- Regina Pacis
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SUSSIDIO GIOVANISSIMI DIOCESI di TORINO – 2014/2015 2 Nel secondo capitolo della sua Lettera Pastorale, il nostro Arcivescovo si rivolge a tutta la comunità diocesana ma anche - e in modo diretto - ai giovani, in forza dei tanti e intensi incontri del Sinodo. Si tratta di un testo denso, che riassume e sintetizza il discernimento di due anni di lavori sull'educazione alla fede con i giovani, aprendo la fase di preparazione dei prossimi Orientamenti di Pastorale Giovanile. Stiamo dunque vivendo un particolare momento di grazia per la comunità giovanile diocesana, tra la chiusura del Sinodo e l'avvio dell'«Anno dei Giovani», il 2015, con il Bicentenario della nascita di don Bosco, l'Ostensione della Sindone e la speciale «tre giorni» dei giovani per l'attesa visita di Papa Francesco. Il cammino dei giovani dell'Azione Cattolica di Torino si inserisce in questo percorso e contribuisce ad approfondire la ricchezza, in maniera originale e puntuale di quell'«L'amore più grande» che rappresenta non solo il tema pastorale di quest'anno ma la vera e unica ragione di vita per tutti. Tuttavia «L'amore più grande» (cfr Gv 15.13) richiede fedeltà, determinazione, costanza. Solo se ogni giorno ciascuno di noi sentirà risuonare, nelle profondità spesso agitate del proprio cuore, la parola forte del Signore «Coraggio sono io, non abbiate paura!» (Mc 6,51) solo allora potremo sperare di amare come Lui ci ha amati. Questo strumento prezioso - per il quale sono sinceramente grato ai giovani di Azione Cattolica che lo hanno preparato - ci offre una traccia semplice ma sicura per sperimentare «L'amore più grande», quella dell'«incontro». Il volto del fratello, soprattutto se ammalato, accolto nella Chiesa e contemplato alla luce del Volto della Sindone rappresentano un percorso nel quale «lasciarsi guardare» ovvero lasciarsi incontrare, lasciarsi provocare. E se, come dice l'etimologia, ogni provocazione esprime in sé una vocazione, non potremo non rispondere che con il nostro personale «eccomi!» a ciascuno di questi incontri. Buon cammino a tutti voi, nel segno de «L'amore più grande». Avanti, con coraggio! La Madre della gioia accompagni i vostri «incontri». Don Luca Ramello Assistente Settore Giovani AC Ufficio per la Pastorale dei Giovani e dei Ragazzi 3 INTRODUZIONE «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13) è l’insegnamento di Gesù che ispira il motto dell’ostensione della Sindone di quest’anno: “L’amore più grande”. L’amore più grande è l’amore di Dio per gli uomini, è quello di Cristo che accetta la sofferenza, la croce e la morte per poter portare la salvezza del Padre ai suoi fratelli di ogni tempo ed ogni luogo. Ma l’amore è anche la chiamata che Dio fa ad ogni uomo e donna, ed è ciò che vogliamo riscoprire con i giovanissimi nel corso di quest’anno, coniugando la proposta associativa nazionale con le attenzioni della pastorale giovanile diocesana. In continuità con il cammino dello scorso anno “Quelli che troverete, chiamateli!” grazie al quale abbiamo sperimentato e condiviso insieme la gioia della testimonianza e dell’annuncio, siamo chiamati in quest’anno a seguire le tracce del Maestro in una continua riscoperta della nostra fede, mettendo in discussione noi stessi e l’immagine che abbiamo di Dio. Da una fede rinnovata nasce il coraggio di aprirsi al mondo e agli altri in un’accoglienza che sappia farsi ospitalità, nasce il desiderio e la responsabilità di porsi accanto ai malati e la bellezza del camminare insieme come Chiesa. Riscoprendo l’amore infinito di Dio nei suoi doni: la fede, i fratelli e la Chiesa, arriveremo fino al dono più grande: la salvezza portata da Cristo attraverso il calvario della croce. Nell’ostensione della Sindone questo percorso avrà il suo culmine, davanti alla sofferenza di Gesù scopriremo quanto il Suo amore sia davvero più grande, tanto da vincere la morte e farsi eterno. Un amore che è chiamata, ricerca, speranza. L’Ufficio Giovani Azione Cattolica Torino [email protected] Giovani AC Torino 4 LA STRUTTURA Il sussidio è articolato in cinque moduli che sviluppano l’intero percorso annuale, suddividendolo in tappe. Il primo modulo serve a introdurre il percorso e il tema dell’anno; gli altri, invece, sono costruiti attorno alle quattro mete del Progetto Formativo di Azione Cattolica (interiorità, fraternità, responsabilità, ecclesialità). Ogni modulo contiene i singoli obiettivi da perseguire negli incontri e il percorso necessario per raggiungerli. La modularità è una ricchezza importante perché ti consente di articolare il cammino annuale in unità indipendenti che potrai proporre al gruppo nell’ordine e con il grado di approfondimento che ti sembrano più opportuni, in funzione, ad esempio, delle esigenze dei giovanissimi, delle attenzioni pastorali della parrocchia, dei bisogni del territorio. Anche temi e modalità attraverso cui proporre il cammino al gruppo hanno necessità di variare nel corso del tempo. Alternare argomenti più personali con tematiche di attualità, momenti di riflessione e di spiritualità con iniziative concrete di servizio eccetera. Il tutto, ovviamente, senza perdere il tema conduttore del percorso che, come abbiamo anticipato, è l’incontro con l’altro. Di seguito il contenuto sintetico dei cinque moduli: Gesù cammina sulle acque (APERTURA) In questo modulo vogliamo iniziare a fornire ai giovanissimi gli strumenti necessari per intraprendere il cammino dell’anno. Dopo aver preso coscienza dell’essere chiamati a navigare, i giovanissimi impareranno a riconoscere un Dio che va loro incontro e si manifesta nelle difficoltà, e scopriranno che dietro ogni incontro che avranno fortuna di compiere nel corso del loro viaggio, vi sarà il volto di Cristo. La cena di Betania (FRATERNITÀ) In questo modulo desideriamo aiutare i giovanissimi a meditare sulla loro predisposizione a incontrare la diversità, educando a soggettivare l’altro. Nello stimolare all’accoglienza e alla protezione dell’altro, aiutiamo i giovanissimi a vivere una sana reciprocità e a imparare a sostenere fraternamente un rifiuto o un congedo da qualcuno. L’epilettico guarito (RESPONSABILITÀ) L’obiettivo principale di questo modulo è quello di introdurre i giovanissimi all’accompagnamento della malattia altrui. Conducendoli verso l’accettazione della componente misterica della malattia, aiutiamo i giovanissimi a comprendere il valore della preghiera di affidamento e dell’incontro con il malato. La tempesta placata (ECCLESIALITÀ) Recitando il “Credo” affermiamo di credere la Chiesa “una, santa, cattolica e apostolica”. Nel presente modulo ci proponiamo di approfondire ciascuna di queste dimensioni perché non rimangano solo parole pronunciate ma anche concetti interiorizzati. In questo modulo, aiutati dalle catechesi di Papa Francesco, desideriamo favorire l’incontro dei giovanissimi con la Chiesa. 5 La chiamata dei primi discepoli (INTERIORITÀ) In questo modulo, che consigliamo di far coincidere con il tempo di Pasqua, desideriamo accompagnare i giovanissimi in un cammino che avrà come meta finale la visita all’ostensione della Sacra Sindone. La preghiera di adorazione sarà lo strumento attraverso il quale i giovanissimi si prepareranno ad affrontare la sofferenza e la salvezza della croce, riconoscendo in ultimo l’Amore più grande che il Padre ha in serbo per noi. Al fondo del sussidio abbiamo voluto lasciare spazio ad una scheda di verifica. Chiediamo a tutti voi educatori che utilizzate, anche solo in parte, questo sussidio, di spendere un po’ di tempo per aiutarci a migliorarlo sempre di più. Critiche, spunti, proposte e suggerimenti sono sempre ben accetti per permetterci di preparare un percorso che risponda sempre meglio alle esigenze e alle attenzioni della diocesi. 6 ISTRUZIONI PER L’USO ATTENZIONI DELL’EDUCATORE Si tratta di alcuni attenzioni per aiutarti a curare al meglio la relazione educativa e a testimoniare con la vita il significato profondo dei contenuti che intendi trasmettere ai giovanissimi. MATERIALE UTILE In alcuni incontri troverai del materiale di supporto aggiuntivo, brani, film, libri che possono esserti di aiuto nella preparazione degli incontri o per approfondire i temi che vengono trattati. HELP YOUCAT In alcuni incontri sono indicati specifici riferimenti a YouCat, dono del Santo Padre ai giovani di tutto il mondo in occasione della GMG 2011. Viene riportato il numero delle domande che permettono di approfondire i temi trattati. L’idea è quella di accompagnare gli incontri di quest’anno con questo agile e prezioso strumento perché gli educatori, ma anche i giovanissimi imparino a conoscerlo e ad usarlo. REGOLA DI VITA Con tutto il cuore. Appunti per una regola di vita dei giovanissimi di AC è uno strumento semplice, ma importante, per chi vuole prendere sul serio la proposta di una vita secondo lo Spirito. Non si tratta di regole già pronte, ma solo di appunti, suggerimenti, consigli. Pregare, condividere, testimoniare: sono le tre parole attorno alle quali desideriamo aiutare i giovanissimi a formulare la propria, unica e inimitabile, regola di vita spirituale. Esse costituiscono i punti saldi, i pilastri su cui costruire il tutto. Si tratta di tre verbi, quasi a esprimere la dinamicità e la progressione: una regola di vita non vale sempre, ma cresce con la persona. In alcuni incontri del sussidio è indicata l’attenzione alla regola di vita, in questi incontri è possibile proporre o ricordare l’importanza di una propria regola di vita spirituale. 7 UNA FOTO AL GRUPPO Prima di lanciarci con entusiasmo nella programmazione degli incontri di questo nuovo anno, proviamo a “fotografare” la situazione del gruppo che ci troviamo davanti. È un gruppo nuovo oppure ha già un cammino alle spalle? È coeso oppure i componenti non si conoscono ancora bene? Quali dinamiche si sono sviluppate tra i giovanissimi durante l’estate? Quali sono le risorse, le qualità dei singoli partecipanti e del gruppo nel suo insieme? Quali sono gli aspetti problematici a cui fare maggior attenzione? Come aiutare il gruppo ad inserirsi nella vita parrocchiale e diocesana? Ricordiamo, soprattutto quando prepariamo gli incontri di gruppo, che i giovanissimi chiedono a noi educatori non le belle parole, i grandi discorsi, ma la testimonianza sincera della nostra vita, dal punto di vista umano e spirituale. Come educatori, non possiamo non proporre un tema al gruppo senza prima metterci di fronte alla nostra personale esperienza, alla nostra coscienza. Solo così riusciremo a parlare in modo autentico, trovando gli esempi giusti, tratti dalla nostra vita reale. Ogni educatore ha molto della sua esperienza da raccontare: brevi aneddoti che forse considera insignificanti, ma che si rivelano preziosi per i giovanissimi; intuizioni che può ritenere banali, ma che rappresentano il nostro personale tentativo di tradurre il Vangelo in vita vissuta. All’inizio dell’anno, inoltre, può essere utile e interessante offrire ai giovanissimi un incontro che li porti a riflettere sul proprio gruppo. Quale direzione vogliamo che prenda? Cosa mi aspetto dal cammino di quest’anno? Ci sono particolari argomenti che mi piacerebbe affrontare? Perché voglio continuare a fare gruppo? Quali aspetti del mio carattere voglio mettere in gioco e/o migliorare? Tramite alcuni giochi di cooperazione o di fiducia si può facilmente introdurre un momento di condivisione di questi temi per avere un po’ il polso dello stato di salute del gruppo. ADORO IL LUNEDI Adoro il lunedì è una proposta dell’Azione Cattolica nata per aiutare giovanissimi e giovani a vivere la propria spiritualità, nella vita quotidiana e negli ambienti in cui trascorrono il loro tempo. Si tratta di un piccolo impegno di preghiera (presente al fondo di questo sussidio) che giovanissimi e giovani si assumono per ogni lunedì: proprio quel lunedì che viene dopo il fine settimana di riposo e che a volte sembra pesare così tanto. Proprio in questa occasione, allora, vogliamo fare spazio al Signore perché entri nella nostra ferialità e perché a Lui siano orientati i nostri impegni e affidate le gioie e le sofferenze di ogni giorno. 