Marocco*
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Coordinamento editoriale Alessandro Vaccari Esperienze internazionali Supervisione Anna Clementino, Carla Graziano Marocco* di Giorgio Gigliotti « Spinn - Servizi per l’impiego network nazionale - è il progetto che Italia Lavoro realizza, nell'ambito del PON 2000 - 2006, per conto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali » 10 Indice Prefazione (L. Battistoni) Capitolo I Carta d’identità del Marocco 1. Scheda sintetica 2. Profilo storico e politico 2.1 Fenici, Romani, Vandali e l’invasione araba 2.2 Le grandi dinastie del Marocco: dagli Idristi agli Alawiti 2.3 L’ingerenza dell’Europa coloniale e il protettorato francese 2.4 Verso l’indipendenza: Mohammed V 2.5 Hassan II: 38 anni di potere 3. Organizzazione istituzionale dello Stato 3.1 Mohammed VI verso le riforme politiche 3.2 Gli istituti costituzionali 3.3 Amministrazione e Governo Capitolo II Economia e occupazione 1. Mohammed VI. Verso un’economia di mercato 2. Struttura dell’economia e settori produttivi 2.1 Agricoltura e industria 2.2 Altri settori produttivi 2.3 Bilancia commerciale import-export 3. Occupazione e disoccupazione I° edizione luglio 2005 pag. 7 11 11 12 12 14 17 20 22 25 25 29 31 35 35 37 37 42 43 49 Capitolo III Mercato del lavoro 1. Caratteristiche del mercato del lavoro 1.1 Cenni di politica economica 1.2 Analisi dei flussi occupazionali: offerta e domanda di lavoro 1.3 Il Codice del lavoro 1.4 Politiche per il lavoro 1.5 Politiche per l’occupazione e formazione professionale 1.6 Il sistema scolastico e formativo Capitolo IV Relazioni internazionali 1. Relazioni con organismi internazionali 2. Relazioni con l’Italia 3. Flussi migratori 3.1 Il fenomeno dell’immigrazione nella storia 3.2 Il Marocco e il problema migratorio 3.3 Flussi migratori e Unione europea 51 51 51 52 59 66 70 72 83 83 85 88 88 90 94 Appendice 101 Bibliografia e pagine web consultate 107 Prefazione L'allargamento dell'Unione europea - processo che continua con gli ingressi oramai prossimi di Romania e Bulgaria - e le opportunità offerte dalla vicinanza delle economie emergenti del bacino del Mediterraneo e dei Balcani, impongono all'Italia di prepararsi ad affrontare in maniera efficace la mobilità transnazionale dei lavoratori e la delocalizzazione delle imprese. Si fa sempre più pressante la necessità che il nostro sistema produttivo e il mercato del lavoro si dotino degli strumenti per affrontare in maniera costruttiva le sfide poste dalla globalizzazione. In un contesto dove, tra gli obiettivi più importanti, abbiamo il calo della disoccupazione e la capacità di assicurare occasioni lavorative al maggior numero di persone, il nostro Paese deve quindi continuare lungo il cammino intrapreso dell'abbandono dei sostegni al reddito - tipico strumento di politica passiva - per incentivare invece l'ingresso nel mercato del lavoro. Un cammino diretto sempre più verso le politiche per l'occupabilità, che stimoli gli investimenti in capitale umano e innovazione, puntando sugli strumenti di supporto all'orientamento e alla formazione, e sul sostegno alla ricerca per aumentare la qualità dei processi, dei prodotti e dei lavori. L'Italia condivide questa sfida sia con i suoi partner europei sia con il resto del mondo. Ma per posizione geografica e storia, il no- .7 stro Paese è al centro di un più vasto processo di integrazione tra i popoli, che investe sia il Vecchio Continente sia i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. In quest'ottica diventa fondamentale la conoscenza delle dimensioni economiche e sociali non solo dei Paesi dell'Unione europea e di quelli che sono prossimi all'ingresso, ma anche della situazione dei Paesi che si trovano nel bacino del mediterraneo e nell'area dei Balcani. Conoscenza sempre più importante - sia per il Governo centrale e per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che per i diversi attori del territorio quali Regioni e Province - per avvicinare e far dialogare i Servizi per l'impiego pubblici e privati, i sistemi di inserimento lavorativo e i servizi alla persona e alle imprese, facilitando così la mobilità dei lavoratori nell'Unione o all'interno di altre economie europee o extra europee. E' allora proprio guardando a questi obiettivi che la collana di Esperienze Internazionali di SPINN - Servizi per l'Impiego Network Nazionale - sviluppa la sua missione e si rafforza, affermandosi come strumento indispensabile per conoscere sistemi sociali e realtà economiche e politiche diverse, con particolare riguardo alla politiche per l'occupazione. alle aziende italiane ed europee. Hassan II, primo firmatario, ha dato inizio a un progetto più ambizioso, l'idea di aprire un'area di libero scambio euro-mediterranea. In questa direzione va anche letta l'intensificazione delle relazioni commerciali tra le tre nazioni del maghreb e i paesi dell'Europa centrale ed orientale (PECO) e con i quattro membri dell'AELE, Svizzera, Norvegia, Liechtenstein e Islanda. Con questa prospettiva ci apprestiamo ad illustrare la storia, le vicende politiche e la situazione economica dei tre paesi maghrebini, così vicini e poco conosciuti, dal fascino orientale ma con radici ed origini comuni Un particolare ringraziamento va all'ICE - Istituto per il Commercio Estero - il cui prezioso materiale ci è stato molto utile soprattutto nella parte concernente le relazioni internazionali e l'interscambio commerciale dell'Italia con i Paesi presi in esame. Lea Battistoni Dopo i dieci nuovi Stati che hanno aderito all'Ue il primo maggio del 2004, vengono affrontati i primi Paesi prossimi all'ingresso, alcuni paesi dell'area balcanica e tre Paesi dell'Africa del nord: Marocco, Tunisia ed Algeria. I tre paesi del Maghreb hanno intrapreso da un decennio, con tempi e modi differenti, un processo irreversibile, la riconversione della propria economia. Come suggerito dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario, Algeria, Marocco e Tunisia hanno avviato l'atteso processo di privatizzazione del mercato, riformulato il sistema degli interscambi commerciali con l'Europa, con la speranza che il programma di aggiustamento strutturale sia seguito da un'effettiva democratizzazione delle istituzioni. I nuovi trattati firmati con la UE che prevedono tra l'altro lo smantellamento progressivo delle quote e dei dazi doganali per molti prodotti agricoli e industriali, aprono nuove prospettive alle imprese e .8 .9 1.Carta d’identità del Marocco FIN S EST IRL LV DK 1. Scheda Sintetica LT GB NL PL B D L Forma di governo Monarchia costituzionale Composizione etnica Arabi 63%, berberi 36%, 1% altro Stemma Religione Musulmani sunniti 98,7%, cristiani 1,1%, ebrei 0,2%. Bandiera Città principali Casablanca (2.500.000 ab.), Tangeri (200.000 ab.), Marrakech (1.400.000), Fez (850.000 ab.), Meknes (825.000 ab.). CZ SK F A H RO SLO HR SCG P I E BG AL GR M TN MA DZ Superficie 710.850 kmq Popolazione 30.088.000 abitanti (luglio 2003) • TANGER RABAT CASABLANCA OUJDA • • MEKNÈS • • MARRAKECH • FÈS AGADIR • Membro di ONU, Lega Araba, Unione del Maghreb Arabo (UMA). • Suddivisione amministrativa 16 regioni, 39 province, 8 prefetture. Capitale Rabat (1.255.258 abitanti) Moneta Leu (ROL), suddiviso in 100 Bani Lingua Arabo (ufficiale), francese, berbero . 10 . 11 2. Profilo storico e politico 2.1 Fenici, Romani, Vandali e l’invasione araba Nel VII secolo d.C. l’incontro tra la popolazione berbera e l’etnia di origine araba ha portato a una lenta e graduale formazione di quegli stati che si affacciano sul Mediterraneo e che noi oggi chiamiamo Libia, Tunisia, Marocco ed Algeria. La conseguente islamizzazione della regione ha fatto sì che l’Islam diventasse non solo una semplice religione ma un intimo esercizio spirituale e che ne permeasse profondamente la cultura, le tradizioni, le relazioni sociali. L’Islam negli ultimi due secoli è diventato l’unico vero baluardo contro il colonialismo europeo, quel valore intorno a cui si è coagulato lo spirito di identità nazionale e che ha fatto di un insieme di etnie differenti il popolo del Maghreb. I primi insediamenti umani nella regione risalgono al 15.000 a.C., quando due gruppi neolitici, gli Oraniani, chiamati così dalla città algerina di Orano in cui furono trovati i primi resti, e i Capsiani, provenienti dall’odierna Gafsa nel sud della Tunisia, si unirono alle tribù autoctone dando origine all’etnia berbera, quella che tutt’oggi occupa i vasti territori montagnosi degli Atlas maghrebini. Tra il X e l’VIII secolo, quando il Mediterraneo fu dominato dalla potenza marinara dei Fenici, si sviluppò una fervente attività mercantile. Sulla costa nordafricana si attrezzarono porti, nacquero nuclei cittadini che poi, come Cartagine, diventarono potenze militari ed economiche del Mare Nostrum. In Marocco a tale scopo furono fondate le città di Lixos e di Tangeri. Durante il secolo seguente, con il progressivo decadimento della civiltà fenicia e con l’espansione militare dell’ex colonia tunisina, le coste e i centri marinari continuarono a rimanere il fulcro degli interessi bellici e commerciali del mondo conosciuto. I Mauri estesero indisturbati la propria autorità su gran parte dell’interno, fondando nel IV secolo il regno mauritano. Alla fine dell’ultima guerra punica, quando Roma divenne l’unica grande potenza del Mediterraneo, il regno di Mauritania continuò a mantenere la propria indipendenza. Fu il re Bocco II aiutato dai Romani ad ampliare il proprio dominio sull’intero Marocco e su buona parte di Algeria. . 12 Tra la fine del primo secolo a.C. e l’inizio di quello successivo, il regno mauritano passò dallo stato di vassallaggio a quello di provincia dell’Impero romano e fu suddiviso in Mauritania cesariense (l’odierna Algeria) e Mauritania tingitana (l’attuale Marocco) con capitale Tangeri. Nonostante la romanizzazione della regione, la costruzione di ponti, di strade e di fortezze, sembrò già delinearsi quella che sarebbe divenuta la costante della storia del Marocco: l’aspra resistenza che i berberi avrebbero opposto alle invasioni straniere. Abbarbicate tra le montagne dell’Atlas e nella regione del Rif, molte tribù indigene mantennero di fatto una propria indipendenza. Costantino, in seguito, annesse la provincia tingitana alla diocesi spagnola, ma oramai, iniziato il lento e inesorabile declino dell’Impero romano, la Mauritania tingitana iniziò lentamente ad essere abbandonata e solo Tangeri rimase un fermo caposaldo dell’Urbe. Nel 429, i Vandali conquistarono l’intera provincia romana, federandosi successivamente all’Impero. Ma già dopo qualche decennio, le popolazioni berbere ricacciarono gli invasori oltre il confine che delimitava il vecchio regno mauritano. Il generale Belisario prima e successivamente l’imperatore di Bisanzio Giustiniano, riannessero la provincia e gran parte del Mediterraneo sotto l’egida dell’Impero romano d’Oriente, limitandosi come gran parte degli invasori precedenti ad esercitare la propria autorità sulla città di Tangeri. Nel 682 il generale arabo Oqba Ibn Nafi, dopo aver conquistato l’Egitto e tutte le regioni nordafricane, arrivò a lambire le coste atlantiche. Già l’anno successivo le tribù berbere ricacciarono gli arabi da tutto il Maghreb. Solo nel 710 l’esercito dal drappo verde occupò nuovamente la regione. Se la storia dell’intero Nord Africa si combinò definitivamente con quella del mondo arabo non fu solo merito delle armi. La religione islamica professata dai nuovi dominatori si diffuse profondamente nel Paese e numerose tribù berbere affluirono nell’esercito del Profeta contribuendo alla vittoriosa campagna di Spagna. . 13 E se da un lato le bellicose popolazioni del Rif si sottomisero all’autorità spirituale del califfato, dall’altro combatterono contro la dominazione e l’ingerenza politica della lontana Baghdad. Successivamente, quando la dottrina Kharagita (che predicava un profondo puritanesimo morale) invisa alla potente dinastia al potere, gli Omayyadi, si diffuse nella regione, le tribù delle montagne guidate dal leggendario Maysarta allontanarono nuovamente gli arabi da tutto il Maghreb. Una volta riconquistata buona parte del Nord Africa, l’esercito dei califfi dovette rinunciare al Marocco per quasi 5 secoli, segnati dall’alternarsi al potere delle grandi dinastie berbere. Nella prima metà dell’ VIII secolo, a Baghdad si era aperta una cruenta lotta per la conquista del potere tra la famiglia degli Omayyadi, allora regnanti e quella degli Abbasidi, che nel 750 riuscirono ad imporre la propria egemonia. Molti membri della dinastia sconfitta dovettero rifugiarsi all’estero. Tra questi Moualay Idriss, discendente di Alì (a cui facevano riferimento i Kharagiti, cugino e genero del Profeta), che fuggito in Marocco stabilì un’alleanza con i capi berberi della regione. 2.2 Le grandi dinastie del Marocco: dagli Idristi agli Alawiti In poco tempo Idriss riuscì a costituire un vero e proprio regno, fondando la città di Fès che divenne la capitale politica nonché centro intellettuale e religioso di notevole prestigio. Ripresero a svilupparsi gli scambi commerciali e si riorganizzò la struttura amministrativa dello stato. La dinastia Idrista controllò il potere fino alla fine del 900, quando, i Fatimidi, la famiglia che regnava su buona parte del Nord Africa (un principato sorto dalla frammentazione dell’impero arabo), per conquistare l’estremo lembo del Maghreb, inviò un esercito composto da beduini del deserto che per breve tempo riuscirono a conquistare la capitale Fès. All’inizio del X secolo un movimento di rinnovamento religioso, che predicava il ritorno alla purezza delle origini, sviluppatosi inizialmente nella tribù dei Sanhagia riuscì in meno di trent’anni a riunificare sotto la propria autorità l’intero Marocco, l’Algeria, la Tunisia e il Senegal. . 14 Ebbe inizio l’epoca degli Almoravidi, passati alla storia come i monaci-guerrieri. Nel 1062 venne fondata Marrakech che sarebbe diventata la capitale del regno. In nome dell’Islam gli Almoravidi entrarono nella penisola iberica sconfiggendo l’esercito di Alfonso VII di Castiglia e occupando gran parte della Spagna centromeridionale. Le arti vissero un momento di grande rinnovamento, Marrakech diventò un centro propulsore di istruzione e di sapere, un crocevia tra la cultura andalusa, sahariana e marocchina. Come tutte le dinastie precedenti anche quella Almoravida visse la sua decadenza legata all’incapacità e alla dissolutezza dei suoi regnanti. Ad approfittarne fu una tribù berbera proveniente dagli Atlas settentrionali, quella dei cosiddetti Almohadi, che nel 1147 sotto la guida di Abd el Moumen conquistarono Marrakech deponendo l’ultimo degli Almoravidi. Abd el Moumen è ricordato come un grande statista. Ristrutturò e riorganizzò l’amministrazione pubblica, creò una potente flotta mercantile, costruì strade e palazzi. La corte si fregiò di grandi artisti, di filosofi, di eminenti scienziati, primo fra tutti il famoso Averroè. Si abbellirono le città del regno erigendo monumenti importanti come la Koutoubia a Marrakech e la Giralda di Siviglia. Nel 1212 con la sconfitta di Las Navas de Tolosa, la Spagna fu definitivamente lasciata in mano alle truppe dei cristiani. Resistette solo il regno di Granada. Il Maghreb iniziò a disgregarsi dando luogo a quelle entità statuali che sarebbero diventate in seguito le odierne Tunisia, Marocco ed Algeria. Dopo la successiva perdita delle rotte del Sahara, nel 1248, la tribù dei Beni Merin, entrò a Marrakech e si insediò al potere. La dinastia Merinide che regnò fino al 1465, è ricordata per il grande impulso dato alle opere architettoniche ed artistiche più che per meriti strettamente politici e militari. Con Abou el Hassan, si diffuse l’arte ispano-moresca. Si costruirono le famose mederse (scuole coraniche), tra cui la bellissima università Attarin di Fès. . 15 Verso la fine del regno Merinide, iniziarono le prime penetrazioni europee sul suolo marocchino. I Portoghesi occuparono Ceuta nel 1415 sbarcando successivamente ad Anfa mentre l’intera zona di Tetouan fu alla mercé delle scorribande spagnole. La caduta del regno di Granada e l’avanzata delle truppe portoghesi lungo le coste atlantiche che arrivarono fino ad Agadir, portò alla destituzione dei Merinidi. Caduta la dinastia Wattaside che salì al potere per appena qualche decennio, dopo quasi cinque secoli di reggenza berbera, il potere passò a una famiglia di etnia araba. I Saaditi, originari della valle del Souss, dopo aver conquistato Marrakech e Fès nel giro di 30 anni (1554), espugnarono Agadir, Safi e Azemour, ricacciando i Portoghesi da buona parte del Paese. Nonostante il largo consenso ottenuto dai Saaditi, acclamati vincitori della jihad contro il nemico cristiano, il loro regno diventò teatro di un’aspra guerra civile. Gli Ottomani, che avevano riunificato l’Impero arabo, passando la capitale ad Istanbul, avevano organizzato un colpo di stato per deporre il sultano Al Mutawwaki e di fatto unire il regno del Marocco al nuovo grande impero. Dalla parte del sultano spodestato si schierò il re del Portogallo preoccupato per l’avanzata dei Turchi nei Balcani. Nella famosa battaglia denominata dei tre re persero la vita tutti i contendenti. Ahmed al Mansur, approfittando del vuoto di potere venutosi a creare a Marrakech, con l’aiuto di parte della corte salì sul trono, divenendo ben presto uno dei sovrani più importanti nella storia del Marocco. All’inizio del suo regno (1579-1603), la riconquista della rotta del Sahara, la caduta dell’impero del Mali e l’espugnazione di Timbuctu portarono notevoli ricchezze nelle casse dell’erario. Gli esuli arabi ed ebrei che tornarono dalla Spagna dopo la riconquista cristiana del Paese ravvivarono la vita economica e culturale del Paese. I Saaditi proseguirono l’opera dei loro predecessori, costruendo palazzi riccamente decorati e Marrakech, capitale del regno, ne conserva ancora le vestigia. L’artigianato, l’agricoltura e il commercio con l’Europa, soprattutto con Olanda e Gran Bretagna, ebbero un notevole sviluppo, si rafforzò l’esercito, si avviò un’importante riforma fiscale. . 16 Ma alla morte del sultano, per quasi sessant’anni il Paese fu teatro di turbolenze e agitazioni, fin quando nel 1669 Moulay Rachid, della famiglia Alawita, proveniente dal Tafilalet, conquistò la capitale. Salì al potere quella dinastia che ancora oggi regna in Marocco. A Moulay Rachid caduto vittima di un attentato, successe il fratello Moulay Ismail che resse il sultanato per più di 50 anni, fino al 1727. Ismail è considerato uno dei più grandi sovrani del Marocco, nonostante il lungo periodo della sua reggenza sia stato segnato da tumulti, guerre e repressioni. Soffocò con veemenza le sommosse organizzate dalle indomite tribù berbere del Rif e degli Atlas, arrestò la penetrazione turca e cristiana riconquistando molte delle città perdute lungo la costa atlantica, ricorrendo al suo esercito personale formato da uomini del Sud, passato alla storia come la famigerata Guardia Nera. Ondivago in politica estera, intrattenne rapporti diplomatici con Gran Bretagna e Francia, per poi interromperli proprio con quest’ultima e con la Spagna. Trasferita la capitale a Meknes, costruì il nuovo palazzo imperiale: uno dei più belli che il mondo conosca. 2.3 L’ingerenza dell’Europa coloniale e il protettorato francese Alla morte di Ismail, si aprì l’ennesimo periodo di instabilità all’interno del Paese. L’ingerenza sempre più sfrontata delle potenze coloniali, soprattutto della Francia che dall’avvio dell’Ottocento aveva attestato le sue truppe in Algeria, portò a un bombardamento su Tangeri per l’aiuto accordato dal sultano Abderramman alla resistenza dei vicini maghrebini. Dopo un breve periodo di rappacificazione politica e di riconciliazione nazionale dovute all’abile governo di Sidi Mohammed Ben Abdallah, il Marocco sprofondò in una profonda crisi economica e sociale causata dalla diminuzione dei traffici commerciali con l’Europa e da una serie di disastrose epidemie che falciarono decine di migliaia di abitanti. Nel 1873 salì sul trono Moulay Hassan. Il suo tentativo di riordinare l’amministrazione dello stato, di riorganizzare la riforma fiscale, di ricostituire l’esercito e di ridurre la presenza economica del capitale straniero nel Paese fallì miseramente. Le casse del Marocco languivano da anni e . 17 la decisione di costruire una serie di fortezze lungo i confini del reame spossò ulteriormente le finanze del Paese. Il sultano fu costretto a chiedere sussidi alle potenze occidentali, offrendo a Francia, Spagna e Gran Bretagna l’ennesimo pretesto per interferire negli affari dello stato. Iniziarono così i lucrosi approcci coloniali. Spagna e Gran Bretagna impiantarono le prime attività industriali lungo le rive dell’Atlantico. Già nel 1880 la Conferenza di Madrid stabilì, con un trattato promulgato in tutta fretta, un ulteriore legame commerciale tra le potenze coloniali ed il regno sceriffale. Nel 1912, il seguente negoziato sancì il protettorato francese sul Marocco e l’anno successivo gli accordi tra i francesi e gli spagnoli di fatto spartirono in due il Paese: la Spagna ebbe la fascia costiera del Nord e parte dei territori meridionali del Sahara, la Francia il resto del reame. Alla fine del XIX secolo, l’occupazione francese in Tunisia provocò la reazione dell’Italia. Inoltre le sue mire sull’Egitto le avevano causato contrasti e dissapori con la monarchia britannica. Dal canto suo, la Germania non nascondeva le sue mire espansionistiche sul Marocco urtando gli interessi della Spagna e della Francia. Questo rapace e confuso disegno coloniale, che si sarebbe concluso con la mera spartizione del Nord Africa, portò sull’orlo di una crisi spaventosa, che sfiorò in taluni casi un faccia a faccia militare (come nel 1911 tra francesi e tedeschi sul suolo marocchino), finché il trattato stipulato nel 1906 ad Algesiras e l’intesa siglata a Fès nel 1912 portarono ad un accordo conclusivo che fece dell’ormai smembrato Impero ottomano il giardino delle cupidigie dell’Europa. L’Inghilterra si insediava in Egitto, l’Italia in Libia, la Francia in Tunisia e in Algeria, la Germania in Congo e in Camerun. Il Marocco veniva smembrato in due compartimenti amministrati dalla Francia e dalla Spagna. Il trattato di Fès prevedeva che la Francia rappresentasse il Paese maghrebino al di fuori dei confini nazionali e che difendesse l’in- . 18 tegrità delle frontiere, ma ben presto fu chiaro che i francesi gestivano gli affari dello stato e che il sultano era diventato un burattino in mano alla potenza coloniale. Se è vero che durante i primi anni di occupazione, grazie al generale Lyautey, la Francia si astenne dall’ingerenza diretta negli affari interni del Marocco, mirando alla modernizzazione dello stato, costruendo quelle infrastrutture necessarie per sfruttare al meglio le risorse del Paese, in seguito con l’afflusso sempre più cospicuo di immigrati (alla fine del ventennio i francesi erano più di 100.000) l’arroganza coloniale prese il sopravvento. L’idea di assimilazionismo già peraltro collaudata all’interno del Maghreb, portò il governo di Parigi in nome di un misanderstanding storico (l’applicazione sul campo dell’ideale di uguaglianza tra i popoli che poi si sarebbe concretizzato in un’omologazione di leggi tra la potenza madre e la colonia, ignorando le differenze culturali e storiche tra i due stati) ad annichilire la cultura, i valori religiosi e la storia del Paese. In questa circostanza l’Islam funse da baluardo contro l’invasione culturale occidentale, si erse a difesa della propria identità nazionale, il solo collante che sarebbe riuscito a tenere insieme il fronte autonomista, riunendo interessi economici e sociali, etnie e classi differenti. Il governo spagnolo, concentrando invece i propri sforzi economici e militari nelle grandi città della costa, aveva abbandonato in uno stato di degrado le regioni del Sahara e le zone interne del Rif, che di fatto mantenne una sorta di bellicosa indipendenza. Il pessimo stato economico in cui versava la popolazione portò le tribù berbere della regione ad una rivolta che durò 5 anni, alla cui testa si impose la straordinaria figura di Abd al Krim. Lo stesso Abd al Krim fondò una repubblica indipendente tra le montagne dell’interno. Solo nel 1926, la Spagna riuscì a ristabilire la propria autorità con l’aiuto delle truppe coloniali della Francia. Se da un lato l’appartenenza alla cultura musulmana fu per il regno sceriffale il ritrovato motivo d’identità nazionale che portò al rifiuto della politica di assimilazionismo, dall’altro, tale status fu l’obiettivo dell’azione dei francesi. Fu così che nel 1930 l’amministrazione di Rabat promulgò un decreto con il quale vennero istituzionalizzate alcune consuetudini tribali, retaggio dei gruppi berberi degli Atlas, con l’intento di separare sul piano . 