origini del melodramma
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28/12/2010 ORIGINI DEL MELODRAMMA La nascita del melodramma Elementi che concorsero alla nascita del melodramma: I. lo sviluppo della monodia fra Quattro e Cinquecento 1. La fortuna della monodia viene esaltata anche da alcuni teorici del Cinquecento quali: a) Heinricus Glareanus (1488– 1563) che nel suo Dodecachordon (1547) avanzò l’idea che fosse più appropriato considerare veri musicisti coloro che scrivevano musica monodica piuttosto che polifonica; b) Nicola Vicentino (1511– 1576ca) autore de L’antica musica ridotta alla moderna pratica: proponeva di imitare gli antichi e quindi di semplificare la polifonia allo scopo di renderla più espressiva e di facilitare la comprensione del testo; c) A Vicentino veniva (ingiustamente) contrapposto Gioseffo Zarlino (1517– 1590) considerato un accanito sostenitore della polifonia. In verità, sebbene Zarlino considerasse la polifonia un segno di progresso rispetto al passato, egli non esitava ad ammettere che la monodia potesse riscuotere maggiore effetto sull’animo umano rispetto alla polifonia. Tuttavia Zarlino non accettava il principio che la musica venisse subordinata alla parola, ma riteneva che ambedue dovessero mantenersi autonome. 1 28/12/2010 Di avviso assai diverso da Zarlino era invece Vicenzo Galilei (1520– 1591), padre del più celebre Galileo. Questo teorico, autore de Dialogo della musica antica et della moderna (1581), contrapponeva la polifonia (nata in un’epoca di barbarie come il medioevo) alla monodia (nata nell’antica Grecia). Secondo Galilei i vantaggi della monodia erano molteplici, e cioè: a) era una forma espressiva più naturale della polifonia (artificiale) b) lasciava comprendere meglio il significato delle parole; c) stimolava un ascolto emotivo e non una percezione intellettualistica. Inoltre, dato che secondo i greci ogni melodia era apportatrice di un ethos, la polifonia determinava la sovrapposizione di ethe contrastanti. LA PRIMA CAMERATA 2 28/12/2010 Le opinioni di Galilei erano condivise da un gruppo (Camerata) di intellettuali che egli frequentava, e che si riunivano in casa del conte Giovanni de’ Bardi (1534– 1612). Questa Camerata (detta perciò Camerata de’ Bardi) ebbe il massimo sviluppo fra il 1570 e il 1580. Vi presero parte anche: Giulio Caccini (1545– 1618ca), cantante e compositore Pietro Strozzi (scienziato) Ottavio Rinuccini (1562– 1621), poeta (autore dei primi libretti) Giovanni Battista Strozzi, poeta Giovan Battista Guarini e Gabriello Chiabrera (poeti entrambi, questi ultimi frequentavano poco assiduamente) Il grecista Girolamo Mei tenne con la Camerata un rapporto prevalentemente epistolare. Va detto che fu il Conte Bardi a spingere Galilei verso la composizione di brani musicali monodici. Nacquero così il Lamento del conte Ugolino per voce con accompagnamento di viole nonché alcuni testi liturgici (le Lamentazioni e i Responsori). Caccini compose alcuni madrigali a voce sola, pubblicati nel suo volume Le nuove musiche del 1602. Ma la produzione più importante consistette nella composizione degli Intermedi * fiorentini del 1589 per le nozze di Ferdinando de’ Medici e Cristina di Lorena. *L’intermedio è una forma aulica di intrattenimento cortese di tipo musicale, coreico, drammatico, pantomimico, posta generalmente fra un atto e l’altro dei generi teatrali classici (commedia, tragedia, pastorale). 3 28/12/2010 LA SECONDA CAMERATA Declinando la fortuna del conte Bardi presso la corte medicea, le riunioni a casa Bardi divennero sempre meno frequenti e prestigiose. L’eredità della Camerata Bardi passò perciò nelle mani di un altro gruppo che si riuniva – soprattutto negli anni ‘90 – nel palazzo di un altro gentiluomo fiorentino: Jacopo Corsi (1561– 1602). Esponente di punta di questo secondo gruppo era Jacopo Peri (1561– 1633) rivale di Caccini, così come Corsi lo era di Bardi. Nonostante la rivalità fra le due camerate, alcuni intellettuali parteciparono all’una e all’altra, come Rinuccini e Galilei. Le conquiste intellettuali della Camerata Corsi furono: a) l’dea che nell’antichità le tragedie greche fossero interamente cantate; b) l’idea che per riprodurre i medesimi effetti della musica greca, la monodia dovesse essere cantata con un uno stile di canto a metà strada fra il parlato e il cantato; stile che perciò fu definito recitar cantando. 