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LA MEDICINA BIOLOGICA
LUGLIO - SETTEMBRE 2012
ORIGINALIA
F. Audisio di Somma
L’OSPEDALE OMEOPATICO DI TORINO
L’
Omeopatia, pratica medica fondata da C.F. Samuel Hahnemann (Meissen, 1755 – Parigi, 1843), è introdotta in
Italia nel 1821 dal Dottor G. Necker di Melnik, ufficiale e
medico personale del Generale Barone von Köller, comandante delle truppe austriache inviate a Napoli.
Alcuni suoi allievi, i Dottori C.M. De Horatiis, F. Romani e
G. Mauro, affascinati da questa nuova teoria e pratica medica,
iniziano a esercitare la nuova medicina nella città partenopea.
– La “medicina dei simili” fu – così – introdotta nel Regno
delle Due Sicilie grazie al consenso del Re Francesco I, il
quale decretò che fosse praticata fin dal 1828 presso l’Ospedale militare della Trinità a Palermo e successivamente da
Ferdinando II di Borbone, che la fece praticare nella cura della grave epidemia di ‘morbo asiatico’ che afflisse i suoi sudditi nel 1837.
Negli anni trenta dell’Ottocento l’Omeopatia trovò terreno
fertile a Lucca; da qui si diffuse a Genova approdando a Torino, dove fu aspramente osteggiata dall’ambiente medico
molto conservatore.
Nel 1838 il Re Carlo Alberto (1798-1849) (FIG. 1) sancisce
che venga rispettata la libertà scientifica dei medici omeopatici, già allora avversati dalla medicina ufficiale.
– A memoria di questa importante presa di posizione rimane la celebre frase scritta dal monarca: “Se assurda sarà l’Omeopatia cadrà da se stessa, come fecero tanti altri sistemi,
ma se cosa di buono in sé contiene, mi guardi il Cielo che
io ne voglia privare i miei cari sudditi”.
Tale affermazione sembra speculare a quella pronunciata dal
Guizot, l’allora Ministro francese alla Sanità: “Se l’Omeopatia è una chimera cadrà da sola; se al contrario rappresenta
un progresso si diffonderà, qualsiasi cosa si faccia per fermarla”.
FIG. 1
La riserva che ha accompagnato questa nuova disciplina fin
dal suo esordio è sempre stata di scarsa o nulla scientificità.
E questo – soprattutto – in relazione alla estrema diluizione
dei rimedi, dai più considerata “pura acqua” priva di qualsivoglia azione terapeutica.
A tal proposito è necessario citare la secca e decisiva presa
di posizione ufficiale che, nel 1838, le dedica il Magistrato
del protomedicato della Regia Università di Torino: “La preparazione della maggior parte dei rimedi omeopatici non è
contemplata nella farmacopea legale”.
– Nel 1835 il Dottor Vincenzo Chiò, un allievo che aveva
imparato l’Arte del Guarire dallo stesso Hahnemann, che aveva frequentato a Parigi per 8 mesi, giunge a Torino.
Insieme ai colleghi G.A. Chatron e F. Tessier, qui intraprende l’esercizio dell’Omeopatia.
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FIG. 2
Di conseguenza Carlo Alberto, Re di Sardegna, Cipro e Gerusalemme con Regio Decreto del 9 febbraio 1839 (FIG. 2)
autorizza l’apertura di una Spezieria omiopatica speciale a
cura del farmacista (speziale) collegiato Dottor Domenico
Blengini “a tenore della supplica da lui inoltrata”.
Tale attività ha sede in Contrada Santa Maria.
Un successivo Regio Decreto – sempre a firma di Carlo Alberto e datato 4 novembre 1854 – ordina che le Farmacie
omeopatiche siano collocate in luogo separato da quelle ordinarie e in
tal modo vengono regolamentate le
FIG. 3
concessioni delle successive Regie
Patenti.
Di fatto, fino a questo momento, si
applicavano i vecchi Editti del 1669
e successive modifiche del 1732 che
disciplinavano le cosiddette “Piazze
di Spezierie Piemontesi” censite in
numero di 74 in tutto il Regno di Sardegna.