19 giuridico e culturale le stesse popolazioni berbere da quelle di etnia araba, fedeli alla legislazione dell’Islam. 2.4 Verso l’indipendenza: Mohammed V Il decreto di Rabat mise a repentaglio l’unità della nazione musulmana. In tutte le mederse, i giovani studenti si opposero fermamente all’intollerabile ingerenza dell’amministrazione coloniale negli affari del Paese. Anche quella parte di intellettuali del Marocco, affascinati dalle teorie liberali e democratiche della Repubblica francese si unirono nella lotta contro l’occupazione coloniale. Giornali nazionali come L’Action du Peuple ampliarono l’eco della resistenza marocchina. Il bislacco tentativo da parte del governatorato di Rabat fallì miseramente e il decreto venne ritirato. Intanto le proteste avevano generato un influente movimento d’opinione che nel ’34 si era raccolto intorno a un circolo chiamato Comitato d’Azione Marocchino. Il Comitato, in una carta programmatica fatta pervenire al governatore francese, ispirandosi a quella presentata nei distretti amministrati dalla Spagna, esigeva l’attuazione delle istanze reclamate, dei diritti politici e civili. Nonostante la sinistra avesse vinto le elezioni in madrepatria ed enunciasse un’indubbia apertura liberale, la Francia si attestava sulle proprie posizioni continuando a perseguire una politica sfibrante, sperimentata già negli altri possedimenti coloniali. Alla liberazione di numerosi detenuti politici e alla tollerata riapertura dei giornali indipendenti seguì lo scioglimento nel 1937 del “Comitato d’Azione”. Dalle sue ceneri nacquero due gruppi, il Movimento Popolare di Hassan Al Wazzani e il Partito Nazionalista di Allal al Fasi. Nello stesso periodo iniziarono sommosse in tutte le principali città del Paese che portarono ad uno stretto giro di vite da parte dei francesi. Contemporaneamente alla diffusione delle dottrine panarabe e panislamiche, scoppiò la seconda guerra mondiale e il Marocco diventò il protagonista del riscatto alleato in territorio africano. Nel ’42 gli angloamericani sbarcarono sul suolo marocchino e nel ’43, grazie alla Conferenza di Casablanca, Stati Uniti e Inghilterra organizzarono l’offensiva contro l’asse italo-tedesca in un’Europa devastata. . 20 Nonostante il Presidente Roosvelt in persona avesse promesso al sultano Mohammed V, salito al trono nel ’27, che gli USA avrebbero fatto rispettare il diritto all’autodeterminazione dei popoli e che gli stessi principi avrebbero ispirato gli alleati durante la lotta contro la dominazione tedesca, la situazione per il Marocco non cambiò. Intanto nel ’43 nasceva il partito dell’Istiqlal in cui l’anno successivo avrebbe militato l’odiato-amato Ben Barka. Il partito reclamava formalmente la fine del protettorato della Francia e della Spagna e l’indipendenza del Paese. L’alleanza tra l’Istiqlal e Mohammed V aveva generato un fronte compatto dell’intera opposizione. Il sultano aveva rifiutato di firmare un decreto emesso dalle autorità francesi che in parte concedeva, ma al tempo stesso snaturava, le richieste politiche formulate dell’Istiqlal. Allo scopo di dividere il fronte unitario del movimento nazionalista la Francia tentò dapprima un accordo separato col sultano e poi, sostenendo i privilegi del grande latifondo, provò a mobilitare le forze più retrive del Paese. Falliti i due macchinosi tentativi e tramata una congiura di palazzo, i francesi costrinsero all’esilio Mohammed v, sostituendolo con il più duttile nipote Ben Arafa. L’ultima disperata controffensiva della autorità coloniale. Dopo una stagione incandescente, segnata da sommosse e rivolte popolari che si estesero dalle zone berbere ai sobborghi cittadini, la Francia fu costretta nel 1955 a far rientrare il sultano dall’esilio e appena un anno dopo il 2 marzo 1956 a firmare l’accordo che avrebbe sancito l’indipendenza. Come avvenuto in Tunisia e soprattutto in Algeria, i francesi conservarono ancora a lungo i propri privilegi, difendendo gli interessi strategici, economici e militari nel Paese. Un mese dopo, il Marocco stipulò un secondo accordo grazie al quale la Spagna lasciò tutti i territori occupati tranne l’enclave di Ifni, Ceuta e Melilla e naturalmente fino al 1975 i territori del Sahara Occidentale. Mohammed V a partire dal 1956 si trovò a regnare su uno stato ricco di infrastrutture civili e con un’economia in rapida espansione. La sua popolarità in ascesa e la Carta Regia emanata nel 1957 gli conferivano ampi poteri, in assenza di una vera e propria Costituzione. . 21 Volendo rafforzare ulteriormente il suo potere personale, Mohammed V provò a ridimensionare l’ingerenza dell’Istiqlal negli affari dello stato, il partito nazionalista che aveva espresso tutto il suo potenziale durante la lotta d’indipendenza e che rimase l’unico soggetto in grado di contrastare la sacra autorità. Nonostante il leader dell’UNFP si proclamasse estraneo all’intrigo di palazzo, dopo un rapido processo, fu condannato a morte in contumacia. L’esponente del dissenso, a due anni dall’inizio dell’esilio venne misteriosamente assassinato. Tale episodio portò per un breve periodo alla rottura delle relazioni diplomatiche tra la Francia ed il Marocco. Nel ’58 fu nominato Primo Ministro Ahmed Belafrej, un moderato filomonarchico in lotta all’interno del partito con Ben Barka, esponente dell’ala più oltranzista. Assicuratosi l’appoggio del Marocco berbero e rurale, promettendo di difenderne diritti e tradizioni culturali, il re si adoperò affinché si componesse un nuovo partito contrapposto all’Istiqlal. Allo scopo si formò il Movimento Popolare. Nello stesso anno si distaccò dall’Istiqlal una nuova forza progressista, l’Unione delle Forze Popolari, fondata dallo stesso Ben Barka. Mohammed V, nel ’60, si autonominò Primo Ministro facendo diventare suo figlio Moulay Hassan Vicepresidente del regno sceriffale. Quando il sultano morì nel 1961, Moulay Hassan divenne re con il nome di Hassan II. Iniziò un lungo quarantennio che nel bene e nel male segnò la storia della giovane monarchia nordafricana. La convulsa fase politica e una serie di violente proteste generate dal clima esasperato venutosi a creare nel Paese indussero Hassan II a proclamare lo stato d’emergenza, annullando ogni garanzia parlamentare. Tale anomalia istituzionale, che generò proteste in tutto l’Occidente, si protrasse fino al 1970. Nonostante il ritorno alla normalizzazione e le modifiche apportate alla Costituzione nello stesso anno e nel 1972, la situazione politica e i disagi sociali in cui versava il Paese maghrebino portarono alla recrudescenza dei movimenti popolari culminati con due attentati contro Hassan (sventati nel ’71 e nel ’72), organizzati dagli alti comandi dell’esercito. 2.5 Hassan II: 38 anni di potere Trascorso appena un anno dalla sua incoronazione, Hassan II promulgò la prima Costituzione del Regno del Marocco, in cui vennero sancite le regole e le norme acquisite lungo il corso della storia che facevano del re un coacervo di poteri illimitati. Lo stesso anno, la Costituzione fu sottoposta a referendum popolare ed approvata a larga maggioranza. L’anno successivo, nel 1963, si svolsero le prime elezioni del Marocco, vinte dal partito monarchico appena istituito, il FDIC, Fronte per la Difesa delle Istituzioni Nazionali a cui fu affidato il compito di formare il governo del Paese. L’opposizione, con in testa Ben Barka e il suo UNFP, accusò il monarca e il suo entourage di brogli elettorali. In un clima arroventato, fu annunciato un complotto contro il re e Ben Barka, accusato ufficialmente di avere preparato la congiura, fu costretto ad espatriare in Francia. . 22 Il preoccupante deficit della bilancia commerciale e la crescita del debito pubblico, dovuti in parte a una congiuntura internazionale sfavorevole (l’aumento dei prezzi del petrolio e di tutti i suoi derivati industriali di cui il Marocco è un ingente importatore e, al tempo stesso, il calo dei prezzi dei fosfati, voce importante delle esportazioni marocchine) accrebbe il malcontento popolare, aggravato poi dal fallimento del piano di stabilizzazione triennale approvato dal governo nel 1978. Dopo 5 anni di stato d’emergenza, Hassan, avviò un periodo di riforme moderate, aprendo nuovi spazi ai partiti d’opposizione, cercando di dare più equilibrio ad un governo traballante. Nel 1975, approfittando dell’accordo sancito con la Spagna con cui venivano affidati a Marocco e Mauritania l’amministrazione del Sahara Occidentale, Hassan II imbastì il caso più eclatante di politique etrangère del suo regno rivendicando l’annessione dell’intero territorio. La questione appassionò molto l’opinione pubblica marocchina e la nazione intera si coese intorno al re, dai partiti di destra a quelli di sinistra, dall’esercito alle autorità religiose. . 23 La questione del Sahara Occidentale non ancora risolta portò il Marocco ad anni di tensione con la Mauritania, ma soprattutto con la vicina Algeria con la quale era legato da vari trattati di cooperazione, primo fra tutti l’adesione alla Lega Araba. L’Algeria appoggiò il movimento per l’indipendenza del popolo Sahrawi, il Fronte Polisario che arrivò a proclamare nel 1976 la nascita della Repubblica Democratica Araba Sahariana in esilio, reagendo al grande colpo di mano mediatico predisposto da Hassan II, che nel 1975 organizzò quella che è passata alla storia come la marcia verde: centinaia di migliaia di coloni marocchini invasero pacificamente il vicino Sahara Occidentale. Dopo fasi alterne e la costruzione di un lungo perimetro di filo spinato elettrizzato che oggi divide i territori del Sahara Occidentale dalla Mauritania, grazie alla mediazione dell’ONU si è arrivati nel ’99 ad un’intesa tra le parti. Lo stato marocchino ha accettato che si tenga un referendum all’interno dei territori disputati. L’ex Sahara Spagnolo dovrà decidere se far parte del Marocco o proclamare la propria indipendenza. A cinque anni di distanza dall’intesa, la data della consultazione non è stata ancora stabilita. Per scongiurare nuovi malcontenti, dopo la vittoria alle duplici elezioni (’77 e ’84) dei partiti di governo (con l’affermazione del Raggruppamento Nazionale degli Indipendenti), Hassan II propose un esecutivo di unità nazionale coinvolgendo l’intera opposizione. Per tutti gli anni Ottanta la severa politica economica adottata dal governo per far fronte agli impegni presi con il Fondo Monetario allo scopo di risanare i conti pubblici, assicurarsi nuovi finanziamenti e ottenere un credito maggiore in occidente, portò il Paese ad affrontare un decennio attraversato da forti proteste popolari, creando i presupposti per una rischiosa diffusione della propaganda islamica e del movimento integralista. Più di un attentato ha disseminato inquietudine e paura nel Paese lungo il corso degli ultimi 10 anni. Ma il movimento integralista non è riuscito a trasformare il Marocco in un’arena insanguinata, scossa dai fremiti di una guerra barbara e incivile, quella che, in appena dodici anni ha causato 120.000 morti in Algeria. . 24 Negli anni Novanta il timido processo liberale avviato da Hassan II ha contribuito a scongiurare lo scadimento della protesta popolare. La liberazione di numerosi oppositori politici, tra l’altro, ha portato il movimento islamico a circoscrivere per buona parte la sua lotta nell’ambito dei cosiddetti canali istituzionali. Con questa chiave di lettura si giustificano i 2 seggi conquistati nelle elezioni del 1997 dal partito di formazione islamica MPCD, Movimento Popolare Costituzionale e Democratico e la vittoria elettorale realizzata nel ’97 e nel 2003 dal Blocco Democratico, la coalizione che ricompone tutti i partiti dell’opposizione di sinistra. Dal 1998 al 2003, il Primo Ministro marocchino è stato un leader socialista, Abd Arrahman al Youssoufi, segretario dell’Unione Socialista delle Forze Popolari. Poco prima delle elezioni legislative, il re ha modificato nuovamente la Costituzione del Paese, rafforzando i poteri del Parlamento, affiancando alla Camera dei Rappresentanti la Camera dei Consiglieri. Il Marocco nell’ultimo ventennio ha avviato una politica economica improntata alla liberalizzazione del mercato come richiesto dal Fondo Monetario e dalla Banca Mondiale, e di avvicinamento alla UE. A settant’anni, nel 1999 Hassan II è morto lasciando in eredità al suo primogenito un Marocco in piena evoluzione economica, politica e sociale ma con tante contraddizioni e con tanti problemi tra cui doversi districare. Mohammed VI da sei anni siede al trono di Rabat. 3. Organizzazione istituzionale dello Stato 3.1 Mohammed VI verso le riforme politiche L’ascesa al trono di Mohammed VI ha suscitato attese e aspettative sia in Marocco che nel mondo. Le prime parole pronunciate dal sovrano rivolte alle masse oppresse e sofferenti, ai disoccupati, a favore delle riforme politiche, economiche e sociali, della libertà, dei diritti civili e delle donne, condannando gli arresti arbitrari e le torture compiuti negli anni precedenti, hanno riacceso le speranze, dopo una lunga fase repressiva attenuata solo in parte dal corso hassaniano dell’ultimo decennio. . 25 E in effetti a due mesi di distanza dalla presa del potere, il licenziamento di Driss Basri, per lunghi anni Ministro degli Interni ed eminenza grigia dell’era Hassan, ha confermato quanto di buono aveva espresso il giovane sovrano. La nascita della Commissione per la Riconciliazione Nazionale, che sta indagando sulle illegalità commesse tra il ’65 e il ’99 da servizi e polizia, ha suggellato l’eclatante rimozione. In un quadro di audizioni, nell’ambito della cosiddetta Istanza di Equità e Riconciliazione (IER), sono decine le persone ascoltate che denunciano gli abusi e le violenze di cui sono state vittime in passato. Il rientro in patria dopo un lungo esilio della famiglia di Ben Barka, e di Serfaty, la liberazione di prigionieri politici del calibro del leader islamico Yassine, continua a far ben sperare. Il Marocco d’altronde è stato tra i primi paesi firmatari della Carta Araba, in cui si afferma l'universalità dei diritti umani, garantendo pari dignità a tutti gli individui, uomini e donne, la libertà di religione, pensiero ed opinione, senza distinzione di razza, sesso e confessione religiosa. La promessa di difendere le minoranze etniche è stata in parte mantenuta con la realizzazione di un’istituzione per la difesa della cultura berbera. Per quanto i berberi, che rappresentano circa il 40% della popolazione del Paese, aspirino a riforme strutturali, come per esempio l’introduzione della lingua imazighen nelle scuole e nella pubblica amministrazione. Considerando l’alto tasso di analfabetismo che affligge il Paese e che la popolazione rurale dell’interno, a maggioranza berbera, parla soltanto i dialetti regionali, possiamo immaginare quanto sia complesso attuare una riforma organica. L’approvazione del nuovo Codice di Famiglia (moudawana) ratificato il 16 gennaio 2004 dalla Camera dei Rappresentanti, sancisce la parità di diritti tra uomo e donna in un Paese ancora caratterizzato da una società fortemente arcaica, rurale e patriarcale. Nonostante il Codice sia stato partorito dopo quasi quarant’anni di scontri e compromessi tra le forze politiche e sociali del Paese, sono stati fat- . 26 ti molti passi avanti. La donna per unirsi in matrimonio deve aver compiuto almeno diciotto anni e decade la previa autorizzazione del padre o del fratello. Nonostante la poligamia non sia stata definitivamente soppressa, la futura moglie ha la facoltà di impedire che il suo sposo contragga altri matrimoni con una clausola, che quest’ultimo dovrà firmare prima dell’unione coniugale. Anche la formula del ripudio, strumento usato esclusivamente dagli uomini, oggi è un diritto acquisito da parte delle donne. Se la mannaia della censura durante gli anni Hassan-Basri ha mostrato più volte la sua lama acuminata, successivamente si è allentata. Molti sono stati i giornali indipendenti vicini ai partiti di destra o di sinistra che hanno cercato di mantenere a proprie spese un equilibrio tra “pensiero espresso ed espressione di pensiero”, una forma di autocensura che ha evitato pesanti interventi da parte dell’autorità costituita. Con Mohammed VI la situazione si è paradossalmente estremizzata. Caduto quel limite precario che la stampa si era imposta nella fase precedente, durante i primi anni di regno del sovrano, gli editoriali infuocati apparsi sui giornali (il memoriale del leader islamico Yassine su Report, l’articolo sulle condizioni finanziarie della famiglia reale su Tel Qel) o alcuni servizi andati in onda sulla TV di stato (la prima pagina de Le Journal su cui dominava la foto e l’intervista di Marrakchi leader del Fronte Polisario) hanno sortito il loro effetto. Dal sequestro di alcuni quotidiani all’interdizione alla professione o al licenziamento di qualche giornalista, si è passati a formulare una nuova normativa approvata nel 2002, un codice restrittivo che penalizza la libertà di stampa. La nuova legge consentirà all’esecutivo di sospendere o sequestrare prodotti editoriali stranieri o nazionali se essi attenteranno all’istituzione dell’Islam e della monarchia, all’integrità del territorio o alla morale. Una nuova sfida si è intanto preannunciata per il Marocco e per tutto il mondo arabo, la minaccia del movimento integralista islamico. Le popolazioni islamiche sono le prime a dover subire la brutalità del terrorismo di matrice religiosa. I governi nordafricani e mediorientali dovranno comunque assumersi le proprie responsabilità davanti al corso della storia. I regimi autoritari del passato e in alcuni casi del presente hanno soffocato ogni opposizione democratica, hanno impedito per lunghi anni . 27 l’evoluzione di una società civile (movimenti, associazioni) e fatto crescere il dissenso all’interno dei movimenti religiosi, con le loro capillari interazioni tra moschee, scuole, e associazioni. Movimenti attivi nei quartieri più poveri delle città, pronti ad aiutare i bisognosi, a sostenere i deboli e gli oppressi (forte è la presenza del volontariato islamico nel Paese, dalle bidonville urbane ai sobborghi rurali) portando in molti casi a compimento un’operazione politica travestita da intervento umanitario. Che il sovrano sia il diretto discendente del cugino del Profeta, che sia il capo dei credenti o che il rito sunnitamalichita professato nel Marocco induca a moderazione e tolleranza, non ha impedito che il Paese diventasse obiettivo di sanguinosi attentati . Il primo vero atto di terrore è stato realizzato dal movimento integralista nell’agosto del 1994 quando a Marrakech furono ammazzati due turisti di origine spagnola. Ma è il 16 maggio del 2003 che il terrorismo islamico ha compiuto il delitto più efferato. A Casablanca 45 clienti di un caffè, tra arabi e stranieri sono morti dilaniati da una bomba. Il 29 maggio, il re ha annunciato in un discorso a reti unificate: “Da oggi è finita l’era del lassismo”. In seguito all’attentato di Casà, il 28 maggio del 2003 il Parlamento ha adottato una legge antiterrorismo il cui testo rafforza enormemente i poteri di servizi e polizia. È ritenuto terrorista qualunque atto premeditato, individuale o collettivo, abbia lo scopo di attentare all'ordine pubblico con il terrore o la violenza. Inoltre il governo ha avviato una riforma che ha lo scopo di controllare l'operato nelle moschee e nelle scuole per arginare la propaganda integralista. Il più grande partito di opposizione oggi è il PJD, Partito Islamico della Giustizia e dello Sviluppo, che alle elezioni politiche del 2002 ha triplicato i suoi voti ed oggi con i 42 seggi conquistati è la terza forza politica esistente nel Paese. Ma la vera anima del movimento, quella capace di mobilitare le piazze e di sviluppare una sottile rete capillare nei vari settori dell’intera società, è il Movimento Giustizia e Carità, guidato dallo sceicco Abd al Salam Yassine, più volte incarcerato, una formazione tollerata ma non legalizzata che si colloca tra il PJD e il radicalismo islamico. . 28 3.2 Gli istituti costituzionali Il Regno del Marocco è uno stato sovrano musulmano, la cui lingua ufficiale è l’arabo. L’ampio potere che esercita il re, sancito dalla Costituzione del Paese, è stato al centro di numerosi dibattiti lungo il corso degli anni Novanta e anche in seguito, con l’avvento al trono di Mohammed VI. Nonostante la spinta alla modernizzazione impressa dal re e dal suo entourage, una parte del movimento di opinione marocchina ha salutato le riforme approvate negli ultimi sei anni con sollievo ed interesse considerandole però incline elargizione di un sovrano aperto e moderato più che un diritto acquisito da parte di tutti i cittadini. L’involuzione verso un regime autoritario o l’evoluzione verso forme autenticamente democratiche sono prerogativa dell’ampio potere che è riservato alla più alta istituzione dello stato. La Costituzione La Costituzione, che ha sostituito la Carta Regia in vigore i primi anni di vita del Regno del Marocco, dall’esecuzione della sua stesura avvenuta il 1962, ha subito tre modifiche importanti, rispettivamente nel ’70, nel ’72, nel ’92 ed è stata infine emendata tramite referendum nel 1996. L’articolo primo sancisce che il Marocco è una monarchia costituzionale, democratica e sociale. La Costituzione dà ampi poteri al sovrano, che è Amir al Mouminine, capo dei credenti, rappresentante supremo della nazione e fa del suo figlio primogenito l’erede al trono. Definisce la divisione tra potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Il potere legislativo è delegato al Parlamento, la cui composizione è stata di recente modificata con l’introduzione di un sistema bicamerale. Il potere esecutivo è assegnato al Governo, a cui è affidata inoltre l’amministrazione dello Stato. Il sistema giudiziario è emanazione diretta della persona del re che nomina i magistrati su suggerimento dell’Alto Consiglio della Magistratura. . 29 I principi del sistema giudiziario sanciti dalla Costituzione sono cinque: uguaglianza davanti alla legge, libero accesso alla giustizia, pluralità della rappresentanza dei giudici, doppio livello di giurisdizione tramite Corte Ordinaria e d’Appello, natura pubblica delle udienze. L’articolo 3 stabilisce che il Marocco è una democrazia pluralista, e che i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le collettività locali e le associazioni di categoria concorrono all’organizzazione e alla rappresentazione dei cittadini. Con le modifiche apportate lungo il corso degli anni, oltre ad avere riaffermato il rispetto dei diritti dell’uomo, la nuova Costituzione, in relazione alle figure economiche ha reintrodotto i Piani di Sviluppo, che vanno a sostituire i Programmi Economici e Sociali Integrati. La loro elaborazione è di competenza del Consiglio Superiore della Promozione Nazionale del Piano. Definisce inoltre l’istituzione della Corte dei Conti, la cui missione è quella di garantire il controllo superiore dell’esecuzione delle leggi della finanza, affiancandole le Corti dei Conti regionali. Da un punto di vista strettamente amministrativo, infine, promuove l’istituzione regionale a collettività locale, accanto alle Prefetture, alle Province e ai Comuni. Da un punto di vista politico i suoi poteri sono pressoché illimitati. Tramite i dahir, ovvero i decreti reali, il re nomina il Primo Ministro e su sua proposta gli altri membri del Governo, che al tempo stesso può licenziare o far decadere. Presiede il Consiglio dei Ministri e il Consiglio Superiore della Magistratura. Promulga le leggi, firma e ratifica i trattati. Il sovrano è inoltre capo supremo delle Forze Armate e ha facoltà di dichiarare lo stato d’emergenza. Tutte le più alte cariche istituzionali sono responsabili davanti alla sua persona. Il Parlamento Il Parlamento, grazie alla riforma costituzionale emendata nel ’96, è oggi composto da due Camere, l’Assemblea dei Rappresentanti, costituita da 325 membri eletti a suffragio universale (per la durata di un quinquennio) e la nuova Assemblea dei Consiglieri, i cui membri, 270, sono espressione per 3/5 dei consigli locali e per il rimanente delle associazioni professionali e dei commercianti. La carica ha la durata di nove anni ed è rinnovabile per 1/3 ogni 36 mesi. La Camera dei Rappresentanti ha facoltà di approvare le leggi proposte dal re, dal Primo Ministro o da uno dei suoi consiglieri, può esercitare inoltre il diritto di veto sulla base di una maggioranza assoluta o sfiduciare l’esecutivo. Entrambe le camere hanno la facoltà di dibattere i progetti governativi. Il Re Il re del Marocco incarna sia l’autorità spirituale che quella temporale, essendo al tempo stesso la più alta carica religiosa e della nazione. La sua persona è sacra e inviolabile e in quanto garante dell’unità dello Stato, trascende le divisioni sociali, economiche e politiche, divenendo arbitro tra le parti. Con la Bey’a, l’antico rituale di giuramento di fedeltà al re, tutte le più alte cariche dello Stato, militari, politiche e religiose, assicurano fedeltà alla sua persona. Egli è il garante della continuità e della perennità dello Stato, veglia sul rispetto dell’Islam e della Costituzione. Garantisce l’indipendenza della nazione e l’integrità territoriale del reame. . 