L`analisi transazionale serve anche allo sport

Transcript

L`analisi transazionale serve anche allo sport
Psicologia e sport
Una interpretazione del Mental Training secondo la Analisi
Transazionale
Articolo tratto da Neopsiche n.° 17/2014 pag.87
* Rivista di Analisi Transazionale e Scienze Umane *
Ringraziamo l’Associazione Italiana di Analisi Transazionale (A.I.A.T. –
www.aiat.it) per averci autorizzato a pubblicare l’articolo.
1
Psicologia e sport
Una interpretazione del Mental Training secondo la Analisi
Transazionale
Il team Sport dell’I.T.A.T: Elisabetta Vercellino, Barbara De Marchi, Antonella Donatone, Maristella
Fantini, Dinorah Moscatelli.
La teoria della Analisi Transazionale offre una interpretazione moderna della personalità umana e
dei nodi che ne coartano la piena espressione. Anche se utilizzata principalmente per la terapia, ha
trovato da sempre ottime ricadute sul piano educativo e organizzativo. Lo sport, palestra di crescita
e benessere, può trarre da tale teoria spunti importanti per inquadrare il legame tra psiche e corpo
nelle situazioni agonistiche. In questo articolo esamineremo l’utilità del Mental Training secondo
alcuni concetti dell’Analisi Transazionale. Partiremo dal parallelismo tra stati dell’Io e attività
fisica, per sviluppare un possibile significato psicodinamico delle tecniche di coaching.
Mental Training e Analisi Transazionale
Il Mental Training si può definire come un processo di allenamento delle abilità mentali dell’atleta
al fine di potenziarne la performance di gioco.1 Viene effettuato da un professionista che si avvale
di diverse tecniche, volte ad accrescere nell’atleta la consapevolezza delle proprie risorse e la
gestione dei vissuti emotivi per facilitare la vittoria. Ogni programma di Allenamento Mentale deve
essere sviluppato insieme al giocatore, per conoscere non solo le sue vere potenzialità, ma
soprattutto per superare le problematiche presenti; se il professionista è anche psicoterapeuta, userà
le conoscenze possedute a livello diagnostico riuscendo a mettere in rapporto la situazione
problematica alla personalità dell'atleta e alla sua storia. L'intervento di Mental Training si sviluppa
per circa una decina di incontri. L'inizio dell'intervento è preceduto da un momento di conoscenza
dell'atleta (dati anamnestici), di approfondimento sulla predisposizione verso la disciplina, sulle
relazioni interpersonali, sull’inserimento nel gruppo (nel caso di sport di squadra), sugli eventi
significativi della vita privata (traumi, lutti) recenti o pregressi, sugli infortuni che possano aver
minato lo stato fisico ottimale, sulle eventuali malattie, sui possibili sintomi psicosomatici spia di
un malessere. Se si concorda con l'atleta per un percorso individualizzato si terrà conto del
problema (diagnosi), delle tecniche idonee (strategia) e della ricaduta a breve termine (verifica). Il
rapporto di sostegno per affrontare la competizione, anche se riguarda principalmente “il corpo che
agisce”, è strettamente connesso con “la mente che accompagna”. Corpo e mente sono considerati
prospettive diverse di una stessa unità, anzi il loro agire in unisono costituisce il principale fine
degli interventi.
Molti degli psicologi che lavorano in ambito sportivo e che utilizzano programmi di Mental
Training, hanno alle spalle una scuola di pensiero che li supporta e che caratterizza le varianti delle
loro tecniche. Pensiamo all’uso vincente della ipnosi nel sostenere atleti professionisti, che ha
portato a sviluppare teorie specifiche, quali il Metodo Sfera, ormai entrato nei programma olimpici.
Qui l’ipnosi ha utilizzato metodologie di regressione vigile e di fantasia per trasformare tensioni in
potenzialità, stanchezza in trampolino di forza.2
Anche la Analisi Transazionale è da tempo una teoria di riferimento in molti ambiti sportivi.
