MANZINI I. (2013). La ceramica a vernice nera di Teano
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MANZINI I. (2013). La ceramica a vernice nera di Teano
T AT TR ES O IMMENSA AEQUORA Workshop Ricerche archeologiche, archeometriche e informatiche per la ricostruzione dell’economia e dei commerci nel bacino occidentale del Mediterraneo (metà IV sec. a.C. - I sec. d.C.) Atti del convegno Roma 24-26 gennaio 2011 a cura di Gloria Olcese T AT TR ES O Volume inanziato grazie ai fondi del MIUR, Progeto FIRB 2005-2011 RBNE03KWMF “Ricostruire i commerci nel Mediterraneo in epoca ellenistica e romana atraverso nuovi approcci scientiici e tecnologici” Dipartimento di Scienze dell’Antichità “Sapienza” – Università di Roma Ideazione e coordinamento scientiico Gloria Olcese - www.immensaaequora.com Redazione scientiica Ilaria Manzini Progeto di copertina Gloria Olcese, Emanuele Gabellini In copertina Mare di Ischia (fotograia di Andreas Hiener) Ove possibile sono stati richiesti i permessi di riproduzioni di foto e disegni, si resta comunque a disposizione di eventuali detentori dei diriti che non è stato possibile contatare ISSN 2240-9831 ISBN 978-88-7140-540-7 © Roma 2013, Edizioni Quasar di Severino Tognon srl via Ajaccio 43 - 00198 Roma, tel. 0685358444 fax 0685833591 e-mail: [email protected] – www.edizioniquasar.it T AT TR ES O IMMENSA AEQUORA Workshop Ricerche archeologiche, archeometriche e informatiche per la ricostruzione dell’economia e dei commerci nel bacino occidentale del Mediterraneo (metà IV sec. a.C. - I sec. d.C.) Ati del convegno Roma 24-26 gennaio 2011 a cura di Gloria Olcese Immensa Aequora 3 Edizioni Quasar T AT TR ES Ilaria Manzini “Sapienza” - Università di Roma his 3-year research study is centred on the so-called “Teano-ware”, a type of Campanian black-glazed potery of the Hellenistic times, characterised by a peculiar decorative technique, whose production site is traditionally placed in the city of Teanum Sidicinum, on the grounds of archaeological and epigraphic evidence. Owing to the lack of handicrat structures and/or wasters, it is extremely diicult to come to a beter and more detailed characterisation of this production. However, new data collected through this comprehensive study, including rom a largely unpublished excavation context – the suburban sanctuary of Loreto in Teanum – strengthen the hypothesis of a local production of black-glazed potery and lead to a signiicantly more articulated deinition of the “Teano-ware”. keywords: black-glazed potery, Teano ware, sanctuary of Loreto, characterisation of the local production. 1. La “ceramica di Teano” nella storia degli studi Al centro di Teanum Sidicinum, sorto nella seconda metà del IV sec. a.C. in un’area precedentemente abitata in maniera sparsa1, è atribuita una produzione di ceramica a vernice nera, divenuta nella leteratura archeologica “ceramica di Teano” per antonomasia, caraterizzata dall’uso di una decorazione a tecnica mista che combina in maniera originale stampigliatura, incisione e sovraddipintura (Fig. 1)2. La deinizione e i primi tentativi di caraterizzazione della “ceramica di Teano” risalgono agli inizi del Novecento, quando gli scavi di Gabrici nella estesa necropoli in località Gradavola presso Teano misero in luce un cospicuo numero di corredi funerari con vasi con carateristiche peculiari3. L’interesse degli studiosi si concentrò in da subito sulle deco- Fig. 1: Esempio di decorazione a tecnica mista tipica della ceramica di Teano (prov.: necropoli in loc. Gradavola, tomba 62; cons. al Museo Archeologico razioni tipiche di questa produzione, ma sopratut- Nazionale di Napoli, Inv. 132455). to sulle irme in osco graite dopo la cotura sulla supericie di alcuni vasi, che furono interpretate come testimonianze del coinvolgimento di personaggi locali di etnia sidicina nella produzione di questa ceramica4. Le iscrizioni in questione sono costruite secondo uno schema isso. La prima parte contiene una formula