sue navi e che i rinforzi provenienti dal terzo pianeta del sistema avrebbero impiegato altri quindici minuti ad arrivare,
secondo le stime fatte da Manella.
I robot costruiti da Loa si erano dimostrati molto più abili nelle tattiche di combattimento rispetto ai
loro avversari, merito della loro migliore programmazione o della maggiore esperienza di combattimento. In particolare erano abili nella tattica di gruppo, il ché era fondamentale durante gli attacchi alle navi stellari nemiche che potevano contare su una numerosa scorta e su una discreta difesa
automatica costituita da decine di torrette laser installate su tutto lo scafo esterno. Inoltre non bisognava dimenticare il fatto che la barriera che proteggeva le navi nemiche era molto resistente e,
sebbene Loa ne avesse compreso per buona parte il funzionamento e la struttura, quindi molto difficile da superare, ma non impossibile. La tattica adottata dai robot di Harry era molto semplice:
mentre un paio di squadriglie di caccia stellari si occupavano di distrarre la scorta e le difese della
nave attaccata, una nave stellare analizzava la funzione di risonanza1 della barriera nemica in modo
da riuscire ad estrapolarne una molto simile. Una volta fatto ciò, i cannoni al plasma ed i sistemi di
guida dei missili al plasma venivano programmati con questa funzione di risonanza. In questo modo
le bordate di energia ed i missili riuscivano ad attraversare la barriera con una percentuale che variava molto a seconda della precisione ottenuta, ma che comunque era sempre sufficiente a garantire
la distruzione dell’obbiettivo.
Naturalmente anche il nemico era a conoscenza di questa strategia di combattimento ed infatti tentava di metterla in pratica, ma gli scudi difensivi creati da Loa possedevano delle funzioni di risonanza non lineari e di difficile soluzione che rendevano vani tutti i tentativi di decifrazione, anche
se in qualche caso la fortuna aiutava i robot della CORIOS permettendo a qualche scarica di energia
dei caccia di attraversare lo scudo di un caccia o di una nave stellare.
L’eventualità che ciò accadesse anche alle quattro navi ammiraglie era invece impossibile in quanto
la barriera che le difendeva era per definizione impenetrabile; neppure un fascio di particelle quantiche ad alta indeterminazione sarebbe riuscito a passare, quindi per i piloti dei caccia non vi era alcuna speranza di riuscire a portare a segno anche un solo colpo qualsiasi tipo di programma di sfasamento2 il loro sistema d’arma avesse.
“Signore, tutti i sistemi sono pronti e funzionanti al 110% della potenza.”
La voce di uno dei robot grigi presenti sulla plancia di comando distrasse la mente di Harry che impiegò qualche istante prima di rispondere.
1
Funzione di risonanza. Tutti i campi energetici vengono generati da un generatore che crea un’infinità di onde elettromagnetiche di tipo sinusoidale che, entrando in risonanza fra di loro, creano il campo energetico. Se consideriamo gli
scudi difensivi, qualsiasi cosa entri in contatto con loro viene respinta a scapito dell’energia dello scudo stesso che deve
essere reintegrata dal suo generatore. Se però l’oggetto che ha urtato lo scudo si trova ad avere le proprie molecole che
vibrano rispettando la funzione di risonanza del generatore dello scudo, allora quell’oggetto può tranquillamente attraversare il campo energetico senza subire alcun danno.
2
Programma di sfasamento. A bordo dei caccia stellari è inserito un particolare dispositivo che fa variare in maniera
più o meno casuale la fase e la risonanza dei fasci di energia e dei missili sparati. In questo modo si da la possibilità ai
piloti di attaccare gli obbiettivi protetti da scudi nell’attesa che la loro base o la loro nave comunichi loro la giusta funzione di risonanza che il computer ha estrapolato dai dati dei sensori. Anche se apparentemente può sembrare un tentativo inutile, in molte occasioni si è rivelata una tattica vincente, tanto che da oltre tre secoli il sistema di sfasamento
viene installato su tutti i caccia stellari prodotti.
135
“Stato dei blocchi di sicurezza?”
“Signore, tutti i blocchi di sicurezza all’infuori di quelli del percussore ad ioni primari sono
disattivati.”
“Aprire il sentiero elettronico; liberare il percussore ed attivare i sistemi di fuoco manuale. Date
massima potenza agli smorzatori inerziali ed attivare l’esecuzione del programma per
l’annullamento del contraccolpo.”
Alvar vide chiaramente il grande robot che aveva parlato lavorare freneticamente sui comandi della
sua consolle mentre eseguiva gli ordini ricevuti. Non impiegò più di un minuto a terminare tutte le
complesse operazioni che erano necessarie per togliere gli ultimi blocchi di sicurezza nel percussore
ionico del cannone U.M.P.. Una volta eseguita l’operazione, il robot attivò quattro emettitori di microonde posti nell’estremità anteriore della prua della nave. I fasci di microonde che venivano generati avevano la funzione di guidare il fascio di Energia Primaria che sarebbe stato sparato dall’SDF1
verso l’obbiettivo designato creando un cero e proprio sentiero lungo il quale l’energia sarebbe fluita alla velocità della luce.
“Blocchi di sicurezza tolti e sentiero tracciato Signore.”
“Ottimo. Attivare gli schermi visivi1; avvertite le altre navi che stiamo per utilizzare il cannone
U.M.P. ed ordinate loro di seguire gli ordini che sono già stati impartiti. Faremo fuoco fra trenta secondi; I-5 dai inizio al conto alla rovescia e fai uscire il comando manuale di fuoco dieci secondi
prima del termine del conteggio.”
A dieci secondi dalla fine del conteggio l’inquadratura dello schermo gigante mutò ed ora offriva
una visione diretta di quanto accadeva davanti alla prua della nave. L’inquadratura non era ripresa
utilizzando un grande fattore di ingrandimento; il suo scopo sembrava più che altro quello di offrire
una visione di insieme di quello che era l’obbiettivo selezionato. Nello stesso istante sul lato superiore della consolle di Harry, ben visibile dai posti assegnati ai passeggeri, si aprì un piccolo scomparto segreto e ne uscì una pistola laser sorretta da un piedistallo che aveva la canna collegata ad un
cavo per il trasporto di energia.
Harry si alzò in piedi ed afferrò l’impugnatura dell’arma senza staccarla dal suo supporto e disse:
“… Dune… uno… Fuoco!”
Harry premette il grilletto e sull’SDF1 ci fu un black-out di energia per una frazione di secondo, ma
sufficientemente lungo perché il cervello umano percepisse l’improvvisa oscurità che avvolse per
una frazione di secondo il ponte di comando. Fu questione di un attimo, ma quando l’inquadratura
ritornò i piccolissimi puntini luccicanti che si potevano osservare in precedenza ora erano sostituiti
da un immenso cerchio brillantissimo dai contorni non ben definiti che sembrava immobile davanti
alla nave. Qualche secondo più tardi la brillantezza iniziò a diminuire fino a quando la figura geometrica non scomparve del tutto alla vista.
Contrariamente a quello che i tre rigeliani ed Illis si aspettavano, le navi che si trovavano a prua
dell’SDF1 e che ne ostacolavano il cammino ora non c’erano più, come se quella strana luce le avesse dissolte quando era scomparsa. I quattro faticavano a capire che cosa fosse realmente accadu1
Schermi visivi. Le bordate di energia convenzionale sparate dai cannoni non costituiscono un pericolo per l’occhio
umano in quanto la loro brillantezza è molto bassa. Il cannone U.M.P. invece spara un fascio di energia ad alta concentrazione che risulta nocivo per l’occhio umano se osservato direttamente in quanto la bordata emette in modo intenso
una vasta gamma di radiazioni visibili che le conferiscono un elevato grado di brillantezza, talmente elevato da provocare danni anche irreversibili sulla retina umana. Per questo quando si utilizza il cannone U.M.P. vengono attivati degli
speciali filtri ottici che permettono l’osservazione senza rischio.
136
to, ma tutto fu chiaro quando sullo schermo principale ritornò la raffigurazione schematica del campo di battaglia.
Davanti all’SDF1 ora vi era un lungo e sottile corridoio di spazio assolutamente privo di navi e solamente allora Illis si rese conto di quello che era successo: la luce che avevano visto era la bordata
di energia sparata dal cannone U.M.P., una bordata di energia talmente potente che aveva spazzato
via tutto ciò che aveva incontrato lungo il suo cammino. Il capo ribelle rimase allibito; in vita sua
non aveva mai visto un’arma di tale potenza, né avrebbe mai potuto immaginare di poterla vedere
un giorno. Ora capiva la reticenza di Harry nell’usarla ed il fatto che fosse convinto che il nemico
avrebbe scoperto la sua identità se lo avesse fatto: sicuramente in tutta la galassia solamente la flotta di Harry possedeva un’arma del genere.