Pensiamo a come l’ha utilizzata l’indimenticabile Carlo Moiso, ex giocatore ed allenatore di
baseball, che collaborando con l'Associazione Italiana di Psicologia dello Sport (A.I.P.S.) ha
contribuito alla nascita della Società Professionale Operatori in Psicologia dello Sport e delle
Attività Motorie. Vicino a noi, a Torino, viene impiegata da anni nei corsi di perfezionamento in
1
2
Davide Milone, Il Mental Trainer sportivo
Vedi le esperienze del dr. Giuseppe Vercelli durante le Olimpiadi invernali di Torino nel 2006 e di Pechino nel 2008
2
Psicologia dello Sport presso l’ISEF e molto si è scritto da parte di diverse Scuole di Analisi
Transazionale sparse in Italia, per delucidare la fase di contratto, di allenamento e di crescita
sportiva. Sono ormai moltissimi gli psicologi analisti transazionali con formazione sportiva, che
hanno sviluppato e applicato validamente i concetti della A.T. nell’ambito del coaching. Dalle
sottoscritte viene impiegata come base torica e metodologica all’interno del progetto per il Settore
Giovanile, che la Juve organizza per tutte le squadre dei suoi giovani sportivi.3
E’chiaro come un programma di Mental Training vada ad incidere su autostima, motivazione,
attenzione, emozioni, conflitti, relazione di gruppo, dialogo interno, e sia perciò interpretabile
secondo i concetti transazionali che trattano tali temi. Per costruire una ipotesi interpretativa,
partiamo dal concetto di attività sportiva, per arrivare agli stati dell’Io e alla energia psichica
Attività sportiva e teoria degli stati dell’Io
Innanzitutto chiediamoci cosa significa attività sportiva. Contiene sfumature diverse insite nel
concetto “attività”.4
Come primo significato è un’attività fisica, definibile come “l’insieme di tutti i movimenti del
corpo che comportano dispendio energetico”. Questa è la base dello sport, il suo fulcro. L’atleta
vuole muoversi, sentire il fisico in azione, usare liberamente la forza intenzionale. E’contenuto qui
il piacere dell’espansione nello spazio, la conoscenza attiva dei propri apparati sensoriali e muscolo
scheletrici, il desiderio di muoversi attivando il piano istintivo. Possiamo affermare che tale base
può ben riferirsi allo stato dell’Io Bambino. Esso infatti è “la parte più preziosa della personalità e
dà all’esistenza individuale lo stesso contributo che un bambino vero reca alla vita famigliare:
simpatia, gioia creatività5”. Lo sport è da sempre associato al concetto di “gioco” e molte discipline
hanno questo termine incastonato nella definizione, si dice ad esempio: il gioco del calcio. Lo stato
dell’Io Bambino è sovrapponibile al corpo per sua stessa natura: “nel Bambino risiede lo spontaneo
impulso ad agire”.6 Anche le neuroscienze avvallano l’idea che tutti i circuiti neuronali espressivi
della sfera emotiva, della memoria arcaica e della omeostasi corporea, ossia del controllo mentale
sul corpo, abbiano sede nella parte del cervello che è la prima a maturare durante l’infanzia, ossia
che il corpo resti ancorato alla mente primaria (Sé primario emozionale), primo centro maturo nei
bambini.
Ma l’attività fisica dello sport è costituita da esercizi fisici, ossia da “movimenti ripetitivi,
programmati e strutturati, specificamente destinati al miglioramento della forma”. Qui si sottolinea
come non basti muoversi, cosa che facciamo quotidianamente nelle attività domestiche e lavorative,
ma ci voglia una ripetitività di esercizi, scelti, riproposti e organizzati per potenziare certe capacità
piuttosto che altre. L’entusiasmo spontaneo del movimento trova una realizzazione dentro forme
finite, che lo veicolano in programmi di allenamento. Sembra qui emergere il ruolo dello stato
dell’Io Adulto, che appunto sceglie, decide e guida un istinto, diventando consapevole delle facoltà
superiori impiegate. “L’Adulto valuta i dati di cui dispone e calcola le probabilità che gli si offrono:
sono due attività essenziali per affrontare il mondo esterno. (…) Le soddisfazioni procurate dalla
riuscita di un calcolo del genere sono le stesse che si ricavano da certi sport, lo sci, il volo, la vela,
ed altri ancora che comportano un movimento”.7 E’ interessante notare come Berne si riferisca
specificamente allo sport, specie nelle discipline rischiose, quando parla di un Adulto che non solo
coordina i dati ma li valuta anticipatamente. Da tale componente mentale derivano tutte la capacità
superiori ed astratte di cui ha assoluto bisogno l’atleta durante l’apprendimento e la gara.
3
Dal 2006 a oggi psicologhe a indirizzo transazionale lavorano nella Formazione Juventus con giovani di età compresa
tra 7 e 20 anni.
4
Vedi la bella tesi di Laura Ventura , La motivazione all’attività fisica, Università degli studi di Padova.
5
Berne E., A che gioco giochiamo, pag. 28
6
Berne E., Id., pag 29
7
Berne E., Id, pag 30
3
Lo sport è però qualcosa di più, che lo distingue da tutte le altre azioni o esercizi fisici volti al
miglioramento della performance. Esso è attività specificamente sportiva, ossia “un’attività fisica in
situazioni competitive strutturate e sottoposte a regole”. Qui emerge l’importanza dello stato dell’Io
Genitore, che deve accettare le regole imposte dalla disciplina in oggetto, ma anche le regole delle
gare, le normative legate al rapporto con l’allenatore, con il gruppo squadra, con la società sportiva.
Sono regole continue, durante gli allenamenti, la competizione e dopo. Sanciscono le scelte
dell’allenatore quando definisce ruoli e schemi e accompagnano l’atleta in campo e nello
spogliatoio. Un buon uso del Genitore veicola l’atleta all’interno di comportamenti adeguati ed
efficaci, secondo la legge dell’efficienza neurale, che significa che quando un comportamento è
automatico, ormai assodato nelle sue consequenzialità e regole, è più rapido. Un comportamento
motorio agito di prassi è meno dispendioso. "Il Genitore assicura l’automaticità di molte reazioni,
con un notevole risparmio di tempo e di energia”.8 Quindi l’attivazione del G durante lo sport serve
alla correttezza, alla disciplina di allenamento, alla relazione di squadra, ma anche alla maggiore
efficacia di gesti, poiché permette l’introiezione, dentro la memoria procedurale, di molti schemi
automatici di gioco.