30 3.3 Amministrazione e Governo È ormai dagli anni Novanta che il Paese ha impostato una politica di decentralizzazione della gestione del potere. La recente modifica della Costituzione indica che Regioni, Prefetture, Province (o wylaiat) e Comuni sono organismi appartenenti alla collettività locale, sotto il diretto controllo del Ministero dell’Interno. Oggi il Paese è diviso in 16 Regioni, governate da un Consiglio. Le Prefetture e le Province sono guidate da un governatore di nomina reale che ha il compito di far eseguire le direttive del re e del governo e di mantenere l’ordine pubblico. Esse sono gestite da un’assemblea locale ed hanno autonomia amministrativa e finanziaria. I Comuni, nati nel 1960 . 31 per opera di Mohammed V, sono amministrati da un consiglio comunale e coordinati da un presidente, eletti entrambi a suffragio universale. di questa tornata elettorale è stato il PJD, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, che ha conquistato 42 seggi arrivando a ridosso dell’USFP e dell’Istiqlal. Il PJD è l’unico partito islamico riconosciuto legalmente dalle istituzioni marocchine. Governo ed elezioni Il Governo è composto da un Primo Ministro nominato dal re. Esso è formato da più dicasteri presieduti da un responsabile a cui il sovrano conferisce l’incarico su proposta del premier. Il Primo Ministro esercita il potere regolamentare e si assume la responsabilità del coordinamento delle attività ministeriali. Nessun progetto di legge può essere depositato in parlamento se prima non sia stato ratificato in sede di Consiglio dei Ministri. Il Consiglio dei Ministri viene consultato previamente su questioni riguardanti la politica generale dello Stato, la dichiarazione di stato di assedio o di guerra, il progetto di Piano e la revisione della Costituzione. Nelle ultime elezioni tenutesi il 27 settembre del 2002, i socialisti dell’USFP e i nazionalisti dell’Istiqlal, sono stati i due partiti più votati e hanno conquistato rispettivamente 45 e 43 seggi. La coalizione uscente si è quindi riconfermata al potere, disponendo della maggioranza relativa alla Camera dei Rappresentanti, 167 seggi su 295. Esautorando il vecchio premier socialista Youssoufi che dal 1998 guidava l’esecutivo di sua maestà, il re ha optato per un nuovo capo di governo, un tecnico di provata esperienza politica. La scelta è caduta sull’indipendente Driss Jettou. La percentuale ufficiale dei votanti si è attestata intorno al 52% degli aventi diritto. Su 14 milioni di persone poco più di 7 milioni hanno espresso la loro preferenza alle urne. Confrontando il dato con quello relativo alle elezioni precedenti, si può rilevare che la crescita del tasso di astensionismo (48% oggi contro il 41,7% del ’97) e l’elevato numero di schede bianche, 1.085.366, confermano quel processo in atto di disaffezione dell’elettorato marocchino alla vita politica del Paese. Le ultime consultazioni elettorali svoltesi in Marocco hanno rispettato complessivamente i canoni della democrazia e della correttezza istituzionale. Qualche passo avanti si è fatto rispetto al 1997, quando le elezioni legislative sono state caratterizzate da un impiego considerevole di denaro, legale e illegale, adoperato per finanziare la campagna elettorale ma soprattutto per comprare voti e rinforzare le reti di clientela, come ammesso dallo stesso Ministro degli Interni e da Hassan II che ammonì l’istituzione politica del Paese dichiarando: “Colui che si vende per te, si venderà contro di te”. Interessante l’introduzione del sistema proporzionale che obbliga l’elezione di una rappresentanza femminile non inferiore al 10%. Il nuovo Primo Ministro ha cambiato solo in parte la squadra del governo, confermando Mohammed Benaissa agli Affari Esteri, Fathalla Oualalou alle Finanze e Sbai Abderrahmane alla Difesa. In uno dei posti chiave dell’esecutivo, gli Interni, è stato nominato l’indipendente Mustafa Sahael. Di sapore “tecnico” è anche la nomina del nuovo Ministro della Salute Mohammede Biadillah mentre sulla poltrona di Grazia e Giustizia si è insediato il socialista Mohammed Bouzouba. Per il nuovo premier, l’attuale legislatura deve affrontare priorità di carattere economico, come la rivitalizzazione del sistema produttivo e la promozione degli investimenti esteri nel Paese. Vera grande sorpresa . 32 . 33 2. Economia e occupazione 1. Mohammed VI. Verso un’economia di mercato Sin dagli anni ottanta, il Marocco ha avviato un rapido processo di liberalizzazione del mercato che in tempi relativamente brevi lo ha portato a ratificare nel 1996 un accordo con l'Unione Europea (entro il 2012 si arriverà alla progressiva instaurazione di una zona di libero scambio), il 15 giugno del 2003 a stipulare un analogo trattato con gli States e a realizzare una free zone nella città di Tangeri. La manovra di avvicinamento tra Stati Uniti e Paese maghrebino si è completata l'11 dicembre scorso, quando il Marocco ha sponsorizzato il Forum for the Future, un incontro svoltosi a Rabat sotto l'egida americana, che vedeva riuniti i ministri degli esteri e delle finanze di 35 paesi tra nord Africa, medio oriente e G8, allo scopo di ridisegnare un nuovo "Grande Medio Oriente" sulla base di principi democratici e di liberalizzazioni economiche. Aver privilegiato la partnership commerciale con gli Stati Uniti d'America non è stata una scelta condivisa da tutta la classe dirigente del Paese e non solo per una pregiudiziale politica. Il timore che l'abbattimento dei dazi doganali possa stritolare le piccole e medie imprese marocchine, una realtà fino a poco tempo fa in forte espansione, è giudiziosamente fondato e si basa su numeri e statistiche ricavate da esperienze già operate all'estero. Oggi, le imprese con meno di 200 dipendenti rappresentano il 92% delle unità produttive nel settore del privato, impiegano il 66% della manodopera e producono il 33% del PIL. Ma il Marocco sembra voler giocare le sue carte su due fronti differenti, visto il trat- . 35 tato siglato con l'Europa e la richiesta fatta a Bruxelles di aderire come membro esterno dell'Unione. Già nel 1983, come detto in precedenza, dopo il fallimento del piano di stabilizzazione triennale approvato dal governo in carica nel 1978 e il conseguente aggravarsi della crisi economica, Hassan, aveva sottoscritto un programma di aggiustamento strutturale dei conti pubblici con la Banca Mondiale, accogliendo i suggerimenti del Fondo Monetario Internazionale e aderendo infine nel 1987 all'Organizzazione Mondiale per il Commercio. Il primo impulso dato alla privatizzazione negli anni '80 aveva portato a una ridistribuzione delle forze produttive a discapito del settore pubblico. Il censimento realizzato nel 1998 vedeva iscritti nei registri del fisco ben 65.000 imprese che generavano il 65% degli investimenti complessivi, il 90% del totale dell'occupazione e l'80% del prodotto interno lordo. La legge sulle privatizzazioni entrata in vigore nel 1991 ne aveva accelerato l'incremento. Più di 114 imprese, anche quelle ritenute fino a poco tempo prima incedibili erano passate di mano, Alcune vendute altre date in concessione. Dall'Ente Marocchino dei Fosfati, ai primi posti tra le società esportatrici del Paese, all'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica, dall'Ente Nazionale per le Acqua Potabile, alle Ferrovie, dalla Compagnia di Bandiera alle Poste e Telecomunicazioni. Dal 1998, con il nuovo governo socialista nominato da Hassan II dopo le elezioni vinte l'anno precedente, il processo di privatizzazione ha subito un relativo rallentamento. Si è finalmente realizzata la riforma del lavoro che ha portato dopo 5 anni di annunci e dilazioni, nel giugno del 2004, all'approvazione di un nuovo Codice del Lavoro e a un aggiustamento del sistema assistenziale con la creazione di un'Agenzia Nazionale per l'assicurazione sulle malattie. Anche in questo caso, lo Stato, dopo aver legiferato e riorganizzato il sistema nazionale, ne ha decentralizzato l'apparato, rimandando a strutture esterne la responsabilità e la gestione. Molti sono infatti gli organismi che regolano i rapporti tra i lavoratori e il sistema sanitario tra cui la Fondazione Mohammed V, i Fondi Hassan II, l'Agenzia di Sviluppo Sociale. . 36 Solo un terzo della popolazione ruota intorno al sistema sanitario nazionale, i lavoratori assunti con regolare contratto, perlopiù terziario e operai delle medie e grandi industrie. Alcuni tra questi giovani organismi hanno promosso una serie di ambiziosi progetti realizzati da strutture pubbliche e private. Il solo Fondo Hassan II, nel 2000, ha finanziato una quarantina di programmi legati allo sviluppo economico e sociale del Paese, relativi all'evoluzione delle infrastrutture, all'approvvigionamento dell'acqua potabile, alla realizzazione di poli industriale e alla costruzione di centri turistici. Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale hanno spinto il Marocco ad attuare una riforma generale, sperando di potere realizzare una maggiore distribuzione delle risorse del Paese, facendo accedere al sistema economico globale nuovi soggetti, creando quella classe media che avrebbe ridato forza al mercato del lavoro, nuovo impulso ai consumi e all'occupazione. Fare del Paese maghrebino il motore propulsore dell'economia nord africana, aprendo la strada a un profondo cambiamento politico e sociale. Ma il dilemma che si pone per il regno del Marocco come per tutti quei paesi in cammino sulla via dello sviluppo è il seguente: le riforme economiche e la liberalizzazione del mercato portano automaticamente a rinnovare la vita politica e sociale, la privatizzazione e la deregulation economica in un mercato giovane e inesperto possono accentrare ancora di più il capitale in mano a pochi e far esplodere nuovi conflitti d'interesse? 2. Struttura dell’economia e settori produttivi 2.1 Agricoltura e industria La grande riforma avviata dal Marocco ha portato a straordinari risultati in tempi relativamente brevi. I fondamentali dell’economia sono sostanzialmente sani, il Paese presenta un buon equilibrio macroeconomico, conti pubblici in ordine, debito estero in diminuzione inflazione sotto controllo e stabilità valutaria. Il PIL si è attestato al 4,4% (5,5% nel 2003), l’inflazione all’1,6% (1,2% nel 2003), il cambio è stabile e le riserve in ulteriore crescita. Nonostante ciò vi sono inquietanti coni d’ombra. Lo sviluppo economico e sociale è minacciato da un atavico ritardo strutturale. . 37 Il 15% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e oltre il 40% non sa né leggere e né scrivere. I servizi sanitari sono inefficienti. Il reddito pro capite marocchino nel 2003 ha raggiunto 1.513 dollari, al di sotto del 75% della media dei paesi dell’Unione Araba del Maghreb. La disoccupazione registra un tasso annuo pari all’11,6% (11,2% nel 2003) che raggiunge il 19,3% nelle aree urbane e il 26,3% tra coloro che posseggono un titolo di scuola media superiore. L’accesso all’acqua potabile e il costante aumento delle zone desertiche minaccia il settore agricolo, ancora troppo legato alle condizioni atmosferiche, carente d’innovazione tecnologica. Di seguito riportiamo in tabella l’indice del costo della vita calcolato su un paniere composto da 385 beni. Il primo settore, che comprende agricoltura, miniere, pesca e forestali, occupa il 51% della forza lavoro e produce soltanto il 15% del PIL nazionale. Il secondo, che abbraccia industria, artigianato ed edilizia, occupa il 16% della forza lavoro e genera il 33% del PIL. Il terzo, che include il commercio, la pubblica amministrazione, i trasporti e le attività di servizio impegna il 33% della forza lavoro producendo il 52% del PIL annuo del Paese. La riforma agraria in passato è stata oggetto di una grande propaganda populista ed introdotta in tutti i piani di sviluppo nazionale. In realtà la produzione agricola ha risentito del costante processo di urbanizzazione e dell’abbandono graduale di una politica di ammodernamento strutturale. Le problematiche legate alla mancanza d’acqua e all’avanzamento costante del deserto sono oramai considerate forme endemiche. Più della metà dei coltivatori diretti è rimasto senza terra e l’alta percentuale dei piccoli appezzamenti agrari non contribuisce alla INDICE DEL COSTO DELLA VITA PER GRUPPI (385 ARTICOLI; BASE 100 IN 1989) INDICE GENERALE 2002 2003 VARIAZIONE IN 162,7 164,6 1,2 % PRINCIPALI PRODOTTI AGRICOLI SETTORI - IN MIGLIAIA DI QUINTALI CEREALI INVERNALI 2001-2002 2002-2003 50.423,1 77.895,9 VARIAZIONE IN % 54,5 ALIMENTARI 164,2 166,4 1,3 ABBIGLIAMENTO 166,2 167,6 0,8 GRANO DURO 10.315 17.662,2 71,2 23.251,8 33.806,2 45,4 16,689,8 26.203,9 57 2.335,3 1.609,6 -31,1 1.988,8 1.385,8 -30,3 81,2 143,1 76,2 ABITAZIONE 165 167 1,2 GRANO TENERO EQUIPAGGIAMENTO DOMESTICO 139,2 139,8 0,4 ORZO CEREALI PRIMAVERILI CURE MEDICHE 144,1 146,7 1,8 TRASPORTI E COMUNICAZIONI 163,4 163,7 0,2 MAIS TEMPO LIBERO E CULTURA 164,8 168,1 2 SORGO ALTRI BENI E SERVIZI 170,3 172,1 1,1 RISO FONTE : DIREZIONE DELL’ AGENZIA DI STATISTICA NAZIONALE , 2004. Se paragoniamo i parametri economici e occupazionali dei tre settori produttivi dell’economia marocchina, risulta evidente lo squilibrio in atto tra forza lavoro occupata e PIL prodotto. Tutto ciò conferma quanto l’economia della regione viaggi su due binari differenti. Uno scomparto tradizionale legato all’agricoltura e alla pesca e un altro più dinamico e moderno che fa capo all’industria. . 38 265,3 81 -69,5 2.365,1 2.321,4 -1,8 FAVE 887,8 1.030,6 16,1 LENTICCHIE 416,7 336,2 -19,3 LEGUMI CECI CULTURE INDUSTRIALI BARBABIETOLA CANNA DA ZUCCHERO FONTE : MINISTERO DELL’ AGRICOLTURA 513,4 430,2 -16,2 39.365,5 43.272,9 9,9 29.868 34.285,1 14,8 9.490,8 8.986,2 -5,3 , 2004. . 39 competitività in un mercato sempre più legato alla produzione industriale, meccanizzata e gestita in consorzi o imprese collettive. Il 55% del terreno produttivo è coltivato a cereali, leguminose e oleaginose (girasole e arachidi). In estensione è la coltura di barbabietola e di canna da zucchero. Un discreto incremento si è registrato nella produzione degli agrumi, 1.315 migliaia di tonnellate con un +15% rispetto al 2002. CUOIO , SCARPE E ARTICOLI IN CUOIO 126,1 130,9 3,8 LEGNO , ARTICOLI IN LEGNO , VIMINI E MOBILI 121,1 126 4 CARTA E CARTONE , STAMPA 160 185 15,6 TRASFORMAZIONE DI MINERALI DI CAVA 132,8 145,2 9,3 INDUSTRIE METALLURGICHE DI BASE 168,4 188,7 12,1 127 138,8 9,3 LAVORAZIONE IN METALLO La produzione industriale dopo un’incoraggiante fase di espansione è ora in netta stagnazione (ultimi dati ufficiali non ancora riportati). Le privatizzazioni e la relativa stabilità politica continuano comunque a richiamare investimenti dall’estero. Il settore agroalimentare è il pilastro portante dell’industria marocchina. Tra le varie aziende si distinguono oleifici, conservifici e zuccherifici (particolarmente alta è la produzione dello zucchero raffinato, 1.028.053 tonnellate nel 2003). Nel tessile si distinguono le industrie del cotone e dell’abbigliamento mentre il comparto dei fertilizzanti ha segnato una buona crescita. MACCHINE E MATERIALE DI ATTREZZATURA 116,3 123 9,3 MATERIALE DI TRASPORTO 134,8 134,1 -0,5 132 135 2,3 MATERIALE D ’ UFFICIO , OTTICA , OROLOGERIA 125,7 126,1 0,3 CHIMICA E PARACHIMICA 145,2 130,7 0,3 CAUCCIÙ E PLASTICA 130,3 130,7 0,3 102,4 100 -2,2 MATERIALE ELETTRICO ED ELETTRONICO ALTRE INDUSTRIE MANIFATTURIERE FONTE : MINISTERO DELL’ INDUSTRIA , 2004. PRODUZIONE INDUSTRIALE PER GRANDI SETTORI 2001-2002 2002-2003 INDUSTRIA AGRO ALIMENTARE 55.671 57.343 TESSILE E DEL CUOIO 26.165 26.360 0,9 61284 64305 4,9 MECCANICA E METALLURGICA 18.974 19.573 3,2 ELETTRICA ED ELETTRONICA 7.047 8.154 15,7 169.101 175.735 3,9 SETTORI - IN MIGLIAIA DI QUINTALI CHIMICA E PARACHIMICA TOTALE FONTE : MINISTERO DELL’ INDUSTRIA , VARIAZIONE IN % 3 2004. INDICE DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE (BASE 100 IN 1992) 2002 2003 INDUSTRIE DI TRASFORMAZIONE 132,7 137,4 INDUSTRIE ALIMENTARI 135,2 135,5 0,2 142 151,8 6,9 134,8 137,5 2 101,1 98,6 -2,5 129,2 120,8 -6,5 ALTRE INDUSTRIE ALIMENTARI BEVANDE E TABACCHI PRODOTTI TESSILI E BONNETERIE ABBIGLIAMENTO . 40 VARIAZIONE IN % 3,5 La produzione mineraria ha aiutato a tamponare il passivo, registrato dalla bilancia commerciale del Paese, grazie ai proventi ricavato dall’estrazione dei fosfati. Nel 2003 ne sono stati estratti 21.996 migliaia di tonnellate (di cui 10.376 sono stati destinati all’esportazione) con un incremento dello 0,9% rispetto all’anno precedente. L’indice relativo a barritine, sale, argento, zinco, fluoro e piombo ha subito un forte calo. L’introito legato all’attività della pesca, un’altra importante fonte di reddito del Marocco, nel 2003 ha segnato una flessione rilevante. Interessante confrontare i dati tra le tonnellate di pescato, rimasto pressoché invariato rispetto all’anno precedente e il valore in dirham che questi ha generato, rispettivamente 914.253 tonnellate, -4,8% rispetto al 2002 e 4.695.503 dirham ricavati, 21,8% in meno dell’anno precedente. Questo notevole divario, se da un lato è stato provocato dall’andamento dei prezzi all’ingrosso e nel dettaglio, dall’altro è il semplice prodotto della scarsa competitività dell’industria della pesca all’interno di un mercato vivacizzato dalla creazione delle zone di libero scambio. Stesso discorso vale per l’artigianato tradizionale del Marocco che, tranne l’exploit della bigiotteria di lusso e delle calzature, che han- . 41 no segnato in chiave di esportazione rispettivamente +1.246 e +109%, ha notevolmente ridimensionato i suoi confini commerciali, dai tappeti, al vasellame, dagli articoli in vimini alla pelletteria, dagli oggetti in rame all’abbigliamento. 2.2 Altri settori produttivi Il settore del turismo nel 2003 ha registrato una pesante battuta d’arresto, dovuta all’attentato terroristico di Casablanca (-25% di tedeschi, -13% di portoghesi, -20% di austriaci e -11% di italiani). Secondo gli ultimi dati, nel 2004 la situazione si è ristabilita e la ripresa ha segnato oltre 15 punti in più rispetto al nefasto 2003. Nonostante il calo turistico, gli aeroporti hanno fatto registrare un incremento del traffico di passeggeri (6.716.930 unità) e la compagnia di bandiera, la Royal Air Maroc ha aumentato le ore di volo, (104.028, +1,8 rispetto all’anno precedente) un risultato maturato anche grazie al comparto nazionale. Gli spostamenti su ferrovia sono andati altrettanto bene, il numero di passeggeri è cresciuto del 12,5%. Il traffico delle merci su rotaia ha avuto un incremento del 2%, mentre ha subito un brusco ridimensionamento quello stradale che secondo l’Ufficio Nazionale dei Trasporti è diminuito del 35,8%. Rileggendo i parametri economici del 2003, nel settore delle telecomunicazioni spicca la performance dei portatili. La telefonia mobile vanta una crescita del 18,8%: 7.364.124 sono i telefonini immessi nel circuito nazionale, una cifra di affari che muove quasi 9.300 milioni di dirham, con un +30,2 % di utile contro il -1,7% della telefonia fissa. Il mercato dell’auto invece, adeguandosi al trend negativo che ha colpito il mondo occidentale, ha subito una battuta d’arresto. Le vendite hanno segnato un -4,9% rispetto all’anno precedente (i dati si riferiscono al 2002). L’attività edile è in pieno fermento. Numeri alla mano (mai come in questo caso le cifre ufficiali possono discostarsi dalla realtà del Paese), l’abusivismo pare segnare una forte contrazione. Regioni come . 42 Tangeri, sulla costa del Mediterraneo o Tadia Azilal all’interno, sembrano coniugare sviluppo e rispetto per l’ambiente. Spicca il compartimento di Casablanca, che ad una diminuzione del numero di autorizzazioni edili (-16,9%) contrappone un sensibile aumento delle superfici fabbricate (+43,7%). Il consumo del cemento è passato da 8 milioni e mezzo di tonnellate nel 2002 ai quasi 9 milioni e trecento del 2003 (con un incremento pari al 9,3%). Settore finanziario In Marocco operano al momento 14 banche commerciali. Un settore in piena espansione considerando che, entro il 2012, anno in cui entrerà in vigore il trattato di libero scambio con l’Unione Europea, il governo marocchino sarà obbligato ad abbattere la barriera che fissa il limite della partecipazione del capitale straniero nel settore al 49%. Ad oggi, la maggior parte degli istituti di credito è parzialmente in mano alle grandi famiglie bancarie europee. Anche la Borsa, attualmente molto attiva nel Paese, autorizza la partecipazione diretta di capitale estero, quotando 60 società straniere nei suoi listini. 2.3 Bilancia commerciale import-export La bilancia commerciale del Marocco abitualmente passiva, continua ad erodere il proprio tasso di copertura a sfavore delle esportazioni, avendo perso 5 punti percentuali rispetto al 2003 e raggiungendo il poco invidiabile traguardo del 55,7%. La realizzazione delle zone di libero scambio con la Tunisia, la Giordania e l’Egitto, ma soprattutto con la Turchia e con l’agguerritissima concorrenza degli Stati Uniti, ha penalizzato l’esportazione del Paese. In vista poi dell’apertura del mercato con l’UE, il Marocco dovrà rilanciare e sostenere il fragile tessuto connettivo che sostiene le PMI e quello dell’economia agricola già in forte depressione. . 43 Le voci passive della bilancia commerciale sono comunque compensate dalle entrate delle rimesse degli emigranti, 3,13 miliardi di euro negli ultimi 11 mesi del 2004, l’8% in più rispetto allo stesso periodo del 2003 e dalle entrate relative all’industria del turismo, 2,86 miliardi di euro, +10,6% rispetto all’anno precedente. TURCHIA 128 991 226 1.614 2,0 +62,8 ARGENTINA 496 1.211 596 1.418 1,8 +17,0 - - - - - - 14.034 66.965 15.332 78.058 100 +16,6 ALTRI TOTALE FONTE : UFFICIO DEL CAMBIO , 2005. ELEMENTI BILANCIA PAGAMENTI (DIRHAM MILIARDI. DIRHAM 10,90 = EURO 1) 2004 (GEN/NOV ) 2003 2002 2001 IMPORTAZIONI 141 135 128 125 ESPORTAZIONI 78 83 85 81 RIMESSE EMIGRANTI 34 35 31 29 31 29 27 29 INTROITI TURISMO FONTE : BANCA AL MAGHRIB , Negli ultimi 11 mesi del 2004, le esportazioni sono cresciute del 3,6% mentre le importazioni del 15,6%, una pesante erosione che aggrava lo stato della bilancia commerciale. Le voci più importanti del comparto esportazioni sono state: abbigliamento, fosfati, componenti elettrici, prodotti alimentari e della pesca. Per quanto riguarda l’importazione: attrezzature industriali, petrolio, tessuti e filati e infine cereali. 