onomastica in caso genitivo (due sono i prenomi atestati, Minis e Vibis, mentre identico è in tuti i casi il gentilizio, Berius) seguita dal locativo anei, probabilmente equivalente del latino oicina o fabrica; segue quindi la formula upsatuh sent Tiianei, che – secondo l’interpretazione generalmente accetata – è traducibile come segue: “(Questi vasi) sono fati a Teano”. Le iscrizioni dei Berii si conigurano dunque come veri e propri marchi di fabbrica, il cui costruto regolare rivelerebbe oltretuto un andamento ritmico che ripropone quello del verso saturnio5. La presenza del locativo, associata all’uso della lingua osca, non sembrava lasciare spazio a dubbi in merito all’interpretazione dei dati: già il Weege6 ricostruiva l’esistenza di una oicina i cui proprietari erano i membri di una “oskische Töpferfamilie”, che si serviva per la fabbricazione dei vasi di schiavi di origine greca7. Nella sua edizione dei corredi della necropoli in loc. Gradavola, Gabrici meteva in luce in modo eicace alcune delle carateristiche principali della ceramica di Teano, concentrando particolarmente l’atenzione sul patrimonio morfologico e decorativo di questa produzione: un numero limitato di forme (piati con orlo a tesa, piatelli O La ceramica a vernice nera di Teano: nuovi dati sulle carateristiche della produzione locale T AT TR ES 202 Ilaria Manzini 2. Il santuario in località Loreto e la produzione teanese di ceramica a vernice nera All’inizio degli anni ’60 del secolo scorso risalgono le indagini archeologiche condote a cura di W. Johannowsky in località Loreto (Fig. 2)13, dove sono emersi i resti di un santuario articolato su varie terrazze e occupante, nel momento di massima espansione, un’area superiore ai due etari. Il contesto è localizzato in una zona periferica rispeto al nucleo urbano della cità sidicina e mostra un orientamento diferente da quello delle mura e delle diretrici viarie principali: questo dato contribuisce a raforzare l’ipotesi – fondata peraltro su numerosi altri elementi – di una preesistenza del santuario rispeto al nucleo urbano14. La ceramica a vernice nera costituisce, per la fase compresa tra la seconda metà avanzata del IV sec. a.C. e il III sec. a.C., la quasi totalità della ceramica atestata nelle stipi votive del santuario15. Rispeto ai corredi della necropoli in loc. Gradavola, che atestano una fase cronologica molto circostanziata (databile alla ine del IV-inizi del III sec. a.C.), nel caso del santuario è di notevole interesse la possibilità di individuare una seriazione all’interno della produzione locale, grazie al lungo arco cronologico (tra gli inizi del III sec. a.C. e la metà del I sec. d.C.) nel quale sono scaglionabili gli scarichi di materiale votivo. Il potenziale informativo di questo insieme ceramico è però fortemente compromesso dalla mancanza dei dati stratigraici relativi allo scavo; risulta oggi impossibile sotoporre a veriica le osservazioni di W. Johannowsky circa i mutamenti diacronici da lui riscontrati nei repertori formali e decorativi16. Ciononostante, lo studio autoptico delle ceramiche a vernice nera di questo contesto e il confronto con i materiali della necropoli in loc. Gradavola si sono rivelati utili sopratuto ai ini di una migliore caraterizzazione della produzione locale. Dal punto di vista morfologico, sia per varietà tipologica che per numero di esemplari sono coppe e coppete a costituire la maggioranza delle ceramiche a vernice nera del santuario (56%), seguite a grande distanza da skyphoi (5,8%), patere e piati (5,2%), brocche (1,3%), lekythoi (0,7%), crateri e craterisci (<0,5%), coperchi (<0,5%), pissidi (0,3%), guti (0,1%) e forme aperte diverse (tazze, situle, lekanai, kylikes: 0,3% complessivamente); il 15% circa del totale dei frammenti è costituito da fondi con piedi ad anello con facce di diversa altezza17, che probabilmente sono atribuibili alle coppe a parete ricurva (Morel 2586) e alle patere con orlo estrolesso o ricurvo (Morel 1312-1314, 