01 PAG ok copia - Avanti della domenica

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01 PAG ok copia - Avanti della domenica
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DELLA DOMENICA
[email protected]
ANNO XV - N.11
DOMENICA 25 MArzO 2012
SPED. ABB. POST. - DL 353/2003
(Conv. in L. 27/02/2004 N° 46 Art.1, Comma 1, DCB) ROMA
TAXE PERCUE - TASSA RISCOSSA - ROMA ITALY
EURO 1,50
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Il tempo per un’Assemblea Costituente
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Ricordiamoci di Marco Biagi
sostenendo le sue idee
Diamo un anno
Mauro Del Bue
di vita in più
ieci anni dopo il suo barbaro asal governo Monti Dsassinio
ad opera delle Bierre,
in tanti hanno voluto ricordare MarRiccardo Nencini
a crisi economica sta nei numeri: in nove anni di governo, le imposte dirette sono aumentate del 30,8%, il PIL dello
0,4%; il debito pubblico si è accumulato alla velocità doppia rispetto alla media dei governi repubblicani.
Domina la gerontonepocrazia, un
giovane su tre è senza lavoro, le
donne escono di casa a 29 anni ed
i maschi a 32. Si è alimentato il
welfare delle bugie: gli ammortizzatori sociali salvano le tute blu,
ma non i lavori atipici, tre milioni
i disoccupati senza rete. Il lavoro
si è frazionato in due tronconi:
tutelato se a tempo indeterminato,
senza protezione se atipico.
La crisi politica ha visto il maestro dell’antipolitica, Berlusconi,
sconfitto da se stesso e dal mercato, sostituito da un tecnico scelto
dal Quirinale. I partiti sono più
ricchi di sempre, ma hanno abdicato al loro ruolo, il trasformismo
li ha svuotati. A questa crisi si lega quella istituzionale, che ha visto modificata la Carta a suon di
modifiche della legge elettorale, il
Parlamento ridotto a funzioni notarili, trasformato in suk degli
onorevoli. La democrazia nasce
dalla somma di due addendi: libertà e popolo. L’Italia di oggi è
la somma di populismo e di privilegi.
Vengo infine alla crisi di missione. Lo spirito del ‘93-’94, quello
che pretendeva di liberare l’Italia
dalla partitocrazia e dalle ruberie,
ha avuto la durata di uno spot: gli
scandali sono aumentati, con il
paradosso che prima si rubava alla collettività per conto dei partiti,
adesso si ruba anche ai partiti.
Non pervenuto il rinnovamento,
con le sole novità iniziali della
Lega e parte di Forza Italia, per il
resto una riproposizione delle terze e quarte file della Prima repubblica.
Se questi sono gli effetti, dobbiamo interrogarci sulle cause. Ogni
rivoluzione, ogni cambio “violento” di regime produce una fase di
ricostruzione della politica, delle
istituzioni, del contesto in cui
queste operano. La politica della
Seconda repubblica, invece, si è
seduta sulle macerie e non ha saputo ricostruire. Non si è rinnovata e non ha prodotto una riconciliazione nazionale, trasformando anzi l’avversario in nemico e
portando lo scontro in un clima
da campagna elettorale perenne .
Solo la politica può salvare se
stessa e per farlo deve compiere la
mossa del cavallo. Come? Una
provocazione: allungando di un
anno la durata della legislatura e
del governo di emergenza – con
una forzatura all’articolo 60 della
Costituzione, che lo prevede solo
in caso di guerra – ed eleggendo
un’assemblea costituente che riscriva nuove regole condivise. Infine tornando al voto, per ridare
ai cittadini la possibilità di scegliere una maggioranza e un’opposizione. Alternative, ma consapevoli entrambe che l’Italia non
può più permettersi una guerra
civile permanente.
T
co Biagi. C’è chi lo ha fatto, e sinceramente, per celebrare la vittima del
terrorismo rosso, e chi invece lo ha
fatto anche per ricordare il suo messaggio politico.
Noi socialisti riformisti lo dobbiamo
celebrare come vittima di un assurdo
atto di sangue, ma anche come autore
di un progetto di riforma del mercato
del lavoro che avrebbe dovuto collocare l’Italia al passo dell’Europa. E’
evidente che chi ha anche duramente
contestato Biagi, come il vertice della
Cgil, non porta responsabiltà, neppure indiretta, sulla sua morte.
Si può infatti dissentire da Biagi come oggi da Ichino o da qualsiasi
esponente di governo, di associazione di categoria, di sindacato, del
mondo giuslvavorista, che esprima
posizioni di riforma del mercato del
lavoro, senza essere per questo indicati come portatori, anche solo indiretti, di violenza. Eppure coloro che
si sono occupati di questo sanno perfettamente che si tratta di materia ad
alto rischio, dove la violenza si eser-
cita con particolare intensità.
Gli omicidi, prima di quello di Biagi,
di Ezio Tarantelli e Massimo D’Antona, il ferimento di Antonio Da Empoli e di Gino Giugni, sono lì a testimoniare che il terrorismo colpisce
coloro che tentano di introdurre riforme al mercato del lavoro.
Colpisce i riformisti e non i conservatori. Siano essi di destra o di sinistra. Biagi ha elaborato il suo libro
bianco fondato sullo statuto dei lavori, ha compreso tra i primi che la
difesa del lavoratore deve essere insegue a pagina 2
Serve una riforma
della cittadinanza
ala Capranichetta di Roma greS
mita mercoledì per il convegno socialista "Ius soli, ius sanguinis".
Meglio un Sarkozy oggi
per un Bayrou domani?
ziali francesi era difficile immaginarselo. Siccome al peggio non sembra esserci mai fine ci tocca assistere
anche a questo.
Abbiamo appreso che per alcuni
esponenti del PD sostenere Hollande
costituirebbe una grave colpa e ci
hanno spiegato che il PD non è una
sezione del Partito socialista europeo. Qualcuno è arrivato addirittura
a sostenere che, appoggiando Hollande e sottoscrivendo la Carta di
Parigi, il PD si avvierebbe su di una
china pericolosa, mettendo in dubbio le sue stesse ragioni fondative.
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A
Quello che non
vi hanno detto di noi
Tolosa. L’Europa è stata
colpita al cuore
“Esprimo dolore profondo dinanzi
ad una strage sconvolgente e, anche
a nome di tutti i socialisti italiani, solidarietà, affetto e vicinanza alla comunità ebraica così duramente colpita”. Così Riccardo Nencini, ha commentato quanto avvenuto a Tolosa
lunedì 19. “Dopo Oslo e dopo Firenze – prosegue - assistiamo ancora
una volta sgomenti alla furia di un
solo uomo che in nome di idee razziste semina terrore e violenza. La civilissima Europa, fondata sui valori
della tolleranza e della pacifica convivenza tra i popoli, è stata di nuovo
colpita al cuore e la tragedia di oggi è
ancora più odiosa, perché sono morti
dei bambini e perché ha il marchio
inequivocabile dell’antisemitismo”.
Roma e i rifiuti. Cambiare
rotta e puntare sul riciclo
In collaborazione con la Confederazione Italiani nel Mondo, hanno partecipato, oltre a rappresentanti di comunità straniere in Italia, i deputati
eletti all'estero Porta (Pd) e Giordano
(Pdl) e Giuseppe Casucci per la Uil.
Nel dibattito, presieduto da Marco Di
Lello, la tesi socialista nella relazione
introduttiva è stata illustrata da Luca
Cefisi, che ha polemicamente rilevato
come il tema, pur centrale, della riforma della cittadinanza sia tuttora
congelato nel dibattito politico, con i
nuovi cittadini di origine straniera
che si scontrano con una legge obsoleta, mentre il voto degli italiani all'estero tra parentesi nella discussione
sulla riforma elettorale, nonostante i
comprovati brogli impongano una
revisione.
a pagina 3
he il gruppo dirigente del PD si
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dividesse anche su chi sostenere
in occasione delle elezioni presiden-
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- Stampa e Tv -
Convegno promosso dal PSI
Silvano Miniati*
I
Una tesi questa che se non suonasse
come un vero e proprio “avvertimento” potremmo semplicemente liquidare come ridicola.