“Rimettete in stand-by i sistemi dell’Energia Primaria e riattivate tutti i blocchi di sicurezza del cannone U.M.P.. Ordinate a tutte le navi di dirigersi verso la base nemica sfruttando il varco che
abbiamo aperto e dite loro di fare il possibile per preparare il campo per l’arrivo dei mercantili; fatemi un rapporto completo su tutti i danni che le nostre navi hanno subito, svelti!”
Tutti i robot iniziarono a lavorare con frenesia mentre i quattro uomini seguivano gli sviluppi
dell’azione sullo schermo.
“Bene, a quanto pare il cannone U.M.P. è riuscito anche a danneggiare una parte delle difese
planetarie del nemico e questo per noi è un piacevole imprevisto.”
Harry continuava a parlare ad alta voce esprimendo pensieri, riflessioni ed ordini come se gli altri
quattro compagni di quell’avventura non esistessero. Era completamente concentrato sulla battaglia
e niente lo avrebbe potuto distrarre. Solamente quando i motori ad impulso fecero sentire il proprio
ronzio sommesso il ragazzo si concesse un attimo di riposo, ma fu un momento fugace.
L’astronave sfrecciava a tutta velocità lungo lo stretto corridoio che aveva creato e che si stava restringendo man mano che le navi ed i caccia impegnati nella furiosa lotta riempivano lo spazio lasciato vuoto dalle navi distrutte. Fortunatamente l’ammiraglia riuscì a passare e ad avvicinarsi sufficientemente al pozzo gravitazionale del pianeta da poter iniziare le procedure per entrare in un orbita stabile attorno ad esso. Una volta terminata quell’operazione, la nave ruotò sul proprio asse
compiendo una rotazione di centottanta gradi rivolgendo così la gran parte delle proprie armi verso
la superficie del pianeta per poter iniziare un pesante bombardamento di tutte le postazioni difensive che i sensori avevano rilevato.
“Pensa che riusciremo a distruggere tutte le postazioni prima dell’arrivo delle navi di soccorso
Ammiraglio?”
“Purtroppo no. Secondo i nostri sensori sono sparse su tutta la superficie del pianeta e mancano solamente tre minuti all’arrivo delle navi. Cercheremo di distruggerne e di danneggiarne il più possibile, ma ne rimarranno attive comunque una gran parte, sufficiente a costituire un serio pericolo per
le nostre navi. Conto tuttavia sul fatto che l’SDF1 e l’SDF4, unitamente alle altre navi di scorta al
convoglio, riescano ad offrire sufficiente protezione alle navi mercantili mentre il resto della flotta
non dovrebbe aver problemi a mantenere le navi nemiche lontane.
Non dobbiamo inoltre dimenticare che molto probabilmente subiremo un pesante attacco da parte di
caccia stellari di base sul pianeta, anche se ritengo che le squadriglie di caccia che sono a bordo delle due ammiraglie saranno più che sufficienti per tenerli a bada.”
“Quindi ritiene che i mercantili saranno in pericolo durante tutto il tempo del loro intervento nonostante il fatto che il grosso delle forze nemiche sia impegnato nella battaglia con le sue navi, vero?”
“Purtroppo è così; fino a quando non avranno abbandonato il sistema.”
137
Bdoc interruppe l’ammiraglio riferendo che le navi soccorso sarebbero uscite dal sub-spazio entro
dieci secondi.
“Credo che ormai sia troppo tardi per continuare a fare questo tipo di congetture; ormai quel che è
fatto è fatto e non possiamo più tornare indietro, ora non ci resta altro che sperare e tentare di mantenere le posizioni acquisite il più a lungo possibile.
I-5, qual è la situazione?”
“Signore, siamo riusciti a creare un corridoio di entrata in orbita sufficientemente grande, ma ancora troppo instabile. Le nostre forze stanno incontrando una resistenza maggiore di quella prevista,
ma stanno comunque avendo ragione del nemico. Secondo il computer centrale l’operazione non
dovrebbe presentare imprevisti, sempre che riusciamo a concludere le operazioni di salvataggio
prima che il grosso della flotta ci raggiunga.”
“Dite ai caccia di prepararsi ad abbandonare il combattimento per fornire la scorta ai mercantili e
dite ai piloti di avvertire i comandanti di sbrigassi. Il tempo stringe e purtroppo temo che il resto
delle navi nemiche ci raggiungeranno proprio nel mezzo delle operazioni di teletrasporto.”
Mentre pronunciava quelle parole, lo schema mostrato dallo schermo principale del ponte di comando dell’SDF1 mutò. Ora veniva mostrata una zona molto più limitata, vicino al secondo pianeta, segno che era stato effettuato uno zoom per controllare meglio ciò che accadeva in quella zona.
Il convoglio di mercantili guidato dall’SDF4 e scortato da altre due navi da guerra non si vedeva
ancora, ma di si curo non doveva essere troppo lontano dal margine della zona visualizzata. Ad un
cenno di Harry il fattore di zoom venne ulteriormente potenziato ed ora lo schermo mostrava sulla
parte desta un grande arco bianco mentre sulla parte sinistra si potevano osservare per pochi istanti
alcuni cerchietti rossi alternati in maniera irregolare, ed a volte accompagnati, da dei cerchietti
bianchi che continuavano ad apparire e sparire in modo casuale. Sul lato superiore di ogni cerchietto si poteva a malapena distinguere la presenza di una sottile linea dello stesso colore della figura
geometrica che ne seguiva il movimento rimanendo sempre alla stessa distanza dal bordo della circonferenza esterna; forse si trattava della denominazione della nave, visibile solamente quando veniva effettuato uno zoom sulla sola nave presa in considerazione in modo da poterla identificare in
ogni situazione.
Per il resto, lo schermo era completamente vuoto, fatta eccezione per una griglia colorata che divideva lo schermo in tanti quadratini delineati dall’intersezione delle righe orizzontali e verticali della
griglia poste a distanza regolare fra di loro. Un paio di volte alcuni gruppi di navi e caccia nemici
avevano provato a portarsi in quella zona sgombra, ma i caccia di Harry li avevano sempre ricacciati oltre il bordo dello schermo seguendo le istruzioni ricevute. Durante tutte le riunioni tenutesi
sull’asteroide sede della base ribelle Harry aveva sempre ricordato quanto fosse importante tenere
sgombra quella zona, perché solamente in quel modo si sarebbe potuta compensare l’elevata vulnerabilità delle navi civili impegnate nell’operazione. Quella zona cuscinetto larga poche migliaia di
chilometri avrebbe permesso ai caccia di scorta di anticipare gli attacchi nemici ed intercettare in tal
modo le navi dei robot lontano dalle navi soccorso, lasciando allo stesso tempo piena libertà di manovra a quelle ingombranti navi così scarsamente manovrabili..
“Guardate! Sta arrivando il primo mercantile.”
Derek non seppe trattenersi.
“In perfetto orario. Ora dobbiamo vedere se riuscirà a completare le operazioni nei tempi stabiliti.”
Tutti gli uomini stavano osservando un silenzio quasi religioso credendo in quel modo di impedire
che la situazione favorevole che si era creata mutasse in loro sfavore. Era sicuramente un compor138
tamento irrazionale, ma gli uomini sono strane creature che nei momenti di estrema tensione si aggrappano a qualsiasi cosa che dia loro un minimo senso di sicurezza.
Eppure quelle creature avevano saputo sopravvivere attraverso i secoli crescendo e prosperando fino a diventare i padroni di un’intera galassia, nonostante le continue lotte fratricide che avevano
combattuto e che avevano rischiato di farli estinguere, una volta.
“Signore, i sensori segnalano attività energetica sulla superficie del pianeta; secondo il computer i
segnali sono dovuti alla presenza di batterie al plasma e di cannoni neutronici.”
“Disponiamo l’SDF1 in modo da fare da scudo al mercantile; a manovra terminata voglio che tutte
le postazioni, ad eccezioni di quelle di difesa a corto raggio, concentrino il loro fuoco unicamente
sulla superficie del pianeta per distruggere le batterie nemiche. Avvertite i caccia ed il mercantile
del pericolo; I-5, manda alla mia consolle i dati che ricevi sullo stato delle navi soccorso e dei loro
sistemi.”
