Yamaha TMAX 530

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Yamaha TMAX 530
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PROVE
Numero 43
15 Dicembre 2011
71 Pagine
NEWS
MOTOGP
Nico Cereghini
SUPERBIKE
“Il gelo minaccia
anche l’eleganza”
“Cinque ricordi intorno
alla moto”
MOTOCROSS
15 Dicembre
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SPORT
Mercato
KTM 990 Super
Duke R 2012
Superbob, concept v2
da 160 cv
Novità Suzuki
Q-Concept
E- Let’s
Burgman fuel-cell
Inazuma 250
| prova maxi scooter |
Yamaha
TMAX 530
da Pag. 2 a Pag. 15
Massimo
Clarke
“I motori a
cilindro
orizzontale”
All’Interno
NEWS: DDC le sospensioni semi attive BMW | M. Clarke “Lubrificazione e prestazioni” | Stangata da orbi sulla benzina
MOTOGP: La stagione 2011 raccontata dai protagonisti | SBK: Presentato a Milano il team BMW Motorrad Italia
Yamaha TMAX 530
PREGI
Prestazioni esaltanti
DIFETTI
Difficile trovarne
PREZZO € 10.290
Prova maxi scooter
Che bella quarta!
di Andrea Perfetti | Il 2012 segna il debutto della quarta
generazione del maxi scooter di Iwata. Look più sportivo
e prestazioni più brillanti grazie alla nuova cilindrata,
mentre la guida regala un piacere unico tra gli scooter.
La nostra prova in California
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SPORT
“
Lo scatto è imperioso.
Un esempio di regolarità nello 0-30
km/h, passata questa soglia il TMAX
diventa una bestia e sfodera una
capacità di riprendere velocità
entusiasmante. Passa da 0 a 90
km/h in 5,8 secondi
(prima ne occorrevano 7
ed era già un bell’andare)
“
L
os Angeles (California) - La nostra prova del nuovo TMAX
530
Ne ha fatta di strada in dieci anni di vita. Presentato nel 2001,
aggiornato nel 2004 e, più significativamente, nel 2008 il TMAX
nel 2012 volta pagina e si presenta in grande spolvero. Cresce, diventa più sportivo per affrontare la concorrenza che nel corso degli
anni le ha provate tutte per contrastare la sua leadership nel settore degli scooter over 500. E’ stato venduto in 180.000 esemplari
in tutto il mondo, di questi ben 115.000 nel nostro Paese. Un altro
dato la dice lunga sul grado di apprezzamento riscosso dal TMAX
in Italia, dove detiene la quota del 65% di vendite tra i maxi scooter.
Un dominio pressochè assoluto che gli aggiornamenti del nuovo
modello puntano a rinnovare sul mercato europeo. Avete guardato
con attenzione il video di Nico Cereghini? Allora sapete già tutto,
ma repetita iuvant soprattutto a chi vuole scoprire le novità del
TMAX 530 sino all’ultimo bullone. Pronti? Si parte.
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Design. Tutti provano a imitarlo. E lui si fa ancora più bello
Gli altri maxi provano a imitare le sue forme, alcuni anche in modo
spudorato. Il TMAX 2012 fa un balzo in avanti e ristabilisce le distanze con una serie di modifiche davvero azzeccate. Il caratteristico design della fiancata “a boomerang” è invariato e dà una
personalità decisa allo scooter di Iwata. Cambia il frontale, ora più
aggressivo e contraddistinto dalla luce di posizione centrale, posta sopra i due fanali dal taglio più marcato. Quasi da superbike il
lato “b”, che riceve il fanale posteriore a led dalla YZF-R1 del 2007
e un nuovo scarico che corre parallelo al codino. Resta invariata la
capacità del vano sottesella, in grado di contenere un casco integrale o due jet. Sono comodi anche i vani nel retro scudo; quello di
sinistra ospita la tessera dell’autostrada e il cellulare (alle sue spalle è posto il vano della batteria), mentre il destro ha una capienza
importante (durante il test ci abbiamo messo la classica bottiglietta d’acqua e avanzava spazio) ed è dotato di serratura. Cambia
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anche la strumentazione, dotata ora di due strumenti analogici di ottima leggibilità. Al centro,
nel display digitale, sono indicate la temperatura del motore e
la quantità di benzina; è inoltre
presente un comodo computer
di bordo che indica il consumo
(medio e istantaneo), la temperatura esterna e lo stato di
carica della batteria. Le finiture
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sono ottime, al pari delle verniciature e dei materiali impiegati. Il
TMAX si fa pagare caro –è vero – ma non si può certo dire che
Yamaha abbia lesinato sulla qualità. Sì perché il maxi giapponese
racchiude diverse soluzioni di grande pregio, sia sul fronte della ciclistica che su quello del motore.
Come cambia sotto pelle
Salta subito all’occhio l’aumento di cilindrata, che ora tocca quota 530 cc in virtù dell’alesaggio cresciuto sino agli attuali 68 mm
dai precedenti 66. Il collaudato schema meccanico ovviamente
non cambia, ritroviamo quindi il motore bicilindrico fronte marcia,
dotato di distribuzione bialbero, 4 valvole per cilindro, alimentazione a iniezione elettronica e lubrificazione a carter secco. Il
peso scende di 500 grammi grazie al nuovo carter di dimensioni più contenute. Le modifiche producono un aumento di potenza di circa 3 cavalli rispetto alla versione 2008 (ora sono 46,5 a
6.750 giri), soprattutto cresce la coppia massima, ora di 52,3 Nm
a 5.250 giri (1.000 in meno rispetto a prima). Sono nuovi anche i
pistoni forgiati, è rivisto il profilo degli alberi a camme ed è stata
migliorata la capacità di raffreddamento. Cambiano i corpi farfallati, così come gli iniettori a 12 fori, identici a quelli della sportiva
YZF-R6. La trasmissione automatica CVT impiega una nuova frizione, adatta a sopportare la maggiore potenza. Potenza che alla
ruota cresce complessivamente di 5 cavalli, e non dei soli 3 frutto
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nel motore). I cerchi sono ora a 5 razze, mentre non cambia la misura degli pneumatici che è 120/70-15 all’avantreno e 160/60-15
al retrotreno. Confermata la coppia di dischi da 267 mm di diametro, serviti da pinze a 4 pistoncini, davanti, mentre dietro compare
un disco da ben 282 mm (al posto del precedente da 267 mm),
su cui lavorano due pinze diverse di cui una dedicata all’utilissimo
freno di stazionamento. Il TMAX è disponibile da dicembre nella
versione standard a 10.290 euro, da febbraio del 2012 arriverà in
Italia anche la versione ABS a 10.790 euro. Fossimo in voi, aspetteremmo quest’ultima. Rispetto al modello 2008 non cambiano le
sospensioni, che vedono confermate la forcella con doppia piastra
(come le moto) da 43 mm di diametro e 120 mm di escursione, e
il monoammortizzatore con 116 mm di corsa utile. Per chiudere il
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quadro della dotazione del nostro maxi scooter, va detto che sono
di serie sia il cavalletto centrale in acciaio che la stampella laterale
in alluminio forgiato.
La prova. Tante conferme e una sorpresa
La sella offre la seduta già apprezzata in passato. Dista 800 mm da
terra e ha un’imbottitura dura, come se ne trovano sulle moto dalle
velleità sportive. Dimenticatevi l’effetto poltrona Frau tipico di certi
maxi scooter, ed è un bene che sia così considerate le prestazioni
e il dinamismo di cui è capace il 530. Il manubrio cambia piega,
ora più aperta, ed è posizionato 5 mm più avanti. Nel complesso
si sta bene in sella al TMAX, che ospita adeguatamente anche il
passeggero, a cui è dedicato un ampio maniglione. Il parabrezza
delle modifiche al propulsore. Alchimia? No, la risposta è un’altra:
trasmissione a cinghia. La trasmissione finale a cinghia rimpiazza
infatti la doppia catena in bagno d’olio del precedente modello, che
era contenuta all’interno del forcellone. Solo di olio si risparmiano
ben 750 grammi, ma nel complesso il risparmio di peso tocca al
retrotreno quota 4 chilogrammi. Non male se si pensa che a questo si somma il minore assorbimento di potenza. Non è finita qua.
Alessandro Polati (product planner di Yamaha Europe, ascolta la
sua intervista) ci spiega che la cinghia del TMAX (che, lo ricordiamo, è rinforzata in Kevlar) ha una vita pari praticamente a quella
del veicolo. Va infatti ispezionata ogni 10.000 km, in occasione dei
tagliandi, e sostituita ai 40.000 km solo in presenza di danni esteriori. L’impatto estetico è ottimo, merito, oltre che della cinghia, del
forcellone in alluminio pressofuso.
Ciclistica. Nuovi cerchi e disco extra large dietro
Al pari del forcellone, anche il telaio è realizzato in lega leggera e
presenta leggeri modifiche solo nella zona di ancoraggio del forcellone. Cambia la ripartizione dei pesi, che grazie alla dieta del modello 2012 è ora del 48% davanti e del 52% dietro, molto simile a
quella di una moto quindi. Il nuovo TMAX pesa 200 kg a secco, che
diventano 217 in ordine di marcia (con 15 litri nel serbatoio e l’olio
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di diversi motociclisti che mettono le prestazioni in cima alla lista
delle preferenze.
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1 Cambia la strumentazione, dotata
ora di due strumenti analogici di
ottima leggibilità.
2 Quasi da superbike il lato “b”, che
riceve il fanale posteriore a led dalla
YZF-R1 del 2007.
3 La trasmissione finale a cinghia
rimpiazza infatti la doppia catena in
bagno d’olio del precedente modello.
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è regolabile su due posizioni (purtroppo serve la chiave a brugola,
manca infatti la regolazione manuale), già nella posizione inferiore
garantisce una valida protezione dall’aria sino alla massima velocità, che è di 160 km/h. Muoversi per le vie di Los Angeles è uno
spasso. La trasmissione automatica lavora con una dolcezza che
lascia a bocca aperta. E permette di guidare in scioltezza, con lo
sguardo di un bambino rivolto a scoprire questo incredibile scorcio
degli Stati Uniti d’America. Cambio e frizione possono pure restare
in Europa, il piacere di guida è grande anche alla guida di un (buon)
automatico. Al semaforo vengo puntualmente affiancato dai vari
SUV a 8 cilindri che al minimo fanno vibrare l’asfalto sotto al TMAX.
Il verde mi dà la scusa per fare “lo sborone”, e veder le auto yankee
diventare dei puntini negli specchietti del 530. Lo scatto è infatti imperioso. Un esempio di regolarità nello 0-30 km/h, passata
questa soglia il TMAX diventa una bestia e sfodera una capacità
di riprendere velocità semplicemente entusiasmante. Passa da 0
a 90 km/h in 5,8 secondi (prima ne occorrevano 7 netti ed era già
un bell’andare). L’erogazione è fluida anche ai regimi più bassi, salvo conquistare il pilota dai 3.000 ai 6.000 giri, accompagnata da
un sound allo scarico cupo, mai fastidioso. È difficile pretendere di
più sul fronte delle prestazioni da un maxi scooter. L’evoluzione del
2012 ha regalato al TMAX quel tocco di aggressività in più che ne fa
un mezzo capace di soddisfare i palati più esigenti. Compresi quelli
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La guida. Nel misto come e più di tante moto
Pratico in città, protettivo in autostrada, vediamo come se la cava
il TMAX sui percorsi tutte-curve. Con la collaborazione della Highway Patrol di Los Angeles (avete presente i mitici CHIPS?), che
ha chiuso un bel tratto di strada collinare, ci siamo divertiti parecchio in sella al maxi Yamaha in barba ai severi limiti imposti dalla
legge locale. Non ci sono santi, il 530 è più agile e prestante del
vecchio modello. I pochi chili di troppo sono stati tolti nel posto
giusto. Se prima il 500 andava benissimo, ora il suo successore
raggiunge la perfezione su strada. Preciso nello scendere in piega,
è una roccia nel mantenere la traiettoria e un fuscello nel cambiare
direzione. Nella guida sportiva solo il cavalletto centrale può infastidire, arrivando a toccare l’asfalto. Dai 60 orari sino ai 130 indicati
non fatica a tenere la scia della classica moto naked, che anzi può
essere colta alla sprovvista dalla solidità ciclistica e dalla prontezza del motore del TMAX. Degna di nota è anche la frenata, che si
conferma sugli alti standard del precedente modello. Dietro c’è ancora tanta modulabilità, che ora si accompagna con una potenza
accresciuta, utile soprattutto nella guida in discesa a pieno carico.