Possiamo dunque affermare che lo sport, partendo da una massiccia attivazione del B, sede
espressiva del corpo, ha bisogno di una buona attivazione di tutti gli stati dell’Io per poter far
entrare l’atleta nella competizione agonistica e mantenerlo all’interno della organizzazione sportiva.
Attività sportiva e energia psichica
Possiamo adesso spostare le riflessioni sulla attivazione degli stati dell’Io secondo la teoria
dell’energia psichica di Berne. Egli, rifacendosi alle scoperte sull’attivazione neuronale elettrica,
aveva intuito che ogni componente mentale attiva una corrispettiva componente cerebrale, e che il
cervello funziona per variazioni elettriche, da lui chiamate carica energetica. Se una componete
psichica è attivata, ossia se il nostro Io si esprime attraverso di essa, significa che tale componente
(psichica e biologica nel suo substrato organico funzionale) possiede una carica energetica, pulsa di
energia.
Berne distingue tre tipi di energia possibile: legata, slegata e libera. La prima è quella potenziale,
non ancora attivata, come una scimmia che sta ferma su un ramo; la seconda è quella che
spontaneamente emerge (come quando la scimmia si lascia cadere), è piuttosto istintiva e deriva da
una condizione in cui il soggetto è piuttosto passivo; la terza è quella diretta dalla volontà, come
quando la scimmia decide su che ramo vuole saltare. L’energia slegata e libera formano la carica
attiva, che fa compiere un movimento o un’azione, l’energia volontaria determina il Sé reale.
Ma c’è da capire come si sente il soggetto, se le cariche libere e slegate sono, diciamo così, in
contraddizione. Se uno stato dell’Io possiede molta carica libera in un certo momento, cioè
volontaria, il soggetto sentirà che quello è il suo vero Sé. Ma se contemporaneamente un altro stato
dell’Io è investito involontariamente da molta energia slegata, e se la somma di tale energia con
quella libera è maggiore della quantità di energia volontaria del primo stato dell’Io, sarà questa
componente psichica ad avere il potere e diventerà il Sé esecutivo. Come quando una persona sa di
essere pulita (Sé reale nell’Adulto) ma non può fare a meno di lavarsi compulsivamente le mani
(Potere esecutivo nel B). Oppure quando una persona è convinta di voler eccellere (Sé reale in A),
ma poi si sabota con errori inusuali (Potere esecutivo in un B coartato).
In altre parole se una persona ha un Sé reale nello stesso stato dell’Io che detiene il potere
esecutivo, si sentirà coerente con se stessa, in sintonia con i propri pensieri e sentimenti. Se invece il
Sé reale si trova in uno stato dell’Io diverso da quello che detiene il potere esecutivo, la persona si
sentirà “scissa”, contraddittoria, disturbata, come se dentro avesse due forze opposte non alleate tra
loro.
8
Berne E., Id., pag 30
4
Ora riportiamo tutto il ragionamento allo sport, tenendo conto che è possibile che nello stesso
momento tutti e tre gli stati dell’Io siano investiti di una certa carica.9
Quando un atleta è nel pieno della gara, dove pensiamo stia la sua energia? Certamente gran parte di
energia è nel suo B 10, stato dell’Io che sfuma nel corpo. Si tratta di una energia libera e dunque
volontaria, perché il soggetto sa cosa sta facendo e lo vuole fare in quel modo. Ma una parte della
energia volontaria sta contemporaneamente nell’A, che osserva, intuisce e decide cosa è meglio
fare, oltre che mettere tutta la attenzione e concentrazione possibile. Ma sta in parte anche nel G,
che segue volentieri le regole degli assetti di gioco e del ruolo rivestito, oltre che cercare di non
commettere falli o azioni impulsive.
Più l’energia è fluida tra stati dell’Io, più il soggetto è in grado di agire; più l’energia è volontaria
più egli è consapevole e sta bene; più tale energia è positiva, cioè messa in azioni propulsive, più è
facile vincere. E’ da sottolineare come quando parliamo di energia volontaria, si riferiamo alla sua
caratteristica di intenzionalità.
Cosa succede quando avvengono degli intoppi? Quando la psiche si mette di traverso? Quando
sabota il risultato? E’ probabile che una certa quantità di energia slegata investa parti psichiche in
modo inconsapevole, disturbandone il coinvolgimento volontario nell’azione o addirittura, quando
la somma di energia libera e slegata in un settore psichico sia preponderante, che l’azione stessa ne
venga impedita. Ad esempio è possibile che in certi momenti molta energia slegata negativa stia nel
B, quando il soggetto per esempio sia preda di forti emozioni rimosse, paure, rabbie, ansia di fallire.