8 9 GESÙ CAMMINA SULLE ACQUE (MODULO APERTURA) In questo modulo vogliamo iniziare a fornire ai giovanissimi gli strumenti necessari per intraprendere il cammino dell’anno. Dopo aver preso coscienza dell’essere chiamati a navigare, i giovanissimi impareranno a riconoscere un Dio che va loro incontro e si manifesta nelle difficoltà, e scopriranno che dietro ogni incontro che avranno fortuna di compiere nel corso del loro viaggio, vi sarà il volto di Cristo. “E subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro, camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma!», e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». E salì sulla barca con loro e il vento cessò. E dentro si sé erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.” [Mc 6,45-52] 10 Per approfondire.. Non capire la logica del dono, la nuova visione di Dio che Gesù è venuto a portare, che ci obbliga a passare dall'idea di un Dio che ci toglie dai guai, alla visione di un Dio adulto che ci tratta da adulti e ci chiede collaborazione, rischia di relegare Gesù in una sorta di «evanescenza». Gesù diventa allora un "fantasma" e le onde delle tempeste che, inevitabilmente, periodicamente sconquassano la barca della nostra vita, ci danno l'impressione di non farcela. Marco, nel vangelo, collega la mancanza di fiducia degli apostoli esplicitamente all'incomprensione della logica della moltiplicazione dei pani. Se viviamo chiusi in noi stessi, senza dono, senza generosità, difficilmente riusciremo ad entrare nella logica di Dio che tutto dona, che tutto si dona. È come se Gesù dicesse: nella tempesta, in piena difficoltà, se vuoi attraversare il mare non hai che una possibilità, aumenta il dono di te stesso. Il brano guida di questo anno è un vangelo esigente ma che ci propone di donare tutto ciò che siamo in maniera intelligente ed equilibrata, lasciando fare il resto al Signore che amiamo e di cui ci fidiamo, sapendo bene in chi abbiamo posto la nostra speranza. Avanti, dunque, con coraggio! 11 #1 NAVIGANTI Obiettivo Introdurre ai giovanissimi che siamo chiamati a navigare, a gruppo e più in generale nella vita, con la consapevolezza di non essere soli. Tecnica Si distribuisce ai giovanissimi il testo della canzone di Ivano Fossati, Naviganti, e si chiede a ciascuno di loro di leggerlo in silenzio e sottolineare le frasi o i concetti che li hanno colpiti. Successivamente, dopo un breve momento di condivisione, si fa ascoltare loro il brano musicale. Al termine dell’ascolto, si domanda ai giovanissimi di provare a indovinare quali siano i soggetti e la trama del testo. Riflessione In questo primo incontro ufficiale del cammino di gruppo dei giovanissimi, si inizia a introdurre il tema del “navigare” che sarà l’azione centrale del brano di Vangelo dell’anno, oggetto centrale del prossimo incontro di gruppo, e metafora dell’inizio di un viaggio. Nel brano di Fossati, emergono con chiarezza tre concetti chiave che sarebbe opportuno proporre ai giovanissimi, nel caso non siano già emersi nel corso delle loro osservazioni, in vista del nuovo anno di gruppo. 1) Siamo chiamati a navigare: come recita l’ultima strofa della canzone “perché siamo naviganti, senza navigare mai”. Ossia, siamo naviganti anche se non navighiamo veramente. La nostra condizione umana e qualcuno/qualcosa ci portano a metterci in barca verso una meta. 2) Nel corso del nostro navigare non siamo soli: il testo si esprime sempre alla forma plurale e allude a una dualità. In questo nuovo anno di gruppo, i giovanissimi sono chiamati a imbarcarsi con le persone che vedono intorno a sé nella stanza. La diade del testo può, come spiegato più sotto, riferirsi al compagno di viaggio; ma allo stesso tempo può essere un richiamo al fatto che, come naviganti, abbiamo un mandante che ci osserva da lontano ed è pronto a intervenire in caso di una nostra difficoltà. 3) Basta un filo di vento: in mare, come nella vita, si naviga con il vento. “Basta un filo di vento per venirci a guidare” dice il testo di Fossati; ma quando il vento è contrario, come si fa? - Mi sento chiamato a navigare? Con quali speranze/paure/mete intraprendo questo nuovo anno di gruppo? Chi c’è con me sulla barca? Chi mi accompagna (anche se non fisicamente) in viaggio quest’anno? Mi lascio guidare dal vento? Prendo atto del pericolo di avere il vento contrario? Come mi preparo a questo? A chi intendo rivolgermi per affrontarle? 12 CANZONE Naviganti, Ivano Fossati, 1994. Il brano in questione è una delle tracce che fanno parte della colonna sonora che Fossati ha composto nel 1994 per il film diretto da Carlo Mazzacurati dal titolo “Il Toro”. La pellicola narra la storia di due amici che intraprendono un viaggio per compiere un’impresa: tale viaggio si rivela lungo e pieno di imprevisti e tutti i problemi che i due protagonisti trovano lungo la strada finiscono per incrinare il loro rapporto; al termine del film, una svolta positiva della situazione farà in modo di riavvicinarli. 13 #2 TENSIONE SUPERFICIALE? Obiettivo Introdurre ai giovanissimi il Vangelo dell’anno di Azione Cattolica. Tecnica Si mostra ai giovanissimi il dipinto di Amédée Varint dal titolo “Christ marchant sur la mer”. Divisi in tre squadre, si fornisce una copia dell’immagine a ciascuna squadra e si chiede di individuare il maggior numero di dettagli che possono osservare. In plenaria, ogni gruppo condivide le proprie osservazioni (che a seconda del loro focus possono essere più sui discepoli, su Cristo, sul mare,…) e, solo in un secondo momento, si chiede a uno dei giovanissimi di leggere ad alta voce il Vangelo dell’anno. Riflessione A partire dalla lettura del Vangelo e dalle osservazioni dei giovanissimi, l’educatore rivolge l’attenzione sulla luce intensa che splende intorno a Cristo nel quadro di Varint. Si tratta dell’unico elemento luminoso della scena, senza il quale non potremmo vedere né i discepoli né il mare. Quella stessa luce è indispensabile a comprendere il significato di questo episodio. Gesù vive col Padre un rapporto che non esclude l’uomo: egli mentre è in preghiera sul monte vede la difficoltà dei discepoli (“vedendoli affaticati nel remare”). Egli subito decide di andare loro incontro, non attende che siano loro a invocare il suo aiuto. Ciò che i discepoli vedono è dunque inaspettato e prodigioso: si trovano di fronte a una teofania ossia una manifestazione in cui Gesù rivela la sua natura divina. Simbolicamente si spiega dunque la reazione dei discepoli che vedono la gloria di Dio e ne rimangono spaventati: essi vi riconoscono qualcosa che va molto oltre la loro conoscenza e gridano dalla paura, si sentono minacciati. Ma Gesù, con un’espressione che Dio utilizza spesso nell’Antico Testamento, dice loro di “non temere” perché è lui quello che stanno vedendo. Cioè dice loro che la gloria di Dio si è incarnata nella figura di Gesù che loro hanno imparato ad amare e di cui hanno fiducia. Il Padre ora si prende cura dell’uomo e può essere visto, può essere raggiunto dall’uomo attraverso la persona di Gesù. in Gesù Dio si fa talmente vicino all’uomo che esso non deve più spaventarsi ma ha la possibilità di conoscere e vivere la pienezza e grandezza del suo amore. Un’ultima osservazione si potrebbe compiere intorno all’espressione “voleva oltrepassarli”: Cristo è il maestro, la persona da seguire per essere pienamente umani e quindi felici, ma egli è anche colui che ci precede, nella fatica, nella sofferenza, nella morte, nella risurrezione manifestandoci in questo modo il suo Amore più grande che riserva per noi. - In quali forme e circostanza Cristo mi è venuto incontro nella mia vita? Qual è stata la mia reazione iniziale? 14 - Cosa è cambiato dopo tale rivelazione? Cosa ho imparato? Attendo una (altra) sua rivelazione nella mia vita? Gli permetto di oltrepassarmi? Ne riconosco la grandezza? Ne riconosco le orme? ARTE Amédée Varint, “Christ marchant sur la mer”. 15 #3 CUORE DI CICCIA Obiettivo Incoraggiare i giovanissimi a predisporre il loro cuore a diventare sempre più un “cuore di carne” piuttosto che “di pietra” per favorire il loro incontro con Cristo e con il prossimo. Tecnica Controlliamo il nostro cuore. Si distribuiscono ai giovanissimi dei cartoncini a forma di cuore. Ogni cartoncino ha una riga divisoria che scorre nel centro del cuore per dividerlo in due parti uguali. Si chiede ai giovanissimi di scrivere nel lato sinistro le cose che rendono il loro cuore duro, mentre nel lato destro le cose che rendono il loro cuore morbido. Si chiude l’attività con la lettura delle parole di San Bernardo di Chiaravalle, monaco francese del XII secolo, tratte da “La considerazione a Eugenio Papa”, libro I, 3 passim. «Chi ha un cuore duro non ha orrore di se stesso, perché ha perso ogni sensibilità. […] Nessun uomo indurito nel cuore ha mai raggiunto la salvezza, a meno che Iddio misericordioso, come dice il profeta, non gli abbia strappato il cuore di pietra e gli abbia dato un cuore di carne. Che cos'è dunque un cuore di pietra? È quello che non s'incrina per la compunzione, non s'addolcisce nella pietà, non si commuove alla preghiera; questo cuore non si piega alle minacce e s'irrigidisce sotto la sferza. Non serba riconoscenza per i benefici, è recalcitrante ai consigli, è spietato nei giudizi, è sfacciato nelle turpitudini, è spavaldo nei pericoli, è insensibile con gli uomini e temerario con Dio; dimentica il passato, trascura il presente, non provvede al futuro: del passato ricorda solo le ingiurie, del presente non gli interessa nulla, e del futuro gli preme solo la prospettiva o la preparazione di qualche vendetta. E per riassumere in poche parole tutti i danni di questo orribile male, dirò che un cuore duro non teme Dio né rispetta l'uomo.» Riflessione Si propone ai giovanissimi la lettura del Vangelo dell’anno a partire dal fondo. In particolare dal versetto “non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito”. Nel Vangelo di Marco più volte ricorre questa espressione (Mc 6, 51-52; Mc 8, 17; Mc 16, 14) che si riferisce all’incredulità dei discepoli di fronte ai numerosi segni compiuti da Cristo. Nel Vangelo guida di quest’anno associativo, la mancanza di misericordia nei cuori dei discepoli fa sì che il loro cuore non riconosca Gesù mentre cammina sulle acque incontro a loro; il cuore indurito diventa simbolo di una mancata predisposizione all’incontro con Cristo, che dunque non è solo sempre caratterizzato da una capacità mentale o intellettiva di accoglierlo, bensì anche da una forte componente umana e sensibile. L’invito per ogni cristiano è quello di riscoprire quel cuore fatto di “carne” che il Creatore ci ha donato, liberarlo dalla spigolosità dell’incredulità e mantenerlo allenato come un muscolo in contrazione costante. Un cuore di carne si lascia plasmare dallo Spirito e assume i tratti della benevolenza e della mitezza. 