Nel 1736 fu pubblicata a Torino la
Pharmacopoea Taurinensis (FIG. 3).
Nonostante queste disposizioni molto favorevoli, dominava un tangibile
scetticismo verso l’Omeopatia.
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Inoltre, l’assenza di regole precise era causa di non poche
incomprensioni o di vere e proprie denunce tra medici e farmacisti. Le istanze del Collegio degli Speziali di Torino contro la diffusa pratica, da parte degli omeopati, di provvedere
e vendere in prima persona i rimedi da essi stessi prescritti,
approdarono al trono.
– Con Regio Biglietto del 9 febbraio 1839, agli “speziali legittimamente autorizzati ad esercitare la Farmacia nella capitale e nelle altre città e terre” venne permesso di tenere
“spezierie di rimedi omeopatici, in sito separato dalla spezierie ordinarie” e al “farmacista collegiato” Domenico Blengini fu concesso di aprire nel capoluogo subalpino una spezieria specializzata.
Di conseguenza “la spedizione di medicinali omeopatici [...]
per parte dei curanti” fu vietata.
– Lo stesso Carlo Alberto mette in guardia i sudditi dall’uso
improprio dell’Omeopatia, anticipando di un secolo e mezzo il tema della libertà nella scelta terapeutica a patto che
venga regolamentata da precise norme di Sanità Pubblica:
“per ora nulla si provveda riguardo la pratica di quel sistema tutte le volte che sarà adoperato da persone debitamente autorizzate all’esercizio della Medicina o della Chirurgia
e che similmente per ora non debbano venir queste molestate per la somministranza di rimedii proprii delle cure
omeopatiche”.
Nel 1840 il Dottor L. Granetti introdusse la pratica clinica
dell’Omeopatia, o “Nuova Dottrina”, nella Piccola Casa della Divina Provvidenza, istituzione caritatevole dai più conosciuta come il Cottolengo, dal nome del Cav. Don Giuseppe Cottolengo che l’aveva edificata e donata.
Nel 1849 viene concessa una seconda Regia Patente per l’apertura di una Farmacia omiopatica, denominata Cerutti, ubicata in Contrada di Po, in corrispondenza con l’odierno numero civico 33.
Nel 1848 una Società di Medici fonda a Torino il Giornale
di Medicina Omeopatica, con prefazione del Dottor M. Poeti.
Questa nuova medicina arruolò illustri proseliti, quali Vincenzo Gioberti
e Antonio Rosmini, ottimi chirurghi
tra i quali Lorenzo Granetti, allora direttore dell’Ospedale Cottolengo, e
molte simpatie tra le élite cittadine.
Tra queste la personalità di maggior
spicco fu senza dubbio la Marchesa
di Coddè Giulia Falletti di Barolo (nata Juliette Colbert, originaria della
Vandea), giunta a Torino nel 1814.
– Illuminata filantropa, fondò a Valdocco un Rifugio per le ragazze madri e destinò una parte del suo nobile palazzo ad asilo per i figli dei lavoratori, prima opera di questo tipo
in Italia.
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Nel 1833 fece edificare un monastero accanto all’istituto del
Rifugio che, nel frattempo, si era ampliato per accogliere le
numerose vittime della prostituzione minorile.
L’epidemia di colera che afflisse Torino nel 1835 la vide assistere in prima persona i malati e i bisognosi.
– Rimasta vedova nel 1838 si dedicò completamente alla sua
missione e nel 1845 inaugurò l’Ospedaletto di Santa Filomena per le bambine disabili. Le cure che venivano somministrate ai malati erano principalmente di tipo omeopatico.
Per espresso desiderio della Marchesa “18 letti sono destinati a pazienti da avviare alle cure omeopatiche”.
Alla sua morte, avvenuta nel 1864, fu costituita l’Opera Pia
Barolo alla quale, per precisa disposizione autografa, lasciò
l’intero patrimonio di famiglia. Ancora oggi, nel museo di
Palazzo Barolo, è possibile vedere la pregevole trousse di rimedi omeopatici utilizzati dalla Marchesa.