1323), molto abbondanti tra i materiali del santuario (Fig. 3). La ceramica miniaturistica a vernice nera, rivenuta in grandi quantità nelle stipi votive del santuario in loc. Loreto, presenta un patrimonio tipologico notevole per variabilità e peculiarità, che depone a favore di una produzione di quest’ultima a livello locale. Un indizio in questa direzione sembra essere costituito dal ricorrere di alcuni tipi tanto nella ceramica a vernice nera di formato standard, quanto in quella miniaturistica: oltre alla trasposizione in formato ridoto di alcune forme piutosto generiche, come la coppeta a orlo rientrante, si segnalano casi di forme più tipiche della ceramica di Teano, come le coppete a parete concavo/convessa con listello centrale (specie Morel 2420-2430) o la coppa/patera con omphalos centrale (forma Morel 2584). L’esame delle decorazioni atestate ha permesso di evideziare uno scarto rispeto al panorama della necropoli in loc. Gradavola, dove l’uso sistematico della tecnica mista, sopratuto nelle forme aperte, si traduce in decora- O su alto piede, skyphoi, oinochoai a bocca trilobata, kernoi), recanti una decorazione a tecnica mista peculiare8. La deinizione “ceramica di Teano” per questo particolare gruppo di vasi decorati, ai quali si riconosceva un certo valore artistico, e l’atribuzione della loro produzione al centro sidicino sono state ampiamente accetate nella leteratura archeologica9. Nonostante i dati epigraici e l’esistenza di un patrimonio morfologico e decorativo ben individuabile concorrano a raforzare l’ipotesi dell’esistenza di una produzione locale di ceramica a vernice nera, il mancato rinvenimento di struture produtive10 o di scarti di fornace di tale ceramica costituisce un limite evidente, reso tanto più grave dalla diicoltà di caraterizzazione archeometrica della ceramica di Teano in rapporto ad altre produzioni della stessa area geograica11. Nuovi dati utili per una migliore caraterizzazione della produzione locale sono emersi dallo studio di un contesto di scavo in massima parte inedito, costituito dai materiali delle stipi votive del santuario in località Loreto12. L’analisi detagliata della abbondante ceramica a vernice nera emersa dallo scavo ha consentito di superare in parte la deinizione più restritiva della produzione teanese, ampliando il panorama delle forme e decorazioni atribuibili ad essa. T AT TR ES La ceramica a vernice nera di Teano: nuovi dati sulle carateristiche della produzione locale 203 Le fabrics atestate nella vernice nera del santuario evidenziano una variabilità piutosto marcata tra gli esemplari con decorazione a tecnica mista e i vasi a semplice decorazione impressa. Mentre i primi si caraterizzano per una qualità generalmente più elevata dal punto di vista tecnologico – maggiore regolarità della forma, pareti più sotili, vernici coprenti e aderenti alla supericie del vaso, impasti più depurati – i secondi sono invece di qualità più corrente e presentano difeti di fabbricazione o di cotura piutosto frequenti. Le vernici sono generalmente opache, segnate da chiazze con rilessi metallici, e presentano tonalità tendenti al grigio e frequentemente una colorazione irregolare, con zonature di colore rossastro/arancio, beige o bruno (Fig. 5a); in altri casi, invece, O zioni complesse e sovrabbondanti, tradizionalmente ritenute distintive di questa produzione. Nel santuario in loc. Loreto sono invece preponderanti le decorazioni unicamente impresse, basate sullo schema decorativo più semplice e schematico dell’“1+4”, con quatro palmete disposte radialmente atorno ad una testa centrale con trati somatici stilizzati, o più raramente a motivi come la triskeles, il meandro, la svastica, il labirinto18, oppure a una roseta di grandi dimensioni. L’esame detagliato dei bolli rassicura però circa la pertinenza alla produzione locale anche di numerosi vasi a semplice decorazione impressa. In alcuni casi è stato infati possibile veriicare che i medesimi punzoni