2004. PRINCIPALI PAESI CLIENTI DEL MAROCCO PRINCIPALI PAESI FORNITORI DEL MAROCCO PAESE GEN / GIU GEN / GIU GEN / GIU GEN / GIU 2003 2003 2004 2004 TONNELLATE FRANCIA MILIONI TONNELLATE 2004 % SU VALORE TOT. 2003/2004 PAESE VARIAZIONE % DIRHAM (000) DIRHAM 1.418 14.130 1.053 14.032 17,9 GEN / GIU GEN / GIU GEN / GIU 2003 2003 2004 2004 TONNELLATE MILIONI TONNELLATE MILIONI VALORE MILIONI (000) GEN / GIU -0,7 SPAGNA 834 8.393 879 9.470 12,1 +12,8 ITALIA 383 4.785 319 5.095 6,5 +6,5 GERMANIA 356 3.495 281 5.005 6,4 +43,2 USA 989 2.704 1.494 3.997 5,1 +47,8 1.379 2.137 2.101 3.565 4,6 +66,8 ARABIA SAUDITA 1.672 3.380 1.581 3.539 4,5 +4,7 CINA 167 2.251 244 3.135 4,0 +39,2 168 2.525 209 2.518 3,2 -0,3 BRASILE 368 1052 890 2.372 3,0 +125,5 6.668 799 6 1.894 2,4 +137,0 15 1.326 16 1.652 2,1 +24,6 GIAPPONE . 44 % VALORE DIRHAM (000) DIRHAM 857 14.969 996 14.975 34 0 SPAGNA 1.846 6.862 1.585 7.593 17 +10,6 REGNO UNITO 187 3.094 184 3.298 7,5 +6,6 ITALIA 343 2.186 351 2.159 4,9 -1,2 1.293 1.297 1.627 1.699 3,8 +30,9 206 961 345 1.409 3,2 +46,6 161 1.781 102 1.326 3,0 -25,5 INDIA 589 845 815 1.273 2,9 +50,6 BRASILE 666 881 876 1.216 2,8 +38,0 - - - - - - 10.409 42.127 10.901 43.872 100 +4,1 USA PAESI BASSI ALTRI FONTE : UFFICIO DEL CAMBIO , SVIZZERA VARIAZIONE (000) TOTALE REGNO UNITO 2003/2004 FRANCIA GERMANIA RUSSIA 2004 % SU VALORE TOT. 2005. . 45 L’associazione marocchina del tessile e dell’abbigliamento (AMITH) ha diffuso gli ultimi dati relativi alla performance fatta registrare dal settore, che ricordiamo è quello ha prodotto più posti di lavoro nel Paese ed è la voce più importante del comparto esportazione, avendo realizzato all’estero nell’ultimo anno una cifra di affari pari a 25 miliardi di dirham. Nei primi quattro mesi del 2005 le esportazioni del tessile sono precipitate del 30%. Più di un campanello di allarme, un tonfo colossale che rischia di trascinarsi dietro l’intera economia. E già gli ha fatto eco l’Alto Commissariato al Piano che, tra le cifre relative al tasso di disoccupazione in piena crescita, ha reso noto la performance negativa del settore che ha perduto in poco più di un anno 95.000 posti di lavoro, il 43% della manodopera totale (220.000 persone impiegate nel settore). 475 imprese tessili con 200 dipendenti hanno fermato la loro attività. Prima conseguenza: il riacutizzarsi del deficit commerciale già cresciuto con costanza negli ultimi sei anni (dal 1999 al 2004 da 30 miliardi ha raggiunto 70 miliardi di dirham). Il forte aumento delle importazioni ed il crollo delle esportazioni sono state causa dell’aumento del passivo del bilancio. Nel periodo 1999-2004, le importazioni del Marocco sono passate da 105 a 156 miliardi di dirham (+48%) mentre le esportazioni da 69 a 86 miliardi segnando un progresso di appena il 26%. Per l’ASMEX, l’Associazione Marocchina degli Esportatori, l’elevata e complessa quantità di interventi non sempre coordinati ha pesato enormemente sul problema. Troppi istituti e troppi enti hanno voce in capitolo nella politica commerciale estera del Paese (il Centro Marocchino di Promozione delle Esportazioni, il Ministero per il commercio estero, il Consiglio nazionale per il commercio estero), un coro di voci disarmoniche, interferenze e intromissioni che hanno provocato dispersione di energia e frammentato l’intervento dello Stato. La causa del graduale deterioramento del tasso di copertura commerciale secondo Abdellatif Belmadani, presidente dell’ASMEX, è da . 46 addebitarsi inoltre alla politica economica degli ultimi sei anni. Il grosso delle esportazioni del Marocco si è limitato a una dozzina di prodotti che hanno generato mediamente un giro di affari pari a una sessantina di miliardi di dirham. Non aver diversificato i segmenti produttivi è stato uno degli errori commessi dal Paese. Nel momento in cui uno dei comparti registra una performance negativa, la bilancia commerciale ne risente. Non essendo inoltre cresciuto il volume della merce esportata, cioè la quantità venduta all’estero, le entrate in proporzione si sono assottigliate. Questo è il caso dei prodotti tessili e dell’abbigliamento ma anche dei fosfati e dell’acido fosforico, di prodotti agricoli quali agrumi e pomodori freschi. Prendiamo il caso dell’abbigliamento e dei cappelli che hanno esportato per 26,2 mld di dirham nel 2004 contro i 24,2 mld del 1999, una crescita minima, l’8,3% in sei anni. Questo è spiegato dalla performance negativa che registra costantemente il settore dei cappelli e che fa da contraltare al comparto confezioni. Un’altra grande divisione è quella dei fosfati e di tutti i derivati come l’acido fosforico. I prodotti minerari hanno generato ogni anno in occidente un giro di affari che va dai 9 ai 10 mld di dirham. Il problema è che dal 1999 questa forchetta rimane inalterata. Un’analisi più accurata ne rivela le ragioni: il volume ed i prezzi degli articoli venduti. Per quanto concerne il volume, la stagnazione è flagrante. Nel periodo 1999-2004 il Marocco ha esportato tra i 10 e gli 11 milioni di tonnellate di fosfati senza riuscire ad incrementare la propria produzione. In relazione ai prezzi leggiamo questi dati. Nel 1998 una tonnellata di fosfati esportati valeva all’incirca 400 drhm contro i 340 del 2004 e addirittura i 315 del 2003. Conclusione, in sei anni l’esportazione di acido fosforico ha segnato un incremento di appena il 13%, 6,5 mld nel 2004 contro i 5,8 del 1999. Gli altri prodotti non si sottraggono alla regola. L’esportazione di agrumi è crollata del 25% passando da 630 tonnellate immesse nel mercato estero nel 1999 alle 380 del 2004 (da 2,6 mld di dirham a 1,9 mld) e l’esportazione di pomodori freschi accusa un ribasso ancora più evidente. Per fortuna la contrazione di questi ultimi prodotti è stata in parte ammortizzata dalla crescita di altri beni di consumo. . 47 È il caso dei componenti elettronici (transistor soprattutto). Nel 1999 il Paese ne ha esportato per 1,8 mld e nel 2004 ha triplicato il suo giro di affari, 5,5 mld. Ottima performance di fili e cavi elettrici, il cui introito è più che raddoppiato (da 1,6 a 3,5 miliardi di dirham). Ma il progresso più importante è stato registrato dall’industria della lamiera e del ferro che nel 1999 era pressoché assente sul mercato internazionale e che ora ha prodotto un giro di affari di 780 milioni di dirham. ciale. Nel primo semestre 2004 ha investito oltre 3.000 milioni di dirham, crescendo dell’84% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Seguono Svizzera (328 mln di dirham, +29,6%), Regno Unito (217 mln di dirham, +90,4 %), Stati Uniti (245 mln di dirham, +52,7) e Spagna, che ha subito un tonfo inaspettato (205 mln di dirham, -74,9%). L’Italia è all’undicesimo posto con 70 milioni di dirham e un -8,5 % rispetto al semestre dell’anno precedente. 3. Occupazione e disoccupazione Investimenti esteri Negli ultimi anni gli investimenti esteri diretti, si sono moltiplicati grazie ad una buona legislazione che ha equiparato le imprese straniere che operano nel territorio a quelle nazionali. In poco più di quarant’anni, il Regno del Marocco è passato da 11 milioni e mezzo di abitanti, censiti agli albori degli anni Sessanta, a poco più di 30 milioni nel 2003, triplicando la sua popolazione. Cifre impressionanti se sostenute poi da un altro dato. I giovani al di sotto dei trent’anni sono 18 milioni e 200 mila, il 60% della sua totalità, mentre gli ultrasessantenni sono appena 3 milioni. INVESTIMENTI STRANIERI PER SETTORI * SETTORE GEN / GIU GEN / GIU GEN / GIU GEN / GIU VARIAZIONE 2003 2003 PESO % 2004 MLN DIRHAM MLN DIRHAM 2004 PESO % MLN DIRHAM BANCHE IMMOBILI INDUSTRIA TURISMO VARIAZIONE % POPOLAZIONE ATTIVA OCCUPATA PER SETTORI SETTORI VARIAZIONE 66 1,6 1.474 27,6 +1.408 +2133 AGRICOLTURA , FORESTA E PESCA 43,9 852 21,2 1.059 19,8 +207 +24,3 INDUSTRIE ( COMPRESE ACQUA , ELETTRICITÀ ED ENERGIE ) 13,4 1.254 31,2 1.004 18,8 -250 -19,9 117 2,9 676 12,7 +559 +477 6,8 EDIFICI E LAVORI PUBBLICI 12,8 COMMERCIO COMMERCIO ASSICURAZIONI ENER . MINIER . GRAN . LAVORI AGRICOLTURA ALTRI TOTALE FONTE : UFFICIO DEL CAMBIO , * DA % 386 9,6 305 5,7 -82 -21.2 116 2,9 165 3,1 +49 +42,0 53 1,3 159 TRASPORTO , DEPOSITI E COMUNICAZIONI 3,5 1,9 5,1 3,0 +106 +200 RESTAURI 9 0,2 77 1,4 +68 +755 AMMINISTRAZIONE GENERALE 20 0,5 41 0,8 +21 +105 SERVIZI FORNITI ALLA COLLETTIVITÀ - - - - - - 4.022 100 5.336 100 +1.315 +32,7 2005. NOTARE LA CRESCITA ESPONENZIALE DEGLI INVESTIMENTI STRANIERI NEL SETTORE BANCARIO E DEL TURISMO . 5 ALTRI SERVIZI 7,5 ATTIVITÀ NON INDICATE 0,1 100 TOTALE 9.602.772 EFFETTIVI TOTALI FONTE : DIREZIONE DELL’ AGENZIA DI STATISTICA NAZIONALE , 2005. La Francia, che storicamente ha legami profondi con il regno del Marocco, continua a mantenere una posizione privilegiata nel settore commer- . 48 . 49 3. Mercato del lavoro EVOLUZIONE DELLA POPOLAZIONE PER LUOGHI DI RESIDENZA CITTÀ CAMPAGNA 1960 3.389.613 8.236.857 11.626.470 1971 5.409.725 9.969.534 15.379.259 ANNI TOTALE 1982 8.730.399 11.689.156 20.419.555 1994 13.407.835 12.665.882 26.073.717 1. Caratteristiche del mercato del lavoro FONTE : DIREZIONE DELL’ AGENZIA DI STATISTICA NAZIONALE . Un veloce processo di urbanizzazione ha interessato il Paese negli ultimi trent’anni. A causa di una politica agricola inadeguata, si è passati da una forte sproporzione a favore delle campagne (dato relativo al 1960), al sorpasso preannunciato (realizzato nel 1994). Il fattore urbanizzazione legato all’alto tasso di disoccupazione registrato nel contesto cittadino, ha portato all’incremento della microcriminalità e della piaga del lavoro nero. Il lavoro sommerso è una realtà di notevole impatto sull’economia marocchina ma non è stato realizzato alcuno studio di settore che ne determini l’effettiva consistenza. La disoccupazione in risalita ha sfiorato nel 2004 il 12% della popolazione attiva, investendo soprattutto la fascia giovanile urbana e femminile. TASSO DI DISOCCUPAZIONE NELLA FASCIA URBANA PER SESSO ED ETÀ (VAL. %) GRUPPI DI ETÀ 15-24 ANNI 25-34 UOMINI DONNE TOTALE 33,4 37,7 34,5 24,8 35,3 27,7 35-44 OLTRE 45 TOTALE 9,2 14 10,3 4,2 3,9 4,2 17,4 25,8 19,3 TASSO DI DISOCCUPAZIONE NELLA FASCIA RURALE PER SESSO ED ETÀ (VAL. %) GRUPPI DI ETÀ 15-24 UOMINI DONNE TOTALE 6,7 2,2 5,5 25-34 4,8 3 4,3 35-44 2,4 0,7 1,9 OLTRE 45 1,2 0,3 0,9 4,2 1,6 3,4 ANNI TOTALE FONTE : DIREZIONE DELL’ AGENZIA DI STATISTICA NAZIONALE , . 50 1.1 Cenni di politica economica La pressione esercitata dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario ha contribuito a determinare negli ultimi anni la politica economica del Marocco. La riduzione della spesa pubblica ha messo il governo in condizione di ristabilire i parametri fondamentali della macroeconomia, segnando però un netto fallimento nella lotta alla disoccupazione e alla povertà, disattendendo le aspettative del Paese. Alcuni provvedimenti come la diminuzione degli organici dell'amministrazione dello Stato o il contenimento salariale (la spesa per gli stipendi pubblici ha inciso per il 12,5 % sul PIL nazionale), non bilanciati dalla creazione di nuovi posti di lavoro (conseguenza delle privatizzazioni e dall'apertura dei mercati), ha inciso nella struttura e negli equilibri occupazionali esistenti tra pubblico e privato. Laddove lo Stato è intervenuto, come nel sostegno alla produzione di cereali e colture industriali quali la barbabietola da zucchero, non ha prodotto sostanziali cambiamenti. La riduzione del deficit pubblico è stato il cavallo di battaglia della politica fiscale del Paese maghrebino. Il rapporto deficit/PIL è passato dal 4,1% del '97 al 2,1% del 2000, per poi risalire al 2,7 l'anno successivo e al 3,1 nel 2002, dati positivi che includono i proventi derivanti dalle privatizzazioni. Ma è l'interesse sul debito pubblico che grava enormemente sui conti dello Stato. Nel 2001 ha inciso per il 16% sul bilancio del Paese. Un notevole sforzo è stato compiuto per ridare slancio all'occupazione, riformando la normativa relativa al settore degli investimenti, il Codice del lavoro, ammodernando il sistema giudiziario, dando nuovo impulso alla ricerca di giacimenti petroliferi e allo sfruttamento di quelli minerari. 2005. . 51 1.2 Analisi dei flussi occupazionali: offerta e domanda di lavoro Sono due i fattori che in Marocco hanno fatto enormemente crescere l'offerta sul mercato del lavoro, oltre a imponderabili variabili economiche (come il crollo della produzione agricola causata dalla siccità e la performance negativa dell'industria agroalimentare): i cambiamenti socio-culturali che hanno segnato la storia del Paese negli ultimi vent'anni e lo sviluppo demografico. Nonostante si stia registrando un moderato rallentamento delle nascite, oggi si paga il convulso aumento della natalità registrato negli ultimi decenni. Il ruolo crescente della donna nella vita economica e sociale ha profondamente inciso nella tradizione culturale, producendo un forte impatto sul mercato del lavoro. Oggi il Marocco è insieme alla Turchia il Paese MENA, (Middle East and North Africa) in cui è più elevata la percentuale di donne occupate nel circuito nazionale. Ma i dati fino ad ora conseguiti sottostimano il peso effettivo dell'apporto del lavoro femminile sui mercati marocchini. Una gran parte è infatti attiva nel comparto informale o a livello familiare. Nel 1990 il tasso di attività si è attestato intorno al 37% (25,6% per le donne e 48,6% per gli uomini) facendo registrare un aumento progressivo fino al 2000. Dall'anno successivo ha iniziato a ridursi nuovamente (52,9% nel 2000 e 50,7% nel 2002). Tale contrazione è stata indotta da un aumento del tasso di scolarizzazione e dalla conseguente fuoriuscita dal mercato del lavoro di una buona fetta dei giovani. Il maggiore tasso di attività registrato è stato conseguito in una fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni, il 61,2% nel 2002, nonostante il valore realizzato abbia poi segnato una riduzione di tre punti rispetto al 1996. In aumento invece in quel settore che va dai 15 anni ai 24, il 41,7% del 2002 contro il 40,1% del '96. In notevole calo è l'attività lavorativa sotto i 15 anni. In questo caso, come in quello relativo alla fascia prescolare, una flessione può essere legata al maggiore tasso di scolarizzazione registrato nel Paese. Quest'analisi è tra l'altro avvalorata dal raffronto realizzato tra i dati relativi alle zone rurali e quelle cittadine (47% nel 2000 e 45,4% nel 2002 . 52 contro il 61,4% e il 58,5%), con un valore più elevato nelle aree di campagna in cui il tasso di scolarizzazione è notoriamente meno alto. Più aumenta il grado di istruzione e più è difficile trovare impiego. Il tasso di attività relativo ai diplomati è più elevato rispetto a chi non ha conseguito un titolo di studio (per i primi ci si attesta al 52,7% e per i secondi al 49,7%, nel 2002). Si registra quindi una preoccupante disparità tra la popolazione attiva occupata dotata di diploma e quella senza titolo di studio. Le percentuali ferme al 2001 ci indicano che i secondi raggiungono il 74% del totale, mentre per il restante quarto, il 15,5% ha conseguito un livello di formazione base e solo il 10,5 % ha portato a termine gli studi secondari superiori o l'università. L'insufficienza della domanda di lavoro è una costante della storia del Paese ed è in stretta relazione alla crisi dell'agricoltura e a quella dell'industria, compensata solo in parte dalla capacità di assorbimento dimostrata dal settore del terziario e soprattutto da quello informale. L'agricoltura, è il comparto che ha assorbito la maggiore quantità di occupazione. Un destino comune a tutti i PVS sparsi per il mondo. Con la fine degli anni Settanta, la crisi del sistema, dovuta a una riforma mai attuata e a un impianto strutturale inefficiente, ha portato a una consistente riduzione dell'occupazione nel settore agricolo. I dati diffusi dalla Banca Mondiale rivelano che nel 1980 la mano d'opera occupata è stata del 60% (con una sostanziale differenza tra uomini e donne, il 48% i primi e il 72% le seconde) e nel 1997 si è ridotta al 49% (rispettivamente 35% e 63%). Se la gran parte del settore è rimasto ancorato a uno sfruttamento vetusto che lo ha tagliato fuori dal mercato (piccoli lotti parcellizzati a conduzione familiare e latifondi), una quota minoritaria si è industrializzata, praticando coltivazioni intensive mirate all'esportazione, creando la maggior parte di nuova occupazione. Questo spostamento della forza del lavoro, ha prodotto un processo di urbanizzazione incontrollato e un incremento dell'impiego nel campo del terziario. . 53 Con l'aumento dei posti di lavoro nel settore pubblico, se da un lato lo Stato ha garantito maggiore occupazione, dall'altro ha fatto progressivamente lievitare la spesa del Paese. Tant'è che l'attuazione di rigorose politiche di aggiustamento dei conti nazionali, ha prodotto nel decennio successivo un ridimensionamento del ruolo dello Stato nel mercato del lavoro. Alla fine degli anni Ottanta, il settore pubblico (amministrazione, sanità, corpo docente ecc.) impiegava il 15% della forza lavoro occupata complessiva. Percentuale che scendeva nel 1999 all'8,3%. Nonostante questa forte flessione il settore del terziario offre ancora oggi un importante sbocco per l'impiego. Nel comparto dei servizi l'aumento di occupazione è stato rilevante, passando da un 21,5% nel 1980 a un 27,5% del '97, un balzo in avanti di 7 punti (la percentuale maschile è doppia rispetto a quella femminile). Il commercio ha oramai conquistato una quota importante nel settore, aumentando il suo peso nel mercato del lavoro, l'8% nel '98 e il 12,5% nel 2001. Un brusco ridimensionamento è stato registrato dal comparto dell'industria che dopo il boom degli anni Ottanta con il 25% della forza lavoro occupata, è stato investito da una crisi prolungata le cui cause sono da ricollegarsi ad una serie di fattori. Per rendere più competitivo il settore sul mercato internazionale è stato realizzato un aggiustamento strutturale che ha prodotto una notevole riduzione dell'impiego. Inoltre la progressiva crescita delle importazioni dovuta all'apertura del libero mercato ha avuto un peso rilevante. Nel '98 l'occupazione nel settore è scesa al 13,8% e nel 2001 al 12,8%. È proprio il crollo di domanda nelle aree lavorative formali, nel settore privato e soprattutto in quello pubblico, in concomitanza alla crescita demografica, alla dispersione scolastica e all'assenza di una struttura di garanzia e di protezione sociale, che ha portato ad una rapida ascesa del fenomeno del lavoro informale. Dopo anni in cui il governo ha tollerato la questione, sperando di poterla definire e finalmente debellare con una moderna riforma del mercato del lavoro, dalla fine degli anni Ottanta ha cam- . 54 biato strategia, riconoscendo i meriti del settore e promuovendo la sua maturazione. In un contesto di stagnazione economica e di recessione, il lavoro informale è stato in grado di limitare i danni causati da una crisi prolungata e di una perdita reiterata di posti di lavoro. Il comparto informale ha avuto piena espansione in tutti i settori della società, in ambito urbano e rurale, adattandosi alle varie condizioni socio-economiche, sviluppando varie forme di realtà lavorative, dall'attività a conduzione familiare all'autoimpiego. L'informale in effetti si è diffuso in tutte le strutture economiche esistenti: dall'agricoltura al commercio, dai sevizi al sistema dei trasporti, dal campo edile al credito privato. Per quanto sia difficile produrre una stima del fenomeno in questione, escludendo l'agricoltura e i settori ad essa collegati, possiamo calcolare che, alla fine degli anni Ottanta, il comparto informale impiegava il 57% dell'occupazione complessiva e che negli anni successivi il 41% della popolazione attiva delle aree urbane e addirittura l'82% delle aree rurali era occupata nel settore. Nel 1997, il Ministero del Lavoro ha censito 513.450 attività informali produttive con un impiego di oltre un milione di persone. Una cifra eccezionale approssimata per difetto. Parte rilevante del settore è costituito dal lavoro autonomo e dalle microimprese. Nel '99, un secondo studio condotto dal Ministero del Lavoro ha rilevato che oltre il 50% delle microimprese sono state costituite nei primi sette anni del '90 e che hanno occupato 700.000 tra donne e uomini. Un'indagine integrativa realizzata nel '97 dal Ministero dell'Occupazione e della Formazione professionale ha fatto il punto sul grado di istruzione scolastica conseguito dagli operatori del settore. Oltre il 50% dei lavoratori del comparto ha rivelato un grado formativo molto basso, non avendo compiuto gli studi elementari, il 28% si è fermato al livello di scuola secondaria inferiore. In questi ultimi anni è comunque cresciuta la percentuale di lavoratori laureati o diplomati che sono impiegati nel settore del lavoro informale. Il livello di disoccupazione in forte crescita soprattutto nelle aree urbane ha spinto i giovani ad adattarsi alla domanda prodotta dal mercato del lavoro. Al fine di valutare le politiche in campo formativo promosse dai governi che si sono succeduti negli ultimi otto anni è interessante notare che l'83% dei giovani occupati ha conseguito la propria formazione all'inter- . 55 no della struttura in cui ha lavorato, sottoforma di apprendistato o di corso organizzato. Meno del 10% è coperto da assicurazione sociale e il salario percepito è più basso rispetto a quello guadagnato da un lavoratore del settore formale. ne penalizza seriamente chi ha un grado d'istruzione superiore, la dispersione scolastica diventa un fenomeno difficilmente contrastabile e tutti gli sforzi attuati dal governo Jettou e prima ancora da quello di Youssoufi per combattere l'analfabetismo e rendere più competitivo il Paese maghrebino rischiano di diventare vani. TIPOLOGIA DI RAPPORTO DI LAVORO PIÙ DIFFUSA - RAFFRONTO TRA IL 1994 E IL 2001 1994 2001 TIPOLOGIA DI LAVORO LAVORO DIPENDENTE 48,5% 38% LAVORO IN FAMIGLIA ( COMPRESO APPRENDISTATO ) 20,8% 30,4% LAVORO AUTONOMO O A DOMICILIO 28,3% 25,8% ------ 2,1% ALTRO 2,4% 3,7% TOTALE 100% 100% IMPRENDITORE FONTE : MINISTERO DELL ' OCCUPAZIONE E DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE . Nel 2000, l'ultima parte dell'inchiesta ha fatto il punto sul rapporto tra tipologie lavorative e zone di residenza. Nelle aree urbane il 61,1% di occupati svolgeva un lavoro dipendente, il 24,3% un lavoro a domicilio, l'8,1% faceva l'apprendista o lavorava all'interno di un nucleo familiare, il 3,5% era imprenditore. Nelle aree rurali il 56,4% del lavoro era svolto in un circuito familiare o come apprendistato, il 26,6% domiciliare o autonomo, il 16,2% indipendente e lo 0,8% imprenditoriale. In crescita l'occupazione femminile (in agricoltura, nell'industria e nei servizi sociali), che ha raggiunto nel 2001 il 22,3% (rispetto al 21,8% del '92). Il fenomeno della disoccupazione è un problema endemico per il Paese maghrebino. È la causa di tutte le fratture che hanno attraversato il sistema produttivo e l'obiettivo delle politiche del lavoro adottate in quest'ultimo decennio. Il legame tra occupazione e sistema formativo è alla base di tutte le riforme attuate dal governo. In un Paese in cui la disoccupazio- . 56 Il confronto tra i dati relativi alle fasce di disoccupati diplomati e a quelle dei “senza titolo di studio” nelle zone urbane non lascia dubbi. Nel 2000, i primi hanno raggiunto il tasso del 26,8%, il 25% nel 2001 e il 23,7% nel 2002, con un trend che è apparso in lieve calo; i secondi una percentuale molto più bassa, il 7,1% nel 2000, il 6,4 nel 2001 e il 5,6% l'anno successivo. Una situazione insostenibile che rischia di diventare deflagrante nelle grandi aree metropolitane (i livelli più alti di disoccupazione si registrano nell'area della Grand Casablanca - il 21,4% nel 2001 - la regione più popolosa del Marocco). Anche all'interno della fascia degli alfabetizzati più aumenta il grado d'istruzione più aumenta la percentuale dei disoccupati (i diplomati arrivano a registrare un tasso vicino al 34,1% e i diplomati con qualifica professionale il 30,1%). Nelle aree rurali si sfiora addirittura il 60,4% per i disoccupati diplomati e appena il 3% per quelli senza licenza secondaria. Solidarietà e istituto familiare (valori fortemente radicati nel tessuto connettivo del Marocco) giocano un ruolo fondamentale nel mantenimento dell'equilibrio economico e sociale del Paese. Il 93% della popolazione disoccupata ed inattiva (nel 1999 quasi 20 milioni di persone) era a carico o viveva nel proprio nucleo familiare. È da ricordare che il 79,7% degli ultrasessantenni non gode di un trattamento pensionistico e non possiede alcuna rendita. La situazione economica di un numero crescente di famiglie ha raggiunto infatti uno stadio preoccupante e il grado di emarginazione sociale dei giovani disoccupati è sempre più grave e persistente, se è vero come afferma la Direzione della Statistica Nazionale che la durata dei tempi di inattività e disoccupazione si allunga in prospettiva (per la disoccupazione di lunga durata, almeno 12 mesi, la percentuale è salita al 69,3% nel 2001 contro il 62 del 1990). . 