Credo che se non vogliamo cadere
nelle trappole di una polemica che
non ha né capo né coda, dobbiamo
avere presenti alcuni dati elementari, il primo dei quali riguarda il fatto
che si vota in Francia e che spetta ai
francesi decidere da chi vogliono essere governati.
Il secondo problema riguarda il fatto
che, al momento, Hollande rappresenta indiscutibilmente l’unica carta
giocabile per evitare la riconferma di
Sarkozy e, quindi, altri cinque anni
di una politica sciagurata che, grazie
a lui e alla Merkel, ha già portato
segue a pagina 2
Più chiari negli Usa che in Italia i confini tra destra e sinistra
Gaber, Obama e la sinistra italiana
Alberto Benzoni
ndiamo per ordine, cominciando da Gaber e dalle sue canzoncine. Ricordate quella sulla destra e la sinistra? Lì si parlava, con la dovuta iroA
nia, di abitudini personali e di stili di vita; a testimonianza del fatto che la di-
versa visione del mondo finiva con l’investire anche la sfera privata.
E veniamo allora a Obama e alla campagna elettorale americana. Qui la distinzione tra destra e sinistra è nettissima e senza sfumature e corre lungo
evidenti binari di classe. Il problema è quello della riduzione di un deficit di
bilancio giunto a livelli stratosferici. I democratici propongono, a questo fisegue a pagina 3
Ai partiti non resta
che ripartire
dal territorio
Antonio Tedesco
a fiducia nei partiti è ai miniL
mi storici. Solo l’8% degli italiani si “fida” dei partiti. L’attuale
governo tecnico “neutro”, come
suggerisce Giuseppe Tamburrano, ha messo in luce la crisi profonda di tutti i partiti e della politica.
Senza dubbio è profondamente in
crisi la nostra democrazia rappresentativa. I partiti di massa della
prima repubblica garantivano degli spazi di socializzazione alla politica, avevano una solida struttura partecipativa organizzata, offrivano un’identità attraverso una
mobilitazione diffusa e radicata
sul territorio. Oggi lo scollamento
tra politica e società civile sembra
insuperabile. Per colmare le lacune lasciate dai partiti negli anni
90’ e fino a qualche anno fa in Italia si sperimentarono nuove forme
di partecipazione, da Agenda 21 al
segue a pagina 2
Il Consiglio nazionale
del PSI è convocato domenica
1 aprile alle ore 11.30
a Lecce, presso l’Hotel
President, in via Salandra 6,
con il seguente odg.:
1) esame della situazione
politica; 2) elezioni amm.ve
“La Polverini e Alemanno - ha detto
il capogruppo del PSI alla Regione
Lazio Luciano Romanzi - sul piano
rifiuti vengono smentiti anche dal
ministro Clini. Si brancola nel buio,
uno slalom patetico tra le responsabilità con la messa in scena di una ridicola lotteria per l’individuazione
dei siti delle nuove discariche per poi
ritornare sempre a Malagrotta. Se la
questione non fosse tragica verrebbe
solo da ridere. Un piano fantasma, è
questa l’unica risposta che la Regione riesce a partorire per rispondere
all’emergenza rifiuti. Una preoccupante manifestazione d’incapacità
amministrativa, che lo stesso ministro non ha potuto fare a meno di denunciare. Non si vuole capire e accettare che la stagione delle discariche deve concludersi immediatamente . A maggior ragione quando i
siti indicati, vengono proposti in zone non idonee sia per la salute dei cittadini che per la tutela del patrimonio
artistico come Villa Adriana. La strada da percorre è quella che suggerisce l’Europa, dove una convinta ed
energica politica della differenziata e
del riciclo rimane l’asse portante”.
Matrimoni Gay. Il PSI
è a favore e con chiarezza
“E’ arrivato il momento che tutte le
forze politiche liberali e democratiche, di destra e di sinistra, come già
accaduto in altri Paesi d’Europa, si
dichiarino a favore del matrimonio
tra omosessuali. Anche chi è sempre
stato favorevole non ha mai avuto il
coraggio di dirlo con chiarezza.” Lo
ha dichiarato Roberto Biscardini aggiungendo che “dopo il pronunciamento del Parlamento Europeo sostanzialmente a favore del matrimonio gay e contro ogni definizione restrittiva di famiglia, bisogna saper
fare autocritica. Il nostro Paese è rimasto troppo indietro sul tema dei
diritti civili e sul riconoscimento
della coppie di fatto. Arretrate sono
state le posizioni della destra e troppo timide quelle della sinistra. Anche le forze liberali e democratiche
non hanno avuto il coraggio di scegliere fin in fondo il matrimonio gay
come punto di arrivo di un riconoscimento giuridico di qualunque
coppia di fatto. Di fronte alle prese
di posizione dell’Europa, della Spagna, e recentemente anche dei conservatori e dei laburisti inglesi, il silenzio della politica in Italia è assordante e il dibattito nelle istituzioni
ha assunto toni ormai patetici”.
DELLA DOMENICA
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www.partitosocialista.it
ANNO XV - N.11 - DOMENICA 25 MARZO - 2012
Ricordiamoci
di Marco Biagi...
Meglio un Sarkozy oggi
per un Bayrou domani?
Ai partiti non resta
che ripartire...
Del Bue dalla prima
Miniati dalla prima
Tedesco dalla prima
tesa come difesa dalla disoccupazione e non dal lavoro che svolge,
che occorre introdurre amortizzatori sociali per coloro che il lavoro lo
perdono o per coloro che devono
passare da un lavoro a un altro e su
questo il suo progetto non era stato
completato.
E oggi che il governo Monti ha ripreso la questione si esercitano in
tanti (dalla Confindustria alla Cgil)
per difendere posizioni conservatrici e in qualche misura anche ideologiche.
Io penso che il Psi debba attestarsi
sulle posizioni del Pse che ha lanciato la Flex security, che è la piattaforma politica del socialismo europeo.
Accettando la sfida della flessibilità
(oggi il lavoro non è quello di cinquant’anni fa e la possibilità di passare da un lavoro a un altro è assai alta,
il problema è di evitare di passare da
un lavoro alla disoccupazione e la
possibilità di percepire un compenso
anche quando non si lavora).
Il Psi non può essere dalla parte di
estremismi ideologici che si ispirano
sempre alla logica del “giù le mani”. Il conservatorismo delle mani è
insopportabile.
C’è chi le vuole sempre giù, dalla
Costituzione, dall’articolo 18 (che
va preservato nella sostanza, ma
messo in discussione per gli aspetti
che sono oggi superati), e ieri dalla
scala mobile, dai missili a Comiso,
prima ancora dal Vietnam, dalla
Cambogia, molto meno dall’Ungheria e dalla Cecolsovacchia.
Il conservator-manismo. Oggi è necessario il contrario.
La sfida della crisi economica e finanziaria impone un riformismo a
tutto campo il cui unico comun denominatore deve essere la difesa del
livello di vita dei cittadini e in particolare di coloro che stanno peggio.
Per un socialista questo dovrebbe
essere perfino superfluo ricordarlo.
Un riformista non può mai nutrirsi
di veti ideologici, ma solo di impedimenti pratici.
Non può usare la tattica (vedi Pomigliano e Mirafiori) del “tanto peggio tanto meglio”.
Non può considerare una vittoria,
ma una sconfitta, l’impedire un cambiamento bloccando la realtà all’assoluto immobilismo, quando l’immobolismo è la causa della precarietà e della crisi.