Le sospensioni lavorano in modo corretto, evidenziando una taratura sportiva. In particolare la forcella trasmette il giusto feeling
con l’anteriore e non cede neanche sotto l’azione potente della
coppia di dischi da 267 mm. Il monoammortizzatore risponde in
modo secco sulle asperità più evidenti, d’altra parte con 116 mm di
escursione non può fare i miracoli. Il consumo di benzina durante
il test è stato di circa 6,2 litri per 100 km, un dato nella media che
crediamo possa migliorare con una guida meno attenta a “cogliere
le prestazioni” dello scooter. Il TMAX 530 sarà disponibile in quattro colori (bianco, nero, grigio opaco e grigio metallizzato) e, alla
versione base, si affiancheranno lo Sport (dotato di schermo protettivo, schienale del passeggero, pedana in alluminio e porta targa
leggero) e il Touring (con portapacchi in alluminio, topcase da 50
litri, borsa per il tunnel e attacco del GPS). Paolo Pavesio (direttore
marketing di Yamaha Italia, ascolta la sua intervista) ci spiega nel
dettaglio le differenze tra i vari allestimenti, che garantiscono un
risparmio del 20% rispetto all’acquisto dei singoli accessori. Un
consiglio infine agli amici motociclisti, in particolare a chi guarda
con scetticismo le due ruote automatiche (scooter o moto che siano). Come dice Nico Cereghini, provatelo, salite in sella al TMAX
senza preconcetti. Siamo certi che avrà in serbo per voi più d’una
sorpresa.
Tmax x sempre....
E arrivo da una moto
(f800r)e da quando ho preso il
tmax per mè è un’ altro pianeta,e
riesco a sfruttarlo in qualsiasi
situazione.
franco4101 - 07/12/2011
T-Max? Meglio di tante
moto!!!
Sono motociclista da molti anni e
ho avuto 6 moto finora, ma sono
sempre stato lì lì a prendermi
il TMax e penso che prenderò
quest’ultima versione, che trovo
perfetta! Vi assciuro che si resta
increduli da quanto efficente e
bello da guidare sia!!Nei tornanti
ho visto parecchi TMax
“fumarsi” fior di moto sportive
e non... e lasciare esterefatti i
relativi motociclisti ...
kate03 - 09/12/2011
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Yamaha
SCHEDA TECNICA
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15 Dicembre
TMax 530
Tempi: 4
€ 10.290
Cilindri: 2
Cilindrata: 530 cc
Raffreddamento: a liquido
Avviamento: E
Potenza: 34.2 kW / 6750 giri
Coppia: nM / 5250 giri
Marce: AV
Freni: DD-D
Misure freni: 267-282 mm
Misure cerchi (ant./post.): 15’’ / 15’’
Normativa antinquinamento: Euro 3
Peso: 217 kg
Lunghezza: 2200 mm
Larghezza: 775 mm
Altezza: 800 mm
Capacità serbatoio: 15 l
Segmento: Scooter Ruote basse
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Motore supersportivo in un corpo decisamente atletico: questo è
la nuova Super Duke R. In vendita presso i Concessionari ufficiali
KTM a partire da febbraio 2012 al prezzo di € 11.995 IVA inclusa
N
el 2005 la KTM Super
Duke arrivò sul mercato come un fulmine
a ciel sereno. Mai, prima di allora, una naked era stata così
aggressiva, radicale. In tutti
16
questi anni di carriera, la Super Duke è riuscita ad affermarsi sul
mercato forte di una personalità stilistica unica, di una ciclistica
caratterizzata da componenti di altissima qualità (freni Brembo,
sospensioni WP) e di prestazioni ultrasportive che l’hanno portata
addirittura a competere in pista ad alti livelli in un trofeo a lei dedicato, o a sfidare a viso aperto i competitor più aggressivi. La nuova
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SPORT
KTM 990 Super Duke R 2012
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Super Duke R 2012 ha nel suo DNA i geni di tutte le Super Duke
che l’hanno preceduta, e riesce in un sol colpo a riunire le qualità
dei due modelli che va a sostituire. La fruibilità della Super Duke
da una parte, la potenza e la sportività della versione R dall’altra
trovano perfetto compendio nella Super Duke R 2012 che si presenta sul mercato più competitiva che mai. Questa naked senza
compromessi monta l’ultima evoluzione del fantastico bicilindrico
LC8 da 990 cc, il più leggero al mondo della sua categoria con i
suoi 58 kg. Nella configurazione 2012 eroga una potenza di 125
CV, ottimizzata rispetto alla versione 132 CV del modello R precedente e con un valore di coppia sempre consistente fin dai regimi
più bassi.
Motore supersportivo in un corpo decisamente atletico: questo è
la nuova Super Duke R, che come tutte le bicilindriche realizzate
a Mattighofen può contare su un telaio a traliccio in tubi di acciaio CrMo e su raffinatissime sospensioni pluriregolabili marchiate
WP. Sia la forcella sia l’ammortizzatore sono infatti propri del precedente modello R e sono regolabili in ogni direzione, il mono addirittura presenta la doppia regolazione alte/basse velocità, una
soluzione tipica delle moto supersportive. Le misure ciclistiche
radicali con un angolo di sterzo di soli 22,7° puntano a un‘agilità
unica, e il nuovo ammortizzatore di sterzo regolabile tiene sotto
controllo la stabilità. Dal 2012
anche il passeggero potrà godere di queste sensazioni visto
che la Super Duke R 2012 adotta di serie una comoda sella biposto che riprende l’altezza del
modello base, quindi più accessibile ad un maggior numero di
utenti. Il telaio, rigorosamente
arancio come tutte le KTM “R”,
è verniciato a polvere, come i
cerchi e il forcellone rigorosamente neri.
I più tecnici noteranno senza
dubbio gli steli forcella trattati
al TiaIN per una maggiore scorrevolezza e la piastra superiore
di sterzo fresata CNC. In vendita presso i Concessionari ufficiali KTM a partire da febbraio
2012 al prezzo di € 11.995 IVA
inclusa, franco concessionario.
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di Maurizio Tanca | Il celebre atelier francese Boxer Design ha
presentato a Parigi questa potente naked motorizzata V2 turbo
da 1000 cc, realizzata con Akira Technologies.
Il telaio è monoscocca, in carbonio
B
oxer Design è un nome
ben noto nell’ambiente
motociclistico, francese
e non, anche perché nel corso
dell’ultimo quarto di secolo
ha collaborato con numerosi
marchi del mondo auto motive – moto in particolare – nello studio e nella realizzazione
di concept, prototipi e anche
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veicoli finiti. Il fondatore, Thierry Henriette, iniziò nella metà degli
anni ottanta a creare interessanti prototipi, realizzando talvolta,
come nel caso della VB1 Sport del 1999, anche qualche decina di
esemplari finiti. Al Salon de la Moto, Scooter e Quad, terminato
domenica 5 dicembre a Parigi, Boxer Design ha presentato la sua
nuova creazione: la Superbob. Si tratta di una potente concept
naked la cui ossatura portante è costituita da una struttura monoscocca in fibra di carbonio, che funge anche da airbox, alla quale
sono appesi motore e sospensioni, e con telaietto posteriore in
tubi ad essa imbullonato.
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SPORT
Superbob, concept v2
da 160 cv
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Motore
Il motore, realizzato in collaborazione con i partner francesi di Akira Technologies (che qualche anno fa si occupavano dei motori
Kawasaki da Superbike), funge quindi da elemento stressato: è un
V2 longitudinale a 88° da 997 cc (alesaggio e corsa 94x71,8 mm)
raffreddato ad acqua e olio, con testate bialbero a 4 valvole per
cilindro e alimentato tramite un turbocompressore: quest’ultimo
funziona a bassa pressione, compresa tra 0,3 e 0,4 bar, e offre una
curva di erogazione molto ben sfruttabile, in particolare ai bassi e
medi regimi. Il nuovo V2 transalpino eroga poco più di 160 cv (118
kW) a 9.500 giri, corroborati da una coppia massima di 12,7 kgm
(125 Nm) a 8.000 giri. Il reparto trasmissione comprende frizione
in bagno d’olio a comando idraulico, cambio a 6 marce e cinghia
dentata finale.
Ciclistica
La ciclistica punta su una sospensione anteriore progettata da
Boxer Design – e apparentemente simile alla Duolever delle BMW
serie K – il cui ammortizzatore centrale è regolabile in precarico
ed estensione e consente alla ruota anteriore un’escursione di 115
mm. Al retrotreno svetta un monobraccio in alluminio, con mono
parimenti regolabile ed escursione ruota di 120 mm. L’impianto
frenante Brembo è costituito da due dischi anteriori da 320 mm,
con pinze radiali a 4 pistoncino, e da un disco posteriore da 245
mm con pinza a 2 pistoncini.
Le ruote in lega hanno cerchi da
3.50 e 6.00 x 17”, con pneumatici da 120/70 e 190/55 davanti
e dietro.
La Superbob ha un’interasse
di 1.493 mm, mentre le quote
dell’avantreno riportano 24°
di inclinazione del cannotto e
117,3 mm di avancorsa. Altri
numeri: il serbatoio ha una capacità di 16 litri (4 dei quali di
riserva), il piano sella è a 825
mm da terra e il peso, col serbatoio pieno, è di soli 199 chili;
mentre quello a secco dichiarato è di 175. Sembra che la Boxer Design Superbob potrebbe
uscire dallo status di “concept”
e diventare pronta per la produzione entro un paio d’anni,
ovvero il tempo necessario per
la fase di sviluppo. Quanto al
prezzo, a Parigi si è parlato di
circa 20.000 euro. Staremo a
vedere.
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Per la serie: “Roba da matti”…
di Maurizio Tanca | Sands, già avvezzo a lavorare attorno alle Ducati
questa volta ha preso una Ducati Desmosedici RR stradale, ne ha
smontato il motore e l’ha rimontato in un classico telaio a traliccio
R
oland Sands, classe
1974, da Long Beach
(California), ex campione AMA della classe 250GP.
Come molti sapranno, Roland
ormai da tempo si diletta a costruire meravigliose special di
ogni tipo, e a ritirare i relativi
premi alle esposizioni specializzate. Roland iniziò questa
sua attività con la californiana
Performance Machine, ma da
qualche anno (sei, per la precisione) si è messo in proprio, e
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con il suo marchio, RSD (Roland Sands Design), si diverte a combinarne di tutti i colori. I lettori più appassionati ricorderanno certamente la terribile Yamaha TZ 750 quadricilindrica a 2 tempi che
il grande Kenny Roberts (Senior) guidava sugli ovali sterrati. Bene,
oggi Roland Sands, già avvezzo a lavorare attorno alle Ducati (vedi
1098, Sport Classic, Hypermotard…) stavolta ha preso addirittura
una Ducati Desmosedici RR stradale, ne ha smontato il motore e
l’ha rimontato in un classico telaio a traliccio – con monobraccio
posteriore pure a traliccio – realizzando un incredibile ordigno da
traversi sullo sterrato, per chi abbia il pelo per farlo. Come i colleghi di Cycle Wolrld, per esempio, e nella fattispecie Mark Cernichy,
che però con la Desmosedici Street Tracker se n’è andato anche
in giro strada. Ecco il video relativo al test di questo mostro. Ah,
notare le dimensioni della gomma posteriore…
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SPORT
Le novità Suzuki al 42° Tokyo Motor Show
A Tokyo Suzuki ha presentato motocicli pensati per rispondere
attivamente alle esigenze di mercato, prototipi progettati ponendo la
massima attenzione ai nuovi scenari del panorama automotive, oltre
alla nuova Inazuma 250. Vediamoli
A
Tokyo Suzuki ha presentato motocicli pensati per rispondere
attivamente alle esigenze del
mercato, prototipi progettati
ponendo la massima attenzione ai nuovi scenari del panorama automotive, oltre alla nuova
Inazuma 250, vediamoli.
Q-CONCEPT
Q-Concept è una veicolo a
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due-posti per la mobilità urbana di tutti i giorni e rappresenta una
nuova tipologia di mobilità posizionata in un interessante territorio, tutto da esplorare, a metà strada tra le moto e le auto. Con
2.5 metri di lunghezza e due posti con configurazione variabile dei
sedili, è ideale per gli spostamenti di tutti i giorni in un raggio di 10
km. Il modulo “a tandem” (presente sullo stand) prevede il posto
per due adulti allineati, la configurazione “a freccia” dispone di un
unico sedile anteriore per il genitore e due sedili per bambini nella
parte posteriore, e ancora il modello business è configurato come
un veicolo per il trasporto merci con un unico sedile anteriore e
spazio per il carico nella parte posteriore. Le dimensioni di Q-Concept realizzano un’impronta a terra del veicolo poco più grande
di quella di una moto e inferiore anche a quella di un’auto compatta, senza nulla togliere alla garanzia di mobilità confortevole,
sicura e pratica di una moderna vettura. In uno scenario futuro
dove lo spazio sarà una risorsa scarsa, Q-Concept rappresenta il
capostipite Suzuki di un interessante filone progettuale. Protagonisti della scena anche i prototipi e-Let’s e Burgman fuel-cell che
dimostrano l’impegno costante e attivo di Suzuki nell’ambito delle
energie alternative e dello sviluppo di veicoli elettrici e ibridi.