4 28/12/2010 Finanziata da Corsi la Camerata diede vita ad alcuni spettacoli molto importanti nella storia del melodramma: a) la Dafne di Ottavio Rinuccini – musica di Jacopo Peri e Jacopo Corsi, composta fra il 1594– 95, rappresentata pubblicamente a palazzo Corsi nel 1598 (musica perduta). b) Le pastorali: La Disperazione di Fileno e Il satiro di Emilio de’ Cavalieri, testi di Laura Guidiccioni, 1° rappr. 1591; Il giuoco della cieca, adattamento del Pastor fido di Guarini, eseguito a Palazzo Pitti nel 1595 (tutte perdute) c) la Rappresentazione di Anima et di Corpo (Roma, Oratorio della Chiesa Nuova) 1° rappr. 1600, sempre di Emilio de’ Cavalieri. Non è propriamente un’opera ma un dramma sacro interamente cantato, con scene e costumi. d) L’Euridice – Firenze, Palazzo Pitti, 6 ottobre 1600, libretto Ottavio Rinuccini, musiche di Jacopo Peri e Giulio Caccini (prima opera in musica) e) Il Rapimento di Cefalo libretto di Chiabrera, musica di Caccini. Lo spettacolo non fu offerto da Corsi ma da Ferdinando I. 1a rappr. 9 ottobre 1600 nel palazzo degli Uffizi (sala delle Commedie). f) Ingelosito dal successo riscosso da Peri, Caccini si affrettò a dare alle stampe una sua redazione dell’Euridice sul medesimo testo di Rinuccini già musicato da Peri. Non venne però mai rappresentata. Nella prefazione alla sua Euridice (dedicata a Bardi) Caccini non parla né di Rinuccini né di Peri. Si vanta però di essere stato il primo a comporre nello stile rappresentativo. La risposta di Peri non si fece attendere e in occasione della pubblicazione delle Musiche sopra l’Euridice avocò a sé il merito di aver inventato il nuovo stile di canto (Firenze 1601). Di lì a poco anche Cavalieri e Rinuccini si vantarono ciascuno di essere stato «L’inventore di questo nuovo modo di rappresentare in musica». 5 28/12/2010 L’OPERA DI CORTE Tutte le rappresentazioni fin qui elencate appartengono a un particolare tipo di spettacolo, quello di corte, la cui esistenza fu legata a doppio filo alle disponibilità economiche delle corti stesse. A partire dal 1637, allo spettacolo di corte (di cui elencheremo le caratteristiche nella prossima diapositiva) si affiancherà l’opera impresariale, cioè un tipo di spettacolo più moderno nell’organizzazione, basato sul libero mercato e la disponibilità di denaro da parte del pubblico, che vi accede pagando il biglietto. 6 28/12/2010 Specificità dell’opera di corte 1. In quanto spettacolo di corte, e quindi legato agli avvenimenti che scandiscono la vita di quest’ultima, l'opera di corte è uno spettacolo unico e irripetibile: rarissimi sono i casi di ripresa. Una volta rappresentata (e una volta terminata l'occasione per celebrare la quale l'opera fu composta), essa non viene di solito più allestita. 2. Costa moltissimo ed è bene che ciò si veda visto che il pubblico che vi partecipa è un pubblico selezionato di ospiti invitati alla festa di corte (il pubblico che vi assiste non è dunque un pubblico pagante). 3. Il luogo teatrale è indefinito (come nel caso dell'Orfeo monteverdiano rappresentato nel 1607 in una sala del Palazzo ducale, forse la Sala Fiume o la Sala degli Specchi). In altre parole non esiste un teatro specifico per le rappresentazioni. 4. Gli strumenti sono usati cono funzione spettacolare; essi sono attributi sonori di determinati personaggi e di determinate situazioni. 7 28/12/2010 Claudio Monteverdi, dipinto di Bernardo Strozzi, ca. 1640 Palazzo Ducale – Sala (galleria) degli specchi. 