San Francesco di Paola: i suoi percorsi geografici

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San Francesco di Paola: i suoi percorsi geografici
NICOLA
DE
PASCALE
San Francesco di Paola: i suoi percorsi
geografici ed il suo
messaggio religioso-pedagogico sempre vivo
ed attuale
Nicola De Pascale
San Francesco di Paola: i suoi percorsi geografici ed il suo messaggio religiosopedagogico sempre vivo ed attuale
Pubblicato da
Mistral Service sas
Via U. Bonino, 3,
98100 Messina (Italy)
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Pubblicato: Ottobre, 2014
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Nicola De Pascale
San Francesco di Paola: i suoi percorsi geografici ed il suo messaggio religiosopedagogico sempre vivo ed attuale
ISBN: 978-88-98161-07-2
1
INDICE
Prefazione
p. 5
Capitolo I: Il contesto storico – sociale Europeo ed i primi percorsi
geografici di San Francesco di Paola in Italia
p. 8
1. La nascita di Francesco in questo quadro storico-socialeeuropeo
p. 8
2. Le origini di Francesco e i primi percorsi geografici
p. 11
3. Da Assisi al viaggio in Sicilia
p. 15
Capitolo II: Approvazione delle regole e percorso geografico in
Francia
p. 19
2.1 Il complesso quadro politico-religioso prima dell’esperienza
francese
p. 19
2.2 L’esperienza francese: Luigi XI sollecita la venuta di Francesco
in Francia
p. 21
2.3 Il percorso geografico in Francia e gli sviluppi successivi p. 21
Capitolo III: Il messaggio religioso, pedagogico e culturale del Santo.
P. 25
3.1 Aspetti della pedagogia francescana e dell’erranza, come
metafora educativa
p. 25
3.2 Il carisma del santo
p. 27
3.3 L’apporto culturale dei Frati Minimi in Francia
p. 30
Capitolo IV: Il messaggio di San Francesco nella storia e quello
attuale nel mondo
p. 34
4.1 I Minimi evangelizzatori delle Americhe ed i riflessi nei devoti
di oggi nel mondo
p. 34
4.2 Il culto di Francesco nel mondo
p. 35
4.3 Riflessioni ed un’intervista sul ruolo del santo oggi
p. 38
2
Capitolo V: La figura di San Francesco di Paola: varie strategie
didattico – culturali per coinvolgere i bambini
p. 43
5.1 Una personalità che ha molto da dare ai bambini
p. 43
5.2 Strategie, metodologie e progetti didattici per richiamare
l’attenzione dei bambini nel contesto storico-geografico ed etico,
relativo ai tempi del santo
p. 44
5.3 Programmazione didattica, studi e progetti sulla vita e l’opera
del santo
p. 45
CONCLUSIONE
p. 49
BIBLIOGRAFIA
p. 50
SITOGRAFIA
p. 52
3
Musa, tu tenti un volo troppo ardito,
Cantar volendo di Francesco il Santo,
Di Paola il Patriarca, che insignito
Di virtù illustri fu dal ciel cotanto:
Temo che il tuo pensier cada fallito
Perdi la vena nel più bel canto:
Pensa d’Icaro al caso perché sole
L’aquile ponno approssimarsi al sole.
(Giangiacomo Leti, Ristretto
della vita e miracoli di S.
Francesco di Paola, Trento,
1723)
4
Prefazione
La figura di San Francesco di Paola, analizzata nei suoi
molteplici aspetti e soprattutto nei percorsi geografici, molto difficili
per quei tempi, nel suo messaggio pedagogico-religioso sempre vivo
ed attuale, è stata oggetto di varie discussioni, pubblicazioni,
dibattiti, convegni studi, proiezioni cinematografiche, che hanno
coinvolto non solo i rappresentanti della Chiesa cattolica, ma anche
gli intellettuali di tutte le aree culturali e soprattutto filosofiche.
In occasione del V centenario della morte, nel 2007 si è
assistito ad una serie di celebrazioni che, pur partendo dal Santuario
di Paola hanno coinvolto non solo l’Italia, ma l’Europa, le Americhe
fino all’Australia e perfino l’Africa. I dibattiti in tutti i continenti, le
mostre, i pellegrinaggi, i meeting giovanili, i festeggiamenti solenni
hanno messo in evidenza il ruolo e l’importanza di questo Santo e
della sua alta spiritualità che ha toccato tutte le coscienze del mondo.
Il Parlamento europeo l’ha commemorato il 28 marzo a Bruxelles; la
Francia, specialmente a Tours, ha organizzato convegni, dibattiti,
manifestazioni varie, non solo a livello religioso, ma anche in tanti
altri aspetti. La Spagna, specie a Madrid e a Barcellona ha organizzato
mostre, celebrazioni solenni, dibattiti. Negli Stati Uniti, a Toronto, in
Australia, nei paesi dell’America latina, specie a Buenos Aires, e
perfino in alcune località dell’Africa le comunità dei calabresi hanno
potuto partecipare a festeggiamenti e manifestazioni così importanti
da essere rimaste nella storia di questi continenti. In Italia, in forma
solenne, oltre che a Paola sono state coinvolte Lamezia, Paterno,
Milazzo, Rimini, Reggio Calabria, Messina, Assisi, Napoli e tante altre
città assai devote verso il Santo.
Per cercare di delineare ed approfondire la figura di San
Francesco, partendo appunto da un approccio concreto con le varie
problematiche religiose, geografiche, pedagogiche, si terrà conto
delle varie pubblicazioni, dei documenti che sono rimasti, delle
interviste e degli ultimi studi anche su alcuni suoi aspetti inediti. Si
partirà dal contesto socio-ambientale, si evidenzieranno gli aspetti
più importanti della sua biografia, si cercherà di illustrare
brevemente il quadro storico-sociale in cui il Santo ha operato nella
5
sua lunga e movimentata esistenza. La sua figura emerge tra le più
alte personalità della Chiesa e la sua spiritualità e religiosità
appartengono anche al ruolo storico della nostra Calabria. In una
pubblicazione dell’Amministrazione Provinciale di Cosenza, in
occasione del 500° anniversario, l’onorevole Gerardo Mario Oliverio
così afferma: “San Francesco non appartiene solo al mondo della
Chiesa ed all’universo della devozione popolare; è anche una grande
figura storica ed umana, che ha interagito pienamente con i suoi
contemporanei anche ai livelli più alti del potere (conobbe Re, Papi,
Principi, Baroni) senza perdere il suo profondo rapporto con la sua
terra, con gli umili e gli emarginati di cui sostenne senza alcun timore
le ragioni di fronte ai primi.
La grande “fortuna” di San Francesco, che ha fatto sorgere in
ogni parte del mondo luoghi di devozione e di culto, rappresenta oggi
un veicolo particolarmente significativo per trasmettere un’immagine
positiva della Calabria, della sua storia, della sua cultura. Inoltre, la
vicenda umana e religiosa di San Francesco che in queste pagine, pur
con un taglio necessariamente divulgativo, abbiamo presentato,
inquadrandola nelle vicende del suo secolo grande e terribile, può
essere assunta in maniera esemplare anche da chi, pur partendo da
una visione laica della vita, ha a cuore i bisogni diffusi dei meno
abbienti, di territori che ancora oggi sentono la necessità di uscire da
una condizione di storica marginalità.
Scopriremo che la Calabria, contrariamente a quanto si possa
pensare oggi, era tutt’altro che marginale nella vicenda storica
globale del tempo e che i suoi protagonisti vi svolgevano un ruolo
importante. Era al centro della vicenda tanto attuale ancora oggi,
dello scontro di civiltà tra l’Islam turco in rapidissima espansione e la
Cristianità divisa in complesse vicende nazionali e dinastiche. In quel
mondo di guerra San Francesco portò la sua parola di pace, di
concordia, di carità, intesa come piena disponibilità e dedizione ai
bisogni del prossimo. Il suo esempio è valido ancora oggi, in un
Mediterraneo che sta faticosamente cercando di costruire un futuro
senza più scontri e guerre per divenire area di libero scambio non
solo di merci, ma di uomini e di culture. E la Calabria può e deve
6
diventare il ponte aperto, il tramite più fecondo di questo scambio”1.
Oliverio conclude considerando questa Calabria ponte nel
Mediterraneo; S. Francesco l’amò tanto ed oggi sono tanti i calabresi
sparsi nel mondo per i quali il legame di devozione con il Santo
paolano rappresenta uno degli elementi identitari più forti.
La ricerca è articolata in cinque capitoli. Nei primi due vengono
caratterizzate le varie fasi della biografia del Santo, facendo
emergere il contesto storico-sociale e soprattutto i percorsi
geografici. Nel terzo capitolo viene illustrato il messaggio pedagogico,
religioso e culturale del Santo nei suoi molteplici aspetti. Nel quarto
capitolo emerge il suo ruolo importante nel mondo: interviste,
riflessioni su un personaggio della Chiesa ancora vivo ed attuale. Il
quinto capitolo propone delle strategie didattiche per avvicinare il
mondo dell'infanzia alla figura di S. Francesco di Paola. La ricerca
termina con una breve conclusione.
Nicola De Pascale
1
LA PROVINCIA DI COSENZA, Periodico di Amministrazione politica e cultura, Speciale San
Francesco di Paola – 500 anni nella Fede e nella Storia, Aprile 2007
7
Capitolo I: Il contesto storico – sociale Europeo ed i primi percorsi
geografici di San Francesco di Paola in Italia
1.1 La nascita di Francesco in questo quadro storico-sociale-europeo
Nel 1416 veniva alla luce una figura di religioso, taumaturgo e
grande innovatore della Chiesa cattolica che condizionerà il suo
secolo e quelli successivi: San Francesco di Paola. I suoi genitori,
Giacomo D’Alessio e Vienna Da Fuscaldo erano un esempio di onestà
e di virtù religiosa; essendo devoti di San Francesco D’Assisi, gli
chiesero la grazia di un figlio, essendo in età avanzata. Furono
accontentati e sentendosi gratificati dell’intercessione del Santo di
Assisi, gli imposero il nome di Francesco. Successivamente, il
messaggio del Santo umbro sarà recepito come continuazione e
stimolo per difendere il cristianesimo dalla corruzione e dalla carenza
di valori dell’epoca. Così lo presenta il Roberti: “la vita e l’operosità di
S. Francesco di Paola, che si estendono dal 1416 al 1507 si svolsero in
un periodo storico, che va annoverato, così per il male come per il
bene, tra i più memorandi della civiltà umana. Ai vivi splendori delle
lettere e delle arti, che per la rinascenza del classicismo grecoromano illustravano l’Italia, facevano contrasto le ombre funeste
dello scetticismo religioso e della depravazione morale, che
avvolgevano e deprimevano le coscienze delle varie classi della
società.
Per effetto dell’Umanesimo, gli animi, appassionati della
forma letteraria e artistica dell’antichità pagana, si vennero
uniformando alle idee, che ne erano il contenuto, e finirono col
ripudiare quel misticismo, che era stato l’energia informatrice della
civiltà medievale. I grandi e le persone colte, come suole avvenire, si
trassero dietro la massa del popolo, nel quale, insieme con l’arte,
venne parimenti rinascendo lo spirito dell’antichità classica, sicché
ben presto la concezione pagana dell’uomo e del mondo prevalse su
quella cristiana, nell’indirizzo e nell’esplicazione pratica della vita. Da
qui s’intende come nel secolo XV, che è l’età del primo Rinascimento,
sia che si consideri la vita nel suo aspetto politico-sociale, sia in quello
religioso-morale, si troverà sempre che sotto tutte le splendide
apparenze della rinascente civiltà greco-latina, si nasconde quel
8
tempo infelice, che il Pastor ha detto - ricco di falli e di colpe di ogni
fatta -. Il Quattrocento, che nella nostra storia politica si apre durante
il grande scisma d’Occidente, si chiude con la discesa di Carlo VIII, ci
mostra l’Italia, smembrata nei suoi piccoli stati e nelle sue città, come
un vasto campo schiuso all’infuriare incessante di selvagge passioni.
Alle lunghe lotte, che si erano combattute tra il Papato e
l’Impero, teneva dietro l’antagonismo dei principi contro le
repubbliche; e in queste ultime presto ebbero a sorgere discordie
sanguinose tra città e città, si accesero guerre civili tra la nobiltà e le
rappresentanze popolari, nelle quali troppo spesso erano arma di
combattimento non solo la frode e gli intrighi, ma anche gli stiletti e il
veleno. In quei tempi le guerre intestine delle varie città sembrano
mutarsi in guerre personali; e la storia, tra le nobili imprese dei
principi e dei signorotti di allora, ci ricorda i feroci mastini, dai quali
Giovanni Maria Visconti faceva sbranare i suoi avversari a Milano; ci
addita la macabra esposizione, che a Castelnuovo in Napoli, Alfonso e
Ferrante d’Aragona facevano dei loro nemici ai quali usavano – far
tajare la testa e poi farli salare così morti e tenir secchi uso le sale e
camere sue, a suo dominio e piacere”2.