E- LET’S
Lo scooter elettrico e- Let’s è uno scooter elettrico che coniuga
emissioni zero alla praticità richiesta negli spostamenti quotidiani.
e- Let’s è dotato di un motore dalle ottime performance, assemblato sulla ruota posteriore e in grado di generare e recuperare energia durante la frenata; inoltre è equipaggiato con una batteria al
litio e un sistema di carica, il tutto montato su un telaio leggero e
compatto, con un peso complessivo inferiore a quello di uno scooter alimentato a benzina; e-Let’s offre un’accelerazione fluida, una
guida scattante, rumorosità e
vibrazioni estremamente ridotte e nessun impatto ambientale, peculiarità di questo scooter.
La batteria si ricarica tramite
una normale presa di corrente;
una carica consente un’autonomia di circa 30 km (assumendo
una velocità di 30 km/h su strade pianeggianti). Nel settembre
2010 sono partiti i primi test su
strada di e-Let’s. I risultati di
queste prove serviranno per verificare l’affidabilità dello scooter al fine di poter avviare al più
presto la produzione di questo
modello.
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Burgman fuel-cell
Il Burgman fuel-cell ha debuttato durante l’edizione 2009 del
Tokyo Motor Show. Da allora è
stato sottoposto a numerose
prove su strada nel Regno Unito
e in Giappone ed è diventato il
primo veicolo a celle combustibili a ottenere l’omologazione
europea (Whole Vehicle Type
Approval). L’attenzione costante di Suzuki verso sistemi
eco-compatibili è dimostrata
dal continuo sviluppo di questo
scooter ibrido.
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Inazuma 250
Si chiama Inazuma – letteralmente “fulmine”, nome peraltro già
usato in precedenza da Suzuki, per esempio sulla naked GSX750 la simpatica bicilindrica che ha debuttato al NEC di Birmingham, e
che ovviamente si propone agli aspiranti biker come a chi medita
il ritorno a una passione mai sopita, piuttosto che a chi desideri un
mezzo leggero e generalmente poco impegnativo, che però non sia
uno scooter. La cilindrata 250 in effetti è interessante per chi voglia
scorrazzare facilmente senza troppe pretese, e questa Inazuma,
vista appunto nell’ottica dell’utilizzo utilitario anche quotidiano,
potrebbe esserlo a maggior ragione rispetto a proposte più sportive con carena e semimanubri. In Italia, peraltro, se parliamo di
analoghe proposte bicilindriche di questa cubatura, solo Hyosung
ha in listino da tempo la peraltro piacevole Comet GT con motore
a V, mentre Kymco vanta la Venox, altra interessante V2, ma più
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occhieggiante allo stile custom/cruiser. Per lo sviluppo della nuova Inazuma sono stati posti obiettivi importanti, quali un elevato
livello qualitativo e prestazioni interessanti: per raggiungerli, l’R&D
Suzuki ha ovviamente utilizzato le tecnologie e l’esperienza maturate nello sviluppo di motorizzazioni di grossa cilindrata. Il nuovo
bicilindrico fronte marcia, che dalle foto sembrerebbe senz’altro
un bialbero in testa, ha una cilindrata di 248 cc, e gode di un innovativo sistema di raffreddamento a liquido, che aiuta a produrre
bassissimi livelli di emissioni, garantendo elevate performance e
massima durata nel tempo. L’alimentazione è a iniezione elettronica, mentre il cambio è a 6 marce, rapportato in modo da sfruttare al meglio l’erogazione ai bassi e medi regimi. Da notare che il
serbatoio tiene 13,3 litri, mentre il piano della sella è a 780 mm da
terra. Quanto allo stile, alcuni spunti portano senz’altro alla ben più
poderosa B-King (musetto, e vagamente la coda) e alle GSR (più la
600 che la 750, vedi serbatoio).
Anche a livello di prezzo attendiamo ovviamente informazioni: in Inghilterra, dove la nuova
Suzukina arriverà tra poco
meno di un anno, si parla di una
quotazione che la piazzerebbe
tra la Honda CBR e la Kawasaki
Ninja R. Poiché la conferma della importazione anche in Italia è
arrivata fresca fresca, aspettiamo a breve termine qualche notizia riguardo a quando questa
moto arriverà dai nostri concessionari, e a che prezzo.
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DDC: le sospensioni semi attive BMW
Dopo ESA II è la volta dell’innovativo DDC. BMW Motorrad ha
infatti realizzato il primo sistema elettronico di sospensioni
semi attive che equipaggerà i futuri modelli. Scopriamo come
funziona
B
MW Motorrad prosegue lo sviluppo delle sospensioni elettroniche destinate alle moto. Dopo ESA II arriva oggi il sistema di regolazione della ciclistica semiattivo Dynamic
Damping Control, in breve DDC.
Tante le novità introdotte dalla BMW nel campo delle sospensioni motociclistiche
BMW Motorrad, introducendo il monobraccio posteriore Paralever nel 1986, posò una pietra miliare nell’ambito della tecnologia
delle sospensioni. Questa soluzione migliorava notevolmente sia
la parte ciclistica che la trasmissione. Per la prima volta nel 1993,
con il rinnovamento del boxer, venne introdotta nella produzione
di serie una sospensione anteriore che separava le funzioni di ammortizzazione da quella di guida: il Telelever. Il successivo passo
nella tecnica della ciclistica fu la sospensione anteriore Duolever,
presentata nel 2005 con la rinnovata serie K. Nel 1988 BMW introduce, primo costruttore al mondo, il sistema ABS sulla K1, di
lì in avanti il sistema è stato continuamente aggiornato. Nel 2007
BMW presenta il primo sistema antislittamento per le moto di normale produzione: l’ASC (Automatic Stability Control) che, leggendo la velocità dei pneumatici tramite le ruote foniche del sistema
ABS, interviene evitando che lo slittamento della ruota posteriore
identificato con una differenza di velocità rispetto a quela anteriore, provochi la perdita di aderenza. Nel 2009, con il lancio della
BMW S1000RR, viene presentato il Controllo dinamico della trazione DTC (Dynamic Traction Control) che per la prima volta in
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una motocicletta di serie considera nell’intervento di regolazione
dello slittamento anche molti altri parametri come l’inclinazione
della moto, la velocità e la mappatura motore scelta dal pilota.
Dynamic Damping Control DDC: la tecnologia delle sospensioni
semiattive
Nel 2004 viene presentato il sistema di regolazione elettronica
delle sospensioni ESA (Electronic Suspension Adjustment), un sistema che permette al pilota di variare la taratura degli ammortizzatori premendo semplicemente un pulsante al manubrio, anche
in movimento. Anche questo sistema è stato soggetto ad aggiornamenti, nel 2009 è stato introdotto il sistema ESA II con nuove
funzioni. Il passo logico successivo: il controllo semiattivo delle
sospensioni ossia l’adattamento automatico degli elementi
delle sospensioni alle differenti condizioni di utilizzo della
moto, per esempio alle variazioni del fondo stradale o alle
manovre di guida. Questo rappresenta il prossimo stadio dello sviluppo. BMW Motorrad ha
messo a punto il sistema Dynamic Damping Control DDC. vDa
diversi anni tecnologie analoghe vengono applicate con
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successo nel settore automobilistico, per esempio sulla BMW M3
e sulla BMW M5. Le sinergie nel lavoro di sviluppo sono facilmente
riconoscibili. La sfida consisteva nell’adattare il sistema alle esigenze specifiche della guida di una motocicletta e nell’integrare i
relativi sistemi di regolazione.
L’evoluzione: da ESA II a DDC
Con il lancio delle sospensioni a regolazione elettronica ESA II
(Electronic Suspension Adjustment), oltre alla regolazione dei
due ammortizzatori anteriori Duolever/Telelever e del sistema
posteriore, Paralever, premendo semplicemente un tasto il pilota
può modificare anche la rigidità dell’ammortizzatore posteriore
dunque, la “rigidità” della molla. Le linee caratteristiche di molla e
ammortizzatore permettono un adattamento della taratura della
ciclistica alle particolarità del fondo stradale e allo stato di carico
a un livello finora mai raggiunto. ESA II è stato il primo sistema
di taratura elettronica della ciclistica del mondo a offrire ampie
possibilità di regolazione. Il Dynamic Damping Control compie un
ulteriore passo con l’obiettivo di dare al pilota un comportamento di guida ancora più stabile. Il DDC è un sistema di sospensioni
semiattivo che reagisce automaticamente a manovre come la frenata, l’accelerazione o la guida in curva da un lato e, dall’altro, alle
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Il DDC è un sistema di sospensioni semiattivo
che reagisce automaticamente a manovre
come la frenata, l’accelerazione o la guida in
curva da un lato e, dall’altro, alle irregolarità del
fondo stradale, adattando la risposta delle
sospensioni attraverso delle valvole
ammortizzatrici controllate elettricamente
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irregolarità del fondo stradale, adattando la risposta delle sospensioni attraverso delle valvole ammortizzatrici controllate elettricamente in base ai parametri rilevati dai sensori e tenendo conto
della condizione di guida al momento dell’intervento. Il DDC è collegato in rete attraverso il CAN-bus con il controllo della trazione
DTC e con l‘ABS. Il DDC riconosce gli interventi di regolazione dei
vari sistemi e adatta la reazione della sospensione alla situazione
attuale e secondo la fase di escursione, in maniera distinta in compressione o in estensione. La regolazione della sospensione avviene attraverso una valvola ammortizzatrice a controllo elettrico in
cui vengono modificati la fessura anulare e, conseguentemente, la
sezione di passaggio dell’olio dell’ammortizzatore. La variazione
della velocità del flusso e della pressione determina una variazione
inversamente proporzionale alla forza di ammortizzazione per alcuni millesimi di secondo. A differenza del sistema ESA II, il Dynamic Damping Control DDC non lavora sulla base di linee caratteristiche ma in base a delle mappature che rappresentano la taratura
ottimale degli ammortizzatori nell’ambito di un campo predefinito. Anche in questo sistema sono disponibili tre mappature che
permettono al guidatore di impostare le sospensioni secondo le
proprie preferenze personali. Premendo un tasto e selezionando
una delle configurazioni di base „Comfort“, „Normal“ e „Sport“,
come già con l’ESA II, la taratura selezionata viene visualizzata
nella strumentazione combinata. Analogamente a ESA II, il DDC
offre la variazione del tasso di compressione della molla.
Funzionamento del DDC durante la guida
Prima di partire, l’accensione del quadro attiva il check del sistema
e il flusso d’informazioni scorre attraverso la rete CAN-bus dalla
gestione motore, dalla centralina dell’ABS, dal sensorbox (DTC) e
dai sensori degli ammortizzatori alla centralina del Dynamic Damping Control (DDC). Nella strumentazione combinata appare un
messaggio. Nella fase di avviamento della motocicletta, a partire
da una velocità minima liberamente selezionabile, vengono controllate le valvole della sospensione anteriore e posteriore (flusso di corrente). Quando il pilota accelera, per esempio all’uscita
da un centro abitato, in conseguenza alla variazione della coppia
motrice e alla variazione dinamica della ripartizione delle masse
tra le ruote con un normale schiacciamento del retrotreno, viene
aumentato l’intervento sulla valvola dell’ammortizzatore posteriore. Quando la moto raggiunge la velocità di crociera, il controllo
della valvole ripristina il valore originale (flusso inferiore di corrente rispetto alla fase di avviamento). Il flusso d’informazioni parte
dalla manopola del gas, passa per la gestione motore e raggiunge
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la centralina del DDC e infine le
valvole dell’ammortizzatore. Se
il pilota percorre per esempio
una doppia curva, l’intervento
sulle due valvole degli ammortizzatori viene incrementato
parallelamente
all’aumento
della posizione inclinata fino
alla corda della curva, partendo
sempre da un flusso di corrente
basso. Quando la motocicletta
ritorna alla posizione normale
tra la prima e la seconda curva,
l’intervento di controllo delle
due valvole degli ammortizzatori diminuisce parallelamente alla riduzione dell’angolo di
inclinazione, fino a ritornare al
valore originale. Al momento
di entrata nella seconda curva,
l’intervento di controllo aumenta proporzionalmente all’angolo d’inclinazione e si riduce
nuovamente dopo che la moto
ha superato il punto di corda
della curva. Il flusso d’informazioni scorre dal sensorbox
(DTC) alla centralina del DDC
e da qui nuovamente alle valvole ammortizzatrici. Nelle fasi
di frenata, per esempio a un
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passaggio a livello, l’intervento di controllo sulla valvola ammortizzatrice anteriore aumenta proporzionalmente alla decelerazione,
elevando così le forze di ammortizzazione e, conseguentemente,
la stabilità di guida durante la frenata. Il Dynamic Damping Control
DDC considera sia la fase dinamica del processo di frenata fino al
raggiungimento di una decelerazione costante e di una ripartizione equilibrata del carico tra le ruote che la successiva fase statica.