Non si onora Marco Biagi rinnegandone il messaggio di innovatore sociale.
Lo si onora con coerenza sposando
il suo progetto.
da www.locchiodelbue.it
l’Europa sull’orlo del disastro.
Le colpe di Hollande sarebbero, prima di tutto, di essere socialista, come
colpa è sempre stata il richiamarsi
ad una cultura socialista, azionista e
laica, il che per quello che rimane in
vita della cultura cattocomunista è
imperdonabile, in secondo luogo, di
avere aperto la campagna elettorale
criticando aspramente le scelte di politica fiscale votate dall’Europa e sostenute da Mario Monti.
L’equazione è davvero singolare, se i
tuoi amici criticano Monti, anche tu
diventi nemico di Monti, senza tenere oltretutto conto del fatto che molte
delle critiche di Hollande e dei socialdemocratici tedeschi alle scelte
sul fisco sono ben chiare all’interno
del programma del PD.
Un vecchio detto toscano ammoniva
tutti a non parlare di latte perché il
latte lo producono le mucche e siccome le mucche hanno le corna, chi
parla di latte, sta quindi dando del
cornuto a qualcuno.
Dire di no a Hollande, evitando al
contempo di essere sospettati di fare
il gioco di Sarkozy, deve essere sembrato comunque davvero pesante anche per i critici di Bersani. Meglio allora predisporsi una via di fuga.
Si è andati così a rovistare nel passato e si è scoperto che c’è sempre Bayrou, che in occasione delle passate
presidenziali ebbe più notorietà in
Italia, grazie al fatto che Rutelli lo
presentò come colui che avrebbe salvato il nostro Paese, che non in Francia dove infatti non venne votato.
Senza nessun intento aggressivo, mi
domando se i compagni anti Hollande e più concretamente anti Bersani
siano dotati di un sufficiente senso
del ridicolo e se si stiano davvero
chiedendo il perché la gente normale
capisca sempre di meno e conseguentemente si allontani dalla politica.
Quello che succede come risposta alle
iniziative di Bersani è semplicemente
allucinante. Con Hollande no, con i
socialdemocratici tedeschi neppure.
Non rimane quindi che attendere pazienti che in Europa nasca una destra
moderna, democratica e illuminata,
che emerga anche un centro democratico e progressista, per poi dare un
voto a tutti e stabilire con chi possiamo davvero allearci.
E se qualche incauto ci dovesse far
notare che così passeremo i prossimi
cinquant’anni a guardare gli altri governare, potremo sempre rispondere
che proprio in ciò sta la prova che noi
guardiamo davvero al futuro lontano
e non ci interessa se guardando lontano si rischi di dimenticare del tutto
quanto succede attorno a noi.
*Network sinistra riformista
“bilancio partecipato”, nel tentativo di canalizzare l’associazionismo
in azioni concrete per il bene comune ma anche di responsabilizzare i
cittadini e di stimolarne la partecipazione politica e di migliorare la
qualità della governance locale. Un
grande patrimonio di esperienze
che aveva visto in questi strumenti
la possibilità concreta di aprire la
macchina istituzionale, in un ottica
di superamento delle forme tradizionali di relazione con i cittadini di
carattere meramente consultivo. In
alcuni comuni italiani si erano creati degli spazi dove le tensioni sociali
si trasformavano in progetto condiviso all’interno di spazi autogestiti
dalla società civile, partendo dal
principio che il comune è la cellula
base della democrazia.
Oggi sembra che siano state completamente accantonate queste
esperienze di democrazia diretta ed
assistiamo spesso ad un nuovo autoritarismo, ad un accentramento
della politica nella figura del sindaco eletto direttamente dai cittadini
senza una solida struttura organizzata alle spalle e sempre più leader
autoreferenziale.
Spesso il rapporto cittadini/società
civile e amministrazioni locali è di
tipo verticistico, dove si conservano
delle dinamiche gerarchiche, di potere che creano un tipo di interazione dall’alto verso il basso.
Con internet negli ultimi anni assistiamo a delle interessanti evoluzioni.Da un lato, la rete riveste un importante ruolo di canale di informazione, potendo così creare un cittadino informato e consapevole
(prereuisito di ogni democrazia);
dall’altro Internet sembra che possa diventare anche il luogo delle decisioni collettive, dove tutti potrebbero essere consultati ed esprimere
on line il loro orientamento.
La rete diventa una nuova metafora di democrazia: da un lato si allargano le possibilità di realizzare
una democrazia del popolo, con
l’opportunità di realizzare procedure di decisione popolare; dall’altro si costata la presenza di una serie concreta di rischi e limiti, come
la difficoltà di riorganizzare le “comunità umane”.
Credo che sia necessario che la sinistra ripensi all’idea di egemonia
culturale riorganizzandosi per una
nuova “slow politics”, ripartendo
dal territorio, dall’aggregazione,
senza l’ansia del consenso, ma capace di operare per il bene comune,
poiché oggi non è in crisi solo la fiducia nella politica e nelle istituzioni ma soprattutto la fiducia interpersonale.
Fidarsi costituisce una parte imprescindibile della vita sociale. La fiducia riveste un ruolo fondamentale
per lo sviluppo del capitale sociale(e
quindi dello sviluppo culturale politico ed economico). La fiducia interseca tutte le dimensioni della cooperazione, della legittimità e del consenso Per questo è necessario puntare su una nuova cultura politica, radicata sul territorio. Per emergere
dall’empasse culturale è necessario
ripartire dal proprio quartiere, con
la creazione di spazi condivisi che
permettano l’aggregazione.
Le scuole potrebbero diventare
centri del bene comune della collettività, aperte, polifunzionali e luogo
di incontro transgenerazionale.
CONFERENZA NAZIONALE
DELLE DONNE SOCIALISTE
Roma 28 marzo 2012
Roma Eventi Fontana di Trevi - Piazza della Pilotta, 4
Ore 15.00 - Saluto di Riccardo Nencini;
Ore 15.15 - Introduzione Rita Cinti Luciani, Responsabile Dip. Pari Opp. PSI;
Ore 15.30 - “Nuove Povertà: in crisi la coesione sociale”, Giovanna Miele
Coordinatrice Reg. PSI Lazio;
Ore 15.45 - “Donne e Lavoro: L’effetto soffitto di cristallo”, Paola Schiavulli
Forum donne socialiste;
Ore 16.00 - “Bilancio di Genere: ridefinire la spesa pubblica in un’ottica
di Pari Opportunità”, Maria Rosaria Cuocolo Direzione Naz. PSI;
Ore 16.15 Interventi: Giovanna D’Ingianna, Rita Moriconi, Claudia Bastianelli,
Elisabetta Cianfanelli, Margherita Torrio, Daniela Larese, Angela
Massimino;
Direttore Politico
della domenica
Organo ufficiale del
Partito Socialista Italiano
aderente
all’Internazionale Socialista
e al Partito Socialista Europeo
dal blog della Fondazione Nenni
Riccardo Nencini
Segreteria di Redazione
Domenico Paciucci
Direttore Editoriale
Roberto Biscardini
Società Editrice
Nuova Editrice Mondoperaio srl
Direttore Responsabile
Dario Alberto Caprio
Presidente del Consiglio
di Amministrazione
Oreste Pastorelli
Redazione
Carlo Corrér, Emanuele Pecheux
Carmelo Battaglia, socialista e sindacalista, assassinato come Rizzotto
Lo uccisero il 24 marzo 1966
Antonio Matasso
E
sattamente a sessantaquattro anni
di distanza dalla scomparsa di
Placido Rizzotto, tutti i socialisti siciliani hanno accolto con sentimenti di
consolazione la notizia del riconoscimento dei suoi resti, gettati dagli assassini mafiosi nelle viscere di Rocca
Busambra. Adesso egli avrà una sepoltura, il che consentirà alla nostra
comunità politica di rinsaldare visibilmente il legame con un compagno
martire.