Nel 1848 viene fondata l’Accademia dei Medici omiopatici
di Torino, il cui primo presidente è il Dottor I. Porta-Bava.
La Farmacia omiopatica Blengini cambia proprietà nel 1852,
e il nuovo titolare, Dottor V. Vernetti, la trasferisce in Contrada Carlo Alberto, all’angolo con Contrada di Po (oggi corrispondente al numero civico 1 di Via Carlo Alberto, di fronte al Caffè Dilej).
Nel 1855 il farmacista Pietro Arnulfi, grande appassionato
di Omeopatia, fonda a Nizza Marittima uno “Stabilimento
Omiopatico con Dispensario per visite mediche e annessa
farmacia con laboratorio”.
La fama di questa attività si diffonde, anche perché riconosciuta ufficialmente da alcuni Paesi stranieri.
Infatti il Dottor Arnulfi contribuì sostanzialmente a contrastare, mediante l’invio di preparati omeopatici ed idonee prescrizioni, molte epidemie e malattie presenti in quei Paesi.
Quando la provincia di Nizza e la Savoia vengono cedute
alla Francia (1860) Pietro Arnulfi decide di continuare la propria attività in Piemonte e chiede autorizzazione di fondare
una Farmacia omiopatica nella capitale del Regno, a Torino.
Con Regio Decreto del 13 febbraio 1860 il Ministero Sardo
della Salute gli concede tale patente.
In quello stesso anno viene fondata la Farmacia dell’Istituto
Omiopatico sita in Torino, al numero civico 3 di Via della
Provvidenza. Fu voluta da un gruppo di appassionati medici omeopati tra i quali si ricordano i Dottori G. De Michelis,
P. Mellana, A. Bottino e B. Dadèa.
Questi si uniscono fondando una società per la proprietà e
la gestione della Farmacia, sottoscrivono un capitale sociale
ed individuano nello stesso Arnulfi lo speziale responsabile.
Tale farmacia è realizzata in legno di ciliegio verniciato
di nero con filettature in oro, nello stile tipico dell’epoca
(vedi dopo).
Nel corso di un convegno di medici omeopati, avvenuto nel
giugno del 1871 a Torino, è costituito un Comitato preparatorio per la fondazione dell’Istituto Omiopatico Italiano.
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In questa occasione è redatta una circolare destinata a tutti
gli omeopati esercitanti nella penisola; essa contiene uno
schema di statuto diviso in 11 articoli.
La lettera reca le firme dei Dottori P. Fioretta, B. Dadèa, C.
De Michelis, A. Bottino, P. Mellano, D. Bonino e G. Aymini.
Nella stessa occasione il Comitato medico inoltra al Senato
una petizione affinché nel progetto del Codice Sanitario del
Regno sia incluso l’esercizio farmaceutico omeopatico, incorporando nella Farmacia Ufficiale la sezione che riguarda
l’Omeopatia.
L’Istituto Omiopatico Italiano si prefiggeva lo scopo precipuo di “sviluppare e diffondere in Italia la pratica dell’Omeopatia con tutti i mezzi consentiti dalle leggi e di aprire
pubblici dispensari nelle principali città del Regno, di sostenere le spese occorrenti per la pubblicazione di un giornale
e di stabilire premi annui per incoraggiare le cognizioni
omeopatiche sperimentali e dimostrative”.
– Nel frattempo la Farmacia omeopatica Vernetti, a causa del
ridotto lavoro dovuto al fatto che in Torino esercitano solo
pochi medici omeopatici, decide di vendere anche i medicinali allopatici.
Nel 1854 e nel 1862 lo speziale viene diffidato dal Comitato dei medici omeopati dal proseguire in tale “mescolanza
di medicamenti appartenenti a scuole notoriamente ostili”.
Questo fatto dimostra in concreto quale
sia il clima di costante
diatriba tra i
medici ortodossi ed i seguaci di Hahnemann.