Una volta raggiunta la velocità adattata, in questo caso quella necessaria per attraversare il passaggio a livello, diminuisce il flusso
di corrente e così anche l’intervento di controllo, fino a ripristinare il valore di base. Il flusso d’informazioni parte dalla pompa del
freno a mano del manubrio all’ABS e da qui raggiunge le valvole
passando attraverso la centralina del DDC. Durante l’attraversamento del passaggio a livello (descritto qui a titolo rappresentativo per qualsiasi tipo di irregolarità del fondo stradale) le valvole
dell’ammortizzatore anteriore e posteriore vengono controllate
separatamente (attraverso il flusso di corrente), in proporzione
alla rispettiva escursione. Il flusso d’informazioni parte dai sensori che misurano l’escursione anteriore e posteriore, raggiunge la
centralina del DDC e da qui raggiunge le valvole. Se il pilota arresta
la motocicletta, inizialmente l’intervento di controllo sulle valvole
segue il processo di frenata già descritto. Una volta che la motocicletta è ferma, viene disattivato il flusso di corrente e, conseguentemente, il controllo delle valvole. I vantaggi del Dynamic Damping
Control DDC: in brevissimo tempo il sistema valuta un alto numero
d’informazioni e seleziona con la massima precisione la taratura
della ciclistica più adatta alla situazione attuale, così da aumentare notevolmente la sicurezza di guida attiva, il comfort di marcia e,
naturalmente, il divertimento di guida. Il sistema di molle/ammortizzatori DDC verrà introdotto prossimamente nei primi modelli di
serie di BMW Motorrad.
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Quello che vorrei è uno scudo termico più
bello di questo. E’ proprio impossibile realizzarne
uno esteticamente pregevole?
di Nico Cereghini | Per l’uso quotidiano invernale il telo copri gambe
è una gran cosa, e sugli scooter ci sta bene; ma quanto è brutto sulla
moto! Si può far niente?
C
iao a tutti! Dicembre è
già qui, si avvicina il Natale, la morsa del gelo
inizia a farsi sentire e quella
della crisi pure. E se difendersi
dalla minaccia finanziaria globale pare impossibile, per tutti
quelli tra noi che continuano
ad usare la moto tutti i giorni la
domanda è: grembiule sì oppure grembiule no? Perché se vogliamo tenere al caldo le gambe
abbiamo soltanto due opzioni:
o un copri pantaloni pesante,
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poco pratico da infilare e da togliere diverse volte al giorno, oppure il famoso grembiule inventato dal Tucano. Che sullo scooter si
nota poco e qualche volta è addirittura bellino nelle sue colorazioni
dalmata o leopardo, ma sulle moto fa quello che io definirei l’effetto dello sfollato. Io l’ho usato, il copri gambe Gaucho con l’interno
imbottito in finto pelo, e vi assicuro che funziona perfettamente e
potrei circolare in città con i jeans a dieci sottozero senza patire;
però mi sento un povero pakistano che porta verso il confine ad
alta quota il suo carretto, con la famigliola e tutte le sue carabattole
coperte dal telo impermeabile. Tra il copri gambe Gaucho e la mia
elegante bicilindrica 1200 metallizzata c’è una certa discrasia (dal
greco: cattiva mescolanza), tanto per usare una parola difficile e far
capire che saremo anche indisciplinati ma non siamo stupidi e abbiamo una certa cultura. Così alla fine non so decidermi: il Gaucho
“
“Il gelo minaccia anche l’eleganza”
al momento è nel box, in un angolo, sempre meno utilizzato e sempre più polveroso; però lo guardo ogni mattina e mi sa che presto
gli darò una pulitina con la spugna. Gli voglio bene, al mio Gaucho,
e del resto è un oggetto con una certa tecnologia; ha per esempio
un sistema brevettato per evitare lo sventolìo alle alte velocità con
camere gonfiabili sui bordi, cosa che in città non serve ma in autostrada o in tangenziale, nel caso, sì. E comunque ho sperimentato
che, per quanto ingombrante sia, nel traffico non mi impiccia e soprattutto che tiene caldo. Quello che vorrei è uno scudo termico
più bello di questo. E’ proprio impossibile realizzarne uno esteticamente pregevole? Non parlo di moto sportive, sulle quali il telo
copri gambe sarà sempre fisicamente estraneo, ci mancherebbe;
parlo delle naked metropolitane e soprattutto delle Gran Turismo,
sulle quali lo spazio per fare un discreto lavoro certo non manca.
Fossi il signor BMW, da secoli specialista del viaggio su due ruote,
l’avrei già inventato di sicuro un telo a scorrimento contenuto nella
carenatura; pronto ad uscire quando il termometro va sotto lo zero
agganciandosi all’abbigliamento del suo pilota e sigillandolo provvisoriamente. Sicuro, però: che si sganci subito alla bisogna. Per il
signor Tucano è meglio di no, è preferibile che nessun costruttore
ci pensi, così da piazzare milioni e milioni di Gaucho. Però allora,
caro Tucano, pensa per favore a qualcosa di più bello.
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di Nico Cereghini | Un elenco dei momenti più emozionanti della
nostra carriera di motociclisti. Per me, altrettante prime volte che
restano indelebili nella memoria. E’ bello ragionarci sopra anni dopo
C
iao a tutti! Una foto che
emerge dal passato,
un ricordo che affiora
con tutta l’emozione di allora,
e ti rendi conto che la moto
ha significato tanto nella tua
vita. Non tutto, certo, ma tanto. Da ragazzo pensavo che la
motoretta di quarta mano che
allora potevo permettermi fosse soltanto un ripiego, e che la
strada che facevo la mattina
presto verso il liceo fosse una
tappa insignificante in attesa
di guadagnare qualche soldo,
permettermi una moto vera, e
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partire. Invece ero già dentro nella mia storia. In pieno. Tutti i ricordi vanno conservati con cura, anche se sembrano poco importanti,
perché sarà bello leggerli tanti anni dopo alla luce dell’esperienza; e spesso, vi assicuro, vi sorprenderà scoprire che erano pieni
di significati. Allora, se volete e anche se non siete dei vecchietti
con una vita alle spalle ma dei ragazzi proiettati nel futuro, avanti
con un’altra classifica: i cinque ricordi più appassionanti. Intorno
alla moto, naturalmente. E comincio con l’elencare i miei. Al primo
posto, manco a dirlo, la velocità: quella sensazione di estasi assoluta che provai a diciassette anni, tutto spianato (senza il casco)
sulla mia Gilera 98 Giubileo. L’ago del tachimetro ballava intorno
ai 100, saranno stati forse 90 chilometri orari effettivi, ma per me
che venivo da un cinquantino sfiatato era una soglia spaziale. Mai
provato un’emozione simile, parlando di velocità, nemmeno a 300
all’ora sulle GP 500 di dieci anni dopo. Al secondo posto la moto
con la ragazza. Non potrò mai dimenticare la prima volta che misi
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“Cinque ricordi intorno alla moto”
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Al primo posto, manco a dirlo, la velocità...
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insieme i due soggetti del mio desiderio, le mani di lei allacciate
intorno a me, il contatto morbido contro la mia schiena soprattutto in frenata. Non avrei voluto fermarmi più. Al terzo posto infilerei un ricordo di corse, ce ne sono tanti di bellissimi che utilizzo
quando il morale è basso, ma non vale: qui parliamo di strada e di
esperienze comuni. E allora torno sulle primizie: la prima volta che
scoprii l’alta tecnologia. Nel mio caso era il primo freno a disco,
montato all’avantreno della Honda 750 Four nel 1970. Ricordo il
giorno preciso e l’ora: a metà pomeriggio di un giovedì sulla superstrada Milano-Lecco. Ero scettico: frenerà davvero? Ma ero anche
disposto a fidarmi perché i tamburi di allora avevano un problema
enorme: scaldandosi, per esempio in discesa, ti mollavano. C’era
un disco solo, sulla Honda, ma mi sembrò fenomenale. Al quarto
posto un notte d’agosto in Grecia, luna piena che illuminava a giorno un ampio sterrato deserto e ben tenuto. Oggi non si può fare
(e i benpensanti mi diranno “anche allora!”), come giri la chiave si
accendono le luci anabbaglianti; ma quei pochi minuti a fari spenti
restano lì come una magia irripetibile. Così come il quinto ricordo
della mia modificabile classifica personale: la prima volta che scesi
in pista. Ducati 250 Desmo grigio argento, pista corta di Monza,
pioggerella autunnale, giubbino di nylon blu, niente guanti perché
proprio non li possedevo, casco bianco a scodella in prestito. E la
scoperta che sul bagnato ci sapevo fare. Avete voglia di elencare e
raccontare i vostri ricordi?
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“Lubrificazione e prestazioni”
di Massimo Clarke | Diversi motori ultrasportivi dell’ultima
generazione adottano un circuito a carter secco. Ecco alcune
considerazioni in merito ai vantaggi che può offrire questa
soluzione e ad altri aspetti della circolazione dell’olio
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no dei problemi dei motori che raggiungono regimi di rotazione molto elevati è quello del contenimento delle perdite
meccaniche, ovvero degli assorbimenti di potenza dovuti
agli attriti, al pompaggio, alla “ventilazione interna” e allo sbattimento (che, a ragione, diversi tecnici chiamano “freno olio”). Per
quanto riguarda quest’ultimo, si tratta in pratica della resistenza
causata dal lubrificante, che ostacola il movimento dell’albero a
gomiti e delle bielle all’interno della camera di manovella. Una cosa
è fendere aria pura e un’altra è “tagliare” una densa pioggia di olio!
Si deve anche tenere conto del fatto che il lubrificante possiede
una considerevole viscosità. Osservazioni effettuate con l’ausilio
di una finestrella trasparente hanno consentito di appurare che,
almeno in certe situazioni, l’olio tende ad “avviluppare” gli organi
del manovellismo, frenandone il movimento in misura ancora superiore a quanto ci si potrebbe aspettare. Per superare questo
problema, almeno parzialmente, in prima battuta i progettisti di
motori di moto hanno installato una o più paratie all’interno del
basamento, in grado di separare la camera di manovella dalla
coppa dell’olio. Poi ci si è spinti più in là, realizzando delle paratie
“raschianti” o quasi e disponendo la coppa sotto l’alloggiamento
del cambio, ossia ben lontana dal vano in cui si muove l’albero a
gomiti. Un ulteriore step è stato effettuato piazzando i passaggi di
ritorno dell’olio dalla testa all’esterno della camera di manovella e
facendoli sfociare direttamente al di sopra della coppa.
Una cosa è fendere aria pura e un’altra è
“tagliare” una densa pioggia di olio!
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Il rimedio definitivo è costituito dal passaggio alla lubrificazione a
carter secco con camera di manovella che viene mantenuta in depressione da una o più pompe di recupero di portata esuberante.
Questa è in effetti la soluzione impiegata in tutti i motori delle motoGP, e in alcuni recentissimi bicilindrici di serie. Fino a pochi anni
fa, comunque, i circuiti a carter secco venivano impiegati per altre
ragioni (che rimangono tuttora valide, ovviamente). Tanto per cominciare, permettono di ridurre l’ingombro verticale del motore,
eliminando la coppa. Un vantaggio non da poco, in certi casi. Così
si spiega l’adozione di tali sistemi di lubrificazione in molti grossi
monocilindrici. In seconda battuta, la soluzione assicura ai componenti interessati (cuscinetti dell’albero a gomiti in primo luogo)
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un flusso di olio in pressione continuo in qualunque situazione, ivi
comprese le impennate, i salti e via dicendo. La pompa di mandata
infatti può “pescare” sempre il lubrificante dalla parte inferiore del
serbatoio, opportunamente conformata.
Carter secco
Nei moderni motori di elevata
potenza specifica, per migliorare il raffreddamento dei pistoni (che altrimenti raggiungerebbero temperature troppo
elevate) si adottano dei getti di
olio emessi da appositi ugelli.
Questo ovviamente peggiora
le cose, per quanto riguarda le
perdite per sbattimento, ma si
tratta di un male necessario.
15 Dicembre
Come funziona?
Un circuito di lubrificazione a carter secco prevede l’impiego di due
pompe; a quella di mandata infatti se ne aggiunge una di recupero, che provvede ad aspirare il lubrificante (ma sarebbe forse più
corretto dire la schiuma aria-olio) da un pozzetto praticato nella
parte inferiore della camera di manovella. Spesso rispetto a questo schema base ci sono delle “variazioni sul tema”. Le pompe di
recupero possono infatti essere numerose. Nei motori di Formula
Uno si è arrivati ad impiegarne una decina; qui occorre tenere presente che oltre alle camere di manovella (che in un V10 sono cinque e in un V8 quattro) ci sono anche le teste dalle quali aspirare
il lubrificante. Questo non perché esso non scenda sotto l’azione
della gravità, ma in quanto nelle curve l’accelerazione trasversale
può raggiungere valori impressionanti, tali da ostacolare il ritorno
dell’olio (che in certi casi invece di scendere può addirittura essere
spinto verso le teste!). In diverse esecuzioni moderne (vedi KTM) il
serbatoio dell’olio viene incorporato nello stesso basamento, cosa
che consente di eliminare le tubazioni e i raccordi esterni. Nelle
MotoGP, come pure nella recentissima Ducati 1199, il serbatoio
è costituito da una coppa, dotata di un profondo pozzetto, che
viene posta al di sotto del vano in cui è alloggiato il cambio. Una
soluzione semplice e razionale. Sempre in tema di lubrificazione,
può essere interessante osservare che nei motori motociclistici di
schema classico, con un cilindro (o due a V), l’ingresso dell’olio
destinato a lubrificare il cuscinetto di biella avvenga di norma da
una estremità dell’albero a gomito, attraverso una canalizzazione
assiale.