57 Una crescita economica modesta, che si è attestata intorno al 3,6% negli ultimi vent'anni, la politica di aggiustamento strutturale attuata dal governo e il conseguente taglio della spesa pubblica, il rilancio del settore privato che non ha ancora dato grandi risultati, hanno inciso sul delicato equilibrio tra domanda e offerta di lavoro. Si è calcolato che in base alla crescita della popolazione attiva (il 3,2% annuo) e dell'aumento medio della produttività (appena il 2%), per bilanciare ogni anno la nuova domanda e la nuova offerta di lavoro, il prodotto interno lordo dovrebbe crescere del 5% contro il 4,4% registrato nel 2004. Il problema della disoccupazione è annoso e assai complesso. Ogni dato si deve rapportare a contesti differenti, quali sesso, aree di residenza, età, grado d'istruzione che meritano riflessioni scrupolose. Inoltre è molto complicato inglobare in statistiche ufficiali realtà molto diffuse nel Paese come quelle del lavoro stagionale ed informale. La differenza tra uomini e donne si va sempre assottigliando ma mantiene rilevanti discrepanze tra area rurale e urbana. In quest'ultima il tasso di disoccupazione femminile è nettamente più alto di quello maschile. La discordanza tra i due dati si è andata lentamente riducendo. La disoccupazione femminile ha mantenuto una percentuale stabile (il 25,3% nel '92 contro il 25,8% del 2004) mentre quella maschile è cresciuta enormemente passando dal 13% nel '92 al 17,4% nel 2004. Nelle aree rurali, al contrario, prevale la disoccupazione di sesso maschile (il 6,5% degli uomini nel 2000 contro l'1,7% delle donne) che è calata poi nel 2004 raggiungendo rispettivamente il 4,2% e 1,6%. Le fasce giovanili sono state quelle più penalizzate dalla crescita della disoccupazione. Il segmento che va dai 25 ai 35 anni è quello che ha segnato la maggior percentuale di disoccupati senza registrare importanti distinzioni tra gli uomini e le donne. 1.3 Il Codice del lavoro Nelle aree rurali per esempio, il tasso di disoccupazione appare più ridotto, ma è difficile poter valutare un fenomeno così complesso. La flessione o l'aumento del tasso registrato può dipendere dallo spostamento delle masse contadine alla ricerca di lavoro verso le aree cittadine o dall'estensione dell'impiego nel circuito familiare. Nelle zone di campagna il tasso di disoccupazione ha comunque raggiunto il picco dell'8,5% durante gli anni Ottanta per poi ridiscendere al 3,4% nel 2004. Nelle aree urbane invece è stato altalenante ma si è sempre mantenuto a livelli molto alti. Dal 15,8% del 1990 ha raggiunto il 22% nel '99 per poi ridiscendere progressivamente al 19,4% nel 2004. Tra il 2000 e il 2001 sono stati prodotti 164.000 nuovi posti di lavoro (42.000 nel settore del commercio e 32.000 nei servizi) che hanno permesso di invertire brevemente la tendenza negativa. L'industria dopo aver segnato 30.000 unità lavorative in meno nel 2000 ha recuperato in parte l'anno successivo, registrando 11.000 nuove assunzioni. Anche nel 2002 il trend è stato positivo, con 169.000 nuovi posti di lavoro (14,4% l'aumento nei servizi, 4,8% nell'industria, e 2,2% nel settore edile). . 58 Dopo 25 anni di illusoria attesa, il 3 luglio del 2003 il Codice del lavoro ha ottenuto finalmente l'avvallo in parlamento. Il Codice, non soltanto introduce grandi e importanti novità, ma ha il merito di raccogliere tutta la normativa promulgata dalla nascita del Regno del Marocco fino ai nostri giorni. Consacra i grandi principi su cui è fondato il mondo del lavoro negli stati più avanzati, dall' emancipazione sindacale all'esercizio del diritto, al rispetto della libertà dei lavoratori e rafforza le sanzioni contro chi ne viola deliberatamente le regole. Il 2000 è stato un anno travagliato per il Marocco e le tensioni sociali hanno raggiunto un livello preoccupante. Scioperi, imprese occupate, fabbriche ferme, migliaia di posti di lavoro perduti. L'escalation della protesta ha seriamente impensierito i grandi investitori stranieri presenti nel Paese. Dopo una flessione registrata intorno alla metà degli anni Novanta, dal 1997 il malcontento ha ripreso ad aumentare. L'intera economia ne ha risentito, perdendo 249.042 giornate di lavoro nel 2001, 369.377 nel 2000 e 414.742 nel 1999. Ma la grave crisi che ha attraversato il Marocco nell'ultimo quinquennio ha persuaso le istituzioni e le stesse parti sociali ad accelerare il processo di concertazione ed approvare urgentemente una nuova normativa. . 59 Dal giorno della sua adozione le reazioni da parte delle varie componenti del modo del lavoro non si sono fatte attendere. Per il patronato e per i sindacati, il testo è diventato la colonna vertebrale dell'intero sistema, un primo passo verso la riconciliazione nazionale. Dall'inizio del suo mandato, il primo ministro Driss Jettou ha fatto del Codice una delle priorità del nuovo esecutivo. Il rapporto con il sindacato ha vissuto momenti di tensione e oggi la partita si gioca sulla regolamentazione del diritto allo sciopero che sarà oggetto di un progetto di legge separato. Nonostante qualche preoccupazione manifestata dalle piccole e medie imprese e dalle aziende di lavoro temporaneo (soprattutto da parte di chi opera nel settore del lavoro stagionale, c'è chi aveva sospeso i progetti operativi in attesa di maggiori chiarimenti) che hanno contestato costi e tempi per potersi conformare al contenuto delle leggi, il Codice del lavoro è stato accolto positivamente, con la consapevolezza che, durante la propria applicazione, alcune modifiche potranno essere apportate. Numerosi sono gli articoli che difendono le conquiste sociali e i diritti dei lavoratori: la diminuzione dell'orario di lavoro, da 48 a 44 ore settimanali, l'assicurazione sanitaria, la tutela dei minori, la sicurezza nelle fabbriche. Il libro preliminare del Codice definisce il campo di applicazione della legislazione sul lavoro. Identifica le imprese e i datori assoggettati. Le categorie di dipendenti che non sono interessati dalla normativa sono ugualmente menzionate (per esempio le professioni che hanno una propria regolamentazione). Il primo libro regola i contratti individuali, i contratti della sottoimpresa, la negoziazione collettiva del lavoro e i licenziamenti attuati per ragioni economiche, tecnologiche e strutturali. I contratti a tempo determinato. Per evitare un ricorso smodato ai contratti a tempo determinato, che sono all'origine della precarietà nel mondo del lavoro, il codice definisce i casi in cui è possibile concludere lo specifico contratto. Essi saranno fissati da più norme regolamentari stabilite dopo la consultazione con le parti sociali e saranno segnalate in una convenzione collettiva. . 60 Il testo precisa per esempio, che nel settore non agricolo, l'impresa che inizia una propria attività o che lancia un nuovo prodotto può formulare un CDD per la durata di un anno, rinnovabile una volta. Nel settore agricolo il CDD ha un decorso di sei mesi e può essere rinnovato a condizione che il contratto cumulativo non superi un biennio. Queste condizioni decadranno se i lavoratori cambieranno ruolo o posto nell'azienda. Per un contratto a tempo indeterminato, il periodo di prova stabilito per ogni candidato è stato suddiviso in 3 mesi per i dirigenti, un mese e mezzo per gli impiegati e 15 giorni per gli operai. Questo periodo è rinnovabile una volta. L'articolo 43 del Codice stabilisce che la rottura del contratto di lavoro indeterminato e subordinato deve essere preceduto da un preavviso. La scadenza e la durata del preavviso da una parte sono regolate dalle leggi dello Stato ma dall'altra stabilite dal contratto di lavoro, dalle convenzioni collettive, dal regolamento interno dell'azienda o a seconda “l'uso”. Queste ultime due clausole hanno suscitato le riserve sindacali. Infatti sono molte le postille che annullano la scadenza di otto giorni fissata dalla legge. Inoltre il legislatore dispensa il datore e il salariato dal rispettare il termine fissato per una non specificata “causa di forza maggiore”. Per tutti i dirigenti che hanno maturato un'anzianità non superiore a due bimestri il preavviso è di soli 30 giorni, sale fino a due mesi per chi ha lavorato da 1 a 5 anni e per più di 5 anni di servizio diventano 3 mesi. Per impiegati ed operai, in relazione a un anno di servizio il preavviso non può essere inferiore ad 8 giorni, per un periodo che va da 1 a 5 anni di lavoro la scadenza sale a 30 giorni e per più di 5 anni il limite è 2 mesi. Le negoziazioni collettive sono istituzionalizzate e armonizzate con le disposizioni della convenzione n. 98 sul diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva e pianificate annualmente a livello d'impresa e di settore. Altri termini possono essere fissati nei quadri delle convenzioni collettive. Lo scopo di queste negoziazioni è migliorare il rapporto tra l'imprenditore e i salariati, e le relazioni tra il patronato e il sindacato. La negoziazione collettiva è regolata su scala nazionale in un quadro tripartito, tra il governo, il sindacato e il patronato. Il testo prevede la creazione di un consiglio di negoziazione. Il contenuto di una convenzione collettiva è definito per legge. Il licenziamento collettivo e la chiusura totale o parziale di un'impresa giustificata da ragioni tecnologiche, strutturali o eco- . 61 nomiche devono essere autorizzate preventivamente dal governatore. In questo caso i rappresentanti dei lavoratori (delegati del personale o sindacali) sono consultati dal datore di lavoro. Quest'ultimo deve fornire spiegazioni sulle cause del licenziamento, l'effettivo che è coinvolto e la durata di questa operazione. Il governatore ha due mesi di tempo per annullare o confermare un licenziamento o per autorizzare la chiusura dell'impresa. Le indennità di licenziamento. Le indennità in caso di licenziamento illegittimo, non possono superare una cifra equivalente a un mese e mezzo di stipendio per ogni anno o parte d'anno di lavoro conteggiato (il limite è fissato a 36 mesi). Il rimborso previsto in caso di licenziamento è pari a 96 ore di salario per i primi 5 anni di lavoro, 192 ore di salario per un periodo di anzianità compreso tra 11 e 15 anni e 240 ore di salario per oltre i 15 anni di servizio maturati. I salariati possono inoltre far valere il diritto di indennità per la perdita del lavoro dovuto a ragioni economiche o tecnologiche. Le indennità per il licenziamento illegittimo sono esonerate da IGR e dai costi di Sicurezza sociale. Il secondo libro regola le condizioni del lavoro e del salario. Il datore di lavoro che occupa almeno dieci salariati è obbligato a redigere un regolamento interno dopo aver consultato i rappresentanti dei propri dipendenti, entro due anni dall'apertura dell'attività. Il terzo libro definisce la rappresentanza sindacale professionale, dei delegati del personale, del comitato d'impresa e dei rappresentanti sindacali nell'ambito della stessa impresa. L'articolo 424 sancisce che le unioni dei sindacati professionali e tutte le organizzazioni similari possono ricevere delle sovvenzioni dallo Stato in natura o sotto forma di contributo finanziario, per coprire le spese dell'affitto, degli stipendi di alcuni dirigenti o del personale distaccato e di attività relative all'educazione sul lavoro. I criteri terranno conto del numero delle sedi dei delegati eletti nelle ultime elezioni professionali nel settore pubblico e privato. Nella scelta dei beneficiari sono prese in considerazione l'attitudine contrattuale dell'organismo sindacale (ovvero il numero delle convenzioni stipulate), l'intervento e la presenza nei programmi di alfabetizzazione e formazione. . 62 Il controllo delle funzioni sindacali è esercitato da una commissione presieduta da un magistrato e composta da un rappresentante del dipartimento del lavoro, della finanza e dell'interno. La commissione si riunisce prima del 31 marzo alla scadenza dell'anno finanziario. In conformità con le convenzioni internazionali, è proibita l'ingerenza negli affari interni delle organizzazioni professionali, degli impiegati e dei lavoratori, in maniera diretta o indiretta, per tutto quello che concerne la loro formazione, la loro gestione e la loro amministrazione. Per la prima volta la rappresentanza sindacale è istituzionalizzata all'interno dell'impresa. Rappresentatività del sindacato. Affinché un sindacato sia rappresentato a livello nazionale deve essere un soggetto indipendente, dimostrare di saper concludere i contratti e deve comprendere almeno il 6% di tutti i delegati eletti nel settore pubblico e privato. L'organizzazione sindacale principale all'interno di un'impresa è quella che raccoglie almeno un terzo di tutto il personale eletto. Il sindacato che ha ottenuto il più alto numero di voti durante le ultime elezioni è tenuto a designare i suoi rappresentanti tra i membri dell'ufficio sindacale in seno all'impresa o alle istituzioni. Esso ha diritto ad un rappresentante se nell'impresa è impiegato un numero minore di 250 dipendenti, 2 rappresentanti tra 250 e 500 salariati, 3 tra 501 e 2000, 4 tra 2001 e 3500, 5 tra 3500 e 6000 e infine 6 se il numero effettivo ha superato 6000 dipendenti. I delegati sindacali beneficiano di uno statuto che li protegge e dispongono degli stessi mezzi di azione che hanno i delegati del personale. Delegati del personale e dei sindacati. Le disposizioni interne che coinvolgeranno gli impiegati di un'impresa saranno concertate insieme ai delegati del personale e ai rappresentanti sindacali. L'esercizio della loro missione in seno alla società è tutelato da garanzie istituzionali. Forme di rappresentanza. Il Codice contempla due forme di rappresentanza professionale, in conformità alla convenzione internazionale del lavoro n. 135 ratificata recentemente dal Marocco. Oltre a prevedere le elezioni sindacali, le aziende con almeno 50 dipendenti dovranno organizzare un comitato d'impresa. Questo organo si avvale di una funzione consultiva in termini di ristrutturazione tecnologica, di bilancio sociale e di strategia dell'impresa. . 63 Il quarto libro si occupa di intermediazione nel lavoro. Legalizza l'esistenza delle agenzie private e dell'agenzia dell'impiego temporaneo consentendo al settore privato di partecipare all'intermediazione tra l'offerta e la domanda di lavoro. Le agenzie di lavoro private sono autorizzate ad utilizzare salariati per impiegarli temporaneamente in strutture di lavoro. Esse dovranno depositare una cauzione equivalente a 50 volte il valore annuale dello SMIG presso la Cassa di deposito e gestione. Questa somma servirà a risarcire i salariati in caso di chiusura o di ritiro della sua autorizzazione. A condizione che essa non abbia provveduto ad onorare i suoi impegni salariali o con la CNSS. Nella domanda che autorizza l'esercizio, l'agenzia dovrà allegare un documento che attesti la cauzione depositata presso la CDG e fornire informazioni relative all'indirizzo e alla nazionalità del proprio direttore. L'agenzia, che farà da intermediario nella stesura di un contratto di lavoro al di fuori dal territorio nazionale, si dovrà far carico delle spese per il rimpatrio del salariato e di tutte quelle relative al suo mantenimento se il contratto non sarà portato a conclusione per ragioni indipendenti dalla propria volontà. L'agenzia ad interim si limiterà ad impiegare i salariati allo scopo di prestare temporaneamente la loro professione a un datore di lavoro. La missione è rinnovabile una volta e può durare per tre mesi. Nei casi di esecuzione del lavoro stagionale o di un lavoro che non necessita di contratto, la durata della missione si limita a sei mesi e non gode di rinnovo. L'impresa che ricorre al lavoro interinale, deve assicurare il personale contro gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali. Il quinto libro disciplina l'ispezione sul lavoro. L'ispettore del lavoro, oltre a dover esercitare le sue mansioni di controllo generale, ha la funzione di vegliare sulla corretta applicazione delle disposizioni delle convenzioni collettive. I medici ispettori del lavoro hanno facoltà di redigere i processi verbali. Una divisione specializzata ha il compito di fare rispettare le norme che tutelano l'igiene e la sicurezza sul lavoro. Le procedure di trasmissione dei processi verbali sono stati egualmente semplificati. Questi saranno trasmessi direttamente alla procura della repubblica senza dover passare dall'amministrazione centrale. Il sesto libro riordina le norme in materia di conflitti collettivi, di conciliazione e di arbitraggio, designa gli organi che gestiscono le . 64 trattative tra le parti, fissando i limiti entro cui dovranno essere risolte. In caso di contenzioso all'interno di un'impresa, un ispettore del lavoro dovrà tentare di mediare tra le parti. Se le imprese coinvolte nel conflitto saranno almeno due, il contenzioso dovrà essere risolto in presenza dei delegati del lavoro presso la Prefettura o la Provincia. In caso di insuccesso l'ispettorato del lavoro o il delegato, dovranno fare appello, dopo massimo tre giorni, alla commissione provinciale della conciliazione. Questa nuova istanza inviata in Prefettura o alla Provincia viene esaminata dalla commissione presieduta dal governatore, costituita in parti uguali da funzionari dell'amministrazione dello Stato, dal datore di lavoro e dai rappresentanti sindacali. Il presidente della commissione è tenuto a convocare le parti in conflitto entro 48 ore. Per evitare che il negoziato si dilunghi il legislatore ha fissato una scadenza di 6 giorni entro i quali la commissione dovrà concludere i lavori. Il presidente dispone di ampi poteri. Può aprire un'inchiesta, accedere alla documentazione o a informazioni inerenti alla questione. Il giudizio sul dissidio sarà depositato tramite un processo verbale. Nel caso in cui la negoziazione fallisca è previsto un ricorso alla Commissione Nazionale della Conciliazione. Presieduta dal Ministro per l'Impiego, la CNC è composta dai rappresentanti sindacali, dal datore di lavoro e dall'amministrazione dello Stato e ha a disposizione sette giorni per trovare un accordo tra le parti. Il ricorso alla Commissione Nazionale è previsto inoltre nel caso in cui il conflitto coinvolga imprese residenti in più Province o Prefetture. Se il contenzioso non dovesse ricomporsi, la CNC sottoporrà il dossier a un giudizio super partes, l'arbitraggio. Il nome del giudice prescelto dalle parti è inserito in una lista di persone compilata dal Ministro dell'Impiego che in caso di dissenso potrà nominarne uno di ufficio. Il giudice prescelto ha 4 giorni di tempo per riconvocare i contendenti e per emettere il verdetto. Una copia del PV gli sarà trasmessa tramite la Commissione Nazionale. Per annullare la sentenza le parti contendenti potranno rivolgersi alla Camera sociale presso la Corte suprema dello Stato entro 25 giorni dall'emissione del giudizio. La Camera ha a disposizione 30 giorni per decidere l'annullamento o la conferma del verdetto. Se l'appello viene accolto il dossier sarà riesaminato da un ulteriore arbitro prescelto dalle parti e se anche l'ennesima sentenza viene contestata la Camera trasmetterà il dossier a uno dei suoi membri e il verdetto emesso in non più di 30 giorni sarà il definitivo. . 65 1.4 Politiche per il lavoro Visti i dati relativi alla disoccupazione giovanile, non stupisce che le politiche per il lavoro e per l'occupazione siano mirate a chi possiede in genere un grado di istruzione superiore. Se è vero che per tutto il ventennio successivo all'indipendenza dalla Francia, il governo del Paese aveva perseguito una politica industriale capital intensive, stabilendo una linea economica di stretto autocentrismo (comune in quel periodo a tutti gli stati maghrebini), negli anni Ottanta Hassan II ha cambiato la strategia, e la vecchia politica è stata rimpiazzata da una politica industriale labour intensive, mirata alla crescita di quei comparti votati all'esportazione. L'aumento progressivo del costo del lavoro unito ad una crescita modesta della produttività (attenuata in parte dalla pressione esercitata dal flusso migratorio, una valvola di sfogo per un offerta senza sbocco) ha determinato l'incremento della disoccupazione nel Paese. Dunque il problema occupazionale è diventato il fulcro del nuovo corso marocchino. I vincoli imposti dal Fondo Monetario e dalla Banca Mondiale e la conseguente riduzione della spesa dello Stato, spostano il baricentro dello sviluppo sul settore privato. S'imposta una politica che tende ad abbassare il costo del lavoro e cerca di plasmare l'offerta alla domanda sempre più specifica delle aziende e delle imprese, promuovendo formazione, microimprenditoria, mediazione e assistenza per chi è alla ricerca di lavoro. Nel 1998 si è svolta la prima assise nazionale per l'occupazione a cui hanno preso parte tutti i soggetti attivi del mondo del lavoro e in cui è stato determinato un piano suddiviso in cinque punti, la base dell' intervento di rilancio: • aumento della crescita economica, sostegno all'iniziativa privata, alla creazione di nuove imprese e allo sviluppo delle PMI; • formazione professionale del capitale umano all'interno delle aziende e flessibilità del lavoro; • stabilità dell'occupazione; • sviluppo del comparto associativo e dei servizi alla persona; . 66 • ricerca di partenariato e di collaborazione all'interno delle realtà locali per lo sviluppo economico e occupazionale. Tre, quindi, i vettori su cui dovrà viaggiare la politica economica del nuovo corso marocchino: sviluppo delle aree rurali, sostegno alle PMI, formazione del mercato del lavoro. Dello sviluppo delle aree rurali si è già detto in precedenza, arrestare il flusso migratorio indirizzato verso zone a residenza urbana e sostenere quei progetti volti a potenziare le strutture dell'economia della regione. A sostegno delle PMI, il governo nel 2002 ha promosso la Carta delle piccole e medie imprese, un documento programmatico che riassume le iniziative avviate dal governo per incrementare lo sviluppo del mondo dell'imprenditoria. La Carta prevede la creazione di una nuova struttura che aiuti a promuovere sul territorio nazionale la nascita di PMI, lo snellimento dell'iter burocratico fiscale e un contributo a favore dei servizi di appoggio e promozione. Allo scopo di informare ed assistere i nuovi diplomati che aspirano a diventare imprenditori, il Consiglio Nazionale della Gioventù e dell'Avvenire ha istituito un apposito programma, il PIACE, (programma d'informazione e di assistenza alla creazione d'impresa). Ma il progetto in parte è destinato a fallire, visto che da un'inchiesta condotta nella regione a più alta densità abitativa, la Grand Casablanca, è risultato che solo lo 0,2% dei nuovi imprenditori ha usufruito dell'assistenza del programma. Le difficoltà maggiori incontrate dal mondo dell'autoimpiego sono legate ad una scarsa capacità di affrontare non tanto le prove di gestione, quanto la realizzazione di un progetto. Un esempio, la mancanza di risorse personali e l'impossibilità di accedere ai finanziamenti previsti a causa delle garanzie richieste dalle istituzioni creditizie. . 