Lo schermo mostrava un oggetto verde di forma allungata che rimaneva immobile all’interno della
zona di sicurezza. Lo schermo mostrava anche numerose linee bianche che, protendendosi dalla superficie del pianeta, come tentacoli lentamente si dirigevano verso il mercantile per poi sparire una
volta raggiunta l’SDF1 che si trovava proprio sulla loro traiettoria proteggendo così la nave vero
oggetto dell’attacco.
Per i quattro uomini era una vera tortura dover assistere a quella scena e non gli era per nulla di
conforto il fatto di sapere che ogni volta che una postazione sparava un colpo veniva individuata dai
sistemi di puntamento dell’SDF1 ed attaccata dalle batterie della nave. Per quanto potenti, i cannoni
dell’ammiraglia di Harry non potevano certo annientare istantaneamente tutte le batterie difensive
nemiche, come invece avrebbero voluto i quattro uomini.
Dopo parecchi minuti in cui la situazione era rimasta immutata, improvvisamente la figura verte iniziò a muoversi lentamente allontanandosi dal pianeta per poi sparire entrando nel sub-spazio una
volta raggiunta la distanza di sicurezza dal pozzo gravitazionale del corpo celeste. Contemporaneamente un altro mercantili comparve sullo schermo ed andò a posizionarsi vicino al pianeta per
continuare il prelevamento dei prigionieri, esattamente nello stesso punto lasciato libero dall’altra
nave civile.
“Signori, sono felice di comunicarvi che milletrecento prigionieri sono stati teletrasportati a bordo
del mercantile TEMPEST e che gli scudi della nave sono riusciti a reggere agli attacchi nemici facendo sì che la nave riportasse solamente lievi danni. Ora i caccia la stanno scortando fuori da questa zona fino al punto di incontro prestabilito.”
Gli uomini parvero volto sollevati da quella notizia, ma purtroppo non ebbero il tempo di gioire:
improvvisamente, infatti, un allarme risuonò nella plancia di comando.
“Signore, i sensori rilevano la presenza di una notevole fonte di energia sulla superficie del pianeta.
Secondo i nostri calcoli la rivoluzione del pianeta dovrebbe collocarla sulla nostra verticale tra cinque minuti.”
“Come mai non è stata rilevata prima?”
“Signore, il nucleo del pianeta emette una notevole quantità di particelle quantiche che disturbano i
nostri sensori a larga banda. La presenza della fonte di energia poteva essere rilevata solamente da
un’analisi energetica approfondita e niente giustificava la necessità di effettuarne una.”
“In ogni caso sarà meglio eseguirla, e visto che non voglio altre sorprese sgradite, effettuate un accurato e completo scanning del pianeta utilizzando tutti i sensori attivi e passivi. Voglio sapere che
cosa rappresenta quell’accumulo di energia e lo voglio sapere adesso.”
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Il grande robot grigio si mise immediatamente al lavoro. Mentre manovrava in modo preciso i comandi sentiva una lieve fluttuazione nei potenziali delle quattro leggi. La sensazione che provava
poteva essere paragonata al rammarico che gli esseri umani provano quando non rispettano le aspettative di un’altra persona. I-5 era perfettamente conscio della delicatezza della situazione e sapeva
che bastava un niente per infrangere il delicato equilibrio che si era creato e per far volgere la situazione a favore o a sfavore dell’ammiraglio. Sentiva che aveva commesso un’imperdonabile errore
non scoprendo quell’accumulo di energia ed ora per colpa sua l’intera operazione rischiava di fallire.
Il robot stava lavorando freneticamente controllando i vari sistemi sensoriali impegnando il computer centrale nell’analisi dei dati raccolti. L’orologio interno di I-5 scandiva inesorabilmente il trascorrere del tempo ed il robot percepiva ogni singolo secondo come un colpo infertogli da una invisibile pistola laser. In tutto gli ci vollero cinque minuti per giungere alla soluzione del problema, ma
per I-5 quei minuti pesarono come giorni.
“Signore, l’anomalia energetica è dovuta ad un potente accumulatore di energia quantica alimentato
direttamente dal centro del pianeta dove, molto probabilmente, è stato installato un generatore di
singolarità quantiche. Il computer è riuscito ad analizzare buona parte delle particelle prodotte, ma
almeno il 10% di esse ci risulta del tutto sconosciuto. Secondo il computer si potrebbe trattare di
particelle provenienti dal sub-spazio o generate utilizzando processi fisici basati sulla struttura del
sub-spazio che sono a noi ignoti.”
“I-5, voglio una simulazione sugli effetti che quel cannone potrebbe avere sulla nostra barriera.”
“Per quanto riguarda le singolarità quantiche note, la nostra barriera riuscirà benissimo ad assorbirle
mutando la sua composizione in modo da impedire un reflusso energetico; per quanto riguarda le
particelle sconosciute purtroppo il computer non è assolutamente in grado di fornirci alcuna previsione su come reagirà la barriera.”
“Più che logico. Ordinate a tutte le sezioni di chiudere i portelli stagni e dite alle squadre di emergenza di tenersi pronte per qualsiasi evenienza. Molto probabilmente la barriera non si accorgerà
nemmeno di quelle singolarità, ma è sempre meglio prevedere il peggio, soprattutto considerando il
fatto che la CORIOS è un’ottima stratega e se ha costruito quel cannone sicuramente lo ha fatto
perché si tratta di un’arma molto efficace.”
“Scusi Signore, ma il secondo mercantile ha concluso le operazioni di recupero e si sta' allontanando; il suo rimpiazzo sarà in posizione entro trenta secondi.”
In realtà quella nave non giunse mai a destinazione: quindici secondi dopo la comunicazione fatta
da Bdoc, il mercantile GOOS, con un equipaggio formato da trenta uomini e dieci robot, venne investito in pieno da un fascio di singolarità quantiche ad alta energia di risonanza che attraversò gli
scudi difensivi e colpì in pieno lo scafo della nave. In pochi secondi l’elevata indeterminazione delle particelle quantiche squilibrò in maniera irreversibile i legami atomici dell’intera nave e di qualsiasi cosa contenesse facendola letteralmente dissolvere in una nube di atomi elementari.
L’intera scena venne seguita con incredulità e sgomento dagli uomini dell’SDF1 che rimasero a
bocca aperta.
“Cosa dicono i sensori I-5?”
“Secondo quanto rilevato quel fascio di particelle ha destabilizzato l’equilibrio dei legami atomici
facendoli dissolvere; i sensori segnalano infatti che nella posizione occupata dalla nave è presente
una nube in rapida espansione di particelle avente la stessa massa della GOOS, ma densità praticamente nulla.”
“Che mi dici degli scudi della nave: non hanno retto all’attacco o cos’altro.”
“Secondo il computer il fascio di energia li ha attraversati senza alcun problema, come se il nemico
avesse conosciuto le frequenze di risonanza degli scudi.”
“La stessa cosa potrebbe accadere a noi?”
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“Possiamo creare un sottile strato di particelle quantiche all’interno della barriera che dovrebbero
fermare circa il 95% del fascio energetico, ma purtroppo non siamo assolutamente in grado di prevedere in che modo le particelle sub-spaziali possano influire sul comportamento delle altre particelle…
Signore, il cannone nemico ha sparato di nuovo; impatto tra dieci secondi.”
“Manovre di sganciamento! Prepararsi per l’impatto! Generatori di barriera al 110% della potenza!”
Lo schianto fu violentissimo. La bordata di energia colpì con tutta la sua furia la barriera dell’SDF1
ed i generatori che la mantenevano attiva dovettero raggiungere i propri limiti strutturali per poter
respingere l’attacco. Tutta la nave era attraversata da forti vibrazioni ed il suo sistema energetico
subì forti fluttuazioni, talmente gravi da far andare in tilt alcuni generatori secondari.
Dalla sua consolle l’ammiraglio Seldon esaminava con preoccupazione i dati che gli stavano
arrivando dall’intera nave. Secondo quanto riferito allo stato attuale il sistema energetico non
avrebbe potuto assolutamente sopportare lo stress provocato dal cannone U.M.P. o dall’entrata in
linea dei sistemi dell’Energia Primaria.
“Accidenti! Dite alle squadre della manutenzione di ripristinare il più presto possibile la rete. Quanto manca prima dell’arrivo di un’altra bordata?”
“Circa un minuto Signore.”
“Utilizzeremo i Missili Primari; impostate le coordinate di lancio su quelle del cannone quantico
nemico e lanciate dieci Missili. I sensori segnalano altri cannoni di questi tipo?”
