San Francesco di Paola: i suoi percorsi geografici
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San Francesco di Paola: i suoi percorsi geografici
NICOLA DE PASCALE San Francesco di Paola: i suoi percorsi geografici ed il suo messaggio religioso-pedagogico sempre vivo ed attuale Nicola De Pascale San Francesco di Paola: i suoi percorsi geografici ed il suo messaggio religiosopedagogico sempre vivo ed attuale Pubblicato da Mistral Service sas Via U. Bonino, 3, 98100 Messina (Italy) Questo libro e’ distribuito come un lavoro “Open Access”. Ogni lettore può scaricare, copiare e usare il presente volume purché autore e casa editrice siano opportunamente citati. AVVISO IMPORTANTE L'editore non si assume nessuna responsabilità per qualsiasi svantaggio o danno derivante dalle informazioni, raccomandazioni o consigli elencati dovute all’uso di materiale, illustrazione, metodo o idea contenuti nel presente volume. Opinioni ed affermazioni contenute in questo libro appartengono all’Autore e non all’Editore. Inoltre, l’Editore non si assume nessuna responsabilità per l'accuratezza delle informazioni contenute nel presente volume. Pubblicato: Ottobre, 2014 Questo libro in forma elettronica e’ disponibile sul sito www.mistralservice.it/books Nicola De Pascale San Francesco di Paola: i suoi percorsi geografici ed il suo messaggio religiosopedagogico sempre vivo ed attuale ISBN: 978-88-98161-07-2 1 INDICE Prefazione p. 5 Capitolo I: Il contesto storico – sociale Europeo ed i primi percorsi geografici di San Francesco di Paola in Italia p. 8 1. La nascita di Francesco in questo quadro storico-socialeeuropeo p. 8 2. Le origini di Francesco e i primi percorsi geografici p. 11 3. Da Assisi al viaggio in Sicilia p. 15 Capitolo II: Approvazione delle regole e percorso geografico in Francia p. 19 2.1 Il complesso quadro politico-religioso prima dell’esperienza francese p. 19 2.2 L’esperienza francese: Luigi XI sollecita la venuta di Francesco in Francia p. 21 2.3 Il percorso geografico in Francia e gli sviluppi successivi p. 21 Capitolo III: Il messaggio religioso, pedagogico e culturale del Santo. P. 25 3.1 Aspetti della pedagogia francescana e dell’erranza, come metafora educativa p. 25 3.2 Il carisma del santo p. 27 3.3 L’apporto culturale dei Frati Minimi in Francia p. 30 Capitolo IV: Il messaggio di San Francesco nella storia e quello attuale nel mondo p. 34 4.1 I Minimi evangelizzatori delle Americhe ed i riflessi nei devoti di oggi nel mondo p. 34 4.2 Il culto di Francesco nel mondo p. 35 4.3 Riflessioni ed un’intervista sul ruolo del santo oggi p. 38 2 Capitolo V: La figura di San Francesco di Paola: varie strategie didattico – culturali per coinvolgere i bambini p. 43 5.1 Una personalità che ha molto da dare ai bambini p. 43 5.2 Strategie, metodologie e progetti didattici per richiamare l’attenzione dei bambini nel contesto storico-geografico ed etico, relativo ai tempi del santo p. 44 5.3 Programmazione didattica, studi e progetti sulla vita e l’opera del santo p. 45 CONCLUSIONE p. 49 BIBLIOGRAFIA p. 50 SITOGRAFIA p. 52 3 Musa, tu tenti un volo troppo ardito, Cantar volendo di Francesco il Santo, Di Paola il Patriarca, che insignito Di virtù illustri fu dal ciel cotanto: Temo che il tuo pensier cada fallito Perdi la vena nel più bel canto: Pensa d’Icaro al caso perché sole L’aquile ponno approssimarsi al sole. (Giangiacomo Leti, Ristretto della vita e miracoli di S. Francesco di Paola, Trento, 1723) 4 Prefazione La figura di San Francesco di Paola, analizzata nei suoi molteplici aspetti e soprattutto nei percorsi geografici, molto difficili per quei tempi, nel suo messaggio pedagogico-religioso sempre vivo ed attuale, è stata oggetto di varie discussioni, pubblicazioni, dibattiti, convegni studi, proiezioni cinematografiche, che hanno coinvolto non solo i rappresentanti della Chiesa cattolica, ma anche gli intellettuali di tutte le aree culturali e soprattutto filosofiche. In occasione del V centenario della morte, nel 2007 si è assistito ad una serie di celebrazioni che, pur partendo dal Santuario di Paola hanno coinvolto non solo l’Italia, ma l’Europa, le Americhe fino all’Australia e perfino l’Africa. I dibattiti in tutti i continenti, le mostre, i pellegrinaggi, i meeting giovanili, i festeggiamenti solenni hanno messo in evidenza il ruolo e l’importanza di questo Santo e della sua alta spiritualità che ha toccato tutte le coscienze del mondo. Il Parlamento europeo l’ha commemorato il 28 marzo a Bruxelles; la Francia, specialmente a Tours, ha organizzato convegni, dibattiti, manifestazioni varie, non solo a livello religioso, ma anche in tanti altri aspetti. La Spagna, specie a Madrid e a Barcellona ha organizzato mostre, celebrazioni solenni, dibattiti. Negli Stati Uniti, a Toronto, in Australia, nei paesi dell’America latina, specie a Buenos Aires, e perfino in alcune località dell’Africa le comunità dei calabresi hanno potuto partecipare a festeggiamenti e manifestazioni così importanti da essere rimaste nella storia di questi continenti. In Italia, in forma solenne, oltre che a Paola sono state coinvolte Lamezia, Paterno, Milazzo, Rimini, Reggio Calabria, Messina, Assisi, Napoli e tante altre città assai devote verso il Santo. Per cercare di delineare ed approfondire la figura di San Francesco, partendo appunto da un approccio concreto con le varie problematiche religiose, geografiche, pedagogiche, si terrà conto delle varie pubblicazioni, dei documenti che sono rimasti, delle interviste e degli ultimi studi anche su alcuni suoi aspetti inediti. Si partirà dal contesto socio-ambientale, si evidenzieranno gli aspetti più importanti della sua biografia, si cercherà di illustrare brevemente il quadro storico-sociale in cui il Santo ha operato nella 5 sua lunga e movimentata esistenza. La sua figura emerge tra le più alte personalità della Chiesa e la sua spiritualità e religiosità appartengono anche al ruolo storico della nostra Calabria. In una pubblicazione dell’Amministrazione Provinciale di Cosenza, in occasione del 500° anniversario, l’onorevole Gerardo Mario Oliverio così afferma: “San Francesco non appartiene solo al mondo della Chiesa ed all’universo della devozione popolare; è anche una grande figura storica ed umana, che ha interagito pienamente con i suoi contemporanei anche ai livelli più alti del potere (conobbe Re, Papi, Principi, Baroni) senza perdere il suo profondo rapporto con la sua terra, con gli umili e gli emarginati di cui sostenne senza alcun timore le ragioni di fronte ai primi. La grande “fortuna” di San Francesco, che ha fatto sorgere in ogni parte del mondo luoghi di devozione e di culto, rappresenta oggi un veicolo particolarmente significativo per trasmettere un’immagine positiva della Calabria, della sua storia, della sua cultura. Inoltre, la vicenda umana e religiosa di San Francesco che in queste pagine, pur con un taglio necessariamente divulgativo, abbiamo presentato, inquadrandola nelle vicende del suo secolo grande e terribile, può essere assunta in maniera esemplare anche da chi, pur partendo da una visione laica della vita, ha a cuore i bisogni diffusi dei meno abbienti, di territori che ancora oggi sentono la necessità di uscire da una condizione di storica marginalità. Scopriremo che la Calabria, contrariamente a quanto si possa pensare oggi, era tutt’altro che marginale nella vicenda storica globale del tempo e che i suoi protagonisti vi svolgevano un ruolo importante. Era al centro della vicenda tanto attuale ancora oggi, dello scontro di civiltà tra l’Islam turco in rapidissima espansione e la Cristianità divisa in complesse vicende nazionali e dinastiche. In quel mondo di guerra San Francesco portò la sua parola di pace, di concordia, di carità, intesa come piena disponibilità e dedizione ai bisogni del prossimo. Il suo esempio è valido ancora oggi, in un Mediterraneo che sta faticosamente cercando di costruire un futuro senza più scontri e guerre per divenire area di libero scambio non solo di merci, ma di uomini e di culture. E la Calabria può e deve 6 diventare il ponte aperto, il tramite più fecondo di questo scambio”1. Oliverio conclude considerando questa Calabria ponte nel Mediterraneo; S. Francesco l’amò tanto ed oggi sono tanti i calabresi sparsi nel mondo per i quali il legame di devozione con il Santo paolano rappresenta uno degli elementi identitari più forti. La ricerca è articolata in cinque capitoli. Nei primi due vengono caratterizzate le varie fasi della biografia del Santo, facendo emergere il contesto storico-sociale e soprattutto i percorsi geografici. Nel terzo capitolo viene illustrato il messaggio pedagogico, religioso e culturale del Santo nei suoi molteplici aspetti. Nel quarto capitolo emerge il suo ruolo importante nel mondo: interviste, riflessioni su un personaggio della Chiesa ancora vivo ed attuale. Il quinto capitolo propone delle strategie didattiche per avvicinare il mondo dell'infanzia alla figura di S. Francesco di Paola. La ricerca termina con una breve conclusione. Nicola De Pascale 1 LA PROVINCIA DI COSENZA, Periodico di Amministrazione politica e cultura, Speciale San Francesco di Paola – 500 anni nella Fede e nella Storia, Aprile 2007 7 Capitolo I: Il contesto storico – sociale Europeo ed i primi percorsi geografici di San Francesco di Paola in Italia 1.1 La nascita di Francesco in questo quadro storico-sociale-europeo Nel 1416 veniva alla luce una figura di religioso, taumaturgo e grande innovatore della Chiesa cattolica che condizionerà il suo secolo e quelli successivi: San Francesco di Paola. I suoi genitori, Giacomo D’Alessio e Vienna Da Fuscaldo erano un esempio di onestà e di virtù religiosa; essendo devoti di San Francesco D’Assisi, gli chiesero la grazia di un figlio, essendo in età avanzata. Furono accontentati e sentendosi gratificati dell’intercessione del Santo di Assisi, gli imposero il nome di Francesco. Successivamente, il messaggio del Santo umbro sarà recepito come continuazione e stimolo per difendere il cristianesimo dalla corruzione e dalla carenza di valori dell’epoca. Così lo presenta il Roberti: “la vita e l’operosità di S. Francesco di Paola, che si estendono dal 1416 al 1507 si svolsero in un periodo storico, che va annoverato, così per il male come per il bene, tra i più memorandi della civiltà umana. Ai vivi splendori delle lettere e delle arti, che per la rinascenza del classicismo grecoromano illustravano l’Italia, facevano contrasto le ombre funeste dello scetticismo religioso e della depravazione morale, che avvolgevano e deprimevano le coscienze delle varie classi della società. Per effetto dell’Umanesimo, gli animi, appassionati della forma letteraria e artistica dell’antichità pagana, si vennero uniformando alle idee, che ne erano il contenuto, e finirono col ripudiare quel misticismo, che era stato l’energia informatrice della civiltà medievale. I grandi e le persone colte, come suole avvenire, si trassero dietro la massa del popolo, nel quale, insieme con l’arte, venne parimenti rinascendo lo spirito dell’antichità classica, sicché ben presto la concezione pagana dell’uomo e del mondo prevalse su quella cristiana, nell’indirizzo e nell’esplicazione pratica della vita. Da qui s’intende come nel secolo XV, che è l’età del primo Rinascimento, sia che si consideri la vita nel suo aspetto politico-sociale, sia in quello religioso-morale, si troverà sempre che sotto tutte le splendide apparenze della rinascente civiltà greco-latina, si nasconde quel 8 tempo infelice, che il Pastor ha detto - ricco di falli e di colpe di ogni fatta -. Il Quattrocento, che nella nostra storia politica si apre durante il grande scisma d’Occidente, si chiude con la discesa di Carlo VIII, ci mostra l’Italia, smembrata nei suoi piccoli stati e nelle sue città, come un vasto campo schiuso all’infuriare incessante di selvagge passioni. Alle lunghe lotte, che si erano combattute tra il Papato e l’Impero, teneva dietro l’antagonismo dei principi contro le repubbliche; e in queste ultime presto ebbero a sorgere discordie sanguinose tra città e città, si accesero guerre civili tra la nobiltà e le rappresentanze popolari, nelle quali troppo spesso erano arma di combattimento