Infatti, tra il XIII e il XIV secolo si erano sviluppate in Europa le
monarchie nazionali caratterizzate dalla prevalenza di un unico
popolo e di una sola lingua. Era nato così lo Stato moderno,
un’organizzazione politica stabile che riguardava molte nazioni
dell’Europa. In Inghilterra, il parlamento fu diviso in camera dei Lords
e camera dei Comuni. In Francia i re capetingi, in particolare Filippo
Augusto e Filippo IV il Bello, ampliarono i domini della monarchia.
Filippo il Bello curò anche la riorganizzazione politica del paese,
fondandola su un governo centrale forte e su una pubblica
amministrazione molto efficiente. Il re si appoggiò agli Stati generali,
un’assemblea dei rappresentanti della nobiltà, del clero e delle città,
nella quale venivano votate le richieste del re. In Spagna, nel corso
del Trecento assunse un ruolo rilevante il regno di Aragona. Nel 1469
Aragona e Castiglia, i due maggiori regni cattolici, si unirono
attraverso il matrimonio tra Ferdinando d’Aragona e Isabella di
2
PADRE GIUSEPPE ROBERTI DEI MINIMI, San Francesco di Paola, storia della sua vita,
Roma, Curia Generalizia dei Minimi 1963, pp. 31-32
9
Castiglia. Il nuovo Stato conquistò il regno arabo di Granada,
realizzando così l’unificazione del paese. Con la guerra dei Cento
Anni, nella quale ebbe grande rilievo la figura di Giovanna d’Arco, la
Francia conquistò i territori ancora controllati dagli Inglesi. La Chiesa
di Roma si era costituita un vero e proprio Stato nell’Italia centrale.
Essa entrò in conflitto con i sovrani delle nuove monarchie nazionali,
che intendevano tassare i beni ecclesiastici presenti nei loro territori;
in particolare, la lotta fu aspra tra il Papa Bonifacio VIII e Filippo il
Bello.
Morto Bonifacio VIII, la sede del papato fu trasferita ad
Avignone. Ciò portò ad una frattura (scisma d’Occidente) nella
Chiesa, che fu ricomposta solo dopo molti concili, con l’elezione di
Martino V. Da queste vicende il potere politico del papato uscì
nettamente indebolito. Anche l’altro grande potere medievale,
l’impero, divenne sempre più debole. Il titolo imperiale, anche se
ridimensionato, passò stabilmente agli Asburgo d’Austria dalla metà
del XV secolo. Mentre l’Inghilterra, la Francia e la Spagna
consolidavano e rafforzavano l’idea di uno Stato moderno, unitario
attraverso una monarchia assoluta o costituzionale, l’Italia viveva il
suo momento tragico, diventando il territorio delle battaglie e
dell’espansionismo delle nazioni limitrofe. La nostra penisola era
divisa in tanti staterelli dove i comuni furono teatro di violente lotte
tra classi sociali e tra fazioni.
Contro la grave instabilità politica, il governo fu spesso affidato
a un uomo solo, il signore, che trasmetteva il potere ai propri
discendenti. Famiglie come i Medici a Firenze, i Gonzaga a Mantova, i
Della Scala a Verona ottennero dall’imperatore o dal papa un titolo
nobiliare; si trovarono a capo di uno Stato regionale e si circondarono
di una corte di ministri, consiglieri, intellettuali e artisti. Questa forma
di organizzazione politica prese il nome di principato. Nella Milano
dei Visconti fiorirono, nel corso del Trecento, i commerci e le
manifatture. Gian Galeazzo Visconti giunse a esercitare il proprio
dominio su molte città dell’Italia centrale. Firenze fu a lungo
sconvolta da lotte politiche. Nel 1378 una rivolta popolare, il tumulto
dei Ciompi, fu sanguinosamente repressa. Il potere fu allora affidato
ai Medici, potente famiglia di mercanti e banchieri che, soprattutto
10
con Lorenzo il Magnifico, resero la città il più importante centro
culturale e politico d’Italia. Dal XIII secolo, nell’attuale Piemonte si
affermarono i conti di Savoia. Il loro Stato, non molto ricco, si
distingueva per la solida organizzazione politico-amministrativa,
creata sull’esempio della monarchia francese. Lo Stato della Chiesa
comprendeva, nella metà del Quattrocento, il Lazio, le Marche,
l’Umbria e parte di Romagna ed Emilia, ma non poteva contare su
una solida organizzazione politica.
Il Quattrocento fu caratterizzato da vari conflitti tra le maggiori
città italiane, conclusi nel 1454 con la pace di Lodi. Poco dopo venne
fondata la santissima lega italica, alla quale aderirono Venezia,
Milano, Firenze, il pontefice e il re di Napoli: ogni Stato si impegnava
a rispettare i confini degli altri e a difenderli dagli stranieri. Seguirono
cinquant’anni di pace. Nel 1453 i Turchi ottomani conquistarono
Costantinopoli. La loro avanzata preoccupò l’Italia, sede dei maggiori
commerci con l’Oriente. In tale contesto, una situazione particolare
viveva il Regno di Napoli. Dopo la vittoria del francese Carlo D’Angiò
nel 1266, esso fu governato per circa due secoli dalla dinastia
angioina, che mantenne intatto il sistema feudale. Nel 1442, essendo
da tempo in grave crisi economica, sociale e politica, fu conquistata
dagli aragonesi, dominatori spagnoli che già possedevano la Sicilia.
L’amministrazione del regno venne riorganizzata, ma il potere delle
grandi famiglie feudali non fu toccato. L’economia del paese rimase
prevalentemente agricola, caratterizzata dal predominio delle grandi
proprietà, cioè i latifondi nelle mani dei nobili e della chiesa. Il regno
di Napoli divenne così un paese che esportava materie prime e
prodotti dell’agricoltura, mentre importava i prodotti delle
manifatture dalle città dell’Italia centro-settentrionale.
1.2
Le origini di Francesco e i primi percorsi geografici
In questo quadro storico-geografico tormentato e complesso
esordisce la figura di Francesco in una cittadina calabrese che viene
così descritta da Isidoro Toscano nella biografia del Santo del 1648:
“Paola, a livello portuale, ha poca rilevanza: il porto più importante è
ancora quello di Scalea, mentre Cetraro, dopo un periodo di leggero
declino verso la metà del XIII secolo, tra XIV e XV secolo assume
importanza portuale per la facilità di approdo e per la presenza di un
11
arsenale. Da Napoli, infatti, a Cetraro vengono commissionati vascelli
per la marina militare del regno e, nel 1534, quando essa subisce
l’assalto del corsaro Barbarossa, vengono distrutti sette galeoni
ormeggiati nell’arsenale. Per ragioni diverse si approdava
generalmente a Scalea o a Cetraro; e soltanto fatti eccezionali
spingevano i naviganti verso Paola, un piccolo porto di pescatori e per
imbarcazioni di piccola stazza, come nel caso di quel naviglio carico di
passaggieri, e di mercantie, appena partito dalla Città di Lipari (Isola
discosta dalla Sicilia circa 30 miglia) che, colto lungo la rotta tra Lipari
e Paola da una furiosa tempesta e sul punto di fare naufragio, riesce
ad approdare a Paola per intervento del Santo che fa placare il mare.
Il porto di Paola non compare nei portolani dei secoli XV e XVI;
persino la cartografia turca, attenta a registrare ogni particolare
relativo alla conformazione dei porti e alle postazioni di avvistamento
e di difesa anche della costa tirrenica della Calabria, non ne fornisce
informazioni: Piri Re’is, cartografo alla corte di Solimano il Magnifico,
nel suo Libro del mare realizzato intorno al 1520 comprende e
descrive soltanto i porti di Scilla, Bagnara, Tropea e Scalea,
diversificandoli dai semplici approdi privi di adeguate attrezzature
per compiere le operazioni d’imbarco e di sbarco e per eventuali
riparazioni.
Tra la seconda metà del XIV secolo e i primi decenni del XVI,
Paola assume rilievo economico per la produzione di vini speciali,
che, per la verità, si producevano maggiormente nel vicino territorio
di San Lucido, ed essenzialmente per l’attività taumaturgica e i
miracoli di Francesco che ne dilatavano la fama. Nel 1525, Leandro
Alberti scrive che il territorio di – Paula, castello del Duca di Castro
Villare – produce buoni vini, molto a Roma apprezzati e che – insieme
con quei di Cosenza dall’altra parte del mare Ausonio, sono
annoverati fra i generosi vini. Et similmente credo, che detti nobili
vini siano le vernazze di S. Lucido. Ma a questo castello di Paola ha
dato gran nome, et parimente a tutta la regione di S. Francesco
cognomi nato di Paula -. Francesco, infatti, con l’esercizio delle sue
virtù taumaturgiche, contribuì a diffondere questa fama, la sua
insieme a quella del paese d’origine, prima battendo strade locali
aspre e faticose, poi allargando gli orizzonti verso la Sicilia, il
Mezzogiorno e la Francia.
12
Se si escludono le strade interne di adduzione, la qualità delle
strade maestre del Regno, in particolare la via delle Calabrie e la via
tirrenica Traianea, al tempo di Francesco era abbastanza buona,
anche se spesso battute da malintenzionati. La povertà e l’indigenza
segnano gran parte della popolazione calabrese ancora nel XV secolo
stimolando da una parte forme di ascesi e di rigoroso eremitismo,
come quello di Francesco, dall’altra la crescita dei malfattori che se
rendevano insicure le strade, interferendo negativamente nei
processi economici locali, sicuramente non turbavano l’azione dei
mistici taumaturghi come Francesco, che, raccontano alcuni testi del
processo cosentino, riusciva ad esercitare su di essi una potente
attrazione e un forte carisma da scoraggiare qualsiasi reazione. E
proprio lungo la via tirrenica Traianea, una strada importante per
l’attività economica della Calabria settentrionale e i traffici
commerciali sin dal primo medioevo, tra Paola e San Lucido, il
contesto entro cui Francesco compì la prima esperienza di vita,
avvenivano numerosi reati, soprattutto rapine e aggressioni, come
quella ai danni dei due viaggiatori siciliani che vennero derubati ed
ammazzati e i loro corpi nascosti sotto la sabbia: una sacca di
territorio in cui l’indigenza, le calamità naturali, l’oppressione fiscale
e i conflitti sociali favorivano, insieme a un non trascurabile
incremento del banditismo, vivaci fermenti di contestazione al
dispotismo di Ferrante d’Aragona contro cui spesso Francesco levò
alta la voce a difesa degli umili. Ma le condizioni di sicurezza e quelle
di cura e manutenzione non erano nel Regno peggiori di quanto
fossero altrove, né la struttura elementare e discontinua dei percorso
e lo stato prevalente di disgregazione di tanta parte del territorio
impedivano che una circolazione per molti aspetti anche intensa
animasse l’interno del paese. Del resto, già gli Angioini avevano
promosso una serie di iniziative di tutela e di manutenzione della
viabilità ordinaria col concorso delle istituzioni periferiche dello Stato,
con l’adozione di misure di vigilanza più rigorose e con l’istituzione di
ospizi statali. Poi, i Durazzeschi e gli Aragonesi dedicarono molte
attenzioni allo sviluppo del servizio postale e di conseguenza alla cura
delle strade. Sotto Alfonso I venne costituito un vero e proprio ufficio
di posta per l’interno e per l’esterno del Regno; e nel settembre 1444
il sovrano stabilì un servizio di 12 uomini a cavallo lungo la via delle
13
Calabrie, da Napoli in Calabria, e altri 12 da Cosenza a Napoli per la
corrispondenza giornaliera. La via delle Calabrie era battuta
prevalentemente da un traffico leggero consistente in viandanti che a
piedi o a dorso di mulo trasportavano merci poco voluminose,
mentre il traffico pesante, per le caratteristiche orografiche della
regione, si svolgeva prevalentemente via terra lungo la direttrice
tirrenica e per mare lungo la rotta di cabotaggio che toccava
numerosi porti tirrenici”3.
Secondo lo studioso Pietro Dalena, Francesco realizzò le prime
esperienze odeporiche attraverso un pellegrinaggio devozionale con i
genitori prima a San Marco Argentano e poi ad Assisi. Secondo il
Toscano ciò avvenne nel 1428 o nel 1429, secondo l’anonimo nel
1431, data ritenuta più probabile anche da Padre Rocco Benvenuto,
Correttore Provinciale dell’Ordine dei Minimi. La famiglia D’Alessio
sarebbe partita da Paola nel 1431 seguendo la trainea tirrenica fino a
Guardia e poi da quel luogo arrivò a San Marco, distante 15.000 passi
da Paola, dove arrivò nella tarda serata dopo un giorno di viaggio.