Lo speziale Vernetti continua
nei propri propositi e in breve tempo viene abbandonato dai medici
omeopati torinesi,
i quali si rivolgono
tutti alla Farmacia
Sociale dell’Istituto
Omiopatico e alla Farmacia omeopatica Cerutti (che in seguito, per
gli stessi motivi della
Vernetti, sarà costretta a
FIG. 4
tenere anche i farmaci
allopatici).
– Nel novembre del 1873 lo speziale Vernetti cede la sua
farmacia al collega Domenico Schiapparelli i quale, l’anno
successivo, la trasferisce al numero 20 della medesima Via
Carlo Alberto, dandole il proprio nome.
La gestirà personalmente fino alla morte, avvenuta nel 1878.
Il Prefetto di Torino, con apposito decreto del 14 giugno
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Nel 1881 a Milano – e poi nel 1882 a Genova – viene costituito, a cura dei medici omeopati, l’Istituto Omiopatico Italiano, “associazione di fatto” per la diffusione e la conoscenza dell’Omeopatia in Italia.
FIG. 5
Nel corso del Convegno nazionale tenutosi a Roma presso
il Palazzo Sinibaldi nell’ottobre 1883 viene richiesto alle autorità il riconoscimento del detto Istituto quale Ente Morale.
– Tale riconoscimento avviene nel 1886 grazie a Regio Decreto del 24 gennaio, sotto il Regno di Umberto I.
Grazie alle solide casse, alimentate dai contributi di privati
e donazioni, l’anno seguente, sotto la presidenza del medico Giuseppe Bonino, l’assemblea degli “ufficiali” rappresentanti le due categorie in cui erano suddivisi gli aderenti,
ovvero quella “sanitaria” e quella “protettrice” (in cui erano
ammesse anche le donne) deliberò l’acquisto di un edificio
idoneo, allo scopo di insediarvi un ospedale.
1878, accorda la continuazione dell’attività farmaceutica allo speziale Giovanni Schiapparelli, fratello del defunto.
La sua gestione durerà solo tre anni.
Nel 1881 la Farmacia passa in proprietà a Vincenzo Fagiani,
speziale e convinto omeopata. Fagiani, subito dopo, la trasferisce a Genova, in Piazza De Ferrari.
Il 18 luglio 1882 la Farmacia Sociale dell’Istituto Omiopatico viene rilevata dallo speziale Clemente Schiapparelli, il
quale la dirige fino al 1890.
Nel 1887 ebbe luogo in Torino il 6° Convegno dell’Istituto
Omiopatico Italiano; l’Assemblea nomina gli “ufficiali dell’Ente” e presidente onorario il Cavalier Emilio Wenner.
Inoltre in tale sede viene conferita al Presidente effettivo l’autorizzazione all’acquisto della casa della vedova Ferrero, palazzina sita in Via dell’Orto Botanico al numero 16, allo scopo di fondarvi l’Ospedale Omeopatico Italiano e, al contempo, di insediarvi la sede stessa dell’Istituto.
In base alla nuova legge n° 6972 del 17 luglio 1890 e successive modifiche ed integrazioni, l’Ente Morale Istituto
FIG. 8
FIG. 9
FIG. 6
FIG. 7
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Omiopatico Italiano viene classificato I.P.A.B. di II Classe,
con obbligo di bilancio preventivo triennale.
– Grazie al valoroso impegno degli amministratori si raccolsero sostanziose donazioni e contributi privati. Nel tesoro
dell’Istituto confluirono anche alcune eredità e lasciti.
Grazie a questi fondi, nel 1890 viene fondato l’Ospedale
Omeopatico di Torino; la disponibilità di letti è di 6 unità,
portata a 26 nel 1903.
– Ecco il Regolamento interno (FIG. 4) dell’Ospedale Omiopatico con sede in Torino, Via Orto Botanico n.16 (FIG. 5).
Miscellanea Sanità e Igiene, n. 230, 1° maggio 1890.
Sottoscritto, per il Comitato direttivo, dal presidente, Giuseppe Bonino.