non solo la frode e gli intrighi, ma anche gli stiletti e il veleno. In quei tempi le guerre intestine delle varie città sembrano mutarsi in guerre personali; e la storia, tra le nobili imprese dei principi e dei signorotti di allora, ci ricorda i feroci mastini, dai quali Giovanni Maria Visconti faceva sbranare i suoi avversari a Milano; ci addita la macabra esposizione, che a Castelnuovo in Napoli, Alfonso e Ferrante d’Aragona facevano dei loro nemici ai quali usavano – far tajare la testa e poi farli salare così morti e tenir secchi uso le sale e camere sue, a suo dominio e piacere”2. Infatti, tra il XIII e il XIV secolo si erano sviluppate in Europa le monarchie nazionali caratterizzate dalla prevalenza di un unico popolo e di una sola lingua. Era nato così lo Stato moderno, un’organizzazione politica stabile che riguardava molte nazioni dell’Europa. In Inghilterra, il parlamento fu diviso in camera dei Lords e camera dei Comuni. In Francia i re capetingi, in particolare Filippo Augusto e Filippo IV il Bello, ampliarono i domini della monarchia. Filippo il Bello curò anche la riorganizzazione politica del paese, fondandola su un governo centrale forte e su una pubblica amministrazione molto efficiente. Il re si appoggiò agli Stati generali, un’assemblea dei rappresentanti della nobiltà, del clero e delle città, nella quale venivano votate le richieste del re. In Spagna, nel corso del Trecento assunse un ruolo rilevante il regno di Aragona. Nel 1469 Aragona e Castiglia, i due maggiori regni cattolici, si unirono attraverso il matrimonio tra Ferdinando d’Aragona e Isabella di 2 PADRE GIUSEPPE ROBERTI DEI MINIMI, San Francesco di Paola, storia della sua vita, Roma, Curia Generalizia dei Minimi 1963, pp. 31-32 9 Castiglia. Il nuovo Stato conquistò il regno arabo di Granada, realizzando così l’unificazione del paese. Con la guerra dei Cento Anni, nella quale ebbe grande rilievo la figura di Giovanna d’Arco, la Francia conquistò i territori ancora controllati dagli Inglesi. La Chiesa di Roma si era costituita un vero e proprio Stato nell’Italia centrale. Essa entrò in conflitto con i sovrani delle nuove monarchie nazionali, che intendevano tassare i beni ecclesiastici presenti nei loro territori; in particolare, la lotta fu aspra tra il Papa Bonifacio VIII e Filippo il Bello. Morto Bonifacio VIII, la sede del papato fu trasferita ad Avignone. Ciò portò ad una frattura (scisma d’Occidente) nella Chiesa, che fu ricomposta solo dopo molti concili, con l’elezione di Martino V. Da queste vicende il potere politico del papato uscì nettamente indebolito. Anche l’altro grande potere medievale, l’impero, divenne sempre più debole. Il titolo imperiale, anche se ridimensionato, passò stabilmente agli Asburgo d’Austria dalla metà del XV secolo. Mentre l’Inghilterra, la Francia e la Spagna consolidavano e rafforzavano l’idea di uno Stato moderno, unitario attraverso una monarchia assoluta o costituzionale, l’Italia viveva il suo momento tragico, diventando il territorio delle battaglie e dell’espansionismo delle nazioni limitrofe. La nostra penisola era divisa in tanti staterelli dove i comuni furono teatro di violente lotte tra classi sociali e tra fazioni. Contro la grave instabilità politica, il governo fu spesso affidato a un uomo solo, il signore, che trasmetteva il potere ai propri discendenti. Famiglie come i Medici a Firenze, i Gonzaga a Mantova, i Della Scala a Verona ottennero dall’imperatore o dal papa un titolo nobiliare; si trovarono a capo di uno Stato regionale e si circondarono di una corte di ministri, consiglieri, intellettuali e artisti. Questa forma di organizzazione politica prese il nome di principato. Nella Milano dei Visconti fiorirono, nel corso del Trecento, i commerci e le manifatture. Gian Galeazzo Visconti giunse a esercitare il proprio dominio su molte città dell’Italia centrale. Firenze fu a lungo sconvolta da lotte politiche. Nel 1378 una rivolta popolare, il tumulto dei Ciompi, fu sanguinosamente repressa. Il potere fu allora affidato ai Medici, potente famiglia di mercanti e banchieri che, soprattutto 10 con Lorenzo il Magnifico, resero la città il più importante centro culturale e politico d’Italia. Dal XIII secolo, nell’attuale Piemonte si affermarono i conti di Savoia. Il loro Stato, non molto ricco, si distingueva per la solida organizzazione politico-amministrativa, creata sull’esempio della monarchia francese. Lo Stato della Chiesa comprendeva, nella metà del Quattrocento, il Lazio, le Marche, l’Umbria e parte di Romagna ed Emilia, ma non poteva contare su una solida organizzazione politica. Il Quattrocento fu caratterizzato da vari conflitti tra le maggiori città italiane, conclusi nel 1454 con la pace di Lodi. Poco dopo venne fondata la santissima lega italica, alla quale aderirono Venezia, Milano, Firenze, il pontefice e il re di Napoli: ogni Stato si impegnava a rispettare i confini degli altri e a difenderli dagli stranieri. Seguirono cinquant’anni di pace. Nel 1453 i Turchi ottomani conquistarono Costantinopoli. La loro avanzata preoccupò l’Italia, sede dei maggiori commerci con l’Oriente. In tale contesto, una situazione particolare viveva il Regno di Napoli. Dopo la vittoria del francese Carlo D’Angiò nel 1266, esso fu governato per circa due secoli dalla dinastia angioina, che mantenne intatto il sistema feudale. Nel 1442, essendo da tempo in grave crisi economica, sociale e politica, fu conquistata dagli aragonesi, dominatori spagnoli che già possedevano la Sicilia. L’amministrazione del regno venne riorganizzata, ma il potere delle grandi famiglie feudali non fu toccato. L’economia del paese rimase prevalentemente agricola, caratterizzata dal predominio delle grandi proprietà, cioè i latifondi nelle mani dei nobili e della chiesa. Il regno di Napoli divenne così un paese che esportava materie prime e prodotti dell’agricoltura, mentre importava i prodotti delle manifatture dalle città dell’Italia centro-settentrionale. 1.2 Le origini di Francesco e i primi percorsi geografici In questo quadro storico-geografico tormentato e complesso esordisce la figura di Francesco in una cittadina calabrese che viene così descritta da Isidoro Toscano nella biografia del Santo del 1648: “Paola, a livello portuale, ha poca rilevanza: il porto più importante è ancora quello di Scalea, mentre Cetraro, dopo un periodo di leggero declino verso la metà del XIII secolo, tra XIV e XV secolo assume importanza portuale per la facilità di approdo e per la presenza di un 11 arsenale. Da Napoli, infatti, a Cetraro vengono commissionati vascelli per la marina militare del regno e, nel 1534, quando essa subisce l’assalto del corsaro Barbarossa, vengono distrutti sette galeoni ormeggiati nell’arsenale. Per ragioni diverse si approdava generalmente a Scalea o a Cetraro; e soltanto fatti eccezionali spingevano i naviganti verso Paola, un piccolo porto di pescatori e per imbarcazioni di piccola stazza, come nel caso di quel naviglio carico di passaggieri, e di mercantie, appena partito dalla Città di Lipari (Isola discosta dalla Sicilia circa 30 miglia) che, colto lungo la rotta tra Lipari e Paola da una furiosa tempesta e sul punto di fare naufragio, riesce ad approdare a Paola per intervento del Santo che fa placare il mare. Il porto di Paola non compare nei portolani dei secoli XV e XVI; persino la cartografia turca, attenta a registrare ogni particolare relativo alla conformazione dei porti e alle postazioni di avvistamento e di difesa anche della costa tirrenica della Calabria, non ne fornisce informazioni: Piri Re’is, cartografo alla corte di Solimano il Magnifico, nel suo Libro del mare realizzato intorno al 1520 comprende e descrive soltanto i porti di Scilla, Bagnara, Tropea e Scalea, diversificandoli dai semplici approdi privi di adeguate attrezzature per compiere le operazioni d’imbarco e di sbarco e per eventuali riparazioni. Tra la seconda metà del XIV secolo e i primi decenni del XVI, Paola assume rilievo economico per la produzione di vini speciali, che, per la verità, si producevano maggiormente nel vicino territorio di San Lucido, ed essenzialmente per l’attività taumaturgica e i miracoli di Francesco che ne dilatavano la fama. Nel 1525, Leandro Alberti scrive che il territorio di – Paula, castello del Duca di Castro Villare – produce buoni vini, molto a Roma apprezzati e che – insieme con quei di Cosenza dall’altra parte del mare Ausonio, sono annoverati fra i generosi vini. Et similmente credo, che detti nobili vini siano le vernazze di S. Lucido. Ma a questo castello di Paola ha dato gran nome, et parimente a tutta la regione di S. Francesco cognomi nato di Paula -. Francesco, infatti, con l’esercizio delle sue virtù taumaturgiche, contribuì a diffondere questa fama, la sua insieme a quella del paese d’origine, prima battendo strade locali aspre e faticose, poi allargando gli orizzonti verso la Sicilia, il Mezzogiorno e la Francia. 12 Se si escludono le strade interne di adduzione, la qualità delle strade maestre del Regno, in particolare la via delle Calabrie e la via tirrenica Traianea, al tempo di Francesco era abbastanza buona, anche se spesso battute da malintenzionati. La povertà e l’indigenza segnano gran parte della popolazione calabrese ancora nel XV secolo stimolando da una parte forme di ascesi e di rigoroso eremitismo, come quello di Francesco, dall’altra la crescita dei malfattori che se rendevano insicure le strade, interferendo negativamente nei processi economici locali, sicuramente non turbavano l’azione dei mistici taumaturghi come Francesco, che, raccontano alcuni testi del processo cosentino, riusciva ad esercitare su di essi una potente attrazione e un forte carisma da scoraggiare qualsiasi reazione. E proprio lungo la via tirrenica Traianea, una strada importante per l’attività economica della Calabria settentrionale e i traffici commerciali sin dal primo medioevo, tra Paola e San Lucido, il contesto entro cui Francesco compì la prima esperienza di vita, avvenivano numerosi reati, soprattutto rapine e aggressioni, come quella ai danni dei due viaggiatori siciliani che vennero derubati ed ammazzati e i loro corpi nascosti sotto la sabbia: una sacca di territorio in cui l’indigenza, le calamità naturali, l’oppressione fiscale e i conflitti sociali favorivano, insieme a un non trascurabile incremento del banditismo, vivaci fermenti di contestazione al dispotismo di Ferrante d’Aragona contro cui spesso Francesco levò alta la voce a difesa degli umili. Ma le condizioni di sicurezza e quelle di cura e manutenzione non erano nel Regno peggiori di quanto fossero altrove, né la struttura elementare e discontinua dei percorso e lo stato prevalente di disgregazione di tanta parte del territorio impedivano che una circolazione per molti aspetti anche intensa animasse l’interno del paese. Del resto, già gli Angioini avevano promosso una serie di iniziative di tutela e di manutenzione della viabilità ordinaria col concorso delle istituzioni periferiche dello Stato, con l’adozione di misure di vigilanza più rigorose e con l’istituzione di ospizi statali. Poi, i Durazzeschi e gli Aragonesi dedicarono molte attenzioni allo sviluppo del servizio postale e di conseguenza alla cura delle strade. Sotto Alfonso I venne costituito un vero e proprio ufficio di posta per l’interno e per l’esterno del Regno; e nel settembre 1444 il sovrano stabilì un servizio di 12 uomini a cavallo lungo la via delle 13 Calabrie, da Napoli in Calabria, e altri 12 da Cosenza a Napoli per la corrispondenza giornaliera. La via delle Calabrie era battuta prevalentemente da un traffico leggero consistente in viandanti che a piedi o a dorso di mulo trasportavano merci poco voluminose, mentre il traffico pesante, per le caratteristiche orografiche della regione, si svolgeva prevalentemente via terra lungo la direttrice tirrenica e per mare lungo la rotta di cabotaggio che toccava numerosi porti tirrenici”3. Secondo lo studioso Pietro Dalena, Francesco realizzò le prime esperienze odeporiche attraverso un pellegrinaggio devozionale con i genitori prima a San Marco Argentano e poi ad Assisi. Secondo il Toscano ciò avvenne nel 1428 o nel 1429, secondo l’anonimo nel 1431, data ritenuta più probabile anche da Padre Rocco Benvenuto, Correttore Provinciale dell’Ordine dei Minimi. La famiglia D’Alessio sarebbe partita da Paola nel 1431 seguendo la trainea tirrenica fino a Guardia e poi da quel luogo arrivò a San Marco, distante 15.000 passi da Paola, dove arrivò nella tarda serata dopo un giorno di viaggio. Secondo l’anonimo, la famiglia del Santo fu prima ad Assisi e poi a Roma. Dalena, tuttavia, osserva che è possibile che la famiglia D’Alessio si fosse soffermata a Roma solo al ritorno. Tuttavia, non è da escludere che, per motivi di collegamento geografici, sia passata prima dall’attuale capitale d’Italia. Alcuni biografi hanno affermato che lo sfarzo, la corruzione della città eterna, impressionò negativamente il Santo per cui avrebbe redarguito il cardinale Cusano, facendogli notare che Gesù non aveva abiti così sontuosi. La caput mundi era una tappa forzata per coloro che, da Capua, dove si concludeva l’antica Via Popilia, che in quei tempi era denominata via delle Calabrie, attraverso la direttrice Latina e la Via Flaminia si dirigevano ad Assisi. Durante il ritorno da Assisi, lungo la stessa strada percorsa prima, la famiglia D’Alessio si fermò sull’Eremo di Monte Luco, presso Spoleto e dopo Roma, anche a Montecassino, lungo la via Latina dove si trovava la tomba del Cenobiarca Benedetto, ma non tralasciò altri Santuari medievali, molto importanti e conosciuti come Loreto. 