Secondo l’anonimo, la famiglia del Santo fu prima ad Assisi e poi a
Roma. Dalena, tuttavia, osserva che è possibile che la famiglia
D’Alessio si fosse soffermata a Roma solo al ritorno.
Tuttavia, non è da escludere che, per motivi di collegamento
geografici, sia passata prima dall’attuale capitale d’Italia. Alcuni
biografi hanno affermato che lo sfarzo, la corruzione della città
eterna, impressionò negativamente il Santo per cui avrebbe
redarguito il cardinale Cusano, facendogli notare che Gesù non aveva
abiti così sontuosi. La caput mundi era una tappa forzata per coloro
che, da Capua, dove si concludeva l’antica Via Popilia, che in quei
tempi era denominata via delle Calabrie, attraverso la direttrice
Latina e la Via Flaminia si dirigevano ad Assisi. Durante il ritorno da
Assisi, lungo la stessa strada percorsa prima, la famiglia D’Alessio si
fermò sull’Eremo di Monte Luco, presso Spoleto e dopo Roma, anche
a Montecassino, lungo la via Latina dove si trovava la tomba del
Cenobiarca Benedetto, ma non tralasciò altri Santuari medievali,
molto importanti e conosciuti come Loreto.
3
ISIDORO TOSCANO, Della vita virtu, miracoli, e dell'istituto di s. Francesco di Paola,
fondatore dell'Ordine de' Minimi, Venezia, appresso Antonio Bortoli, 1704
14
1.3
Da Assisi al viaggio in Sicilia
Dopo il viaggio in Umbria, Francesco fece registrare tanti
percorsi geografici in Calabria. Secondo il Toscano, se i primi due
viaggi furono attuati per devozione, i suggestivi spostamenti in
Calabria ebbero una connotazione esclusivamente penitenziale. Nel
1454, Francesco avrebbe seguito un itinerario che conduceva da
Paola a Rende, lungo un percorso di 12 miglia attraverso il passo della
Crocetta, fino a Cosenza e da lì, lungo la strada per Tessano, interna
rispetto alla via delle Calabrie per arrivare poi a Paterno.
Tra il 1456 e il 1464 si mosse costantemente nella Calabria
settentrionale, dal Tirreno allo Ionio, per strade interne. Nel 1456
lasciò Paterno e si recò a Spezzano Sila. Raggiunse in seguito
Corigliano Calabro, un abitato molto vicino a Rossano in circa un
giorno e mezzo di cammino seguendo un itinerario interno, aspro e
difficile, attraverso la Sila Grande, la Sila Greca e la Piana Caruso.
Lungo la valle del Crati e la via delle Calabrie, giunse ad Acri e
poi fino a Corigliano. Nel 1460 tornò a Spezzano, dove ricevette dalle
autorità civili di Crotone l’invito a recarsi in quella città per una nuova
fondazione. Nella città nativa di Paola, ormai dimorava sempre meno.
Nel 1464 mentre si trovava a Paterno, venne invitato a Milazzo.
Insieme a due compagni, Padre Randacio e Fra’ Giovanni di San
Lucido si avviò a piedi verso la Sicilia. I biografi non precisano
l’itinerario seguito dal paolano; comunque, secondo la tradizione
locale si presume che abbia effettuato un percorso lungo la via delle
Calabrie, da Paterno a Pizzo e tramite un diverticolo a Tropea dove
fondò un nuovo convento. Secondo alcune voci, il Santo risalì il
torrente Bormaria, lungo la montagna del Poro, sino a Zaccanopoli
dove pernottò. Poi, attraverso Mileto, raggiunse il vicino villaggio di
Ionadi in cui trascorse un’altra notte. Poi, i due confratelli ripresero il
cammino e raggiunsero il passo di Borrello, l’odierna Laureana di
Borrello, a nord-est di Palmi, sulla riva del fiume Metrano. Da
Borrello si recò a Palmi e poi raggiunse Catona, il punto di imbarco
più vicino a Messina e il più funzionale per il traghetto che
trasportava la gente da Catona a Messina. Da queste città, raggiunse
Milazzo, non si sa se per mare o attraverso un faticoso itinerario
terrestre.
15
Così afferma il Roberti: “lo Stretto di Messina divide le sponde
calabresi da quelle siciliane, discoste tra loro non più di sei chilometri,
e nel tratto di minor distanza poco più di tre chilometri. Il Servo di Dio
era giunto con i suoi compagni a Catona, villaggio nella provincia di
Reggio, a cinque chilometri da Villa S. Giovanni, che sorge dirimpetto
al faro di Messina, ed è il punto più prossimo per l’imbarco dal
continente alla Sicilia. In quella spiaggia s’apriva un piccolo porto, dal
quale partivano ogni giorno barche da trasporto, e Francesco sperava
che lui e i suoi frati, sebbene sprovvisti di denaro, per carità
avrebbero trovato posto in qualcuna di esse. Difatti, come narrano i
testi, appena giunto al porto, una barca carica di legname da
costruzione era sul punto di far vela per Messina. Il Sant’Uomo
s’avvicinò al padrone, per nome Pietro Coloso, e dopo averlo salutato
cortesemente, lo pregò, per amor di Gesù Cristo, ad accoglierlo nella
barca con i due confratelli per la traversata dello stretto. – Volentieri,
rispose seccamente il Coloso, purché mi paghiate. – Ma noi, o buon
fratello, ci siamo rivolti alla vostra carità, perché non abbiamo
neppure un soldo. – E che importa a me? Replicò quegli con
malgarbo. – Se voi non avete denaro da pagarmi, io non ho barca per
portarvi -.
Questa brusca ripulsa non turbò l’Uomo di Dio, il quale, visti
fallire i mezzi umani, ricorse con maggior fiducia all’aiuto divino.
Senza più insistere avvertì i compagni di attenderlo un momento,
mentre egli avanzandosi lungo la spiaggia quanto un tiro di pietra, si
mise in ginocchio a pregare per pochi istanti Colui, che altra volta,
attraverso le acque del Mar rosso, aveva aperto al suo popolo sicuro
passaggio. Il Signore ascolta la sua preghiera e gli ispira il da farsi.
Francesco si alza, benedice il mare, e in quell’istante, quanti erano
presenti – tra i quali i nove viandanti che l’avevano accompagnato –
lo vedono distendere il suo mantello sulle onde, montarvi sopra
risolutamente, e tenendone stretto un lembo alla estremità
superiore del suo bastone, come a servirsene di vela, procedere
rapido e sicuro (solo o accompagnato?) verso le coste siciliane.
All’insolito spettacolo gli astanti prorompono in grida di
ammirazione e di gioia, mentre il nostromo Coloso, non so se più
attonito o confuso, per riparare in qualche modo al malfatto, si
affretta a prendere sulla barca uno o tutti e due i frati rimasti sulla
16
riva: chiama indarno il prodigioso navigante e parte… Ma è vano ogni
suo sforzo per raggiungerlo! Il Santo Taumaturgo, senza voltarsi mai
indietro, tira diritto verso l’altra spiaggia. E già era vicino a toccare la
terra, quando s’avvide che anche dal porto di Messina molta gente
l’aveva scorto! Fu perciò che, a schivare le loro acclamazioni,
piegando un poco verso destra, andò ad approdare in un punto
alquanto discosto e solitario. Questo sostanzialmente il prodigio
tanto celebrato del passaggio dello Stretto di Messina, che avvenne
nella piena luce del giorno, sotto gli occhi di numerosi spettatori:
prodigio, che non ci è trasmesso soltanto dalla tradizione, ma ci viene
attestato da deposizioni giurate nei processi. Ho detto
sostanzialmente, perché in alcuni particolari ci è dato riscontrare
delle varianti, le quali, benché accessorie, non mancherò di esporre
per maggiore esattezza storica”4.
Ma sono tanti i fenomeni soprannaturali attribuiti al Santo:
dalle guarigioni prodigiose allo sgorgare miracoloso dell’acqua della
Cucchiarella, dalle Pietre del Miracolo che restarono in bilico prima di
cadere sul convento. Sono tutti i segni che la tradizione francescana
riporta con fede e speranza, senza dimenticare il carisma del Santo,
quando uscì dalla sua bocca la profezia della città di Otranto che
sarebbe caduta in mano ai turchi, ma poi sarebbe stata riconquistata
dal re di Napoli. C’è da rilevare, restando nei percorsi geografici che,
nel contesto di quei tempi, era assai arduo e quasi proibitivo
muoversi nel sistema stradale comunicativo. Francesco si muove
quasi in maniera naturale dove ci sono le condizioni per poter
soffermarsi nella preghiera e nel misticismo o per fondare un
convento. Da Paterno a Tropea, da Palmi a Seminara, dall’Appennino
Calabro a Catona, come aveva percorso la Flaminia, la Via Appia, si
barcamenava nelle vie della Calabria, fino alla Sicilia, quasi con
naturalezza, senza temere il maltempo o il pericolo dei briganti. Così
afferma l’Anonimo: “Francesco conosceva molto bene la via delle
Calabrie per averla battuta più volte: la percorse, secondo le
testimonianze, anche nel 1482, prima di partire per la Francia, per
visitare il convento di Maida, la cui costruzione era stata iniziata nel
4
PADRE GIUSEPPE ROBERTI DEI MINIMI, San Francesco di Paola, storia della sua vita,
Roma, Curia Generalizia dei Minimi, 1963, pp. 238-239
17
1469: sempre a piedi, a piedi nudi, “per boschi e per rovi”, senza cioè
calzatura di sorta, come attestano coloro che lo videro in Italia:
eppure non lo videro mai estrarre spine o altro genere dai suoi
piedi”5.
5
ANONIMO (discepolo contemporaneo del Santo), Vita di San Francesco di Paola a cura di P.
Nicola Lusito dei Minimi, Paola, Edizioni Santuario Basilica di San Francesco, 1967.
18
Capitolo II: Approvazione delle regole e percorso geografico in
Francia
2.1 Il complesso quadro politico-religioso, prima dell’esperienza
francese
Francesco iniziò un periodo di vita eremitica, isolandosi nella
zona tortuosa e impervia di Paola, in una zona che faceva parte delle
proprietà della sua famiglia. Nel 1435 si erano associati a questa
esperienza tanti umili compagni, che lo riconobbero unica guida
spirituale. Costruirono una cappella e tre dormitori e fondarono,
sostanzialmente, l’Ordine dei Minimi. Le adesioni erano in forte
incremento, per cui il nuovo arcivescovo di Cosenza, Mons. Pino
Caracciolo, decise di concedere l’approvazione Diocesana. Con
questo riconoscimento il santo poteva istituire un oratorio, ma
soprattutto un monastero e una chiesa, ai cui lavori partecipavano
anche i suoi concittadini paolani, che, in un primo momento, avevano
giudicato il santo con superficialità e senza chiaroveggenza.
Nel 1467, dopo che il suo messaggio di pace, di amore, di
spiritualità e di solidarietà umana si era esteso in tutta l’Europa, il
papa Paolo II inviò a Paola un emissario per sondare la situazione e
per essere informato su tutto ciò che avveniva nella cittadina
calabrese. L’inviato pontificio Mons. Baldassarre De Gutrossis
rientrava a Roma, informando il papa, con un rapporto ben
documentato della notevole spiritualità, della carità e della religiosità
del santo paolano.
Nel 1470 viene accelerato l’iter burocratico del procedimento
giuridico-canonico per l’approvazione definitiva del nuovo ordine di
eremiti patrocinata da Mons. Baldassarre da Spigno. Il 17 maggio
1474 il Papa Sisto IV concedeva il riconoscimento ufficiale del nuovo
ordine, attraverso la denominazione di Congregazione eremitica
paolana di San Francesco d’Assisi. Successivamente avvenne il
riconoscimento della regola di estrema austerità da parte del papa
Alessandro VI, consolidando il termine Ordine dei Minimi.
La fama delle virtù di Francesco arrivò alla corte del re di Napoli, dove
il vizio, la miseria, la corruzione, e le angherie verso il popolo erano
19
nota dominante di essa. Esisteva nel reame un eremita, che attuava e
propagava una nuova maniera di vivere, basata sulla penitenza e
sull’osservanza della vita quaresimale nonché sulla povertà, l’umiltà e
la solidarietà. Tutto ciò significava per i cortigiani, dediti al lusso e ai
divertimenti sfrenati, un messaggio ed uno stimolo a cambiare vita.
All’inizio, questo fenomeno non veniva preso in considerazione anche
se incominciava a dare fastidio. Infatti, non si trattava più di un caso
isolato alla città di Paola, ma di una vera e propria organizzazione che
si espandeva in importanti centri della Calabria estendendosi in
Sicilia.