1. La Direzione dell’Ospedale è affidata ad un Medico sotto la vigilanza e conforme alle prescrizioni del Comitato
di Amministrazione dell’Istituto Omiopatico.
2. Spetta al Comitato di Amministrazione la nomina ed il
licenziamento del personale addetto all’Ospedale e sono di sua esclusiva spettanza tutte le deliberazioni e le
prescrizioni d’ordine riflettenti l’organamento, le forniture e l’esercizio dell’Ospedale.
3. Spetta al medico Direttore di vegliare all’andamento interno dell’Ospedale, farne le funzioni di Economo, accettare gli ammalati e prendere d’urgenza, quando occorra, quei provvedimenti relativi al personale ed all’esercizio dell’Ospedale che spetterebbero al Consiglio di
Amministrazione. Coadiuveranno il Medico Direttore,
occorrendo, ma sotto i suoi ordini, altri medici od assistenti.
4. Sono esclusivamente ammessi individui colpiti da malattie acute. Possono però essere accettati pensionanti,
affetti da malattie chirurgiche di carattere anche lento.
In questo caso le operazioni chirurgiche sono retribuite
a parte con onorari a determinarsi preventivamente.
5. Non vi è esclusione in ordine all’età, al sesso, alla religione.
6. Due camere sono adibite agli uomini e due alle donne.
7. Per ora due letti sono gratuiti e quattro a pagamento.
8. Questi sono di due categorie, cioè di lire 3 e di lire 5 quotidiane per vitto, servizio medico farmaceutico ed assistenza.
9. La retta della pensione si paga a decine anticipate, una
decina incominciata si considera compiuta.
10. Sulla richiesta dei malati il medico di servizio può accordare un'assistenza speciale. I consulti medici chiesti
da pensionanti sono retribuiti a parte.
11. Il medico prescrive ogni giorno il regime alimentario per
ciascun malato in coerenza alle condizioni di questo ed
è assolutamente vietato di recare dall’esterno bevande o
cibi che non siano previamente controllati.
12. Il servizio medico è gratuito.
13. Un orario sarà stabilito per l’accettazione dei malati.
14. I medicamenti sono forniti dalla Farmacia omiopatica
Schiapparelli contro tenue compenso conglobato nel ser-
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FIG. 10
vizio del dispensario. Sarà però tenuto un deposito di farmaci per i casi urgenti.
15. Una statistica sarà redatta ogni anno per la parte tecnica
ed un resoconto per quella amministrativa.
16. Sarà tenuto un registro di accettazione indicante tutte le
condizioni personali dei malati ammessi. Sarà pure tenuto un registro giornaliero clinico per opera del medico o di un Assistente.
17. È libero ciascun ammalato d’invocare i conforti della propria religione, scegliendo il ministro di sua confidenza.
18. Gli abiti e gli altri oggetti appartenenti ai malati saranno
ritirati e registrati per la debita restituzione nell’uscita o
dopo il decesso a chi di ragione.
19. Avvenendo il decesso di un malato si seguiranno le norme dei congeneri stabilimenti.
20. È assolutamente vietato al personale di servizio il sollecitare o ricevere compensi o doni dai malati.
21. È vietato l’accesso all’Ospedale a persone estranee salvochè nelle ore specialmente fissate con orario permanente per la visita agli ammalati. Il Medico Direttore può
tuttavia accordare speciali permessi ai parenti. I soci patroni ed i Medici del comitato hanno sempre libero accesso.
22. Nel vestibolo sarà affisso un elenco dei Benefattori dell’Ospedale.
Tale regolamento rimanda, a distanza di oltre un secolo, una
nitida fotografia della vivace attività che si svolgeva all’interno dell’efficiente Ospedale. Tra i promotori e gli animatori di questa importante istituzione va ricordato il Dottor
Cesare Lombroso, convinto assertore dell’Omeopatia.
La Farmacia Omeopatica, al civico 3 di Via Provvidenza, vede modificato il proprio indirizzo con il ventennale della Presa di Porta Pia; la strada acquista infatti nuovo nome, e l’indirizzo diventa Via XX Settembre n. 50.