3 ISIDORO TOSCANO, Della vita virtu, miracoli, e dell'istituto di s. Francesco di Paola, fondatore dell'Ordine de' Minimi, Venezia, appresso Antonio Bortoli, 1704 14 1.3 Da Assisi al viaggio in Sicilia Dopo il viaggio in Umbria, Francesco fece registrare tanti percorsi geografici in Calabria. Secondo il Toscano, se i primi due viaggi furono attuati per devozione, i suggestivi spostamenti in Calabria ebbero una connotazione esclusivamente penitenziale. Nel 1454, Francesco avrebbe seguito un itinerario che conduceva da Paola a Rende, lungo un percorso di 12 miglia attraverso il passo della Crocetta, fino a Cosenza e da lì, lungo la strada per Tessano, interna rispetto alla via delle Calabrie per arrivare poi a Paterno. Tra il 1456 e il 1464 si mosse costantemente nella Calabria settentrionale, dal Tirreno allo Ionio, per strade interne. Nel 1456 lasciò Paterno e si recò a Spezzano Sila. Raggiunse in seguito Corigliano Calabro, un abitato molto vicino a Rossano in circa un giorno e mezzo di cammino seguendo un itinerario interno, aspro e difficile, attraverso la Sila Grande, la Sila Greca e la Piana Caruso. Lungo la valle del Crati e la via delle Calabrie, giunse ad Acri e poi fino a Corigliano. Nel 1460 tornò a Spezzano, dove ricevette dalle autorità civili di Crotone l’invito a recarsi in quella città per una nuova fondazione. Nella città nativa di Paola, ormai dimorava sempre meno. Nel 1464 mentre si trovava a Paterno, venne invitato a Milazzo. Insieme a due compagni, Padre Randacio e Fra’ Giovanni di San Lucido si avviò a piedi verso la Sicilia. I biografi non precisano l’itinerario seguito dal paolano; comunque, secondo la tradizione locale si presume che abbia effettuato un percorso lungo la via delle Calabrie, da Paterno a Pizzo e tramite un diverticolo a Tropea dove fondò un nuovo convento. Secondo alcune voci, il Santo risalì il torrente Bormaria, lungo la montagna del Poro, sino a Zaccanopoli dove pernottò. Poi, attraverso Mileto, raggiunse il vicino villaggio di Ionadi in cui trascorse un’altra notte. Poi, i due confratelli ripresero il cammino e raggiunsero il passo di Borrello, l’odierna Laureana di Borrello, a nord-est di Palmi, sulla riva del fiume Metrano. Da Borrello si recò a Palmi e poi raggiunse Catona, il punto di imbarco più vicino a Messina e il più funzionale per il traghetto che trasportava la gente da Catona a Messina. Da queste città, raggiunse Milazzo, non si sa se per mare o attraverso un faticoso itinerario terrestre. 15 Così afferma il Roberti: “lo Stretto di Messina divide le sponde calabresi da quelle siciliane, discoste tra loro non più di sei chilometri, e nel tratto di minor distanza poco più di tre chilometri. Il Servo di Dio era giunto con i suoi compagni a Catona, villaggio nella provincia di Reggio, a cinque chilometri da Villa S. Giovanni, che sorge dirimpetto al faro di Messina, ed è il punto più prossimo per l’imbarco dal continente alla Sicilia. In quella spiaggia s’apriva un piccolo porto, dal quale partivano ogni giorno barche da trasporto, e Francesco sperava che lui e i suoi frati, sebbene sprovvisti di denaro, per carità avrebbero trovato posto in qualcuna di esse. Difatti, come narrano i testi, appena giunto al porto, una barca carica di legname da costruzione era sul punto di far vela per Messina. Il Sant’Uomo s’avvicinò al padrone, per nome Pietro Coloso, e dopo averlo salutato cortesemente, lo pregò, per amor di Gesù Cristo, ad accoglierlo nella barca con i due confratelli per la traversata dello stretto. – Volentieri, rispose seccamente il Coloso, purché mi paghiate. – Ma noi, o buon fratello, ci siamo rivolti alla vostra carità, perché non abbiamo neppure un soldo. – E che importa a me? Replicò quegli con malgarbo. – Se voi non avete denaro da pagarmi, io non ho barca per portarvi -. Questa brusca ripulsa non turbò l’Uomo di Dio, il quale, visti fallire i mezzi umani, ricorse con maggior fiducia all’aiuto divino. Senza più insistere avvertì i compagni di attenderlo un momento, mentre egli avanzandosi lungo la spiaggia quanto un tiro di pietra, si mise in ginocchio a pregare per pochi istanti Colui, che altra volta, attraverso le acque del Mar rosso, aveva aperto al suo popolo sicuro passaggio. Il Signore ascolta la sua preghiera e gli ispira il da farsi. Francesco si alza, benedice il mare, e in quell’istante, quanti erano presenti – tra i quali i nove viandanti che l’avevano accompagnato – lo vedono distendere il suo mantello sulle onde, montarvi sopra risolutamente, e tenendone stretto un lembo alla estremità superiore del suo bastone, come a servirsene di vela, procedere rapido e sicuro (solo o accompagnato?) verso le coste siciliane. All’insolito spettacolo gli astanti prorompono in grida di ammirazione e di gioia, mentre il nostromo Coloso, non so se più attonito o confuso, per riparare in qualche modo al malfatto, si affretta a prendere sulla barca uno o tutti e due i frati rimasti sulla 16 riva: chiama indarno il prodigioso navigante e parte… Ma è vano ogni suo sforzo per raggiungerlo! Il Santo Taumaturgo, senza voltarsi mai indietro, tira diritto verso l’altra spiaggia. E già era vicino a toccare la terra, quando s’avvide che anche dal porto di Messina molta gente l’aveva scorto! Fu perciò che, a schivare le loro acclamazioni, piegando un poco verso destra, andò ad approdare in un punto alquanto discosto e solitario. Questo sostanzialmente il prodigio tanto celebrato del passaggio dello Stretto di Messina, che avvenne nella piena luce del giorno, sotto gli occhi di numerosi spettatori: prodigio, che non ci è trasmesso soltanto dalla tradizione, ma ci viene attestato da deposizioni giurate nei processi. Ho detto sostanzialmente, perché in alcuni particolari ci è dato riscontrare delle varianti, le quali, benché accessorie, non mancherò di esporre per maggiore esattezza storica”4. Ma sono tanti i fenomeni soprannaturali attribuiti al Santo: dalle guarigioni prodigiose allo sgorgare miracoloso dell’acqua della Cucchiarella, dalle Pietre del Miracolo che restarono in bilico prima di cadere sul convento. Sono tutti i segni che la tradizione francescana riporta con fede e speranza, senza dimenticare il carisma del Santo, quando uscì dalla sua bocca la profezia della città di Otranto che sarebbe caduta in mano ai turchi, ma poi sarebbe stata riconquistata dal re di Napoli. C’è da rilevare, restando nei percorsi geografici che, nel contesto di quei tempi, era assai arduo e quasi proibitivo muoversi nel sistema stradale comunicativo. Francesco si muove quasi in maniera naturale dove ci sono le condizioni per poter soffermarsi nella preghiera e nel misticismo o per fondare un convento. Da Paterno a Tropea, da Palmi a Seminara, dall’Appennino Calabro a Catona, come aveva percorso la Flaminia, la Via Appia, si barcamenava nelle vie della Calabria, fino alla Sicilia, quasi con naturalezza, senza temere il maltempo o il pericolo dei briganti. Così afferma l’Anonimo: “Francesco conosceva molto bene la via delle Calabrie per averla battuta più volte: la percorse, secondo le testimonianze, anche nel 1482, prima di partire per la Francia, per visitare il convento di Maida, la cui costruzione era stata iniziata nel 4 PADRE GIUSEPPE ROBERTI DEI MINIMI, San Francesco di Paola, storia della sua vita, Roma, Curia Generalizia dei Minimi, 1963, pp. 238-239 17 1469: sempre a piedi, a piedi nudi, “per boschi e per rovi”, senza cioè calzatura di sorta, come attestano coloro che lo videro in Italia: eppure non lo videro mai estrarre spine o altro genere dai suoi piedi”5. 5 ANONIMO (discepolo contemporaneo del Santo), Vita di San Francesco di Paola a cura di P. Nicola Lusito dei Minimi, Paola, Edizioni Santuario Basilica di San Francesco, 1967. 18 Capitolo II: Approvazione delle regole e percorso geografico in Francia 2.1 Il complesso quadro politico-religioso, prima dell’esperienza francese Francesco iniziò un periodo di vita eremitica, isolandosi nella zona tortuosa e impervia di Paola, in una zona che faceva parte delle proprietà della sua famiglia. Nel 1435 si erano associati a questa esperienza tanti umili compagni, che lo riconobbero unica guida spirituale. Costruirono una cappella e tre dormitori e fondarono, sostanzialmente, l’Ordine dei Minimi. Le adesioni erano in forte incremento, per cui il nuovo arcivescovo di Cosenza, Mons. Pino Caracciolo, decise di concedere l’approvazione Diocesana. Con questo riconoscimento il santo poteva istituire un oratorio, ma soprattutto un monastero e una chiesa, ai cui lavori partecipavano anche i suoi concittadini paolani, che, in un primo momento, avevano giudicato il santo con superficialità e senza chiaroveggenza. Nel 1467, dopo che il suo messaggio di pace, di amore, di spiritualità e di solidarietà umana si era esteso in tutta l’Europa, il papa Paolo II inviò a Paola un emissario per sondare la situazione e per essere informato su tutto ciò che avveniva nella cittadina calabrese. L’inviato pontificio Mons. Baldassarre De Gutrossis rientrava a Roma, informando il papa, con un rapporto ben documentato della notevole spiritualità, della carità e della religiosità del santo paolano. Nel 1470 viene accelerato l’iter burocratico del procedimento giuridico-canonico per l’approvazione definitiva del nuovo ordine di eremiti patrocinata da Mons. Baldassarre da Spigno. Il 17 maggio 1474 il Papa Sisto IV concedeva il riconoscimento ufficiale del nuovo ordine, attraverso la denominazione di Congregazione eremitica paolana di San Francesco d’Assisi. Successivamente avvenne il riconoscimento della regola di estrema austerità da parte del papa Alessandro VI, consolidando il termine Ordine dei Minimi. La fama delle virtù di Francesco arrivò alla corte del re di Napoli, dove il vizio, la miseria, la corruzione, e le angherie verso il popolo erano 19 nota dominante di essa. Esisteva nel reame un eremita, che attuava e propagava una nuova maniera di vivere, basata sulla penitenza e sull’osservanza della vita quaresimale nonché sulla povertà, l’umiltà e la solidarietà. Tutto ciò significava per i cortigiani, dediti al lusso e ai divertimenti sfrenati, un messaggio ed uno stimolo a cambiare vita. All’inizio, questo fenomeno non veniva preso in considerazione anche se incominciava a dare fastidio. Infatti, non si trattava più di un caso isolato alla città di Paola, ma di una vera e propria organizzazione che si espandeva in importanti centri della Calabria estendendosi in Sicilia. Era evidente che Francesco, in tale sua azione, non avesse in alcuna considerazione l’autorità reggia e che abusasse largamente della bontà del re Ferrante d’Aragona. Costruendo conventi senza il bene placito del re aveva determinato una diffidenza nel sovrano. Ciò avrebbe presto determinato i suoi effetti