16 Si cerca di far riflettere i giovanissimi su cosa significa avere un “cuore indurito” oggi attraverso la terminologia di base utilizzata per descrivere le pietre in mineralogia: - Colore: che tonalità ha il mio cuore? Perché? In base a quali fattori cambia colore? Trasparenza: se visto in trasparenza, si potrebbero scorgere delle ombre o macchie nel mio cuore? A cosa sono dovute? Purezza: il mio cuore è puro? Il mio cuore conosce la misericordia? È attratto dalla vendetta? Taglio: che taglio ha il mio cuore? Sento di valorizzare al massimo la sua bellezza implicita? Lavorabilità: il mio cuore è pronto a cambiare? È pronto a incontrare gli altri? È pronto a fidarsi di Cristo e a riconoscerlo in mezzo al mare? Alterazione: che cosa altera il mio cuore (in negativo e positivo)? Il mio cuore si commuove? Uso: quanto e quando uso il mio cuore? Cause degrado: il mio cuore confonde Cristo per un fantasma? Quando? LIBRO Cuore di ciccia, Susanna Tamaro, 1991. 17 LA CENA DI BETÀNIA (MODULO FRATERNITÀ) In questo modulo desideriamo aiutare i giovanissimi a meditare sulla loro predisposizione a incontrare la diversità, educando a soggettivare l’altro. Nello stimolare all’accoglienza e alla protezione dell’altro, aiutiamo i giovanissimi a vivere una sana reciprocità e a imparare a sostenere fraternamente un rifiuto o un congedo da qualcuno. “Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella rupe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me.” [Mc 14, 3-7] 18 Per approfondire.. Una donna, il cui nome non viene fatto, unge Gesù con un profumo assai prezioso (Mc 14,3). I discepoli criticano il suo gesto. Pensano che sia uno spreco (Mc 14,4-5). Ma Gesù la difende: "Perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un'opera buona. Ha unto il mio corpo in anticipo per la sepoltura" (Mc 14,6.8). In quel tempo per chi moriva in croce non era prevista una sepoltura, né poteva essere imbalsamato. Sapendo ciò, la donna si anticipa ed unge il corpo di Gesù prima della condanna e della crocifissione. Con questo gesto, indica che accetta Gesù come Messia Servo che morirà in croce. Gesù capisce il gesto della donna e l'approva. Prima Pietro aveva respinto il Messia Crocefisso (Mc 8,32). Questa donna anonima è la discepola fedele, modello per i suoi discepoli che non avevano capito nulla. Il modello per tutti, "in tutto il mondo" (Mc 14,9). Questa donna rappresenta per ciascuno di noi anche una domanda: quanto sono disposto a mettere in gioco negli incontri che mi accadono? Di quali «sprechi» d'amore (tempo, ascolto, disponibilità, aiuto...) sono capace? Fin dove si spinge la mia ospitalità nei confronti del fratello? 19 #1 SALUTO Obiettivo Far riflettere sulla predisposizione dei giovanissimi a incontrare le diversità (es. adulti, stranieri … diversi "vicini"). Tecnica Si mettono in scena una serie di scenette; l'obiettivo è far vivere delle situazioni ai giovanissimi, con delle interazioni "di base" tra giovanissimi e personaggi "diversi" da loro. All'interno di una situazione data, proporre delle interazioni tra coppie di ragazzi che "interpretano sé stessi, come si comporterebbero realmente, e personaggi diversi, interpretati dagli educatori. Si consiglia una durata di interazione massima di 1-2 minuti. L'obiettivo è spronare i giovanissimi a "interpretare" realmente se stessi, come si comportano di solito in quella data situazione con quelle date persone; mentre l'educatore, "l'altro" della scenetta, avrà naturalmente il compito di stimolarli, proponendo e guidando l'interazione. Esempi: coppia di amici, in ascensore > si scherza, si chiacchiera, ci si spintona, si schiacciano tutti i tasti, si scoreggia ecc Proposte di coppie: amici, ragazzo e ragazza, ragazzo presenta nuovo amico agli altri ragazzi, ragazzo e anziana, ragazzo e adulto/vicino/coppia di genitori/genitori dell'amico, ragazzo ed insegnante, ragazzo e controllore del pullman. Situazioni: bus, sala d'attesa dal dentista, ascensore, pub, ecc. Riflessione A partire dallo stimolo iniziare a riflettere sul mondo delle relazioni, su come i giovanissimi si relazionano con gli altri ed in particolare nelle situazioni vicine a quelle affrontate nella tecnica, con persone "diverse" e che non conoscono. Far pensare alle relazioni che vivono ogni giorno, staccandosi dalla loro cerchia più ristretta di amici, ragionando sulle diversità che incontrano quotidianamente. - Come mi comporto con gli altri? Con chi "non è simile a me"? - Verso chi non conosco, come mi approccio? - Sono una persona aperta al di fuori delle mie relazioni abituali? - Mi capita di finire in situazioni in cui sono/sarei obbligato a relazionarmi con chi non conosco? (pullman, metro, palestra/sport) Come mi comporto? - Incontrare "altri" lo vivo come uno stimolo o è una cosa che cerco di evitare, un momento/situazione da far passare in fretta per tornare alle mie cose? - Mi capita di usare frasi di circostanza? - Mi allontano? (es. mi chiudo a guardare il cellulare? Con la musica? Faccio finta di niente?) - Come mai? Sto bene con quel che ho? Credo che gli altri non abbiano nulla "da darmi"/non siano interessanti? Ho dei pregiudizi? - Mi capita di non essere aperto ad incontrare gli altri dal vivo ma di 20 aggiungere/seguire "sconosciuti" sui profili/account dei social network? - Che differenza c’è tra “incontrare” e “incrociare”? - Cosa vuol dire per me INCONTRARSI? Il saluto è il primo atto dell’incontro anche nella relazione educativa. Sono attento a come saluto i giovanissimi del mio gruppo? Riesco ad avere con tutti lo stesso approccio o con alcuni sono più freddo e distaccato? Nel parlare di "stranieri" non concentrarsi sulle dimensioni politiche del tema dell'immigrazione, ma piuttosto degli stranieri vicini a noi, con cui conviviamo in classe, nel palazzo, nel quartiere, in oratorio, con abitudini e culture diverse. Insieme al gruppo e personalmente, coltiva le relazioni nella tua comunità parrocchiale, iniziando dal gesto più semplice: saluta le persone della tua parrocchia quando le incontri, e spendi con loro due parole. 21 #2 ACCOGLIENZA Obiettivo Educare a soggettivare l'Altro, specie quando l'altro è "sgradevole". Educare all'ascolto, a riconoscere l'altro nella reciprocità; vivere l’accoglienza come incontro con l'Altro. Tecnica Con l'intento di soggettivare l'altro, specie di fronte alla sgradevolezza, si suggerisce la visione di un pezzo di un film, noi abbiamo individuato nel monologo di Edward Norton in “La 25a Ora” un buon esempio e spunto di partenza per far emergere in maniera diretta e molto provocatoria questo tema. Nel film, il protagonista, sicuro di entrare in carcere da lì ad un giorno, passa la sua ultima giornata "da uomo libero" andando a trovare gli amici e ripensando al percorso che l'ha portato fin lì; nello spezzone segnalato se la prende con tutta una serie di "diversi" da lui, dagli immigrati agli amici, criticandoli apertamente per dei loro aspetti e riversando astio su di loro. Riflessione Nello spezzone proposto il protagonista riversa astio verso "altri" a partire da delle loro caratteristiche e modi di fare, individuandone una colpa; a partire dallo shock del monologo l'idea è quella di concentrarsi sul tema della sgradevolezza e portarlo a loro, in modo da definire innanzitutto ciò che è facilmente un limite all'apertura verso gli altri, cercando di definire la sgradevolezza, individuando CHI per i giovanissimi è sgradevole, in base a cosa. - Chi è sgradevole per me? ci sono degli elementi, delle caratteristiche, dei tratti, che riconosco come assolutamente sgradevoli? Si potrebbe proporre ai giovanissimi di fare una classifica top 5 delle caratteristiche di sgradevolezza, che siano fisiche, caratteriali, di relazione… Se si ritiene che la tecnica funzioni, il consiglio è di far esporre il più possibile i giovanissimi e quel che pensano, non fermandosi a sole poche caratteristiche. In questo modo ognuno dovrebbe arrivare ad avere una sua scaletta di elementi, aspetti, chiaramente "non graditi", utile per gli sviluppi successivi dell’incontro. Ora, riprendendo anche elementi del gruppo precedente, si propone ai giovanissimi di ragionare sugli elementi che invece compongono un INCONTRO "vero": - come si struttura un incontro tipico con gli amici? Ci sono delle fasi-rito? (il saluto di entrata e uscita, il chiedere come si sta…) - quali sono gli incontri "che restano" e perché? - Si possono dunque definire dei "livelli" di incontro? Ad es: indifferenza, tolleranza, apertura, simpatia, interesse, coinvolgimento.. SI suggerisce di provare a stabilire una sorta di scaletta dei "livelli di soggettivazione" comune a tutto il gruppo. A fronte di questa scala, si può chiedere ai giovanissimi chi inseriscono nei diversi gradini e perché. L'idea è quella di andare molto nel concreto soprattutto nei livelli "lontani", 22 focalizzarsi su quali delle persone con cui hanno a che fare più o meno quotidianamente riescono a soggettivare di meno. - Chi viene inserito in questi livelli presenta le caratteristiche di sgradevolezza elencate prima? - Ne presenta altre? Perché quindi soggettivo poco queste persone? - In alcune situazioni "non soggettivo" altri volontariamente? Perché? Per pregiudizio? È uno sforzo che non voglio compiere? È una mia forma di difesa, per prendere le distanze ? Verso chi e verso cosa? - Mi fermo ai giudizi, alle prime impressioni che ho delle persone? - Perché, invece le persone che conosco meglio, che pongo più vicine a me, non hanno "difetti"? Si fa notare ai giovanissimi che davanti a certe persone i difetti/alcune cose non le prendiamo in considerazione, mentre verso altri costituiscono una barriera che non vogliamo neanche provare a superare. - Potrei fare qualcosa di più per "accogliere" gli altri? Anche verso chi è diverso, è sgradevole? Infine, si cerca di ribaltare la situazione ponendo i giovanissimi al centro del discorso: - Mi capita di sentirmi "salire" di livello in questa ipotetica scala di soggettivazione? - Quando e da chi vengo posto nei diversi livelli della scala (specie in quelli bassi)? - Lo patisco? - Cosa penso? Vorrei fosse diverso? Da cosa dipende questa "distanza"? Accogliere, da dizionario, è per definizione sinonimo di sentire, ricevere, accettare, ammettere al proprio gruppo, con particolare attenzione al modo e al sentimento con cui si riceve e si "fa spazio" all'altro. - Faccio mia questa caratteristica? Rientra nel mio modo di fare (o almeno di pensare)? - Perché dovrei "ACCOGLIERE"?E cosa vuol dire? - Perché dovrei soggettivare gli altri? Perché dovrei andare oltre me e i miei amici? Gesù ci chiama ad amarci tra di noi come Lui ci ha amati, accogliendoci gli uni gli altri ed andando "oltre", imparando ad accettarci per quello che siamo. Accogliere una persona vuol dire riceverla nel modo in cui è fatta, aprendoci ad amarla in ogni caso. - Quanto trovo difficile accettare le persone per come sono? Quanto tengo a distanza gli altri senza neanche dar loro una possibilità? FILM La 25a Ora, Spike Lee, 2002. (https://www.youtube.com/watch?v=rOHz_1V1kFM) Lo spezzone del film usa un linguaggio molto diretto, scurrile e provocatorio, eccedendo volutamente. Il monologo tocca punti molto delicati e anche facilmente fraintendibili, nella sua durata totale di cinque minuti si consiglia di concentrarsi sui primi tre, e valutare l'eventuale visione totale anche in base al livello del gruppo. 