67 Il terzo asse, il centrale e il più complesso, è quello relativo alla formazione nel mercato del lavoro, modellare il capitale umano in base alla domanda dell'impresa, utilizzando strumenti di mediazione creati dallo Stato. Sin dal 1993 è attivo un progetto di formazione e integrazione, il PNFI che prevede corsi e stage per l'inserimento nel mercato del lavoro. È previsto inoltre un programma di sgravio o esonero fiscale per tutte quelle imprese che assumono i candidati che escono dai corsi. Nello stesso anno è stata realizzata un'agenzia di mediazione, la CIOPE (Centro d'Informazione e Orientamento per l'Occupazione) diffusa a livello regionale e rivolta ai soli diplomati, con l'intento di coordinare le richieste delle imprese e le offerte di lavoro, formando i candidati in base alla domanda. Dopo appena sette anni si è deciso di sciogliere la CIOPE e di creare una nuova struttura nazionale l'ANAPEC (l'Agenzia Nazionale della Promozione dell'Impiego e delle Competenze). L'ANAPEC (che conta 16 agenzie sparse nelle corrispettive regioni del Paese), dopo avere rilevato le mansioni assegnate all'istituto CIOPE, ha esteso la propria attività oltre i confini nazionali, coordinando la domanda proveniente dai paesi occidentali con l'offerta di lavoro dei candidati iscritti alle sue liste. Inoltre ha funzione di promuovere partnership con imprese, organizzazioni non governative e strutture locali nelle regioni a basso tasso di sviluppo. Vi sono anche iniziative a carattere privato che concorrono agli sforzi compiuti dallo Stato. La concessione di microcrediti a persone economicamente e socialmente sfavorite è uno dei progetti promossi dalle ONG. L' ANAPEC è un'agenzia di intermediazione e quindi la sua funzione principale è quella di coordinare domanda e offerta di lavoro. In quest'ambito, ha il compito di aiutare i soggetti più deboli all'interno del mercato occupazionale, dalle aree meno sviluppate agli individui con maggiore difficoltà d'inserimento, sostenere i progetti di utilità sociale e promuovere la piccola e media impresa. Assistere quindi lavoratori e aziende nei loro percorsi professionali e offrire informazioni sul mondo del lavoro. Nel campo della formazione, l' ANAPEC ha la funzione di individuare i settori pronti a recepire offerta di lavoro e preparare i candidati a sostenere un esame di ammissione. Tale iter formativo può essere gratuito o a . 68 carico delle imprese a cui verrà assegnato un rimborso spese per il periodo relativo allo stage. Dal 1997 al 2001 è stato promosso un nuovo piano programmatico per conformare il sistema formativo al mondo del lavoro, il Programma Azione Impiego che ha avuto la funzione di promuovere la prima occupazione per tutti i disoccupati di lunga durata, prevedendo inoltre un contributo, la cosiddetta indennità d'inquadramento per tutte quelle imprese che avrebbero assunto nuovi dipendenti dopo averli destinati ad un periodo di formazione professionale. Ma anche il Programma Azione Impiego, dopo quattro anni di attuazione è stato sostituito nel 2002 da un programma più incisivo promosso dal Ministero delle Finanze e da quello per l'Occupazione. La recente normativa ha prospettato un credito formativo e quattro nuovi contratti di lavoro. Il contratto di sviluppo dell'occupazione, il contratto di occupazione qualificata di utilità sociale e il contratto di accesso all'impiego, si rivolgono a diplomati di livello superiore, baccalaureati più due anni e laureati di formazione professionale o di livello tecnico con meno di 35 anni di età. Il primo è indirizzato a chi cerca lavoro da più di 36 mesi in piccole e medie imprese, in regioni economicamente svantaggiate e prevede un contributo da assegnare al datore di lavoro per ogni nuovo contratto di assunzione. Il secondo ha il fine di promuovere l'attività associativa nelle aree più arretrate. I progetti presentati devono avere valore di utilità sociale e sono finanziati da un contributo semestrale. Il terzo promuove l'inserimento di persone portatrici di handicap che cercano lavoro da un periodo che supera i tre anni. Anche in questo caso è previsto un budget d'ingresso per le imprese che assumono i disoccupati aventi tali requisiti. L'ultimo contratto, quello di inserimento, sostiene tutti i giovani baccalaureati alla ricerca di un primo impiego e prevede incentivi fiscali per le imprese che dispongono assunzione di stagisti. Il credito formativo si indirizza a quelle aziende che hanno assunto personale in base ad uno dei contratti proposti in precedenza e mira a formare il lavoratore in relazione alla specifica domanda dell'impresa. Le spese sono sostenute dai privati ma è previsto un contributo dello Stato. . 69 L' ANAPEC inoltre ha proposto tre programmi: • il programma di formazione qualificante offre corsi formativi a giovani diplomati alla ricerca di lavoro da più di un anno; • il programma d'inserimento dei laureati in istituti di insegnamento agricolo superiore organizza moduli formativi a 300 laureati del settore; • il programma di appoggio all'auto impiego contribuisce al finanziamento di progetti presentati da giovani baccalaureati con due anni di studio superiore o che abbiano conseguito una formazione professionale. In una realtà avviata oramai al pluralismo in campo politico, economico e sociale, vi sono associazioni, movimenti che anelano ad un riconoscimento formale della loro esistenza e della loro posizione. Tra questi, l'Associazione Nazionale dei Disoccupati Diplomati del Marocco - ANDCM - (creata nel 1991, raccoglie più di 20.000 iscritti divisi in 140 sezioni) che, alla luce dei risultati economici ottenuti finora dal governo, chiede a gran voce che sia messa in discussione la politica finanziaria attuata nell'ultimo decennio. marocchine cercare di adattare il mercato del lavoro alle esigenze delle imprese attraverso la formazione professionale. Nel capitolo precedente è stata illustrata quella parte di programma realizzato dal governo allo scopo di ridurre la disoccupazione e di creare nuovi posti di lavoro. Un sistema rinnovato, costellato da tanti piccoli interventi e qualche modesto risultato conseguito in attesa di un'auspicata inversione di tendenza. La disoccupazione dunque, come appreso dai sondaggi, colpisce la fascia giovanile e più istruita, la dispersione scolastica tende a compensare un incremento della scolarizzazione dell'infanzia (nell'anno 20002001 il 53,4% degli studenti ha abbandonato la scuola prima di raggiungere gli studi secondari), la formazione pubblica è ancora inadeguata. In un quadro poco incoraggiante, il settore del privato e soprattutto quello relativo al lavoro informale, ha coperto un ruolo decisivo in campo formativo attraverso i modelli più tradizionali, l'apprendistato nelle microimprese, per esempio, che ha coinvolto in prevalenza la fascia giovanile e analfabeta residente nelle zone di campagna. Considerando il fatto che il settore privato ha dimostrato di non essere in grado di creare nuovi posti di lavoro e di sostenere la crescita industriale, che il Paese necessita di investimenti pubblici nel campo dell'educazione, dei trasporti, della salute e dell'abitazione, l'ANDCM chiede interventi rapidi ed urgenti proponendo una propria piattaforma: l'annullamento del debito, la razionalizzazione e il controllo della spesa pubblica, la riduzione degli stipendi degli alti funzionari e dei parlamentari, la lotta contro il clientelismo, il cumulo delle funzioni e la corruzione, la riforma della politica fiscale, un sussidio di disoccupazione e l'abolizione del nuovo Codice del lavoro. Un'analisi compiuta nel 1996 dal Dipartimento per la Formazione Professionale, ha permesso di redigere un elenco contenente le cinque attività che hanno fatto registrare il tasso di occupazione più elevato nel Paese. Al primo posto il settore delle acconciature con il 70,9%, seguito dalla meccanica agricola con il 62,3%, il modellismo del reparto confezione con il 61,2%, la meccanica automobilistica con il 57,7%. Le categorie professionali che hanno registrato più disoccupati sono: al primo posto progettazione edile e pianificazione urbanistica con il 36,9%, seguita da gestione dell'impresa e dattilografia al 36,8%, contabilità al 34,5% e segretariato di direzione con un 33,5%. 1.5 Politiche per l'occupazione e formazione professionale Il fallimento parziale delle politiche del lavoro è prodotto e causa di tutti quei problemi che affliggono il Paese, la disoccupazione, la dispersione scolastica, gli scarsi risultati ottenuti nel settore formativo e la mancanza di coordinamento in un sistema troppo frammentario e disperso tra pubblico e privato. È stato già detto quanto possa essere importante per le istituzioni . 70 In ambito statale, oltre alla Direzione della Formazione del Ministero dello Sviluppo Sociale, della Solidarietà e del Lavoro, anche l'Ufficio della Formazione Professionale e della Formazione del Lavoro (OFPPT) è incaricato di coordinare e proporre corsi formativi. L'OFPPT, fondato nel 1974 con sede a Casablanca, è un ente pubblico composto da tutti quei soggetti che hanno preso parte attiva nel mondo del lavoro. È costituito da un consiglio presieduto dal Ministro per la Formazione Professionale e rappresentato da 7 imprenditori, 7 sindacalisti e da 14 membri scelti tra i numerosi ministeri. . 71 L'OFPPT svolge un ruolo formativo, indirizzato a giovani disoccupati sotto la soglia dei 30 anni, distribuito su quattro livelli: tecnico, tecnico di specializzazione, tecnico specializzato, tecnico qualificato. I programmi dell'agenzia sono indirizzati a tutti quei soggetti che fanno parte del mercato del lavoro, alle imprese in primo luogo (fornendo servizi quali valutazione sulle capacità del personale ed elaborazione dei piani formativi), agli istituti di credito, all'amministrazione pubblica (formando impiegati, tecnici e quadri dirigenti) e ai singoli individui con corsi personalizzati quali formazione a distanza, apprendistato (regolarizzato con un decreto approvato nel 2000 che prevede uno stage nell'impresa che dovrà assumere il candidato e una parte dedicata alla teoria), la formazione alternata (svolta in parte nell'azienda e in parte nella sede dell'ufficio competente). Per chiunque voglia realizzare un progetto di lavoro, l'OFPPT offre la propria consulenza, seguendo le varie tappe del processo esecutivo, dal montaggio all'assistenza tecnica, dal monitoraggio alla realizzazione pratica. Per le imprese già avviate vi è uno speciale programma di formazione per i propri dipendenti che prevede un contributo dell'80% sulle spese complessive. Le statistiche parlano di un calo delle imprese che hanno usufruito delle agevolazioni statali nel 2002 rispetto all'anno precedente ma di una maggiore partecipazione alla domanda di ammissione. 1.6 Il sistema scolastico e formativo La scuola pubblica Il complesso settore dell'insegnamento e dell'educazione è gestito da più di un dipartimento a seconda dei cicli scolastici e delle specializzazioni che comprendono. Esso dipende dal Ministero dell'Educazione nazionale, dell'Insegnamento superiore, della Formazione dei quadri e della ricerca scientifica, dello Sviluppo sociale, della Solidarietà, dell'Impiego e della formazione professionale e della Promozione del lavoro. . 72 Nel 1985 il Marocco ha approvato una riforma del sistema educativo che ha rinnovato la struttura della scuola e della formazione professionale, ma l'ultima vera riorganizzazione nazionale è stata attuata nel settembre del 1990. La scuola pubblica è completamente gratuita ed è obbligatoria fino a quindici anni, con il passaggio dalla scuola fondamentale (dell'obbligo) all'insegnamento secondario. Una rete capillare di scuole private a pagamento si sta diffondendo in tutto il Paese. Le lingue adottate sono il francese e l'arabo. Continuano ad esercitare la loro funzione educativa le scuole coraniche riformate, che abbracciano tutto l'arco formativo, dalle scuole fondamentali all'università. Sono numerosi gli istituti per stranieri, aperti ai cooperanti o a chiunque voglia frequentarli, legati o finanziati alle iniziative dei governi a cui il sistema fa riferimento. Le scuole materne sono organizzate da iniziative private. In effetti non esiste un sistema pubblico prescolare. I bambini iniziano a frequentare la prima classe delle fondamentali all'età di sette anni. L'anno scolastico inizia ad ottobre e finisce il mese di giugno. Sono previste due lunghe interruzioni, le vacanze d'inverno e le vacanze di primavera (corrispondenti alle nostre festività natalizie e pasquali). Il programma scolastico è uniformato ed è comune per le scuole pubbliche e private. Nei primi sei anni delle fondamentali si frequentano i corsi per cinque giorni a settimana, rispettando la festività religiosa islamica che cade il venerdì e la domenica. La giornata scolastica è suddivisa in due parti: si entra nelle classi alle 8.00 del mattino e si esce alle 11.00 e dopo una breve pausa per il pranzo si ritorna il pomeriggio. Nei primi due anni di fondamentali si insegna l'arabo letterario e dal terzo anno in poi si inizia a studiare la lingua francese. Nel grafico successivo si riportano il prospetto del programma scolastico del primo ciclo della scuola fondamentale, materie insegnate ed ore settimanali ad esse dedicate. . 73 Al termine delle secondarie si ottiene il diploma, il baccalaureat con il quale si può accedere all'insegnamento superiore. MATERIE - PRIMO CICLO SCUOLA FONDAMENTALE MATERIE I ANNO II ANNO III ANNO IV ANNO 11 11 6,5 6,5 6 6 4 4 3 3 3 3 1,5 1,5 8 8 8 8 ARABO CULTURA ISLAMICA V ANNO STORIA E GEOGRAFIA FRANCESE 5 5 5 5 5 5 1,5 1,5 1,5 1,5 1,5 1,5 MATEMATICA SCIENZE NATURALI VI ANNO EDUCAZIONE FISICA 2 2 2 2 2 2 DISEGNO E GRAFIA 4,5 4,5 2 2 1 1 28 28 28 28 28 28 TOTALE Da notare come l'impegno prodigato per l'apprendimento del sistema multilinguistico assorba gran parte del piano di studi scolastico. CORSI DI STUDIO ED ETÀ CORRISPETTIVA DI FREQUENZA CORSI DI STUDIO DURATA ETÀ PREVISTA MATERNA FINO A 7 ANNI FONDAMENTALE PRIMO CICLO 6 ANNI 7 A 12 ANNI FONDAMENTALE SECONDO CICLO 3 ANNI DA 13 A 15 ANNI INSEGNAMENTO SECONDARIO 3 ANNI DA 16 A 18 ANNI DA Alla fine dei sei anni di primaria (atta'lim al'ibtida'i) un esame (shahada) fa accedere al secondo ciclo della fondamentale (atta'lim al i'dadi), da cui un ulteriore verifica promuove agli ultimi tre anni di insegnamento secondario. Al passaggio tra il secondo ciclo della fondamentale e l'insegnamento secondario, in base alle attitudini dimostrate lungo il corso degli studi si è orientati verso due indirizzi, quello generale o quello tecnico. Nelle scuole superiori l'arabo è utilizzato per studiare le materie letterarie, il francese per i corsi tecnici, professionali e per tutti gli indirizzi e i piani di studio universitari. . 74 L'insegnamento superiore a sua volta si divide in cinque settori: • • • • • Università (attualmente 14 in Marocco) Istituti o scuole superiori Centri di formazione professionale Università e istituti stranieri Centro di Formazione degli Istitutori (CFI), Centro Pedagogico Regionale (CPR) e Scuola Normale Superiore (ENS). Il settore della formazione professionale è stato riorganizzato con la riforma approvata nel 1984. Gli oggetti della riforma del sistema possono essere riassunti in tre punti principali: • sviluppo della formazione professionale, strumento per valorizzare le risorse umane e la promozione economica e sociale; • miglioramento costante della qualità della formazione, in relazione al rapporto tra la formazione stessa e il lavoro; • promozione dell'impiego dei laureati, organizzazione e valorizzazione dei mestieri. Il sistema della formazione professionale è suddiviso in quattro livelli: • il livello più basso è quello Tecnico a cui si può accedere dopo il terzo anno della scuola fondamentale e dopo aver conseguito un esame d ammissione. La frequenza del corso comporta l'acquisizione del diploma di tecnico. • Il secondo livello è quello di Specializzazione a cui si accede dopo il sesto anno di scuola fondamentale tramite ulteriore esame ed è attestato dal certificato di formazione professionale. Questo ciclo è prevalentemente frequentato da chi vuole accedere al campo dell'artigianato, delle costruzioni o dell'agricoltura. • Al terzo livello, quello di Qualificazione, si accede con un esame di ammissione dopo avere terminato il nono anno di scuola fondamen- . 75 tale. Al termine degli studi viene rilasciato il certificato di formazione professionale. • Il quarto livello, di Tecnico Specializzato, che è una sorta di corso parauniversitario, è aperto a tutti i baccalaureati e rilascia il diploma di tecnico specializzato. Gli indirizzi sono tre. Il Centro di Formazione degli Istitutori (CFI), il Centro Pedagogico Regionale (CPR) e la Scuola Normale Superiore (ENS). L'Università La riforma per l'insegnamento superiore è entrata in vigore il primo gennaio del 2000 accordando all'Università l'autonomia necessaria che le ha permesso di organizzare la propria struttura a livello didattico. Ogni sede universitaria è quindi libera di proporre la formazione che giudica più adeguata in relazione alle proprie risorse umane e materiali in sintonia con i bisogni della regione in cui è ubicata. Tutto ciò non ha comunque impedito ai 14 istituti del Paese di omologare la struttura portante dell'insegnamento che oggi è comune a livello nazionale e che prevede il conseguimento di tre tipi di lauree: la licenza in tre anni, il master in cinque e il dottorato in otto. Questo rende possibile un migliore orientamento e una maggiore mobilità degli studenti, non solo nell'ambito della formazione dei quadri, ma nell'istituzione universitaria internazionale a cui si adegua. Un'altra importante novità introdotta è la nozione della capitalizzazione acquisita, ovvero un sistema modulare raggruppato in periodi semestrali. Ogni modulo superato dall'allievo resterà a suo appannaggio. Potrà quindi utilizzarlo per potersi iscrivere ad altre facoltà. Tutto ciò consente allo studente di poter abbandonare i propri studi conseguendo diplomi intermedi che può utilizzare per entrare nel mondo del lavoro o per riprendere a frequentare i corsi a distanza di anni. La valutazione delle conoscenze, delle attitudini e delle competenze relative a ciascun modulo è effettuato da controlli periodici, realizzati sotto forma di esami, di test, di compiti e di stage. . 76 Tuttavia, per ottenere la promozione, si dovrà superare un esame finale. Se la preparazione in alcune materie all'interno del modulo è risultata insufficiente si può recuperare prima del semestre successivo. Il primo diploma di studi universitari si ottiene quindi dopo aver compiuto il ciclo introduttivo (quattro semestri) e comporta il superamento di 16 moduli. I primi due semestri sono comuni a tutti gli indirizzi e permettono allo studente di orientarsi con l'aiuto dei suoi insegnanti, e possono portare ad un diploma di studi universitari generali (DEUG) o ad un diploma di studi universitari professionale (DEUP). I DEUG e i DEUP daranno modo di accedere alle differenti facoltà. Dopo il primo anno di studio collettivo, gli insegnanti, come si è già detto, dovranno aiutare lo studente a fare le sue scelte in base alla sua capacità, alle sue preferenze, ai posti disponibili nelle varie facoltà e alle prospettive di sviluppo regionali e nazionali. Questa scelta è coordinata da una commissione di orientamento creata in seno a ciascuna università. La commissione ha il compito di orientare attraverso i moduli acquisiti e la proposta fatta da una giuria di insegnanti. Il diploma di studio universitario generale o professionale dà diritto all'iscrizione per la licenza degli studi fondamentali o per la licenza professionale (che corrispondono alle nostre lauree brevi). La durata degli studi è di due semestri con otto moduli da superare. Per accedere alla licenza sono fondamentali i crediti, ovvero l'insieme del bagaglio culturale (per esempio note ottenute in alcuni moduli) o di esperienze professionali nel caso lo studente provenga dal mondo del lavoro, che garantisca la riuscita nella materia prescelta. Le licenze di studi fondamentali sono numerose e per evitare il sovraffollamento delle facoltà si dà la precedenza ai residenti nella regione in cui è ubicata l'università. Gli studenti che conseguono tale licenza sono destinati a proseguire i loro studi con il ciclo master o a lasciare i corsi universitari ed entrare nel mondo del lavoro. . 77 La licenza professionale è il primo vero diploma che può ottenere uno studente per accedere a una professione. Esso, come il precedente, si compone di due semestri autonomi ma l'accesso è limitato in funzione dei posti disponibili (qualche esempio di licenza professionale: assicurazione bancaria, diritto e gestione immobiliare, gestione alberghiera, management e nuove tecnologie, formazione multimediale, interventi specialistici nel campo della sordità ecc.). Dopo il master si possono proseguire gli studi per altre tre anni arrivando al dottorato. Nel grafico seguente è riportato il numero di insegnanti impiegati nel sistema formativo nazionale, dalle scuole primarie all'università. SCUOLE PUBBLICHE 2002 2003 2003 2004 TOTALE DONNE TOTALE DONNE INSEGNANTI SCUOLA FONDAMENTALE PRIMO CICLO 135.199 54.799 135.570 59.728 INSEGNANTI SCUOLA FONDAMENTALE SECONDO CICLO 54.012 19.371 55.357 24.638 INSEGNANTI SCUOLA SECONDARIA 33.875 10.190 34.528 13.942 INSEGNANTI UNIVERSITARI 10.064 2.432 10.032 2.489 FONTE : MINISTERO DELL 'EDUCAZIONE, DELL'INSEGNAMENTO SUPERIORE , DELLA FORMAZIONE E DELLA RICERCA SCIENTIFICA , 2004. Cenni storici sul sistema scolastico e formativo Nell'età precoloniale, il sistema formativo era affidato esclusivamente alle scuole di matrice religiosa. Alle scuole coraniche, le kuttab, era affidata l'istruzione dei bambini, ai collegi o alle madrasa la preparazione superiore, il diritto e la dottrina islamica. Nel periodo coloniale, dagli anni venti fino all'anelata indipendenza, si fondarono le prime scuole pubbliche a cui fu affidata la funzione di formare i nuovi quadri dirigenti della giovane colonia. Il modello didattico si ispirava a quello adottato in madrepatria e la lingua francese fu promossa ad idioma scolastico nazionale. Dal 1956, con l'acquisizione dell'indipendenza e la promulgazione della prima costituzione del Regno del Marocco, fu riconosciuto il diritto all'istruzione per tutti i cittadini sancendo la gratuità dell'intero percorso del sistema formativo. Nel 1963 i primi cinque anni delle scuole fondamentali furono resi obbligatori e dal 1985, fu imposta la frequenza al secondo ciclo. I primi risultati furono confortanti. Nel 1980 più dell'83% dei bambini in età scolare frequentava le scuole elementari. Successivamente la percentuale si è contratta e nell'88 si è ridotta al 63%. La pressione demografica, la crisi economica che ha investito la nazione e la conseguente riduzione della spesa pubblica, furono la causa di un regresso preoccupante. . 78 Un modello formativo troppo rigido, poco attento ai cambiamenti sociali e culturali che attraversano il Paese, il sovraffollamento delle classi, infrastrutture e impianti fatiscenti, la diffusione del lavoro minorile (avallato da una legge dello Stato che limitava a dodici anni l'età minima per accedere al mercato del lavoro) non hanno certo aiutato a combattere la piaga dell'analfabetismo dilagante. Secondo un'indagine realizzata nel 1999, oltre il 47% della popolazione non sapeva né leggere e né scrivere e 24 milioni di marocchini erano semianalfabeti. Questo dato allarmante, è dovuto in parte alle condizioni economiche delle famiglie disagiate, residenti soprattutto nelle zone di campagna. Ma anche il fenomeno del multilinguismo pesa enormemente nell'approccio al sistema formativo. La maggior parte dei ragazzi, soprattutto quelli residenti nei distretti di montagna e nelle zone rurali, parlano correntemente forme dialettali e l'arabo usato tutti i giorni è un idioma nazionale ben lontano dalla lingua classica adottata nelle scuole. Possiamo immaginare la difficoltà che incontrano i bambini ad apprendere materie sconosciute in una lingua che di fatto non è quella materna. La sola etnia berbera, adopera molteplici dialetti per comunicare nella vita quotidiana, a seconda della zona in cui risiede. Nel medio atlante si parla imazighen, nel Rif il tarifit, nell'alto atlante il chleuch. Nelle oasi meridionali risiede la tribù degli Haratin, discendente dagli schiavi neri importati dai paesi subsahariani. Nel deserto del Sahara vivono i Tuareg, con cultura, lingua e tradizioni proprie. . 