nocivi. Il santo aveva inviato le missive al re, invitandolo a fortificare la difesa costiera per fronteggiare un’eventuale invasione turca, che Francesco già prevedeva. Ma la Corte, invece di credergli, lo schernì, considerando il consiglio del santo, un’intromissione nei fatti militari del regno. Il figlio primogenito del re, Alfonso, duca di Calabria era violento e prepotente e faceva presa sull’animo del padre errante. Quando Francesco, attraverso le lettere, deplorò la vita scorretta e licenziosa della Corte, richiamandolo ad un miglior governo del suo Stato e mettendo in evidenza tutto il peso dei continui balzelli, che gravavano sul popolo, ormai misero, il re non seppe più resistere e inviò a Paterno un drappello di soldati per arrestare Francesco e condurlo a Napoli nella sua presenza. Ma nel 1480 ci fu il prodigio dei soldati che, ritornando a Napoli, avevano informato il re del miracolo di Francesco, per cui ne susseguì un altro quando il re invitò l’umile frate a fondare chiese anche nel cuore della capitale. Intanto, proprio nel 1480, come aveva previsto Francesco, un’agguerrita flotta ottomana si presentava davanti la città di Otranto intimandone la resa senza condizioni. Al rifiuto della popolazione, gli assedianti 20 reagirono con una massiccia azione sostenuta dalle batterie puntate contro la città. Questa azione di guerra durò quindici giorni e alla fine, gli assedianti, ebbero il sopravvento invadendo la città e saccheggiandola barbaramente. Oltre dodicimila cittadini vennero decapitati e perfino tagliuzzati: in una sola volta in cima ad una collina che fu detta “monte dei martiri”. Tra questi c’erano settecento cristiani e perfino l’arcivescovo Mons. Pendinelli e il suo clero. Barbaramente trucidati, non si tenne alcun conto del sesso e dell’età, dal momento che vecchi, donne e bambini subirono la stessa sorte. La caduta di Otranto rappresentava come una porta aperta sull’intera penisola al potere della mezza-luna. Fu una ferita lacerante al regno di Napoli. Il re, corse ai ripari, sollecitò l’intervento di altri principi italiani e del romano pontefice, Sisto IV, che gli fornì tanti aiuti. Francesco, come aveva predetto l’assedio, aveva anche annunciato che i turchi sarebbero stati cacciati e sconfitti. La predizione di Francesco si avverò subito dopo. Maometto II era morto in un villaggio della Bitinia. Con la sua morte scoppiò in Turchia la guerra civile e ciò favorì lo sbandamento dell’esercito turco, per cui, Otranto riuscì a riconquistare la libertà nell’8 settembre 1481. 2.2 L’esperienza francese: Luigi XI sollecita la venuta di San Francesco in Francia. All’inizio dell’anno 1483 Francesco, insieme a padre Otranto, a padre Cadurio e fra’ Nicola d’Alessio lasciò definitivamente la Calabria. Seguì un itinerario terrestre sempre arduo e impegnativo fino a Napoli; dal porto della città campana si diresse poi nella baia di Bormes in Francia con una sosta a Roma. Sulla scorta delle date storiche dell’epistolario, si può far cominciare il suo viaggio da Paterno, da dove si immise, nella via delle Calabrie a lui ben nota, definita per il suo passaggio, anche strada degli uomini illustri. 21 Raggiunse prima Castrovillari e poi Morano, dove alloggiò nella Taverna della Bianca. Da Morano, attraverso l’Appennino, arrivò a Lauria, poi a Lagonegro e Casalnuovo, un percorso geografico impegnativo e difficile. Tra Lagonegro e Casalnuovo si procede per alti e aspri monti, percorrendo il bosco del pellegrino molto oscuro per la moltitudine degli alberi, e massimamente degli ilici, che sono tanto alti che sembrano, con la cima, toccare il cielo. Per circa 8 miglia si attraversa quella strada molto pericolosa; infatti, in quel posto si trovano ladroni che rubano e uccidono i viandanti. Dopo un giorno di cammino raggiunse Polla, all’ingresso del vallo di Diano. La tappa successiva fu Salerno: là gli andarono incontro l’inviato del re di Francia, signore di Bussières, con due cavalieri napoletani, Camillo Pandone e Cesare di Gennaro. Da Salerno proseguì per Cava e l’ultima tappa di questo percorso terrestre fu Napoli, da dove entrò dalla porta Capuana accolto trionfalmente da tanta gente, piena di fede ed entusiasmo. 2.3 Il percorso geografico in Francia e gli sviluppi successivi Alla fine di febbraio del 1483 Francesco lasciò Napoli, si imbarcò dal molo nei pressi del Castel nuovo, detto Maschio angioino, su una galea, messa a disposizione dal re Ferrante. Ad Ostia, alla foce del Tevere, la nave si insabbiò. Secondo il Roberti, è probabile che si trattasse non di una secca, bensì di una bassa marea, che allora era un fenomeno sconosciuto. Dopo una sosta di circa una settimana a Roma, la comitiva riprese la navigazione verso le coste francesi, in direzione di Marsiglia. A parte un atto di pirateria, secondo la tradizione risolta da Francesco, fino a Corsica tutto proseguì fluidamente. Nel golfo di Leone ci fu una tempesta che li costrinse ad approdare nella baia di Bormes ad ovest di Tolone. A Lione, il santo preferì arrivarci attraverso un itinerario terrestre e non tramite la comoda via fluviale, rappresentata dal corso del Rodano. Tutto ciò per la sua caratteristica di viandante che, a piedi nudi, poteva trasmettere meglio il suo carisma taumaturgico alla gente, che si trovava lungo le strade. Dopo tanti giorni di cammino arrivò al 22 castello reale di Plessis, poco distante da Tours. Sorsero conventi a Tours, Amboise, Gien, Parigi e Châtellerault. La conoscenza delle sue doti di santità e taumaturgia raggiunse anche la Francia, tramite i mercanti napoletani, arrivando al re Luigi XI il quale, ammalatosi gravemente, lo mandò a chiamare chiedendogli di visitarlo. Francesco era molto restio all'idea di lasciare la sua gente bisognosa tanto da indurre il sovrano francese ad inviare un'ambasceria presso il Papa affinché ordinasse a Francesco di recarsi presso di lui. Il Papa e il re di Napoli colsero l'occasione per rinsaldare i fragili rapporti con l'allora potentissima Francia, intravvedendo, in prospettiva, la possibilità di raggiungere un accordo per abolire la Prammatica Sanzione di Bourges del 1438. Ci vollero alcuni mesi, però, per convincere Francesco a lasciare la sua terra per attraversare le Alpi, e ad abbandonare il suo stile di vita austero, per passare a vivere in un palazzo reale. Il 2 febbraio 1483, partendo da Paterno Calabro, Francesco lasciò la Calabria alla volta della Francia, risalendo per il Vallo di Diano si fermò prima a Polla, poi nell'abbazia di Santa Maria La Nova di Campagna e a Salerno. Passò per Napoli dove fu accolto da una grande folla acclamante e dallo stesso re Ferdinando I. A Roma incontrò diverse volte Papa Sisto IV che gli affidò diversi incarichi. Si imbarcò quindi a Civitavecchia per la Francia. Al suo arrivo presso la corte, nel Castello di Plessis-lez-Tours, Luigi XI gli si inginocchiò. Egli non lo guarì dal male, ma l'azione di Francesco portò ad un miglioramento dei rapporti tra la Francia e il Papa. Francesco visse in Francia circa venticinque anni e seppe farsi apprezzare dal popolo semplice come dai dotti della Sorbona. Molti religiosi francescani, benedettini ed eremiti, affascinati dal suo stile di vita, si aggregarono a lui anche in Francia, contribuendo all'universalizzazione del suo ordine. Questo comportò gradualmente il passaggio da un puro eremitismo ad un vero e proprio cenobitismo, con la fondazione di un secondo ordine per le suore ed un terzo per i laici. Le rispettive regole furono approvate da Papa Giulio II il 28 luglio 1506. Il re Carlo VIII, successore di Luigi XI, stimò molto Francesco e contribuì alla fondazione di due monasteri dell'Ordine dei Minimi, uno a Plessis-lesTours ed uno sul monte Pincio a Roma. Nel 1498, alla morte di Carlo 23 VIII, ascese al trono Luigi XII che, benché Francesco chiedesse di tornare in Italia, non lo concesse. Dopo aver trascorso gli ultimi anni in serena solitudine, morì in Francia a Plessis-les-Tours il 2 aprile 1507. Approssimandosi la sua fine, chiamò a sé i suoi confratelli sul letto di morte, esortandoli alla carità vicendevole e al mantenimento dell'austerità nella regola. Provvide alla nomina del vicario generale ed infine, dopo avere ricevuto i sacramenti, si fece leggere la Passione secondo Giovanni mentre la sua anima spirava. Fu canonizzato nel 1519, a soli dodici anni dalla morte durante il pontificato di Papa Leone X, a cui predisse l'elezione al soglio pontificio quando questi era ancora bambino, fatto molto raro per i suoi tempi. Nel 1562, degli ugonotti forzarono la sua tomba, trovarono il corpo incorrotto e vi diedero fuoco. La sua festa si celebra il 2 aprile, giorno della sua nascita al Cielo. Tuttavia, non potendosi spesso celebrare come festa liturgica perché quasi sempre ricorre in Quaresima, la si festeggia ogni anno a Paola nell'anniversario della sua canonizzazione, che avvenne il 1º maggio del 1519. La notizia, però, arrivò a Paola tre giorni dopo; per questo i festeggiamenti si svolgono dall'1 al 4 maggio. 24 Capitolo III: Il messaggio religioso, pedagogico e culturale del Santo 3.1 Aspetti della pedagogia francescana e dell’erranza, come metafora educativa. Da più fonti il santo viene descritto nella sua grande humanitas, nel cospicuo ottimismo e nella sua notevole capacità di amicizia, di generosità, di servizio e di umiltà. Tuttavia, possiede un carattere forte e deciso, autorevole e coerente. La santità procede parallelamente con l’austerità di vita solitaria e paziente, ma soprattutto imperniata, sostanzialmente, sulla carità. Padre Giuseppe Fiorini Morosini ci illustra le grandi virtù specifiche del santo. A proposito dell’umiltà, così afferma: “Tutta l’impostazione della vita spirituale del Paolano sembra tendere verso l’umiltà. Essa è parte integrante della sua spiritualità penitenziale, che ha come fine la liberazione dell’uomo sia dai beni di questo mondo, sia dal proprio egoismo, per permettergli l’incontro con Dio e aprirlo all’amore verso il prossimo6”. Così continua lo studioso sulle altre virtù del santo come la pazienza, la carità, la santità, i fenomeni mistici, la lettura dei cuori, la profezia e i miracoli: “L’altra virtù di Francesco evidenziata assieme all’umiltà è stata la pazienza. Leone X definisce Francesco uomo pazientissimo; giudizio confermato nella testimonianza di fr. Martino de la Haye: - era molto 7 paziente –“ . La carità è l’altra virtù che segna fortemente la santità di Francesco, per il modo come egli l’ha manifestata. La carità, infatti, come virtù teologale, è il segno di ogni santità nella Chiesa; non può essere quindi patrimonio esclusivo o prerogativa particolare di nessun santo. Dio ha permesso che alcuni segni straordinari della santità di Francesco trasparissero dalla sua vita, nonostante egli, nella sua 6 GIUSEPPE FIORINI MOROSINI, Il carisma penitenziale di San Francesco di Paola e dell’Ordine dei Minimi. Storia e spiritualità, Roma, Curia generalizia dell’Ordine dei Minimi, 2000, p. 139 7 Ibidem, p. 142 25 umiltà, cercasse in ogni modo di nascondere la santità, alla quale era giunto. Dalle testimonianze conservate nei Processi noi possiamo rilevare alcuni fenomeni straordinari, tipici della mistica cristiana. La sua preghiera raggiunge quasi sempre i livelli della contemplazione; si assenta, perciò, per interi giorni, e rimane chiuso nella sua stanza a pregare senza toccare cibo. Il commento di quanti notavano questo fatto era: “passa il tempo nella contemplazione”. La lettura dei cuori è un altro dono del quale Francesco si è servito moltissimo per richiamare a conversione quanti venivano per incontrarlo ed erano in peccato. Dice un testimone: “quando si recava da lui qualcuno che non era a posto con la sua coscienza, o si compiaceva di qualche vizio, diceva: va’, abbandona i piaceri cattivi”. Il miracolo è l’aspetto che maggiormente colpisce nella sua vita. Esso era per la gente il segno più eloquente, direttamente constatabile, della sua santità; Dio con il dono dei miracoli operava cose straordinarie per mezzo di lui. L’agiografia, per esprimere l’abbondanza di miracoli compiuti da Francesco, ha coniato un’espressione molto significativa: “era un miracolo quando non faceva miracoli”; e non senza fondamento, ci sembra, se dobbiamo accettare la testimonianza di chi ha affermato di aver visto in un sol giorno centinaia di malati guariti. Francesco ha dato un altro segno della sua santità con la parola, bene armonizzata con la condotta della sua vita. Abbiamo già citato l’espressione di un testimone: la sua santità traspariva dal suo comportamento e dalla sua parola (ex eius gestu et verbis). Possiamo perciò parlare di un esercizio della predicazione nella vita di Francesco, anche se dobbiamo dare all’espressione un significato molto vasto. È vero, comunque, che Francesco ha mediato anche con la parola l’intervento della grazia di Dio tra la gente. Dice di lui il Bourdichon: “era un uomo devotissimo sia nelle parole che negli esempi di vita, ed era pieno di devote e divine esortazioni, come ha dimostrato con le parole e con le azioni8”. 