23 #3 PROTEZIONE Obiettivo Educare a permettere all'Altro di fidarsi di noi e proteggere ciò che egli ci dona. Tecnica Si propone un gioco in cui si dividono i giovanissimi in due fazioni numericamente diverse: un gruppo più numeroso che prenda le parti della "maggioranza", mentre un altro che rappresenti "l'opposizione"; in questo gioco si vuole simulare la richiesta di fiducia operata da parte del governo. La questione su cui dibattere la fiducia deve essere un problema sentito dai giovanissimi del gruppo, può quindi trattarsi di una difficoltà presente all'interno del gruppo stesso, della parrocchia, o più in generale di un problema tipico dell'età dei giovanissimi. All'interno della maggioranza si scelgono due giovanissimi che rappresentino il Governo che chiede la fiducia, i quali avanzeranno la proposta sul tema in questione, cercando di argomentarlo e convincere l'assemblea. (Gli educatori sono invitati ad "istruire" i ragazzi sulle cose da dire, in maniera tale che siano convincenti). Il resto dei giovanissimi della maggioranza sono "semplici" deputati, così come i rappresentanti dell'opposizione. A partire dalla richiesta di fiducia, l'intento è stimolare una breve discussione in cui si ascoltano i pareri delle diverse fazioni, e poi si svolge la votazione con scrutinio segreto. L'obiettivo di questo gioco è indurre i giovanissimi a meditare sugli atteggiamenti del dare e ricevere fiducia, e favorire la riflessione sui motivi che li spingono a fidarsi di qualcun altro, e con che risultati attesi. Riflessione In questo incontro si vuole cercare il più possibile di concentrarsi sull'Altro, entrando un po' nel cuore dell'atteggiamento di accoglienza, del pensare e vivere con "fraternità". A partire dalla tecnica si inizia a esplorare l'argomento "fiducia" cercando di capire innanzitutto che punti fermi i giovanissimi cercano nel relazionarsi con qualcuno. - Anche e soprattutto verso chi non conosco, ci sono degli aspetti che pongo prima di tutto? Ad esempio il rispettare l'altro, l'ascoltarlo? - Quindi su che basi ripongo fiducia negli altri, specialmente in chi non conosco? Che cosa devo trovare/individuare per innestare fiducia nell'altro? - Che cos’è la Fiducia per me? È chiaro che ci sono diversi livelli di fiducia, ma affrontando il discorso globalmente e per gradi si può ragionare sul come. Ad esempio, decidere di ascoltare una persona, considerandola "degna del mio tempo", del mio ascolto, senza rifiutare l'Altro a priori e non considerare quel che ha da dirmi perché ad esempio è brutto, è vestito male, è vecchio, ecc. Il riporre ed innestare fiducia non è una cosa immediata, deriva da un processo relazionale; in questo è opportuno ragionare però anche sulla bi direzionalità: è normale porre attenzione riconoscendo delle caratteristiche negli altri ma anche "aprendo una porta", 24 provando a buttarsi in una relazione. - Mi capita di sforzarmi davvero a conoscere un po' gli altri e provare ad innestare fiducia? O lascio l'iniziativa agli altri perché si aprano nei miei confronti? - Anche in questo, seguo l'atteggiamento degli altri, dei miei amici, o mi capita di aprirmi indipendentemente da quello che pensano gli altri? - Mi è capitato di percepire che gli altri non si fidassero di me? L’ho patito? - Quando avverto che l'Altro non si fida, non ha fiducia in me, come mi sento ? - Capita invece che gli altri abbiano riposto in me fiducia "inaspettata"? - Come ho gestito questa situazione? sento la responsabilità della fiducia ripostami da parte di qualcuno? - Proteggo la fiducia riposta verso di me? È una cosa di cui mi curo? Come? Si può dunque analizzare il brano di Vangelo del modulo, soffermandosi in particolare sui gesti compiuti dalla donna e su come lei si prenda cura di Gesù con gesti semplici, umili (e percepiti come strani da parte degli altri), perseguendo un'azione su sua iniziativa senza curarsi dei giudizi altrui. - Quante volte riesco a compiere dei gesti come quelli della donna del brano? - Con che intento e con che fine? Mi aspetto un ritorno? VIDEO "Maccio Capatonda L'uomo che non (https://www.youtube.com/watch?v=9Nv7B9vAOYQ) reggeva l'alcol" TESTO Domanda Yahoo Answer "Come faccio a riporre fiducia nelle altre persone?" (https://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20100130090245AAl1eck) Cerca le persone, prendi l’iniziativa, dedica loro del tempo, cerca il dialogo con chi ti circonda, non isolarti volontariamente con iPod e cuffiette! Uno dei difficili ruoli dell’educatore è quello di fare in modo che ogni membro del gruppo che gli è stato affidato si senta accolto e ascoltato allo stesso modo degli altri. Riesco a prestare attenzione a tutti i giovanissimi del mio gruppo o mi dedico di più ad alcuni? 25 #4 ACCOMPAGNAMENTO Obiettivo Far riflettere i giovanissimi su come gestire il momento del congedo dall'Altro. Tecnica Si utilizzano esempi cinematografici per introdurre alla fase del "congedo", per arrivare a parlare della fase di saluto e fine dell’incontro tra due persone. L'idea è di utilizzare come stimolo un film, che magari racconta una bella storia, è ben fatto, ma che si conclude in maniera inaspettata e negativa, a sorpresa senza happy end. Il film potrebbe essere visto interamente come riassunto in alcuni passaggi chiave nella relazione tra i protagonisti o il tutto potrebbe anche essere svolto come un quiz, facendo vedere una serie di passaggi del film e chiedendo infine ai giovanissimi che finale si immaginano/vorrebbero. Il film proposto è "Ti odio ti lascio ti", una commedia romantica in cui i due protagonisti a partire da un pretesto futile ingigantiscono una discussione, fino a lasciarsi. n però tanti rimorsi e tentativi più o meno velati di fare un primo passo verso l'altro … senza però, a sorpresa, un esito positivo finale. Riflessione A partire dalla tecnica quest'ultimo incontro vuole concentrarsi sul "congedo", sulla fase di esito di una relazione, con le possibilità che essa finisca bene oppure meno bene, interrogandosi su come si reagisce ed eventualmente si gestiscono questi risultati. Naturalmente l'argomento è ampio e va a toccare molteplici tipologie di nostre relazioni; l'attenzione da porre è sempre su uno sguardo particolare alle categorie di persone di cui si è discusso nei gruppi precedenti, con le situazioni di "apertura" al di fuori della cerchia delle nostre conoscenze più vicine. - Mi è mai capitato che in una "relazione" le cose non vadano come le avevo immaginate? Anche mettendoci impegno e avendo tentato in più modi, mi è capitato un "fallimento", un risultato negativo nella relazione con qualcuno? - Quante volte ci è successo? - Come mi sono sentito? Come mi sono comportato? Come rimango se le cose non vanno come speravo? - Ma soprattutto, questa esperienza negativa segna il mio modo di relazionarmi di lì in avanti? Tendo a ricordarla? - La uso come metro di paragone per le volte successive? Quanto pesa? - E' capitato che il ricordo di un'esperienza negativa mi abbia condizionato successivamente? Mi abbia fatto cambiare abitudini? Per stimolare la conversazione si può ricorrere anche alle tanti frasi fatte che spesso circolano sui post e nelle condivisioni sui social network, che puntano a prese di posizione di orgoglio e con tono ed intento di allerta verso gli altri "contatti": es. "la prima volta che mi inganni la colpa è tua, la seconda volta la colpa è mia", ecc. 26 Quindi la tanto nominata "FIDUCIA" si esaurisce dopo una brutta esperienza? E' possibile vivere dell'accoglienza, dello spirito di fraternità, anche di fronte ad un congedo negativo? Sarebbe importante riflettere su come le brutte esperienze capitino e che, per quanto sgradevoli, siano inevitabili e facciano parte del nostro percorso. Bisogna incoraggiare i giovanissimi ad avere una visione più ampia, capendo sicuramente l'importanza dei risultati, ma essendo a conoscenza della possibilità del fallimento, essere consci che il rifiuto può capitare. L'importante è non vivere questi momenti solamente come "scottature" o "cicatrici", che ci segnano e ci pregiudicano, che ci portano a perdere la speranza a priori e la voglia di "aprire la porta" a chi verrà a bussare in futuro. - Nella relazione con qualcuno, indipendentemente da come ci si comporta e come vanno le cose, sono conscio di star "costruendo" qualcosa? - Sono conscio del fatto che il risultato dipende anche da me? Che i rapporti sono bidirezionali e che sono co-responsabile dei risultati? O è una cosa a cui do peso solo di fronte alle "belle" relazioni? Come esercizio di fraternità, a questo punto si propone ai giovanissimi di scrivere due congedi personali: uno in riferimento a una loro relazione andata a finire bene, un altro invece per una relazione finita o vissuta male. Sarebbe bello se i giovanissimi, nel corso della settimana successiva, consegnassero di persona questi fogli contenenti i loro congedi alle persone per cui li hanno scritti. FILM Ti odio ti lascio ti, Peyton Reed, 2006. MUSICA Un Senso, Vasco Rossi. 322 Che cosa è più importante, la società o il singolo? 27 L’EPILETTICO GUARITO (MODULO RESPONSABILITÀ) L’obiettivo principale di questo modulo è quello di introdurre i giovanissimi all’accompagnamento della malattia altrui. Conducendoli verso l’accettazione della componente misterica della malattia, aiutiamo i giovanissimi a comprendere il valore della preghiera di affidamento e dell’incontro con il malato. “E arrivando presso i discepoli, videro attorno a loro molta folla e alcuni scribi che discutevano con loro. E subito tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?». E dalla folla uno gli rispose: «Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». Egli allora disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me». E glielo portarono. Alla vista di Gesù, subito lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall’infanzia; anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: «Credo; aiuta la mia incredulità!». Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli: «Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più». Gridando e scuotendolo fortemente, uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «È morto». Ma Gesù lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi. Entrato in casa, i suoi discepoli gli domandavano in privato: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera». [Mc 9,14-29] 28 Per approfondire.. Gli apostoli sembrano essere diventati un po' troppo sicuri di loro stessi: è da tempo che seguono il Maestro Gesù, hanno visto come opera, sono in grado di imitarne, più o meno, i gesti e le parole. Assistiamo in questo episodio del Vangelo, alla peggiore delle figure narrate dagli evangelisti: gli apostoli, contattati da questo povero padre di famiglia, pensano di non avere bisogno di disturbare il Signore Gesù, e giocano a fare i guaritori. La misura del loro doppio fallimento - di fronte a questo pover'uomo e rispetto a Gesù - è bene evidenziata da Marco. La ragione del loro fallimento, spiega alla fine Gesù, sta nell'assenza di coinvolgimento degli apostoli; la guarigione è frutto di una lotta contro il male, richiede sacrificio e compassione, non si tratta di improvvisarsi guaritori di turno! Guarire gli altri significa condividerne la sofferenza, accettare di patire insieme! Il padre del ragazzo epilettico, però, dona agli apostoli e a noi una lezione memorabile: sollecitato da un Gesù piuttosto alterato dall'accaduto, sentendosi stimolato ad avere più fede, questo pover'uomo formula una delle preghiere più toccanti dell'intero vangelo: «Signore io credo, ma tu sostieni la mia incredulità!». E noi...come ci comportiamo di fronte alla malattia e alle diverse espressioni della sofferenza? Come sappiamo metterci in gioco? Come viene provocata la nostra fede? Qual è la forza della nostra preghiera? 