Il B pessimista e timoroso può avere una tale carica energetica inconscia, da assumere potere
esecutivo, cosicché l’atleta, pur continuando l’azione volontariamente, fa uno sbaglio inaspettato,
incappa in un brutto infortunio. Oppure molta energia slegata può investire un G critico, che
incomincia a procurare sensi di inadeguatezza e interferisce inconsapevolmente nella resa
agonistica, se tale carica slegata è alta. La svalutazione sarà inconscia o preconscia ma il suo effetto
sarà eclatante. Oppure ancora lo stato Adulto e Bambino sono debolmente attivati di energia libera,
per scarsa motivazione o stress: l’energia slegata negativa può prendere facilmente il predominio in
contenuti rigidi di antiche valenze psichiche, portando a cadute vistose di capacità acquisite.
In sintesi possiamo ipotizzare che, quando l’energia slegata frenante investe il G o il B in modo
inconsapevole, diminuisce l’energia libera volontaria di cui lo psicosoma ha bisogno per agire
pienamente.
Energia slegata e dialogo interno
Questo freno può anche essere letto, secondo un’altra angolatura, come interferenza di un dialogo
interno automatico e disfunzionale. Se i tre stati dell’Io sono concordi nell’azione, possiamo dire
che l’atleta ha un dialogo interno coerente e finalizzato al qui e ora. In questo caso ha a sua
disposizione molta energia volontaria e può muoversi secondo scelte consapevoli. Se invece esiste
un dialogo interno frenante tra G e B, è possibile che una certa quantità di energia slegata investa
parti della mente in modo inconsapevole. In questo caso l’atleta ha un brusio di fondo intrapsichico
che può interferire con la piena autonomia degli atti o la perfetta precisione dei gesti.
Facciamo un esempio. Un giovane atleta, dopo una stagione eccellente in una società, non riusciva
più a mostrarsi bravo nella stagione successiva, dopo essere stato ceduto ad altra società più
prestigiosa. La motivazione pareva alta, gli allenamenti aumentavano, la paga era migliore. Eppure
non era più quello di prima. Sbagliava i passaggi, aveva disturbi muscolari, era di malumore.
Analizzando la situazione in consulenza, è emerso chiaramente come ciò che era cambiato era il suo
9
Stewart I., Joines V., L’analisi transazionale, pag. 73
Parliamo di GAB come tre stati dell’Io utili nel presente dell’individuo, e in cui solo una parte (B arcaico e G fissato)
rappresentino le vestigia antiche. La nostra visione ricalca i concetti di Berne: “Tutti e tre gli aspetti della personalità
hanno un grande valore per la sopravvivenza e per l’esistenza(…) Genitore, Adulto e Bambino hanno tutti diritto alla
stessa considerazione e hanno il loro legittimo posto in una esistenza piena e produttiva”. (A che gioco giochiamo, pag.
30)
10
5
dialogo interno, cosa di cui non si rendeva conto, e che solo i colloqui psicologici poterono
evidenziare. Prima giocava “senza pensare al prima o al dopo”, solo concentrato nel presente, gli
piaceva giocare, amava la sua squadra, si sentiva ammirato e benvoluto. Dopo la cessione il suo
pensiero si era spostato verso il passato e il futuro incerto. Il presente aveva perso la sua centralità.
Rimpiangeva i compagni, di cui era leader (nella nuova squadra era l’ultimo arrivato), la sicurezza
di non essere criticato perché il migliore (nella nuova squadra c’erano giocatori più bravi di lui), la
spinta a crescere (qui poteva solo retrocedere e dunque fallire). Anche il futuro generava
preoccupazioni, per la lontananza da casa, la severità del contesto, la ferocia delle critiche dei
media. Ma non si rendeva conto pienamente di questi pensieri e di questi vissuti. Così, mentre
giocava, il brusio di fondo occupava inconsciamente la sua mente. Una buona dose di energia
slegata scivolava via dal presente per incunearsi nei meandri dei rimpianti o nelle aspettative
ansiogene. Il corpo, strumento di uno psicosoma conflittuale, non poteva più mostrare al meglio la
potenza dello stile addestrato e geniale. Solo liberando l’atleta del peso superfluo di tale dialogo
interno fu possibile riprendere un cammino accettabile.
Un altro esempio. Un giovane e brillante atleta di tiro ad arco non riusciva più a mantenere costanti
nel tempo i buoni risultati ottenuti. Decise di intraprendere un percorso di consulenza. Capì che
alcuni pensieri legati al pre-gara e altrettante emozioni provate durante la competizione risultavano
essere altamente disturbarti per lo svolgimento della gara e di conseguenza per i risultati ottenuti.