8 Ibidem, pp. 145, 148, 149, 151, 153 26 3.2 Il carisma del santo Il Morosini, presentando il carisma personale del fondatore prova ad illustrare la sua vita eremitica, la grotta dove il santo si fermava, la povertà, l’ascesi fisica, l’interesse per i problemi sociali e i doni soprannaturali. Così afferma: “Il carisma penitenziale in Francesco si manifesta anzitutto come una chiamata alla vita eremitica. Non è da escludere che questa vocazione abbia avuto come fonte d’ispirazione o almeno come punto di riferimento San Francesco d’Assisi, la cui conversione lo portò immediatamente ad una scelta di vita povera, penitente ed eremitica”. Inteso come luogo solitario, il deserto è lo spazio fisico ove egli vive la sua vocazione eremitica. Sceglie così la grotta, che sarà il suo rifugio preferito per pregare e fare penitenza. Ecco perché troviamo una grotta o qualcosa di simile nei luoghi in cui egli dimora abitualmente. La troviamo a Paola agli inizi della sua vita, accanto ai primi romitori in Calabria e finalmente anche a Tours, a conclusione del suo lungo cammino sulla terra. Quando essa manca o esigenze diverse chiamano Francesco alla vita comune in convento, è la sua cella ad essere il deserto o spazio fisico ove poter vivere anche lunghi giorni in solitudine contemplativa. Francesco si presenta a tutti come un uomo semplice, di limitate esigenze fisiche. Il suo incedere povero, al limite stesso della povertà, con un vestito lacero, scalzo, con capelli e barba incolti, lo ha rivelato come uomo rustico, appartenente, cioè, al mondo contadino dalle esigenze veramente ridotte all’essenziale. Alla povertà Francesco unisce l’austerità nel cibo: mangia poco, una volta sola al giorno, verso sera, nutrendosi di soli cibi quaresimali. La vita eremitica e penitente non lo estranea dai problemi del suo tempo, da lui assunti in prima persona, non solo pregando per la loro soluzione, ma agendo anche in prima persona in quelle situazioni dove può e riesce ad intervenire. 27 Avendolo scelto per una missione particolare, Dio lo ha anche arricchito di tanti doni: la lettura dei cuori, lo spirito profetico, i miracoli9”. Dopo questa premessa significativa risulta fondamentale riportare il pensiero del prof. Giuseppe Trebisacce, studioso dei molteplici aspetti del santo. Nella rivista della Provincia di Cosenza già citata, ci illustra il significato altamente pedagogico della figura e dell’opera del santo. L’articolo è intitolato:“Spunti per una pedagogia francescana: San Francesco educatore e fondatore di un ordine monastico”. Così si esprime: “La forte e carismatica personalità di Francesco di Paola esprime di per sé una grande forza educativa che pedagogicamente vale più di qualsiasi organica riflessione intorno ai classici interrogativi sull’educazione. L’esemplarità è infatti una categoria che la ricerca storico-pedagogica non ha mancato di caratterizzare come la chiave di volta di un atto educativo coerentemente ispirato a principi e modelli liberamente accolti e fatti propri nella personale dimensione dell’esistenza. Nel caso di Francesco l’assoluta coerenza della sua pratica di vita è la testimonianza più chiara di una esemplarità e magistralità educativa fuori dal comune. La sua santificazione personale attraverso l’esercizio continuo della carità e l’esperienza rigorosa di una vita austera, penitente e contemplativa, unitamente alla sua attiva opera di evangelizzazione tra la gente umile e potente mediante la predicazione, gli ammonimenti, le profezie, tutto questo fa di lui un Maestro, una luce, una guida spirituale nel periglioso mare dell’esistenza. Al di là di ogni contingenza storica e temporale. Ne è prova la devozione che da sempre circonda l’immagine del Santo di Paola. Ma Francesco è anche e, soprattutto, figlio del suo tempo e, in quanto tale, esprime le caratteristiche dell’epoca10”. Si può concludere questo aspetto del messaggio di San Francesco, citando la studiosa Loredana Giannicola, che definisce l’erranza di Francesco una metafora educativa. Così si esprime: “L’erranza e la preghiera caratterizzano la vita dei monaci del Medioevo. Per essi la strada si trasforma in mezzo per dischiudersi al nuovo, per incontrare l’Altro, per conoscere meglio se stessi attraverso la scoperta e la 9 Ibidem, pp.160-163 LA PROVINCIA DI COSENZA, op. cit. p. 42 10 28 conoscenza, e l’erranza si traduce in un camminare verso, in uno spazio che vive di reciprocità, di accoglienza, di fiducia-donata. Essa è dunque partecipazione, occasione per stringere legami ed entrare in relazione con altre monadi. È incontro fra generazioni, è un camminare insieme per costruire un futuro migliore. È una peregrinatio animae (Sant’Agostino), un percorso che coinvolge l’intera persona e che non prescinde affatto dall’esperienza sensoriale e affettiva, ma vi passa attraverso”. Il viaggio si configura, quindi, come metafora del processo di apprendimento continuo, che diventa l’immagine stessa della vita intesa come maturazione personale e libera ricerca della propria destinazione lungo itinerari che ciascun soggetto intraprende e scopre in questo suo muoversi. In Francesco di Paola l’erranza si lega alla speranza che costituisce un atteggiamento fondamentale e un timbro che lo caratterizza come homo viator in cammino verso Dio. La sua è una filosofia di cammino e di azione, un atteggiamento di corretto commiato da tutti gli esseri unito ad un grande rispetto per loro, è tensione continua verso il futuro tenendo presenti le sfide del presente e gli orizzonti verso cui proiettarsi. Il cammino per il santo paolano è in realtà la metafora del recupero dell’uomo reale, concreto, con le sue grandezze e le sue miserie contro la teoria del superuomo e degli effetti disgreganti di una società dominata dagli egoismi. È evidente che il suo camminare si intreccia anche con il suo impegno per la pace che trova nei suoi viaggi un motivo conduttore. In tal senso l’erranza si trasforma in un’azione continua per la costruzione di una visione di pace che coinvolge l’umanità intera e passa attraverso l’incontro con l’Altro nei volti anonimi della città, nella coltivazione delle passioni, nella tensione verso il vero traguardo della vita umana, nella disponibilità a ricevere il dono arrendendosi al ritmo della realtà. Il peregrinare di Francesco di Paola, però, non è mai solitario. Il suo camminare è incontro, comprensione dell’Altro, continua presa in carico dell’Altro, è un “andare incontro”, comprensione dell’Altro, continua presa in carico dell’Altro, è un “andare verso” che non è sradicamento, ma che si connota come status spirituale del migrante che, pur costretto a rinunciare alla patria d’origine, si fa abitatore di 29 “confine” e ricostruisce ogni giorno la sua patria, i suoi valori, in uno spazio sociale in cui non i radicalismi culturali ma le persone e i loro mondi si incontrano e si contaminano11. 3.3 L’apporto culturale dei Frati Minimi in Francia In quell’epoca così complessa, non solo senza valori e ideali, ma dominata da prospettive di miseria e di sottosviluppo, i frati minimi hanno contribuito pure ad una rinascita culturale, in tutte le parti del mondo dove sono andati per evangelizzare. Lo studioso Alessandro Pagliaro così ci presenta San Francesco di Paola, uomo di scienza e filosofo, tra Victor Hugo e Leonardo da Vinci: “Rozzo, ignorante, burbero. Che non sapeva né leggere né scrivere”. Così per molti secoli ci è stata tramandata la figura di San Francesco di Paola. Nulla di più falso. L’enorme mole di documentazione storica della sua vita dimostra il contrario. Le agiografie che si sono seguite una dietro l’altra, dopo la sua morte fino ad oggi copiandosi a vicenda, hanno sminuito, se non offuscato i lati essenziali dell’uomo. Oltre che Santo. Miracoli trasfigurati in aneddoti, hanno costituito il libro principale degli eventi di questa singolare vicenda. Ma non è l’unico che esiste. Ce n’è un altro ancora tutto da scrivere su quel personaggio protagonista terreno per oltre novanta anni di un periodo molto particolare della storia dell’Europa. San Francesco, uomo di scienze e filosofo, è senz’altro l’aspetto occultato della sua lunga esistenza. Guariva con le erbe gli ammalati. Arrivava nelle cure dove i medici fallivano. Per questo, visto come uno stregone, da giovane frate era inviso e osteggiato dai “dottori” dell’epoca. Delle piante conosceva tutti i segreti, e sapeva dosarne le quantità per lenire le sofferenze. Aveva acquisito una scienza, che applicata con sapienza riusciva a fornire strepitosi risultati. Erano pozioni “magiche” bollite e rimestate in un pentolone? Così pensavano i suoi detrattori. San Francesco nei dipinti è raffigurato con in mano un sottile bastone, che di certo non gli serviva per sorreggerlo, soprattutto da giovane, quando nel pieno delle sue forze, si spostava in lungo e in largo per la Calabria, a piedi. Era una figura imponente, alta di statura. Gli ultimi studi ci dicono che era gioviale con gli uomini e le donne che incontrava sul suo cammino. Tutto il contrario di quanto finora ci è stato raccontato. 11 Ibidem, p. 43 30 Quel bastone, da cui non si staccava mai, doveva quasi sicuramente servirgli per la ricerca dell’acqua nei luoghi più impervi dove dimorava. Dotato di poteri speciali San Francesco “sensitivo” riusciva, ad individuare anche nel “deserto” i siti da dove far sgorgare il prezioso liquido, e quindi installarvi le comunità che poi dovevano popolare quei posti. Così nacquero i conventi che lui costruì. Da solo e con l’aiuto dei “segreti” della scienza dell’ingegnere, dell’architetto, dell’idraulico, di cui era senz’altro in possesso. Ecco questo è un altro lato della polivalente attività estrinsecata dal frate. A Paola, Paterno, Corigliano, Spezzano, in Sicilia a Milazzo, ma anche in Francia e in tanti altri posti San Francesco costruì opere che soltanto una persona che conosceva le complicate formule matematiche della statica, poteva erigere. La perfezione di quei manufatti, l’equilibrio delle murature, la geometria degli archi e delle navate, rimandano all’ingegno di chi non poteva fare leva soltanto su empiriche conoscenze di manovale. Era proprio lui l’autore dei suoi progetti. Non si sa fino a che punto usasse gli squadri e gli inchiostro, anche se, coadiuvato da maestranze esperte, di sicuro era egli stesso che dava forme a quelle importanti strutture. Aveva studiato e frequentato dotti? Certamente, tutti gli indizi, portano a formulare tali conclusioni. Ma di queste “tracce”, nessuna è stata ripercorsa e indagata nella giusta considerazione. L’uomo di scienze arriva anche ad essere un tutt’uno con l’uomo filosofo della vita. Al di là del credo religioso che professava nella concretezza dei suoi comportamenti, San Francesco, ha pieno rispetto del corpo, oltre che dell’anima. I suoi lunghi digiuni e le privazioni, di cui si è narrato fino ad oggi, rappresentano la consapevolezza della coniugazione del benessere fisico con quello dello spirito. D’altronde i suoi 92 anni vissuti, quasi tutti in salute, sono il risultato del raggiungimento di questo perfetto equilibrio. Non era frate che partecipava ai bagordi e ai succulenti pranzi di corte, ma non per questo le sue privazioni dovevano rappresentare la mortificazione della carne e il decadimento dell’organismo. Il suo era uno stile