29 #1 L’ADOLESCENTE E LA MALATTIA ALTRUI Obiettivo Introdurre il tema della malattia altrui e del rapporto dei giovanissimi con questa. Tecnica L’educatore può invitare all’incontro di gruppo qualcuno che all’interno della parrocchia si occupa in particolar modo di garantire assistenza e supporto ai malati; in alternativa può essere il parroco stesso a raccontare ai giovanissimi qual è l’impegno che la comunità ha assunto nei confronti di questi fratelli (Per un approccio che abbia uno sguardo più ampio sul territorio, il sito dell’ASL To 1 elenca numerose associazioni con cui l’educatore può prendere contatti.) Se questo non fosse possibile, il tema può essere introdotto attraverso un brainstorming a partire dalla frase “chi è malato è…” I giovanissimi sono invitati a concluderla e in questo modo stimolati a pensare a caratteristiche della condizione di una persona malata. Successivamente si può stimolare una condivisione delle esperienze personali di incontro e conoscenza con un fratello malato. È importante però che l’attenzione rimanga rivolta all’altro e non si ribalti il discorso centrandolo su se stessi. Riflessione Il tema della malattia è sempre più spesso presente nella vita dei giovanissimi ma al tempo stesso taciuto per paura, per presunta delicatezza… poiché molte famiglie sono colpite da malattie anche gravi il rischio è quello di assumerla come normalità e proprio per questo è necessario aiutare i giovanissimi ad affrontare la situazione piuttosto che lasciarsi lentamente attraversare dal problema. - Cosa è emerso riguardo ai malati della comunità parrocchiale? - Ho mai riflettuto consapevolmente sulla presenza di fratelli malati all’interno della parrocchia? Sono inseriti nelle attività pastorali o emarginati? - Come giudico l’atteggiamento degli adulti che vivono intorno a loro nei confronti della malattia? - Come mi sento invece io davanti alla malattia? In presenza di un malato? Perché? - Quale tipo di disagio fisico, psichico, …ecc. mi mette più in difficoltà? - Mi è capitato di vedere o saper soffrire una persona cara? Come si sono comportate le persone intorno a me? E io, come ho scelto di comportarmi? Perché? FILM Colpa delle Stelle, Josh Boone, 2014. TESTO L’esperienza della malattia e del dolore, come luogo di ricerca di senso. (http://www2.azionecattolica.it/sites/default/files/lesperienza-della-malattia-e-del-dolorecome-luogo-di-ricerca-di-senso.pdf) 30 Qual è il mio atteggiamento verso la malattia? Aiuto i giovanissimi a parlarne o alimento la sensazione per cui la malattia è una questione su cui è meglio tacere? Sempre di più all’interno dei nostri gruppi ci sono giovanissimi affetti da anoressia o bulimia. Qual è il mio atteggiamento verso di loro e come aiuto il gruppo ad affrontare la situazione? 31 #2 L’ACCOMPAGNAMENTO Obiettivo Aiutare i giovanissimi a riflettere su cosa significa accompagnare un malato. Tecnica Chiedere ai giovanissimi di pensare e condividere un momento della loro vita in cui sono stati oggetto di cure (non per forza perché malati) e per questo si sono sentiti bene e sollevati. Chiedere loro poi di pensare e condividere anche un’occasione in cui sono stati oggetto di cure ma proprio per questo erano insofferenti o a disagio (ad es. persone troppo invadenti e pressanti, ecc …) oppure: Dividere i giovanissimi a coppie e ciascuna pensa ad una situazione da rappresentare in pochi minuti. Alcune coppie rappresenteranno un’ occasione in cui qualcuno è oggetto di cure e queste gli portano sollievo; altre coppie metteranno in scena la situazione contraria: qualcuno è oggetto di cure che però lo infastidiscono. (La scelta fra le due tecniche dipende dal gruppo che l’educatore ha di fronte, certo considerando che partire da un’esperienza personale risulta più efficace per poter “ribaltare” la situazione nell’incontro con il fratello malato). Riflessione Stimolare la riflessione a partire dalla tecnica proposta. Far attenzione a sottolineare con i giovanissimi durante o dopo le scenette o le condivisioni la condizione del “malato” e il tipo di cure che ha ricevuto in un caso e nell’altro. - Come è stata messa in scena o raccontata la condizione del malato? - Quali differenze sono emerse nel tipo di cure? - Cosa in un caso li ha fatti sentire sollevati e nell’altro infastiditi? - Come si sono sentiti in un caso e nell’altro? Si può quindi chiedere di fare un parallelo fra le esperienze vissute dai giovanissimi in prima persona e quello delle persone malate che conoscono o con cui hanno/avranno a che fare. - Cosa di ciò che i giovanissimi hanno vissuto in prima persona (di positivo o negativo) può essere trasferito e acquisito nel loro atteggiamento verso il fratello malato? - Si tratta soprattutto del tipo di cura in sé o dell’atteggiamento di cui sono stati oggetto? Il malato è innanzi tutto una persona che, come ciascuno, chiede di essere accolta per ciò che è. La malattia non esaurisce la persona pur facendone chiaramente parte: non può quindi essere ignorata ma al tempo stesso non può diventare l’elemento unico che caratterizza la persona. Si accompagna la persona più che la malattia e la si accompagna nella vita più che nella cura. 32 FILM Molto forte incredibilmente vicino, Stephen Daldry, 2012. Bella Addormentata, Marco Bellocchio, 2012. La custode di mia sorella, Nick Cassavetes, 2009. TESTO Oscar e la dama in rosa, E. Schmitt, Bur, 2003. 33 #3 AIUTA LA MIA INCREDULITÀ Obiettivo Accompagnare i giovanissimi a comprendere quale sia il loro rapporto con il mistero della malattia. Tecnica Si propone ai giovanissimi un gioco a quiz in due squadre. Lo scopo del gioco è ottenere punti indovinando la veridicità o meno di alcune affermazioni. L’educatore presenta infatti alle squadre una serie di affermazioni, alcune palesemente vere, altre assurde e difficili da credere. Fra quelle assurde è importante però che ve ne siano di vere! (Se il gruppo ha due educatori il gioco è più efficace: colui che l’ha spiegato, non ne gestisca lo svolgimento ma stia in disparte pur essendo presente e attento.) Gli argomenti delle frasi possono riguardare l’attualità, fare riferimento a fatti politici, eventi capitati nel mondo. Ad esempio: 1) Ogni secondo nel mondo si tagliano 150 alberi. (vero) 2) In India esiste una vera e propria banca del seme in cui ogni tipo di seme vegetale è custodito e può essere prestato. (vero) 3) Ogni secondo nel mondo muoiono 1,7 persone. (vero) 4) In Svezia è stata inventata la “Sweat Machine”: un dispositivo che trasforma il sudore in acqua potabile (vero) Riflessione La riflessione è proposta a partire dalle dinamiche del gioco. I giovanissimi si sono trovati davanti a realtà (affermazioni) apparentemente assurde e i loro schemi abituali non erano sufficienti per leggerle. - Come hanno ragionato per provare a dare una risposta? Si metta in luce la differenza di comportamento davanti alle affermazioni la cui veridicità era palese. - Qualcuno ha pensato di chiedere aiuto all’educatore (che una volta spiegato il gioco è rimasto presente e a disposizione)? Si riprenda con i giovanissimi il testo del Vangelo di questo modulo. Il padre del ragazzo si trova davanti a qualcosa di più grande di sé e che non può controllare. Davanti a Gesù egli cerca aiuto come davanti a chiunque altro, non come di fronte al Figlio di Dio: gli descrive i sintomi dell’epilessia come avesse a che fare con un medico. La malattia mette in crisi la fede, forse nel Vangelo il padre, preso dalla paura e dall’incomprensione della situazione, ha dimenticato che Dio non è un punitore o un guaritore ma Amore. - Davanti alla malattia scappo? - Cerco in ogni modo, freneticamente, di alleviare il dolore dell’altro? - Mi viene in mente di rivolgermi a Dio perché mi aiuti a stare vicino al mio fratello e ad affrontare la situazione? - Che ruolo credo che abbia Dio se penso alle malattie? 34 - Cosa succede alla mia fede se penso alla malattia? Si rafforza? Si indebolisce? Non la considero? Il padre nel Vangelo non è certo che Gesù sia in grado di aiutarlo ma riceve una risposta sorprendente: Gesù non dice “Certo, io posso” ma “Tutto è possibile per chi crede”. Allora è importante che anche davanti alla malattia i giovanissimi si sentano chiamati ad essere partecipi del progetto di Salvezza ed essere amore per l’altro. Sono cioè chiamati a rimanere saldi nella fede, non da soli: possono chiedere aiuto a Dio (ed è già il primo passo perché la fede non si sgretoli). 242 Perché la Chiesa deve occuparsi in particolar modo dei malati? 280 Qual è per i cristiani il fondamento della dignità dell’uomo? 35 #4 PORTARE IL MALATO NELLA PREGHIERA Obiettivo Accompagnare i giovanissimi a imparare a pregare nella malattia, specie altrui. Tecnica Si chieda ai giovanissimi di portare fisicamente da un luogo ad un altro oggetti diversi per dimensione, fattezza, peso ecc … (ad es: qualcosa di molto piccolo che potrebbe perdersi e cadere, qualcosa di pesante, qualcosa di delicato, cartaccia da buttare…) Chiedere poi a qualcuno di portare uno di loro. Soffermarsi sulle diverse modalità fisicamente utilizzate per portare ciascun oggetto. (ad es: Quali attenzioni necessitava l’oggetto fragile? Con quale atteggiamento ho portato la cosa da buttare? …) Cosa è cambiato al momento di dover portare uno dei ragazzi? Qual è stata la prima reazione? Perché? Riflessione Riprendere con i giovanissimi le prime parole del brano di Vangelo del modulo: “Maestro, ho portato da te mio figlio“ e notare come nei Vangeli si parli di malati portati a Gesù(oggi si porterebbero ad esempio a Lourdes) anche quando risulterebbero in grado di fisicamente di andare da soli.(Mt 4,24; Mt 8,16; Mc 7,32; Mc 8,22 …). Tenendo anche conto della tecnica con cui si è aperto l’incontro, chiedere ai giovanissimi di provare a dare una spiegazione dell’espressione “portare un malato nella preghiera”. - “Dove” lo porto? - Perché? - Con che intenzione? - Con quali sinonimi o espressioni potrebbe essere sostituito il verbo portare? - Quali azioni e/o atteggiamenti implica il portare una persona nella preghiera? Nel Vangelo l'atto di portare il malato all'incontro con Cristo diventa una vera e propria intercessione: il padre intercede, si pone fra il figlio malato e Gesù. Sceglie di esporsi attivamente. Intercedere significa fare un passo presso qualcuno che si tiene in buon conto a favore di qualcun altro. È importante allora che prendiamo sul serio la relazione con Dio e in quella relazione, assumiamo la responsabilità della relazione con il malato e del malato stesso. A questo punto, l’educatore può proporre ai giovanissimi di organizzare un momento di preghiera dedicato ai fratelli malati con cui mettere a frutto le riflessioni di questo modulo. È importante lasciare che siano i giovanissimi a pensare e ideare segni, letture, ecc.. FILM Le chiavi di casa, Gianni Amelio, 2004. 241 Perché Gesù mostrò un così grande interesse nei confronti dei malati? 243 Per chi è pensato il sacramento dell’unzione degli infermi? 245 Come agisce l’unzione degli infermi? 