Si tratta di una soluzione vantaggiosa, che viene utilizzata anche
nei motori delle motoGP e delle auto di Formula Uno e che evita
di dovere fare ricorso a pressioni di mandata molto elevate,
indispensabili quando le canalizzazioni di ingresso nell’albero sono radiali e l’adduzione
avviene tramite i cuscinetti di
banco. In questo secondo caso,
tipico di tutti i motori di serie a
tre e a quattro cilindri oggi in
produzione, per entrare nell’albero l’olio deve vincere la forza
centrifuga, che è legata al diametro dei perni di banco e al
regime di rotazione. Quando
quest’ultimo è molto elevato,
occorre impiegare una pressione di mandata molto alta, il che
si traduce in un cospicuo assorbimento di potenza da parte
della pompa. Facendo ricorso
a una canalizzazione di ingresso assiale (praticata a una o a
entrambe le estremità dell’albero) si può adottare una pressione notevolmente inferiore, a
tutto vantaggio del rendimento
meccanico del motore. Per fare
un esempio, con un perno del
diametro di 50 mm e un regime
di rotazione di 15000 giri/min
occorrerebbe utilizzare una
pressione di oltre 6 bar più alta
di quella che sarebbe sufficiente con una mandata assiale.
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cco una architettura motoristica alla quale i nostri costruttori hanno fatto ricorso in misura assai maggiore, rispetto
a quelli esteri. I motivi di questa preferenza spesso emersa
non sono chiari. Forse si tratta solo di una particolare creatività da
parte dei nostri progettisti. Fatto sta che i motori a cilindro orizzontale, nella storia della moto, sono fondamentalmente un fatto
italiano, con eccezioni talmente rare che si contano sulle punte
delle dita.
geniale motoleggera utilitaria progettata da Norman Riedel, dotata di un monocilindrico a due tempi con architettura “a uovo”. Il
tecnico pesarese se ne invaghì a tal punto che dal 1952 in poi tutti
i motori prodotti dalla sua azienda, la Motobi, sono stati dotati di
motori aventi tale conformazione. Un’altra realizzazione tedesca
con cilindro orizzontale merita sicuramente una menzione; si
tratta della Kreidler 50, protagonista per tanti anni dei mondiali
di velocità. Ne ha vinti ben sette, prima che la FIM abolisse questa
classe di cilindrata. Un titolo iridato molto importante, in quanto
ottenuto nel 1949, primo anno di istituzione del Campionato Mondiale, è stato conquistato dalla AJS 500 bialbero, i cui due cilindri
erano appunto disposti orizzontalmente. E poi un cenno va anche
ai semplici monocilindrici utilitari con cilindrate comprese tra 50
e 90 cm3 prodotti per tanti anni dalla Honda. Non hanno avuto
un significato degno di nota, sotto l’aspetto tecnico, e non hanno
lasciato alcuna traccia nella storia della moto, ma sono stati costruiti in un numero impressionante di esemplari.
Tedeschi, inglesi e giapponesi
Di notevole importanza, anche in quanto ha ispirato a Giuseppe
Benelli l’aspetto da dare ai suoi motori, è stata la tedesca Imme,
Una scelta interessante
I motori a cilindro orizzontale hanno dalla loro un interessante punto di forza: nei motori a quattro tempi la testa assorbe la
di Massimo Clarke | In un mondo come quello odierno, caratterizzato
da una notevole standardizzazione degli schemi tecnici, non sembrano
essere più di attualità, ma in passato hanno saputo dare grande
prestigio alla scuola italiana
E
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“I motori a cilindro orizzontale”
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maggior parte del calore ceduto dai gas alle pareti metalliche
(nei due tempi è invece il cilindro). Quando il raffreddamento
è ad aria questo componente
risulta disposto in modo ottimale in quanto liberamente
esposto al vento della corsa. Il
motore è lungo, e questo non
è vantaggioso, ma le masse,
anche se non “concentrate”,
risultano disposte in maniera
comunque interessante, ai fini
della guidabilità.
Le mitiche Guzzi
Come detto, per quanto riguarda i motori con questa architettura, la parte del leone l’ha
fatta l’industria italiana, con
realizzazioni
estremamente
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significative, tanto di serie
quanto da competizione, non
poche delle quali di rilevante
cilindrata. Qui di seguito, ecco
alcune delle più importanti. Le
monocilindriche Guzzi per decenni sono state tra le migliori
rappresentanti della intera industria motociclistica italiana.
A ottimi modelli di serie, principalmente di 500 cm3 (chi non
ricorda il famoso Falcone degli
anni Cinquanta?), si sono aggiunte straordinarie moto da
Gran Premio di 250 e di 350
cm3 che tra il 1949 e il 1957
hanno conquistato la bellezza
di otto titoli mondiali. Il 350
bialbero del 1957, autentico
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Le ali di Varese
Giustamente famosi, anche a livello internazionale, sono stati gli
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capolavoro di Giulio Cesare Carcano, aveva un alesaggio e una
corsa pari rispettivamente a 75 e 78 mm ed erogava 38 cavalli a
8000 giri/min. Il peso era di soli 98 kg e, aggiunto alla straordinaria profilatura aerodinamica, contribuiva in misura straordinaria a
rendere questa moto pressoché imbattibile, anche sui circuiti veloci. Il Falcone, prodotto in versioni Turismo e Sport, è stato il punto di arrivo di una linea evolutiva iniziata negli anni Venti e sviluppatasi con una serie di modelli dalle prestazioni via via più elevate.
Aveva le classiche misure caratteristiche Guzzi di 88 x 82 mm. Il
motore, dotato di lubrificazione a carter secco e di distribuzione
ad aste e bilancieri, era assolutamente inconfondibile, come gli
altri grossi monocilindrici della casa di Mandello del Lario, anche
per la presenza di un grosso volano esterno. Per quanto riguarda
le cilindrate minori, non si possono non ricordare l’Airone (250),
il Galletto (160, 175 e 190) e lo Zigolo (a due tempi, realizzato in
versioni 98 e 110), tutti con il cilindro rigorosamente orizzontale.
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Aermacchi di 175, 250 e 350 cm3. Il progetto originale di questo
straordinario motore a cilindro orizzontale con distribuzione ad
aste e bilancieri e lubrificazione a carter umido è dovuto ad Alfredo Bianchi e risale alla metà degli anni Cinquanta. I modelli stradali
più noti e diffusi sono stati l’Ala Verde 250 (prodotto dal 1960 al
1969) e l’Ala Blu (esso pure di 250 cm3, in listino dal 1967). Il motore, munito di cilindro in ghisa, aveva un alesaggio di 66 mm e
una corsa di 72 mm. Per il mercato americano (nel 1960 l’azienda
varesina aveva stipulato un accordo con la Harley-Davidson, con
cessione di metà delle quote azionarie) nella seconda metà degli
anni Sessanta sono stati realizzati dei modelli a corsa corta, con
cilindro in lega leggera munito di canna in ghisa. Per quanto riguarda le moto da competizione, sviluppate per i piloti privati e a lungo
grandi protagoniste della scena agonistica, è entrata nella leggenda l’Ala d’Oro. La versione 250, in listino dal 1960 al 1972, è stata
munita di motore a corsa corta (72 x 61 mm) dal 1963 e ha ricevuto
un nuovo telaio nel 1966. Al termine della sua evoluzione disponeva di 32 cavalli a 10000 giri/min. Con l’Ala d’Oro (che è stata prodotta anche in versione di 350 cm3, dalla quale sono derivati pure
alcuni esemplari di cilindrata
maggiore) sono stati vinti ben
nove campionati italiani della
montagna e quattro campionati juniores. Con uno speciale
“siluro” da record azionato dal
motore di una Ala d’Oro 250
nel 1965 George Roeder ha raggiunto una velocità di oltre 283
km/h sul chilometro lanciato.
Dal 1970 i modelli stradali sono
diventati di 350 cm3, ma la loro
diffusione è stata decisamente
inferiore, rispetto ai precedenti
250. L’Aermacchi –Harley Davidson è diventata AMF HarleyDavidson alla fine del 1972 per
trasformarsi in Cagiva nel corso del 1978.
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l’uno dall’altro), che per svariati anni ha venduto col suo marchio
diverse versioni delle famose Motobi a cilindro orizzontale. Durante gli anni Settanta è avvenuto anche il contrario: sono infatti stati
commercializzati col marchio Motobi (scomparso dalla scena nel
1977) alcuni modelli che in effetti erano di progettazione e fabbricazione Benelli. La 250, che ha fatto la sua comparsa alla fine del
1965, aveva un alesaggio di 74 mm e una corsa di 57 mm ed è stata commercializzata fino al 1974. Numerose di queste moto sono
state vendute sul mercato USA. Molto importante è stata carriera
agonistica delle monocilindriche Motobi con motore “a uovo”, che
hanno vinto ben 17 campionati italiani juniores e sette campionati
della montagna. La 250 in versione competizione, accreditata di
una potenza dell’ordine di 32 cavalli a 10.000 giri/min, si è imposta, col marchio Benelli, nella famosa 100 miglia di Daytona del
1967 davanti a una agguerritissima concorrenza giapponese. La
guidava un certo Sam Bertarel. All’epoca l’AMA non era affiliata
alla FIM e se un italiano avesse preso parte a una gara organizzata da tale federazione americana sarebbe stato squalificato in
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Europa. Non ci vuole molto a capire che il pilota in questione era il
nostro Silvano Bertarelli, costretto ad usare un altro nome per non
incorrere in inique sanzioni…
Da Pesaro agli USA
Come già accennato, un’altra
Casa italiana che ha legato il
suo nome a ottimi modelli a cilindro orizzontale è stata la Motobi. Fondata da Giuseppe Benelli nel 1950, questa azienda in
effetti ha progettato e costruito
solo moto con questa architettura, inizialmente a due tempi e
poi anche a quattro. Sono state
principalmente queste ultime,
realizzate in versioni di 125, 175,
200 e infine anche di 250 cm3,
a renderla famosa. Alla fine del
1962 è avvenuta la fusione con
la Benelli (gli stabilimenti distavano solo qualche chilometro
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Parilla, Motom & Co
Nel 1950 è entrata in produzione una moto destinata a lasciare
un segno importante nella storia delle due ruote, la Rumi 125. Ad
azionarla provvedeva un motore a due tempi con due cilindri orizzontali, nato in base a una idea di Pietro Vassena e disegnato dal
grande progettista Giuseppe Salmaggi. Tra le caratteristiche più
interessanti di questa unità motrice vi erano il basamento costituito da due semicarter che si univano secondo un piano orizzontale
(anticipando una soluzione costruttiva che si sarebbe affermata solo molti anni dopo) e la frizione calettata direttamente alla
estremità dell’albero a gomiti. L’alesaggio di 42 mm era abbinato a una corsa di 45 mm. Le Rumi bicilindriche sono state molto
apprezzate tanto per il normale impiego di tutti i giorni quanto
come mezzi sportivi; i modelli più spinti si sono imposti nella loro
classe in competizioni come la Milano-Taranto (1954), il Motogiro
(1956) e il campionato italiano della montagna (1959). La Motom,
importante realtà industriale che negli anni Cinquanta e Sessanta
ha venduto decine di migliaia di esemplari dei suoi robusti e versatili ciclomotori a quattro tempi, nel 1955 ha messo in produzione
una motoleggera dalle eccezionali caratteristiche, tanto estetiche
quanto tecniche, la 98 azionata da un motore a cilindro orizzontale con distribuzione ad albero a camme in testa. Progettata dal
famoso tecnico Piero Remor, aveva uno styling straordinario, ma
forse troppo ardito per i tempi e i risultati commerciali sono stati
scarsi. La versione TS erogava 7,3 cavalli a 8300 giri/min. Pure la
Parilla, che per diverso tempo è stata una delle più importanti case
motociclistiche nazionali, ha realizzato un paio di importanti modelli con motore a cilindro orizzontale (Slughi e Olimpia, apparsi
rispettivamente nel 1958 e nel 1959), progettati da Cesare Bossaglia. Si trattava di mezzi molto interessanti, realizzati in versioni di
100 e 125 cm3, ma pure in questo caso la risposta commerciale è
stata tiepida, sia perché l’estetica era ardita, in relazione ai tempi, sia in quanto il mercato delle due ruote stava entrando in una
tremenda crisi, che sarebbe durata diversi anni. Sempre la Parilla
realizzò sul finire degli anni Cinquanta una bellissima 125 da Gran
Premio a cilindro orizzontale, con ammissione a disco rotante, su
progetto di Bossaglia, che purtroppo non corse mai. Questa stessa architettura è stata adottata poco tempo dopo da Francesco
Villa per la sua 125, che ha corso tanto come Mondial (1963-1964)
quanto, in seguito e con poche modifiche, come Moto Villa, e
infine ha gareggiato col marchio Montesa. Lo stesso tecnico modenese ha realizzato con
analogo schema costruttivo
una bicilindrica 250, sempre a
due tempi e con ammissione a
disco rotante. Nel 1965 la MV
Agusta ha realizzato una 125
da Gran Premio dotata di un
monocilindrico di schema analogo a quello della Villa; provata
a più riprese, non è mai scesa
in gara. Vanno anche menzionati modelli come il Gabbiano
della bolognese FBM, l’Idroflex
e il Guazzoni 150 Grifo, tutti
degli anni Cinquanta. E occorre
anche ricordare che prima dei
quattro tempi ad aste e bilancieri, l’Aermacchi aveva costruito in numeri rilevanti degli ottimi modelli a due tempi, sempre
con cilindro orizzontale. La Laverda 125 ad aste e bilancieri
della seconda metà degli anni
Sessanta aveva in effetti il cilindro non proprio orizzontale, ma
inclinato verso l’alto di qualche
grado. E non parliamo in questa
sede dei motori ausiliari (Garelli Mosquito in primo luogo)
e degli scooter (Lambretta Li,
TV, etc…). L’ultima moto significativa (e largamente vittoriosa) che ha impiegato questa
architettura costruttiva è stata
la Ducati Supermono; realizzata in versioni di 550 (100 x 70
mm) e di 572 cm3 (102 x 70
mm), con potenze rispettivamente di oltre 75 e circa 80 cavalli a un regime di 10.000 giri/
min, è stata prodotta dal 1993
al 1995.