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Nel 1925 il Dottor P. Olivero, omeopata e farmacista benefico, muore dopo una onorata carriera di oltre quarant’anni
e lascia erede la sorella nubile, Elisabetta.
Il Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Omiopatico Italiano, vista la necessità di far continuare l’attività esclusivamente omeopatica della Farmacia e tenuto conto delle tante offerte da parte di farmacisti per trasformarla in farmacia
mista, offre una cifra di Lire 40.000 più una rendita vitalizia
di Lire 4.200 annue a Elisabetta Olivero.
Inoltre da lei acquista la farmacia stessa; tale passaggio di
proprietà è autorizzato con decreto prefettizio.
Nel 1929 verrà definitivamente trasferita da Via XX Settembre all’interno dell’Ospedale, in Via Orto Botanico n. 16.
FIG. 11
Un ulteriore cambiamento della Farmacia Omeopatica si verificherà nel 1891, quando Clemente Schiapparelli – che è
anche socio e segretario dell’Istituto Omiopatico Italiano –
la cede al Dottor Giacomo Olivero, vice segretario dello stesso Istituto.
L’inaugurazione ufficiale dell’Ospedale Omeopatico avviene il 16 novembre 1903, presenti le personalità più in vista
dell’epoca.
Il quotidiano torinese La Stampa così riporta l’evento: ”L’Ospedale Omiopatico ha inaugurato recentemente i suoi nuovi locali in via Orto Botanico n° 16, che sono areati e spaziosi, ed ebbero le lodi di chi li ebbe a visitare il giorno dell’inaugurazione, come l’assessore Tacconis, rappresentante
del Sindaco, il dottor Balp (Medico Provinciale), i professori
Lombroso e Pagliani, oltre a una folla di invitati. Ora l’Ospedale conta 22 letti, cioè ha più che triplicato le sue potenzialità, essendo stato avviato nel 1890 con 6 letti; su 473 ammalati ricoverati non deplorò che 13 decessi. Ebbero a parlare brevemente il fondatore dell’Istituto dottor Giuseppe Bonino e il dottor Tacconis, che ne elogiò l’opera filantropica”.
Il giorno 27 maggio del 1908 il Dottor Giacomo Olivero rivolge domanda al Prefetto di Torino per trasferire la Farmacia dell’Istituto Omiopatico Italiano nel fabbricato di fronte
a quello precedentemente occupato, ovvero al numero civico 45 di Via XX Settembre.
Il 12 novembre 1914 un decreto prefettizio (vista la Legge
Giolitti n° 468 del 22.5 1913 concernente l’ordinamento giuridico delle farmacie) riconosce il diritto al titolare, agli eredi e agli aventi diritto ad esercitare la Farmacia omeopatica
come una qualunque altra, essendo stata riconosciuta come
“Legittima Ventennale di II Classe”.
A questo proposito si noti che lo stesso ministro Giolitti si
curava omeopaticamente presso il Dottor D. Mattoli.
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Nel 1927, in pieno regime fascista, viene elaborato il nuovo
Statuto dell’Istituto Omiopatico Italiano, per meglio adeguarlo alle nuove esigenze operative e all’attività dell’Ospedale e per risolvere alcune lacune presenti nel vecchio Statuto del 1885. Tali novità vengono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia nel n° 405 del 16 maggio 1927.
Con decreto n° 23920 dell’11 novembre 1929, il Prefetto di
Torino autorizza il Presidente dell’Istituto Omiopatico Italiano al trasferimento della Farmacia omeopatica nei locali annessi all’Ospedale omeopatico, di proprietà dello stesso Ente, per essere adibita “esclusivamente alla preparazione di
prodotti omeopatici”.
Nel 1934, poichè la vendita dei rimedi omeopatici non remunera sufficientemente l’Ospedale, considerato il cronico
passivo dell’esercizio, l’Istituto decide di cederla.