“No signore.”
“Bene. Appena il cannone sarà stato distrutto ordinate ai mercantili di riprendere le operazioni, a
gruppi di cinque. Ordinate a quattro incrociatori pesanti di raggiungerci per fare da scudo ai mercantili ed avvertire le squadre di supporto di preparare ROMBO per il decollo.”
Al contrario dei missili al plasma, i Missili Primari non sono contenuti in silos, ma sono installati su
delle rampe mobili che ne possono ospitare due alla volta. Cinque di queste speciali rampe vennero
azionate e puntate verso al superficie del pianeta; una volta che i computers terminarono di effettuare gli ultimi calcoli, i dieci Missili vennero lanciati e raggiunsero il loro obbiettivo in meno di un
minuto.
L’esplosione fu visibile anche ad occhio nudo a bordo dell’SDF1 come una piccola cupola di luce
che si accese per pochi istanti sulla superficie del pianeta. Dai dati raccolti l’installazione colpita
era andata completamente distrutta e con essa anche una vasta area circostante a causa delle esplosioni causate da reazioni a catena.
“Qual è lo stato del reattore sotterraneo?”
“Non sembra aver subito danni Signore.”
“Cosa dicono le squadre della manutenzione sui danni che abbiamo subito?”
“Il nostro potenziale offensivo è diminuito del 30% a causa del deterioramento dei sistemi energetici ed occorreranno trentasei ore per poter raggiungere nuovamente il livello massimo di efficienza.”
“Ditegli di sbrigarsi: non abbiamo trentasei ore, forse non ne abbiamo neppure una. A che punto
sono le operazioni di soccorso?”
“I cinque mercantili sono quasi al completo ed il prossimo gruppo è pronto a sostituirli.”
“Quanti gruppi sono rimasti?”
“Trenta gruppi Signore.”
“Sono troppi. I rinforzi ci raggiungeranno molto prima del termine delle operazioni e noi non disponiamo di tutta la nostra forza per affrontarli.”
Harry si soffermò a riflettere per qualche istante.
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“Bdoc, comunica a Tryma ed a Manella la nostra situazione e dì loro che dovranno guardarci le
spalle affrontando da sole i rinforzi nemici. Dì loro di utilizzare i cannoni U.M.P. e di attaccare solamente le navi stellari. Ai caccia ed alle navi più leggere ci penserà il resto della flotta.”
“Ammiraglio, che cosa ne sarà della gente che doveva essere imbarcata sul mercantile distrutto?”
“Verrà ridistribuita equamente sulle altre navi signor Fallay.”
I minuti passarono interminabili mentre la lotta continuava furibonda. Man mano che i gruppi di
mercantili si allontanavano dalla zona degli scontri aumentava la speranza dei tre rigeliani di vedere
sana e salva la loro gente, anche se gli attimi di tensione continuavano a presentarsi numerosi. Uno
dei più gravi si verificò quando un mercantile perse una delle due gondole del motore gravitonico
rendendo impossibile attivare la velocità curvatura. Harry decise di far scortare il mercantile da
quattro navi stellari, ma la situazione era davvero drammatica perché qualsiasi nave nemica avrebbe
potuto superare il convoglio, che procedeva alla massima potenza d’impulso, per potergli poi tendere un’imboscata.
Comunque sia, dopo circa trentatré minuti dall’inizio dei combattimenti tutti i prigionieri detenuti
nella base nemica furono salvati; l’ultima nave civile effettuò il balzo nel sub-spazio esattamente
otto secondo prima che giungessero i rinforzi nemici accolti calorosamente dall’SDF2 e dall’SDF3
che con i loro cannoni U.M.P. distrussero circa il 60% delle navi sopraggiunte senza che queste avessero la possibilità di sparare un solo colpo.
Visto l’andamento della battaglia, e soprattutto considerando che ora anche l’SDF1 poteva riprendere la lotta, anche se non al massimo della sua efficienza, Harry decise che era giunto il momento
di concludere la partita.
“Bene signori. Penso che sarete soddisfatti di come sono andate le cose, almeno per il momento.”
“Certamente ammiraglio. Grazie al Suo aiuto siamo riusciti a salvare tutti i prigionieri, non sapremo
mai come ringraziarla.”
“Comunque sia non dobbiamo dimenticarci che non abbiamo ancora vinto; il nostro nemico è ancora molto potente.”
“Ben detto signor Parrel. In ogni modo ora che non dobbiamo più preoccuparci per la vita dei civili
il nostro compito sarà molto più facile.”
“Ammiraglio Seldon, finora Lei è sempre stato sincero con noi ed ha sempre affrontato le discussioni in modo diretto, quindi se ora deve dirci qualcosa lo faccia pure senza tergiversare ulteriormente, la prego.”
“Come vuole Console. Ora che non rimane altro che sconfiggere il nemico ritengo che la vostra presenza a bordo di questa nave non sia più giustificata. La battaglia che si sta' combattendo è una questione personale tra me ed il computer della CORIOS e quindi ritengo che sia più giusto che voi
raggiungiate i prigionieri che abbiamo salvato per poter dirigere le operazioni di accoglienza alla
base ribelle. Inoltre Console, il suo popolo sarà più rassicurato se sarà lei a spiegare loro quanto è
accaduto, non le pare?”
“Io mi oppongo a tutto ciò. Non è assolutamente vero che questa è la Sua guerra personale. Ammiraglio, Lei non deve dimenticare che questi robot hanno massacrato miliardi e miliardi di persone
innocenti, quindi ora Lei non ha assolutamente il diritto di dire che la distruzione della CORIOS è
un suo diritto privato. Tutti noi desideriamo vedere la sua fine e desideriamo esserci quando questo
accadrà.”
Illis aveva puntato gli occhi su quelli di Harry e non li lasciava neppure per un istante. Il suo volto
era teso al massimo.
Passarono lunghissimi istanti colmi di tensione, ma alla fine Harry si arrese e disse:
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“Va bene allora. Tre di voi resteranno e saliranno con me a bordo di ROMBO per scendere sulla
superficie del pianeta, ma lei signor Fallay dovrà salire su una spoletta per raggiungere la base dei
ribelli. Come le ho detto la sua gente sarà più tranquilla se la vedrà al suo fianco; credo che anche
lei sia d’accordo con me.”
“Sì, lo sono.”
“Benissimo allora. Darò ordine che venga predisposto tutto per la sua partenza. A proposito, le devo
chiedere ancora una volta di non rivelare a nessuno la verità su quanto è successo e di attenersi invece alla versione che abbiamo sempre sostenuto in pubblico.”
“Non si preoccupi Ammiraglio: io le ho già dato la mia parola d’onore e Le assicuro che la manterrò a qualunque costo.”
“Ne sono certo Console.”
Harry discese le scale e si avvicinò al vecchio politico che era in piedi davanti alla sua poltrona. I
due si strinsero la mano e rimasero a fissarsi in silenzio per qualche istante, poi Harry diede ordine
ad un robot della sicurezza di scortare il rigeliano sino all’hangar dove lo attendeva la spoletta che
lo avrebbe condotto dalla sua gente.
Quando Ennius fu partito, Harry disse agli altri tre uomini di seguirlo e li condusse attraverso un
breve tragitto all’interno di un elevatore il quale attraversò l’intera nave prima di iniziare la lunga
salita che lo avrebbe portato sino al punto più altro della nave, ottocento metri sopra il livello dove
era installata la plancia di comando.
Quando le porte dell’elevatore si aprirono i tre si ritrovarono davanti alla camera stagna di un ponteggio d’attracco situato su un’altissima torre. Agganciata al ponteggio vi era la nave stellare
ROMBO, una delle poche della flotta che era dotata di un cannone U.M.P., gemello di quello installato a bordo delle quattro ammiraglie.
Harry prese naturalmente il comando della nave e diede l’ordine di decollare e di dirigersi verso la
superficie del pianeta nemico.
“Consolle tattica, prepararsi per mutare configurazione. Attivare modulo ROMBO, configurazione
terrestre.”
Il robot diede ricevuta dell’ordine ed inizio ad eseguirlo. Meno di un minuto più tardi comunicò
l’avvenuta esecuzione dell’ordine. Sullo schermo principale del ponte, posto verticalmente al centro
della parete anteriore della plancia, proprio di fronte alla poltrona del comandante, apparve uno
schema della nave. La sua forma era davvero insolita: sulla parte superiore era stata costruita una
torre alta circa trenta metri su cui apparentemente erano presenti solamente degli stabilizzatori aerodinamici necessari per il volo in atmosfera.