Ma è di questi giorni un altro anniversario, troppo a lungo trascurato dai
media nazionali. Alle prime luci
dell’alba del 24 marzo 1966, la mafia
uccideva a Tusa, in provincia di Messina, il sindacalista socialista Carmelo Battaglia, all’epoca dei fatti assessore al patrimonio nel piccolo comune dei Nebrodi. L’omicidio, i cui
mandanti rimasero impuniti, era maturato in quella “mafia dei pascoli”
responsabile di svariati delitti nella
zona compresa tra Mistretta e la valle
del torrente Tusa, perciò ribattezzata
il “triangolo della morte”.
Battaglia era stato nel suo paese uno
dei promotori della cooperativa “Risveglio Alesino” (dal nome greco di
Tusa, Alesa), che insieme alla cooperativa “San Placido” di Castel di Lucio aveva acquistato dalla baronessa
Lipari, nell’agro del vicino centro di
Pettineo, il “feudo” Foieri, fino a quel
momento nelle mani dei “gabelloti”.
Le minacce di questi ultimi non si fecero attendere e furono rivolte all’allora vicesindaco di Tusa, Giovanni
Drago, a Carmelo Battaglia ed ai castelluccesi Filippo Di Francesca e
Bartolo Giordano, rispettivamente
presidente e segretario della cooperativa “San Placido”. Alcuni dirigenti
delle due cooperative, trovandosi nel
fondo, erano stati anche fatti oggetto
di colpi di arma da fuoco. In particolare, Battaglia, Di Francesca e Giordano furono subito considerati dalla
mafia nebroidea i primi obiettivi da
eliminare.
L’assessore socialista Carmelo Battaglia fu ucciso la mattina del 24 marzo
del ‘66, proprio mentre si recava a
Foieri. Gli assassini gli spararono e
poi sistemarono il cadavere piegando-
lo in giù con la faccia appoggiata su
una grande pietra, quasi a voler dare a
intendere di avere sottomesso un uomo che davanti alla mafia non aveva
mai chinato la testa.
Quattro giorni dopo l’omicidio, il deputato “migliorista” del Pci, Pancrazio De Pasquale, durante una seduta
della Camera dei Deputati aperta dall’allora vicepresidente Sandro Pertini,
affermò: “Anche chi non conosce
luoghi e fatti ha capito subito che Carmelo Battaglia è un nuovo martire del
sanguinoso e luminoso cammino del
popolo lavoratore siciliano verso la
sua emancipazione sociale e civile, e
che il delitto, vile, oscuro, è ancora –
come prima – l’arma preferita delle
classi reazionarie siciliane”. Il parlamentare messinese, che definì il socialista Battaglia “un avversario diretto ed implacabile” della mafia, individuò nella sua esecuzione una reazione
dei mafiosi all’attività delle due cooperative di Tusa e di Castel di Lucio,
le quali “avevano osato acquistare
Foieri, un feudo di 270 ettari, per trasformarlo, come stanno facendo in
modo esemplare con le altre terre in
loro possesso”. Nel suo intervento,
De Pasquale accostò la figura del sindacalista tusano ad Epifanio Li Puma,
Placido Rizzotto e Calogero Cangelosi: “I martiri di Petralia, di Corleone,
di Camporeale erano socialisti, come
lo era Carmelo Battaglia”.
Nonostante l’importanza del compagno Battaglia nelle lotte popolari e
contadine sui Nebrodi, il suo nome
era stato incredibilmente escluso, in
un primo momento, dall’elenco delle vittime di Cosa nostra presente
nella legge regionale antimafia. Solo nel 2008 l’Assemblea regionale
siciliana ha rimediato all’errore, approvando un emendamento. Carmelo Battaglia è stato l’ultimo, all’interno di una lunga serie di sindacalisti socialisti in prima fila nell’epopea contadina dell’occupazione delle terre, ad essere ucciso a causa del
suo impegno per il riscatto dei braccianti e contro la mafia dei pascoli.
Neanche a dirlo, il suo omicidio, al
pari di altri dodici verificatisi tra il
1956 ed il 1966 nel citato “triangolo
della morte” dei Nebrodi occidentali, è rimasto impunito.
CORSIVO
Per Berlinguer e Gramsci sì, per Craxi no?
Se c’è una piazza pedonale intitolata a Enrico Berlinguer e una ad Antonio
Gramsci, perché non deve essercene anche una per Bettino Craxi?
Se lo chiedono da tempo in tanti e la questione è tornata alla ribalta con l’annuncio di una petizione avviata dalla figlia Stefania, sottoscritta già da molte
firme anche di rilievo, da Roberto Formigoni a Umberto Veronesi. C’è pure una
richiesta ufficiale in consiglio comunale di Roberto Biscardini e non solo per
l’ex segretario del Psi, ma anche per Aldo Aniasi.
Biscardini ha ricordato che Bettino Craxi era milanese, socialista, consigliere
comunale a 26 anni, “assessore all’assistenza e come tale padre delle mense
pubbliche gratuite”. Un “uomo della modernità, che volle che si tenesse a Milano, e non a Roma, il primo Consiglio europeo nel semestre italiano, per portare nella sua città i grandi d’Europa”. Ora, ha sottolineato Biscardini, “non
voglio rivangare le lotte fra socialisti e comunisti, ma il tema è la riappacificazione. Non sono contrario a una piazza a Berlinguer, ma chiedo a questa giunta
di riappacificarsi con la storia del socialismo milanese, che è quella della socialdemocrazia liberale”. Parole pacate che però hanno spaccato il PD dove
c’è chi ancora, come David Gentili, neopresidente della commissione antimafia,
non ha esitato a dire che si “vergogna profondamente” di Craxi, immaginiamo
per tangentopoli. Strano però che non si ponga alcun problema su Gramsci – a
cui sono intitolate decine di vie, corsi e piazze - che, come ha ricordato in uno
libro appena uscito lo storico Alessandro Orsini, professava la violenza omicida contro i nemici politici, socialisti compresi, né più né meno come i terroristi
rossi e neri degli ultimi decenni. Oppure per Berlinguer, che ha mantenuto il
PCI grazie anche ai rubli che arrivavano dalla dittatura del regime sovietico e
alle sovvenzioni delle cooperative. Ma si sa, l’antisocialismo soprattutto nel
PD, già PDS, DS, PCI, è una bestia molto dura a morire.
Matteo Zorzi
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DELLA DOMENICA
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ANNO XV - N.11 - DOMENICA 25 MARZO - 2012
La scelta del duo Merkel-Sarkozy di privilegiare il pareggio di bilancio rispetto alla crescita, è politica
Convegno promosso da Psi e Confederazione Italiani nel Mondo
Da ‘Merkozy’, una medicina che ammazza il cavallo
Riforma della cittadinanza,
la impone la globalizzazione
Leonardo Scimmi
ra le tante domande che si vorrebbero rivolgere al
T
duo Merkel e Sarkozy vi è la seguente: perché siete interessati ad una mancata crescita dell’economia europea?
La Grecia è il problema che ha messo all’ordine del giorno una serie di riflessioni di natura politica ed economica, ma il gioco sembra essere più grande della piccola
Grecia.
E’ palese a tutti infatti che la politica economica imposta
dalla Germania - senza grande diplomazia in vero - si
fonda sulla fissazione tedesca che è il pareggio di bilancio, l’austerità, la riduzione della spesa pubblica. Tanto
in ogni caso la domanda tedesca è trainata dall’export.
Ma il resto d’Europa?
L’economia europea - da Maastricht in poi - appare guidata dai principi economici tedeschi.