sobrio di vita, vegetariano nel cibo. La sua era una “dieta” salutare per il corpo e la mente, motori infaticabili di una ricca esistenza. Da qui anche la pratica della meditazione e della preghiera, per la materializzazione 31 delle azioni quotidiane. Tutte rivolte alla diffusione dei messaggi di pace, carità e giustizia che hanno rappresentato il perno del suo pensiero “filosofico”. Una filosofia, forse spicciola, ma messa in pratica in ogni circostanza, dall’incontro, con i sovrani a quello con i papi e le genti umili. Soltanto un uomo in possesso delle moderne conoscenze del mondo, poteva stare alla pari, nelle corti d’Europa, in un momento particolare di grandi mutamenti. E qui c’è l’altra confutazione. Fustigatore di costumi, accigliato, con lo sguardo severo e di rimprovero, così San Francesco ci è stato descritto il più delle volte. Un conservatore e un moralizzatore in un mondo pervaso dagli eccessi e dal peccato. Se è vero che alla base del suo pensiero filosofico c’era la predicazione della misericordia e del perdono, come sentimenti tra i più alti della religione cristiana, mal si concilia questa visione manichea del santo tutto d’un pezzo. Chi lo ha compreso è stato nientemeno che Victor Hugo. Nel testo della sua opera teatrale “Torquemada”, il grande scrittore francese, accosta il personaggio dell’Inquisitore a quello del Santo calabrese. Ed è proprio quest’ultimo a tenere testa nel dialogo, a colui che con la tortura si era macchiato di efferati crimini contro gli “eretici” del tempo. Mondi contrapposti configgono in poche battute di uno scambio di parole tra i due. Ad uscirne magnificato è il pensiero di Chiesa di San Francesco, tollerante ed indulgente. E proprio in Francia il frate visse l’ultima parte della sua vita: quella della saggezza. Chiamato da Luigi XI a corte per guarirlo dai suoi mali, dimorò in terra straniera per ben venticinque anni. Nonostante l’intervento di San Francesco per il re non ci fu nulla da fare. Morì subito dopo. Fu questo evento, comunque ad aprirgli le porte del castello di Amboise, dove costruì un nuovo convento. Amboise a quell’epoca era il centro propulsore di diffusione della modernità in Europa a tutti i livelli. In quel luogo, per volere degli “illuminati” regnanti, andavano e venivano, filosofi, letterati, musicisti, artisti, consiglieri politici. Da lì prese corpo il nuovo pensiero di un profondo cambiamento di epoche. La politica della guerra, veniva soppiantata da quella della pace, mentre il vecchio mondo si lasciava dietro le spalle tutte le sue contraddizioni. Dai simposi ai cenacoli, alle feste di corte Amboise, diventò la meta ambita per chi voleva stare al centro delle trasformazioni. San Francesco fu tra le figure eminenti, che 32 determinarono questa svolta. Aperto alle nuove conoscenze, visse anche gli anni dell’America di Cristoforo Colombo, e per una parte della sua esistenza fu contemporaneo di Leonardo da Vinci. Il grande uomo di scienze e artista, visse anche egli ad Amboise, per tre anni fino al giorno della morte. Ciò a dimostrazione di come il castello era diventato importante per il ruolo che si era assegnato. Le sue spoglie sono ancora seppellite in quel luogo. Una coincidenza non del tutto casuale, accomuna San Francesco a Leonardo. Entrambi furono i protagonisti della costruzione di un nuovo orizzonte. I due non si incontrarono mai, ma una intermediazione fatta di singolari correlazioni, porta a pensare ad una comunanza di aperture mentali che entrambi possedevano. Venticinque anni di una esistenza sono tanti. Rappresentano un arco temporale di mutamento per ognuno. San Francesco visse il periodo della Francia in maniera intensa, ma ben poco si conosce di questa permanenza. Certamente si compenetrò nelle vicende del tempo, non rimanendo fuori dal contesto. Sarebbe bene approfondire questi aspetti della sua maturazione, alla luce del contributo che diede allo sviluppo dell’Europa. Finora queste zone d’ombra non sono state scandagliate. Sicuramente, da studi e ricerche approfonditi, molte sorprese potrebbero venire alla luce, per immettere in una nuova dimensione il Santo, che in terra fu anche uomo12. Riflettendo sul pensiero di questi studiosi ci si può chiedere come si potrebbe applicare il messaggio pedagogico di Francesco ai bambini dell’era della globalizzazione, nella società multirazziale, del postmoderno virtuale e vuoto. La risposta è semplice: San Francesco di Paola ha lasciato nel suo testamento spirituale accoglienza, integrazione, riscatto delle classi subalterne, attenzione alla realtà evolutiva dei ragazzi, solidarietà e soprattutto carità e coscienza etica. 12 Ibidem, pp. 48-49 33 Capitolo IV: Il messaggio di San Francesco nella storia e quello attuale nel mondo 4.1 I minimi evangelizzatori delle Americhe ed i riflessi nei devoti di oggi nel mondo Il messaggio del Santo di Paola non poteva essere circoscritto al secolo XV ma proseguì dopo la scoperta delle Americhe con una risonanza forte in tutti gli angoli della Terra. Padre Bernardo Boyl partecipò alla seconda spedizione di Cristoforo Colombo. Roberto Gentile così afferma in un articolo della rivista della Provincia di Cosenza, in qualità di Redattore de “La voce del Santuario”: “Contemplativo, Profeta, Taumaturgo, è Uomo di Dio, è apostolo della conversione, della carità e della giustizia sociale, un magnifico educatore di coscienze, il cui messaggio, caratterizzato dai valori universali della pace, della fratellanza, della solidarietà e della tolleranza, è necessario nell’egoistica società di questi tempi, oggi come allora in coerenza con il modo di intendere la vita esplicitato nella prima Regola. Queste virtù, trasfuse nel Sacro Ordine dei Minimi, hanno avuto un ruolo determinante anche nell’evangelizzazione dell’America dopo la sua scoperta, le cui conseguenze per l’Europa furono straordinarie e stravolgenti. Cristoforo Colombo giunse a Barcellona scortato da un gruppo di uomini che recavano le prove (il tabacco, la patata, spezie, nuovi animali, armi indiane e oggetti d’oro) dell’esistenza di quelle nuove terre di cui egli aveva già fatto cenno ai sovrani iberici. La corte spagnola aveva due grandi obiettivi per questo secondo viaggio: evangelizzare gli indios ed intraprendere nuovi commerci con i nativi al fine di sfruttare le loro ricchezze. Per l’opera missionaria i reali di Spagna pensarono ad un uomo di massima fiducia il quale, oltre alle sue doti di intelligenza, di carattere e di profondo spirito religioso, doveva essere di fedeltà assoluta e di leale aiuto nel risolvere delicate problematiche politiche del regno: questo religioso, grande protagonista degli eventi del suo tempo come vedremo più avanti, fu l’aragonese Padre Bernardo Boyl, appartenente all’Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola. Quest’uomo di nobile famiglia, dotato di una eccellente cultura 34 umanistica, valido segretario ed accorto consigliere del re, nonché suo personale amico, allorché poteva senza sforzo alcuno arrivare alle più alte cariche della corte e dispiegare così tutto le sue ingegnose doti nella difficile arte del governo dello Stato, nel 1480 abbandonò tutto e si ritirò a vita eremitica nel romitorio della SS. Trinità di Montserrat, di cui divenne priore nel 1482. Per salvaguardare gli aspetti politici e gli interessi economici spagnoli, la corte aragonese pensò a Padre Bernardo Boyl, persona abile e di provata fedeltà, il quale, non più segretario e consigliere reale, era ormai sotto l’obbedienza di un Superiore e di una Regola. Per aggirare l’ostacolo il sovrano inviò al vescovo di Cartagena e Badajoz, suo rappresentante a Roma, l’istruzione del 7 giugno 1493 contenente una supplica per il papa, nella quale venne indicato come primo missionario del Nuovo Mondo P. Bernardo Boyl13”. 4.2 Il culto di Francesco nel mondo La giornalista Assunta Orlando nell’articolo “La presenza di Francesco in ogni angolo della Terra” afferma che “Francesco di Paola, Patrono di Calabria e della gente di mare, è il Santo che ha varcato i confini nazionali, è il Santo d’Europa che è giunto oltreoceano”. Dal Nord al Sud America, all’Australia, San Francesco è venerato nel mondo grazie alle comunità dei nostri conterranei, all’Ordine dei Minimi che è presente in vari Paesi, ma anche a popolazioni straniere che ne hanno appreso la vocazione in epoca coloniale, così come i brasiliani e gli indigeni di Uquia, in provincia di Jujuy, piccolo villaggio a Nord dell’Argentina, confinante con la Bolivia e a mille chilometri da Buenos Aires. Una piccola, ma preziosa chiesa dedicata a San Francesco di Paola fu costruita a Uquia dai conquistatori spagnoli nel 1691. Nella chiesa, che è stata dichiarata Monumento Storico Nazionale sono conservati i dipinti, detti Angeles Arcabuceros realizzati nel XVII secolo da artisti indigeni che, si narra, dipinsero su richiesta dei conquistatori l’Esercito degli angeli celestiali, ma non conoscendo altro esercito se non quello spagnolo, dipinsero angeli vestiti di broccato come gli spagnoli e le loro armi, gli archibugi. Sull’altare della chiesa è posto un dipinto intagliato in 13 LA PROVINCIA DI COSENZA, op. cit. Ed. 2008, pp. 55-56 35 legno e laminato in oro che raffigura San Francesco di Paola. La festività annuale è celebrata i primi di maggio. Per il V Centenario della morte di San Francesco, solenni celebrazioni si sono svolte in tutto il mondo e il grande evento religioso è stato ricordato con particolare espressione di fede. Uniti nella comune devozione verso San Francesco, il V Centenario, infatti, ha rinnovato lo spirito di fraternità di chi è lontano. Un collegamento fra i “Comitati di San Francesco”, istituiti in vari Paesi esteri con il compito di organizzare le celebrazioni che si svolgono annualmente, si è avuto, tramite la Fondazione “San Francesco di Paola nel Mondo” che ha sede a Toronto. Lo scambio di messaggi tra i Comitati in occasione delle celebrazioni ha fatto sentire più vicini coloro che hanno vissuto la stessa condizione d’emigrante anche se in continenti diversi, come testimoniano gli amici dell’Australia che nell’augurio inviato ai Comitati del Nord e Sud America, scrivono: “Noi di Melbourne che siamo tanto lontani dal resto del mondo, ci uniamo spiritualmente a voi in occasione dei festeggiamenti del Quinto Centenario”. Tra i numerosi devoti residenti oltreoceano, a testimoniare come “la fede possa fare miracoli” sono le storie e soprattutto il grande impegno di uomini che, guidati da profondo spirito religioso, dall’amore e dalla carità predicati dal Santo di Paola, hanno saputo creare e unire il popolo dei fedeli di San Francesco anche in luoghi molto lontani dall’Italia. In America a Chicago, dove risiede una numerosa comunità italiana fra cui molti calabresi, il miracolo lo ha creato Joe Bruno, originario di Marano Marchesato, presidente dell’associazione “Società San Francesco di Paola”, da lui fondata nel 1982. Spinto dalla sua grande devozione verso San Francesco e dall’esigenza d’unire la comunità calabrese residente nell’Illinois, Joe ha ideato e promosso la “Festa della famiglia in onore di San Francesco di Paola” con la collaborazione di alcuni amici e appoggiato da padre Roberto Simionato degli Scalabriniani. Le celebrazioni del V Centenario in Argentina hanno avuto inizio a Puerto Madryn, in Patagonia. In questa lontana città, che dista circa 1400 km da Buenos Aires, non risiedono calabresi, ma è 36 stato un calabrese, Bruno Cilento, un devoto paolano emigrato da molti anni in Argentina, a far conoscere San Francesco. Le nuove generazioni nate all’estero, discendenti da emigrati calabresi, hanno appreso in famiglia la devozione verso San Francesco, che fa parte di quella calabresità sempre difesa con orgoglio dai nostro corregionali lontani e in cui l’aspetto religioso ha un ruolo importante. Trasmessa dai genitori e dai nonni insieme alle tradizioni e al dialetto, molti giovani guardano alla figura del Santo di Calabria, come afferma un giovane italo-americano, nipote di calabresi, “con curiosità, ma anche con tanta voglia di credere perché sempre ricordo mia nonna che mi ripeteva di pregare San Francesco di Paola nei miei momenti di bisogno14”. Daniela