36 LA TEMPESTA SEDATA (MODULO ECCLESIALITÀ) Recitando il “Credo” affermiamo di credere la Chiesa “una, santa, cattolica e apostolica”. Nel presente modulo ci proponiamo di approfondire ciascuna di queste dimensioni perché non rimangano solo parole pronunciate ma anche concetti interiorizzati. In questo modulo, aiutati dalle catechesi di Papa Francesco, desideriamo favorire l’incontro dei giovanissimi con la Chiesa. “In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero:«Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?». [Mc 4, 35-41] 37 Per approfondire.. In questo episodio del Vangelo, Gesù si presenta come uno che dorme mentre i suoi discepoli sono presi dal panico. Nello stesso tempo però è uno che si sveglia al momento giusto e ha forza di calmare la potenza del mare in tempesta. In realtà Gesù intende mettere le persone davanti alle proprie paure e gli rivela il loro deficit di fede. Questi in pochi e veloci tratti alcune delle caratteristiche di Colui che possiamo decidere di prendere nella barca delle nostra esistenza che a volte sembra imbarcare acqua o addirittura affondare. Se lo facciamo dobbiamo accettare il Signore così com'è, un Signore che talvolta pare dormire un sonno profondo, incurante delle nostre sofferenze, fatiche e timori ma che è venuto con noi sulla barca e ci è rimasto. Un Signore che non ci toglie la sensazione di sentirci perduti ma può stupirci con la forza della sua parola, che può far tacere le nostre agitazioni ma che ci chiede anche di curare le nostre paure con la fiducia. Forse con troppa facilità ci dimentichiamo che proprio le nostre paure sono lo "spazio" della fede. Gesù ci insegna a partire dal suo comportamento, dal suo dormire, che Lui sta dentro le difficoltà con la fiducia del figlio verso il Padre. La paura la vive nella fiducia. Non possiamo impedirci di avere paura quando la vita ci porta al largo, senza appigli e al buio, ma possiamo decidere di viverla nello stesso modo di Gesù, da figli che si fidano del Padre. Cristo che è sulla nostra barca ci aiuterà a farlo. Ma la «barca» di cui parla il Vangelo è anche un richiamo alla Chiesa: spesso il nostro rapporto con Gesù, specialmente nelle difficoltà, sembra debba essere risolto senza la mediazione della Chiesa. Ma solo in questa «barca» da lui guidata possiamo attraversare il mare della vita, affrontando ogni tempesta e vento contrario. Ma qual è la nostra esperienza di Chiesa? Come ci sentiamo in questa «barca» in cui Egli stesso è presente? 38 #1 UNA Obiettivo Far ragionare i giovanissimi sulla percezione che hanno dell’unità della Chiesa di oggi e come ognuno di noi debba essere strumento di questa unione. Tecnica Si dividono i giovanissimi in gruppi da 3 composti da un giovanissimo bendato, uno con i piedi legati tra loro e uno con le braccia legate dietro la schiena. Si prepara poi un percorso ad ostacoli che metta in evidenza i vari deficit dei concorrenti. I giovanissimi dovranno fare il percorso uno alla volta, come una staffetta, compiendo più giri. Vince la squadra che finisce prima il percorso. Ripetiamo poi lo stesso percorso facendo gareggiare tutti e tre i componenti insieme e non uno per volta come nella manche precedente. Anche in questo caso vince la squadra che finisce prima il percorso. Riflessione Col passare dei giri i giovanissimi si saranno abituati alla loro condizione e quindi miglioreranno il loro tempo. Diventerà per loro normale affrontare il percorso in quelle condizioni. - Quale parte è stata più facile per me? Quali difficoltà ho incontrato? Mi sono stati utili i compagni di squadra? Perché? Come sono stati i vari giri? Sono migliorato col tempo? Camminare insieme è sì più complicato perché bisogna collaborare, ma superare gli ostacoli diventa più semplice perché si può contare l’uno sull’appoggio dell’altro. A volte poi si pensa che la propria strada sia la migliore, l’unica giusta all’interno della chiesa. Ma la chiesa è un corpo unico. Ogni parte del corpo svolge una funzione importante e unica. Allo stesso tempo un a parte del corpo senza il corpo diventa inutile. Ogni cristiano ha una sua specificità e una sua vocazione, che diventa ricchezza per tutta la chiesa solo quando si è in armonia con essa e con i suoi componenti. - Come mi pongo rispetto ai fratelli? Mi sento in mezzo a loro, parte di una comunità? O avanzo da solo, facendo la mia strada, pensando che sia la migliore, l’unica giusta? - Come vivo il rapporto con gli altri gruppi parrocchiali/associativi? C’è accordo? C’è comunione? - Oppure siamo in competizione o peggio in contrasto? Si è veramente Chiesa quando si fa comunità. Spesso però sono io stesso che mino questa unità, dividendo anziché unire. 39 - Sono sempre strumento di unione o alcune volte creo divisioni all’interno del gruppo, parrocchia, famiglia, amici? Mi rendo conto di quanto faccia male alla comunità questo mio agire in modo individualista? Dio ci ha donato lo Spirito Santo che è l’unico vero motore che unisce le diversità. Attraverso lo Spirito le nostre diversità riescono a convivere in armonia. Affidandoci allo Spirito possiamo essere strumenti di unione gli uni per gli altri. Se impariamo ad accogliere le parole dei fratelli e a fidarci di essi riusciremo a vivere in piena comunione con loro e con Cristo. TESTI Udienza Generale, Papa Francesco, 25 Settembre 2013 129 Perché può esistere solo una Chiesa? 130 Anche i non cattolici sono nostri fratelli e sorelle? 131Cosa dobbiamo fare per l’unità dei cristiani? 40 #2 SANTA Obiettivo Motivare i giovanissimi alla ricerca della santità nella propria vita. Tecnica Si dividono i giovanissimi in tre gruppi e si assegna loro la vita di un santo. Il loro compitò sarà quello di raccontarlo agli altri gruppi (tenendo nascosto il nome) partendo però dalle caratteristiche umane (età, professione, stato di famiglia, passioni, ecc.) e solo poi le qualità che lo hanno portato ad essere proclamato santo. Riflessione - Cosa mi ha colpito della vita dei santi? Che cosa secondo me li ha resi santi? Quali sono gli elementi comuni rispetto alla mia vita? Quali invece differiscono? Santi non si nasce… si diventa! I santi sono stati prima di tutto uomini che si sono lasciati amare e purificare da Dio, lasciandolo libero di agire attraverso di loro. Non sono i santi però a rendere santa la Chiesa, che è santa non per la perfezione dei fedeli ma per la capacità di accogliere ed amare tutti gli uomini. Noi che siamo parte della chiesa non possiamo che avere un solo obiettivo, una sola chiamata che arriva direttamente da Gesù e cioè essere santi come Lui, lasciandolo agire nella nostra vita. - Cosa vuol dire lasciar agire Dio nella mia vita? Lasciarsi amare e purificare da Lui? - Come faccio a sapere se la strada è quella giusta? Pensiamo a quando siamo in difficoltà o non sappiamo prendere alcune decisioni importanti e ci rivolgiamo ad un familiare, un amico o a qualcuno di importante per noi, che ci conosce bene, per ascoltare un suo consiglio. Gesù che ci ama e ci conosce bene ci chiede di essere santi! Sa che ne siamo capaci! Per aiutarci ci ha lasciato una testimonianza forte, chiara e tangibile: la sua vita, raccontata nei Vangeli. Noi con i nostri peccati siamo chiamati, accolti e perdonati da Gesù attraverso la chiesa, che ci accoglie e ci fa incontrare Cristo attraverso i sacramenti. Diceva uno scrittore francese di nome Léon Bloy “C’è una sola tristezza nella vita, quella di non essere santi”. - Cos’è che dà gioia alla mia vita? Qual è per me la vera felicità? TESTI Udienza Generale, Papa Francesco, 2 Ottobre 2013 Lumen Gentium 39-42, Concilio Vaticano II, 1964 132 Perché la Chiesa è santa? 342 Siamo tutti destinati a diventare “santi”? 41 #3 CATTOLICA Obiettivo Aiutare i giovanissimi ad ampliare la particolarità della loro visione di Chiesa volgendola verso il disegno di armoniosa totalità che Dio ha per essa. Tecnica Si dividono i giovanissimi in due gruppi, possibilmente in stanze separate. Si chiede al primo gruppo di realizzare una mappa concettuale delle attività della parrocchia. Si potrebbe partire da un semplice brainstorming per poi organizzare tutte le componenti collegandole tra loro nel modo più opportuno. Più questo è articolato e preciso e meglio è. Il secondo gruppo farà la stessa cosa ma prendendo in considerazione il livello più alto, quindi la chiesa italiana e fermandosi al livello delle parrocchie. Ci si raduna poi tutti insieme e si espone il lavoro fatto, partendo del primo gruppo. Riflessione Che cosa mi ha colpito dei cartelloni? Ho notato qualcosa in particolare? Che relazione c’è tra il primo e il secondo? Se i cartelloni fossero organizzati stile albero, si noterebbe come il primo cartellone possa essere sostituito alle foglie. Si evidenzia quindi come la realtà nella quale vivono, la parrocchia, pur essendo molto ricca e attiva, non è che una minima parte della Chiesa italiana. E se pensassimo al Mondo…? Si fanno riflettere i giovanissimi sulla loro visione di chiesa. - Vedo la mia parrocchia come l’ombelico del mondo? Sono chiuso in essa o mi apro alle altre realtà? Mi rendo conto che la Chiesa è belle proprio perché è universale? Cerco ogni tanto di ampliare il mio sguardo? La nostra parrocchia o Chiesa particolare è un immagine in piccolo di quella Chiesa Universale che ci riunisce tutti attorno al nostro Dio. La Chiesa è il luogo dove si cresce in pienezza e in totalità, si ascolta la Parola di Dio, si incontra il Signore nei Sacramenti e si impara a vivere la comunione tra i fratelli e ad amare nel senso più profondo del termine. - Come vivo io nella Chiesa? Come accolgo i doni che mi fa? Come vivo con i fratelli? Sono in armonia con loro? Le diversità sono ricchezze per la mia comunità o strumento di divisione? - Vivo l’incontro con l’altro con apertura e amore fraterno? Si legge il vangelo del modulo (MT 4, 35-41) e ci si sofferma sull’immagine della barca, che rappresenta la Chiesa. Essa infatti separa gli Apostoli dalle acque, tenendoli a galla e al suo interno c’è Gesù, che li accompagna e li guida, sostenendoli sempre e in particolare nei momenti di difficoltà. 42 E’ importante sottolineare come sulla barca ci siano tutti gli apostoli, ognuno con la propria storia e la propria specificità. La Chiesa però ci raduna tutti attorno a Gesù che è e deve essere per noi fonte di unione e amore fraterno. TESTI Udienza Generale, Papa Francesco, 9 Ottobre 2013 133 Perché la Chiesa si chiama cattolica? 134 Chi appartiene alla Chiesa cattolica? Racconta ai tuoi compagni e amici, con semplicità e serenità, le iniziative dell’AC e della Chiesa a cui prendi parte, la gioia che Dio ti dona. Invitali a partecipare insieme a te. 43 #4 APOSTOLICA Obiettivo Guidare i giovanissimi verso la consapevolezza dell’importanza dell’annuncio del vangelo e sulla loro funzione di esserne testimoni autentici. Tecnica Si chiede ai giovanissimi di preparare una breve lettera di presentazione di un loro parente stretto (padre, madre, fratello/sorella…), mettendo in risalto tutte le caratteristiche che ritengono opportune. Non deve essere un curriculum o un elenco di cose che fa, ma piuttosto una descrizione della persona, del suo modo di essere e di pensare. Condividiamo poi nel gruppo. Riflessione - Come ho descritto la persona che ho scelto? Su quali aspetti mi sono soffermato? Quelli importanti per me o quelli che sarebbero piaciuti agli altri? Perché? Ho incontrato delle difficoltà? Si fanno pensare i giovanissimi alla propria vita da cristiani… - Perché sono cristiano? Per abitudine? Perché sento di appartenere a qualcosa? Per una serie di ideali comuni? L’essere cristiano non dipende da queste cose ma da un unico legame forte con Cristo, dal quale derivano poi tutte le altre cose. - Ho mai provato a raccontare di Gesù a qualcuno? Si? No? A chi? E’ stato facile o difficile? Perché? - Che differenze ci sono tra raccontare di un mio familiare e di Gesù? Si fa notare ai giovanissimi che è più facile parlare di qualcuno quando lo si conosce bene. La conoscenza di Gesù ci è stata trasmessa dalla Chiesa che è lo strumento che Lui stesso ha scelto per raccontarci di se stesso e del suo amore per noi. E’ fondamentale quindi riconoscere la Chiesa come custode del messaggio evangelico alla quale dobbiamo appoggiarci per apprendere ed imparare, per diventare poi testimoni autentici della fede e di Gesù. - Che rapporto ho con la Chiesa? Penso mai che essa custodisce il messaggio di Gesù? Riconosco in lei il campito “apostolico” che Gesù le ha dato? Sempre più dobbiamo imparare a testimoniare la nostra fede, soprattutto al di fuori delle mura amiche di casa o dell’oratorio, cercando di uscire ed avvicinarci al fratello più lontano e che a volte è più vicino di quanto pensiamo. - Che Cristiano sono? A parole o nei fatti? - Testimonio mai il mio essere innamorato di Cristo? - Dove? 44 Si legge il vangelo del modulo (MT 4, 35-41) e ci si sofferma sull’inizio:” Gesù disse loro: «Passiamo all'altra riva»”. E’ Gesù per primo che si muove verso il prossimo, che lascia coloro che già lo seguivano per andare a portare se stesso a chi ancora non lo aveva incontrato. Infine, si ricorda ai giovanissimi una cosa importante: i cristiani non credono in qualcuno che è vissuto in passato, ma in qualcuno che è presente ora e vive in mezzo a noi. TESTI Udienza Generale, Papa Francesco, 16 Ottobre 2013 92 Perché Gesù chiamò gli apostoli? 