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Stangata da orbi sulla benzina +8,2 cent/l
Aumento immediato per le accise sui carburanti. Al contrario del
previsto aumento dall’1 gennaio, «a decorrere dalla data di entrata in
vigore del decreto» le aliquote su benzina e diesel salgono a 704,2 e
593,2 € per mille litri
B
enzina
Il Decreto Salva Italia del Governo Monti
colpisce duramente chi usa la
moto e l’auto. L’ipotesi iniziale
di colpire con una sovratassa
le auto con potenza superiore
ai 170 kW è stata oggi rivista:
pagheranno una sovratassa
le auto con potenza superiore ai 185 kW (20 euro per
kW), mentre gli aumenti di
benzina e gasolio colpiranno
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indiscriminatamente tutti i cittadini. Aumento immediato per le
accise sui carburanti. Al contrario del previsto aumento dal primo
gennaio, «a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto»
le aliquote su benzina e diesel salgono rispettivamente a 704,20
euro (+8,2 cent al litro) e 593,20 euro per mille litri (+11,2 cent).
Gli aumenti scattano già da oggi o domani, a seconda della data
di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. L’accisa sulla benzina
aumenta a 704,20 euro per 1.000 litri, quella sul gasolio auto a
593,20 euro, quella sul Gpl auto a 267,77 euro per 1.000 chili (pari
a 147,27 euro per 1.000 litri) e quella sul metano auto a 0,00331
euro per metro cubo. Sommato all’aumento dell’iva, l’impatto sui
prezzi al consumo sarà di quasi 10 centesimi per la verde, di 13,6
centesimi per il gasolio e di 2,6 centesimi al litro per il gpl.
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L’Unione Europea vuole
moto più ecologiche e sicure
ABS di serie oltre i 51cc, pugno di ferro contro i motorini truccati,
ampliare dal 2016 le norme Euro3 anche ai ciclomotori e Euro4 alle
moto di grossa cilindrtata. Ecco le proposte del Parlamento Europeo
D
ue ruote verdi e sicure, con un occhio all’ambiente e l’altro
alla prevenzione degli incidenti. Il futuro europeo di scooter, moto e motocicli, avverte il Parlamento europeo, dovrà essere ancor più ecologico e assai meno insanguinato. “Oggi
le moto sono diventate più pulite e più sicure, questi veicoli migliorano la mobilità in città, utilizzano meno spazio, consumano meno
energia e presentano un livello di emissioni ridotto” rispetto alle
autovetture, afferma l’eurodeputato popolare olandese Wim van
de Camp, relatore per il Parlamento Ue del rapporto sul nuovo regolamento, approvato all’unanimità dalla Commissione mercato
interno dell’eurocamera. Moto più sicure e pulite, ma ancora molto resta da fare.
Sicurezza
Sul fronte della sicurezza si parte da un dato: scooter e ciclomotori rappresentano solo il 2% del traffico nella Ue ma sono all’origine del 16% delle vittime della strada. Per limare queste cifre,
il Parlamento Ue propone che l’ABS sia di serie dai veicoli oltre i
51 cc e non solo da più di 125 cc come propone la Commissione
Ue. Inoltre pugno duro contro i motorini truccati e obbligo per i
costruttori di fornire tutte le informazioni sulla riparazione dei loro
veicoli a concessionari e officine indipendenti in modo da assicurare interventi perfetti.
Ambiente
Situazione difficile anche per l’ambiente. Le due ruote inquinano
meno perché hanno motori più piccoli delle auto, non perché questi siano più performanti. Strasburgo chiede quindi di ampliare
ai ciclo motori le norme Euro 3 dal primo gennaio 2016 e per la
stessa data quelle Euro 4 ed Euro 5 alle moto di grande cilindrata
(e l’Euro 6 dal 2020). Sono circa 30 milioni gli scooter, ciclo motori, moto, biciclette elettriche e quadricicli circolanti sulle strade
della Ue. A gennaio la Commissione mercato interno deciderà se
iniziare subito i negoziati con il Consiglio Ue o passare prima per la
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Plenaria di Strasburgo. L’obiettivo è quello di avere il regolamento approvato per il 2014. Il voto finale del pacchetto di normative
avverrà presumibilmente a marzo 2012. Solo allora saranno decisi
definitivamente i tempi di attuazione e le restrizioni per le differenti classi che entreranno in vigore negli anni successivi. “Vogliamo
garantire un periodo di tempo che sia sufficiente allo sviluppo dei
dettagli tecnici che accompagnano il testo principale - ha dichiarato Wim van de Camp, relatore del Parlamento europeo sulle regolamentazioni -.
I produttori devono avere il tempo di applicare gli standard richiesti
dalla complessità del presente regolamento. Dopo che avrà avuto
luogo il voto, e le consutazioni con il Consiglio e la Commissione,
sarà nostra priorità verificare il calendario in modo da garantire che
la razionalizzazione delle prescrizioni sia compatibile con i processi industriali. Infine, soprattutto alla luce delle attuali difficoltà economiche, prima di prendere una posizione definitiva l’IMCO darà
il via ad uno studio sull’impatto
economico degli obiettivi ambientali e di sicurezza che
abbiamo proposto” Una rassicurazione che dovrebbe tranquillizzare le Case produttrici
che con le nuove restrizioni
prevedono che aumenti il prezzo di produzione dei propri
mezzi. Il che si tradurrebbe in
un aumento del prezzo anche
al consumatore. Non certamente un incentivo all’acquisto
in un momento che già non è
favorevole al mercato delle due
ruote.
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di Scuolaguida.it | Le moto vecchie fanno “buon bollo”, se di
particolare interesse storico e collezionistico. Ma come?
Chiariamoci le idee
L
a risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 29
novembre ha trovato
il modo di far “coesistere”
disposizioni fiscali e Codice
della Strada, precisando che:
”L’esenzione dalla tassa automobilistica trova applicazione
qualora il veicolo sia compreso
nelle apposite determinazioni
50
predisposte da Asi e Fmi, che individuano le tipologie di veicoli in
possesso dei requisiti previsti per beneficiare delle agevolazioni fiscali». Se manca la “specifica individuazione” dei veicoli nelle suddette determinazioni, il proprietario del mezzo potrà documentare con una speciale “auto-certificazione” rilasciata dall’Asi o dalla
Fmi che il proprio veicolo è considerato di “particolare interesse
storico e collezionistico” in quanto possiede i requisiti prescritti
dalla norma agevolata. Per l’esenzione dal bollo, il riferimento è la
Legge n.342 del 2000 che all’articolo 63, comma 1, dispone: “L’esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche per veicoli e
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Esenzione dal bollo dopo 20 anni. Come?
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motoveicoli che hanno compiuto 30 anni dalla prima immatricolazione, esclusi quelli adibiti ad uso professionale. A tal fine, viene
predisposto, per gli autoveicoli dall’Automobil club Storico Italiano (Asi) e per i motoveicoli anche dalla Federazione Motociclistica
Italiana (Fmi), un apposito elenco indicante i periodi di produzione
dei veicoli»; mentre al comma 2, estende l’esenzione anche «agli
autoveicoli e motoveicoli di “particolare interesse storico e collezionistico”», per i quali bastano 20 anni dall’immatricolazione.
Il senso del particolare interesse storico fù chiarito in una circolare dell’Agenzia delle Entrate del 2000: “I veicoli costruiti per le
competizioni, per ricerca tecnica o estetica, anche in vista di partecipazione ad esposizioni e i veicoli che rivestono un particolare
interesse storico o collezionistico in ragione del loro rilievo industriale, sportivo, estetico o di costume”. Le indicazioni fiscali non
coincidono però con il Codice della Strada, che, nel Dlgs n.285 del
30 aprile 1992, all’articolo 60, comma 4, stabilisce come rientrino
nella categoria auto-moto di interesse storico-collezionistico quei
veicoli iscritti nei registri Asi, Storico Lancia, Fiat, Alfa Romeo, Storico Fmi. Tale ipotesi non collima con le norme che non prevedono autorizzazioni, ne esenzioni all’iscrizione Asi o Fmi. Per evitare
incidenti “à la carte”, il Ministero dei Trasporti dispone infine che:
“L’iscrizione ai registri sopracitati è condizione necessaria affinché un veicolo possa essere considerato e classificato ai fini delle
disposizioni contenute nel Codice della strada, di interesse storico
e collezionistico». Senza conseguenze, quindi, sul trattamento fiscale. D’altro canto la Corte Costituzionale (23 dicembre 2005, n.
455) in relazione all’articolo del Codice: “Individua i veicoli di interesse storico collezionistico al fine di regolarne la sola circolazione
stradale e non l’esenzione dalla tassa automobilistica sia perché
tale esenzione trova compiuta e specifica disciplina nella Legge
n.342 del 2000, sia perché la norma agevolata fa riferimento ai
veicoli di “particolare” interesse storico e collezionistico e non ad
altri”. Onde evitare “relazione pericolose” tra i diversi regolamenti, l’Agenzia delle Entrate, precisa che possano beneficiare dello
sconto i veicoli di particolare interesse storico e collezionistico
ultraventennali di proprietà di soggetti associati o meno all’Asi o
alla Fmi, se compresi nelle determinazioni annuali predisposte da
tali enti, in base alle caratteristiche richieste dalla norma fiscale.
Se non vi è una specifica individuazione del veicolo nelle suddette
deliberazioni, il proprietario del mezzo, potrà documentare il tutto
con la certificazione di “particolare interesse storico e collezionistico” rilasciata dall’Asi o dalla Fmi. La norma stabilisce, infine, che
i veicoli esenti dalla tassa automobilistica siano comunque…
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abbandonare soluzioni storiche per la Ducati, come il bicilindrico
o il telaio a traliccio e, naturalmente, continueremo anche con Valentino a fare qualsiasi cosa per essere più competitivi nell’arco
della gara”.
SHUHEI NAKAMOTO, Sepang, 31 gennaio, PRESENTAZIONE HRC
“Ogni anno diciamo che vogliamo vincere il mondiale ed è naturalmente l’obiettivo anche del 2011. Ma quest’anno ci sentiamo più
competitivi che in passato, perché abbiamo tre piloti fortissimi. E
qualcosa è cambiato anche a livello gestionale”
FEBBRAIO
GIOVANNI ZAMAGNI, Sepang, 3 febbraio, TEST INVERNALI
La Honda va fortissimo, la Yamaha anche, la Ducati cresce. E’ questo il primo verdetto di Sepang.
VALENTINO ROSSI, Sepang, 24 febbraio, TEST INVERNALI
“Il giudizio sui test è sicuramente negativo: non pensavo di poter
battere i piloti Honda e Yamaha, ma di essere più vicino sì. Lo scorso test avevo chiuso a 1”, questa volta a 1”8. E anche nel passo
sono messo piuttosto male. Abbiamo provato in tutti i modi a sistemare la ciclistica e a trovare una buona messa a punto, ma non
ci siamo riusciti”
La stagione 2011
raccontata dai protagonisti
di Giovanni Zamagni | Il 2011 si sta per concludere: ripercorriamolo
attraverso le dichiarazioni e i commenti più significativi pubblicati su
Moto.it
G
ENNAIO
VALENTINO ROSSI, Madonna di Campiglio, 11 gennaio,
WROOM
“Questa moto è molto differente da Honda e Yamaha: la Ducati è,
a tutti gli effetti, un prototipo, mentre le giapponesi sono più moto
di serie trasformate in MotoGP.