Anche il suo corpo ne risentiva: contrazioni impercettibili rendevano meno fluido il gesto atletico
provocando errori di precisione nel tiro. Il dialogo interno lo proiettava velocemente verso un futuro
in cui si vedeva perdente. Rabbia e paura erano le emozioni che lo accompagnavano
prevalentemente durante le sfide. L'eleganza del suo gioco aveva lasciato il posto a impulsività e
rigidità. Era consapevole con la testa di portare molte volte in campo la rabbia, ma non aveva
ancora intuito quanto il suo corpo diventasse silenzioso ricettacolo di questo brusio di fondo. Capì
che, di fronte alla possibilità di emergere come atleta nel circuito sportivo e di acquisire una certa
visibilità esterna, si era tolto inconsapevolmente il piacere, il divertimento e l'audacia: le tensioni lo
bloccavano. Anche in questo esempio, una buona quantità di energia slegata serviva a fomentare
pensieri rivolti a immaginare come reale un futuro lontano da soddisfazioni e glorie, togliendo al
corpo elasticità e fluidità. Il lavoro fatto in consulenza è stato triplice: acquisire una migliore
consapevolezza mentale, emotiva e corporea, ma soprattutto imparare ad incanalare la rabbia
trasformandola in tensione consapevole di gioco. In questo modo, l'atleta ha potuto nuovamente
dare spazio alla sua energia libera, grazie a un lavoro di preparazione mentale su come affrontare al
meglio le future gare sportive. La sua capacità di programmare, di prendere decisioni e di divertirsi
attraverso lo sport, ha potuto riprendere gradualmente linfa.
Il Bambino Libero diventa Adattato
Durante la situazione ottimale, quando i tre stati dell’Io sono “liberi” da interferenze, l’atleta può
muovere la sua energia volontaria per l’azione di gioco. Investirà massicciamente il suo B somatico
e lo dirigerà nella finezza delle realizzazioni con un A consapevole e allenato e con un G che ne
controllerà gli schematismi e la correttezza esecutiva. A livello funzionale esprimerà un B libero,
cioè spontaneo e forte, con quel tanto di impulsività necessario all’aggressività competitiva e alla
creatività dei virtuosismi. La gran parte dell’energia dello psicosoma è in questo caso volontaria, nel
senso che è intenzionale, anche se in parte preconscia, come avviene tutte le volte che una gestualità
è assodata o quando la dote istintiva crea i momenti “magici” dello sportivo. In tale situazione
anche le componenti dell’Adulto saranno intenzionali, messe a disposizione del momento:
l’attenzione, la motivazione, la concentrazione, il ragionamento (dove necessario), la capacità di
scelta, il controllo emotivo, la consapevolezza di sé. Anche lo stato dell’Io Genitore non si perderà
in recriminazioni inutili, ma sarà potente e “leggero”, mirando alla utilità dell’oggi. Questa
situazione, tipica di un atleta con energia “attualizzata”, permetterà al B somatico di esprimersi
6
come B libero. Il corpo sarà supportato e diretto da un mente armonica, a sua volta volano di
serenità per la psiche.
Se invece esiste un brusio interno, che deriva quasi sempre da un dialogo inibitore, una parte della
energia libera risulterà sequestrata diventando energia slegata. Tale energia potrà derivare da “una
caduta passiva” emozionale (come la scimmia che si lascia andare) dentro mulinelli di ansia panica,
andando a pescare retaggi di timidezza, o di inadeguatezza. Oppure andrà ad accendere, anche qui
con uno spostamento passivo, parti del G critico che incomincerà a rimuginare rimproveri, a
prefigurare catastrofi, o a mettere in guardia il B costretto a reagire chiudendosi parzialmente in se
stesso, spegnendo parte della spontanea energia libera a vantaggio di una energia slegata (flusso
emozionale inconscio in risposta delle pressioni genitoriali). Il B, che doveva andare gagliardo
muovendo un corpo capace, incomincia a dover dar retta al brontolio sommesso del dialogo interno,
e trasforma l’entusiasmo in cautela, la gioia in tristezza, la rabbia giusta in freno. Sia nel caso di
attivazione diretta delle ansie del B, sia nel caso, a nostro avviso più frequente, di attivazione di un
dialogo interno G-B, il risultato sarà similare. Il B funzionale da Libero diventa Adattato, e quindi
meno efficace nella espressività atletica.
Ogni stato dell’Io fa la sua parte nello sport
Si può quindi riassumere in questo modo l’utilità delle componenti psichiche nello sport, attivate
dall’energia libera.
Lo stato dell’Io Genitore nella sua funzione positiva fornisce struttura, regole, approvazione e
protezione all’atleta nelle diverse fasi dell’attività (allenamento gara, preparazione mentale). E’
importante che l’Adulto supervisioni l’attivazione del G per verificarne l’adeguatezza alla
situazione e le eventuali manifestazioni negative. Il G infatti può assumere una funzione negativa
nel momento in cui induce un eccessivo bisogno di approvazione o un atteggiamento ipercritivo,
volto a enfatizzare gli errori. Altrettanto limitante è un G affettivo che impedisca una adeguata
autocritica, che trovi alibi agli errori o mancanza d’impegno, che svaluti le capacità e indulga nel
vittimismo attribuendo sempre all’esterno le cause dei propri insuccessi.
Lo stato dell’Io Adulto ha la funzione di integrare il G e il B. Valutando realisticamente le proprie
risorse e quelle dell’avversario, e stando nel qui e ora, aiuta a sviluppare autoefficacie e
autoconsapevolezza, a concentrarsi su ciò che è rilevante nel momento evitando distrazioni. Può
diventare limitante nella misura in cui non tenga conto della normatività o della affettività, e lasci
così poco spazio al divertimento, alle emozioni, volendo concentrarsi unicamente sulla tecnica e
sull’approccio iperanalitico.