Riduzione dei debiti pubblici ed imposizione di vincoli
sempre più stringenti agli Stati membri, da Maastricht
in cui il deficit pubblico non poteva superare il 3% del
PIL a quello di oggi del Fiscal Compact dello 0,5%. In
tale scenario, il nemico da scongiurare è l’inflazione.
Ora a grandi linee e senza pretesa di essere esaustivi,
questo progetto tedesco seppur apparentemente fondato
su regole accettabili in base al buon senso, per cui indebitarsi “è male”, risulta essere un progetto politico e non
tecnocratico. E risulta essere un progetto politico di
stampo conservatore.
Sebbene possa apparire a tutti inevitabile che chi ha de-
biti non debba indebitarsi ulteriormente, i mercati non
approverebbero…, questo “tirare la cinghia” rischia di
sprofondare l’Europa in altri 20 anni di mancata crescita, di alta disoccupazione e recessione.
La vera assente è la cosiddetta “domanda”. In tempi di
crisi come quelli odierni e con il terrore di non vedere
la fine del tunnel, chi si incaricherà di spendere soldi?
Di consumare? Di investire? Di costruire? In breve, di
far ripartire la domanda generando quindi la ripartenza dell’economia reale? Ebbene, nessuno, tranne
un ente che per destinazione costituzionale etica ed anche economica potrebbe e dovrebbe farlo, vale a dire
lo Stato.
Imponendo tuttavia dei vincoli di spesa allo 0,5% ed una
austerità occhiuta e sanzionata dalla Corte di Giustizia,
in assenza di un budget di spesa a livello europeo, nessuno stato nazionale potrà rilanciare né consumi né investimenti e la domanda interna europea resterà vittima di
una cintura troppo stretta.
L’export, d’altra parte, non potrà supplire alla mancanza di domanda interna, almeno non ancora, considerando i prezzi dei prodotti europei e dell’Euro e la globalità
della crisi che tocca gravemente anche gli altri Paesi extra europei.
In tale situazione neanche le immissioni di liquidità della BCE verso le banche potranno avere effetti benefici,
se non sui bilanci delle banche stesse.
Tutto ciò, e molto di più ovviamente, è ben presente a
Merkel e Sarkozy. La domanda è, perché lo fanno?
ala Capranichetta di Roma gremita mercoledì per il convegno
S
socialista "Ius soli, ius sanguinis".
In collaborazione con la Confederazione Italiani nel Mondo, alla discussione hanno partecipato, oltre a
rappresentanti di comunità straniere in Italia, i deputati eletti all'estero
Porta (Pd) e Giordano (Pdl) e Giuseppe Casucci per la Uil. Nel dibattito, presieduto da Marco Di Lello, la
tesi socialista è stata illustrata nella
relazione introduttiva da Luca Cefisi, che ha polemicamente rilevato
come il tema, pur centrale, della riforma della cittadinanza sia tuttora
congelato nel dibattito politico, con i
nuovi cittadini di origine straniera
che si scontrano con una legge obsoleta, mentre il voto degli italiani all'estero tra parentesi nella discussione sulla riforma elettorale, nonostante i comprovati brogli impongano una revisione. Riccardo Nencini nel suo intervento ha indicato la
sfida della globalizzazione come sfida generale per i riformisti: una sfida che impone di elaborare una cul-
I L P SI
Gaber, Obama
e la sinistra italiana
Benzoni dalla prima
ne, un aumento del carico fiscale
per i ceti più abbienti (insomma
“devono piangere anche i ricchi”);
mentre i repubblicani di questo non
vogliono sentir parlare, sostenendo
invece una drastica riduzione del
ruolo dello Stato in tutti i campi,
dalla spesa sociale all’intervento
ambientale.
Qui è tutto molto chiaro riproponendo, dall’altra parte dell’Atlantico, e
con chiarezza brutale, quelle tradizionali divisioni tra socialdemocratici,
liberisti e conservatori che ha segnato
la storia europea lungo tutto il ventesimo secolo.
Ora, la cosa curiosa è che di questo
contrasto non sembra esservi traccia nel confronto politico italiano
di oggi.
Qui abbiamo un governo che, nell’affrontare la questione del debito e del
deficit di bilancio, non ha seguito la
rotta di Tremonti e di altri governi
conservatori europei, a partire da
quello britannico e spagnolo, nel senso che si è avvalso dello strumento
dell’aumento delle tasse più che di
quello dei tagli nella spesa pubblica.
Che ciò fosse fonte di generali proteste era ovvio; ci si lamenta oggi
per un carico fiscale che uccide dimenticando, peraltro, che ieri ci si
lamentava per la macelleria sociale
dovuta ai tagli lineari alle spese dello Stato e degli Enti locali.
Ovvia, anche la protesta della destra, leghisti in testa, ma non solo,
contro uno stato inefficiente e soffocatore. Meno ovvia, invece, la posi-
zione della sinistra, tentata anch’essa ad unirsi alla protesta, in nome
del fatto che, almeno in Italia, la
struttura dell’imposizione e l’entità
dell’evasione ridimensionerebbero
in partenza il ruolo positivo della
politica fiscale; e scordandosi del
fatto che l’alternativa, un’ulteriore
riduzione della spesa pubblica, sarebbe stata ancora più inaccettabile,
almeno per il suo elettorato.
Insomma lo schema “sinistra più
tasse, destra meno spese” non sembra funzionare, qui e oggi, almeno
da noi; un ulteriore esempio dell’anomalia italiana.
Verrebbe facile, a questo punto, attribuire questa anomalia alla grande
confusione politica che ha accompagnato la storia della prima repubblica: una destra, frutto della sgradevole mistura tra neopopulismo e
vecchia conservazione e una sinistra
di ex comunisti ed ex democristiani
trova la sua improbabile unità nel rifiuto della socialdemocrazia.
E però questa stessa sinistra si trova, oggi, di fronte a difficoltà oggettive che le impediscono sia di sostenere sino in fondo la linea tradizionale di aumento delle entrate che di
aprire un dibattito serio sulla questione della diminuzione delle spese, intesa come “lotta agli sprechi”.
E queste difficoltà hanno due nomi.
Il primo è noto da tempo immemorabile e si chiama “evasione fiscale
di massa”. Un campo in cui la sinistra ha il dovere di sostenere l’azione di contrasto del governo, ma anche di ricordare, a ulteriore conferma di questa linea, che, senza una
drastica riduzione dell’area di evasione, le invocazioni di patrimoniali
e di aggravi per i “super ricchi”
avrebbero un grande valore simbolico, ma anche una ridotta efficacia
pratica in una strategia di riduzione
del deficit.
Il secondo, invece, è noto solo in
modo impressionistico e si chiama
“sfascio dello Stato e delle Istituzioni”. Un dato che di per sé solo rivela il carattere catastrofico della politica dei tagli lineari e perciò indiscriminati. Insomma si può salassare un paziente complessivamente
sano, ma se si applica la misura ad
un organismo malato, si accelererà
la sua definitiva degenerazione.
E qui bisogna intendersi una volta
per tutte sul termine “spreco”, non a
caso almeno nella vulgata politica
sempre aspramente condannato, ma
quasi mai concretamente esemplificato.
Allora, un termine sbagliato; perché, appunto, non si tratta di applicare una dieta dimagrante ad un organismo sano, ma di misurarsi con
fenomeni degenerativi profondi,
alimentati strutturalmente - che si
tratti di sanità o di aziende pubbliche o di quant’altro - da una rete di
interessi particolari e di rapporti
perversi.
In questo quadro, il tema della riduzione della spesa pubblica fa tutt’uno con quello della ricostruzione di
uno Stato degno di questo nome.