Per questo la GP11 va guidata in maniera differente. Sicuramente
dovremo incontrarci a metà strada: la Ducati non potrà solo essere molto veloce, ma diventerà anche guidabile, io dovrò modificare un po’ il mio stile”.
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NICKY HAYDEN, Madonna di Campiglio, 11 gennaio, WROOM
“Dobbiamo sicuramente lavorare sull’anteriore, trovare il feeling
giusto per capire il limite quando spingi forte e bisogna migliorare
la tenuta della moto in curva. I primi commenti di Valentino sono
stati simili ai miei: sarà un piacere lavorare con lui e il suo team, la
loro esperienza può sicuramente aiutare la Ducati nello sviluppo
della GP11”.
FILIPPO PREZIOSI, Madonna di Campiglio, 12 gennaio, WROOM
“Nel corso di questi anni, non abbiamo avuto paura di
MARZO
CASEY STONER, Doha, 21 marzo, DOPO LA VITTORIA IN QATAR
“Le sensazioni sono senz’altro positive e tutto sta procedendo
per il verso giusto fin da quando sono salito su questa moto. E’
logico che si può ancora migliorare in alcuni settori, in particolare
nella stabilità in frenata, ma complessivamente la RC212V è molto competitiva. Dopo questa vittoria non mi sento il numero uno
della HRC: secondo me, tra i piloti ci deve sempre essere massima
collaborazione, per migliorare il più possibile la moto. La Honda è
più facile della Ducati e questo mi permette di essere più costante
e tranquillo”
APRILE
CASEY STONER / VALENTINO ROSSI, Jerez, 3 aprile INCIDENTE
IN GARA
“La tua ambizione è superiore al tuo talento”, ha tuonato Stoner.
Una frase non colta da Valentino. “Ho capito solo che mi diceva
qualcosa sulla spalla. Ha detto così? Forse non sa esattamente chi
sono io, ma ci sta che sia arrabbiato. In ogni caso, quello che dice
lui non mi importa”.
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PROVE
DAVIDE BRIVIO, Jerez, 5 aprile
DOPO IL GP DI SPAGNA
“Sull’asciutto la Honda si è
confermata molto forte e credo
che questo elemento sarà una
costante di tutta la stagione, o
quanto meno della prima parte, finché i rivali non saranno
in grado di recuperare. Lorenzo è l’unico che sull’asciutto
riesce in questo momento a
impensierire Stoner e Pedrosa, mentre dietro c’è un gruppetto dove ci sono Simoncelli,
Dovizioso e ci metterei anche
Rossi. Credo che adesso il suo
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MOTOCROSS
VALENTINO ROSSI SU CASEY STONER, Estoril , 29 aprile
“Appena mi ha visto un po’ in difficoltà ha iniziato a spararmi addosso: forse avrebbe dovuto aspettare un po’. Prima dell’episodio
di Jerez, del quale sono assolutamente colpevole, ha detto che
sono un pilota scorretto, che ha paura a starmi vicino in pista: tutto questo, semplicemente, perché non ha mai accettato la sconfitta di Laguna Seca del 2008. Dopo quel sorpasso, ha iniziato a
piangere, ad accampare scuse”.
VALENTINO ROSSI, Estoril, 30 aprile COMMENTA IL NONO POSTO NELLE PROVE GP PORTOGALLO
“Siamo un po’ delusi, perché il nostro obiettivo poteva essere realisticamente la seconda fila: pensavo di poter lottare per il
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SPORT
potenziale sia di stare immediatamente fuori dal podio, diciamo
nei primi cinque”.
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quinto o il sesto posto. Invece oggi pomeriggio abbiamo fatto fatica: sinceramente, fino adesso è sempre successo al sabato pomeriggio e dobbiamo capire perché. In qualifica gli altri riescono ad
abbassare i tempi, mentre noi non ci siamo riusciti”.
MAGGIO
GIOVANNI ZAMAGNI, Le Mans, 14 maggio GP FRANCIA
Vola la Honda, fatica la Yamaha, insegue a un secondo la Ducati: è
questo il verdetto delle prove del GP di Francia, con Casey Stoner
in pole e due italiani - Marco Simoncelli e Andrea Dovizioso – a
completare la prima fila.
VALENTINO ROSSI, Le Mans, 15 maggio COMMENTA IL TERZO
POSTO NEL GP FRANCIA
“Sono contento soprattutto perché noi, quando abbiamo iniziato a
novembre eravamo ultimi, sia per come andava la moto sia per la
mia condizione fisica. E’ stata
dura, abbiamo dovuto lavorare forte, ma siamo qui. Adesso
cerchiamo di stare più vicini,
di salire sul podio, di fare delle
belle gare e poi cerchiamo di
migliorarla”
JORGE LORENZO, Le Mans, 15
maggio COMMENTA IL QUARTO POSTO NEL GP FRANCIA
“Complessivamente, ho impiegato 5 secondi in meno a fare i
28 giri, ma l’anno scorso vinsi
il GP, quest’anno sono arrivato quarto… Siamo indietro: la
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Yamaha sta lavorando, ma così
è difficile combattere con la
Honda”.
GIUGNO
VALENTINO ROSSI, Montmelò,
5 giugno COMMENTA IL QUINTO POSTO NEL GP CATALUNYA
“L’aspetto positivo è che rispetto a Le Mans si è dimezzato il distacco dal primo e sono
riuscito a vedere Stoner fino
quasi alla bandiera a scacchi e
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DAVIDE BRIVIO, Montmelò, 7 giugno DOPO IL GP CATALUNYA
“Il prossimo passo per Rossi sarà quello di arrivare costantemente
sul podio, mentre ci vuole un grosso sforzo per riuscire ad arrivare a lottare per il successo. Ogni gara per Vale e la Ducati rappresenta un miglioramento e in Catalunya il distacco si è ridotto a
soli sette secondi, poco rispetto ai GP precedenti. Vale e la Ducati
stanno raccogliendo un sacco di informazioni, che il reparto corse
sta cercando di tradurre in nuovi pezzi per la GP11: da metà stagione in poi, da agosto, il pacchetto riuscirà a essere più competitivo,
ma per il momento Stoner e la Honda hanno qualcosa in più e nei
prossimi GP vedremo i valori espressi al Montmelò”
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gli altri non erano lontani… Questo sicuramente non è male, ma
non si può essere contentissimi di un quinto posto”.
15 Dicembre
ROBERTO LOCATELLI, Silverstone, 11 giugno DOPO LE PROVE GP
GRAN BRETAGNA
“Confido nella capacità di Valentino, nessuno ha dubbi sulla sua
qualità: speriamo solo che non finisca la sua convinzione, la sua
forza psicologica di lottare con una moto che, evidentemente, non
è quella che lui vorrebbe. Questo 13esimo posto sembra dire che
Rossi si è un po’ lasciato andare, a causa di una moto in grande
difficoltà, considerando anche il distacco di oltre due secondi da
Abraham”.
ANDREA DOVIZIOSO, Silverstone, 12 giugno COMMENTA IL SECONDO POSTO NEL GP GRAN BRETAGNA
“Uno dei miei difetti nelle precedenti gare era stato quello di perdere troppo tempo all’inizio, invece questa volta ho preso subito
un buon ritmo. Devo essere
più efficace in prova, perché
Simoncelli, Stoner e Lorenzo
sono più veloci di me, ma in
gara e nei momenti importanti
ci sono sempre”.
VALENTINO ROSSI, Silverstone, 12 giugno COMMENTA IL
SESTO POSTO NEL GP GRAN
BRETAGNA
“Qui abbiamo avuto due grandi
problemi: 1) Honda e Yamaha…
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Michele Pirro: “La CRT è un progetto
tutto da scoprire e da provare”
di Giovanni Zamagni | Un passaggio, dalla Moto2 alla MotoGP in sella
ad una CRT, che per il pilota pugliese rappresenta una sfida e un rischio.
Una decisione difficile maturata grazie alla fiducia di Gresini
L
’immagine di Michele Pirro sul gradino più alto del
podio di Valencia mette i
brividi ancora oggi, nonostante, ormai, sia passato un mese.
“E’ stato un fine settimana incredibile – ricorda Michele -,
particolare, stranissimo: ero
partito da casa con la convinzione di dedicare qualcosa di
importante a Marco Simoncelli.
Si sono sommate tante coincidenze ma, in gara, non ho
fatto più fatica rispetto ad altri
GP: ho semplicemente dato il
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massimo, come sempre”. Il risultato, però, è stato straordinario,
dopo una stagione nella quale Pirro era comunque stato buon
protagonista con due podi (terzo a Silverstone oltre al successo di
Valencia), nono in campionato, primo tra i piloti in sella a una Moriwaki. Eppure, Michele, 25 anni da San Giovanni Rotondo (il paese
di Padre Pio) ha rischiato di rimanere a piedi. “Mi sarebbe piaciuto
continuare in Moto2, perché dopo un anno di esperienza sono convinto che nel 2012 avrei potuto fare bene: quest’anno ho sofferto
nelle piste nuove, la moto non era troppo competitiva e anch’io ho
fatto qualche errore. Purtroppo, però, non c’è stata la possibilità
di andare avanti nella stessa categoria: ho avuto altre offerte, ma
nessuna al livello del team Gresini”. Alla fine, Michele ha accettato
di correre con Fausto in MotoGP con una CRT, con motore derivato da quello della Honda CBR1000 e ciclistica realizzata dalla FTR.
Una proposta sicuramente interessante in prospettiva futura, ma
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“
“
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...la Moto2 è troppo facile, perché ha telaio e freni
da MotoGP, ma un motore con appena 130 cavalli...
poco allettante nell’immediato. “In effetti – ammette – non
ero convintissimo: ho anche
pensato di fare solo il poliziotto (Pirro ha iniziato il corso un
mese fa e lo concluderà fra un
anno, nda). Per arrivare fin qui
ho fatto tanti sacrifici e non vorrei bruciarmi velocemente. Poi,
però, Fausto mi ha convinto e lo
ringrazio dell’opportunità: continuo con lo stesso gruppo e mi
sono fidato di Gresini, anche
se, al momento, è un progetto
tutto da scoprire e da provare.
Fausto crede in me e per questo sono tranquillo. In Moto2
sarei partito con ben altre prospettive, qui bisogna inventarsi
tutto”. Per tutto questo Pirro ci
ha pensato su un bel po’, prima
di accettare il salto di categoria.
“Ho iniziato a correre quando
avevo poco più di 14 anni e da
allora, in qualsiasi campionato
abbia partecipato, ho vinto almeno una gara. Nel 2012 non
sarà possibile, ma la CRT, stando a quello che si dice, sarà il
60
futuro e quindi prendo il prossimo anno come un investimento:
dovrò cercare di imparare la nuova categoria e dare indicazioni
per lo sviluppo della moto. Mi dovrò impegnare al 150%, quindi
ancora più del normale, cercando di ripagare la stima di Gresini”.
Per Michele è stato difficilissimo affermarsi, mettersi in mostra,
perché, a differenza di molti suoi colleghi, papà (ha un minimarket) e mamma non hanno mai frequentato l’ambiente e in Puglia
non ci sono strutture per il motociclismo: ecco perché si è dovuto
trasferire in Romagna.
“Ho sempre fatto tutto da solo – sottolinea con giusto orgoglio –
ma in tutte le categorie nelle quali ho corso ho sempre conquistato
almeno un GP: non sono in tanti a esserci riusciti! In Moto2 il mezzo fa una grande differenza: Marquez è fortissimo, ma anche lui,
se non avesse avuto alle spalle la Repsol e Alzamora (l’ex iridato
spagnolo, oggi manager di Marquez, nda) non sarebbe emerso.
Come del resto anch’io non avrei vinto a Valencia se non avessi
avuto il team Gresini”. Il neo pilota della MotoGP dà un giudizio
sulla categoria di mezzo. “La Moto2 è sicuramente molto selettiva, due o tre decimi fanno una grande differenza: per questo devi
essere molto preciso nella guida. Sicuramente è molto formativa
dal punto di vista della competizione, ma sotto il profilo tecnico ho
dei dubbi.
Ho il rimpianto di non aver mai guidato una 250: quella era una
moto sicuramente impegnativa, mentre la Moto2 è troppo facile,
perché ha telaio e freni da MotoGP, ma un motore con appena 130
cavalli. Ce ne vorrebbero molti di più per fare la selezione”. Ma la
Moto2 ormai appartiene al passato, il futuro per Michele Pirro è
la CRT. Una sfida difficile e impegnativa, ma sicuramente alla sua
portata.