79 Un dato confortante è fornito dalla rivista online “Marocco news”, secondo la quale il divario tra scolarizzazione maschile e femminile è sempre più ridotto. NUMERO DI STUDENTI CHE FREQUENTANO LE SCUOLE DELL'OBBLIGO, LE SECONDARIE E L'UNIVERSITÀ INSEGNAMENTO FONDAMENTALE I° CICLO PUBBLICO PRIVATO INSEGNAMENTO FONDAMENTALE II° CICLO PUBBLICO 2002-2003 2003-2004 4.101.157 4.070.182 3.884.638 3.864.950 -1 216.519 223.232 3,1 VARIAZIONE IN % -0,8 1.119.580 1.161.390 3,7 1.097.729 1.134.223 3,3 21.851 27.167 24,3 INSEGNAMENTO SECONDARIO 559.497 603.397 7,8 PUBBLICO 530.761 573.648 8,1 28.736 29.749 3,5 PRIVATO PRIVATO BREVETTO DI TECNICO SPECIALIZZATO 1.762 1.747 -0,9 CLASSE PREPARATORIA 3.036 3.208 5,7 280.599 277.442 -1,1 INSEGNAMENTO UNIVERSITARIO PUBBLICO una cifra confortante: 345.000 bambini non hanno frequentato la scuola obbligatoria, un grande passo avanti se si considera il dato riportato da un censimento risalente alla fine degli anni Novanta secondo il quale 2 milioni di bambini tra i 7 e i 15 anni non aveva frequentato l'insegnamento fondamentale. FONTE : MINISTERO DELL'EDUCAZIONE, DELL'INSEGNAMENTO SUPERIORE , DELLA FORMAZIONE E DELLA RICERCA SCIENTIFICA , 2004. CENSIMENTO DELLA POPOLAZIONE DI ETÀ SCOLARE PER FASCE DI ETÀ E RESIDENZA - 2003 GRUPPO DI ETÀ 7-12 ANNI URBANO + URBANO RURALE 1.815 1.829 RURALE 3.644 13-15 ANNI 975 957 1.932 16-18 ANNI 998 941 1.939 3.788 3.790 7.515 TOTALE FONTE : MINISTERO DELL 'EDUCAZIONE, DELL'INSEGNAMENTO SUPERIORE , DELLA FORMAZIONE E DELLA RICERCA SCIENTIFICA , 2004. Dal confronto delle due tabelle emerge un dato interessante. Infatti, se alla somma degli studenti della scuola fondamentale (prima tabella: 5.231.000 unità) sottraiamo la somma della popolazione giovanile che va da 7 a 15 anni (seconda tabella: 5.576.000 unità), si ottiene . 80 . 81 4. Relazioni internazionali 1. Relazioni con organismi internazionali Conquistata l'indipendenza, il regno marocchino ha mosso i primi passi verso il mondo aderendo alle Nazioni Unite nel 1956. Due anni dopo ha legittimato la sua vocazione islamica entrando nella Lega Araba, l'organizzazione fondata a Il Cairo nel 1945, finalizzata allo sviluppo delle relazioni culturali, economiche, sociali e finanziarie tra i suoi Stati membri. La Lega persegue lo scopo di ricomporre le controversie e di coordinare le politiche estere tra i paesi che vi aderiscono. In più di un caso, però sono nate dispute all'interno dell'organizzazione. Annosa è la questione che oramai rischia di spaccare in due la Lega e che divide Algeria e Marocco sullo status dell'ex Sahara Spagnolo. L'Unione del Maghreb Arabo (UMA) fondata nel 1989, con sede a Rabat, ha lo scopo di coordinare le politiche economiche dei 5 stati nordafricani che lo hanno fondato e che tutt'oggi lo compongono: Algeria, Libia, Marocco, Mauritania e Tunisia. L'UMA ancora più della Lega Araba, patisce le tensioni provocate dal caso del Sahrawi, coinvolgendo inoltre il terzo diretto interessato, la Mauritania. L'idea di creare una comunità nordafricana sul modello di quella realizzata dall'Europa è stata accantonata, tanto è vero che il Marocco ha proseguito quella politica economica auspicata dal trattato con alcuni Stati membri dell'Unione del Maghreb, come la Tunisia di Ben Ali (rimangono comunque validi gli accordi vigenti con gli altri tre membri dell'Unione), concentrando i suoi sforzi verso nuove relazioni (Europa, Stati Uniti e Medio Oriente). . 83 Obiettivi in parte ritenuti strategici dal governo marocchino e in parte obbligati da quello stato d'isolamento contratto a causa del Sahrawi. L'abbandono dell'OUA (Organizzazione Unitaria Africana) ne è stato il segno più evidente (rapporti privilegiati permangono comunque con Guinea e Senegal). Con il trattato stipulato nel 1996 tra Marocco e Comunità europea (che ha rafforzato l'adesione allo European Free Trade Agreement), Hassan II ha dato inizio a un progetto più ambizioso, l'idea di aprire un'area di libero scambio euro-mediterranea. In questa direzione va anche letta l'intensificazione delle relazioni commerciali tra il Marocco e i paesi dell'Europa Centrale ed Orientale (PECO), e soprattutto il trattato firmato nel '99 con i quattro membri dell'AELE (Svizzera, Norvegia, Liechtenstein e Islanda) che ricalca sostanzialmente l'accordo di libero scambio siglato dal Paese maghrebino con l'UE, uno smantellamento tariffario graduale dei prodotti industriali in un arco complessivo di appena dodici anni. Inoltre, l'adesione al WTO, l'Organizzazione per il Commercio Mondiale, che è deputata a controllare i negoziati avviati per gli scambi commerciali e le tariffe doganali è un ulteriore passo in questa direzione. Che il Marocco sia cerniera tra il Nord e il Sud del bacino del Mediterraneo è confermato dall'analogo trattato stipulato con la Tunisia, l'Egitto e la Giordania (l' “intesa di Agadir”) aperto all'adesione dei paesi ubicati in tutta la regione e di quello sottoscritto di recente con Ankara. Accordi tariffari sono stati firmati inoltre con l'Arabia Saudita e con l'Iraq. In parte si è accennato alla diffidenza generata dall'intesa commerciale che il Marocco ha stipulato con gli Stati Uniti il 15 giugno del 2003, che avrà l'effetto di sopprimere le barriere doganali sul 95% dei beni di consumo e dell'industria. Un accordo a doppio taglio. Se da un lato potrebbe agevolare agricoltori e produttori americani, che esportando mais e grano, pollame e manzo si troveranno abbattute le barriere tariffarie (per i prodotti made in USA i tassi doganali sono fissati al 20% contro il 4% di quelli imposti alle esportazioni marocchine negli States), o le grandi multinazionali (la CMS Energy costruirà in Marocco un impianto energetico a carbone), dall'altro gli aiuti offerti da Washington sono più che raddoppiati (19,8 milioni di euro nel 2004 contro il 57,3% previsti per l'anno in corso). . 84 2. Relazioni con l'Italia È dal 1995 che il Paese maghrebino, con la ratifica della Carta degli Investimenti Esteri, ha equiparato giuridicamente le società straniere che lavorano in Marocco con le realtà produttive locali. Alle dirette dipendenze del Ministero dell'Economia e della Finanza, che accorpa la divisione delle privatizzazioni e del turismo, opera la Direzione per gli Investimenti Esteri ([email protected]) che ha la funzione di promuovere il Paese, prospettare i settori più vantaggiosi del mercato agli investitori stranieri, consigliare come attuare i progetti d'investimento e infine assistere e seguire l'iter burocratico. Sono ammessi investimenti in tutti i settori tranne quello relativo all'estrazione dei fosfati e all'acquisizione di terreni agricoli. Rapporti commerciali Marocco-Italia Come si può evincere dalla tabella seguente, negli ultimi 10 mesi del 2004 le esportazioni italiane sono aumentate del 3% e le importazioni sono cresciute del 2,6%. I conti della bilancia commerciale si chiudono nettamente a nostro favore, nonostante le importazioni italiane abbiano subito un lieve aumento, invertendo un trend negativo che si era prodotto negli ultimi anni. INTERSCAMBIO CON L'ITALIA (MILIONI DI EURO) 2003 2003 2002 2001 ESPORTAZIONI GEN / OTT 765 742 892 824 824 IMPORTAZIONI 398 388 460 528 582 SALDO 367 354 432 296 242 FONTE : ICE , 2004 GEN / OTT 2005. I settori di rilievo dell'export italiano continuano a far capo all'industria tessile, in crescita dell'8%, (una performance positiva dopo anni di lievi ma continue flessioni) e alla produzione di apparecchiature per l'industria (malgrado abbia subito una contrazione di quasi il 10% rispetto all'anno precedente). Bene i prodotti petroliferi e la chimica di base. . 85 ESPORTAZIONI ITALIANE IN MAROCCO (MILIONI DI EURO) GEN / OTT SETTORE 2004 GEN / OTT 123 TESSUTI 2003 2003 2002 2001 105 131 136 141 MACCH . IND . SPEC 82 90 106 86 111 PETROL . RAFF. 65 57 59 6 11 MACCH . IND . GEN 43 53 61 52 59 CHIM . BASE 39 25 31 34 28 ..... ..... ..... ..... ..... ALTRI FONTE : ICE , 2005. Tra le voci più importanti del comparto importazioni spicca il settore dell'abbigliamento, con un +13% (produzione legata a doppio filo con la nostra esportazione tessile) e soprattutto il settore della chimica di base, che segna un incremento del 23%. In netta flessione l'industria del pesce trasformato e conservato che registra un calo del 31%, e dei fili e cavi isolati, -11%. IMPORTAZIONI ITALIANE DAL MAROCCO (MILIONI DI EURO) 2003 2003 2002 2001 ABBIGLIAMENTO GEN / OTT 82 73 88 87 96 PESCE CONS . TRASF 50 72 83 91 82 FILI E CAVI ISOLATI 57 64 77 100 101 PROD . CHIMICA 41 33 53 53 55 PROD . AGRICOLT. 15 17 19 11 9 SETTORE 2004 GEN / OTT 12 15 17 20 28 ALTRI ..... ..... ..... ..... ..... TOTALE 399 389 460 529 582 CALZATURE FONTE : ICE , 2005. L'Italia è il terzo paese fornitore del Marocco. Nel 2004 ha incassato quasi 6.000 milioni di dirham con un incremento annuo del 6,5%, eludendo l'agguerrita concorrenza di Germania e Stati Uniti che hanno segnato un incredibile performance, rispettivamente il 43% e il 47% in più rispetto all'anno precedente. . 86 Nell'ultimo periodo, la competizione delle industrie asiatiche e le agevolazioni doganali promosse dai trattati che il Paese maghrebino ha siglato con l'Europa, il Medio Oriente e il continente americano, obbligano l'Italia a reimpostare la sua politica commerciale. L'interesse palesato dal Marocco verso alcuni modelli della vita economica italiana, quali le PMI (interessante l'idea di credito concesso dal nostro paese alle piccole e medio imprese marocchine per l'acquisizione di tecnologia italiana), i distretti industriali ed i consorzi, o il riconosciuto expertise del made in Italy nei settori più creativi (abbigliamento, pelletteria ed arredamento) o del comparto agroalimentare, può portare notevoli vantaggi in vista delle ulteriori privatizzazioni che si stanno realizzando. Anche nel campo delle infrastrutture, l'Italia gode di un prestigio che può sfruttare in vista dei lavori di ammodernamento in atto nel Paese: ampliamenti autostradali, ristrutturazioni di porti e di aeroporti, sviluppo dell'edilizia popolare (alcune nostre società hanno conseguito degli appalti per i lavori nel porto di Tangeri, la messa in opera di dighe e la costruzione di importanti vie di comunicazioni). Nel settore del turismo il nostro paese si è aggiudicato una concessione per la realizzazione di un importante progetto sulla costa mediterranea. Tra le grandi industrie italiane presenti nel Marocco: la Pirelli, che sta realizzando la congiunzione elettrica sottomarina nello stretto di Gibilterra, l'Italcementi che ha acquisito la Ciments du Maroc, l'ENI, che dopo aver rilevato la britannica Lasmo sta eseguendo lavori di ricerca ed estrazione petrolifera a largo di Essaouira, la Cristalstrass che ha impiantato una filiale per la lavorazione dei cristalli e la ST Microelectronics che ha installato le sue industrie nell'hinterland di Casablanca. Nel 2004 sono state numerose le iniziative promosse dall'Istituto per il Commercio Estero Italiano, per incentivare vendite e per stabilire nuove relazioni commerciali (tra gli altri comparti sostenuti: la produzione di macchinari industriali per la lavorazione di imballaggi, di plastica e di legno, dell'arredo turistico e del settore tessile). Le camere di commercio di molteplici province e città del nord Italia hanno organizzato incontri e dibattiti nel Paese maghrebino tra industriali e imprenditori. . 87 Interessante è ad esempio il programma di interscambio economico e culturale avviato nel 2001 tra la Regione Piemonte e le Regioni marocchine di Rabat-Salè-Zemmour- Zaer e di Chaouia-Ouardigha, nell'ambito della cooperazione internazionale decentrata. La scelta è ricaduta sul Paese maghrebino per tre ragioni differenti. La comunità marocchina è tra i primi gruppi di immigrati presenti nel territorio piemontese e il progetto potrebbe aiutare a gestire e a controllare il flusso migratorio. Inoltre il Marocco ha registrato una forte espansione economica negli ultimi dieci anni, è un Paese relativamente vicino che offre discrete infrastrutture e che potrebbe diventare una base logistica per gli interessi regionali nell'intero continente. Il programma prevede progetti da avviare in partnership con le due regioni marocchine e il cofinanziamento di piani di lavoro presentati da aziende o imprese piemontesi attraverso bandi pubblici. I settori interessati sono numerosi, tra cui vogliamo ricordare: lo sviluppo dell'economia locale attraverso l'espansione delle PMI e delle grandi zone industriali regionali, la formazione professionale, l'apprendistato e il sistema formativo per incentivare l'occupazione del Paese, lo sviluppo ambientale compatibile, la realizzazione e la gestione delle risorse idriche e le misure di aiuto relative alla solidarietà internazionale. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale si procedette alla coscrizione di numerosi nordafricani, che andarono a rimpinguare le file dell'esercito francese. Negli anni Cinquanta la necessità di nuova manodopera spinse l'Eliseo a richiamare 250.000 algerini in madrepatria, molti dei quali ebbero assegnata la cittadinanza in nome dello statuto speciale che li legava alla grande potenza coloniale. Ancora poche migliaia furono i marocchini e i tunisini che sospinti dalla fame e dal bisogno attraversarono il Mar Mediterraneo. La vera svolta si ebbe negli anni Sessanta quando la guerra d'indipendenza in Algeria arrestò il movimento migratorio e l'indipendenza già acquisita da parte del Marocco e della Tunisia convogliò la fuoriuscita di uomini e ragazzi dai due paesi maghrebini. L'obiettivo non fu solo la Francia. Molti marocchini si diressero verso i Paesi Bassi e la Germania. Dopo l'acquisizione dell'indipendenza, un analogo flusso migratorio si sviluppò dal regno del Marocco. Negli anni Cinquanta gli europei presenti nel Paese maghrebino erano all'incirca mezzo milione e nel '63 più di 300.000 erano tornati in madrepatria. Anche gli ebrei (oltre 200.000 i cittadini residenti nel '50) venti anni dopo, a qualche anno di distanza dalla guerra dei sei giorni, emigrarono in massa rimanendo in poco più di 30.000. 3. Flussi migratori 3.1 Il fenomeno dell'immigrazione nella storia Il “fenomeno” dell'emigrazione, diventato in seguito il “problema” per gli stati occidentali, inizia a prender forma in era coloniale. Dopo il conflitto del '15-'18, la Repubblica francese necessitava con urgenza di mano d'opera straniera per ricostruire le proprie infrastrutture distrutte dalla guerra. Negli anni Venti iniziò il trasferimento dei primi immigrati marocchini. Furono almeno una decina di migliaia chiamati dal governo di Parigi a sostenere l'industria e l'impresa del Paese. La profonda crisi del '29 portò alla prime misure restrittive della storia e al drastico calo degli immigrati maghrebini nella Francia coloniale che proseguì per tutto il decennio successivo. . 88 Dal '63 il flusso migratorio fu regolato dal primo accordo bilaterale della storia e a Casablanca fu istituito un Ufficio Nazionale per l'Immigrazione. Il risultato fu immediato. Nel giro di un decennio i lavoratori marocchini impiegati in tutta Europa (Francia, Germania, paesi Scandinavi, Svizzera, Austria, Italia, Spagna) si aggiravano intorno a 300.000. Ma la crisi petrolifera ed economica che investì il continente nel corso degli anni Settanta portò all'approvazione di nuove misure restrittive e al blocco dei contratti di lavoro. L'immigrazione avrebbe subito un'incontrollata evoluzione e avrebbe iniziato ad organizzarsi la rete clandestina. La norma relativa al ricongiungimento familiare nel decennio successivo è diventata il solo strumento legale a cui far riferimento per poter varcare la frontiera con un permesso regolare. Per altre centinaia . 89 di migliaia di uomini e ragazzi in cerca di lavoro si sono aperte le porte dell'illegalità. Il fabbisogno di braccianti e di operai legato ad un periodo di tempo limitato (la chiusura di un cantiere o la stagione dei raccolti) costrinse a reinserire sul mercato del lavoro una parte di emigranti attraverso un nuovo escamotage, il permesso di soggiorno temporaneo. Il resto è attualità. 3.2 Il Marocco e il problema migratorio Per il regno del Marocco e per tutti i Paesi in via di Sviluppo nordafricani, il fattore emigrazione è stato certamente uno dei problemi da affrontare nel corso della storia ma in un contesto generale ha avuto i suoi risvolti positivi. La partenza di decine di migliaia di disoccupati e la conseguente riduzione della pressione sul mercato del lavoro, il flusso di denaro proveniente dalle rimesse di tutti i fuorisede e la capacità professionale acquisita dai suoi emigranti attraverso l'esperienze lavorative prestate in occidente, hanno contribuito alla crescita economica, politica e sociale del Paese. Il governo marocchino ha sempre incoraggiato il flusso migratorio sin dal 1968 con il Piano quinquennale promosso da Hassan II, proseguendo poi negli anni Ottanta nonostante la chiusura progressiva delle frontiere operata dall'Europa. Dagli anni Novanta in poi, la trasformazione compiuta per forma e qualità dal flusso migratorio ha cambiato l'atteggiamento del governo di Rabat. Con la formazione e la crescita delle associazioni marocchine domiciliate in occidente (MRE) è nata un'apposita struttura, il Ministero per le Comunità Residenti all'Estero, con lo scopo di difendere i diritti di tutti gli immigrati, la diffusione di programmi educativi, sociali e culturali, promuovendo la presenza delle associazioni nei negoziati per la stesura dei trattati con USA ed Europa (attività rientrata dal 1996 nelle competenze del Ministero degli Esteri). Nel 1990 è stata creata la fondazione “Hassan II” (dal '96 è un agenzia completamente indipendente dagli enti dello stato) con il compito di coadiuvare gli sforzi del governo nell'ambito delle politiche migratorie. Secondo un'analisi compiuta dall'ILO (International Labour Office) è di sesso maschile l'85% degli immigrati marocchini presenti in . 90 occidente. Il 65% non ha contratto matrimonio, il 54% ha meno di 30 anni ed il 20% è sotto i 15 anni. In un'indagine fatta dall'OIM nel 2002 risulta che più della metà degli immigrati residenti nell'UE prima di lasciare il proprio Paese svolgeva un lavoro non soddisfacente, il 14% era disoccupato, un altro 14% andava a scuola e il restante 24% non aveva mai lavorato. La ricerca svolta dall'INSEA invece mira ad acquisire dati sul livello d'istruzione. Ne esce fuori che, nel 1998 i marocchini con una formazione tecnica e professionale sono stati il 16,7% del totale del campione. Se negli anni Sessanta, la maggior parte degli emigrati occupati proveniva dal settore agricolo, secondo l' INSEA nel 1998 solamente il 19,8% lavorava in agricoltura, il 41,4% era impiegato nel comparto del terziario e il 38,8% nell'industria. Nel 1999 il Consiglio dell'UE ha redatto un documento, il Piano di azione per il Marocco, in cui individua i cinque fattori che sono alla base del flusso migratorio: • la crescita demografica, un aumento esponenziale che ha avuto un forte peso sul mercato del lavoro; • il conseguente incremento della disoccupazione e un'inadeguata politica dell'impiego; • un basso tasso di crescita economica; • il mercato globalizzato della cultura e dell'informazione che ha prodotto nell'immaginario collettivo l'idea di un occidente ricco e prosperoso; • la collettività già residente all'estero che gioca un ruolo determinante nel processo di spostamento fornendo ai nuovi arrivi assistenza logistica e finanziaria. La decisione di emigrare nasce in seno alla famiglia, è quindi una scelta collettiva e non compiuta da un singolo individuo, un investimento vero e proprio per tutto il nucleo familiare. Il legame complesso che si instaura tra la comunità già residente all'estero e i parenti che ancora vivono in Marocco è un ulteriore impulso che spinge alla partenza. Rimanendo nell'ambito dell'indagine INSEA e riferendosi ai campioni intervistati, sono almeno quattro i motivi per cui un immigrato decide di partire. . 91 Il 68,8% lo fa per migliorare la propria condizione economica, il 13,7% per risanare una precaria situazione familiare, il 9,8% per motivi di studio e infine il 7,1% per ragioni di ordine sociale. Nel primo caso la maggior parte degli intervistati, il 40,7%, è alla ricerca di una prima occupazione, il 37,9% di un lavoro più gratificante e il 13,7% di un miglioramento della propria situazione finanziaria. Nel secondo, la causa prevalente è il ricongiungimento familiare (61,3% di casi sul totale). Il quarto e ultimo fattore, quello di origine sociale, ha motivazioni disparate, tra cui l'emulazione degli amici (il 57,5%) e l'insofferenza per la propria condizione. L'impatto economico e sociale del fenomeno migratorio è fonte di studi e di ricerche da parte di organizzazioni non governative e di istituti pubblici e privati. Al di là dell'effetto che l'evento ha prodotto sul mercato nazionale, attutendo l'impatto dell'offerta di lavoro in una realtà priva di domanda, il fenomeno delle rimesse ha nel caso del Marocco contribuito a risanare i conti dello Stato. Nel 1990 ha coperto l'84% del deficit commerciale del Paese, costituendo quasi un terzo dell'intera importazione. Continuando a sfogliare l'inchiesta realizzata dall'INSEA scopriamo che il 94% degli immigrati marocchini ha trasferito parte dei propri guadagni in madrepatria. Ben due terzi hanno reintrodotto nel loro paese di origine il 33% del proprio reddito annuale. Un ingente flusso di valuta pregiata, in continua crescita (16,5 mld di dirham nel '90, 23 mld nel 2000 e 37 mld nel 2001) la cui organizzazione, dagli anni Settanta in poi, è stata affidata ad una Banca dello Stato, il Credito Popolare del Marocco (CPM). Un genere diverso di rimessa è costituito da tutti quei beni materiali (auto, oggetti di vario genere, mobilia, generi alimentari) che l'immigrato spedisce o porta con sé nei viaggi di ritorno. Secondo i dati disponibili, l'introito dovuto alla rimessa ha inciso profondamente sulla vita quotidiana delle famiglie marocchine. Secondo un convegno organizzato nel 2000 a Montreal dall'Associazione Internazionale per le Statistiche Ufficiali, le rimesse hanno contribuito in maniera determinante alla riduzione dello stato di miseria della popolazione marocchina, diminuendo il livello di povertà del 4,2%, incidendo direttamente su 1.200.000 persone. . 92 Appagati i bisogni materiali della propria famiglia, l'immigrato medio ha quindi iniziato ad investire i propri risparmi. Nel 2000 il 70% dei marocchini residenti all'estero avevano investito valuta nel loro paese di origine, l'83,7% nel settore immobiliare, il 7,5% nell'agricoltura e il 4,9% nel commercio (percentuali che sono variate enormemente in previsione di futuri investimenti, decrescita del settore immobiliare e incremento del commercio, del turismo, dell'agricoltura e dell'industria). Gli investimenti delle rimesse hanno prodotto inoltre per la popolazione residente occasioni di lavoro in tutti quei settori beneficiati dall'entrata valutaria. Da un punto di vista sociale e culturale il fenomeno dell'immigrazione ha avuto un suo evidente influsso all'interno dei rapporti familiari e delle relazioni più allargate. Negli anni Ottanta lo sviluppo dell'associazionismo nelle comunità di immigrati marocchini, ha portato a un'evoluzione nella qualità degli investimenti. Una parte di interventi ha iniziato a indirizzarsi verso opere di carattere sociale (infrastrutture, educazione e sanità) e di consumo culturale (internet cafè, rivendite di telefonia portatile). Si è venuta a creare così una sorta di catena commerciale tra gli abitanti dei villaggi che gestiscono i progetti, le comunità di immigrati che le finanziano e le ONG (magari gestite da emigranti di seconda o terza generazione) che forniscono sostegno. Il fenomeno migratorio va ad incidere profondamente sugli equilibri sociali e culturali dei paesi di ritorno, accelerando mutazioni e cambiamenti nel contesto nazionale (l'evoluzione dello stato della donna, molto spesso sola e responsabile del proprio nucleo familiare ne è un esempio), con l'introduzione di nuovi modelli occidentali. Negli ultimi tempi si è invertito il processo originario, e la riscoperta di valori tradizionali a volte estremi e desueti (che servono però a ribadire il diritto di esistere e contare) si contrappongono a un contesto (Europa e Stati Uniti) che si arrocca su se stesso rifiutando l'immigrato ed il suo mondo. Un ulteriore problema, diretta conseguenza del fenomeno dell'emigrazione è il cosiddetto brain drain, ovvero la fuga di cervelli. Il regno maghrebino ha visto tra gli anni Settanta e Ottanta un vero e proprio esodo di giovani studenti, quasi 10.000 ogni semestre, che in . 