Un altro particolare strano era costituito da quattro lunghe protuberanze sottili che si allungavano
nella parte inferiore della nave, due nella parte anteriore e due in quella posteriore.
La cosa comunque non colpì particolarmente i tre: in fondo ogni popolo costruiva le navi seguendo
i gusti e le esigenze dettate dalla propria cultura e dal contesto sociale del momento storico vissuto.
Evidentemente quella nave era tata costruita in quel modo perché doveva espletare a particolari
funzioni. Ad esempio la presenza di quegli stabilizzatori aerodinamici poteva significare che la nave venisse utilizzata per l’esplorazione a bassa quota dei pianeti, all’interno della loro atmosfera e
quei particolari aerodinamici potrebbero essere stati inseriti nella struttura della nave per conferirle
maggiore stabilità e manovrabilità. Considerando poi che l’ammiraglio aveva parlato di configurazione terrestre, forse le quattro protuberanze potevano alloggiare apparati necessari per l’atterraggio
o cose simili.
Quelle osservazioni furono presto accantonate e i passeggeri tornarono a prestare la massima attenzione sulla missione da compiere. La nave ROMBO stava procedendo a velocità sostenuta verso gli
strati superiori dell’atmosfera del pianeta, ma la sua corsa era ostacolata dal pesante bombardamento della contraerea nemica che tentava in tutti i modi di abbatterla. Il pilota dovette faticare non po143
co per schivare i colpi costringendo la nave a percorrere un tragitto molto tortuoso attraverso lo
spesso strato di nubi scosso continuamente da fortissime turbolenze che mettevano a dura prova gli
stabilizzatori aerodinamici della nave.
Comunque sia, la contraerea fallì il suo compito: mezzora più tardi, infatti, la nave riuscì a toccare
terra indenne, grazie anche agli scudi che avevano impedito ai pochi colpi andati a segno di raggiungere lo scafo della nave. ROMBO toccò terra in una zona apparentemente priva di installazioni
nemiche o di truppe. Il paesaggio che le telecamere esterne mostravano era desolato: ovunque vi erano rocce e sassi ed in lontananza si poteva scorgere, nella luce quasi crepuscolare del pianeta, il
profilo di una catena montuosa formata da una decina di montagne non troppo alte.
“Questo terreno sabbioso e pieno di rocce non è certo l’ideale per poter utilizzare il sistema di trazione terrestre. Pilota, attiva il modulo hovercraft e dirigiti verso la più vicina installazione nemica.”
“Ricevuto Signore. Modulo hovercraft attivato e rotta impostata. Avanzando alla massima velocità
impiegheremo dieci minuti per giungere a destinazione.”
“Procedete pure.”
ROMBO si sollevò dal terreno sconnesso grazie ai generatori di antigravità ed iniziò ad avvicinarsi
al suo obbiettivo. Levitando a circa due metri da terra riusciva a muoversi ad altissima velocità senza doversi preoccupare troppo delle asperità del terreno che per altro venivano distrutte da alcuni
cannoni laser posti sulla prua della nave se risultavano troppo grandi per poter essere superate senza
mutare rotta. Durante il viaggio i sensori non segnalarono la presenza di alcun veicolo nemico e
questo parve molto insolito ad Harry che era sicuro del fatto che la loro presenza fosse stata rilevata
immediatamente dal sistema di sorveglianza nemico.
“È davvero strano che finora non ci abbiano ancora attaccato, non trova anche lei signor Corbin?”
“Forse i loro sensori ci hanno persi quando siamo scesi in mezzo a queste montagne.”
“Non credo. Se hanno avuto abbastanza tempo per costruire su tutta la superficie del pianeta delle
postazioni di difesa planetaria, sicuramente hanno anche predisposto svariate reti di sorveglianza
sensoriale che di certo saranno più concentrate nelle zone dove la normale copertura sensoriale è
minima. No signor Corbin, io credo che la CORIOS conosca benissimo la nostra posizione, ma che
preferisca aspettare per vedere quello che abbiamo intenzione di fare prima di prendere le opportune contromisure. Sa benissimo che le cose non le stanno andando affatto bene considerando che più
della metà delle sue navi è andata distrutta ed ora vuole essere certa di andare a colpo sicuro.”
“A proposito Ammiraglio, quale mossa ha intenzione di fare ora?”
“Per il momento ci stiamo avvicinando ad un grande complesso energetico che raggiungeremo tra
circa tre minuti. Secondo i nostri sensori sotto al complesso si trova un profondo tunnel abbastanza
grande da contenere questa nave. È mia intenzione percorrere quel tunnel per fare irruzione nella
base sotterranea nemica ed una volta penetratovi ho intenzione di distruggerla facendo esplodere il
reattore quantico, se questo sarà necessario.”
“Ma così farà esplodere anche il pianeta facendo correre un serio pericolo alle nostre navi!”
“Come ho detto signor Parrel, farò saltare il reattore solo se sarò costretto; in realtà io credo che la
CORIOS tenterà di abbandonare il pianeta quando si accorgerà che la situazione è diventata insostenibile, solamente che io non le permetterò di scappare e la inseguirò anche in un’altra galassia se
sarà necessario e sarò soddisfatto solamente quando riuscirò a trasformarla in una nube di pulviscolo spaziale.”
Harry aveva uno sguardo molto determinato e fissava Derek quasi volesse rafforzare le sue parole.
Era chiaro che il ragazzo non si sarebbe fermato davanti a nulla pur di raggiungere il suo intento ed
il giovane politico era sicuro del fatto che una volta raggiunta l’installazione nemica niente avrebbe
potuto arrestare la sua marcia, nemmeno il fatto di mettere in serio pericolo la vita di innocenti. In
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realtà solamente ora Derek capiva che tutte le sensazioni che aveva provato mentre era a bordo
dell’SDF1 erano giuste; solamente adesso aveva capito quanto fosse stato difficile per lui attendere
che tutte le operazioni di soccorso fossero terminate prima di iniziare la vera offensiva. Anche se si
era sempre dimostrato disponibile, Harry aveva concentrato la sua attenzione solamente sulla distruzione della CORIOS ed aveva usato lui ed i suoi due amici rigeliani per poter scoprire dove si
trovasse il suo nemico. Il salvataggio dei prigionieri era stato semplicemente il prezzo da pagare ai
ribelli in cambio del loro aiuto, niente di più.
Derek sapeva che questa non era una semplice sensazione, ma la verità; era certo di aver visto giusto questa volta e nessun discorso gli avrebbe fatto cambiare idea.
“Signore, siamo giunti in vista dell’obbiettivo. I sensori segnalano varie postazioni di difesa automatiche e la presenza di ingenti forze terrestri ed aeree che si accingono a muovere contro di noi.”
“Attivare tutti i sistemi d’arma e prepararsi alla battaglia. Effettuare un’analisi approfondita di tutta
la zona ed inserire le coordinate dei bersagli primari nei computers di puntamento.”
Ancora una volta i tre uomini che sedevano su delle poltrone poste vicino alla porta del ponte di
comando, sul fianco sinistro rispetto alla postazione di Harry, poterono osservare la perfetta
coordinazione dei robot che lavoravano in perfetto sincronismo.
L’attacco ebbe inizio pochi secondi più tardi, quando una cinquantina di missili al plasma colpirono
gli scudi di ROMBO provocando solamente una lieve fluttuazione del sistema energetico della nave.
“Aprire il fuoco.”
Le postazioni nemiche vennero pesantemente bombardate dai cannoni e dai missili di ROMBO e
vennero facilmente distrutte. Dopo mezzora di combattimenti oltre trecento carri armati e circa mille robot nemici erano stati trasformati in inutili rottami mentre ROMBO si trovava intatto di fronte
al gigantesco portale che proteggeva l’ingresso della galleria sotterranea.
“Signore, i sensori rilevano la presenza di una barriera a protezione del portale. Secondo i nostri dati si tratta dello stesso tipo di barriera installato a bordo delle navi nemiche.”
“Non possiamo perdere tempo usando le armi convenzionali. Allontaniamoci a distanza di sicurezza: distruggeremo la barriera ed il portale usando il cannone U.M.P.; collegate in linea i sistemi
dell’Energia Primaria e togliete tutti i blocchi di sicurezza del cannone. Attivate il modulo ROMBO, assetto verticale1; avvertitemi quando saremo pronti per sparare.”