8 28/12/2010 L’Arcadia Apollo 9 28/12/2010 L’ Orfeo, di Claudio Monteverdi (1567-1643) libretto di Alessandro Striggio Favola in musica in cinque atti Prima: Mantova, Palazzo Ducale, 24 febbraio 1607 Personaggi: la Musica (S); due pastori (S, T); una ninfa (S); Orfeo (T); Euridice (S); Silvia, messaggera (S); la Speranza (S); Caronte (B); Proserpina (S); Plutone (B); tre spiriti (T, T, B); Eco (T); Apollo (T); ninfe, pastori, spiriti, coro 10 28/12/2010 11 28/12/2010 12 28/12/2010 toccata 13 28/12/2010 Lasciate i monti 14 28/12/2010 libretto libretto completo partitura 15 28/12/2010 16 28/12/2010 ALTRI CENTRI DI SVILUPPO DELL’OPERA DI CORTE Dopo l’Orfeo sempre a Mantova vengono rappresentate altre opere: La Dafne di Marco da Gagliano L’Arianna di Claudio Monteverdi entrambe furono rappresentate nel 1608 ed entrambe su libretto di Ottavio Rinuccini. Lo spettacolo di corte fu assiduamente promosso anche a Roma. La città pontificia, tuttavia, pur mantenendo intatta la moda per gli spettacoli di carattere mitologico (La morte di Orfeo di Stefano Landi del 1619 – L’Aretusa di Filippo Vitali del 1620 – La catena d’Adone di Domenico Mazzocchi del 1626, la Diana Schernita di Giacinto Cornacchioli del 1629) introdusse anche intrecci moraleggianti, desunti dalle vite dei santi: il Sant’Alessio di Stefano Landi (1631), SS. Didimo e Teodora (1635, autore ignoto), San Bonifatio (1638, Virgilio Mazzocchi), Sant’Eustachio (1643, Virgilio Mazzocchi). 17 28/12/2010 La più importante fra tutte queste opere è il Sant’Alessio Stefano Landi. Motivi: a) la seconda rappresentazione dell’opera (1632) inaugurò la stagione delle cosiddette opere barberiniane (papa Urbano VIII, 1623– 1644, era un Barberini, la famiglia che resse le sorti di Roma grazie anche ai nipoti di questi, i cardinali Antonio e Francesco e il prefetto di Roma Taddeo). La loro dimora, opera del Bernini, disponeva di un teatro privato semipermanente in giardino, capace di 3500 posti. b) Il libretto del Sant’Alessio è di Giulio Rospigliosi, un prelato al servizio dei Barberini che scrisse i libretti di molte opere barberiniane: Erminia sul Giordano (1633, musica di Michelangelo Rossi), Il falcone (musiche di Virgilio Mazzocchi e Marco Marazzoli , 1637; quest’opera fu in seguito riproposta col titolo di Chi soffre speri ed è questa la sola versione del libretto giunta fino a noi oggi); Il palazzo incantato (1642, musica di Luigi Rossi) ecc. c) la presenza di personaggi comici, che dal Sant’Alessio in poi divennero abbastanza comuni nell’opera romana. La morte di Urbano VIII nel 1644, l’avvento al potere di una famiglia rivale (i Pamphilj) segnarono il declino delle opere barberiniane. Antonio Barberini fuggì a Parigi dove trovò accoglienza presso il cardinale Mazarino. Nel 1667 Rospigliosi diviene papa col nome di Clemente IX. 18 28/12/2010 LA NASCITA DELL’OPERA IMPRESARIALE Opera Impresariale Il momento cruciale nell'evoluzione del melodramma è rappresentato dal passaggio dalla corte al pubblico teatro. La città di Venezia diede vita al teatro d'opera impresariale con l'apertura del S. Cassiano nel 1637 (ove si rappresentò l'opera Andromeda, libretto di Francesco Manelli, musica di Benedetto Ferrari, quest’ultimo fu probabilmente anche fra i collaboratori dell’Incoronazione di Poppea di Monteverdi), un teatro originariamente destinato alla commedia dell'arte e successivamente adattato alle esigenze del nuovo genere di spettacolo. Tra il 1637 e la fine del secolo furono ben diciassette i teatri della sola Venezia e ben 388 le opere che vi furono rappresentate. Fin dalle prime stagioni la storia del teatro è la storia di una struttura economica di stampo impresariale. Così, fin dalle prime stagioni, la sua storia risulta contrassegnata da bancarotte e processi per insolvenza, da successi clamorosi e altrettanto clamorosi insuccessi. 19 28/12/2010 Alla base di questa struttura troviamo tre diverse categorie di operatori: 1. I padroni del teatro I padroni del teatro sono le grandi famiglie patrizie veneziane: i Tron, i Grimani, i Capello, i Giustinian, che, alla ricerca di un investimento immobiliare sicuro, acquistano o rimaneggiano gli edifici teatrali senza però intervenire direttamente nella produzione degli spettacoli. 