Era evidente che Francesco, in tale sua azione, non avesse in
alcuna considerazione l’autorità reggia e che abusasse largamente
della bontà del re Ferrante d’Aragona.
Costruendo conventi senza il bene placito del re aveva
determinato una diffidenza nel sovrano. Ciò avrebbe presto
determinato i suoi effetti nocivi.
Il santo aveva inviato le missive al re, invitandolo a fortificare la
difesa costiera per fronteggiare un’eventuale invasione turca, che
Francesco già prevedeva. Ma la Corte, invece di credergli, lo schernì,
considerando il consiglio del santo, un’intromissione nei fatti militari
del regno.
Il figlio primogenito del re, Alfonso, duca di Calabria era
violento e prepotente e faceva presa sull’animo del padre errante.
Quando Francesco, attraverso le lettere, deplorò la vita scorretta e
licenziosa della Corte, richiamandolo ad un miglior governo del suo
Stato e mettendo in evidenza tutto il peso dei continui balzelli, che
gravavano sul popolo, ormai misero, il re non seppe più resistere e
inviò a Paterno un drappello di soldati per arrestare Francesco e
condurlo a Napoli nella sua presenza. Ma nel 1480 ci fu il prodigio dei
soldati che, ritornando a Napoli, avevano informato il re del miracolo
di Francesco, per cui ne susseguì un altro quando il re invitò l’umile
frate a fondare chiese anche nel cuore della capitale. Intanto, proprio
nel 1480, come aveva previsto Francesco, un’agguerrita flotta
ottomana si presentava davanti la città di Otranto intimandone la
resa senza condizioni. Al rifiuto della popolazione, gli assedianti
20
reagirono con una massiccia azione sostenuta dalle batterie puntate
contro la città. Questa azione di guerra durò quindici giorni e alla fine,
gli assedianti, ebbero il sopravvento invadendo la città e
saccheggiandola barbaramente. Oltre dodicimila cittadini vennero
decapitati e perfino tagliuzzati: in una sola volta in cima ad una
collina che fu detta “monte dei martiri”. Tra questi c’erano
settecento cristiani e perfino l’arcivescovo Mons. Pendinelli e il suo
clero.
Barbaramente trucidati, non si tenne alcun conto del sesso e
dell’età, dal momento che vecchi, donne e bambini subirono la stessa
sorte.
La caduta di Otranto rappresentava come una porta aperta
sull’intera penisola al potere della mezza-luna. Fu una ferita lacerante
al regno di Napoli. Il re, corse ai ripari, sollecitò l’intervento di altri
principi italiani e del romano pontefice, Sisto IV, che gli fornì tanti
aiuti. Francesco, come aveva predetto l’assedio, aveva anche
annunciato che i turchi sarebbero stati cacciati e sconfitti.
La predizione di Francesco si avverò subito dopo. Maometto II
era morto in un villaggio della Bitinia. Con la sua morte scoppiò in
Turchia la guerra civile e ciò favorì lo sbandamento dell’esercito
turco, per cui, Otranto riuscì a riconquistare la libertà nell’8
settembre 1481.
2.2 L’esperienza francese: Luigi XI sollecita la venuta di San
Francesco in Francia.
All’inizio dell’anno 1483 Francesco, insieme a padre Otranto, a
padre Cadurio e fra’ Nicola d’Alessio lasciò definitivamente la
Calabria.
Seguì un itinerario terrestre sempre arduo e impegnativo fino a
Napoli; dal porto della città campana si diresse poi nella baia di
Bormes in Francia con una sosta a Roma. Sulla scorta delle date
storiche dell’epistolario, si può far cominciare il suo viaggio da
Paterno, da dove si immise, nella via delle Calabrie a lui ben nota,
definita per il suo passaggio, anche strada degli uomini illustri.
21
Raggiunse prima Castrovillari e poi Morano, dove alloggiò nella
Taverna della Bianca. Da Morano, attraverso l’Appennino, arrivò a
Lauria, poi a Lagonegro e Casalnuovo, un percorso geografico
impegnativo e difficile.
Tra Lagonegro e Casalnuovo si procede per alti e aspri monti,
percorrendo il bosco del pellegrino molto oscuro per la moltitudine
degli alberi, e massimamente degli ilici, che sono tanto alti che
sembrano, con la cima, toccare il cielo. Per circa 8 miglia si attraversa
quella strada molto pericolosa; infatti, in quel posto si trovano
ladroni che rubano e uccidono i viandanti.
Dopo un giorno di cammino raggiunse Polla, all’ingresso del
vallo di Diano. La tappa successiva fu Salerno: là gli andarono
incontro l’inviato del re di Francia, signore di Bussières, con due
cavalieri napoletani, Camillo Pandone e Cesare di Gennaro. Da
Salerno proseguì per Cava e l’ultima tappa di questo percorso
terrestre fu Napoli, da dove entrò dalla porta Capuana accolto
trionfalmente da tanta gente, piena di fede ed entusiasmo.
2.3 Il percorso geografico in Francia e gli sviluppi successivi
Alla fine di febbraio del 1483 Francesco lasciò Napoli, si
imbarcò dal molo nei pressi del Castel nuovo, detto Maschio
angioino, su una galea, messa a disposizione dal re Ferrante. Ad
Ostia, alla foce del Tevere, la nave si insabbiò. Secondo il Roberti, è
probabile che si trattasse non di una secca, bensì di una bassa marea,
che allora era un fenomeno sconosciuto. Dopo una sosta di circa una
settimana a Roma, la comitiva riprese la navigazione verso le coste
francesi, in direzione di Marsiglia. A parte un atto di pirateria,
secondo la tradizione risolta da Francesco, fino a Corsica tutto
proseguì fluidamente. Nel golfo di Leone ci fu una tempesta che li
costrinse ad approdare nella baia di Bormes ad ovest di Tolone. A
Lione, il santo preferì arrivarci attraverso un itinerario terrestre e non
tramite la comoda via fluviale, rappresentata dal corso del Rodano.
Tutto ciò per la sua caratteristica di viandante che, a piedi nudi,
poteva trasmettere meglio il suo carisma taumaturgico alla gente,
che si trovava lungo le strade. Dopo tanti giorni di cammino arrivò al
22
castello reale di Plessis, poco distante da Tours. Sorsero conventi a
Tours, Amboise, Gien, Parigi e Châtellerault. La conoscenza delle sue
doti di santità e taumaturgia raggiunse anche la Francia, tramite i
mercanti napoletani, arrivando al re Luigi XI il quale, ammalatosi
gravemente, lo mandò a chiamare chiedendogli di visitarlo. Francesco
era molto restio all'idea di lasciare la sua gente bisognosa tanto da
indurre il sovrano francese ad inviare un'ambasceria presso il Papa
affinché ordinasse a Francesco di recarsi presso di lui. Il Papa e il re di
Napoli colsero l'occasione per rinsaldare i fragili rapporti con l'allora
potentissima Francia, intravvedendo, in prospettiva, la possibilità di
raggiungere un accordo per abolire la Prammatica Sanzione di
Bourges del 1438.
Ci vollero alcuni mesi, però, per convincere Francesco a
lasciare la sua terra per attraversare le Alpi, e ad abbandonare il suo
stile di vita austero, per passare a vivere in un palazzo reale. Il 2
febbraio 1483, partendo da Paterno Calabro, Francesco lasciò la
Calabria alla volta della Francia, risalendo per il Vallo di Diano si
fermò prima a Polla, poi nell'abbazia di Santa Maria La Nova di
Campagna e a Salerno. Passò per Napoli dove fu accolto da una
grande folla acclamante e dallo stesso re Ferdinando I. A Roma
incontrò diverse volte Papa Sisto IV che gli affidò diversi incarichi. Si
imbarcò quindi a Civitavecchia per la Francia. Al suo arrivo presso la
corte, nel Castello di Plessis-lez-Tours, Luigi XI gli si inginocchiò. Egli
non lo guarì dal male, ma l'azione di Francesco portò ad un
miglioramento dei rapporti tra la Francia e il Papa. Francesco visse in
Francia circa venticinque anni e seppe farsi apprezzare dal popolo
semplice come dai dotti della Sorbona. Molti religiosi francescani,
benedettini ed eremiti, affascinati dal suo stile di vita, si aggregarono
a lui anche in Francia, contribuendo all'universalizzazione del suo
ordine. Questo comportò gradualmente il passaggio da un puro
eremitismo ad un vero e proprio cenobitismo, con la fondazione di un
secondo ordine per le suore ed un terzo per i laici. Le rispettive regole
furono approvate da Papa Giulio II il 28 luglio 1506. Il re Carlo VIII,
successore di Luigi XI, stimò molto Francesco e contribuì alla
fondazione di due monasteri dell'Ordine dei Minimi, uno a Plessis-lesTours ed uno sul monte Pincio a Roma. Nel 1498, alla morte di Carlo
23
VIII, ascese al trono Luigi XII che, benché Francesco chiedesse di
tornare in Italia, non lo concesse.
Dopo aver trascorso gli ultimi anni in serena solitudine, morì in
Francia a Plessis-les-Tours il 2 aprile 1507. Approssimandosi la sua
fine, chiamò a sé i suoi confratelli sul letto di morte, esortandoli alla
carità vicendevole e al mantenimento dell'austerità nella regola.
Provvide alla nomina del vicario generale ed infine, dopo avere
ricevuto i sacramenti, si fece leggere la Passione secondo Giovanni
mentre la sua anima spirava. Fu canonizzato nel 1519, a soli dodici
anni dalla morte durante il pontificato di Papa Leone X, a cui predisse
l'elezione al soglio pontificio quando questi era ancora bambino,
fatto molto raro per i suoi tempi. Nel 1562, degli ugonotti forzarono
la sua tomba, trovarono il corpo incorrotto e vi diedero fuoco. La sua
festa si celebra il 2 aprile, giorno della sua nascita al Cielo. Tuttavia,
non potendosi spesso celebrare come festa liturgica perché quasi
sempre ricorre in Quaresima, la si festeggia ogni anno a Paola
nell'anniversario della sua canonizzazione, che avvenne il 1º maggio
del 1519. La notizia, però, arrivò a Paola tre giorni dopo; per questo i
festeggiamenti si svolgono dall'1 al 4 maggio.
24
Capitolo III: Il messaggio religioso, pedagogico e culturale del Santo
3.1 Aspetti della pedagogia francescana e dell’erranza, come
metafora educativa.
Da più fonti il santo viene descritto nella sua grande
humanitas, nel cospicuo ottimismo e nella sua notevole capacità di
amicizia, di generosità, di servizio e di umiltà. Tuttavia, possiede un
carattere forte e deciso, autorevole e coerente.
La santità procede parallelamente con l’austerità di vita
solitaria e paziente, ma soprattutto imperniata, sostanzialmente,
sulla carità. Padre Giuseppe Fiorini Morosini ci illustra le grandi virtù
specifiche del santo. A proposito dell’umiltà, così afferma:
“Tutta l’impostazione della vita spirituale del Paolano sembra tendere
verso l’umiltà. Essa è parte integrante della sua spiritualità penitenziale,
che ha come fine la liberazione dell’uomo sia dai beni di questo mondo, sia
dal proprio egoismo, per permettergli l’incontro con Dio e aprirlo all’amore
verso il prossimo6”.
Così continua lo studioso sulle altre virtù del santo come la
pazienza, la carità, la santità, i fenomeni mistici, la lettura dei cuori, la
profezia e i miracoli:
“L’altra virtù di Francesco evidenziata assieme all’umiltà è stata la
pazienza. Leone X definisce Francesco uomo pazientissimo; giudizio
confermato nella testimonianza di fr. Martino de la Haye: - era molto
7
paziente –“ .
La carità è l’altra virtù che segna fortemente la santità di
Francesco, per il modo come egli l’ha manifestata. La carità, infatti,
come virtù teologale, è il segno di ogni santità nella Chiesa; non può
essere quindi patrimonio esclusivo o prerogativa particolare di
nessun santo.
Dio ha permesso che alcuni segni straordinari della santità di
Francesco trasparissero dalla sua vita, nonostante egli, nella sua
6
GIUSEPPE FIORINI MOROSINI, Il carisma penitenziale di San Francesco di Paola e
dell’Ordine dei Minimi. Storia e spiritualità, Roma, Curia generalizia dell’Ordine dei Minimi,
2000, p. 139
7
Ibidem, p. 142
25
umiltà, cercasse in ogni modo di nascondere la santità, alla quale era
giunto.
Dalle testimonianze conservate nei Processi noi possiamo
rilevare alcuni fenomeni straordinari, tipici della mistica cristiana. La
sua preghiera raggiunge quasi sempre i livelli della contemplazione; si
assenta, perciò, per interi giorni, e rimane chiuso nella sua stanza a
pregare senza toccare cibo. Il commento di quanti notavano questo
fatto era: “passa il tempo nella contemplazione”.