Non ci volle molto tempo; esattamente come accadde sull’SDF1 davanti ad Harry comparve una pistola laser sorretta da un piccolo supporto e la cui canna era collegata ad un cavo per il trasporto
dell’energia. Quando Harry premette il grilletto la barriera ed il portale vennero colpiti dallo stesso
fascio di energia che i tre uomini avevano visto sullo schermo della nave ammiraglia. In meno di un
secondo dell’installazione nemica, costituita da un complesso insieme di alte torri e di ampi spiazzi
per l’atterraggio ed il decollo di astronavi, non rimaneva altro che un profondo cratere scavato nella
nuda roccia al centro del quale si apriva un profondo pozzo, apparentemente senza fondo.
“Ritornare all’assetto orizzontale. Pilota, scendiamo all’interno della galleria.”
1
Modulo ROMBO, assetto verticale. La nave stellare ROMBO è stata costruita in modo da poter mutare la propria
forma ed il proprio assetto potendo scegliere tra tre differenti possibilità: l’assetto di volo utilizzato per il volo spaziale
e nell’atmosfera; l’assetto terrestre usato per muoversi sul suolo dei pianeti e per volare nella loro atmosfera; l’assetto
verticale dove ROMBO si trasforma in un robot dotato di armi molto potenti, tra cui le lance e le spade laser.
ROMBO è anche dotato del cannone U.M.P., ma può essere usato solamente quando è attivo l’assetto verticale.
145
La discesa fu piuttosto lunga e monotona visto che il panorama che lo schermo mostrava era costituito unicamente alle pareti di cemento di un pozzo circolare la cui oscurità era interrotta ad intervalli regolari da potenti fari che illuminavano dei numeri dipinti sulle pareti, abbastanza grandi da
poter essere letti anche senza effettuare uno zoom con le telecamere. Sotto di essi era dipinta una
sottile linea nera che voleva indicare la fine di un livello e l’inizio del successivo; evidentemente
quel tipo di segnalazione serviva per indicare alle navi che volevano entrare all’interno della base
nemica a quale livello erano giunte e quanti livelli mancavano ancora prima di arrivare a destinazione. Molto probabilmente ad ogni livello corrispondeva un accesso al pozzo di discesa, ma ora
erano stati tutti sigillati ed era impossibile distinguerli usando solamente le telecamere; solamente i
sensori erano in grado di individuarli, ma solamente dopo una scansione abbastanza approfondita
del livello.
“Bene, se non avremo sorprese dovremmo raggiungere l’ultimo livello tra circa trenta minuti.”
“Cosa faremo quando arriveremo alla fine di questo pozzo?”
“Secondo i nostri rilevamenti il reattore che alimentava il cannone quantico che ha distrutto il nostro mercantile si trova in quel livello e se noi riusciremo a distruggerlo genereremo una reazione a
catena che trasformerà l’intero pianeta in pulviscolo stellare.”
“Aspetti un momento Ammiraglio, se come dice si scatenerà una reazione a catena noi saremo distrutti insieme al pianeta, a meno che questa reazione non impieghi almeno un’ora prima di svilupparsi.”
“Di questo non si deve preoccupare signor Cresh. La nostra discesa è lenta, non lo nego, ma una
volta che avremo distrutto il reattore tutte le installazioni del pianeta smetteranno di funzionare visto che non saranno più alimentate e quindi noi saremo sicuri che i sistemi di difesa della base saranno inattivi. Premesso questo, nulla ci vieta di uscire a massimo impulso da questo tunnel e di
impiegarci meno di un minuto per farlo.
Non voglio certo rimproverarla per questa sua osservazione, in fondo la vita è una sola, ma appunto
perché è una sola è molto cara anche a me. Non si preoccupi, ho previsto ogni possibile variabile
nel mio piano e credo che non ci saranno particolari problemi.
La cosa di cui dobbiamo invece preoccuparci sarà quella di individuare la CORIOS in mezzo alla
tempesta ionica che genererà l’esplosione del pianeta. In quelle condizioni anche i nostri sensori
presentano delle interferenze sulle loro letture e questo renderà la ricerca più difficile e più rischiosa
perché potremmo essere attaccati senza accorgercene in tempo.”
Improvvisamente la nave arrestò la sua discesa cogliendo di sorpresa tutti gli uomini a bordo.
“Comandante, che cosa sta' accadendo?”
“Signore, nella galleria è stata attivata una barriera che ci impedisce di proseguire oltre.”
Ci fu una breve pausa, poi il robot continuò:
“Signore, i sensori ci segnalano che è stata attivata una barriera anche sopra la nave; in questo momento siamo intrappolati in questo livello.”
“Maledizione! Come mai i sensori non hanno rilevato la presenza degli emettitori di barriera quando abbiamo analizzato i livelli precedenti?”
“Secondo il computer i dati che abbiamo rilevato non indicavano in alcun modo la presenza di quegli emettitori; forse i nostri sensori sono stati schermati da un qualche sistema di disturbo.”
“Impossibile. I nostri sensori attivi non possono essere ingannati da nessun tipo di radiazione o di
campo energetico presente nell’universo.”
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Sentendo quelle parole gli occhi di Illis si illuminarono; evidentemente il capo dei ribelli aveva avuto una di quelle intuizioni che il cervello umano riesce a cogliere partendo da un fatto insignificante, come ad esempio una parola o un odore.
“Ammiraglio, non potrebbe trattarsi di un campo di energia generato utilizzando la stessa tecnologia del cannone quantico? Forse quel tipo di energia è basato su principi fisici dedotti dallo studio
del sub-spazio e proprio per questo motivo i vostri sensori sono stati schermati ed ingannati.”
Il ragazzo si soffermò a riflettere qualche minuto. La situazione era davvero delicata: sopra e sotto
ROMBO si trovavano due potenti barriere, forse più resistenti di quelle che proteggevano le navi
comandate dalla CORIOS, e contro di loro le normali armi non avevano alcuna efficacia. In tale situazione era anche impossibile utilizzare il cannone U.M.P., a meno che non si volesse essere
distrutti dalla potenza riflessa del colpo sparato; inoltre bisognava tener presente che il cannone
U.M.P. non può colpire bersagli che si trovino ad una distanza inferiore al chilometro, figuriamoci
quindi uno che si trova a meno di tre metri dalla chiglia della nave.
Harry era a corto di idee; non poteva comunicare con Manella perché i campi di energia che lo trattenevano erano impenetrabili dalle onde sub-spaziali o da qualsiasi altra forma di energia. Il ragazzo si sentiva come un pesce nella rete e la cosa che più gli pesava era il fatto che si era cacciato in
trappola praticamente da solo, per la prima volta da quando era diventato il comandante della sua
flotta.
“Che cosa nasconde la parete a prua della nave?”
“Secondo i sensori oltre quella parete si trova un ampio spazio vuoto.”
“Abbastanza grande da contenere ROMBO?”
“Si, ma solamente in assetto di volo Signore.”
“Ottimo. In assetto di volo ROMBO può operare anche come carro armato muovendosi su qualsiasi
tipo di terreno, quindi credo che non incontreremo difficoltà nel muoverci attraverso i vari livelli
direttamente dall’interno dell’installazione nemica.”
“Aspetti un istante Ammiraglio, non ha pensato che forse questo è proprio quello che il nemico si
aspetta da noi? In fondo se è riuscito ad ingannare i sensori una volta può farlo ancora. Se noi decidessimo di penetrare all’interno della base nemica potremmo trovarci a fronteggiare un esercito
molto numeroso, non crede anche lei?
Se devo proprio essere sincero mi meraviglia molto la facilità con cui siamo riusciti a raggiungere
questo livello; io mi aspettavo di incontrare molta più resistenza da parte dell’esercito nemico visto
che questa è la loro base centrare dove si trova il loro comandante supremo. Se io dovessi organizzare la difesa della base dalla quale opero le assicuro che mi circonderei di un esercito numerosissimo e lo doterei delle armi più potenti e sofisticate che la tecnologia mi offre.”
“Ha detto bene viceConsole, se dovesse difendere la base da cui opera, ma chi ci può assicurare che
sia proprio questa la base da cui opera la CORIOS?”
Derek guardò stupito Harry non riuscendo a capire che cosa intendesse dire il ragazzo.
“Finora ho agito supponendo che la CORIOS avrebbe aspettato fino all’ultimo prima di abbandonare la base perché questa è stata la strategia che ha seguito su Canaris-III, ma purtroppo credo proprio di averla sottovalutata: evidentemente ha imparato dal suo errore ed ora, mentre noi siamo intrappolati qui sotto, si starà allontanando il più possibile dal sistema dirigendosi verso un nascondiglio sicuro credendo di averci ingannati.”