Fernandez Laruffa nell’articolo “Argentina, una fede che si tramanda nel tempo”, riportando in qualità di portavoce dei giovani calabresi nel mondo afferma: “Ho 21 anni, sono discendente calabrese di quarta generazione e a Mar del Plata, dove risiedo, il Circolo Calabrese di cui sono segretaria e coordinatrice dei giovani, ogni anno, il 2 aprile, celebra la Festa in onore del Patrono della Calabria. Per il Quinto Centenario, la festa è stata molto bella. Con il gruppo della Gioventù Calabrese Marplatense abbiamo collaborato all’organizzazione e partecipato alla Messa con le letture e portando, per le offerte, dei doni simbolici, come una rete di pescatori e la bandiera italiana. La statua di San Francesco sembrava viva ed è stato come se il Santo veramente fosse in mezzo a noi e tutti abbiamo pianto per la profonda emozione provata durante la cerimonia religiosa15”. Frank Lattari nell’articolo “Rio de Janeiro, una storia di devozione e tradizioni” afferma: “La festa ha le sue radici nella seconda metà degli anni ’50 e costituisce un evento importante non solo per la Colonia Calabrese di Rio de Janeiro, ma che per gli Stati limitrofi di San Paolo, Minas Gerais e Espirito Santo. Il mese di maggio per i nostri corregionali è legato al nostro Taumaturgo paolano. La festa del 4 maggio, per noi emigrati, infatti, è una celebrazione vissuta con emozione e riporta ai ricordi della fanciullezza. Le espressioni 14 15 Ibidem, pp. 64-66 Ibidem, p.67 37 di devozione diventano più intense durante i riti liturgici che ci legano alla nostra amata terra Calabra. La festa di San Francesco di Paola a Rio de Janeiro è una pietà popolare genuina, manifestata con il cuore aperto e 16 con l’anima che vibra ”. Salvatore Pullia nell’articolo: “Australia, quando la preghiera diventa miracolo” afferma: “Molti anni fa un gruppo di Calabresi appartenenti al “Calabria club” di Melbourne disperavano su come e quando poter riunire, almeno una volta l’anno, tutti i Calabresi di Melbourne e dello Stato del Victoria in una atmosfera di armonia, allegria e divertimento, liberi da ogni campanilismo regionale o paesano e, nello stesso tempo, ricordare e rivivere le nostre tradizioni e usanze. Dopo un attento e profondo esame, prevalse il sentimento religioso e la devozione verso il Santo Patrono della Calabria, e si decise di far arrivare a Melbourne una statua di San Francesco di Paola. Se c’era qualcuno che poteva riunire i Calabresi questo era sicuramente San Francesco!17”. 4.3 Riflessioni ed un’intervista sul ruolo del santo oggi Nel primo numero de “Il Sileno”, in qualità di giornalista, così ho presentato un articolo su San Francesco di Paola: “Nel Quinto Centenario della morte di San Francesco di Paola, al di là delle numerose celebrazioni che danno vera giustificazione ad un Santo così grande e sublime, senza retorica il messaggio di S. Francesco di Paola dovrebbe rappresentare una scossa fortissima allo sbandamento dell’umanità, alle barbarie, alla frattura spirituale, alla carenza assoluta di valori e di ideali che caratterizzano il mondo contemporaneo. Questo Santo illustre, Taumaturgo e Patrono della Calabria, nonché della gente di mare, fondatore dell’Ordine dei Minimi, venerato in tutto il mondo, pur essendo eremita non ha tralasciato di essere protagonista di episodi che hanno fatto diventare piccoli, tanti grandi uomini come re, dotti, potenti del tempo. La sua è la più autentica testimonianza evangelica, ricca di valori umani e cristiani, capaci di incidere nella realtà. Analizzando infatti il mondo di oggi, è evidente che si alternino periodi di crisi difficili da ribaltare e da controllare e ci si deve richiamare al pensiero di Vico per auspicare un mutamento qualitativo nel contesto dei ricorsi storici. Dopo 16 17 Ibidem, p. 68 Ibidem, p. 71 38 queste premesse, nessuno può negare che il messaggio, la spiritualità, l’anticonformismo di S. Francesco di Paola sono indispensabili per rieducare e stimolare i cuori degli uomini, ormai in gran parte disorientati dall’edonismo, dal materialismo, dall’intolleranza e dai fondamentalismi religiosi. Ma chi era San Francesco di Paola? In cinque secoli, studiosi, religiosi, sociologi, intellettuali, mistici, asceti ne hanno tracciato un quadro esemplare, vivo, suggestivo, profondo. È un Santo che non onora solo la Calabria, ma tutto il mondo dove la devozione verso di Lui è sincera, spontanea, generazionale”. Il suo discorso metafisico, il suo ascetismo, la sua modestia di “Minimo”, la sua infinita riservatezza non gli impedì di richiamare all’attenzione dei Grandi della storia lo sfruttamento del popolo, la religiosità senza interiorità, ma vista come convenzione, la prepotenza dei ricchi e dei potenti, la secolarizzazione e lo sbandamento della Chiesa. In tale contesto, Francesco ha dato una svolta alla forma mentis del tempo e ha condizionato la coscienza dei gerarchi cattolici per ritornare alla vera essenza del Vangelo: amore e solidarietà verso il prossimo, elogio dell’umiltà (Gesù Bambino è venuto a nascere in una stalla), guerra a politici e religiosi senza coscienza etica. Così in questo mondo, dove ogni giorno sta dilagando il culto per un neo-paganesimo nichilista e qualunquista, la moda del relativismo etico, un consumismo sfrenato, un uso distorto dei massmedia, una globalizzazione selvaggia, la distruzione dell’ambiente, manipolazioni genetiche, permissivismo edonistico, San Francesco se ritornasse sulla Terra, sconvolto, incredulo ed attonito ci richiamerebbe all’ordine, al ripristino dell’autentica condizione umana, ad essere veri cristiani, con il culto della pace, della spiritualità, della tolleranza, dell’amore verso Dio e verso il prossimo”. Sempre nel 2007, in occasione del V anniversario della morte del santo, è stato possibile effettuare un’intervista a Padre Gregorio Colatorti, correttore provinciale dell’Ordine dei Minimi di Paola, per ricordare la figura di San Francesco, riportata nella stessa rubrica della rivista “Il Sileno”, con la quale si conclude questo lavoro: 39 Padre, a 500 anni dall’Ascesa al Cielo di S. Francesco, qual è il sentimento vivo che domina proprio negli eredi diretti, come voi, del grande Santo? Sicuramente un sentimento di gioia, avendo un nostro Padre, S. Francesco, che è in Cielo e che continua ad essere un Padre per noi, per tutta la famiglia dei Minimi e come anche per tutti i devoti e gli amici Egli continua a far sentire la sua presenza e questo è molto importante, perché è un grande Santo, un amico degli uomini e perché è stato soprattutto amico di Dio. In breve, che differenza ci può essere tra i tempi di S. Francesco e il mondo di oggi? La differenza è sicuramente quella della storia, del tempo, non si può negare che, ai tempi di S. Francesco ci troviamo alla fine del Medioevo, all’inizio del Cinquecento, quindi anche nel momento del Rinascimento dove l’uomo era posto al centro, oggi a 500 anni di distanza, il mondo, sicuramente è cambiato, c’è l’era dell’Informatica, l’era della Tecnologia, siamo veramente in un grande momento di sviluppo, però l’uomo da sempre si è interrogato e si interrogherà sui grandi “perché”, sui “perché della vita”, sui “perché dell’amore”, sui “perché della morte”, però l’uomo porta sempre dentro quell’ansia di infinito, l’ansia del bene, ma porta anche nel suo cuore quella propensione verso un indirizzo che lo porta nella direzione del male, un indirizzo edonistico, per cui Francesco, sia nel suo tempo, come oggi, il suo messaggio, la sua spiritualità ci indica una strada che è la strada di Dio, dell’amore, quello vero, quello autentico, la strada della verità, della giustizia, della pace; l’ha fatto allora Francesco e oggi continua a farlo attraverso i suoi figli. Che cosa c’è ancora di attuale nel messaggio di S. Francesco? Gesù, incominciando la sua predicazione diceva: “Convertitevi, il Regno di Dio è vicino”: ecco, Francesco di Paola, con la sua vita, non ha fatto altro che dire agli uomini di quel tempo: “Convertitevi” e ha indicato la necessità fondamentale di questa conversione, di questo ritorno continuo a Dio, che non è soltanto una liberazione dal male, 40 ma è soprattutto quel desiderio di crescere sempre in avanti, nel bene e la conversione all’amore, all’amore di Dio e verso il prossimo. S. Francesco e i giovani. Sono moltissimi i giovani che amano, venerano e chiedono aiuto al Santo; perché risulta uno dei Santi più vivi e più ricercati dai giovani? Io credo che, soprattutto, S. Francesco è ricercato dai giovani per la sua robustezza interiore. È stato sempre un uomo tutto d’un pezzo, che non ha ceduto a compromessi e soprattutto un uomo che si è fatto giorno per giorno, grande protagonista, dall’infanzia fino ai suoi 91 anni ed è andato avanti per la sua strada con una grande libertà, perché ricco di Dio. Perché il suo messaggio, le sue tradizioni religiose nei Paesi, il suo culto nel mondo è sopravvissuto al passare dei secoli ed è oggi più vivo che mai? Le testimonianze della vita di S. Francesco dicono che qui a Paola venivano da tutte le parti della Calabria per trovarlo e poi dopo, quando si è trasferito in Francia, lo cercavano. Un Santo, diremo noi, popolare, ecco questa popolarità, quest’amore che il popolo porta a Francesco nasce proprio dal senso che egli ha accolto tutti e sapeva dare una parola di conforto, di amicizia, di sostegno, di animazione, oltre che anche un gesto forte come quello dei miracoli, a tutte le persone che venivano qui: a cominciare dal più piccolo al più grande, dal dotto, dal colto al “non scolarizzato”, dal signore potente, anche all’ultimo della strada; ogni persona che veniva qui, trovava in Francesco veramente un amico, trovava il cuore, ma trovava soprattutto il cuore di Dio. Perché è considerato Taumaturgo e Padrone del mare? Innanzitutto “Taumaturgo” perché ha fatto tanti prodigi in nome di Dio; quest’Uomo, che parlava con il Signore, nell’intimità profonda del Signore è stato capace veramente di donare la forza di Dio e sperimentare soprattutto agli altri l’amore del Signore, quindi attraverso i gesti, attraverso i numerosi miracoli che non si contano: è proprio per questo è chiamato “il taumaturgo”. 41 “Padrone della gente di mare” perché si racconta dell’episodio dell’attraversamento dello Stretto di Messina: egli doveva recarsi a Milazzo, chiamato proprio per costruire un convento; arriva a Catona, villaggio nella provincia di Reggio, chiede un passaggio a un barcaiolo e quest’ultimo lo rifiuta, anzi gli chiede del denaro. Essendo povero, quest’Uomo non sa come poter rispondere a quella richiesta, ma l’unica cosa che possiede è la forza di Dio, per cui si inginocchia, prega, poi si toglie il mantello e sale su di esso con un altro compagno e attraversa lo Stretto di Messina. Ci sono anche altri episodi della sua vita, dove egli ha frenato le furie delle acque, andando in Francia, ha fatto si che le acque, le tempeste si calmassero e quindi, da quel momento in poi, i marinai hanno guardato a Lui e giustamente il Papa Pio XII, nel 1943, lo ha nominato “Patrono della gente di mare”18. 18 N. De Pascale, Intervista a Padre Gregorio Colatorti (titolo in corsivo), in: Rivista "Il Sileno", 2007, n. 1, pp. 18-20. 