137 Perché la Chiesa si chiama apostolica? 45 LA CHIAMATA DEI PRIMI DISCEPOLI (MODULO INTERIORITÀ) In questo modulo, che consigliamo di far coincidere con il tempo di Pasqua, desideriamo accompagnare i giovanissimi in un cammino che avrà come meta finale la visita all’ostensione della Sacra Sindone. La preghiera di adorazione sarà lo strumento attraverso il quale i giovanissimi si prepareranno ad affrontare la sofferenza e la salvezza della croce, riconoscendo in ultimo l’Amore più grande che il Padre ha in serbo per noi. “Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti di mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro di lui. [Mc 1,16-20] 46 Per approfondire.. L'inizio del Vangelo di Marco coincide con l'inizio in assoluto della predicazione di Gesù. Quando cominciò a predicare, le prime parole che disse furono: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Esse indicano a un tempo una situazione oggettiva, indipendente dall'uomo e che anzi condiziona l'uomo dall'esterno - il tempo è compiuto - per cui gli uomini si trovano ormai a vivere in una situazione che si è improvvisamente fatta diversa, come per una brusca accelerazione ma anche una situazione soggettiva, che impegna l'uomo in una fattiva collaborazione, che coinvolge la sua libertà: convertirsi e credere. Il tempo è compiuto, ovvero il tempo dell'attesa è finito; il tempo, che fino ad ora si è caratterizzato per l'attesa dell'avvento del Regno di Dio, assume adesso una nuova peculiarità: è il tempo dell'accoglienza del Regno di Dio. Con l'espressione Regno di Dio la tradizione biblica indica una nuova visione della vita e del mondo, così come Dio l'ha pensata e la desidera per noi. Il Regno di Dio è un sogno, anzi è il sogno dell'uomo e di ciascuno di noi! È l'affermazione, finalmente!, della verità, della giustizia, della pace e dell'amore. Dio, al fine di realizzare questo sogno, al servizio della nostra felicità, ci offre la sua amicizia, facendosi conoscere e chiedendo la nostra collaborazione, invitandoci ad impiegare le nostri migliori energie per cercare ed accogliere il Regno. Colui che ci chiama a seguirlo chiederà di seguirlo sulle sue vie, fino alla Croce. L'uomo della Sindone ci pone in modo straordinario la medesima domanda: fin dove sei disposto a seguirmi? 47 #1 SCANDALO Obiettivo Introdurre e ragionare con i giovanissimi sul tema dello scandalo nella vita e nella fede. Tecnica Si chiede ai giovanissimi di inviare un sms ad alcune persone svolgendo un piccolo sondaggio e chiedendo che cosa, secondo loro, considerano “scandalo” al giorno d’oggi. I giovanissimi devono inviare un totale di 4 sms a 4 persone di età diverse: - Un loro coetaneo/compagno di scuola/amico - Un giovane di età tra i 20 e i 30 anni - Un adulto tra i 30 e i 60 anni - Un adulto dai 60 anni in poi Ricevute le risposte, si condividono con il resto del gruppo e si fanno aggiungere le risposte dei giovanissimi stessi in merito a cosa è per loro “scandalo”. Riflessione Il termine scandalo deriva dal greco σκάνδαλον (skàndalon), che significa "ostacolo", "inciampo". Ragionando tuttavia in un’ottica più contemporanea, oggi potremmo definire “scandalo” l'effetto di un'azione che, una volta divenuta di pubblico dominio, causa un turbamento della sensibilità morale pubblica. Siamo soprattutto abituati a collegare il concetto di scandalo ad avvenimenti legati a personaggi pubblici, avvenimenti che vengono amplificati attraverso i mezzi di comunicazione senza grande distinzione tra questioni di etica generale e questioni di vita privata. Infine, sappiamo che gli scandali odierni hanno spesso conseguenze politiche e giudiziarie, e possono essere motivo di strumentalizzazioni a scopo politico o economico. Ma i giovanissimi, immersi in una società scandita da ritmi di scandali, da cosa riconoscono uno scandalo? In vista di un cammino progressivo nel corso di questo modulo che li condurrà a incontrare lo scandalo della Croce e la conseguente Salvezza, e con l’obiettivo di sollecitare i giovanissimi a individuare delle forme di scandalo, a detta loro, gravi ed evidenti, si stimola un momento di condivisione e confronto sulla base di alcune domande: - Cosa è “scandalo” per me oggi? - Quali criteri utilizzo per definire uno scandalo? - Cosa mi scandalizza nella vita di tutti i giorni? - Cosa mi scandalizza nella mia vita di fede? - Come reagisco a uno scandalo pubblico? - Come reagisco a uno scandalo nella mia vita quotidiana? 48 #2 PROMESSA Obiettivo Contemplare la promessa dell’amore più grande e dunque la scelta di affidarsi a Lui. Tecnica Mostrare pillole di film in cui viene fatta una promessa e le relative dinamiche (difficoltà, gioie, speranze, attese, delusioni). Si suggerisce una serie di film da cui prendere spunto : - “Sole a catinelle”, con Checco Zalone, i primi 10 minuti: la promessa fatta a Niccolò, la fatica del ragazzo per ottenere buoni risultati e il tentativo del papà di fregare il sistema; - “Bugiardo Bugiardo”, con Jim Carrey, i primi minuti: le finte promesse del papà e la delusione del figlio; - “Pensieri pericolosi”, con Michelle Pfeiffer, a metà del film: la promessa della professoressa, se gli studenti studieranno li porterà al lunapark a sue spese; - “Freedom Writers”, con Hilary Swank, ultimi minuti del film: scena in cui la professoressa comunica agli studenti che potrebbe non essere più loro insegnante. Riflessione A partire dalla tecnica si fanno riflettere i giovanissimi su come vivono le promesse. A partire da quelle fatte da loro per poi passare a loro come oggetto di promessa. Chi decide di fidarsi non è passivo nella situazione, ma è soggetto attivo da quando, dicendo si, si prende carico di parte della responsabilità. 1) IO FACCIO UNA PROMESSA A QUALCUNO (io soggetto attivo che compio un’azione. Partendo dalla loro esperienza personale si può far emergere: come mi impegno? Come mantengo una promessa?) 2) QUALCUNO FA UNA PROMESSA A ME (cioè la promessa dipende da un terzo. Partendo sempre dalla loro esperienza personale si può chiedere: come vivo una promessa? Come la attendo? Come la gusto?) Successivamente si legge il Vangelo del modulo (Mc 1, 6-20). E Dio? Che promessa mi fa? 3) DIO FA UNA PROMESSA A ME Come scelgo di rispondere? Cosa voglio? Mi interessa? C’è qualcosa che non mi convince? Cosa sono/non sono disposto a rischiare? Si leggono dei Vangeli in cui gli stessi che hanno detto sì, hanno vacillato. Dare fiducia a Dio non vuol dire non avere dubbi e non sentirsi vacillare talvolta. I brani di Vangelo potrebbero essere i seguenti: - Mc 14, 66-72: Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e 49 non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l'ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest'uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto. - Mt 16, 21-23: Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». - Mt 14, 22-33: Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». MUSICA La stazione di Zima, Roberto Vecchioni, 1997 LIBRI Fede e fiducia, Enzo Bianchi, Einaudi 2013 20 Come possiamo rispondere a Dio quando Egli ci parla? 21 Fede – che cos’è? 22 Credere – com’è possibile? 50 #3 CROCE “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.” [Gv 15, 13] Per approfondire… Il comando del Signore, il Vangelo, è tutto sintetizzato in questa frase semplice, da mandare a memoria: amatevi gli uni gli altri. Semplice, sconvolgente, inquietante, difficile, faticoso, splendido comando del Signore! Non è forse l'amore, l'amare, il desiderio più profondo e fecondo che abita il cuore di ciascuno di noi? Non è forse l'assenza e la fragilità dell'amore all'origine di ogni fatica, di ogni violenza, di ogni delusione? Dio non è regola, comando, rigidezza ma armonia, sorriso, creatività, amore. Amore però da declinare, da concretizzare perché – lo sappiamo – dietro alla parola "amore" può nascondersi ogni egoismo e dietro ogni presunta libertà in nome dell'amore la piccineria di un cuore indurito che non si assume responsabilità. Perciò Gesù aggiunge "nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici". Egli ci ha mostrato fino a che punto amare, fino a donare la propria vita, fino a rendere l'amore concretezza, scelta, dolore. Di più: Gesù aggiunge, un poco oltre: da questo vi riconosceranno, se avrete amore gli uni per gli altri. In una comunità cristiana dev'essere l'amore a prevalere, non le mode, o le devozioni, ma sempre e solo l'amore e su questo dobbiamo ancora capirci e convertirci. L'amore che significa accogliere la diversità dell'altro, pazientare, operare quelle attenzioni che anche i fratelli non credenti apprezzano. La misura dell'amore è ciò che giudica le nostre comunità, che spiega la tiepidezza di tanti fratelli nei confronti della fede cristiana. Lasciamoci dunque amare dal Signore e doniamo questo stesso amore a coloro che possono, in Lui, diventare «amici». Allora la nostra gioia sarà piena! Don Luca Ramello 51 Tecnica Nella giornata dedicata alla visita alla Sacra Sindone, si propongono alcune letture che suggeriamo di fare insieme ai giovanissimi nel corso dell’attesa, magari in coda prima di entrare nella sala dell’ostensione. In particolare, si propone la lettura dei cosiddetti “annunci della passione” ossia quei brevi passi presenti nei Vangeli Sinottici nei quali Gesù annuncia ai suoi apostoli la sua passione, morte e resurrezione. Essi compaiono tre volte in ognuno dei tre sinottici e scandiscono il viaggio di Gesù verso Gerusalemme, dove affronterà la passione. A partire dagli annunci della Passione nel Vangelo di Marco e da uno tratto dal Vangelo di Luca, si preparano i giovanissimi a quanto stanno per incontrare di fronte alla Sacra Sindone. 1) Mc 8, 31 “E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare.” 2) Mc 9, 31-32 “Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: "Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà.” Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni.” 3) Mc 10, 32-3 “Mentre erano in viaggio per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano stupiti; coloro che venivano dietro erano pieni di timore. Prendendo di nuovo in disparte i Dodici, cominciò a dir loro quello che gli sarebbe accaduto: "Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà”.” 