il regno di dio… - Parrocchia di Rossano Veneto

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il regno di dio… - Parrocchia di Rossano Veneto
IL REGNO DI DIO…
Mc 4,26-34
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Diceva: "Così è il regno di Dio: come un uomo (ἄνθρωπος) che getta (βάλλω) il seme sul
terreno; 27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo
sa. 28Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga;
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e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura". 30Diceva:
"A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31È
come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi
che sono sul terreno; 32ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante
dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra". 33Con
molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34Senza
parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
La semina è un' attività molto conosciuta nella Galilea di Gesù. Una semina difficile, perché il
terreno d'Israele è terribilmente sassoso, come ci ricordano i rabbini con un famoso detto: " Dio,
quando ha creato il mondo, aveva quattro misure di pietre; tre le ha adoperare per fare la terra
d'Israele e una per fare il resto del mondo". Ebbene, nonostante l'asprezza del terreno, avviene la
semina. Il soggetto che realizza questa semina è un uomo (ἄνθρωπος), un individuo qualsiasi.
Agli inizi il seminatore era solo Gesù, ma ora Marco mette in luce l'importanza dei collaboratori,
cioè di coloro che hanno dato adesione a Lui e che lo aiutano questo lavoro di semina. Ma, e ciò è
significativo, non viene usato il verbo "seminare", bensì "lanciare" - "gettare", (βάλλω), in modo
che il seme possa cadere ovunque: Marco insiste su questa dimensione universale del Regno, cioè
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la proposta di creare una società veramente umana che non si lasci condizionare dalle situazioni in
cui la comunità o i collaboratori di Gesù si vengono a trovare; la proposta si fa sempre, perché ha a
che fare con la vita stessa del discepolo. Il seme si lancia perché possa trovare accoglienza. E'
interessate notare che, per la prima volta, si parla di "seme" σπόρος! Nella parte precedente della
parabola, Marco aveva detto che il seminatore uscì a seminare e una parte cadde nei diversi
terreni, ma non aveva usato il termine "seme", mentre ora lo identifica in modo chiaro con il
messaggio di Gesù. Il seme viene identificato con una realtà che per quel tempo, ma anche ai
nostri giorni, è molto piccola, direi insignificante … ma può dare origine a una pianta consistente
anche se non appariscente.
L'immagine si presta molto bene per descrivere la novità del
messaggio di Gesù. Ogni discepolo di Gesù è chiamato a gettare il seme sulla terra, ma con
l'espressione è ἐπὶ τῆς γῆς "sulla terra" si da enfasi al fatto che non si tratta di un piccolo
orticello, un appezzamento … ma tutta la realtà umana conosciuta. Il messaggio di Gesù, ripete
Marco, non è stato dato ad una comunità di eletti, ma a tutti i popoli ( sulla terra). Se il messaggio
ha una dimensione universale, ciò vuol dire che non si lascia mai condizionare da alcun tipo di
pregiudizio, di precompressione, o da risposta positiva o negativa che ci sia. Ecco perché Gesù
utilizza le immagini, in queste parabole, tratti dal mondo contadino: una realtà semplice che tutti
possono capire senza passare dai "mediatori" del sacro che erano i sacerdoti.