93 buona parte sono rimasti a vivere nel Paese in cui sono emigrati. Dagli anni Novanta in poi, sono usciti dal Marocco molti diplomati alla ricerca di un lavoro o iscritti a facoltà universitarie. Il Marocco è ormai il terzo Paese (dopo Cina e Giappone) che ha più studenti fuori sede, il 3,1% del totale. Preoccupante è il fatto che ad emigrare siano tra gli altri, specialisti ed esperti laureati la cui partenza impoverisce l'humus produttivo del Paese. 3.3 Flussi migratori ed Unione europea Dalla metà degli anni Ottanta, il numero di emigrati marocchini presenti nella UE, si è almeno triplicato e oggi la comunità residente in tutta Europa copre la metà dell'intero flusso proveniente dal Maghreb. Nonostante in Marocco le condizioni politiche e sociali siano indubbiamente migliorate e la situazione economica sia in netta evoluzione, il flusso migratorio non si arresta. Un marocchino su dieci vive fuori dal Paese, e secondo un dato diffuso dall'AFVIC, l'Associazione delle Vittime dell'Immigrazione Clandestina, la maggior parte dei ragazzi con meno di 30 anni, a prescindere dal grado d'istruzione o dalla condizione familiare, sogna di andare a vivere in Europa e in Occidente. Un'emorragia che non si arresta da più di 40 anni. Oggi si stima che più di tre milioni di marocchini vive all'estero: l'86% nella Comunità Europea, il 9% nel mondo arabo e il 5% in America del Nord. L'immigrazione clandestina in Europa e in Italia L'immigrazione clandestina ha origine in Europa negli anni Cinquanta, quando il mondo dell'industria coloniale iniziò ad utilizzare la mano d'opera a basso costo proveniente dal Maghreb. Una massa di indigenti pronta a tutto voluta fortemente dall'industria e tollerata dal governo. Oggi, la crescita dell'economia sommersa e del lavoro nero (soprattutto quello precario o stagionale) è terreno fertile per l'immigrazione clandestina. . 94 I paesi dell'Europa mediterranea in cui il settore informale dell'economia sfiora un terzo del reddito nazionale, beneficiano più degli altri dei bassi costi salariali e dell'azzeramento delle spese di gestione che essa comporta. Le conseguenze sono ben note in Occidente: l'alterazione degli equilibri politici e sociali, l'incremento della microcriminalità e della malavita organizzata, l'aumento progressivo di ogni forma di razzismo e di nazionalismo esasperato. Una reale stima che determini la quantità precisa di immigrati irregolari presenti nell'Unione, i loro spostamenti e la loro provenienza, non è stata effettuata in quanto le fonti sono sempre discordanti. Ogni anno il governo italiano presenta in parlamento un decreto flussi, in cui viene stabilito quanta manodopera straniera può essere assorbita dal mercato nazionale. Durante l'anno in corso saranno rilasciati 150.000 permessi di lavoro e saranno presentate più di 450.000 richieste di soggiorno (inchiesta realizzata da “Il Sole 24 ore”), cifra confermata da un calcolo compiuto dal sito www.stranieriinitalia.it. Nel 2004 sono stati 100.000 gli ingressi consentiti dal decreto flussi, e 400.000 i modelli spediti o presentati alle questure in tutto il territorio; 300.000 richiedenti non hanno visto accolta la domanda ma sono rimasti a risiedere illegalmente nel Paese. A due anni di distanza dalla più grande sanatoria nazionale quindi, il ritmo di produzione dei clandestini in Italia è di 150.000 ogni anno solare. Se il 20% dei residenti stranieri nel territorio nazionale sono immigrati marocchini, si possono calcolare 60.000 irregolari, escludendo tutti quelli che non hanno preso parte al lotto dei decreti flussi degli ultimi due anni. Al di là dei dati e delle cifre, il problema legato al fenomeno dell'immigrazione clandestina nasconde un dramma umano, un'emergenza umanitaria di enormi dimensioni. Sono migliaia gli emigranti maghrebini e dell'Africa subsahariana che ogni anno perdono la vita cercando di raggiungere le coste dell'Europa, o privi di aiuto e di sostegno, fermati e rimpatriati, destinati a morire sulla strada del ritorno (inchiesta 2004, Report). Anche in questo senso gli accordi ed i trattati nati prima e dopo Schengen devono essere rivisti e regolati. . 95 Azioni ed interventi internazionali e dell'Italia Come previsto dal Protocollo approvato dal Congresso di Tampere (ottobre 1999), per regolare i flussi migratori e garantire il rispetto dei diritti degli stranieri residenti nell'Unione, è necessario aprire una fase di massima collaborazione e di partenariato tra i paesi di origine e di destinazione di tutti gli immigrati. All'efficace politica che ha promosso i rapporti bilaterali, bisogna affiancare un'azione comune che tenda ad omologare la condotta delle singole nazioni. All'interno della cooperazione euromediterranea, avviata dal Trattato di Barcellona, ripresa dall'incontro dei Ministri degli Esteri dell'UE del novembre del 2000 e dalla Conferenza dei Ministri degli Interni del Mediterraneo occidentale del 2001, si sono stabilite cinque direttive da seguire per controllare il flusso migratorio legale ed illegale: • fornire ai paesi maghrebini apparecchiature per il pattugliamento delle aree costiere; • assistere e riorganizzare le strutture adibite alla riammissione dei cittadini espulsi dalla UE; • formare professionalmente, nei paesi di accoglienza e di provenienza, gli immigrati che fanno parte del quadro di flussi concordati; • intervenire per creare occupazione nelle aree a rischio emigrazione dei paesi maghrebini, favorendo l'inserimento dei giovani e lo sviluppo della microimprenditoria; • incoraggiare l'immigrazione di ritorno, sostenendo con incentivi finanziari le iniziative imprenditoriali degli emigranti che rientrano nei paesi di provenienza. Nel 1998 l'Italia ed il Marocco hanno firmato un accordo per la riammissione degli immigrati irregolari fermati nel nostro territorio. Nel 2001, nel settore della piccola e media imprenditoria, l'Italia ha aperto linee di finanziamento in Marocco nel comparto del commercio, dell'artigianato, delle banche e del turismo al fine di realizzare un'unità di assistenza tecnica all'interno dell'amministrazione locale. . 96 Nel nostro paese, l'afflusso di immigrati è cresciuto annualmente in modo esponenziale. Nella tabella seguente si fa il punto sulla situazione, confrontando i dati dal 2001 al 2003. CITTADINI STRANIERI RESIDENTI IN ITALIA SUDDIVISI PER NAZIONALITÀ ANNO 2001 ANNO 2002 ANNO 2003 MAROCCO 158.094 MAROCCO 172.834 ROMANIA 239.436 ALBANIA 144.120 ALBANIA 168.963 ALBANIA 233.616 ROMANIA 75.377 ROMANIA 95.834 MAROCCO 27.940 CINA 62.314 UCRAINA 112.802 CINA 56.566 FILIPPINE 62.257 CINA 100.109 TUNISIA 46.494 TUNISIA 51.384 FILIPPINE 73.847 USA 43.650 USA 47.645 POLONIA 65.847 SENEGAL 34.811 SENEGAL 36.310 TUNISIA 60.572 SRI LANKA 34.464 SRI LANKA 35.845 USA 48.286 POLONIA 30.658 POLONIA 35.077 SENEGAL 47.762 FILIPPINE 64.215 FONTE : DIREZIONE DEGLI AFFARI SOCIALI ED ECONOMICI - EDIZIONI DEL CONSIGLIO D' EUROPA . Il decimo rapporto sulle migrazioni redatto dalla Fondazione Iniziative e Studi sulla Multietnicità (ISMU) calcola che a gennaio 2005 gli stranieri presenti in Italia erano più di tre milioni di cui oltre mezzo milione proveniente dal Marocco, la comunità più nutrita fino al 2002, oggi superata dai gruppi provenienti dall'America Latina e dall'Europa orientale. Al primo gennaio 2004, secondo fonte Istat, erano ben 1.990.159 gli stranieri residenti in Italia, 440.000 in più rispetto allo stesso periodo del 2003, il 3,4% della popolazione complessiva. Considerando il lasso di tempo che intercorre tra l'acquisizione del permesso di soggiorno e l'iscrizione all'anagrafe nazionale, si stima che la popolazione straniera regolare effettiva nel 2004 è stata di circa 2 milioni e mezzo di persone. . 97 Le leggi sull'immigrazione dall'86 ad oggi Negli anni '80 un esodo di massa di proporzioni straordinarie investì il nostro Paese che fu costretto a confrontarsi con un fenomeno ancora poco conosciuto. Nel 1981, per la prima volta nella storia della Repubblica italiana, il saldo migratorio diventava positivo. Da Paese di emigranti ci eravamo trasformati in Paese d'immigranti. Nel 1986, l'approvazione della 943, la prima legge sull'immigrazione, fu accompagnata da un acceso dibattito aperto nel Paese e in parlamento. La nuova legge indicava in linea di principio due direttive da seguire. Da una parte definiva il trattamento e il collocamento degli immigrati regolari, garantendone i diritti, dall'altra stabiliva nuove norme per frenare il flusso clandestino. Demandava agli enti locali e alle Regioni il compito di collocare gli immigrati in base all'esigenza delle imprese e del mercato del lavoro, dando il via alla prima sanatoria della storia. A causa dell'esiguo numero di imprese che legalizzò la manodopera straniera e dell'esclusione del vasto mondo del precariato che esisteva nel Paese, ben due terzi dei 150.000 immigrati vennero sanati con la formula introdotta “alla ricerca di lavoro”. Tre anni dopo, la Legge Martelli provò a colmare le lacune prodotte dalla 943, affidando agli enti locali più poteri operativi. Ma l'applicazione della legge si rivelò più ostica di quanto si potesse immaginare, la maggior parte delle Regioni non riuscì a legiferare e le questure si fecero trovare impreparate. Nel '98 fu promulgato un nuovo testo che prevedeva la stesura di un documento di programmazione triennale, che doveva analizzare le indicazioni fornite dal Ministero del lavoro in relazione al numero di stranieri iscritti alle liste di collocamento. Inoltre venne approvata la pubblicazione di un decreto annuale con cui veniva definita la quota massima di stranieri ammessi nel mercato del lavoro e nuove norme inerenti al lavoro stagionale. Fu introdotta la formula del “respingimento con accompagnamento alla frontiera” per i clandestini fermati sul territorio dello Stato. Nacquero così i discussi centri di permanenza nazionale allo scopo di accogliere gli extracomunitari irregolari che dovevano stazionare nel Paese prima di venire allontanati. Nel 2002 è stato presentato alle Camere l'ultimo testo legislativo in materia d'immigrazione, la legge Bossi-Fini. . 98 La legge Bossi Fini, approvata il 4 giugno del 2002, ha modificato alcuni punti della normativa precedente, introducendo sostanziali novità. Nell'ambito dei programmi di aiuto e di cooperazione, ha sollecitato l'impegno dei Paesi terzi per prevenire e reprimere i flussi migratori clandestini. Ha inasprito le norme che regolano il rilascio dei visti d'ingresso. Il visto non viene concesso a chiunque abbia subito una condanna penale, non distinguendo né numero né gravità dei reati commessi. La programmazione dei flussi d'ingresso che dovrà essere stabilita entro il 30 novembre dell'anno in corso, prevede un coinvolgimento attivo delle Regioni. L'immigrato che richiede un permesso di soggiorno deve essere sottoposto a rilievi fotodattiloscopici. Una misura che ha sollevato molte perplessità e che è stata sottoposta a verifica costituzionale. Il rigore espresso in materia di alloggi, ha reso più complicato accedere a un contratto di soggiorno. E' stata inasprita la sanzione penale per chi impiega manodopera straniera irregolare. In caso di rimpatrio l'immigrato conserva i diritti previdenziali ma non potrà più reclamare la liquidazione immediata dei contributi versati a suo favore. Sono state approvate nuove restrizioni nell'ambito del diritto alla ricongiunzione familiare (è stato previsto il ricongiungimento dei figli maggiorenni solo se a carico e totalmente invalidi e dei genitori solo se gli immigrati, nel Paese di origine, non hanno altri fratelli). Per quanto riguarda i figli minori è previsto il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di studio, accesso al lavoro o per esigenze sanitarie, fino al compimento della maggiore età. Anche questa norma è stata censurata dalla prima giurisdizione amministrativa, che ha sottolineato forme di illegittimità costituzionale. La regolarizzazione dello statuto d'immigrato è stata estesa solo ai rapporti di lavoro domestico e di assistenza familiare, escludendo gli altri rapporti di lavoro subordinato. La normativa che regola l'istituto di asilo politico, prevede la costituzione di apposite strutture, denominate Centri di Identificazione che dovranno ospitare coloro che richiedono lo status di rifugiato. La procedura semplificata, accelera i tempi di iter dell'esame, dell'appello e del ricorso in terza istanza al Tribunale in Composizione Monocratica (il quale non sospende nel frattempo il provvedimento di allontanamento dal territo- . 99 Appendice rio nazionale). Nonostante l'obbligo per la commissione territoriale di valutare le conseguenze di un rimpatrio, sono stati fatti molti ricorsi appellandosi all'articolo 3 della Costituzione Europea che regola la salvaguardia dei diritti dell'uomo. Infine è stata istituita la Direzione Centrale dell'Immigrazione e della polizia delle frontiere che ha il compito di coordinare le attività di contrasto al flusso clandestino avendo inoltre giurisdizione in materia d'ingresso e di soggiorno per gli stranieri. INDIRIZZI UTILI IN ITALIA Ricordiamo infine, che da gennaio 2006, chi sarà regolarizzato da una sanatoria in un qualsiasi Paese dell’UE, dovrà aspettare cinque anni prima di potersi spostare da uno Stato membro all'altro. Le competenze in materia di immigrazione illegale sono appannaggio dei governi nazionali, e l'introduzione della nuova Costituzione Europea lascerà immutate le regole a riguardo. AMBASCIATA DEL MAROCCO IN ITALIA DELEGAZIONE PRESSO LA BANCA COMMERCIALE ITALIANA Via Spallanzani, 8/10 - 00161 Roma Piazza della Scala 6 - 20121 Milano Tel +39 06 4402587 Tel +39 02 8051479 www.ambasciatadelmarocco.it Fax +39 02 88046130 INDIRIZZI UTILI IN MAROCCO AMBASCIATA D'ITALIA IN MAROCCO UFFICIO NAZIONALE MAROCCHINO DEL TURISMO 2, Zankat Idriss Al Ahzar - Rabat Direttore generale: M. Abbès Azzouzi Tel +212 37 706597 Rue Oued Fès - Angle Avenue Al Abtal - Agdal Fax +212 37 706882 Rabat E-mail: [email protected] Tel +212 37 68 15 31/32/33 - 68 15 41/42 www.ambitalia.ma Fax +212 37 77 74 37 [email protected] CAMERA ITALIANA DEL COMMERCIO E DELL'INDUSTRIA Presidente: M. Paolo Luigi Cittadini UFFICIO NAZIONALE DELLE POSTE E TELECOMUNICAZIONI Rue Amine Kacem - Casablanca Direttore generale: M. Abdeslam Ahizoun Tel +212 22 327 82 17/ 26 46 51/ 26 56 53 Avenue Annakhil - Hay Riad - Rabat Fax +212 22 27 86 27 Tel +212 37 71 26 26/ 71 44 28 à 30 Fax +212 37 70 62 27 BANCA MAROCCHINA DEL COMMERCIO ESTERO 140, Avenue Hassan II - Casablanca UFFICIO NAZIONALE DELLA PESCA Tel +212 22.20.03.25 Direttore generale: M. Majid Kaissar El Ghaib Fax +212 22.20.05.12 13, Rue Lieutenant Mahroud (Ex-Chevalier Bayard) - Casablanca Tel +212 22 24 05 51/52 Fax +212 22 24 23 05 . 100 . 101 UFFICIO DEI CAMBI UFFICIO NAZIONALE DEGLI AREOPORTI UFFICIO DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE E DELLA UFFICIO NAZIONALE DEL THE E DELLO ZUCCHERO Direttore generale: Direttore generale: Mohammed Amal Guedira PROMOZIONE DEL LAVORO Direttore generale: M. Omar Alaoui Benhachem Aéroport Mohamed V - 20250 Nouasseur Direttore generale: M. Larbi Bencheikh M. Ahmed Alaoui Abdellaoui Place Moulay Hassan - B.P. 71- Rabat B.P. 8101 - Casablanca 231, Rue Boulevard Ibn Tachfine - B.P. 2119 Route Tit Mellil - Boulevard Ahl Loghlam Tel +212 37 72 61 34/73 19 72 Tel +212 22 33 90 40/ 33 91 40 Casa - Gare Casablanca 20300 B.P. 13618 - Aïn Sebaâ - Casablanca Fax +212 37 72 12 59/ Fax +212 22 33 99 01 Tel +212 22 40 22 50 / 53 / 89 /90 / 40 32 Tel +212 22 35 08 73 / 35 08 97 36 / 40 35 90 Fax +212 22 35 09 11 Fax +212 22 40 36 50 UFFICIO DEL COMMERCIO E DELLE ESPORTAZIONI UFFICIO MARITTIMO DEI PORTI Direttore generale: M. Mohamed Guessous Direttore generale: M. Mohammed Halab 45, Avenue des FAR - 13ème Etage B.P. 13259 UFFICIO DELLO SVILUPPO E DELLA COOPERAZIONE 175 - 177, Boulevard Zerktouni - Casablanca UFFICIO MAROCCHINO DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE Direttore generale: M. Ahmed Ait Haddout Casablanca Tel +212 22 23 23 24 Direttore generale: M. Aziz Bouazzaoui 13, Rue Dayat Aoua - B.P. 1297 - Agdal Tel +212 22 31 41 03 / 17 / 31 45 40 / 31 15 25 Fax +212 22 23 23 35 Route de Nouasseur - R.S. 114 Km 9,5 - Sidi Rabat Maârouf Tel +212 37 77 10 06/ 33/ 34 UFFICIO PER LO SVILUPPO INDUSTRIALE B.P. 8072 - Oasis - Casablanca Fax +212 37 77 10 05 UFFICIO DEI FOSFATI Direttore generale: Tel +212 22 33 54 86 ORDINI E ASSOCIAZIONI PROFESSIONALI Direttore generale: M. Mourad Cherif M. Mourad Bachir El Bouhali Fax +212 22 33 54 80 Route El Jadida - Km 7 - B.P. 5196 10, Rue Ghandi - B.P. 211 - Rabat Casablanca Tel +212 37 70 84 60/ 70 76 35 Tel +212 22 23 01 25/ 23 10 25 Fax +212 37 70 76 95 Fax +212 22 31 39 79 ORGANISMI DELL'ONU Fax +212 22 23 06 35 UFFICIO NAZIONALE DEI TRASPORTI UFFICIO NAZIONALE DELLE RICERCHE E DELLE ESPORTA- Direttore generale: PNUD - PROGRAMMA DELLE NAZIONI UNITE PER LO CINU - CENTRO D'INFORMAZIONE PER LE NAZIONI UNITE ZIONI PETROLIFERE M. Mohammed Lahbib Gueddari SVILUPPO Direttore: M. Emanuel Derricks De Casterli Direttore generale: Mlle. Amina Benkhadra Rue Al Fadila - Quartier industriel B.P. 596 Rappresentante Residente: M. Emanuel 6, Zankat Tarik Ibnou Ziad (Angle Rue 34, Avenue Al Fadila - Quartier Industriel Rabat Derricks De Casterli Roudana) Rabat Tel +212 37 79 78 42 / 43 Angle Avenue Moulay Hassan et Zankat Quartier la Résidence - B.P. 601 - Rabat - Tel +212 37 79 60 38 / 79 50 05 Fax +212 37 79 78 50 Assafi - Casier Chellah ONU - Rabat - Chellah Tel +212 37 76 86 33 / 76 32 04 Fax +212 37 76 83 77 UFFICIO NAZIONALE DELLE FERROVIE UFFICIO DELLE FIERE E DELLE ESPOSIZIONI DI CASABLANCA Tel +212 37 76 86 33 / 037 70 35 55 Direttore generale: Direttore generale: M. Abdelkader Barbache Fax +212 37 70 15 66 M. Mohamed Rabii Lakhlii 11, 8 Bis, Rue Abderrahmane El Ghafiki Casablanca FNUAP B.P. 1029 - Agdal Rabat Tel +212 22 29 30 71 / 27 15 45 PER LA POPOLAZIONE 9, Rue Tiddas - B.P. 1369 - Rabat R.P. Tel +212 37 77 47 47 Fax +212 22 26 49 49 Rappresentante: M. Georgie Tel +212 37 76 57 56 / 76 58 65 Angle Avenue Moulay Hassan et Zankat Fax +212 37 76 64 68 Fax +212 37 77 44 80 Rue Boukraa (Ex-Jules Mauran) FAO - FONDI DELLE NAZIONI UNITE Rappresentante: M. Mohamed Rouighi Assafi - Casier ONU - Rabat - Chellah Tel +212 37 70 17 58 / 76 78 31 / 76 78 33 Fax +212 37 70 14 82 . 102 . 103 - COMMISSIONE ECONOMICA PER L'AFRICA ORDINI E ASSOCIAZIONI UNICEF CEA Rappresentante: Dr. Sergio Soro CENTRO 28, Rue Oum Rabia - Agdal - Rabat DEL Tel +212 37 77 22 12 / 14 / 54 / 79 / 59 / 66 Direttore: Soodursun Jugessur ORDINE DEGLI ARCHITETTI ASSOCIAZIONE DEGLI INGEGNERI DEL MAROCCO Boulevard Mohammed V - Pavillon Presidente: M. Said El Fassi Fihiri 5, Rue Mustapha El Mehdaoui - Casablanca international - B.P.316 - Tanger 21, Rue Abou Hanifa - Agdal - Rabat Tel +212 22 30 72 24 Tel +212 - 9 32 23 46 / 47 Tel +212 37 67 55 42 / 43 / 44 Fax +212 22 30 72 24 Fax +212 - 9 34 03 57 Fax +212 37 67 55 45o Fax +212 37 77 24 36 UNISEM - FONDI DELLO SVILUPPO DELLE NAZIONI UNITE PER LA DONNA Rappresentante: Mme Zineb Touimi DELLO SVILUPPO SUB REGIONALE PER L'AFRICA PROFESSIONALI NORD (CDSR) CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ORDINE DEI MEDICI [email protected], ASSOCIAZIONE DEI BARREAUX DEL MAROCCO Presidente: Pr. Moulay Driss Archane Angle Avenue Moulay Hassan et Moulay Presidente: Maître Brahim Semlali Maternité Souissi - 9 ème étage - B.P 6555 Ahmed loukili 49, Av. Djebel El Ayachi - App. 16 Agdal Rabat Instituts Rabat Tel +212 37 77 93 49 / 77 93 50 NAZIONI UNITE PER I RIFUGIATI Tel +212 37 67 55 49 Fax +212 37 77 13 49 Delegato Onorario: M. Mohamed M'JID Fax +212 37 67 55 51 Benjelloun [email protected] Tel +212 37 70 35 55 OMS - ACNUR ORGANIZZAZIONE MONDIALE PER LA SANITA' - UFFICIO DELL'ALTO COMMISSARIATO DELLE Rappresentante: M. Taoufik ZERIBI 13, Rue Blida - B.P. 13434 - Casablanca Ministero della Sanità - B.P. 812 Rabat CONSIGLIO DELL'ORDINE DEI FARMACISTI Principal ORDINE DEGLI AVVOCATI Presidente: M. Said El Gharbi Méchouar Tel +212 22 20 03 96 / 27 98 55 Avenue Mohammed V. Cour d'Appel - Rabat Hay Ryad secteur 10 n° 6 - Rabat - BP 1374 Tel +212 37 76 67 44 Fax +212 22 27 98 55 Tel +212 37 76 41 23 (R.P.). Fax +212 37 76 60 88 Tel +212 37 71 33 14 Place Mohammed V. Tribunal de Première Fax +212 37 71 19 04 Fax +212 37 76 68 05 Instance - Casablanca CAMERE PROFESSIONALI Tel +212 22 22 11 72 / 26 28 46 ASSOCIAZIONE DEGLI INTERPRETI PROFESSIONISTI Fax +212 22 27 02 74 Presidente: M. Farouk Chraibi 17, Rue Abou Dhabi - Casablanca FEDERAZIONE DELLE CAMERE D'AGRICOLTURA DEL FEDERAZIONE DELLE CAMERE DEL COMMERCIO E DELLE ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE DELLE BANCHE DEL MAROCCO INDUSTRIE DEL MAROCCO MAROCCO Presidente: M. Mohcine Bekkali Presidente: M. Ahmed Lamrabet Presidente: M. Othmane Benjelloun 2, Rue Ghandi - Rabat 6, Rue Arfoud - Hassan - Rabat 71, Avenue des FAR. 11 ème étage. Tel +212 37 70 69 29/ 70 34 75 Tel +212 37 76 70 78 / 76 78 81 B.P. 13577 - Casablanca Fax +212 37 70 69 22/ 20 09 48 Fax +212 37 76 70 76 / 76 78 96 Tel +212 22 31 17 00 / 31 16 24 / 31 48 31 Tel +212 22 98 63 49 / 25 65 58 Fax +212 22 25 26 12 Fax +212 22 31 49 03 FEDERAZIONE DELLE CAMERE DELL'ARTIGIANATO Presidente: M. Mohamed El Kabbaj 236, Avenue John Kennedy Route des Zaërs Rabat Tel +212 37 75 67 52 / 75 67 58 Fax +212 37 75 67 66 . 104 . 105 Bibliografia e pagine Web consultate MAROCCO, storia società e tradizioni, arte e cultura religione di Hakim Mohamed Belhatti, Edizioni Pendagron, 2000. LA QUESTIONE DELLA DEMOCRAZIA NEL MONDO ARABO stati società e conflitti di F. Bicchi, L. Guazzone e D. Pioppi, Edizioni Polimetrica, 2004. LE MAROC EN CHIFFRES 2003. Haut Commissariat au Plan. Royaume du Maroc, 2004. IL MERCATO DEL LAVORO IN MAROCCO TRA MIGRAZIONI E SVILUPPO SOCIALE di P. Salemi, CESPI, 2003. ICE, Marocco. ISTAT, Marocco. www.minicom.gov.ma È il sito del Ministero della Comunicazione. Lo consigliamo a chiunque volesse approfondire la conoscenza sui funzionamenti istituzionali del Paese. Il sito inoltre offre la possibilità al navigatore di accedere a ulteriori links per ottenere informazioni su: ministeri (indirizzi e funzionamento), organismi pubblici, enti, soggetti e istituzioni della vita economica e sociale del Paese, media, ultime riforme approvate in parlamento e risultati elettorali. www.maec.gov.ma È il sito del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione. Accedendo all'indirizzo si otterranno informazioni sui programmi ministeriali, sulle azioni diplomatiche e consolari, approfondimenti su convenzioni, accordi e protocolli stipulati dal Marocco con il mondo arabo, con l'Europa e con gli Stati Uniti. . 107 www.statistic-hcp.ma È il sito dell'ufficio della Direzione della Statistica che fornisce i risultati sulle ultime analisi compiute nel mondo dell'economia. www.ambasciatadelmarocco.it www.invest-in-morocco.gov.ma È il sito del Dipartimento degli Investimenti esteri, utile per chi volesse acquisire informazioni sulla normativa che regola il mondo degli affari e statistiche sugli investimenti stranieri in Marocco. www.educationweb.it www.maec.gov.ma (Il sito ufficiale del governo del Marocco) www.marocconews.it www.proteo.it Per gli imprenditori che volessero avere notizie sui grandi progetti strutturali avviati nel Paese offriamo 7 siti utili. www.equilibri.net www.osservatoriosullalegalità.org Trasporti: www.adm.co.m (autostrade piano di azione e progetti in corso) www.mtmm.gov.ma (Ministero del Trasporto, programmazione dello sviluppo del trasporto ferroviario, marittimo e stradale) www.cestim.org www.provincia.torino.it Elettricità: www.one.org.ma (Ufficio nazionale dell'elettricità: piano strutturale dei progetti in programma) www.onep.org.ma (acqua potabile) www.intermax.com Agricoltura: www.agripartenariat.ma (concessione ai privati delle proprietà agricole dello Stato) www.ilPassaporto.it www.stranieriinitalia.it www.velagratis.it www.ilmanifesto.it Telecomunicazione: www.anrt.nat.ma (piano strutturale dei progetti in programma) Cinema: www.mincom.gov/cinemaroc (potenzialità e investimenti nell'industria cinematografica marocchina) www.lavieconomique.ma www.LeMondeDiplomatique.fr www.employ.gov.ma www.mcinet.gov.ma Ministero del Commercio dell’ Industria e dell’ Artigianato . 108 . 109