La lettura dei cuori è un altro dono del quale Francesco si è
servito moltissimo per richiamare a conversione quanti venivano per
incontrarlo ed erano in peccato. Dice un testimone: “quando si
recava da lui qualcuno che non era a posto con la sua coscienza, o si
compiaceva di qualche vizio, diceva: va’, abbandona i piaceri cattivi”.
Il miracolo è l’aspetto che maggiormente colpisce nella sua
vita. Esso era per la gente il segno più eloquente, direttamente
constatabile, della sua santità; Dio con il dono dei miracoli operava
cose straordinarie per mezzo di lui. L’agiografia, per esprimere
l’abbondanza di miracoli compiuti da Francesco, ha coniato
un’espressione molto significativa: “era un miracolo quando non
faceva miracoli”; e non senza fondamento, ci sembra, se dobbiamo
accettare la testimonianza di chi ha affermato di aver visto in un sol
giorno centinaia di malati guariti.
Francesco ha dato un altro segno della sua santità con la
parola, bene armonizzata con la condotta della sua vita. Abbiamo già
citato l’espressione di un testimone: la sua santità traspariva dal suo
comportamento e dalla sua parola (ex eius gestu et verbis). Possiamo
perciò parlare di un esercizio della predicazione nella vita di
Francesco, anche se dobbiamo dare all’espressione un significato
molto vasto. È vero, comunque, che Francesco ha mediato anche con
la parola l’intervento della grazia di Dio tra la gente. Dice di lui il
Bourdichon: “era un uomo devotissimo sia nelle parole che negli
esempi di vita, ed era pieno di devote e divine esortazioni, come ha
dimostrato con le parole e con le azioni8”.
8
Ibidem, pp. 145, 148, 149, 151, 153
26
3.2 Il carisma del santo
Il Morosini, presentando il carisma personale del fondatore
prova ad illustrare la sua vita eremitica, la grotta dove il santo si
fermava, la povertà, l’ascesi fisica, l’interesse per i problemi sociali e i
doni soprannaturali. Così afferma:
“Il carisma penitenziale in Francesco si manifesta anzitutto come una
chiamata alla vita eremitica. Non è da escludere che questa vocazione
abbia avuto come fonte d’ispirazione o almeno come punto di riferimento
San Francesco d’Assisi, la cui conversione lo portò immediatamente ad una
scelta di vita povera, penitente ed eremitica”.
Inteso come luogo solitario, il deserto è lo spazio fisico ove egli
vive la sua vocazione eremitica. Sceglie così la grotta, che sarà il suo
rifugio preferito per pregare e fare penitenza. Ecco perché troviamo
una grotta o qualcosa di simile nei luoghi in cui egli dimora
abitualmente. La troviamo a Paola agli inizi della sua vita, accanto ai
primi romitori in Calabria e finalmente anche a Tours, a conclusione
del suo lungo cammino sulla terra. Quando essa manca o esigenze
diverse chiamano Francesco alla vita comune in convento, è la sua
cella ad essere il deserto o spazio fisico ove poter vivere anche lunghi
giorni in solitudine contemplativa.
Francesco si presenta a tutti come un uomo semplice, di
limitate esigenze fisiche. Il suo incedere povero, al limite stesso della
povertà, con un vestito lacero, scalzo, con capelli e barba incolti, lo ha
rivelato come uomo rustico, appartenente, cioè, al mondo contadino
dalle esigenze veramente ridotte all’essenziale. Alla povertà
Francesco unisce l’austerità nel cibo: mangia poco, una volta sola al
giorno, verso sera, nutrendosi di soli cibi quaresimali. La vita
eremitica e penitente non lo estranea dai problemi del suo tempo, da
lui assunti in prima persona, non solo pregando per la loro soluzione,
ma agendo anche in prima persona in quelle situazioni dove può e
riesce ad intervenire.
27
Avendolo scelto per una missione particolare, Dio lo ha anche
arricchito di tanti doni: la lettura dei cuori, lo spirito profetico, i
miracoli9”.
Dopo questa premessa significativa risulta fondamentale
riportare il pensiero del prof. Giuseppe Trebisacce, studioso dei
molteplici aspetti del santo. Nella rivista della Provincia di Cosenza
già citata, ci illustra il significato altamente pedagogico della figura e
dell’opera del santo. L’articolo è intitolato:“Spunti per una pedagogia
francescana: San Francesco educatore e fondatore di un ordine
monastico”. Così si esprime:
“La forte e carismatica personalità di Francesco di Paola esprime di per sé
una grande forza educativa che pedagogicamente vale più di qualsiasi
organica riflessione intorno ai classici interrogativi sull’educazione.
L’esemplarità è infatti una categoria che la ricerca storico-pedagogica non
ha mancato di caratterizzare come la chiave di volta di un atto educativo
coerentemente ispirato a principi e modelli liberamente accolti e fatti
propri nella personale dimensione dell’esistenza. Nel caso di Francesco
l’assoluta coerenza della sua pratica di vita è la testimonianza più chiara di
una esemplarità e magistralità educativa fuori dal comune. La sua
santificazione personale attraverso l’esercizio continuo della carità e
l’esperienza rigorosa di una vita austera, penitente e contemplativa,
unitamente alla sua attiva opera di evangelizzazione tra la gente umile e
potente mediante la predicazione, gli ammonimenti, le profezie, tutto
questo fa di lui un Maestro, una luce, una guida spirituale nel periglioso
mare dell’esistenza. Al di là di ogni contingenza storica e temporale. Ne è
prova la devozione che da sempre circonda l’immagine del Santo di Paola.
Ma Francesco è anche e, soprattutto, figlio del suo tempo e, in quanto
tale, esprime le caratteristiche dell’epoca10”.
Si può concludere questo aspetto del messaggio di San Francesco,
citando la studiosa Loredana Giannicola, che definisce l’erranza di
Francesco una metafora educativa. Così si esprime:
“L’erranza e la preghiera caratterizzano la vita dei monaci del Medioevo.
Per essi la strada si trasforma in mezzo per dischiudersi al nuovo, per
incontrare l’Altro, per conoscere meglio se stessi attraverso la scoperta e la
9
Ibidem, pp.160-163
LA PROVINCIA DI COSENZA, op. cit. p. 42
10
28
conoscenza, e l’erranza si traduce in un camminare verso, in uno spazio
che vive di reciprocità, di accoglienza, di fiducia-donata. Essa è dunque
partecipazione, occasione per stringere legami ed entrare in relazione con
altre monadi. È incontro fra generazioni, è un camminare insieme per
costruire un futuro migliore. È una peregrinatio animae (Sant’Agostino), un
percorso che coinvolge l’intera persona e che non prescinde affatto
dall’esperienza sensoriale e affettiva, ma vi passa attraverso”.
Il viaggio si configura, quindi, come metafora del processo di
apprendimento continuo, che diventa l’immagine stessa della vita
intesa come maturazione personale e libera ricerca della propria
destinazione lungo itinerari che ciascun soggetto intraprende e
scopre in questo suo muoversi.
In Francesco di Paola l’erranza si lega alla speranza che
costituisce un atteggiamento fondamentale e un timbro che lo
caratterizza come homo viator in cammino verso Dio. La sua è una
filosofia di cammino e di azione, un atteggiamento di corretto
commiato da tutti gli esseri unito ad un grande rispetto per loro, è
tensione continua verso il futuro tenendo presenti le sfide del
presente e gli orizzonti verso cui proiettarsi. Il cammino per il santo
paolano è in realtà la metafora del recupero dell’uomo reale,
concreto, con le sue grandezze e le sue miserie contro la teoria del
superuomo e degli effetti disgreganti di una società dominata dagli
egoismi. È evidente che il suo camminare si intreccia anche con il suo
impegno per la pace che trova nei suoi viaggi un motivo conduttore.
In tal senso l’erranza si trasforma in un’azione continua per la
costruzione di una visione di pace che coinvolge l’umanità intera e
passa attraverso l’incontro con l’Altro nei volti anonimi della città,
nella coltivazione delle passioni, nella tensione verso il vero
traguardo della vita umana, nella disponibilità a ricevere il dono
arrendendosi al ritmo della realtà.
Il peregrinare di Francesco di Paola, però, non è mai solitario. Il
suo camminare è incontro, comprensione dell’Altro, continua presa
in carico dell’Altro, è un “andare incontro”, comprensione dell’Altro,
continua presa in carico dell’Altro, è un “andare verso” che non è
sradicamento, ma che si connota come status spirituale del migrante
che, pur costretto a rinunciare alla patria d’origine, si fa abitatore di
29
“confine” e ricostruisce ogni giorno la sua patria, i suoi valori, in uno
spazio sociale in cui non i radicalismi culturali ma le persone e i loro
mondi si incontrano e si contaminano11.
3.3 L’apporto culturale dei Frati Minimi in Francia
In quell’epoca così complessa, non solo senza valori e ideali,
ma dominata da prospettive di miseria e di sottosviluppo, i frati
minimi hanno contribuito pure ad una rinascita culturale, in tutte le
parti del mondo dove sono andati per evangelizzare. Lo studioso
Alessandro Pagliaro così ci presenta San Francesco di Paola, uomo di
scienza e filosofo, tra Victor Hugo e Leonardo da Vinci: “Rozzo,
ignorante, burbero. Che non sapeva né leggere né scrivere”. Così per
molti secoli ci è stata tramandata la figura di San Francesco di Paola.
Nulla di più falso. L’enorme mole di documentazione storica della sua
vita dimostra il contrario. Le agiografie che si sono seguite una dietro
l’altra, dopo la sua morte fino ad oggi copiandosi a vicenda, hanno
sminuito, se non offuscato i lati essenziali dell’uomo. Oltre che Santo.
Miracoli trasfigurati in aneddoti, hanno costituito il libro principale
degli eventi di questa singolare vicenda. Ma non è l’unico che esiste.
Ce n’è un altro ancora tutto da scrivere su quel personaggio
protagonista terreno per oltre novanta anni di un periodo molto
particolare della storia dell’Europa. San Francesco, uomo di scienze e
filosofo, è senz’altro l’aspetto occultato della sua lunga esistenza.
Guariva con le erbe gli ammalati. Arrivava nelle cure dove i medici
fallivano. Per questo, visto come uno stregone, da giovane frate era
inviso e osteggiato dai “dottori” dell’epoca. Delle piante conosceva
tutti i segreti, e sapeva dosarne le quantità per lenire le sofferenze.
Aveva acquisito una scienza, che applicata con sapienza riusciva a
fornire strepitosi risultati. Erano pozioni “magiche” bollite e rimestate
in un pentolone? Così pensavano i suoi detrattori. San Francesco nei
dipinti è raffigurato con in mano un sottile bastone, che di certo non
gli serviva per sorreggerlo, soprattutto da giovane, quando nel pieno
delle sue forze, si spostava in lungo e in largo per la Calabria, a piedi.
Era una figura imponente, alta di statura. Gli ultimi studi ci dicono
che era gioviale con gli uomini e le donne che incontrava sul suo
cammino. Tutto il contrario di quanto finora ci è stato raccontato.
11
Ibidem, p. 43
30
Quel bastone, da cui non si staccava mai, doveva quasi sicuramente
servirgli per la ricerca dell’acqua nei luoghi più impervi dove
dimorava. Dotato di poteri speciali San Francesco “sensitivo” riusciva,
ad individuare anche nel “deserto” i siti da dove far sgorgare il
prezioso liquido, e quindi installarvi le comunità che poi dovevano
popolare quei posti. Così nacquero i conventi che lui costruì. Da solo
e con l’aiuto dei “segreti” della scienza dell’ingegnere, dell’architetto,
dell’idraulico, di cui era senz’altro in possesso. Ecco questo è un altro
lato della polivalente attività estrinsecata dal frate.
A Paola, Paterno, Corigliano, Spezzano, in Sicilia a Milazzo, ma
anche in Francia e in tanti altri posti San Francesco costruì opere che
soltanto una persona che conosceva le complicate formule
matematiche della statica, poteva erigere. La perfezione di quei
manufatti, l’equilibrio delle murature, la geometria degli archi e delle
navate, rimandano all’ingegno di chi non poteva fare leva soltanto su
empiriche conoscenze di manovale. Era proprio lui l’autore dei suoi
progetti. Non si sa fino a che punto usasse gli squadri e gli inchiostro,
anche se, coadiuvato da maestranze esperte, di sicuro era egli stesso
che dava forme a quelle importanti strutture. Aveva studiato e
frequentato dotti? Certamente, tutti gli indizi, portano a formulare
tali conclusioni. Ma di queste “tracce”, nessuna è stata ripercorsa e
indagata nella giusta considerazione. L’uomo di scienze arriva anche
ad essere un tutt’uno con l’uomo filosofo della vita. Al di là del credo
religioso che professava nella concretezza dei suoi comportamenti,
San Francesco, ha pieno rispetto del corpo, oltre che dell’anima.