Un’operazione che dovrebbe essere
nelle nostre corde e per il nostro
“lealismo istituzionale” (difendere
le Istituzioni è anche aggiornarne il
funzionamento…) e perché, come
diceva Stalin buonanima, “compito
del proletariato è anche quello di
raccogliere le bandiere” (leggi l’autorità dello Stato) “che la borghesia
ha gettato nel fango”.
mondoperaio
rivista mensile fondata da pietro nenni
editoriale
Luigi Covatta L’apota
memoria Luciano Cafagna La forza dell’obesità
febbraio 2012
tura condivisa della cittadinanza,
che tuteli i valori laici e costituzionali senza pericolose differenziazioni
culturali, e si opponga al razzismo
strisciante o conclamato della Lega.
Per Giovanni Crema, già attivo promotore in Parlamento dei diritti degli italiani all'estero, la legge Tremaglia è stato un errore, a cui occorre
mettere mano, mentre Claudia Bastianelli della Fgs ha illustrato la
proposta dei giovani socialisti sullo
Ius soli, una battaglia particolarmente sentita dall'organizzazione
giovanile in nome della solidarietà
generazionale con i giovani immigrati nati e cresciuti in Italia. Angelo
Sollazzo, nelle conclusioni, ha ribadito la volontà del PSI di sostenere
una riforma del voto all'estero che
riporti il voto degli italiani nelle sedi
consolari e nei collegi di origine, secondo i modelli più consolidati anche a livello internazionale, allo scopo di garantire controlli e trasparenza, ridurre i brogli e le assurde
spese elettorali per collegi transcontinentali.
A colloquio con Fabio Guerriero
NEL TERRITO RIO
Una stagione nuova per Catanzaro
Barbara Conti
S
alvatore Scalzo, 28 anni, borsista
presso la Comunità Europea a Bruxelles. È lui il candidato sindaco della
coalizione di centrosinistra (sostenuto
da Psi, Pd, Idv, Sel, da due liste civiche
di ispirazione riformista) alle prossime
elezioni amministrative di Catanzaro
del 6 e 7 maggio. “L’obiettivo per il
Psi è di raggiungere il 5% delle preferenze, anche se la diaspora socialista
sta ancora ‘mietendo vittime’. Come
sempre i peggiori nemici dei socialisti
sono gli ex-socialisti”. Questo il commento in merito di Fabio Guerriero,
della direzione nazionale del Psi e segretario regionale.
Realizzare una città a misura d’uomo;
riscoprire le tradizioni artigiane e culturali; costruire il primo asilo comunale; creare dei servizi ad hoc per gli anziani; recuperare il centro storico, anche trasferendovi le facoltà umanistiche; rivitalizzare l’economia e il tessuto sociale; realizzare il porto; rafforzare le strutture sanitarie e universitarie,
rimarca Guerriero, che aggiunge
“mentre la nostra coalizione dichiara
di voler recuperare il tessuto urbano
della città (22% di case sfitte e ben oltre mille abitazioni in vendita), la destra ripropone nuove costruzioni massive e ulteriore ‘consumo’ delle aree
verdi”. Elencati sommariamente i punti centrali del programma elettorale,
arriva un duro attacco all’Amministrazione uscente che “non ha più titolo
per governare nel momento in cui il
Sindaco dimissionario, Michele Traversa, abbandona la poltrona di primo
cittadino dopo soli 7 mesi dichiarando
che la città è ingovernabile, pur aven-
do dalla sua il 77% dei consiglieri comunali”. Il sodalizio Abramo-Scopelliti, fondato su “poteri forti, legati ad
interessi precisi”, mentre promette mari e monti, “riduce il numero di posti
letto negli ospedali della città, trasferisce importanti specialistiche a Lamezia e progetta di chiudere il centro di
eccellenza di cardiochirurgia per trasferirlo a Reggio Calabria”.
“La battaglia si preannuncia aspra e
difficile. Troppi sono gli interessi in
gioco. Noi ci auguriamo che a vincere
siano i cittadini catanzaresi e non gli
interessi di pochi”, avverte Guerriero.
Per questo si punterà sui giovani (nella
città c’è il 34% di disoccupati). “La
lotta – precisa- è impari: il centro sinistra porta avanti una campagna elettorale grazie al contributo di volontari, la
destra dispone di ingenti risorse economiche”.
L’auspicio, conclude, è che “l’elettorato non cada nella trappola della promessa, ma affidi le sorti della città a
chi parla il linguaggio nuovo della verità e della coerenza”.
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documenti Giorgio Napolitano La politica rispettabile
DELLA DOMENICA
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heri dicebamus Gino Giugni Battaglie simboliche
saggi e dibattiti Gianni De Michelis Prima e dopo San Valentino Giuliano Parodi La mutazione Antonio Badini Il doppio errore dell’Europa
Paolo Raffone La Borsa e la vita Gian Paolo Bonani Se questa è crescita Mario De Pizzo Casette in Canadà
dossier/quale socialismo Tommaso Gazzolo La dialettica del riformismo Alfonso Musci La conversione ecologica Carlo Scognamiglio Il fondamento etico Andrea Pinazzi Elogio della complessità Libera Pisano Attualità dell’utopia Enzo Di Nuoscio L’economia
sociale
libera italia Massimo Teodori Ricostruire la politica Giovanni Sartori Rinnovare la Repubblica Ennio Di Nolfo I vantaggi di una sconfitta
Franco Reviglio Ridurre il debito Enzo Mattina Il lavoro che cambia
taccuino Marco Boato Elogio di un conservatore
mondo operaio? Marco Preioni Il dollaro, il peso e l’euro
biblioteca/schede di lettura Celestino Spada Gli arcobaleni di Pisapia
Guido Martinotti Il ministro buono e il capitalismo cattivo
le immagini di questo numero Paolo Bolpagni Vittorio Piva e l’Avanti! della Domenica
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DELLA DOMENICA
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ANNO XV - N.11 - DOMENICA 25 MARZO - 2012
Dalle contraddizioni del governo Lombardo ai pasticci delle primarie di Palermo
VISTO DALL’EUROPA
di Luca Cefisi
La Sicilia, laboratorio di... confusione
Crisi economica e democrazia: il cortocircuito
C
ome l’Italia, soltanto la Grecia ha oggi un governo d’emergenza per
fronteggiare la crisi economica. La differenza è che la crisi greca è
stata più grave e virulenta, e ad Atene le misure anticrisi, su pressione dei
partner europei e della business community, sono state ancora più gravi di
quelle decise a Roma.
Emerge evidente il cortocircuito tra crisi economica e legittimità democratica: i “sacrifici” non sono soltanto impopolari per loro natura, ma appaiono totalmente svincolati dal processo democratico, imposti e decisi dall’alto, addirittura dall’estero. L’ideologia della “necessarietà” di certe politiche
alla lunga non può convincere la gente, che avverte come ogni possibilità di
decidere del proprio futuro con il voto venga annullata. Come sovente accade nella storia, i riformisti non vengono premiati per l’assunzione di
responsabilità al fine di evitare il peggio, al contrario finiscono tra l’incudine e il martello, tra le pretese dei poteri economici e la rabbia della gente.
Ecco quindi che i recenti sondaggi in vista delle elezioni greche indicano un
crollo dei due maggiori partiti che sostengono il governo tecnico di Papadimos: oggi socialisti e conservatori assieme fanno poco più del 36%, quando solo pochi anni fa si dividevano da soli l’80%. Sale la sinistra d’opposizione, che raccoglierebbe un 40% ripartito tra le sue varie sigle. L’86% dei
cittadini si dichiara insoddisfatto delle politiche del governo, anche se il
66% continua a riconoscerne la “competenza”.
E’ questa pretesa di competenza nel governo degli arcani della finanza,
sostenuta a spada tratta dai media, che ha reso sinora possibile il governo
di Papadimos. E’ incerto quanto questo possa, sul lungo periodo, sostituire
la libertà di scelta tra opzioni politiche diverse, cioè la democrazia.