“Allora ha intenzione di inseguire quella nave rinunciando a distruggere il reattore quantico?”
“No, ho intenzione di fare tutte e due le cose.
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Comandante, attivi lo schermo laser1 di prua: sfonderemo la parete e penetreremo nella base nemica, esattamente come il nemico ha previsto, solamente che non ci dirigeremo verso il basso, ma verso l’alto aggirando le barriere e ritornando nel pozzo di accesso ad un livello superiore. Una volta
usciti dall’orbita del pianeta rintracceremo la scia dei motori gravitronici della CORIOS e
l’inseguiremo.
Non appena la parete sarà stata distrutta voglio che vengano lanciati due Missili Primari che avranno come obbiettivo il reattore quantico al centro del pianeta.”
Il comandante di ROMBO diede ricevuta degli ordini ed iniziò ad eseguirli istruendo le varie postazioni sul da farsi.
Mentre ROMBO si preparava, Alvar rifletté sul piano d’azione studiato da Harry. Per la verità c’era
solamente una cosa che non riusciva assolutamente a comprendere e cioè il lancio dei due missili.
Se come aveva supposto l’ammiraglio una volta penetrati all’interno della base ci si doveva spettare
una forte resistenza da parte di truppe nemiche schermate ai sensori, allora era facile immaginare
che i missili lanciati venissero distrutti in breve tempo. Inoltre, anche ammettendo che la loro corazza fosse abbastanza resistente da poter resistere agli attacchi, era comunque impensabile che riuscissero a manovrare nello spazio ristretto dei corridoi trovando da soli la strada fino al reattore. Per
capire questo, si diceva Alvar, basta ad esempio considerare il problema in termini aerodinamici: un
missile è costruito in modo da essere il più piccolo possibile rendendo così più difficile il suo abbattimento. Ora, nello spazio esso non ha nessun problema di manovra anche a bassissime velocità, ma
su un pianeta devono essere le sue ali a conferirgli la portanza necessaria per volare e questo implica viaggiare ad alte velocità. È quindi impossibile per un missile fare le brusche virate necessarie
per svoltare nei corridoi di un edificio con il risultato di schiantarsi contro il primo muro incontrato
sul cammino.
Il soldato rigeliano rifletté per lunghi istanti sul problema; era combattuto tra il rispetto che aveva
iniziato a nutrire nei confronti di Harry e l’evidenza della realtà. Sapeva di aver fatto già molte brutte figure facendo apparire appieno la vera immagine di sé, cioè di un uomo impulsivo ed attaccabrighe, ma questa volta era sicuro di non sbagliare. Questa volta aveva dalla sua parte la conoscenza
scientifica ed era sicuro di non sbagliare.
“Ammiraglio, mi permette di esprimere la mia opinione, Signore?”
“Sentiamo signor Cresh.”
“Secondo me i due missili che lanceremo non potranno mai raggiungere il loro obbiettivo perché
verranno abbattuti dalle truppe nemiche, se mai ve ne sono. In secondo luogo, ammettendo che la
base nemica sia sguarnita come ci dicono i sensori, ritengo che i due missili si distruggeranno
schiantandosi contro un muro poiché la loro elevata velocità non gli consentirà di effettuare quelle
virate strette necessarie per volare attraverso i vari corridoi della base.”
“In effetti devo ammettere che il suo ragionamento non fa una piega, ma purtroppo si basa su ipotesi completamente sbagliate: in primo luogo i Missili Primari non possono essere distrutti da armi
convenzionali, ma solamente da armi alimentate con Energia Primaria oppure dal cannone quantico
in possesso del nemico. In secondo luogo i missili che lanceremo sono stati costruiti per operare nel
sottosuolo: essi non volano, ma si spostano grazie a cingoli; inoltre la loro punta è costituita da una
trivella multipla di tritanio in grado di perforare qualsiasi materiale. Vedrà che quei due gioielli non
avranno nessuna difficoltà a distruggere il reattore.”
1
Schermo laser. Ogni nave della flotta di Harry è dotata di quattro schermi laser; in particolare, ogni nave ne possiede
quattro (uno a prua, uno a poppa ed uno per ogni lato della nave). Essi sono costituiti da un campo di energia ad altissima concentrazione capace di penetrare attraverso qualsiasi tipo di materiale, tranne rare eccezioni.
Queste caratteristiche riescono comunque a compensare solamente in parte la grave limitazione dovuta alla scarsa gettata dell’arma (solamente cento metri).
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Alvar rimase sorpreso. Nessuno mai aveva pensato di costruire missili adatti per attacchi nel sottosuolo visto che era ormai diventata una tacita regola dei combattimenti spaziali il fatto che chi fosse
riuscito ad avere la supremazia nel settore interessato ai combattimenti avrebbe ottenuto anche la
vittoria. In oltre duemila anni erano davvero rare le volte in cui un conquistatore aveva dovuto radere al suolo interi pianeti; naturalmente questo discorso non valeva per i robot della CORIOS.
Fu questo il principale motivo che spinse gli scienziati ad abbandonare le ricerche sulle armi planetarie per concentrarsi sullo studio del potenziamento delle armi spaziali, un settore che lasciava sperare in guadagni ben maggiori.
Entro pochi minuti i missili vennero posizionati sulle rampe di lancio ed i loro sistemi di bordo
vennero testati e programmati. Quando finalmente tutto fu pronto, Harry diede l’ordine di attivare
lo schermo laser di prua e di sfondare la parete del pozzo.
Una volta a contatto con lo schermo di energia, la miscela di calcestruzzo e titanio del muro si
sciolse come fa il burro quando lo si taglia con un coltello caldo. Man mano che la breccia si apriva,
le telecamere di ROMBO mostravano l’ampio e spoglio locale che la parete proteggeva. Apparentemente aveva una superficie di un chilometro quadrato diviso da una ventina di file di colonne di
sostegno; lo spazio tra le colonne era appena sufficiente per il passaggio di ROMBO, ma questo
non preoccupava minimamente Harry il quale era sicuro dell’assoluta assenza di forze nemiche su
quel livello.
“Lanciate i Missili Primari; attivate tutti gli schermi laser; pronti per la risalita in superficie.”
I due missili vennero lanciati ed inquadrati dalle telecamere, permettendo così ai tre passeggeri di
osservarli mentre si allontanavano dalla nave.
Come aveva detto l’ammiraglio, essi non volavano, ma si spostavano su dei cingoli posti a croce su
quattro lati del corpo cilindrico del missile. Per ogni lati vi erano cinque distinti cingoli lunghi circa
un metro; quando si spostava, il missile si disponeva in modo da poggiare su dieci cingoli per ottenere la massima stabilità. Harry disse che la distribuzione dei pesi era stata calcolata in modo tale
da far sì che il missile poggiasse sempre su due lati, indipendentemente dal terreno su cui si muoveva; inoltre il missile poteva ruotare sul proprio asse un’infinità di volte senza mai correre il rischio
di bloccarsi o di trovarsi in una posizione di equilibrio instabile permettendogli quindi di proseguire
la sua corsa indisturbato.
Per quanto riguarda la propulsione, il missile era dotato di un reattore ad ionizzazione; Alvar lo aveva facilmente intuito guardando il colore azzurrino dell’ugello del propulsore posto nella parte
terminale del missile.
ROMBO attese quasi due minuti prima di muoversi dirigendosi verso l’alto nel tentativo di ritornare sulla superficie del pianeta. Il fatto che sul soffitto dell’ampio locale in cui si trovava non ci fosse
nessun tipo di accesso al livello superiore non costituì alcun problema: Harry diede ordine di attivare tutti gli schermi laser creando così un campo sferico intorno alla nave che riusciva a perforare
senza alcun problema qualsiasi parete ostacolasse il cammino di ROMBO.
“Siamo fortunati signori. Fino ad adesso non abbiamo incontrato alcuna barriera che ci sbarrasse la
strada e forse, con un po’ di fortuna, non ne incontreremo affatto.”
“In fondo un cervello positronico, per quanto complesso possa essere, non sarà mai in grado di superare l’ingegnosità umana e questa ne è la riprova. Sono certo che se il nostro nemico fosse di carne ed ossa, a quest’ora ci avrebbe intrappolati all’interno di un livello isolandolo dal resto della base
con una serie di barriere per noi impenetrabili; invece la CORIOS si è limitata a farci perdere del
tempo.
Anzi, grazie al suo stratagemma siamo riusciti a scoprire le sue vere intenzioni che altrimenti ci sarebbero rimaste ignote fino all’esplosione del reattore quantico.”