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Si scrive CRT ma si legge
SBK (mascherate)
di Carlo Baldi | Ironiche considerazioni sul
futuro della MotoGP e della SBK dopo
l’introduzione delle CRT
M
a cosa vuol dire CRT? SBK è l’abbreviazione di Super
bike, GP sta per Gran Premio ma CRT? Carmelo Rovina
Tutto? No…..Come Rovinare Tutto?….forse. Come Ritornare (in) Tanti (sulla linea di partenza)? Potrebbe essere. Di fatto è l’ultima trovata della Dorna. Certo che quelli della Dorna non
stanno mai con le mani in mano. Una ne pensano e cento ne fanno.
Però più che dei geni ci sembrano dei copioni. Prendiamo in considerazione la Moto2. La 250 era diventata un monomarca Aprilia
e allora, scopiazzando la Supersport, loro hanno creato la Moto2
che utilizza i motori di serie della CBR600 Honda. Monomarca per
monomarca – devono aver pensato in Spagna - facciamolo con la
Honda che ci sembra messa meglio della Casa italiana. E la scopiazzata si è rivelata vincente perché tutti ne parlano malissimo,
ma di fatto l’unica classe che negli ultimi anni ha incrementato il
numero dei partenti è proprio la Moto2. Quale altra classe mondiale può vantare più di 40 iscritti? Certo utilizzare motori derivati
dalla serie non è stato proprio corretto e nemmeno tanto previsto dai regolamenti. Ma chi deve (dovrebbe) farli rispettare questi
regolamenti? La Federazione Motociclistica Internazionale? Ma
esiste veramente? Mah…… Sull’onda (con o senza H, fate voi) del
successo della Moto2 in Dorna hanno pensato bene di replicare
l’iniziativa in MotoGP : motori derivati dalla serie. Ci è andata bene
una volta, ci andrà bene anche una seconda! avranno pensato i
vertici Dorna che hanno dichiarato che questo sarà il futuro della
MotoGP. Parliamoci chiaro, la MotoGP stava diventando ridicola.
Pur avendo portato a tre il numero di piloti per ogni fila, la griglia
di partenza sembrava una riunione del Consiglio dei Ministri in
agosto: quattro gatti. Con sole 16 o 17 moto in pista bastava una
caduta e qualche rottura per terminare la gara in 10. Classe regina? Classe poverina... Va anche detto che quelli della Dorna non
avevano alternative. Quale Casa ha la disponibilità economica per
continuare a sviluppare nuovi e costosissimi prototipi in questo
momento di crisi? Con l’abbandono prima della Kawasaki e ora
della Suzuki le Case impegnate in MotoGP erano rimaste solo tre
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e le moto poco più di una decina. E allora via con i motori derivati
dalla serie. Con buona pace della FMI e della Superbike. In questo
modo tra l’altro si consente alle Case produttrici di tramutare una
spesa in un guadagno. Prendiamo l’Aprilia. In Superbike deve sostenere le spese per un team ufficiale mentre con la nuova categoria ha modo di vendere i motori alle squadre che utilizzano queste
famose CRT (Cancelli Rumorosi e Taroccati?) E lo stesso potranno fare in un futuro prossimo anche la BMW, la Honda e altri ancora. Copiare migliorando. Brava Dorna Ma le soluzioni dell’azienda
spagnola sono come le strade del Signore : infinite. Il divario tra le
GP e le attuali CRT è imbarazzante? Si parla allora di elettronica
uguale per tutti. E i telai? I rumors già riportano la possibilità per i
nascituri team CRT di utilizzare telai di serie modificati. Ci pare giusto. Se posso utilizzare motori derivati dalla serie allora possono
utilizzare anche telai derivati dalla serie. Scommettiamo che la FMI
sarebbe d’accordo? Ma allora non si farebbe prima a dire che in GP
si possono utilizzare le Superbike? Tanto ormai se ne sono accorti
tutti (a parte la FMI ovviamente). Alla luce di queste iniziative da
parte dell’azienda che gestisce la MotoGP (prossima CRT) quale
futuro si prospetta per i due campionati mondiali motociclistici su
pista? Se consideriamo che da qualche mese Bridgepoint, che già
aveva acquisito la Dorna, ha inglobato anche Infront, il futuro potrebbe sembrare segnato. Come hanno già ipotizzato in molti, di
due campionati ne rimarrebbe solo uno. Una specie di Higlander
sopravvissuto alla grande crisi. Potrebbe essere. Visto che Valentino ha detto che vorrebbe finire la sua carriera in Superbike Ezpeleta pur di non perdere la gallina dalla uova d’oro sta cercando di
portare la Superbike da Valentino, chiamandola però CRT. Naturalmente gli appassionati delle gare motociclistiche e della Superbike in particolare, sperano che i due campionati restino invece
separati e distinti e soprattutto che la Superbike sopravviva anche
a questa tempesta. D’altronde il mondiale delle derivate dalla serie
ha già dimostrato in passato di avere sette vite come i gatti e di
saper risorgere dalle proprie macerie come quando nel 2003 le
case giapponesi si ritirarono e corse praticamente solo la Ducati. Staremo a vedere, noi non possiamo far altro che incrociare le
dita (comunque sembra che l’acronimo di CRT sia “Claiming Rule
Team”).
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»»»Superbike
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Presentato a Milano il team
BMW Motorrad Italia
di Carlo Baldi | Il team BMW Motorrad Italia nel 2012 schiererà
Fabrizio e Badovini. Nuovo main sponsor e nuova livrea per la rinnovata
S1000RR. Una squadra che al suo secondo anno in Superbike punta già
molto in alto
I
l team BMW Motorrad Italia
ha scelto il MIB Restaurant
& Cafè di Piazza Affari a Milano per presentare la squadra
che nel 2012 parteciperà per
la seconda volta al campionato mondiale Superbike. Alla
piacevole serata, condotta da
Giò Di Pillo, hanno partecipato
non solo i piloti della prossima
stagione, ma anche quelli del
2011. Su tutti James Toseland
che si è esibito come cantante
accompagnato dalla sua band
e da un Serafino Foti che si è
rivelato un ottimo batterista.
Il clou della serata è stato la
presentazione non solo della
nuova squadra, ma anche della nuova S1000RR con i colori
bianco giallo e blu del nuovo
sponsor. Dopo aver perso Toseland ed aver dovuto rinunciare al campione del mondo
Carlos Checa, la squadra di
Andrea Buzzoni (ascolta la sua
intervista) ha scelto Michel Fabrizio che andrà a formare con
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Badovini una squadra tutta made in Italy. “Ce l’abbiamo messa
tutta per costruire una squadra vincente- ci ha dichiarato Buzzoni – dove tutti hanno la giusta mentalità e voglia di vincere. La
moto è migliorata ed i test di Portimao lo hanno già dimostrato.
Badovini ha fatto bene lo scorso anno e crescerà ancora mentre
Michel Fabrizio ha un talento che vogliamo sfruttare al massimo.
Il nostro obiettivo è la top five”. Il Direttore di BMW Italia ci ha inoltre svelato cosa è successo nel corso del convulso mercato piloti
2012 che hanno portato il suo team prima vicino a Laverty e successivamente ad un passo da Checa. Scelte che rivelano grandi
ambizioni che non sono certamente diminuite dopo aver ingaggiato Michel Fabrizio. Il pilota romano (ascolta la sua intervista) ci è
sembrato motivato e determinato come non mai. “I recenti test
sono stati positivi e sono andato subito forte – ci ha detto Michel
– e mi sono trovato subito a mio agio sia con la moto che con la
squadra. Dopo un’annata molto negativa, sono alla ricerca di un
riscatto e punto a stare nei primi cinque. Nel 2012 voglio tornare a vincere. Devo mettermi alle spalle una stagione difficilissima
costellata di cadute e di persone come Batta che mi hanno deluso e che mi stavano facendo perdere una passione ed un entusiasmo che però la mia nuova squadra ha già riacceso. Buzzoni,
Casolari e Foti hanno avuto fiducia in me ed io li voglio ripagare
nel migliore dei modi”. Una sana rabbia agonistica che se Fabrizio
saprà mantenere per tutta la stagione lo potrebbe portare lontano. Pacato e riflessivo, ma non certo meno determinato, Ayrton
Badovini (ascolta la sua intervista). “Dobbiamo festeggiare la nascita della nuova moto ed il successo del nostro progetto – ci ha
detto Ayrton – Questa moto ci consentirà di fare un grosso passo
avanti e nel 2012 dobbiamo raccogliere il frutto del nostro grande lavoro”. Il primo avversario è il proprio compagno di squadra
ma Badovini aggiunge: “Il prossimo anno il mio avversario sarò
io stesso nel senso che devo migliorarmi per raggiungere i miei
obiettivi”. I prossimi test che vedranno impegnato il team BMW
Motorrad Italia si svolgeranno a metà Febbraio a Phillip Island,
due settimane prima dell’inizio del mondiale Superbike 2012.
Per quanto riguarda invece la Stock 1000 FIM Cup, alla serata
erano presenti Lorenzo Zanetti
e Sylvain Barrier, ma solamente il francese dovrebbe essere
confermato mentre al posto di
Zanetti ci dovrebbe essere Lorenzo Baroni, che quest’anno
ha fatto parte del team Superstock Althea Racing.
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KTM Red Bull Factory Team
le foto del team SX USA!
Ryan Dungey, Ken Roczen e Marvin Musquin protagonisti del
photoshooting in vista dell’apertura della nuova stagione AMA
Supercross
Q
uando anche un photoshooting fa rumore. Il “Team Shooting” che ha visto
protagonisti i piloti ufficiali del Team
Red Bull KTM per la stagione 2012 è diventato un vero e proprio evento. Così in California i tre piloti ufficiali della casa austriaca Ryan
Dungey, Ken Roczen e Marvin Musquin hanno
dato spettacolo davanti agli obbiettivi del fotografo Frank Hoppen che stava realizzando le
foto di rito in vista dell’apertura della stagione
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Supercross 2012. Lo shooting si è tenuto al “The
Ranch” ad Anza, California. La preparazione dei
piloti procede a gonfie vele in vista dell’apertura
stagionale che vedrà schierato Ryan Dungey su
KTM 450 SX-F nella classe Open, il campione del
mondo MX2 2011 Ken Roczen schierato con la
KTM 250 SX-F nella classe Lites assieme al campione del mondo MX2 2010, Marvin Musquin. La
stagione Supercross prevede 17 prove dal 7 gennaio al 5 maggio 2012.
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Editore:
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P. Iva 11921100159
Responsabile editoriale
Ippolito Fassati
Capo Redattore
Andrea Perfetti
Redazione
Maurizio Tanca
Cristina Bacchetti
Marco Berti
Francesco Paolillo
Aimone dal Pozzo
Cairoli debutta alla grande nei rally
Tony Cairoli ci sa fare anche con le macchine da rally. Lo ha dimostrato
nell’Arena 48 del Motor Show prendendo parte al Memorial Bettega,
dove ha tenuto testa a Solberg, vincitore del Bettega 2011, Latvala e
Navarra
L
a storica gara bolognese
ha permesso al cinque
volte campione del mondo di motocross di debuttare
sulla velocissima Citroen DS3
ufficiale e l’esordio è da incorniciare. Dopo avere preso feeling
con la macchina, nella giornata
odierna ha battuto per due volte Navarra, sette volte vincitore
del Bettega, chiudendo nel migliore dei modi “un’esperienza
da paura – ha detto Tony soddisfatto a fine giornata- che
mi ha permesso di imparare i segreti di una macchina
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divertente e molto veloce. Peccato soltanto avere preso il giusto
feeling con la DS3 solo oggi, nella giornata finale, ma comunque
è stato un weekend davvero stupendo. Ringrazio Red Bull per la
possibilità che mi ha dato, di correre contro i migliori piloti del momento in una gara mitica come il Bettega. E un grazie va allo staff
del Motor Show per l’ospitalità e per la cortesia che mi ha offerto in
questi giorni.” Tony è dunque raggiante per un’esperienza unica e
per avere disputato delle bellissime manche. Al termine di una due
giorni in crescendo, che gli ha permesso di ottenere tempi sul giro
da primato, il bilancio è positivo. Cairoli è stato capace di mettere
in difficoltà piloti del calibro di Solberg, vincitore del Bettega 2011,
Latvala e Navarra , che erano nel suo girone di qualificazione. La
qualifica fin dal sorteggio si era dunque prospettata molto dura
da superare alla prima esperienza nel rally, sia per il valore degli
avversari, sia per con poco tempo a disposizione per imparare i
segreti della DS3.
Grafica
Thomas Bressani
Collaboratori
Nico Cereghini
Massimo Clarke
Giovanni Zamagni
Carlo Baldi
Massimo Zanzani
Lorenzo Boldrini
COPYRIGHT
Tutto il materiale contenuto in Moto.
it Magazine è oggetto di diritti esclusivi di CRM S.r.l. con sede in Milano,
Via Melzo 9. Ne è vietata quindi ogni
riproduzione, anche parziale, senza
l’autorizzazione scritta di CRM S.r.l.
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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