I suoi lunghi digiuni e le privazioni, di cui si è narrato fino ad
oggi, rappresentano la consapevolezza della coniugazione del
benessere fisico con quello dello spirito. D’altronde i suoi 92 anni
vissuti, quasi tutti in salute, sono il risultato del raggiungimento di
questo perfetto equilibrio. Non era frate che partecipava ai bagordi e
ai succulenti pranzi di corte, ma non per questo le sue privazioni
dovevano rappresentare la mortificazione della carne e il
decadimento dell’organismo. Il suo era uno stile sobrio di vita,
vegetariano nel cibo. La sua era una “dieta” salutare per il corpo e la
mente, motori infaticabili di una ricca esistenza. Da qui anche la
pratica della meditazione e della preghiera, per la materializzazione
31
delle azioni quotidiane. Tutte rivolte alla diffusione dei messaggi di
pace, carità e giustizia che hanno rappresentato il perno del suo
pensiero “filosofico”. Una filosofia, forse spicciola, ma messa in
pratica in ogni circostanza, dall’incontro, con i sovrani a quello con i
papi e le genti umili. Soltanto un uomo in possesso delle moderne
conoscenze del mondo, poteva stare alla pari, nelle corti d’Europa, in
un momento particolare di grandi mutamenti. E qui c’è l’altra
confutazione. Fustigatore di costumi, accigliato, con lo sguardo
severo e di rimprovero, così San Francesco ci è stato descritto il più
delle volte. Un conservatore e un moralizzatore in un mondo pervaso
dagli eccessi e dal peccato. Se è vero che alla base del suo pensiero
filosofico c’era la predicazione della misericordia e del perdono, come
sentimenti tra i più alti della religione cristiana, mal si concilia questa
visione manichea del santo tutto d’un pezzo. Chi lo ha compreso è
stato nientemeno che Victor Hugo. Nel testo della sua opera teatrale
“Torquemada”, il grande scrittore francese, accosta il personaggio
dell’Inquisitore a quello del Santo calabrese. Ed è proprio
quest’ultimo a tenere testa nel dialogo, a colui che con la tortura si
era macchiato di efferati crimini contro gli “eretici” del tempo. Mondi
contrapposti configgono in poche battute di uno scambio di parole
tra i due. Ad uscirne magnificato è il pensiero di Chiesa di San
Francesco, tollerante ed indulgente. E proprio in Francia il frate visse
l’ultima parte della sua vita: quella della saggezza. Chiamato da Luigi
XI a corte per guarirlo dai suoi mali, dimorò in terra straniera per ben
venticinque anni. Nonostante l’intervento di San Francesco per il re
non ci fu nulla da fare. Morì subito dopo.
Fu questo evento, comunque ad aprirgli le porte del castello di
Amboise, dove costruì un nuovo convento. Amboise a quell’epoca era
il centro propulsore di diffusione della modernità in Europa a tutti i
livelli. In quel luogo, per volere degli “illuminati” regnanti, andavano
e venivano, filosofi, letterati, musicisti, artisti, consiglieri politici. Da lì
prese corpo il nuovo pensiero di un profondo cambiamento di
epoche. La politica della guerra, veniva soppiantata da quella della
pace, mentre il vecchio mondo si lasciava dietro le spalle tutte le sue
contraddizioni. Dai simposi ai cenacoli, alle feste di corte Amboise,
diventò la meta ambita per chi voleva stare al centro delle
trasformazioni. San Francesco fu tra le figure eminenti, che
32
determinarono questa svolta. Aperto alle nuove conoscenze, visse
anche gli anni dell’America di Cristoforo Colombo, e per una parte
della sua esistenza fu contemporaneo di Leonardo da Vinci. Il grande
uomo di scienze e artista, visse anche egli ad Amboise, per tre anni
fino al giorno della morte. Ciò a dimostrazione di come il castello era
diventato importante per il ruolo che si era assegnato. Le sue spoglie
sono ancora seppellite in quel luogo. Una coincidenza non del tutto
casuale, accomuna San Francesco a Leonardo. Entrambi furono i
protagonisti della costruzione di un nuovo orizzonte. I due non si
incontrarono mai, ma una intermediazione fatta di singolari
correlazioni, porta a pensare ad una comunanza di aperture mentali
che entrambi possedevano. Venticinque anni di una esistenza sono
tanti. Rappresentano un arco temporale di mutamento per ognuno.
San Francesco visse il periodo della Francia in maniera intensa, ma
ben poco si conosce di questa permanenza. Certamente si
compenetrò nelle vicende del tempo, non rimanendo fuori dal
contesto.
Sarebbe bene approfondire questi aspetti della sua
maturazione, alla luce del contributo che diede allo sviluppo
dell’Europa. Finora queste zone d’ombra non sono state scandagliate.
Sicuramente, da studi e ricerche approfonditi, molte sorprese
potrebbero venire alla luce, per immettere in una nuova dimensione
il Santo, che in terra fu anche uomo12.
Riflettendo sul pensiero di questi studiosi ci si può chiedere
come si potrebbe applicare il messaggio pedagogico di Francesco ai
bambini dell’era della globalizzazione, nella società multirazziale, del
postmoderno virtuale e vuoto.
La risposta è semplice: San Francesco di Paola ha lasciato nel
suo testamento spirituale accoglienza, integrazione, riscatto delle
classi subalterne, attenzione alla realtà evolutiva dei ragazzi,
solidarietà e soprattutto carità e coscienza etica.
12
Ibidem, pp. 48-49
33
Capitolo IV: Il messaggio di San Francesco nella storia e quello
attuale nel mondo
4.1 I minimi evangelizzatori delle Americhe ed i riflessi nei devoti di
oggi nel mondo
Il messaggio del Santo di Paola non poteva essere circoscritto
al secolo XV ma proseguì dopo la scoperta delle Americhe con una
risonanza forte in tutti gli angoli della Terra. Padre Bernardo Boyl
partecipò alla seconda spedizione di Cristoforo Colombo. Roberto
Gentile così afferma in un articolo della rivista della Provincia di
Cosenza, in qualità di Redattore de “La voce del Santuario”:
“Contemplativo, Profeta, Taumaturgo, è Uomo di Dio, è
apostolo della conversione, della carità e della giustizia sociale, un
magnifico educatore di coscienze, il cui messaggio, caratterizzato dai
valori universali della pace, della fratellanza, della solidarietà e della
tolleranza, è necessario nell’egoistica società di questi tempi, oggi
come allora in coerenza con il modo di intendere la vita esplicitato
nella prima Regola. Queste virtù, trasfuse nel Sacro Ordine dei
Minimi,
hanno
avuto
un ruolo
determinante
anche
nell’evangelizzazione dell’America dopo la sua scoperta, le cui
conseguenze per l’Europa furono straordinarie e stravolgenti.
Cristoforo Colombo giunse a Barcellona scortato da un gruppo di
uomini che recavano le prove (il tabacco, la patata, spezie, nuovi
animali, armi indiane e oggetti d’oro) dell’esistenza di quelle nuove
terre di cui egli aveva già fatto cenno ai sovrani iberici.
La corte spagnola aveva due grandi obiettivi per questo
secondo viaggio: evangelizzare gli indios ed intraprendere nuovi
commerci con i nativi al fine di sfruttare le loro ricchezze. Per l’opera
missionaria i reali di Spagna pensarono ad un uomo di massima
fiducia il quale, oltre alle sue doti di intelligenza, di carattere e di
profondo spirito religioso, doveva essere di fedeltà assoluta e di leale
aiuto nel risolvere delicate problematiche politiche del regno: questo
religioso, grande protagonista degli eventi del suo tempo come
vedremo più avanti, fu l’aragonese Padre Bernardo Boyl,
appartenente all’Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola.
Quest’uomo di nobile famiglia, dotato di una eccellente cultura
34
umanistica, valido segretario ed accorto consigliere del re, nonché
suo personale amico, allorché poteva senza sforzo alcuno arrivare
alle più alte cariche della corte e dispiegare così tutto le sue
ingegnose doti nella difficile arte del governo dello Stato, nel 1480
abbandonò tutto e si ritirò a vita eremitica nel romitorio della SS.
Trinità di Montserrat, di cui divenne priore nel 1482.
Per salvaguardare gli aspetti politici e gli interessi economici
spagnoli, la corte aragonese pensò a Padre Bernardo Boyl, persona
abile e di provata fedeltà, il quale, non più segretario e consigliere
reale, era ormai sotto l’obbedienza di un Superiore e di una Regola.
Per aggirare l’ostacolo il sovrano inviò al vescovo di Cartagena e
Badajoz, suo rappresentante a Roma, l’istruzione del 7 giugno 1493
contenente una supplica per il papa, nella quale venne indicato come
primo missionario del Nuovo Mondo P. Bernardo Boyl13”.
4.2 Il culto di Francesco nel mondo
La giornalista Assunta Orlando nell’articolo “La presenza di
Francesco in ogni angolo della Terra” afferma che “Francesco di
Paola, Patrono di Calabria e della gente di mare, è il Santo che ha
varcato i confini nazionali, è il Santo d’Europa che è giunto
oltreoceano”. Dal Nord al Sud America, all’Australia, San Francesco è
venerato nel mondo grazie alle comunità dei nostri conterranei,
all’Ordine dei Minimi che è presente in vari Paesi, ma anche a
popolazioni straniere che ne hanno appreso la vocazione in epoca
coloniale, così come i brasiliani e gli indigeni di Uquia, in provincia di
Jujuy, piccolo villaggio a Nord dell’Argentina, confinante con la Bolivia
e a mille chilometri da Buenos Aires. Una piccola, ma preziosa chiesa
dedicata a San Francesco di Paola fu costruita a Uquia dai
conquistatori spagnoli nel 1691. Nella chiesa, che è stata dichiarata
Monumento Storico Nazionale sono conservati i dipinti, detti Angeles
Arcabuceros realizzati nel XVII secolo da artisti indigeni che, si narra,
dipinsero su richiesta dei conquistatori l’Esercito degli angeli
celestiali, ma non conoscendo altro esercito se non quello spagnolo,
dipinsero angeli vestiti di broccato come gli spagnoli e le loro armi, gli
archibugi. Sull’altare della chiesa è posto un dipinto intagliato in
13
LA PROVINCIA DI COSENZA, op. cit. Ed. 2008, pp. 55-56
35
legno e laminato in oro che raffigura San Francesco di Paola. La
festività annuale è celebrata i primi di maggio.
Per il V Centenario della morte di San Francesco, solenni
celebrazioni si sono svolte in tutto il mondo e il grande evento
religioso è stato ricordato con particolare espressione di fede. Uniti
nella comune devozione verso San Francesco, il V Centenario, infatti,
ha rinnovato lo spirito di fraternità di chi è lontano. Un collegamento
fra i “Comitati di San Francesco”, istituiti in vari Paesi esteri con il
compito di organizzare le celebrazioni che si svolgono annualmente,
si è avuto, tramite la Fondazione “San Francesco di Paola nel Mondo”
che ha sede a Toronto. Lo scambio di messaggi tra i Comitati in
occasione delle celebrazioni ha fatto sentire più vicini coloro che
hanno vissuto la stessa condizione d’emigrante anche se in continenti
diversi, come testimoniano gli amici dell’Australia che nell’augurio
inviato ai Comitati del Nord e Sud America, scrivono: “Noi di
Melbourne che siamo tanto lontani dal resto del mondo, ci uniamo
spiritualmente a voi in occasione dei festeggiamenti del Quinto
Centenario”.
Tra i numerosi devoti residenti oltreoceano, a testimoniare
come “la fede possa fare miracoli” sono le storie e soprattutto il
grande impegno di uomini che, guidati da profondo spirito religioso,
dall’amore e dalla carità predicati dal Santo di Paola, hanno saputo
creare e unire il popolo dei fedeli di San Francesco anche in luoghi
molto lontani dall’Italia. In America a Chicago, dove risiede una
numerosa comunità italiana fra cui molti calabresi, il miracolo lo ha
creato Joe Bruno, originario di Marano Marchesato, presidente
dell’associazione “Società San Francesco di Paola”, da lui fondata nel
1982. Spinto dalla sua grande devozione verso San Francesco e
dall’esigenza d’unire la comunità calabrese residente nell’Illinois, Joe
ha ideato e promosso la “Festa della famiglia in onore di San
Francesco di Paola” con la collaborazione di alcuni amici e appoggiato
da padre Roberto Simionato degli Scalabriniani.