42 Capitolo V: La figura di San Francesco di Paola: varie strategie didattico – culturali per coinvolgere i bambini 5.1 Una personalità che ha molto da dare ai bambini. Partendo dai percorsi geografici, dal messaggio di carità, di solidarietà e del suo amore verso la natura e gli animali, attraverso lo studio della personalità di San Francesco di Paola, si può far acquisire ai bambini tanta cultura, ma si possono fornire loro anche tanti modelli di comportamento utili nella società multietnica di oggi. I viaggi di Francesco in quella Calabria del Quattrocento possono essere molto utili agli allievi per cominciare ad addentrarsi in quel contesto storico-geografico difficile, complesso e confuso. Mostrando ai bambini le cartine del tempo, i documenti dell’epoca, reperti archeologici, i sussidi virtuali, e facendoli partecipare a documentari, a film può emergere un quadro didattico vivo, esaltante e soprattutto stimolante per la creatività ed il potenziamento della loro riflessività. Essendo un santo molto amato, oggetto di profonda devozione da parte di molte famiglie, non solo calabresi, anche gli allievi potrebbero risentire del contesto socio-ambientale e avvicinarsi alla personalità di Francesco. I bambini sentono il fascino di modelli veri a cui guardare ed ispirarsi come maestri di vita, superando l’immagine dello scolaro, esperto di tecniche e conoscenze, ma non di umanità. È in tale contesto che essi possono recuperare una visione unitaria del sapere, del comportamento per uno sviluppo globale della loro personalità. Possono, inoltre, scoprire che la carità, l’amore per gli altri, il sacrificio costituiscono la vita del santo, che è, in tutte le epoche, un portatore di pace, di solidarietà umana e di giustizia come autentico imitatore di Cristo. In questa società globalizzata, senza ideali e senza valori, sbandata, decadente e devastata dalla crisi economica mondiale, lo studio del pensiero e dell’opera di San Francesco di Paola può servire per migliorare la convivenza delle varie etnie che ormai caratterizzano tutte le classi della scuola primaria mondiale. 43 Francesco, insegnando ai bambini l’amore e il rispetto per tutti gli uomini, può prevenire episodi di razzismo, di intolleranza, che ormai sono presenti in tutte le scuole dell’Europa. Lo studio del santo di Paola deve superare l’agiografia del meraviglioso che dopo una grande diffusione sul passato è stata oggi messa in crisi. Non bisogna convincere i bambini che il santo sia una nicchia irraggiungibile di eccezionalità che normalmente non rispetta la sua vita. Devono essi scoprire che il santo non è un mestiere di pochi, né un pezzo da museo, ma colui che vuole mandare un messaggio etico, un segnale di carità e di solidarietà partendo dalla consapevolezza che tutti gli uomini possono diventare saggi, perfetti e santi. 5.2 Strategie, metodologie e progetti didattici per richiamare l’attenzione dei bambini nel contesto storico-geografico ed etico, relativo ai tempi del santo. Attraverso lo studio della biografia di Francesco i bambini si potrebbero rendere conto del processo storico-geografico e del messaggio pedagogico del santo. Si può partire da varie metodologie e strategie: visita dei luoghi dove il santo ha vissuto, osservazione dei testi antichi, che si trovano nelle varie biblioteche dei santuari a lui dedicati o in altri luoghi custoditi da membri della chiesa che da anni effettuano studi e ricerche per comprendere meglio la personalità di Francesco ed il contesto storico-geografico in cui visse. Siccome i fatti storici che i bambini riescono a capire e memorizzare certamente sono più accessibili alla loro mente se associati a curiosità intellettiva, a passione e a processi didattici che li stimolano e li entusiasmano, si può partire dallo studio della realtà del santo, complessa, avventurosa, leggendaria per far capire loro come era il mondo del ‘400. Se oggi si assiste alla miseria morale, alla decadenza totale di una classe politica inetta definita “La Casta” si può comprendere che nel ‘400 la situazione politica era parallela nello sfruttamento delle classi subalterne, ma non paragonabile al sistema politico di oggi fondato sulla democrazia e la libertà. Colpirà certamente i bambini la situazione politica del regno di Napoli, retto in quel periodo dagli aragonesi ma, in sostanza, 44 localmente gestito dalle famiglie nobiliari, secondo quello che era definito il sistema feudale. Ci si può chiedere come potrebbero reagire i bambini su quanto riporta lo studioso Piero Bargellini: “Fu di rimprovero al Re di Napoli, Ferrante d’Aragona che succhiava il sangue del popolo con esose tassazioni. Il Re tentò di conquistarsi il favore del Santo donandogli un grosso cumulo di monete d’oro, ma il difensore dei poveri ne tolse una, la spezzò, facendo vedere al Re che quell’oro grondava sangue. – È il sangue dei vostri sudditi – disse severamente – e grida vendetta al cospetto di Dio –. Un altro sanguinario potente della Terra, il Re Luigi XI di Francia, gravemente ammalato, chiese al Papa un taumaturgo, e Sisto IV ordinò a San Francesco di Paola di recarsi alla corte di Francia. Il Santo intraprese il viaggio per obbedienza, accolto dovunque con straordinari onori, ch’egli non rifiutava, ma di cui non s’accorgeva neppure. Al Re moribondo non rese la salute del corpo, ma quella dell’anima, facendolo morire in pace, pentito e contrito. E in Francia, trattenuto dal Delfino, che poi doveva essere Carlo VIII, anch’egli morì a 91 anni, nel 1507”. Certamente lo studio di questo periodo storico, l’azione del santo permetterà ai bambini di confrontare usi, costumi e società di ieri con il mondo di oggi. 5.3 “Programmazione didattica, studi e progetti sulla vita e l’opera del santo” Nell’ultimo decennio, in previsione dei cinquecento anni della morte, sono stati presentati in vari istituti comprensivi progetti, conferenze, sono state allestite mostre per cercare di far conoscere questa figura complessa, non solo dal punto di vista religioso, ma anche antropologico, storico e culturale agli allievi di tutti gli ordini scolastici. Molti sono stati i progetti contenuti nelle varie programmazioni di istituto. Essi erano legati al contesto ambientale, alla forma mentis dei vari organismi scolastici, alla realtà sociopolitica delle varie regioni e si proponevano gli stessi obiettivi: 45 Si devono avvicinare gli allievi al contesto storico-geograficoantropologico per una crescita qualitativa-intellettiva di essi. Tenendo conto dell’amore del santo per la natura: il mare da cui proveniva, i monti in cui andava ad isolarsi, i prati verdi dove osservava gli animali come l’agnellino “Martinello”, l’acqua dove si muoveva la trota “Antonella”, si può inculcare ai bambini la passione e il rispetto dell’ambiente, nonché la curiosità intellettiva verso il paesaggio. Analizzando miti, leggende e storie del santo si può potenziare la fantasia degli allievi e farli spaziare anche in un contesto metafisico. Questi progetti fanno sì che il bambino si incuriosisca, rifletta e sogni. Ognuno può immaginare in che modo possa reagire la psiche del bambino osservando, per esempio, in un film il santo che attraversa con il mantello lo Stretto di Messina o che addirittura può toccare con le proprie mani la bomba che non esplose nel Santuario durante la Seconda Guerra Mondiale. La scolaresca che viene da Reggio Calabria si emozionerà certamente osservando il luogo dove resuscita l’agnellino “Martinello” o assaporando l’acqua della “cucchiarella” che, clamorosamente, mantiene sempre lo stesso livello. Inoltre, ascolteranno attentamente quei relatori che, nei dibattiti scolastici, ci descrivono un santo che comandava i fenomeni della natura affinché non danneggiassero gli uomini. Oggi si parla tanto del problema dell’acqua. La carenza di essa potrebbe causare gravi danni al futuro dell’umanità. Il rapporto di Francesco con l’acqua, come per la luce e il fuoco, era particolare; la fece diventare da salmastra a limpida per gli operai di Milazzo che lavoravano nel pozzo. Il santo apprezzava e ricercava questo elemento della natura tanto prezioso. Lo contemplava, immenso, nel mare della sua Paola, l’ammirava scrosciante e leggera nella pioggia trasparente, e tersa, nelle onde dell’Isca, umile e a gocce sui fiori al primo mattino. 46 I bambini, che amano anche le cose semplici, possono riflettere e sognare sapendo che Francesco possedeva un orticello, nei dintorni del convento, che teneva tutto per sé. In esso coltivava una varietà di erbe. Si serviva di esse per guarire persone inferme. In tal modo riusciva a nascondere il suo potere prodigioso attribuendo all’efficacia delle virtù naturali di quelle erbe le mirabili guarigioni. È risaputo che i bambini restino attoniti di fronte ai grandi misteri, alla magia, all’inesplorato. Saranno colpiti e stimolati nella fantasia conoscendo i doni della profezia e dei vari prodigi del santo. Muovendo una candela faceva in modo di risollevare la mala sorte della gente; uscì illeso dopo essere entrato in una fornace ardente; ordinò al suo asinello di restituire i ferri ad un fabbro che voleva per forza essere pagato; aveva il potere di resuscitare persone e animali come, ad esempio, il nipote, nonché la trota “Antonella” e l’agnellino “Martinello”; dava il suo aiuto per la costruzione del convento anche con i piedi e perfino il suo seguace P. Rendace eseguì guarigioni miracolose. Siamo nell’epoca in cui l’allievo non è più un soggetto passivo, che deve recepire le idee e le direttive della classe docente, ma diventa parte integrante di un processo didattico vivo e dinamico. In tale contesto, i progetti derivanti da programmazioni di istituto sulle grandi figure del passato che hanno condizionato la storia in positivo possono essere fondamentali per stimolare la creatività dei bambini per poi inseguire, in seguito, imitazioni clamorose. Ma, come è stato ribadito più volte, diventa più facile partecipando ad un progetto su Francesco capire la geografia della Calabria, in un momento in cui si sta distruggendo l’ambiente; si assiste, infatti, con amarezza a quei monti e a quelle colline tanto amate da Francesco che bruciano e il verde si trasforma in un colore scuro mentre si respira cenere trasportata dal vento. Se il santo restava incantato di fronte all’azzurro del mare calabrese e siciliano, ringraziando Dio per quelle bellezze della natura, oggi quelle acque sono grigie, inquinate e addirittura piene di scorie radioattive. 47 In conclusione, come è stato dimostrato, non mancano strumenti, contenuti, metodologie, strategie didattiche e verifiche per avvicinare i bambini sempre più alla personalità di Francesco. È una figura che merita l’interesse di tutti, cattolici, laici e agnostici perché, dal suo messaggio agli uomini di ogni fascia d’età, scaturisce un brandello di pace interiore, di carità, di solidarietà, di attualità in mondo falso, globalizzato, dominato dal razzismo, dalla violenza, dall’intolleranza e soprattutto dalla carenza di giustizia in tutti i settori della società. 48 Conclusione Illustrare la figura di San Francesco di Paola, partendo dalle sue origini, dai suoi percorsi geografici, dal suo ruolo di evangelizzatore nel mondo, dal contesto antropologico-culturale, che ne deriva non poteva risultare semplice ed agevole. La complessità, la delicatezza e la qualità dell’argomento richiedono sempre ulteriori studi approfonditi, riletture critiche, verifiche e sperimentazioni varie. Si è cercato almeno di fornire qualche aspetto interpretativo, partendo dalle pubblicazioni, dalle testimonianze dei convegni, dai dibattiti dei media, dagli articoli giornalistici e dalle manifestazioni religioso-culturali, che in questi ultimi anni sono sempre più numerose in tutti i cinque continenti. Nella ricerca sono state evidenziati gli aspetti unitari, interdisciplinari della cultura. Sono stati analizzati i rapporti stretti tra storia, geografia e metafisica. Come afferma, infatti, lo studioso Elisée Reclus: “la geografia non è altra cosa che la storia nello spazio, allo stesso modo come la storia è la geografia nel tempo”. La pedagogia come sistema educativo tocca sempre la personalità di un santo. Essa si riallaccia alla metafisica, come sintesi dialettica dell’uomo che vive nello spazio, si muove nel contesto storico, riflette sulle sue origini e sullo scopo definitivo del suo essere. 49 BIBLIOGRAFIA ABBIATI F., Guida ai miracoli di San Francesco di Paola, Cosenza, Orizzonti Meridionali, 2007. ADDANTE P., San Francesco di Paola, Milano, San Paolo, 1988. ANONIMO (discepolo contemporaneo del Santo), Vita di San Francesco di Paola a cura di P. Nicola Lusito dei Minimi”, Edizioni Santuario Basilica di San Francesco di Paola, 1967. CASTIGLIONE A., Redazioni della regola e correttorio dei Minimi. Testo latino e versione italiana, Roma, 1978. CASTIGLIONE A., San Francesco di Paola, vita e prodigi in 125 tavole a colori riprodotte da antiche incisioni miniate, Paola, Santuario Basilica di S. Francesco, 1982. CATRAMBONE G. N., Il viaggio incantato di San Francesco di Paola, Empoli, Ibiskos Editrice di Antonietta Risolo, 2005. COZZOLINO PADRE G. 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