– Giungono parecchie offerte ma tutte prevedono la trasformazione dello storico cimelio in farmacia mista, commercialmente appetibile. Questo è esplicitamente vietato dalla
clausola proibitiva sancita con l’atto di cessione; sorgono accese dispute nell’ambito del Consiglio di Amministrazione
dell’Istituto e alla fine viene deliberato di soprassedere alla
vendita.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’Ospedale viene adibito a cronicario per anziani; nel 1944 un bombardamento
aereo ne distrugge gran parte dell’archivio.
Nel 1949 la Via Orto Botanico prende il nome di Via Cesare
Lombroso e, nel periodo post bellico, l’Ospedale continua
a svolgere attività di ricovero geriatrico.
Tale destinazione proseguirà fino al 1969.
L’Amministrazione è curata da un commissario straordinario che si protrae, avvicendando vari responsabili, giungendo al 1974, anno in cui si insedia un Consiglio di Amministrazione formato da 6 membri.
Nel 1969 il Medico Provinciale Dottor Lovino ordina che
vengano definitivamente sospesi tutti i ricoveri di chirurgia
e quelli specialistici; l’Ospedale è – dunque – destinato esclusivamente a reparto di Medicina Generale.
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L’Istituto Omiopatico Italiano, titolare dell’unica farmacia
omeopatica ufficiale di Torino, con Decreto della Regione
Piemonte prot. n° 5889 del 4 agosto 1972, è autorizzato a
trasferire l’esercizio di farmacia di tipo misto dai locali di Via
Cesare Lombroso n. 18 a quelli siti al numero civico 30 della medesima Via, lasciando in loco la Farmacia Storica, ma
chiudendola all’accesso del pubblico.
Il 27 marzo del 1974 è pubblicato il Decreto del Presidente
della Giunta Regione Piemonte n. 665 per l’istituzione dell’Opera Pia-Infermeria I.P.A.B.-Istituto Omeopatico Italiano
di Torino in Ente Ospadaliero (Ente non classificato in base
alla Legge n° 132 del 12 febbraio 1968).
A questa delibera segue il Decreto del Presidente della Giunta Regione Piemonte n° 1809 del 14 giugno 1974 che stabilisce che: “L’unico soggetto portatore degli interessi originari dell’Ente Ospedaliero – Istituto Omiopatico Italiano di Torino – via Cesare Lombroso n. 16 – è l’Assemblea dei Soci
benefattori con sede legale presso lo stesso Istituto Omiopatico Italiano. Attualmente, purtroppo, essa risulta disciolta”.
La Legge n° 833 del 23 dicembre 1978 istituisce le Unità Socio Sanitarie Locali (USSL); la zona di Torino è coperta dall’USSL 1-23.
Nel periodo tra il 1982 e il 1983 si assiste al ripristino dei
locali della Farmacia Storica, alla classificazione e all’inventario dei materiali ancora presenti negli ambienti dell’ex
Ospedale Omeopatico. Tali iniziative, volenterose ma scoordinate e condotte da privati, portano all’irrimediabile perdita di molti reperti.
Avvengono furti e saccheggi nei locali abbandonati e la magnifica Farmacia, dagli intenditori definita “più bella di quella di Londra”, va in rovina.
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primo Novecento, pregevoli manuali consultabili da chi sia
interessato all’Omeopatia ed alla sua storia.
– Un cenno particolare va riservato ad alcuni ‘testi sacri’ di
Samuel Hahnemann; basti citare Traité de Matière médicale
ou de l’action pure des médicaments homoepathiques e Doctrine et traitement homoeopathique par maladies chroniques,
tradotti dal tedesco in francese da A.J.L. Jourdan, membro
dell’Académie Royale de Médecine, e pubblicati a Parigi da
쐽
J.-B. Baillière et Fils nel 1834 e nel 1846.
Bibliografia essenziale
– Associazione Omiopatica di Torino – Regolamenti dell’Associazione Omiopatica di Torino. Favale, Torino, 1849.
– Belluomini G. – Archivio della medicina omiopatica pubblicato da una Società di Medici tedeschi e tradotto in italiano dal Dr. Giuseppe Belluomini, 3 voll.;
Bertini, 1827-1831.