Un ulteriore elemento di grande bellezza, è che l'uomo, dopo che ha svolto l'attività di gettare il
seme, non si deve più preoccupare! Marco sta infatti dicendo che l'attività del collaboratore del
messaggio di Gesù è di diffondere, non di controllare la vita di coloro che si sentono attratti da
questo messaggio. L'evangelista sta liberando la comunità da uno dei più grandi scogli che sono le
guide spirituali d'Israele, che hanno la pretesa di guidare gli altri indicando loro la strada o il modo
di pensare o comportarsi. Per Marco ciò è deleterio perché una volta che la persona ha ricevuto il
seme, e che la terra è accogliente, il seme germoglia e farà il suo percorso di crescita. Questo
processo, il contadino lo conosce così bene che non sarà mai così ingenuo d'andare a vedere o
indagare sullo sviluppo del seme, perché rovinerebbe la pianta nel suo naturale processo vitale. Il
contadino si dedica ad altri lavori …. evitando la tentazione di essere colui che guida lo sviluppo del
seme. Cosa significa ciò? Ogni persona deve crescere non da se stessa ma perché ha ricevuto il
seme! C'è una grande stima per la persona che, a contatto con il seme, avrà una crescita
garantita. Se questa Parola trova accoglienza in noi, la crescita è garantita e nessuno può impedire
questa crescita. Tra il seme e la terra ci deve essere però una completa fusionalità per dar luogo
alla pianta e al frutto; ciò che è ovviamente importante, è l'accoglienza di quella proposta e non da
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quello che l'altro farà nei miei confronti. Marco sta dicendo che il Signore, ha bisogno di ognuno di
noi perché la sua parola sia sparsa per poi dare frutto, perché la Parola, senza il seminatore,
rimane inefficace. Ricordiamo il monito di san Paolo nella lettera ai Romani 10,14-15:
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Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale
non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? 15E come
lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che
recano un lieto annuncio di bene!
Per Marco, dopo avere compiuto la semina, il progresso di crescita richiede un processo lento e
faticoso. Non
si arriva subito al grano pieno, e questo non deve scoraggiare il contadino.
Interessante è l'aggettivo utilizzato: αὐτομάτη cioè "automaticamente …. spontaneamente".
Questo aspetto è molto importante, perché ci dice l'importanza del rispetto altrui nel processo di
crescita! Nessuno deve affrettare, forzare la crescita dell'altro. Questa presa di coscienza,
all'interno di un gruppo - il Regno di Dio ha una dimensione individuale e sociale - aiuta a vincere
le rivalità o la competitività che mina la fraternità. Ognuno ha i suoi tempi per cui non me la devo
prendere né con me né con gli altri e ciò ci lascia profondamente sereni, senza avere un' invidia
malsana per i dono degli altri, che impedirebbe rapporti autentici nella comunità. L'evangelista è
molto ottimista perché dice che la terra à possiede delle energie talmente grandi che fa fruttificare
il seme, cioè il messaggio, e che questo messaggio nello stesso tempo tira fuori delle energie che la
terra nemmeno pensava d' avere. L'incontro tra la Parola e la persona è qualcosa di sorprendente
ed inimmaginabile. L'autore poi l'accento sul fatto che questo processo porta alla pienezza (la
spiga), ma questa pienezza sarà tipica di ogni persona: la pienezza di ciascuno sarà diversa l'una
dall'altro!
Come, egli stesso non lo sa. Marco ci dice che questo processo resta segreto, quindi nessuno deve
indagare nella mia vita, e che quello che conta è il frutto che è visibile a tutti: tutti possono vedere
questo frutto, cioè gli effetti di quel frutto nella mia vita dopo avere accolto la parola.
Interviene ancora l'uomo che ha gettato il seme e che ἀποστέλλει τὸ δρέπανον "inviare la
falce", perché si possa mietere. Marco però non dice, come normalmente si legge nelle bibbie,
"quando il frutto è maturo" …. che sarebbe le cosa più ovvia, ma Marco utilizza un verbo che
troviamo nella passione di Gesù e per la morte del Battista: παραδίδωμι … consegnare!
Alla lettera Marco dice: "Quando poi il frutto si consegna, subito invia la falce perché è giunta la
mietitura". Cosa vuol dire: "Quando il frutto si consegna"? Vuol dire che quando la persona ha
raggiunto quella maturazione, come la spiga che è piena di chicchi, allora la persona è pronta per
lavorare nella costruzione del Regno. In altre parole: il frutto che noi possiamo dare, non lo si tiene
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per se, ma lo si usa, come fanno i contadini, per fare qualcosa di buono per gli altri. Come la spiga
si raccoglie per fare un buon pane, così la persona che ha maturato questa Parola, è pronta per
consegnarsi, cioè a dire: anch'io sono disposto a farmi pane per gli altri. Questo è il grande
traguardo dell'accoglienza della Parola! La persona che ha accolto pienamente il dono è capace
di contribuire a dare qualcosa agli altri perché la loro vita cresca. Il frutto allora non si tiene mai
per sé (pensiamo ad una pianta appesantita dai frutti e che non vede l'ora che arrivi il contadino a
raccoglierli). La falce, che viene ἀποστέλλει inviata, non è il "giudizio di Dio" come purtroppo
è stato sempre insegnato, bensì una grandissima festa perché la mietitura ha a che fare con il
"raduno" dei covoni. Cioè: quando tu sei maturo, e arriva questo momento così bello, tu non sarai
solo in questo impegno di voler dare vita all'altro, ma con te ci saranno tanti altri fratelli che,
come te, hanno dato adesione al Regno, alla proposta di Gesù e che vengono radunati perché
sono cresciuti bene. Il frutto non vede l'ora di poter dare il suo contributo perché questa realtà del
regno abbia anche un aspetto collettivo, sociale. Non riguarda solo la mia persona, ma tutta la
società. Questa falce, è il passaggio dall'aspetto individuale del Regno a quello collettivo …
dall'individuo alla comunità!