sono stati impiegati per realizzare vasi sia a tecnica mista che non (Fig. 4a); il dato è rilevante sopratuto ai ini di una migliore conoscenza della produzione locale, il cui riconoscimento rispeto ad altri gruppi di ceramiche coeve viene spesso aidato alla discriminante della presenza o assenza della decorazione graita e sovradipinta. Inoltre, lo studio di detaglio dei bolli consente di veriicare come gli stessi punzoni siano impiegati anche per la decorazione di vasi di tipi diversi, talora con cronologie Fig. 2: Pianta del santuario in loc. Loreto ( Johannowsky 1963, p. 132, ig. 2). diferenti e/o atestati in uno solo dei due principali contesti in esame. Emblematico è il caso della patera Morel 1323 c dalla necropoli in loc. Gradavola, recante la irma dell’artigiano Plator, che impiega la stessa combinazione di testa/gorgoneion e palmete radiali di alcune coppe di forma Morel 2586 dal santuario in loc. Loreto19 (Fig. 4b). Nonostante l’elevato numero di punzoni atestati nella produzione locale – complessivamente ne sono stati isolati oltre 200 tipi – i dati raccolti mostrano come nei vasi con impressioni multiple le associazioni tra i bolli impiegati siano molto ripetitive: un determinato tipo di testa/gorgoneion appare infati quasi sempre combinato con un determinato tipo di palmeta. Le implicazioni di questo fenomeno sono diicili da precisare. È possibile che questa ripetitività dipenda da una precisa scelta estetica, oppure che sia indicativa di una certa frammentazione della produzione locale in oicine diverse, che impiegavano punzoni propri; o piutosto che essa dipenda da una modalità di fabbricazione che prevedeva la realizzazione e l’impiego di pochi punzoni per volta, all’interno di un’unica oicina. In questo caso, le associazioni tra i bolli sarebbero indicative di scansioni cronologiche nella produzione locale, che restano però diicili da precisare. Un indizio a favore di quest’ultima ipotesi può forse essere colto nella possibilità di seguire il processo di “deperimento” di alcuni bolli, che si traduce in impressioni inizialmente molto fresche, con detagli ben deiniti, e via via più stanche, ino a divenire quasi illeggibili per via del grado estremo di usura del punzone. Questo elemento contribuisce comunque a raforzare l’ipotesi della pertinenza del relativo bollo ad una produzione locale ben caraterizzata, che continua nel tempo. T AT TR ES 204 Ilaria Manzini O b. a. d. c. e. f. g. 10 cm Fig. 3: Alcune forme della produzione locale dal santuario in loc. Loreto. A) patera Morel 1314 e; b) patera Morel 1323 a; c) patera Morel 2232 a; d) coppa Morel 2586 a; e) coppeta Morel 1766 a; f) coppa Morel 2411 a; g) skyphos Morel 4363 a. Fig. 4: a) Testa/gorgoneion tipo 2 (prov.: necropoli in loc. Gradavola, Inv. 131738; santuario in loc. Loreto, Cat. 5246); b) Testa/gorgoneion tipo 26 (prov.: necropoli in loc. Gradavola, Inv. 131642; santuario in loc. Loreto, Cat. 3911). la vernice appare scarsamente o per nulla vetriicata (Fig. 5b). Il disco di impilaggio sul fondo interno è spesso molto marcato, con colorazione tendente al rosso o al bruno. Talora è presente sul fondo esterno un rivestimento di colore rossastro, imitante il miltos dei vasi atici, che tutavia risulta molto impoverito e spesso visibile unicamente nei punti di maggiore depressione (Fig. 5c). Il deperimento del colore rosso potrebbe essere dovuto alla sua applicazione al fondo del vaso in una fase successiva alla cotura20. T AT TR ES La ceramica a vernice nera di Teano: nuovi dati sulle carateristiche della produzione locale 205 O a b c Fig. 5: a) Fondo di coppa con vernice a chiazze di diverso colore; b) patera con vetriicazione irregolare della vernice; c) fondo esterno di coppa con rivestimento di colore rosso, probabilmente applicato dopo la cotura [prov.: santuario in loc. Loreto]. I nuovi dati apportati dallo studio incrociato di dati di natura diversa – morfologica, decorativa, tecnologica – portano dunque ad ipotizzare che alla “ceramica di Teano” per antonomasia, già individuata agli inizi del Novecento, sia possibile accostare anche una produzione più corrente – specie nell’uso più schematico e sempliicato delle impressioni – e di qualità generalmente inferiore dal punto di vista tecnologico; permane però un quadro generale unitario, riconfermato dall’esistenza di un patrimonio formale coerente e dal ricorrere in taluni casi degli stessi bolli nei due gruppi di vasi. L’impressione che si ricava è quella di una produzione rilevante in termini di originalità e di quantità, forse legata a un gruppo di oicine organizzate in maniera integrata, una delle quali operante con ogni probabilità nell’ambito del santuario in loc. Loreto21. È infati con le esigenze di “consumo” di ceramica da parte dei fedeli che si giustiica l’abbondante produzione di ceramica miniaturistica o di vasi con destinazione speciicamente votiva, dei quali uno degli esempi più signiicativi è costituito da una coppa con bollo centrale a stella a cinque Fig. 6: Coppa dal santuario in loc. Loreto con stella a cinque punte impressa al centro. punte22 (Fig. 6). 10 cm 3. Problemi aperti e linee di ricerca L’esame direto e detagliato dei materiali ceramici presentato brevemente in questo contributo ha apportato alcune novità al panorama delle conoscenze sulla ceramica a vernice nera di Teano. Ciononostante, sono numerosi i margini di dubbio e i casi nei quali la distinzione e caraterizzazione della produzione locale risulta diicoltosa. Specialmente per quanto riguarda la ceramica priva di decorazione, l’elemento di maggiore diicoltà è rappresentato dalla prossimità con Cales, la cui produzione di ceramica a vernice nera era certamente molto rilevante in termini quantitativi – come atestano i rinvenimenti di oicine e fornaci e di scarichi di scarti in tuta l’area urbana23 – ed era ampiamente esportata già nel III sec. a.C.; sopratuto, la somiglianza tra la produzione calena e quella teanese anche dal punto di vista composizionale24 rende allo stato atuale impossibile tracciare una linea di demarcazione neta tra le ceramiche dei due centri. È tutavia possibile che una campionatura ragionata apporti delle novità a questo quadro analitico. A tale proposito è opportuno segnalare che tra i materiali del santuario in loc. Loreto sono atestati alcuni esemplari con difeti di fabbricazione o di cotura tali da far supporre che trati di veri e propri scarti di fornace, che se sotoposti ad analisi di laboratorio potrebbero andare a costituire un gruppo di riferimento aidabile per la produzione locale. L’esempio più signiicativo in questo senso è costituito da una coppa frammentaria proveniente da una delle stipi votive, sul cui fondo interno è incollato un distanziatore ad anello (Fig. 7), destinato a separare il vaso da quello superiore nella fase di cotura. La dedica di oggeti legati alla produzione ceramica in un contesto votivo non implica necessariamente una identità tra il luogo della consacrazione e quello della fabbricazione25; tutavia, sommata agli altri elementi messi in luce in precedenza, essa può costituire un ulteriore indicatore Fig. 7: Fondo frammentario dal santuario in loc. dell’esistenza a Teano di una o più oicine ceramiche. Gli strumenti di Loreto con distanziatore incollato. T AT TR ES 206 Ilaria Manzini O produzione rinvenuti nelle stipi in loc. Loreto costituiscono una possibile traccia materiale della presenza di vasai che – non senza un certo senso di orgoglio artigiano – dedicavano all’interno del santuario sidicino oggeti simbolici della loro atività produtiva. NOTE Per un inquadramento di questa produzione si veda anche Manzini 2011-2012, pp. 337-338. 2 3 Gabrici 1910. 