2. L'impresario La gestione dell'impresa teatrale è affidata poi per un'intera stagione (da S. Stefano al martedì grasso, veniva esclusa per ragioni religiose la Quaresima) o per una serie di stagioni, all'impresario: costui investe il proprio denaro per ricavarne degli utili. La miglior forma di guadagno (e la più sicura) è quella ricavata dall'affitto su base annuale dei palchi, ma anche dalla vendita dei biglietti. Per questo le opere si rappresentano più volte, circolano fra i teatri e riutilizzano spesso le stesse scene e i costumi. Al contrario dell’opera di corte, il teatro impresariale manca di istituzionalità: perciò si evitano le spese ‘inutili’, quali la stampa delle partiture, o la realizzazione delle incisioni riproducenti le scene o i costumi… 3. Gli artisti E' il terzo livello di operatori. Comprende i compositori, i cantanti, gli scenografi, i ballerini e i costumisti. Di uno status a parte gode il librettista ossia colui che viene considerato il vero e proprio autore del dramma per musica: a lui spettano le spese di stampa e gli utili di vendita del libretto. Dei tre livelli di questa struttura economica quello critico è ovviamente quello dell'impresario in quanto numerosi sono gli eventi imprevedibili (una pestilenza, una guerra improvvisa) che possono provocare la chiusura del teatro. E' poi da mettere in conto la concorrenza: non tutti i teatri d'opera aperti a Venezia nel Seicento durano più di qualche stagione. Ma capita anche che impresari abili passino da un teatro piccolo a uno più grande per risanare coi frutti di questo i debiti contratti in quello. Il 50% del budget d'un dramma per musica veneziano degli anni '50 è assorbito dalle sole spese musicali: un protagonista (castrato o prima donna) prende il doppio di quanto riceve Cavalli che -non dimentichiamolo- è il compositore meglio pagato sulla piazza. Gli avvicendamenti del gusto sono veloci (nessuna opera vecchia può essere riallestita senza notevoli adattamenti nel testo e nella musica). I drammi per musica di una stagione vengono letteralmente rimpiazzati dai drammi per musica nuovi della stagione seguente. Si richiede sempre qualche cosa di nuovo, che però soddisfi nel contempo le stesse aspettative che il vecchio aveva soddisfatto. 20 28/12/2010 Venezia, Teatro Santi Giovanni e Paolo 1639 (teatro all’italiana) 21 28/12/2010 Teatro SS. Giovanni e Paolo, la pianta (1691-93) Torelli, scene per Bellerofonte e Venere gelosa 22 28/12/2010 Torelli, Scena per Bellerofonte, Atto I, Scena 1 Torelli, Scena per Bellerofonte, Atto III, Scena 8 23 28/12/2010 eský Krumlov (13.942 abitanti) è una città della Boemia meridionale, in Repubblica Ceca, molto conosciuta per la raffinata architettura del centro storico e per il Castello. Era conosciuta come Krumau fino alla Seconda guerra mondiale quando alla fine furono espulsi gli abitanti di lingua tedesca. Il castello di Krumlov contiene un teatro barocco miracolosamente conservato che, completo di scenario originale ed arredi scenici, è uno dei pochi teatri di questo tipo ancora esistenti. Per la sua età, il teatro è usato soltanto una volta all'anno, quando un'opera barocca viene rappresentata a lume di candela. Teatro di Krumlov (Rep.Céca)(1766) 24 28/12/2010 Krumlov Teatro di Krumlov: meccanismi per i cambi di scena 25 28/12/2010 Teatro di Krumlov (1766): Giardino Teatro di Krumlov (1766): Salone 26 28/12/2010 Per quanto concerne i soggetti, persevera inizialmente lo sfruttamento dei temi mitologici coltivati anche nelle corti (Andromeda, Orfeo ecc); poi il mondo romanzesco di Tasso e Ariosto; poi quello storico (come nell’Incoronazione di Poppea). Per una periodo piuttosto breve si diffondono tuttavia a Venezia i libretti degli «Incogniti», un club di intellettuali libertini che dissimula un acre scetticismo filosofico, insofferente di