Lo stato dell’Io Bambino è la fonte preziosa di energia, divertimento, motivazione, creatività,
entusiasmo, determinazione e propensione al rischio. La sua funzione negativa si può manifestare
nella perdita del controllo, nell’eccessiva propensione al rischio e agli infortuni, nella scarsa
tolleranza alle frustrazioni o ancora nell’iperadattamento ad aspettative interne o esterne
(motivazione estrinseca), che limita l’iniziativa.
Se manca la attivazione corretta di uno stato dell’Io l’atleta sarà manchevole in qualcosa e avrà dei
problemi.
Se il B è poco attivato nel suo piacere o nella voglia di seguire quella determinata disciplina, la
persona si mostrerà poco attiva, senza entusiasmo, rigida, compassata e dunque inefficace. Non
riuscirà ad arrivare a grandi livelli perché gli mancherà la creatività necessaria, la forza istintiva sarà
bassa, per cui non reggerà a lungo la fatica e si saprà destreggiare goffamente nelle impreviste
novità della gara.
Se manca l’attivazione piena dell’Adulto, calerà la motivazione e l’atleta non riuscirà a seguire con
regolarità gli allenamenti, si fermerà alle prime fatiche, sarà discontinuo. Spesso si mostrerà troppo
legato all’impulso del momento, seguendo la curva dell’attivazione del suo stato dell’Io Bambino,
che avrà picchi ma anche cali improvvisi. Potrà anche mostrarsi troppo dipendente dal suo G
7
interno, sviluppando una motivazione estrinseca, legata cioè ai premi o lodi del contesto, piuttosto
che consona a se stesso.
Se il G è poco attivato, l’atleta faticherà a stare dentro le regole o lo farà solo quando le sente buone
per i suoi piaceri, ma le abbandonerà quando saranno in contrasto con i suoi istinti. Avrà una spinta
all’attività prevalentemente emotiva. Presenterà problemi comportamentali e potrà incorrere in
provvedimenti disciplinari o in esclusioni per scarso impegno.
Quindi un grande atleta è colui che è dotato in primis di una disposizione innata, di tipo genetico,
che permette ai suoi apparati di rispondere alle specifiche esigenze della disciplina sportiva, ma la
struttura di personalità, che media nelle difficoltà e supporta nei momenti critici (conflitti di
squadra, infortuni, sconfitte, cambiamenti) è di validissimo aiuto per proseguire nel cammino
agonistico. Un grande atleta ha una personalità sufficientemente armonica e attivata nelle sue
diverse componenti. Come ha detto recentemente Antonio Conte: “Tra un giocatore medio, ma
grande uomo ed un ottimo calciatore, ma uomo medio, io scelgo sempre il primo”11
Il significato delle tecniche di Mental Training rispetto al brusio di fondo dell’atleta
Dopo questi concetti è possibile definire i programmi di Mental Training come un modo di
evidenziare e ridurre l’energia slegata intrappolata in parti psichiche non funzionali, in modo che la
personalità nelle sue varie componenti possa esprimere liberamente l’energia volontaria attraverso il
corpo. Per fare questo il programma deve poter ripescare i contenuti “slegati” e farli diventare
“liberi” cioè consapevoli e gestibili.
Se ben impostato dovrebbe avere come conseguenza finale un aumento di energia libera nella
psiche a scapito di energia slegata. In altre parole dovrebbe rendere consapevole l’inconsapevole,
trasformare in azione mirata i vissuti rimossi, ridare libertà alla coartazione, mettere pensieri e
parole al brusio di fondo. Infatti l’azione sportiva deriva da una predisposizione sana e libera di
tutta la persona che utilizza al meglio le energie del suo corpo e della sua mente per le funzioni
sportive richieste di alto livello (a partenza dai suoi tre stati dell’Io).
Interferenze interne: conseguenze dirette e indirette
I freni psicologici, come abbiamo accennato, possono essere interpretati quindi secondo tre
angolature equivalenti, che ne specificano significati sovrapponibili. Possono essere chiamati
energia slegata, se letti all’interno di una dinamica psico-biologica; oppure come dialogo interno
irrazionale, se interpretato come rapporto disfunzionale tra schemi mentali; o ancora come brusio di
fondo, se immaginati come interferenza d’onda nel fluire consapevole. In ogni caso possono
costituire dei problemi per l’atleta.
Tale influenza negativa può andare a incidere sulla sua resa sportiva in due modi: direttamente e
indirettamente. Direttamente nel senso che l’aumento di energia slegata va a discapito di quella
libera: l’atleta ha meno slancio, come soffrisse di sequestro energetico. Indirettamente poichè
determina sintomi, che a loro volta riducono la resa: sintomi corporei come tensioni muscoloscheletriche, e sintomi mentali come pensieri negativi. Entrambi, per l’interferenza con i sistemi
cognitivi e motori, ridurranno inevitabilmente l’attenzione, la concentrazione, l’autocontrollo,
l’autostima e la precisione dei gesti, cioè la resa agonistica..