4 Weege 1909, pp. 275-279. Come brillantemente mostrato da P. Pocceti (1983, pp. 207217), a cui si rimanda anche per una discussione approfondita sul signiicato di queste iscrizioni. Contro l’interpretazione generalmente accetata dei graiti dei Berii come marchi di fabbrica si è espresso Mingazzini (1958). Uno dei principali elementi di diicoltà nell’atribuzione di queste iscrizioni all’ambito produtivo è legata alla loro realizzazione in una fase successiva alla cotura del vaso. Tutavia, già Colonna (1984, p. 233 nota 31), segnalava come l’uso del graito sia in qualche modo inerente alla tecnica decorativa propria di questa produzione. Non mi sembra sia stato inora valorizzato un elemento a mio parere decisivo, che emerge da una più atenta osservazione di alcuni dei vasi iscriti: il solco delle letere è campito con lo stesso colore rosso utilizzato come riempitivo per vari detagli della decorazione. Di conseguenza, la realizzazione dell’iscrizione si conferma come parte integrante della fabbricazione del vaso nel suo complesso. 5 6 Weege 1909, pp. 278-279. Come testimoniato dalle irme in greco di Athanas e Plator (Gabrici 1910, tomba 29): Pagenstecher 1909, p. 122 nota 1; Weege 1909, pp. 279. 7 Gabrici 1910, coll. 26-28. Il trato tipico di questa produzione è costituito dall’impiego nello stesso vaso di impressioni multiple, con un bollo centrale a testa stilizzata circondato da motivi a ovolo o a doppio cerchieto disposti in fasce concentriche, e di una decorazione itomorfa o geometrica annessa, incisa e sovradipinta (un tralcio vegetale accompagnato da iori, fruti o foglie, oppure motivi a onda corrente o a meandro). 8 Dopo Weege 1909, Gabrici 1910; CVA Capua, pp. 5-7 e tavv. 1-2; Johannowsky 1963; Morel 1965, pp. 57-58; Morel [1980]1987, pp. 90-91; Morel 1981, p. 50; Morel 1981a, p. 82; Morel 1985, pp. 172-173; Bernardini 1986, p. 169; Pérez Ballester 1986, p. 30; Principal Ponce 1998, pp. 59-60; Pedroni 2001, pp. 123-129; Green 2001, pp. 67-68; Johannowsky, Massa 2011, pp. 349-350. 9 Con l’eccezione di due struture ipoteticamente interpretate come piccole fornaci di età tardo-repubblicana, destinate forse alla produzione di laterizi, rinvenute in anni recenti in località Loreto a Teano (Sirano, Iannaccone 2011-2012, pp. 338-339). 10 Particolarmente in rapporto alla produzione di ceramica a vernice nera del vicino centro di Cales: Morel, Picon 1994, p. 26. 11 Lo studio della ceramica a vernice nera del santuario è stato condoto da chi scrive nell’ambito di un Dotorato di ricerca in Archeologia Classica presso l’Università “Sapienza” di Roma, soto la supervisione della prof.ssa Gloria Olcese e del prof. Fausto Zevi. La possibilità di accedere a questo importante loto di materiale si deve alla concessione dei permessi di studio da parte del dot. Francesco Sirano, al quale vanno i miei ringrazia- 12 207 menti anche per le utili indicazioni che mi ha fornito in varie fasi del lavoro. 13 Indagini delle quali è stata prontamente data una edizione preliminare ( Johannowsky 1963), ma rimaste poi prive di una pubblicazione completa. 14 Johannowsky 1963, pp. 131, 133. Scavi recenti nell’area del santuario a cura della Soprintendenza (Sirano 2007), a seguito di indagini geo-diagnostiche condote dalla British School at Rome (Ferraby, Keay, Millet 2005), hanno portato in luce un ediicio templare al limite occidentale della terrazza III, che ingloba un sacello più antico. A questo va probabilmente messa in relazione una testa itile femminile con copricapo a polos, forse pertinente ad una statua di culto, che è stata identiicata con una raigurazione della divinità Pupluna, molto legata all’ethnos sidicino, il cui culto nell’area del santuario era già atestato da iscrizioni graite su fondi di coppe a vernice nera (Izzo 1994, p. 279, ig. 2; p. 280, ig. 3). 15 Nel corso di questo studio sono stati complessivamente presi in considerazione 5310 frammenti, di cui oltre il 60% (pari a 3257 individui) corrisponde ad esemplari interi o dal proilo interamente ricostruibile. 