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“No signor Corbin, questo non è esatto. Se noi avessimo fatto esplodere il reattore non avremmo
mai potuto scoprire la fuga della CORIOS visto che le particelle quantiche che sarebbero state generate dall’esplosione avrebbero incendiato in meno di un secondo qualsiasi scia gravitonica presente nel raggio di un giorno luce facendole scomparire per sempre. Inoltre, noi saremmo stati troppo impegnati a metterci in salvo per poterci occupare della CORIOS ed alla fine avremmo di sicuro
ipotizzato che fosse andata distrutta nell’esplosione.
Voglio dirle ancora un’altra cosa: è vero che quella nave è comandata da un cervello positronico,
ma, mi creda, commette davvero un gravissimo errore se crede che il suo potere di analisi e progettazione raggiunga un livello molto inferiore a quello di un essere umano. Forse non mi crederà, ma
voglio comunque dirle una cosa signor Corbin. Ai tempi di Canaris-III la nostra potenza complessiva in termini di navi, potere di fuoco e livello tecnologico era ad un livello leggermente superiore al
vostro e lo stesso si poteva dire per la CORIOS visto che era stata costruita usando le stesse conoscenze scientifiche. Tenendo conto di questi fatti secondo lei anche allora noi avremmo dovuto avere facilmente la meglio, ma così non è stato. Per essere del tutto sinceri ci sono stati dei momenti
in cui sabbiamo persino temuto il peggio, ma fortunatamente alla fine siamo riusciti a spuntarla.”
“Il che, secondo me, è una riprova di quanto ho affermato poc’anzi.”
“No, è solamente la prova che la straordinaria capacità del cervello umano di adattarsi alle situazioni che si vede costretto ad affrontare non potrà mai essere del tutto imitata da un’intelligenza artificiale, ma questo non esclude affatto che un computer riesca a ragionare meglio di un uomo e che il
suo potere di previsione possa essere maggiore.
Il fatto di essere liberi di muoverci all’interno di questi livelli superiori della base è la prova di
un’altra cosa altrettanto grave in guerra: la CORIOS, durante la progettazione, ha sopravvalutato la
propria forza ritenendo che nella galassia non sarebbe mai esistito un nemico talmente potente da
violare il perimetro interno della base centrale. Questa è l’unica conclusione a qui riesco a giungere
analizzando la situazione; tutte le altre congetture si basano unicamente su preconcetti inutili.”
Finalmente ROMBO riuscì a guadagnare nuovamente la superficie e si allontanò in tutta fretta verso gli strati più superficiali dell’atmosfera alla disperata ricerca di una traccia lasciata dalla CORIOS.
Il compito dei sensori era reso estremamente difficile dalla battaglia che sembrava non avere alcuna
intenzione di spegnersi. Sebbene infatti ora le navi di Harry fossero in netta superiorità numerica,
quel che restava della flotta nemica era ancora molto agguerrita, forse in attesa di rinforzi provenienti da altre epoche. Mentre la nave si allontanava sempre più dalla zona degli scontri, Derek sentiva crescere dentro di sé una sensazione di disagio, come se finora avesse notato la mancanza di
qualcosa che non riusciva comunque ad identificare con chiarezza. Era come se il suo subconscio
gli stesse gridando qualcosa tentando di farsi udire in tutti i modi, ma inspiegabilmente l’io senziente gli impedisse di ascoltare.
“Signore, abbiamo identificato due scie gravitoniche in allontanamento dal sistema solare in direzioni opposte.”
“Notate qualche minima differenza tra di loro?”
“Negativo Signore, sono identiche. Anche le funzioni di risonanza di banda coincidono.”
“Quindi ora si tratta solamente di fortuna. Bene, comandante, lei seguirà la scia che si dirige verso
la nebulosa di Andromeda mentre io seguirà l’altra. Se incontrerete la CORIOS dovrete limitarvi a
seguirla avvertendomi immediatamente. Non dovete tentare in alcun modo un’azione contro di lei;
se verrete attaccati dovrete ritirarvi immediatamente, sono stato chiaro?”
“Sì Signore!”
“Se invece si tratta di navi della flotta nemica distruggetele, dopo di ché riportate i tre passeggeri all
base ribelle e chiedete istruzioni all’ammiraglio Dubanqua.”
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I tre uomini fecero per protestare, ma Harry si mosse troppo velocemente e prima che uno di loro
potesse aprire bocca si trovava già nel turbo ascensore che lo avrebbe condotto nella stiva della nave dove lo attendeva l’ingegnere capo.
Un quarto d’ora più tardi le telecamere della nave inquadrarono l’ammiraglio mentre, all’interno di
una versione potenziata dell’armatura d’assalto si allontanava in direzione di Beta Canaris-V sotto
lo sguardo di Illis, Derek ed Alvar.
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EPILOGO
S
ono passati più di sessant’anni da quel giorno. Ora mi trovo su NuovoRigel nel mio letto di
morte ed attendo che si compia il mio destino.
È strano come a volte il fato si prenda gioco di noi donandoci l’illusione di una vita tranquilla
per poi sorprenderci con l’inaspettato. Se ora lascio che la mia mente vaghi libera attraverso i
miei ricordi posso rivedermi all’interno della sala macchine della FARSTAR mentre facevo progetti
per il mio futuro, e solamente adesso mi rendo conto di quanto ridicoli fossero, non tanto per il loro
contenuto, ma unicamente perché ho capito che è ridicolo pensare di poter pianificare la propria esistenza quando basta un solo secondo per travolgerla.
Ma forse questi sono solamente i pensieri di un povero vecchio che ormai non si aspetta più nulla
dalla vita. Prima di spegnermi vorrei terminare queste mie memorie nel tentativo di impedire che il
ricordo di quanto successo in quei giorni svanisca nel tempo, anche se in fondo non ho molto altro
da aggiungere.
Dodici ore dopo il nostro sbarco ricevemmo una comunicazione da parte dell’ammiraglio Loa Maren. Il messaggio diceva:
“Sono felice di comunicarvi che la CORIOS è stata distrutta da Harry e che tutte le sue navi sono
state trasformate in rottami spaziali. Quello che oggi abbiamo fatto ha un enorme significato perché permetterà alla razza umana di sopravvivere e di prosperare, sempre che, naturalmente, non
decida di autodistruggersi.
Prima di lasciarvi vi devo chiedere ancora di non rivelare la nostra esistenza a nessuno; consideratelo il prezzo da pagare per l’aiuto ricevuto.”
Qui finisce la storia ufficiale. Quello che neppure i membri del Comitato per la ribellione hanno mai
saputo è che qualche giorno dopo io, Derek ed Ennius ricevemmo un disco di memoria contenente
un messaggio dell’ammiraglio Seldon in cui ci pregava di costituire una specie di setta segreta che
avesse il compito di vegliare sul loro sonno durante i secoli futuri impedendo che qualcuno accidentalmente potesse scoprire il loro rifugio.
Fu così che noi rigeliani divenimmo i custodi di questo grande segreto. Da quel giorno sono passati
moltissimi anni ed ora la nostra setta può contare su oltre mille adepti. Dopo la morte di Derek e di
Ennius è toccato a me il compito di comandare questi guardiani ed ora che anche per me è giunto il
momento di lasciare questo corpo consumato dal tempo e dalla malattia.
Stamattina ho affidato il comando a mio nipote Golan che sono certo saprà continuare la mia opera
da dove io l’ho abbandonata, anche se devo confessare che c’è ancora molto lavoro da fare. In tutti
questi anni l’unico passo veramente importante che abbiamo compiuto è stato quello di fondare
NuovoRigel proprio sul pianeta dove è costruito l’hangar che protegge l’SDF1. Ennius ha riflettuto
parecchio prima di prendere questa decisione, ma credo che la sua scelta sia stata la migliore: quale
modo migliore di impedire che il sistema sia oggetto di esplorazioni minerarie o scientifiche che
quello di colonizzarlo impedendo così l’accesso a chiunque non sia desiderato sfruttando
l’inviolabilità dei confini del nostro territorio?
Eppure ora che il mio momento è quasi giunto la mia più grande paura è che un giorno i nostri pronipoti debbano di nuovo affrontare la malvagità della CORIOS. Forse mi sto preoccupando per nulla, ma ad ogni modo ho predisposto tutto per un’eventualità del genere. Ora devo concludere questo
mio racconto perché le forze mi stanno abbandonando… devo riuscire… la chiave del portale
dell’infinito…
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Ad una ragazza veramente speciale che rimarrà per sempre nel mio cuore e che amerò per tutta la
vita.