11
Conte A., Conferenza del 19 agosto 2014 come CT
8
G
A
B
Figura 1. L'energia psichica slegata riduce l'energia libera e deriva da un dialogo
interno (o brusio di fondo), che produce tensione muscolare e pensieri negativi
Tensione muscolare e tecniche di Mental Training
La tensione muscolare è il principale sintomo che deriva dalle interferenze negative interne.
Sappiamo dalla neurofisiologia che il movimento muscolare ha due componenti tra loro
strettamente dipendenti: l’attività muscolare volontaria e l’attività muscolare involontaria, dove la
prima guida determinati distretti muscolotendinei per la scelta d’azione, la seconda predispone il
muscolo a rispondere al segnale volontario mettendolo in uno stato cronico di tensione preparatoria,
che si chiama tono muscolare. E’ chiaro come la sfera volontaria mentale finirà nella sfera corporea
a lei affine, cioè volontaria del movimento consapevole; la sfera mentale involontaria agirà sul
sistema a lei affine del tono muscolare involontario. E’ qui che si scaricano molte emozioni
rimosse, ansie, paure, rabbie inespresse, entusiasmi eccessivi, diventano rigidità, difficoltà
all’armonia. Nel tono confluisce l’inespresso dell’atleta, e rende tale stato muscolare preparatorio
flaccido e lento a partire, o troppo teso e lento a rilasciarsi. I movimenti saranno difficili, esagerati,
a scatto, e non seguiranno una curva continua, come l’atleta si aspetterebbe. Le dissonanze di tono
poi, tra un distretto e l’altro, aumenteranno al fatica del gioco, perché l’atleta avrà bisogno di
maggior controllo sui suoi muscoli disattenti, e facilmente incorrerà in goffaggini muscolari, con
conseguenze le più diverse: cattiva resa, infortuni, esagerazioni, errori.
Per questo molte tecniche di Mental Training si occupano della tensione muscolare, attraverso
esercizi di rilassamento e di decontrazione. Anche le tecniche di visualizzazione (Imagery) hanno
come effetto di produrre emozioni positive che a loro volta rilassano gli apparati muscoloscheletrici.
Così pure tutti gli interventi che, creando tranquillità interiore, decontraggono i toni muscolari
eccedenti, ricettacolo di vissuti coartati. Si inseriscono qui le tecniche per la gestione dell’ansia e
dello stress.
Riteniamo che le tecniche centrate sulla tensione muscolare agiscano principalmente sullo stato
dell’Io Bambino, ossia sulla sfera emozionale che sfuma nel corpo.
Pensieri negativi e tecniche di Mental Training
I sintomi da interferenza si possono anche esprimere nella sfera mentale con pensieri negativi.
L’atleta dentro di sé si parla, in questo caso non per aumentare la foga della gara, ma per mettersi in
guardia negativamente. Il dialogo con se stesso può essere di tipo colpevolizzante, rievocando
pregressi errori, o di tipo ansiogeno, esaltando conseguenze future nefaste per il soggetto, o di tipo
9
competitivo, paragonandosi troppo agli altri, o di tipo permissivo, allentando la motivazione, o
ancora di tipo deresponsabilizzante, negando il proprio ruolo, o di tipo proiettivo, aspettandosi tutto
dagli altri.
Tali pensieri introflettono l’energia psichica e indeboliscono la volontà dell’atleta. Ne consegue un
calo di tutte quelle capacità mentali che occorrono per un successo sportivo: attenzione,
concentrazione, scotomizzazione delle interferenze, precisione, priorità nelle mete, inventiva di
gioco, considerazione dei compagni, assunzione in proprio di responsabilità gravose.
Molte tecniche si focalizzano proprio su queste capacità per riportarle al massimo, potenziando un
pensiero lucido. Il goal setting ad esempio esamina gli obiettivi a breve, medio e lungo raggio. In
questo modo l’atleta padroneggia meglio il ragionamento sulle tappe dei suoi allenamenti, sugli
scopi da porsi, sulla gradualità dei risultati, e sarà meno confuso, con aspettative puntuali e non
irrealistiche. Molto utile per migliorare la consapevolezza dell'atleta, è il lavorare sui fattori di
distrazione prima e durante la gara.
La gestione dell’arousal e della concentrazione, lo riporta al qui e ora, per definire il campo di
azione e focalizzarsi sugli elementi utili, tralasciando quelli inutili.
Le tecniche sul livello di autostima servono a far conoscere all’atleta come egli si ponga verso se
stesso, nell’intento di rafforzarne il baricentro di stabilità, trasformando le svalutazioni in realismo e
incoraggiamento. Anche le tecniche di imagery, ricomponendo le forme emozionali, ridanno potere
al pensiero che prefigura il gesto.
In sintesi possiamo dire che tutte le tecniche che incidono sui pensieri negativi e sulle facoltà
attentive, agiscono principalmente sullo stato dell’Io Adulto rafforzandolo o decontaminandolo.
Il self talk
Citiamo a parte il lavoro sul self talk, che mira a rendere consapevole l’atleta sul suo dialogo
interno. Lo facciamo a parte perché tale intervento, a differenza di tutti gli altri, è più vicino alla
causa prima del problema. Infatti proprio la relazione interna di parti psichiche genera il brusio di
fondo, ossia energia slegata. Pertanto potrà essere efficace in modo variabile a seconda della
profondità del problema stesso.