Le celebrazioni del V Centenario in Argentina hanno avuto
inizio a Puerto Madryn, in Patagonia. In questa lontana città, che
dista circa 1400 km da Buenos Aires, non risiedono calabresi, ma è
36
stato un calabrese, Bruno Cilento, un devoto paolano emigrato da
molti anni in Argentina, a far conoscere San Francesco.
Le nuove generazioni nate all’estero, discendenti da emigrati
calabresi, hanno appreso in famiglia la devozione verso San
Francesco, che fa parte di quella calabresità sempre difesa con
orgoglio dai nostro corregionali lontani e in cui l’aspetto religioso ha
un ruolo importante. Trasmessa dai genitori e dai nonni insieme alle
tradizioni e al dialetto, molti giovani guardano alla figura del Santo di
Calabria, come afferma un giovane italo-americano, nipote di
calabresi, “con curiosità, ma anche con tanta voglia di credere perché
sempre ricordo mia nonna che mi ripeteva di pregare San Francesco
di Paola nei miei momenti di bisogno14”.
Daniela Fernandez Laruffa nell’articolo “Argentina, una fede
che si tramanda nel tempo”, riportando in qualità di portavoce dei
giovani calabresi nel mondo afferma:
“Ho 21 anni, sono discendente calabrese di quarta generazione e a Mar del
Plata, dove risiedo, il Circolo Calabrese di cui sono segretaria e
coordinatrice dei giovani, ogni anno, il 2 aprile, celebra la Festa in onore
del Patrono della Calabria. Per il Quinto Centenario, la festa è stata molto
bella. Con il gruppo della Gioventù Calabrese Marplatense abbiamo
collaborato all’organizzazione e partecipato alla Messa con le letture e
portando, per le offerte, dei doni simbolici, come una rete di pescatori e la
bandiera italiana. La statua di San Francesco sembrava viva ed è stato
come se il Santo veramente fosse in mezzo a noi e tutti abbiamo pianto
per la profonda emozione provata durante la cerimonia religiosa15”.
Frank Lattari nell’articolo “Rio de Janeiro, una storia di
devozione e tradizioni” afferma:
“La festa ha le sue radici nella seconda metà degli anni ’50 e costituisce un
evento importante non solo per la Colonia Calabrese di Rio de Janeiro, ma
che per gli Stati limitrofi di San Paolo, Minas Gerais e Espirito Santo. Il
mese di maggio per i nostri corregionali è legato al nostro Taumaturgo
paolano. La festa del 4 maggio, per noi emigrati, infatti, è una celebrazione
vissuta con emozione e riporta ai ricordi della fanciullezza. Le espressioni
14
15
Ibidem, pp. 64-66
Ibidem, p.67
37
di devozione diventano più intense durante i riti liturgici che ci legano alla
nostra amata terra Calabra. La festa di San Francesco di Paola a Rio de
Janeiro è una pietà popolare genuina, manifestata con il cuore aperto e
16
con l’anima che vibra ”.
Salvatore Pullia nell’articolo: “Australia, quando la preghiera
diventa miracolo” afferma:
“Molti anni fa un gruppo di Calabresi appartenenti al “Calabria club” di
Melbourne disperavano su come e quando poter riunire, almeno una volta
l’anno, tutti i Calabresi di Melbourne e dello Stato del Victoria in una
atmosfera di armonia, allegria e divertimento, liberi da ogni campanilismo
regionale o paesano e, nello stesso tempo, ricordare e rivivere le nostre
tradizioni e usanze. Dopo un attento e profondo esame, prevalse il
sentimento religioso e la devozione verso il Santo Patrono della Calabria, e
si decise di far arrivare a Melbourne una statua di San Francesco di Paola.
Se c’era qualcuno che poteva riunire i Calabresi questo era sicuramente
San Francesco!17”.
4.3 Riflessioni ed un’intervista sul ruolo del santo oggi
Nel primo numero de “Il Sileno”, in qualità di giornalista, così
ho presentato un articolo su San Francesco di Paola:
“Nel Quinto Centenario della morte di San Francesco di Paola, al di là delle
numerose celebrazioni che danno vera giustificazione ad un Santo così
grande e sublime, senza retorica il messaggio di S. Francesco di Paola
dovrebbe rappresentare una scossa fortissima allo sbandamento
dell’umanità, alle barbarie, alla frattura spirituale, alla carenza assoluta di
valori e di ideali che caratterizzano il mondo contemporaneo. Questo
Santo illustre, Taumaturgo e Patrono della Calabria, nonché della gente di
mare, fondatore dell’Ordine dei Minimi, venerato in tutto il mondo, pur
essendo eremita non ha tralasciato di essere protagonista di episodi che
hanno fatto diventare piccoli, tanti grandi uomini come re, dotti, potenti
del tempo. La sua è la più autentica testimonianza evangelica, ricca di
valori umani e cristiani, capaci di incidere nella realtà. Analizzando infatti il
mondo di oggi, è evidente che si alternino periodi di crisi difficili da
ribaltare e da controllare e ci si deve richiamare al pensiero di Vico per
auspicare un mutamento qualitativo nel contesto dei ricorsi storici. Dopo
16
17
Ibidem, p. 68
Ibidem, p. 71
38
queste premesse, nessuno può negare che il messaggio, la spiritualità,
l’anticonformismo di S. Francesco di Paola sono indispensabili per
rieducare e stimolare i cuori degli uomini, ormai in gran parte disorientati
dall’edonismo, dal materialismo, dall’intolleranza e dai fondamentalismi
religiosi. Ma chi era San Francesco di Paola? In cinque secoli, studiosi,
religiosi, sociologi, intellettuali, mistici, asceti ne hanno tracciato un
quadro esemplare, vivo, suggestivo, profondo. È un Santo che non onora
solo la Calabria, ma tutto il mondo dove la devozione verso di Lui è sincera,
spontanea, generazionale”.
Il suo discorso metafisico, il suo ascetismo, la sua modestia di
“Minimo”, la sua infinita riservatezza non gli impedì di richiamare
all’attenzione dei Grandi della storia lo sfruttamento del popolo, la
religiosità senza interiorità, ma vista come convenzione, la
prepotenza dei ricchi e dei potenti, la secolarizzazione e lo
sbandamento della Chiesa. In tale contesto, Francesco ha dato una
svolta alla forma mentis del tempo e ha condizionato la coscienza dei
gerarchi cattolici per ritornare alla vera essenza del Vangelo: amore e
solidarietà verso il prossimo, elogio dell’umiltà (Gesù Bambino è
venuto a nascere in una stalla), guerra a politici e religiosi senza
coscienza etica. Così in questo mondo, dove ogni giorno sta dilagando
il culto per un neo-paganesimo nichilista e qualunquista, la moda del
relativismo etico, un consumismo sfrenato, un uso distorto dei massmedia, una globalizzazione selvaggia, la distruzione dell’ambiente,
manipolazioni genetiche, permissivismo edonistico, San Francesco se
ritornasse sulla Terra, sconvolto, incredulo ed attonito ci
richiamerebbe all’ordine, al ripristino dell’autentica condizione
umana, ad essere veri cristiani, con il culto della pace, della
spiritualità, della tolleranza, dell’amore verso Dio e verso il
prossimo”.
Sempre nel 2007, in occasione del V anniversario della morte
del santo, è stato possibile effettuare un’intervista a Padre Gregorio
Colatorti, correttore provinciale dell’Ordine dei Minimi di Paola, per
ricordare la figura di San Francesco, riportata nella stessa rubrica
della rivista “Il Sileno”, con la quale si conclude questo lavoro:
39
Padre, a 500 anni dall’Ascesa al Cielo di S. Francesco, qual è il
sentimento vivo che domina proprio negli eredi diretti, come voi,
del grande Santo?
Sicuramente un sentimento di gioia, avendo un nostro Padre,
S. Francesco, che è in Cielo e che continua ad essere un Padre per
noi, per tutta la famiglia dei Minimi e come anche per tutti i devoti e
gli amici Egli continua a far sentire la sua presenza e questo è molto
importante, perché è un grande Santo, un amico degli uomini e
perché è stato soprattutto amico di Dio.
In breve, che differenza ci può essere tra i tempi di S.
Francesco e il mondo di oggi?
La differenza è sicuramente quella della storia, del tempo, non
si può negare che, ai tempi di S. Francesco ci troviamo alla fine del
Medioevo, all’inizio del Cinquecento, quindi anche nel momento del
Rinascimento dove l’uomo era posto al centro, oggi a 500 anni di
distanza, il mondo, sicuramente è cambiato, c’è l’era dell’Informatica,
l’era della Tecnologia, siamo veramente in un grande momento di
sviluppo, però l’uomo da sempre si è interrogato e si interrogherà sui
grandi “perché”, sui “perché della vita”, sui “perché dell’amore”, sui
“perché della morte”, però l’uomo porta sempre dentro quell’ansia di
infinito, l’ansia del bene, ma porta anche nel suo cuore quella
propensione verso un indirizzo che lo porta nella direzione del male,
un indirizzo edonistico, per cui Francesco, sia nel suo tempo, come
oggi, il suo messaggio, la sua spiritualità ci indica una strada che è la
strada di Dio, dell’amore, quello vero, quello autentico, la strada della
verità, della giustizia, della pace; l’ha fatto allora Francesco e oggi
continua a farlo attraverso i suoi figli.
Che cosa c’è ancora di attuale nel messaggio di S. Francesco?
Gesù, incominciando la sua predicazione diceva: “Convertitevi,
il Regno di Dio è vicino”: ecco, Francesco di Paola, con la sua vita, non
ha fatto altro che dire agli uomini di quel tempo: “Convertitevi” e ha
indicato la necessità fondamentale di questa conversione, di questo
ritorno continuo a Dio, che non è soltanto una liberazione dal male,
40
ma è soprattutto quel desiderio di crescere sempre in avanti, nel
bene e la conversione all’amore, all’amore di Dio e verso il prossimo.
S. Francesco e i giovani. Sono moltissimi i giovani che amano,
venerano e chiedono aiuto al Santo; perché risulta uno dei Santi più
vivi e più ricercati dai giovani?
Io credo che, soprattutto, S. Francesco è ricercato dai giovani
per la sua robustezza interiore. È stato sempre un uomo tutto d’un
pezzo, che non ha ceduto a compromessi e soprattutto un uomo che
si è fatto giorno per giorno, grande protagonista, dall’infanzia fino ai
suoi 91 anni ed è andato avanti per la sua strada con una grande
libertà, perché ricco di Dio.
Perché il suo messaggio, le sue tradizioni religiose nei Paesi, il
suo culto nel mondo è sopravvissuto al passare dei secoli ed è oggi
più vivo che mai?
Le testimonianze della vita di S. Francesco dicono che qui a
Paola venivano da tutte le parti della Calabria per trovarlo e poi dopo,
quando si è trasferito in Francia, lo cercavano. Un Santo, diremo noi,
popolare, ecco questa popolarità, quest’amore che il popolo porta a
Francesco nasce proprio dal senso che egli ha accolto tutti e sapeva
dare una parola di conforto, di amicizia, di sostegno, di animazione,
oltre che anche un gesto forte come quello dei miracoli, a tutte le
persone che venivano qui: a cominciare dal più piccolo al più grande,
dal dotto, dal colto al “non scolarizzato”, dal signore potente, anche
all’ultimo della strada; ogni persona che veniva qui, trovava in
Francesco veramente un amico, trovava il cuore, ma trovava
soprattutto il cuore di Dio.
Perché è considerato Taumaturgo e Padrone del mare?
Innanzitutto “Taumaturgo” perché ha fatto tanti prodigi in
nome di Dio; quest’Uomo, che parlava con il Signore, nell’intimità
profonda del Signore è stato capace veramente di donare la forza di
Dio e sperimentare soprattutto agli altri l’amore del Signore, quindi
attraverso i gesti, attraverso i numerosi miracoli che non si contano:
è proprio per questo è chiamato “il taumaturgo”.
41
“Padrone della gente di mare” perché si racconta dell’episodio
dell’attraversamento dello Stretto di Messina: egli doveva recarsi a
Milazzo, chiamato proprio per costruire un convento; arriva a Catona,
villaggio nella provincia di Reggio, chiede un passaggio a un barcaiolo
e quest’ultimo lo rifiuta, anzi gli chiede del denaro. Essendo povero,
quest’Uomo non sa come poter rispondere a quella richiesta, ma
l’unica cosa che possiede è la forza di Dio, per cui si inginocchia,
prega, poi si toglie il mantello e sale su di esso con un altro compagno
e attraversa lo Stretto di Messina. Ci sono anche altri episodi della
sua vita, dove egli ha frenato le furie delle acque, andando in Francia,
ha fatto si che le acque, le tempeste si calmassero e quindi, da quel
momento in poi, i marinai hanno guardato a Lui e giustamente il Papa
Pio XII, nel 1943, lo ha nominato “Patrono della gente di mare”18.