UN LIBRO: “OCCHI DI MASCHIO” DI DANIELA BRANCATI
La Rai, così bella, così sfortunata
Il PDL dal governo Monti accetta
praticamente tutto, ma non che si
metta mano a una revisione della
governance della Rai. Il tema, caldissimo, è di attualità in questi giorni
perché il consiglio di amministrazione della prima industria culturale del
Paese, è in scadenza. Può accadere
che venga rinnovato con le
regole
della
Legge
Gasparri, cioè con una
maggioranza che deriva
da quella delle Camere
oppure che venga congelato in attesa di una riforma.
Sembra una questione
secondaria rispetto ai
problemi dell’economia,
gravissimi, che ha di fronte l’esecutivo eppure, se
fosse davvero così irrilevante, non scalderebbe così tanto il
clima tra i partiti. Tralasciando la
questione del ‘beauty contest’ per
l’assegnazione delle frequenze digitali e gli insaziabili interessi di Berlusconi nel settore specifico della televisione commerciale, il dato davvero
essenziale è che il piccolo schermo
continua a essere non solo la fonte
primaria di informazione degli italiani, ma soprattutto lo strumento di
diffusione di valori e modelli di
comportamento che sono potenzialmente in grado di influenzare lo
sviluppo economico, politico e sociale di milioni di italiani.
Oggi, soprattutto tra i giovani, il web
prevale nettamente sulla tv, e dunque
la sua capacità di condizionamento è
destinata a decrescere proporzionalmente, ma fino a ora non è stato così.
La Rai per oltre mezzo secolo ha
goduto di un potere straordinario che
si potrebbe dividere grossolanamente
in due parti, due ‘vite’ diverse: la
prima, quella della solitudine e
dell’autoreferenzialità assoluta dalla
nascita nel 1954 fino al 1973, l’anno
delle prime tv commerciali – le ‘tv
libere’, come le chiamavamo allora –
e la seconda dal 1975 in poi – anno
della prima riforma – fino ai giorni
nostri, col confronto sempre più duro
e straniante, con la concorrenza delle
emittenti commerciali, in primo
luogo Mediaset.
“Occhi di maschio”, è una storia
complessa e affascinante
raccontata con grande
semplicità e un interesse,
che tradisce una passione,
culturale e professionale,
per nulla sopita, da Daniela Brancati, giornalista,
esperta di comunicazione e
prima donna direttora di
un Tg Rai, quello della
terza rete. L’originalità del
libro è nell’aver assunto il
punto di vista femminile,
l’opposto del “male gaze” – il modo
tutto speciale che abbiamo spesso noi
maschi di osservare (e valutare) le
donne - nel ripercorrere la storia
dell’emittenza pubblica, perché la
Rai, come un po’ tutta l’Italia, è la
summa di innumerevoli capacità
tradite, di disinteresse e disprezzo per
il merito e prevalenza dell’interesse
personale, di un’ignoranza culturale
tutta funzionale al potere, quello
politico e quello economico.
Il destino delle donne che hanno
lavorato e lavorano per la Rai è una
storia di discriminazioni e difficoltà
che in qualche modo sono state acuite dall’avvento della tv commerciale,
dal prevalere dei dati dell’audience e
del modello ‘veline’.
Ora c’è solo da sperare che con la
stessa ottica usata per scrivere
“Occhi di maschio”, venga scritta
anche una Storia d’Italia. Chissà che
il risultato non sia altrettanto utile e
interessante.
Carlo Correr
Donzelli editore, pp. 230, € 18,50
Giuseppe Miccichè
M
ai come in questi ultimi mesi la Sicilia politica ha offerto di sé una immagine così poco edificante. Sia che
si guardi al governo, sia che si guardi al movimento dei partiti, la situazione regionale appare sempre più confusa e offre non pochi motivi di critica..
Per tanti anni l’isola (come altre volte abbiamo ricordato) è
stata considerata laboratorio di formule politiche a volte assolutamente originali, fucina di indicazioni e scelte rivelatesi poi valide non solo a livello locale. Per questo motivo non
pochi l’hanno assunta come termine di paragone e sollecitatrice di scelte di solito con buoni risultati a livello nazionale. Si pensi per tutte al primo centro-sinistra.
Ultimamente, però, s’è andata collocando su un piano fortemente inclinato.
Avremmo molto da dire sul governo in carica, sui rapporti
tra i partiti, su quanto è avvenuto di recente in occasione delle scelte dei candidati a sindaco di Palermo.
Nella impossibilità di farlo col necessario approfondimento,
ci limitiamo qui ad alcune pennellate iniziando dal governo.
Va subito detto che nella sua attività non sono mancate delle novità positive. Esso ha ingaggiato coi poteri forti una
lotta che ci auguriamo possa dare buoni risultati, e ha operato positivamente in alcuni settori mentre in altri si è rivelato alquanto debole ottenendo scarsi risultati.
Tra l’altro ha ridotto drasticamente il debito e gli sprechi in
diversi settori, ha deciso l’accorpamento degli ATO ambientali con un notevole risparmio della spesa complessiva,
ha bloccato le elezioni provinciali resistendo alle pressioni
di molti che, in contrasto con quanto previsto dallo Statuto,
premono per la loro conservazione, mentre l’ARS deliberava coraggiosamente sulla contrazione da 90 a 70 dei deputati regionali, sulla riduzione dei consiglieri e assessori comunali e sulla riduzione degli emolumenti e concedeva il
diritto di tribuna ai partiti non rappresentati. Ha conservato
però una posizione equivoca sulla istituzione dei Liberi
Consorzi dei comuni previsti nell’art, 15 dello Statuto dopo
l’abolizione delle province, e non ha saputo finora rispondere alle tante attese in relazione alla situazione economica,
giunta a livelli tragici. Eppure il mare in cui il governo naviga è perennemente agitato, ed esso vive tra lodi e critiche,
convergenze non sempre stabili e fughe.
Singolare è l’atteggiamento di alcuni partiti nei suoi confronti Tra le formazioni che lo promossero, l’MPA di Lombardo, il PD, FLI, API, l’UDC, quest’ultimo ha improvvisamente deciso di abbandonarlo.
La maggiore formazione del centro-sinistra da qualche tempo
sembra entrata nel vortice di un ballo estremamente mosso.
Per alcuni mesi è apparsa tutta impegnata a decidere se sostenere ancora il Governo oppure staccare la spina e abbandonarlo al suo destino.
Referendum interni, animate riunioni di quadri a livello regionale, espressione di rapporti tra gruppi sempre più tesi,
l’hanno portato in una posizione ondivaga, nella quale un
giorno sembra decisa a lasciare e il giorno dopo invece
chiede di entrarvi con propri uomini per farne da largamente tecnico qual è ancora oggi un governo politico.
Quanto alle alleanze in vista del rinnovo dell’ARS, un giorno
è per una alleanza molto ampia, dalla sinistra radicale a quella riformista possibilmente estesa al centro, e il giorno dopo è
invece per un’alleanza delimitata a sinistra ed estesa al centro, corrispondente alle forze che sostengono il governo..
In vista delle elezioni amministrative di Palermo, primarie,
scelta dei candidati, accordi tra partiti e movimenti si sono rivelati tali da suscitare perplessità, stupore e critiche anche forti.
Partecipando alle primarie del centro sinistra svoltesi a Palermo, con regole poco chiare, il PD ha sostenuto in pratica
tre candidati, uno dei quali (la Borsellino) con dichiarato
orientamento antilombardiano, fortemente voluto da IDV e
SEL e da alcuni movimenti, oltre che, dopo non poca indecisione, da Bersani, un altro (Ferrandelli) transfuga di IDV
da cui tempo fa è stato espulso, sostenuto solo da una componente del partito favorevole alla prosecuzione dell’esperienza di governo, un altro ancora, unico tesserato al partito
(Faraone) sostenuto da Renzi, semplicemente “rottamatore” e sicuramente minoritario.