L'evangelista introduce poi una nuova parabola con due domande piuttosto retoriche, e con una
certa foga, quasi per risvegliare un po' i suoi ascoltatori: " A che cosa possiamo paragonare il
Regno …"? C'è una grande attesa per l'immagine che Gesù utilizzerà sulla scia dei grandi profeti
dell'Antico Testamento ma, ahimè l'immagine che Gesù usa è, a dir poco, banale e insignificante:
pende come punto di riferimento quello che era il seme più piccolo come il granello di senapa. . Lo
sviluppo del regno di Dio non si valuta con le statistiche perché, come riferisce Luca, non lo si può
vedere o quantificare, si trova infatti nell’intimo di ogni uomo (Lc 17,21).
Il seme del regno di Dio rimane sempre piccolo e privo della gloria di questo mondo; gli effetti che
produce superano invece ogni attesa e nella parabola sono presentati attraverso immagini prese
dall’Antico Testamento.
Ancora una volta si evidenzia però il processo di maturazione: dal più piccolo dei semi, diventa
una pianta con rami molto grandi. Tutto ciò pareva insignificante, ma se non dobbiamo farci
ingannare dalle apparenze. Ciò che sembra umanamente andato perduto, quando cresce diventa
una pianta meravigliosa. Il processo di crescita per Gesù è garantito.
Gesù non è il primo che parla di "Regno di Dio". Nei profeti abbiamo già una proclamazione.
Prendiamo, per esempio, il profeta Ezechiele 17,22-23
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Così dice il Signore Dio:
Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro,
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dalle punte dei suoi rami lo coglierò
e lo pianterò sopra un monte alto, imponente;
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lo pianterò sul monte alto d'Israele.
Metterà rami e farà frutti
e diventerà un cedro magnifico.
Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno,
ogni volatile all'ombra dei suoi rami riposerà.
Così Ezechiele pensava che dovesse essere il Regno di Dio. La pianta più importante ed imponete,
sul luogo più imponente, per fare la cosa più imponente. Cosa fa invece Gesù? Smonta tutte le
immagini di Ezechiele, ma lo fa in modo delicato non dicendo: " Lasciate stare il profeta Ezechiele
che ha detto fesserie, perché, poveretto, aveva proiettato su queste immagini tutte le frustrazioni
di un popolo sempre sottomesso alle potenze straniere!". No, Gesù non passa come un bulldozer,
ma fa un lavoro di purificazione della mente dei suoi ascoltatori attraverso l'immagine della
senapa. Ciò che vuole Gesù è che i suoi interlocutori ragionino. A titolo di curiosità, questa senape
(σίναπι), non è mai nominata in tutto l'Antico Testamento; non è usata in nessun paragone.
Gesù ha preso qualcosa di molto originale e ha fatto un paragone che nessuno mai aveva
proposto, proprio per smontare le attese, la mentalità dei suoi interlocutori. Gesù dice che il
Regno lo si riconosce per la sua modestia, perché se noi siamo cresciuti bene, evitando
competitività, frustrazioni, violenze ecc., non ci metteremo mai nella logica di stare sul monte più
alto, sul cedro del Libano, … ma desideriamo stare con tutti, parlare con tutti, evitando quelle
caste o quelle cricche che sono la devastazione della moralità.