18
N. De Pascale, Intervista a Padre Gregorio Colatorti (titolo in corsivo), in: Rivista "Il Sileno",
2007, n. 1, pp. 18-20.
42
Capitolo V: La figura di San Francesco di Paola: varie strategie
didattico – culturali per coinvolgere i bambini
5.1 Una personalità che ha molto da dare ai bambini.
Partendo dai percorsi geografici, dal messaggio di carità, di
solidarietà e del suo amore verso la natura e gli animali, attraverso lo
studio della personalità di San Francesco di Paola, si può far acquisire
ai bambini tanta cultura, ma si possono fornire loro anche tanti
modelli di comportamento utili nella società multietnica di oggi.
I viaggi di Francesco in quella Calabria del Quattrocento
possono essere molto utili agli allievi per cominciare ad addentrarsi in
quel contesto storico-geografico difficile, complesso e confuso.
Mostrando ai bambini le cartine del tempo, i documenti
dell’epoca, reperti archeologici, i sussidi virtuali, e facendoli
partecipare a documentari, a film può emergere un quadro didattico
vivo, esaltante e soprattutto stimolante per la creatività ed il
potenziamento della loro riflessività.
Essendo un santo molto amato, oggetto di profonda devozione
da parte di molte famiglie, non solo calabresi, anche gli allievi
potrebbero risentire del contesto socio-ambientale e avvicinarsi alla
personalità di Francesco. I bambini sentono il fascino di modelli veri a
cui guardare ed ispirarsi come maestri di vita, superando l’immagine
dello scolaro, esperto di tecniche e conoscenze, ma non di umanità.
È in tale contesto che essi possono recuperare una visione
unitaria del sapere, del comportamento per uno sviluppo globale
della loro personalità.
Possono, inoltre, scoprire che la carità, l’amore per gli altri, il
sacrificio costituiscono la vita del santo, che è, in tutte le epoche, un
portatore di pace, di solidarietà umana e di giustizia come autentico
imitatore di Cristo. In questa società globalizzata, senza ideali e senza
valori, sbandata, decadente e devastata dalla crisi economica
mondiale, lo studio del pensiero e dell’opera di San Francesco di
Paola può servire per migliorare la convivenza delle varie etnie che
ormai caratterizzano tutte le classi della scuola primaria mondiale.
43
Francesco, insegnando ai bambini l’amore e il rispetto per tutti gli
uomini, può prevenire episodi di razzismo, di intolleranza, che ormai
sono presenti in tutte le scuole dell’Europa. Lo studio del santo di
Paola deve superare l’agiografia del meraviglioso che dopo una
grande diffusione sul passato è stata oggi messa in crisi. Non bisogna
convincere i bambini che il santo sia una nicchia irraggiungibile di
eccezionalità che normalmente non rispetta la sua vita. Devono essi
scoprire che il santo non è un mestiere di pochi, né un pezzo da
museo, ma colui che vuole mandare un messaggio etico, un segnale
di carità e di solidarietà partendo dalla consapevolezza che tutti gli
uomini possono diventare saggi, perfetti e santi.
5.2 Strategie, metodologie e progetti didattici per richiamare
l’attenzione dei bambini nel contesto storico-geografico ed etico,
relativo ai tempi del santo.
Attraverso lo studio della biografia di Francesco i bambini si
potrebbero rendere conto del processo storico-geografico e del
messaggio pedagogico del santo. Si può partire da varie metodologie
e strategie: visita dei luoghi dove il santo ha vissuto, osservazione dei
testi antichi, che si trovano nelle varie biblioteche dei santuari a lui
dedicati o in altri luoghi custoditi da membri della chiesa che da anni
effettuano studi e ricerche per comprendere meglio la personalità di
Francesco ed il contesto storico-geografico in cui visse. Siccome i fatti
storici che i bambini riescono a capire e memorizzare certamente
sono più accessibili alla loro mente se associati a curiosità intellettiva,
a passione e a processi didattici che li stimolano e li entusiasmano, si
può partire dallo studio della realtà del santo, complessa,
avventurosa, leggendaria per far capire loro come era il mondo del
‘400.
Se oggi si assiste alla miseria morale, alla decadenza totale di
una classe politica inetta definita “La Casta” si può comprendere che
nel ‘400 la situazione politica era parallela nello sfruttamento delle
classi subalterne, ma non paragonabile al sistema politico di oggi
fondato sulla democrazia e la libertà.
Colpirà certamente i bambini la situazione politica del regno di
Napoli, retto in quel periodo dagli aragonesi ma, in sostanza,
44
localmente gestito dalle famiglie nobiliari, secondo quello che era
definito il sistema feudale.
Ci si può chiedere come potrebbero reagire i bambini su
quanto riporta lo studioso Piero Bargellini:
“Fu di rimprovero al Re di Napoli, Ferrante d’Aragona che succhiava il
sangue del popolo con esose tassazioni. Il Re tentò di conquistarsi il favore
del Santo donandogli un grosso cumulo di monete d’oro, ma il difensore
dei poveri ne tolse una, la spezzò, facendo vedere al Re che quell’oro
grondava sangue. – È il sangue dei vostri sudditi – disse severamente – e
grida vendetta al cospetto di Dio –.
Un altro sanguinario potente della Terra, il Re Luigi XI di Francia,
gravemente ammalato, chiese al Papa un taumaturgo, e Sisto IV ordinò a
San Francesco di Paola di recarsi alla corte di Francia. Il Santo intraprese il
viaggio per obbedienza, accolto dovunque con straordinari onori, ch’egli
non rifiutava, ma di cui non s’accorgeva neppure. Al Re moribondo non
rese la salute del corpo, ma quella dell’anima, facendolo morire in pace,
pentito e contrito.
E in Francia, trattenuto dal Delfino, che poi doveva essere Carlo VIII,
anch’egli morì a 91 anni, nel 1507”.
Certamente lo studio di questo periodo storico, l’azione del
santo permetterà ai bambini di confrontare usi, costumi e società di
ieri con il mondo di oggi.
5.3 “Programmazione didattica, studi e progetti sulla vita e l’opera
del santo”
Nell’ultimo decennio, in previsione dei cinquecento anni della
morte, sono stati presentati in vari istituti comprensivi progetti,
conferenze, sono state allestite mostre per cercare di far conoscere
questa figura complessa, non solo dal punto di vista religioso, ma
anche antropologico, storico e culturale agli allievi di tutti gli ordini
scolastici.
Molti sono stati i progetti contenuti nelle varie
programmazioni di istituto. Essi erano legati al contesto ambientale,
alla forma mentis dei vari organismi scolastici, alla realtà sociopolitica delle varie regioni e si proponevano gli stessi obiettivi:
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Si devono avvicinare gli allievi al contesto storico-geograficoantropologico per una crescita qualitativa-intellettiva di essi.
Tenendo conto dell’amore del santo per la natura: il mare da
cui proveniva, i monti in cui andava ad isolarsi, i prati verdi dove
osservava gli animali come l’agnellino “Martinello”, l’acqua dove si
muoveva la trota “Antonella”, si può inculcare ai bambini la passione
e il rispetto dell’ambiente, nonché la curiosità intellettiva verso il
paesaggio.
Analizzando miti, leggende e storie del santo si può potenziare
la fantasia degli allievi e farli spaziare anche in un contesto
metafisico.
Questi progetti fanno sì che il bambino si incuriosisca, rifletta e sogni.
Ognuno può immaginare in che modo possa reagire la psiche
del bambino osservando, per esempio, in un film il santo che
attraversa con il mantello lo Stretto di Messina o che addirittura può
toccare con le proprie mani la bomba che non esplose nel Santuario
durante la Seconda Guerra Mondiale.
La scolaresca che viene da Reggio Calabria si emozionerà
certamente osservando il luogo dove resuscita l’agnellino
“Martinello” o assaporando l’acqua della “cucchiarella” che,
clamorosamente, mantiene sempre lo stesso livello.
Inoltre, ascolteranno attentamente quei relatori che, nei
dibattiti scolastici, ci descrivono un santo che comandava i fenomeni
della natura affinché non danneggiassero gli uomini.
Oggi si parla tanto del problema dell’acqua. La carenza di essa
potrebbe causare gravi danni al futuro dell’umanità. Il rapporto di
Francesco con l’acqua, come per la luce e il fuoco, era particolare; la
fece diventare da salmastra a limpida per gli operai di Milazzo che
lavoravano nel pozzo. Il santo apprezzava e ricercava questo
elemento della natura tanto prezioso. Lo contemplava, immenso, nel
mare della sua Paola, l’ammirava scrosciante e leggera nella pioggia
trasparente, e tersa, nelle onde dell’Isca, umile e a gocce sui fiori al
primo mattino.
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I bambini, che amano anche le cose semplici, possono riflettere e
sognare sapendo che Francesco possedeva un orticello, nei dintorni
del convento, che teneva tutto per sé. In esso coltivava una varietà di
erbe. Si serviva di esse per guarire persone inferme. In tal modo
riusciva a nascondere il suo potere prodigioso attribuendo
all’efficacia delle virtù naturali di quelle erbe le mirabili guarigioni.
È risaputo che i bambini restino attoniti di fronte ai grandi
misteri, alla magia, all’inesplorato. Saranno colpiti e stimolati nella
fantasia conoscendo i doni della profezia e dei vari prodigi del santo.
Muovendo una candela faceva in modo di risollevare la mala
sorte della gente; uscì illeso dopo essere entrato in una fornace
ardente; ordinò al suo asinello di restituire i ferri ad un fabbro che
voleva per forza essere pagato; aveva il potere di resuscitare persone
e animali come, ad esempio, il nipote, nonché la trota “Antonella” e
l’agnellino “Martinello”; dava il suo aiuto per la costruzione del
convento anche con i piedi e perfino il suo seguace P. Rendace eseguì
guarigioni miracolose.
Siamo nell’epoca in cui l’allievo non è più un soggetto passivo,
che deve recepire le idee e le direttive della classe docente, ma
diventa parte integrante di un processo didattico vivo e dinamico. In
tale contesto, i progetti derivanti da programmazioni di istituto sulle
grandi figure del passato che hanno condizionato la storia in positivo
possono essere fondamentali per stimolare la creatività dei bambini
per poi inseguire, in seguito, imitazioni clamorose.
Ma, come è stato ribadito più volte, diventa più facile
partecipando ad un progetto su Francesco capire la geografia della
Calabria, in un momento in cui si sta distruggendo l’ambiente; si
assiste, infatti, con amarezza a quei monti e a quelle colline tanto
amate da Francesco che bruciano e il verde si trasforma in un colore
scuro mentre si respira cenere trasportata dal vento.
Se il santo restava incantato di fronte all’azzurro del mare
calabrese e siciliano, ringraziando Dio per quelle bellezze della
natura, oggi quelle acque sono grigie, inquinate e addirittura piene di
scorie radioattive.
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In conclusione, come è stato dimostrato, non mancano
strumenti, contenuti, metodologie, strategie didattiche e verifiche
per avvicinare i bambini sempre più alla personalità di Francesco.
È una figura che merita l’interesse di tutti, cattolici, laici e
agnostici perché, dal suo messaggio agli uomini di ogni fascia d’età,
scaturisce un brandello di pace interiore, di carità, di solidarietà, di
attualità in mondo falso, globalizzato, dominato dal razzismo, dalla
violenza, dall’intolleranza e soprattutto dalla carenza di giustizia in
tutti i settori della società.
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Conclusione
Illustrare la figura di San Francesco di Paola, partendo dalle sue
origini, dai suoi percorsi geografici, dal suo ruolo di evangelizzatore
nel mondo, dal contesto antropologico-culturale, che ne deriva non
poteva risultare semplice ed agevole. La complessità, la delicatezza e
la qualità dell’argomento richiedono sempre ulteriori studi
approfonditi, riletture critiche, verifiche e sperimentazioni varie.
Si è cercato almeno di fornire qualche aspetto interpretativo,
partendo dalle pubblicazioni, dalle testimonianze dei convegni, dai
dibattiti dei media, dagli articoli giornalistici e dalle manifestazioni
religioso-culturali, che in questi ultimi anni sono sempre più
numerose in tutti i cinque continenti.
Nella ricerca sono state evidenziati gli aspetti unitari,
interdisciplinari della cultura. Sono stati analizzati i rapporti stretti tra
storia, geografia e metafisica.
Come afferma, infatti, lo studioso Elisée Reclus: “la geografia
non è altra cosa che la storia nello spazio, allo stesso modo come la
storia è la geografia nel tempo”. La pedagogia come sistema
educativo tocca sempre la personalità di un santo. Essa si riallaccia
alla metafisica, come sintesi dialettica dell’uomo che vive nello
spazio, si muove nel contesto storico, riflette sulle sue origini e sullo
scopo definitivo del suo essere.
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