4) Lc 13, 34-35 Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!" Riflessione Nel Vangelo di Marco, prima del tradimento di Giuda, Gesù è a cena nella casa di Simone il lebbroso a Betania. In quell’occasione, una donna versa sul suo capo un intero vaso di olio profumato. Prima dell’inizio della Passione, Gesù fa visita a un malato. Meditiamo sugli ultimi gesti di Gesù prima del Getsémani, prima della sua cattura e condanna, prima del Calvario. Prima del dono ultimo di sé. 52 Nonostante i tre annunci della Passione scanditi nel Vangelo, gli apostoli e la città di Gerusalemme, non capiscono. Gesù non è ancora stanco di parlare a persone che non lo comprendono o non lo ascoltano? Cosa ancora dovrà patire prima che si stanchi definitivamente? Cosa ancora gli verrà fatto, prima che smetta di amare? La risposta è nella Croce. Di fronte ai giovanissimi, l’evidenza della Passione e morte di Cristo. La risposta, è nel Sacro Sudario. Nei primi incontri di questo modulo, i giovanissimi hanno riflettuto su ciò li scandalizza nella loro vita e sulla promessa che Dio ha fatto loro. Nell’incontro di visita alla Sacra Sindone, essi si trovano di fronte all’evidenza di uno Scandalo storico e spirituale ben più grande: lo Scandalo della fiducia di Dio riposta negli uomini e da loro tradita. Lo Scandalo di un Dio che fallisce. In questo Scandalo, tuttavia, si colloca un primo messaggio di Salvezza. Il Sudario di Cristo è traccia della sua Passione, ma soprattutto è traccia della sua Rinascita. Si accompagnano i giovanissimi fino a questo passaggio, che verrà più ampiamente trattato nell’incontro successivo. MUSICA The Faith, Leonard Cohen, 2004. LIBRI Gesù Di Nazaret, Benedetto XVI, LEV 2011 76 Perché Dio divenne uomo in Gesù? 78 Perché possiamo comprendere Gesù solo come mistero? 53 #4 – L’AMORE PIÙ GRANDE Obiettivo Rileggere la visita alla Sindone e il cammino del modulo alla luce della resurrezione di Cristo. Riscoprire la chiamata ad un amore più grande. Tecnica Si distribuisce ai giovanissimi il testo di “Jesus was an only son” di Bruce Springsteen (possibilmente in versione originale inglese e traduzione italiana a lato). Con il testo in mano, individualmente, i giovanissimi possono ripercorrere la fatica e la solitudine della Passione di Cristo, lo Scandalo della Croce e la visita alla Sacra Sindone. Successivamente, si mostra loro il video (con sottotitoli in italiano) in cui il cantautore americano dapprima si esibisce cantando la canzone, e poi la ripropone spiegandone strofa per strofa al pubblico. Si tratta della storia di un uomo. E di come Egli si prepari al dono più grande di sé. Riflessione La tecnica proposta serve come punto di partenza per una riflessione intorno al tema dell’Amore più grande. La forza delle parole di Cristo nel consolare la madre che soffre, sono il preludio a qualcosa di grande. Lo Scandalo della Croce, infatti, non è altro che la soglia alla Salvezza. Il sacrificio di Cristo non ha intenti pirotecnici né autoreferenziali. La croce non è fine a se stessa. Quel sacrificio è una dichiarazione di prossimità da parte di Dio a noi uomini. Il vero motivo dello Scandalo si rivela dunque essere un messaggio di Amore, tanto estremo nella sua grandezza quanto violento nella sua manifestazione. Lo Scandalo è per noi, ed è in funzione della Salvezza. Il Padre sacrifica quanto di più prezioso possiede, per dimostrare ai suoi figli la vastità del Suo Amore per loro. Un Amore così grande, che permette di vincere la morte e vivere di nuovo. La promessa più bella e il messaggio che si colloca nel cuore della Pasqua è la certezza della Resurrezione, la possibilità di poter un giorno vedere il volto di quel Padre amorevole che ci ha salvati. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.” [Gv 15, 13] Di fronte a tale rivelazione, siamo chiamati a rispondere a questo comando del Signore. Non c’è molto altro da chiedersi, se non: - Fino a che punto amo? - Come posso “dare la mia vita” anche quando sono in vita? MUSICA E VIDEO Jesus was an only son, Bruce Springsteen, 2005. http://www.youtube.com/watch?v=fCb1Hv74obU (sottotitoli in italiano) 54 #5 GRAZIE Obiettivo Introdurre ai giovanissimi il senso della preghiera di Adorazione e fare vivere loro questa esperienza alla luce di un nuovo incontro con il Padre, contemplando e ringraziando il Santissimo. Tecnica La volta di gruppo si svolgerà in cappella o in chiesa. Prima di entrare si ritirano i telefoni dei giovanissimi in una cesta e li si invita a prendere posto dove gradiscono di più e si consiglia di mantenere una certa distanza fisica dagli altri. Si inizia con un piccolo momento di deserto per guidarli verso il senso di quello che stanno per vivere. Si consiglia di tenere almeno 30 minuti per l’Adorazione, gli educatori valutino in base all’esperienza dei giovanissimi quanto spazio lasciare al deserto e quanto alla preghiera. TRACCIA del DESERTO COSA FARE PRIMA di ENTRARE in CAPPELLA preparare i giovanissimi, spiegare loro il significato del perché ci si reca in cappella. Una volta entrati iniziare la volta di gruppo con il segno della croce e spiegando cosa li attende per la prossima ora. UBI CARITAS ET AMOR, UBI CARITAS DEUS IBI EST. OPPURE LAUDATE OMNES GENTES, LAUDATE DOMINUM! LAUDATE OMNES GENTES, LAUDATE DOMINUM! Iniziare con un canone di Taizè, successivamente dire loro che possono trovare un loro spazio per poter vivere il deserto. Un uomo si recò da un monaco di clausura. Gli chiese: «Che cosa impari mai dalla tua vita di silenzio?». Il monaco stava attingendo acqua da un pozzo e disse al suo visitatore: «Guarda giù nel pozzo! Che cosa vedi?». 55 L'uomo guardò nel pozzo. «Non vedo niente». Dopo un po' di tempo, in cui rimase perfettamente immobile, il monaco disse al visitatore: «Guarda ora! Che cosa vedi nel pozzo?». L'uomo ubbidì e rispose: «Ora vedo me stesso: mi specchio nell'acqua». Il monaco disse: «Vedi, quando io immergo il secchio, l'acqua è agitata. Ora invece l'acqua è tranquilla. È questa l'esperienza del silenzio: l'uomo vede se stesso!». Bruno FERRERO I giovanissimi da qui possono trovare un loro spazio.. il deserto avrà un tempo di circa 20/30 Lasciati provocare, scava dentro di te.. non avere timore di minuti incontrarLo.. Vangelo di Marco 1, 16-20 16 Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17 Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». 18E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch'essi nella barca riparavano le reti. 20E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui. L’INCONTRO: «Venite dietro a me, […]». E subito lasciarono le reti Nella loro quotidianità li va a cercare. E io? Quando lo vivo, lo sento, lo incontro nella mia quotidianità? MAGNIFICAT, MAGNIFICAT, MAGNIFICAT ANIMA MEA DOMINUM. Per aiutare i giovanissimi a mantenere il clima, dopo i primi 10 min 56 intonare questo canone Cosa vuol dire lasciare le reti? Abbandonare tutto quello che ho? NADA TE TURBE, NADA TE ESPANTE SOLO DIOS BASTA intonare questo canone dopo altri 10 minuti Vangelo di Luca 5, 1-11 1 Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, 2vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. 3Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. 4 Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». 5Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». 6Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. 7Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. 8Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». 9Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; 10così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini». 11E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono. Prova a rileggere questo brano di Vangelo di Luca..provando a sostituire il nome di Simon Pietro con il tuo… PROMESSA: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». Lui mi sta chiamando, mi chiede di essere Pescatore di Uomini: ma io.. 57 sono pronto a rispondere a questa chiamata? Mi sento scelto? Mi sento amato? MISERICORDIAS DOMINI IN AETERNUM CANTABO Intonare questo canone dopo altri 10 minuti Gli educatori o il Don presentano l’adorazione L'adorazione, abbiamo detto, diventa unione. Dio non è più soltanto spiegando ai giovanissimi di fronte a noi, come il Totalmente Altro. Egli è dentro di noi, e noi il perché dedicare del siamo in Lui. La sua dinamica ci penetra e da noi vuole propagarsi agli tempo ad adorare. altri e estendersi a tutto il mondo, perché il suo amore diventi realmente la misura dominante del mondo. E ora regaliamoci un po’ di tempo di Adorazione.. Dopo aver incontrato la traccia della sua morte, visitando la Sacra Sindone, nell’adorazione di oggi incontro Dio nuovamente. Questa volta da vivo, da risorto. In questo tempo di silenzio e preghiera, ripercorro i passi che mi hanno condotto all’incontro con l’Amore più grande: 1. Scandalo per me e i miei conoscenti 2. Dio mi fa una promessa 3. Scandalo della croce – Sacra Sindone 4. Soglia della Salvezza – l’Amore più grande 5. La chiamata dei discepoli – la chiamata fatta a ME perché, a mia volta, ami anche io. «Colui che è più forte di ogni cosa al mondo, è apparso immensamente debole... Egli si è abbassato per gli uomini facendosi uomo e noi siamo saliti su un uomo abbassatosi fino a terra. Egli si è rialzato e noi siamo stati elevati» San Gregorio Magno Ringrazio il Padre, nell’intimità della preghiera, per il suo Amore. Rendo lode a colui che mi salva. 58 Riflessione Con il desiderio di ripercorrere i passi che hanno portato i giovanissimi a incontrare la Salvezza di Dio in questo modulo, si propone un incontro di adorazione come occasione di ringraziamento e di lode al Padre. Allestire la cappella (o la cappella della chiesa o la zona dell’altare se si va in chiesa) con qualche candela, pietra, un’icona (se in vostro possesso). Il deserto è un momento di silenzio pertanto è importante mantenere il clima. Questo incontro di gruppo è divisa da due momenti che si potrebbero sviluppare così: - deserto: i giovanissimi sono liberi di trovare un loro spazio per poter leggere e analizzare la traccia; - adorazione: ci si raccoglie tutti insieme per vivere il momento dell’adorazione insieme. Per questa esperienza, specialmente per l’adorazione, sarebbe importante che il parroco, viceparroco o un salesiano potesse presenziare. Programmate per tempo questa volta di gruppo così da garantirne la sua presenza. TESTI Omelia di Papa Benedetto XVI - spianata di Marienfeld - Colonia (domenica, 21 agosto 2005) 218 Qual è il modo corretto di onorare il Signore realmente presente nel pane e nel vino? 59 SCHEDA di VERIFICA DEL SUSSIDIO Questa scheda di verifica si propone di far emergere i punti di forza e quelli di debolezza del sussidio, per permetterci di migliorare sempre di più l’offerta pastorale per i giovanissimi. Vi chiediamo quindi di compilarlo e di inviarlo a [email protected] oppure a [email protected] In rete sarà disponibile un file in formato .doc della presente scheda per agevolarne la compilazione. MODULO INIZIO Inadeguato Si può fare di più Continuiamo così! Il commento: MODULO ECCLESIALITÀ Inadeguato Si può fare di più Continuiamo così! Il commento: 60 MODULO RESPONSABILITÀ Inadeguato Si può fare di più Continuiamo così! Il commento: MODULO INTERIORITÀ Inadeguato Si può fare di più Continuiamo così! Il commento: MODULO FRATERNITÀ Inadeguato Si può fare di più Continuiamo così! Il commento: 61 SUGGERIMENTI E PROPOSTE: 62 63 64