Gesù ha smontato questa
immagine del passato che non dava la possibilità di crescere liberi, ed ha usato qualcosa di unico,
un Regno che è quello dell'amore del Padre dove, quello che interessa, è la vita che viene offerta
attraverso quell' accoglienza rappresentata dagli uccelli del cielo (gli esseri più insignificanti), un
Padre che in questo Regno non domina ma dona continuamente vita, che non si farà servire da
nessuno ma che lui si mette a servire: questo è il Regno di Dio, insignificante davanti ai regni di
questo mondo. Pensate,è una curiosità, che ci vogliono 750 chicchi di senapa per fare un grammo.
Marco,
con questa pianta che è molto invadente, sopporta tutte le temperature e cresce
dappertutto, sta dicendo che il Regno ha una funzione sociale (gli uccelli possono annidare …) di
accogliere e costruire ambienti che siano all'insegna dell'umano. Quando il regno cresce, come
una pianta di senape, non va verso il verticale come i cedri del libano di Ezechiele, ma cresce in
maniera orizzontale, perché la pianta non è molto grande, ma i rami si stendono ovunque, e
questo è quello che conta perché allora l'accoglienza è garantita. Questo è il Regno di Dio!
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Gesù parla in parabole perché i teologi del tempo rendevano incomprensibile il discorso su Dio e
l'incontro con Dio. Vi ricordo che "parabola" deriva dal greco παρά βάλλω che letteralmente
significa “gettare a fianco”, mettere a confronto, paragonare.
E uno strumento didattico utile per far intuire, con immagini o simboli, la complessità dei
significati di una modo che possa diventare comprensibile ciò che non lo e. Il messaggio, che
potrebbe non arrivare se formulato per mezzo di concetti o tramite discorsi astratti, viene inviato
attraverso l'uso di immagini semplici, concrete e conosciute all'ascoltatore o fatti comuni della
vita, brevi racconti ispirati alla vita quotidiana, ma anche con detti o proverbi, usando figure
concrete che tutti possono capire, con lo scopo di far coglierne all’ascoltatore anche il suo senso
recondito, oppure di presentare verità o insegnamenti non percepibili in maniera diretta. La
parabola permette di passare da ciò che e semplice ed evidente a ciò che e difficile da capire e si
può solo intuire; non spiega ma allude, supera la ragione, reinterpreta la realtà ed invita ad andare
oltre. E' un linguaggio simbolico che serve ad esprimere con immediatezza concetti che sarebbero
meno comprensibili se esplicitati con categorie logiche o con ragionamenti. La parabola permette
di passare da ciò che e semplice ed evidente a ciò che e difficile da capire e si può solo intuire; non
spiega ma allude, supera la ragione, reinterpreta la realtà ed invita ad andare oltre.
Ci stupisce che Gesù che parla in parabole, poi ai discepoli spieghi ogni cosa. Sono così fortunati?
Nient'affatto! Gesù è costretto a dare ripetizione perché i discepoli sono di coccio, non capiscono
nulla. Quando nel Vangelo di Marco troviamo l'espressione "in disparte" (κατ’ ἰδίαν), che ricorre
ben sette volte, ha sempre una connotazione negativa in quanto sta a significare che i discepoli
non sono disposti ad accogliere la novità del messaggio. Gesù, con una pazienza estrema, li deve
ancora istruire.
Con questa conclusione, Marco vuole dirci che il messaggio del Regno, senza l'adesione a Gesù,
senza l'identificarsi con Lui, diventa incomprensibile. Non si comprende questa parola se non si
passa attraverso l'identificazione con il Maestro. Lui rispiega ai suoi discepoli per aiutarli a stare
vicini a Lui. Il messaggio del Regno, non è una dottrina che mi insegna il catechista o il parroco, ma
è uno stile di vita, è un atteggiamento di fondo che noi abbiamo visto in Gesù. Siccome Lui questo
lo ha vissuto, o diamo adesione a Lui o non comprenderemo mai la sua Parola. Il messaggio lo si
capisce soltanto se lo si pratica, e non è rimasto, come i semi, chiusi in una bella busta sigillata.
Non servono proprio a nulla!.
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