– Bertelli S. – Grandezza e miseria degli omeopatici italiani. Commerciale, Perugia, 1933.
– Bianchi G. – Progetto di rappresentanza al Parlamento Sardo in favore dell’Omiopatia onde ottenere cattedre universitarie e pubblici ospedali. Reclusione Militare. Savona, 1856.
– Bonino G. – Ricordo Cronografico dell’Omeopatia in Italia. L’Omiopatia in Italia, 1907.
– Istituto Omiopatico Italiano – Statuto dello Istituto Omiopatico Italiano O.P.
Boella e Pavignano, 1930.
– Lodispoto A. – Storia dell’Omeopatia in Italia. Edizioni Mediterranee, 1987.
– Milani L. – Selezione dei più importanti libri omeopatici antichi della Biblioteca Storica Guna. Guna Ed., 2008; pp. 22-24.
– Negro A., Negro F. – Bibliografia omeopatica italiana 1822-1914. Franco Angeli Ed., 2007.
– Palombi Martorano V. – Napoli e la nascita della omeopatia in Italia (1822).
Fiorentino Editore, 1996.
– Piterà F. – I Pionieri dell’Omeopatia. Introduzione e Prefazione al libro Cinquanta Ragioni per essere Omeopata (J. C. Burnett). Prima Edizione Italiana
tradotta e curata da F. Piterà. De Ferrari Editore, 1998.
– Tiberi A., Verga E. – Storia della salute e della sanità - Salute, società, medicina del lavoro - Omeopatia. Franco Angeli Ed., 2007.
– Zammarano F. – Medicina Omeopatica dalle origini ad oggi. Editore Licinio
Cappelli, 1951.
L’autore sentitamente ringrazia il Dott. Stefano Benedetto, Direttore dell’Archivio Storico della Città di Torino
Nel 1985, ormai sciolto l’Istituto Omiopatico Italiano, ci si
è posti il problema di assegnare la Farmacia ad un degno proprietario in grado di garantirne il recupero.
Tale gioiello riaffiorò dall’oblio in condizioni pietose.
– Fortunatamente l’Archivio Storico della Città di Torino venne designato per il restauro e la conservazione.
Con il completamento della nuova sede dell’Archivio Storico in Via Barbaroux n. 32 la Farmacia, accuratamente
restaurata (FIGG. 6, 7, 8, 9), ha trovato definitiva e prestigiosa sede, diventando patrimonio della collettività e può essere visitata dal pubblico.
Lo spettacolo che appare a chi varca la soglia dell’ampia
stanza ad essa destinata riporta indietro nel tempo creando
forti suggestioni: le boccette di vetro con i principali rimedi
(FIGG. 9, 10, 11), i mortai e i pestelli utilizzati per la preparazione dei medesimi, i cassetti segnati dai nomi latini.
– Sugli scaffali sono conservati gli oltre 250 volumi superstiti al saccheggio della biblioteca specializzata dell’Istituto
Omiopatico: si tratta di rare opere ottocentesche, riviste del
e gli editor dei siti web da cui sono tratte le immagini:
– Fig. 1: http://www.veja.it/2009/10/11/carlo-alberto-e-vittorio-emanuele-i-dettagli-non-possono-salvarli/
– Fig. 5: http://www.omeoto.it/istituto/istituto_ospedale1.jpg
– Figg. 6, 7, 8, 9: http://www.omeoto.it/istituto/farmacia2.html
La Fig. 2 è tratta da
Milani L. – Selezione dei più importanti libri omeopatici antichi della Biblioteca Storica Guna.
– Il documento originale è conservato nella detta Biblioteca.
Riferimento bibliografico
AUDISIO DI SOMMA F. – L’Ospedale omeopatico di Torino.
La Med. Biol., 2012/3; 41- 47.
Indirizzo dell’autore
Dr. Federico Audisio di Somma
– Specialista in Medicina del Lavoro
– Presidente A.M.I.F. (Associazione Medica Italiana di
Floriterapia di Bach)
Corso Stati Uniti, 3
I – 10128 Torino
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