qualsiasi autorità precostituita (politica, religiosa, morale). Incognito è pure il Busenello, autore del libretto dell'Incoronazione di Poppea, che secondo fonti tardive fu messo in musica da Monteverdi: solo scetticismo pessimistico e l'immoralismo degli Incogniti può dar conto di certe scene dell'Incoronazione. L’Incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi (1567-1643) libretto di Gian Francesco Busenello Dramma per musica in un prologo e tre atti Prima: Venezia, Teatro SS. Giovanni e Paolo, carnevale 1643 Personaggi: la Fortuna (S), la Virtù (S), l’Amore (S), Ottone (A), Poppea (S), Nerone (S), Ottavia (S), Drusilla (S), Seneca (B), Arnalta (A), la nutrice (A), Lucano (T), un valletto (S), una damigella (S), un liberto (T), due soldati (T), un littore (B), Pallade (S), Mercurio (B), Venere (S); familiari di Seneca, consoli, tribuni, amori libretto Signor deh non partire (testo) Libretto integrale Apri cartella 27 28/12/2010 L’INCORONAZIONE DI POPPEA: UN PROBLEMA DI ATTRIBUZIONE Chi ha scritto la musica dell’ Incoronazione di Poppea? Le due fonti che tramandano la partitura, molto diverse tra loro, riflettono versioni lontane dall’originale: nella copia conservata a Napoli è testimoniata la ripresa teatrale napoletana del 1651, allestita dalla compagnia itinerante dei Febiarmonici, mentre la copia veneziana è stata curata direttamente da Francesco Cavalli. Entrambe le partiture sembrano opera collettiva e forse già all’origine il settantacinquenne Monteverdi, al suo ultimo impegno teatrale, fu aiutato da collaboratori più giovani. Nessun indizio della sua paternità dell’opera proviene da fonti contemporanee: l’elogio funebre non la nomina. Connessioni stilistiche con la partitura del Ritorno di Ulisse in patria giustificano l’attribuzione monteverdiana di molte scene, almeno nella loro prima redazione. D’altro canto l’intero finale e quasi tutta la parte di Ottone sono stati composti da una mano diversa rispetto al resto della partitura. Altri passi isolati (il prologo, le scene seconda e quarta del secondo atto, la sinfonia finale) rivelano tratti stilistici che fanno pensare a uno o più compositori della generazione più giovane rispetto a quella di Monteverdi. Nomi dei probabili collaboratori: Benedetto Ferrari e Francesco Sacrati; a essi si aggiungono Francesco Manelli e Filiberto Laurenzi, autore di molte delle musiche de La finta savia rappresentata al Teatro SS. Giovanni e Paolo nella stagione in cui fu allestita l’Incoronazione, con gli stessi interpreti. 28 28/12/2010 L’opera veneziana nel pieno Seicento Schema libretti opera del pieno Seicento x A B C D y 29 28/12/2010 Schema libretti opera del pieno Seicento x A B C D y Schema libretti opera del pieno Seicento x A B C D y 30 28/12/2010 Schema libretti opera del pieno Seicento Xerse, Minato – Cavalli (Venezia 1655) Adelanta Xerse Amastre Arsamene Romilda Elviro, Clito ecc. Schema libretti opera del pieno Seicento Adelanta Xerse Amastre Arsamene Romilda Elviro, Clito ecc. 31 28/12/2010 Schema libretti opera del pieno Seicento Adelanta Xerse Amastre Arsamene Romilda Elviro, Clito ecc. Schema libretti opera nel Settecento Adriano in Siria Metastasio – Pergolesi (Napoli 1734) Aquilio Sabina Adriano Farnaspe Emirena Osroe 32 28/12/2010 Schema libretti opera nel Settecento Aquilio Adriano Sabina Farnaspe Emirena Osroe Schema libretti opera nel Settecento Aquilio Sabina Adriano Farnaspe Emirena Osroe 33 28/12/2010 L’entrata e l’uscita in scena dei personaggi 34 28/12/2010 Recitativi e arie all’interno degli atti 35 28/12/2010 La struttura dell’aria Il Xerse di Francesco Cavalli (1602-1676) libretto di Nicolò Minato, dalle Storie di Erodoto Dramma per musica in un prologo e tre atti Prima: Venezia, Teatro Ss. Giovanni e Paolo, 12 gennaio 1655. Prologo: Giove, la Vittoria, la Verità Personaggi: Xerse (A), Arsamene (A), Romilda (S), Ariodate (T), Amastre (S), Elviro (A), Eumene (S), Adelanta (S), Aristone (B), Periarco (A), Clito (S), Sesostre (T), Scitalce (B), il capitano (B); venti, persiani 36 28/12/2010 Organizzazione delle scene Atto 2 – Scene I, II e III Scena I Amastre Scena II Scena III Elviro Elviro Clito Elviro Adelanta audio libretto La Calisto di Francesco Cavalli (1602-1676) libretto di Giovanni Faustini, da Ovidio Dramma per musica in un prologo e tre atti Prima: Venezia, Teatro Sant’Apollinare, 28 novembre 1651. Prologo: la Natura (A), l’Eternità (S), il Personaggi: Calisto (S), Diana (S), Giove (B), Mercurio (T), Endimione (A), Giunone (S), Linfea (S), il satiretto (S), Pane (A), Silvano (B), due Furie (S); ninfe, menti celesti, Furie 37 28/12/2010 Fra tutti i libretti di Faustini La Calisto è forse il più originale, eccentrico, dai tratti irresistibilmente comici e persino surreali. Narra del tentativo rocambolesco di Giove di sedurre la giovinetta Calisto che, qual ninfa di Diana, è votata alla castità, quindi estranea a ogni faccenda amorosa. Giove, improvvisamente pentito di aver concesso al mondo il libero arbitrio, per sedurre l’ingenua ninfetta pensa bene di prendere le fattezze di Diana (mutando pure registro vocale); ma a questo punto cominciano i pasticci. Calisto, alle profferte di Giove travestito, non ci pensa due volte e si lascia travolgere in conturbanti amplessi. Quindi, ancora inebriata, incontrata la vera Diana (chiamata in tutti i modi possibili, Cintia, Delia, Febea, Trivia, e altri ancora, così da far confondere anche lo spettatore più agguerrito), Calisto vorrebbe continuare con i già assaporati piaceri ma Diana, ovviamente, si sdegna. Che sia perché se la fa con la vecchia Linfea? - pensa Calisto confusa. Invece Diana ha messo gli occhi su Endimione pastorello, il quale poveretto si ritrova, lui ignaro, fra le braccia di Giove versione femminile. Da parte sua Linfea non riesce a liberarsi dalle voglie acerbe di Satiretto (sulla scena un bambino) e Pane non perde occasione per saltare addosso all’ambitissima Diana. Insomma, quasi uno spettacolo a luci rosse. Cross-dressing, ruoli en travesti, castrati, uomini che impersonano donne, donne che son credute uomini, eroi più o meno travestiti che seducono ogni genere sessuale conosciuto e sconosciuto, di fronte a tutto ciò - la norma nell’opera seicentesca (Calisto non è affatto un’eccezione) - si è parlato di figure asessuate, di indifferenza del pubblico dell’opera di allora (e anche del successivo) all’identità erotica dei suoi canori divi: niente di più falso. Tanto dovizioso impegno nello scambiare ruoli già scambiati, nell’equivocare su equivoche seduzioni, in una parola, nel mettere in dubbio la Natura sempre e comunque - per ridere, certo, per sedurre, anche, e forse per ribaltare sottilmente principi acquisiti - era motivato da una volontà precisa, consapevole e sempre pianificata. Non per niente il teatro è luogo di perdizione. Alla vicenda Faustini pone una conclusione ascetica: trasforma Calisto in una costellazione, affinché Giove ne possa incessantemente godere i favori senza scendere sulla terra (la costellazione sarà quella dell’Orsa maggiore perché Giunone, per vendicare il tradimento dell’olimpico marito con la povera ninfa, l’aveva ridotta a pelosissimo orso selvatico). E Cavalli non si tira indietro a commentare il misticismo di questa salita al cielo, misticismo che, confinando nel delirio amoroso, trasforma l’unica scena veramente casta dell’opera (III, 6) nella più intensamente seducente, ai limiti della sconvenienza. 38 28/12/2010 Written Sources Generated by a Typical Premiere Season in 17th-Century Italy (Yellow = Surviving Sources of La Calisto) 39 28/12/2010 1. Trasposizione Aria (Endimione) trasposta una 4a sopra (“Alla 4.a alta”) La Calisto, f. 48v 2. Riscrittura Nuovo recitativo (Endimione) notato nel registro di soprano La Calisto, f. 55v 40 28/12/2010 3. Tagli Scena (Endimione) eliminata La Calisto, f. 58v 4. Aggiunte Annotazioni di Cavalli “Qui va la scena del Bifolco [contadino]” La Calisto, f. 60r 41 28/12/2010 ascolti scelti 42