16 Rilevante è sopratuto la seriazione proposta da Johannowsky nell’ambito del III sec. a.C., sulla base della distinzione tra gli scarichi alle spalle dei muri di sostruzione della terrazza III, realizzati entro il primo quarto del III sec. a.C. (dunque in una fase all’incirca contemporanea alla necropoli della Gradavola) e il riempimento di un pozzo presso l’ingresso orientale del santuario, che corrisponde ad una fase più tarda, tra la metà e il terzo quarto del III sec. a.C. ( Johannowsky 1963, p. 136). La cronologia dei due riempimenti è determinata dall’associazione tra forme ceramiche datanti e monete. In particolare le due stipi si distinguono per l’assenza/presenza dei balsamari piriformi di transizione ai tipi fusiformi, sulla cui cronologia v. recentemente Camilli 1999, pp. 30-31, gruppo A.23 (balsamari “lekythoidi con corpo allungato a spalla alta”). Johannowsky individuava tra i due gruppi di materiali un mutamento abbastanza neto, visibile sopratuto nell’impoverimento del patrimonio decorativo, che dall’esuberanza degli ornati impressi, incisi e sovradipinti della fase precedente passerebbe nel pieno III sec. a una decorazione unicamente impressa, più semplice e schematica. 17 Questa morfologia del piede, con il fondo più sotile rispeto alla parete della vasca, implica una particolare tecnica di lavorazione, con la “sotrazione” di parte dell’argilla dal fondo esterno, e ha come conseguenza una serie di problemi, come indicano le fessure talora presenti nel fondo dei vasi. Per l’articolazione della faccia interna del piede, il riferimento in Morel 1981 è ai tipi Ca (tav. 222, 16) e Cc (tav. 222, 21). 18 Questi ultimi segnalati già in Principal Ponce 1998, p. 59 come atribuibili alla produzione di Teano. 19 La coppa Morel 2586, assente nella necropoli, è invece atestata nel santuario, dove secondo Johannowsky è una delle forme tipiche della fase di metà III sec. a.C., in quanto atestata nel pozzo del santuario ( Johannowsky 1963, p. 136). La presenza di bolli identici su entrambe le forme impone una riconsiderazione del quadro tracciato da Johannowsky, o in alternativa obbliga ad immaginare un periodo d’uso molto prolungato per i singoli punzoni. 20 In maniera simile a quanto ipotizzato a Capua per i materiali della “produzione 2” individuata dalla Benassai (Benassai 2004, p. 170). O L’ipotesi che la nascita del centro urbano di Teano si caraterizzi come una sorta di sinecismo di una serie di pagi più antichi, distribuiti nel territorio occupato dall’ethnos sidicino, è stata avanzata da W. Johannowsky ( Johannowsky 1963, p. 133). 1 T AT TR ES La ceramica a vernice nera di Teano: nuovi dati sulle carateristiche della produzione locale ABBREVIAZIONI BIBLIOGAFICHE Atlante 2011-2012: G. Olcese, Atlante dei siti di produzione ceramica (Toscana, Lazio, Campania e Sicilia) con le tabelle dei principali reliti del Mediterraneo occidentale con carichi dall’Italia meridionale (IV sec. a.C.-I sec. d.C.) (Immensa Aequora 2), Roma. Benassai 2004: R. Benassai, S. Prisco: la necropoli capuana di IV e III secolo a.C., in L. Quilici, S. Quilici Gigli (a cura di), Carta Archeologica e ricerche in Campania (Atlante Tematico di Topograia Antica Suppl. XV, fasc. 2), pp. 71-229. Bernardini 1986: P. 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O La frequente associazione tra la produzione di ceramica a vernice nera e i santuari in area italica è stata recentemente sotolineata con particolare enfasi da Di Giuseppe 2012. 22 Morel 1991, p. 31, riferisce circa la presenza di bolli con stella a cinque punte nel santuario di Fondo Ruozzo, metendoli giustamente a confronto con le atestazioni nel medesimo contesto dello stesso motivo inciso dopo la cotura. Mentre l’aggiunta di un graito costituisce una trasformazione in ex voto di un oggetto, al contrario l’apposizione di un bollo su un vaso nella fase di fabbricazione implica una destinazione votiva originaria e, dunque, depone a favore dell’esistenza di una produzione ceramica legata al santuario stesso. 23 Sui quali v. Pedroni 2001, pp. 35-49. 24 V. nota 11. 25 Distanziatori di forma molto simile sono stati rinvenuti, ancora una volta, a Cales: Atlante 2011-2012, p. 284, ig. 3.3. 21 T AT TR ES 208