Ha vinto Ferrandelli, subito però combattuto dall’eterno paladino Orlando, che assieme a IDV, non riconoscendo i risultati delle primarie, minaccia di presentare un candidato
della estrema alternativo a Ferrandelli.
Il centro e la destra concorrono per parte loro all’arricchimento dello spettacolo con passaggi disinvolti di candidati
e “adozioni” interessate. Costa, presentato prima come candidato puro e duro da UDC, MPA e FLI contro la destra, ha
improvvisamente accettato di essere candidato dell’UDC,
del PdL e di Forza del Sud, ma ha perduto il sostegno
dell’MPA e di FLI, che, non volendosi alleare con la destra,
hanno provveduto a scegliere un altro candidato.
Non per questo i giochi sono fatti. In arrivo pare ci siano altri candidati e si pensa che per i vari partiti e movimenti si
cimenteranno alla fine non meno di dieci candidati.
Andando così le cose, l’isola finirà presto per collocarsi su
un piano assolutamente nuovo e meriterà la nuova qualifica
di laboratorio di confusione, cancellando qualche buon ricordo del tempo passato.
NOTIZIE IN BREVE
Luigi Incarnato: alzare le rette
per i bambini delle comunità
21 euro al giorno per bambino, nelle
comunità di accoglienza, - ha scritto
in una lettera Luigi Incarnato al presidente della regione Calabria - è una
cifra irrisoria che, certamente, ha radici lontane e non è stata dettata dal governo attuale, ma al presidente Scopelliti chiediamo un’azione di destra
sociale e di portare almeno a 40 euro
la retta quotidiana.
E’ impensabile che le comunità, molte
delle quali religiose, possano garantire adeguata accoglienza e assistenza
ai bambini, di nutrizione e di assistenza psicoterapica, con 21 euro il giorno. I soldi e le risorse si trovano facilmente adeguando i parametri di assistenza per altre comunità.
I bambini in questione vengono quasi
tutti da storie familiari disagiate e possono trovare riscatto solo se le istituzioni puntano realmente alla loro crescita dinamica. Scopelliti e Stillitani
non si sottraggano al confronto, ma
ascoltino le richieste che tante comunità, da diverso tempo, rivolgono loro
senza trincerarsi dietro al passato.
Chi scrive è stato per cinque anni assessore ma non ha mai, nemmeno una
volta, addebitato una criticità ai suoi
predecessori: si governa e si vincono
le elezioni anche in virtù degli errori
di chi ci precede, ma guardando al futuro e i bambini, specie quelli svantaggiati, devono essere il perno dell’azione istituzionale
Maurizio Viaggi: sull'art.18
essenziale un'intesa
Monti sabato 17 alla platea di Confindustria ha detto che “il nuovo art. 18 è
pronto e i sindacati devono cedere
qualcosa”. Vogliamo ricordare al Presidente del Consiglio e al ministro
Fornero che – ha commentato Maurizio Viaggi segretario del Psi ligure –
chi in questi anni ha rinunciato a molto in termini di diritti e salvaguardia
del proprio reddito sono i lavoratori e
la piccola impresa. L’intesa con le parti sociali è fondamentale, non si può
fare una riforma del lavoro chiedendo
“passi indietro” solo ad una delle parti, guarda caso sempre la solita, i lavoratori. Il Psi, il partito che ha scritto lo
statuto dei lavoratori, non teme le ri-
Lettere
forme ma chiede che siano eque, giuste e condivise.
Annibale Carelli: i socialisti
votano Psi
“Mercoledì 7 marzo era presente l’amico e compagno (spero di poterlo
definire ancora così ) Onofrio Introna
alla sala convegni del Magna Grecia
per testimoniare l’appoggio dei ‘socialisti’ di SEL alla ricandidatura del
sindaco uscente Ippazio Stefàno.
Sono amareggiato - ha dichiarato Annibale Carelli, segretario della federazione tarantina del Ps - per non essere
stato informato della sua presenza nella nostra città visto che ha parlato di
socialisti perchè come segretario provinciale di Taranto del Partito Socialista Italiano, avrei potuto fare gli onori
di casa.
Comunque - precisa l'esponente del
Psi - desidero ricordare al Presidente
del Consiglio regionale che i socialisti stanno nel Psi, unico partito italiano che fa parte del Pse e dell’Internazionale Socialista, e votano per quel
partito e per non altre formazioni politiche".
[email protected]
Sia la CGIL a organizzare i funerali di Rizzotto
Reticenti anche al Tg2
Da tante parti, trasversalmente da destra a sinistra, si sono chiesti
funerali di Stato per Placido Rizzotto. Sono contrario per rispetto
di Placido Rizzotto sindacalista e partigiano socialista. I funerali di
Stato hanno un loro protocollo: vanno invitate una pletora di autorità civili, religiose e militari. In vita Rizzotto non frequentava
prefetti, vescovi e generali. Dallo Stato non ha avuto né protezione
prima, né giustizia poi. Per quello che rappresenta simbolicamente
dovrebbe sopportare in prima fila la presenza del Presidente della
Camera Fini, già delfino di Almirante, o del Presidente del Senato
Schifani, i cui amici siciliani non erano quelli di Rizzoto, invece che
dei suoi compagni di sindacato e di fede politica. Tra le alte cariche dello Stato soltanto Napolitano ci starebbe bene, ma Napolitano può partecipare anche a funerali organizzati dalla CGIL.
Soprattutto siano funerali civili con le bandiere rosse del sindacato
e dei suoi compagni socialisti: per loro ha perso la vita.
Felice Besostri - Milano
Seguendo l’edizione serale del TG2 di venerdì 16 marzo u.s.
abbiamo appreso che alcuni rappresentanti di primo piano di
PDL, PD e SEL si sono dichiarati soddisfatti per la concessione
dei funerali di Stato per i poveri resti di Placido Rizzotto, l’esponente socialista della CGIL ucciso dalla mafia nel 1948.
Noi socialisti lecchesi siamo orgogliosi di questa decisione
governativa per almeno due motivi: in questa decisione vediamo
riconosciuta la lotta che esponenti socialisti hanno fatto e continuano a fare contro le mafie di ogni genere e, secondo, vediamo
soddisfatta la richiesta che il nostro segretario nazionale, Riccardo Nencini, aveva inoltrato per lettera al presidente del consiglio
Mario Monti appena appresa la notizia che i resti ritrovati
erano, senza alcun dubbio, di Placido Rizzotto.
Dopo queste nostre soddisfazioni dobbiamo però esprimere il
nostro rammarico: la RAI ed i suoi giornalisti (che si piccano di
rappresentare un servizio pubblico) dovrebbero essere più
completi nel dare le informazioni giornalistiche e quindi non solo
citare le dichiarazioni di alcuni esponenti politici ma, per
completezza dell’informazione, citare anche chi si è fatto promotore dell’iniziativa: in questo caso il PSI tramite il suo segretario
nazionale. La RAI è di tutti o solo di alcuni?
Federazione Provinciale - Lecco
Ecco perché non comprerò più La Stampa
A pag. 33 nella rubrica” la storia” del 10 marzo, si ricorda la
morte del compagno Placido Rizzotto, con una puntuale descrizione dei fatti e bellissime immagini sul caso “Battagliero”.
Queste, bellissime, immagini delimitate col bardino rosso, che
dimostrano una cura del servizio, mi portano altresì a notare che
il nascondere l’appartenenza politica, cioè “Il socialista Rizzotto”, è stata una dimenticanza voluta.
Pertanto dall’undici marzo 2012 non compro più “La Stampa”.
Silvio Minardi