Se il dialogo interno disturbante è di tipo preconscio, sarà facile evidenziarlo e agire per la sua
ricomposizione. Se tale dialogo è antico, per gran parte inconscio e poggia su esperienze passate
dell’atleta, sarà necessario proporgli un cammino di psicoterapia, al fine di conoscerlo e di
cambiarlo.
Vantaggi e applicazioni della Analisi Transazionale in ambito sportivo
La Analisi Transazionale offre una cornice chiarificatrice per comprendere l’importanza
dell’allenamento mentale nello sport. La teoria degli stati dell’Io ci mostra come ogni attività
sportiva attivi tutte le componenti psichiche, emotivo-corporeo (B), cognitivo-attentive (A),
procedurali e valoriali (G). La condizione psichica ottimale per la competizione poggia su un alto
livello di energia psichica libera (cioè volontaria) che veicoli i movimenti, la scelta degli schemi e
le regole guida. Se invece parte della energia dello psico-soma si trova in uno stato slegato, cioè
inconsapevole, investendo un B adattato o un G critico, l’azione sarà meno efficiente. In questo
caso l’atleta subirà un dialogo interno disfunzionale, poco gestibile, che si esprimerà fisicamente in
un tono muscolare anomalo, quindi in movimenti imprecisi, o mentalmente in pensieri negativi
generatori di ansia e disistima.
La Analisi Transazionale offre nell’ambito sportivo diversi vantaggi:
- È di facile comprensione e condivisione ed è molto potente nell’aiutare la sviluppo della
competenza emotiva nell’atleta. Sappiamo quanto questo aspetto possa essere carente in
soggetti abituati a scindere la mente dal corpo e a concentrare tutte le energie sul
miglioramento dell’efficienza fisica.
10
-
Può essere utilizzata e trasmessa con diverse modalità e finalità: come schema mentale per il
Mental Training analizzando con immediatezza comportamenti/dinamiche; come strumento
per allenatori e atleti nello sviluppo di competenze relazionali; come guida
nell’apprendimento educativo dei giovani.
- Possiede diversi livelli di analisi e intervento: un livello intrapsichico sul dialogo interno e i
messaggi di copione del singolo atleta; un livello relazionale per l’analisi delle transazioni e
dei giochi degli individui e dei gruppi; un livello organizzativo per lo studio dei contratti,
delle dinamiche e dei segni di riconoscimento presenti dentro i macrosistemi sportivi.
Una buona capacità di insight, di comunicazione e di definizione degli obiettivi aiuta lo sport in
tutte le sue componenti. Per raggiungere alti livelli di agonismo occorre introdurre l’allenamento
mentale per “liberare” la psiche da pesi inconsapevoli e per far sì che le tensioni mentali e fisiche si
trasformino in energia propulsiva. La vittoria allora non sarà solamente il risultato di doti personali
e di allenamento, ma anche di un equilibrio mentale espressione di maturità.
Bibliografia
Bellavitis M.C., Calloni W., Re A., Anche gli atleti meditano…seppur di corsa, Mediterranee Ed.,
2012
Berne E., Analisi transazionale e psicoterapia (1961), Astrolabio, 1971
Berne E., A che gioco giochiamo? (1964), Bompiani, 1967
Brugnoli M.P., Mental training nello sport, Red Edizoni, 2008
Damasio A., Alla ricerca di Spinoza. Emozioni, sentimenti e cervello, Adelphi, 2003
Edelman G., Seconda natura. Scienza del cervello e conoscenza umana, Raffaello Cortina, 2007
Gerin M., La gestione dell’energia fisica e mentale in www.calciatori.com
Hanin Y. L., Emotions in sport, Champain: Human Kinetics, 2000
Ledoux J., Il cervello emotivo. Alle origini delle emozioni, Baldini e Castaldi, 2003
Lombardo C., Processi emotivi e tecniche di autoregolazione delle emozioni nello sport, in
www.psicologia-uniroma4.it
Milone D., Il mental trainer sportivo, in www.discobolo,it
Oatley K., Breve storia delle emozioni, Il Mulino, Collana Universale Paperbacks, 2007
Solano L., Tra mente e corpo. Come si costruisce la salute, Raffaello Cortina, 2013
Stewart I., Joines V., L’analisi transazionale (1987), Garzanti, 1990
Ventura L., La motivazione all’attività fisica, Tesi Facoltà di Scienze Statistica, Università di
Padova, 2004, Per consultare la versione cartacea, rivolgersi al Deposito di Legnaro: e-mail
[email protected];
Vercelli G., S.F.E.R.A. training. Manuale di allenamento, Libreria dello Sport, 2007
Vercelli G., D’Albertas G., Il potere nascosto dell’ombra. Trasforma la tua parte oscura nella tua
migliore alleata, Anteprima Edizioni, 2013
Tamorri S., Benzi M., Reda M., Psicologia del rischio d’infortunio nello sport: review e studio di
una casistica di atleti agonisti nel rugby, Italian Journal of Sport Sciences, Vol. 11, n. 1-2, 2004
11